Un po’ di San Marino in Ticino

Lunedì 19 giugno 2017 la Cc-Ti ha accolto una delegazione proveniente da San Marino, guidata da Massimo Ghiotti, Direttore della Camera di commercio della Serenissima Repubblica. Oltre che da rappresentanti della Camera di commercio sammarinese, la delegazione era formata da un rappresentante della Segreteria di Stato per gli affari esteri, affari politici e giustizia, e da un rappresentante della Segreteria di Stato per l’Industria, Artigianato e Commercio, Lavoro, Cooperazione e Telecomunicazioni.

La delegazione si è dapprima recata alla Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) per un incontro con i suoi rappresentanti. Ad accogliere i Sammarinesi, Cristina Maderni (Vicepresidente della Cc-Ti, Presidente dell’Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino e Presidente della Federazione Ticinese delle Associazioni di Fiduciari), Andrea Ghiringhelli (Membro dell’Ufficio Presidenziale della Cc-Ti), Luca Albertoni (Direttore della Cc-Ti) e Chiara Crivelli (responsabile International Desk della Cc-Ti). Durante l’incontro sono stati trattati diversi temi in maniera molto pragmatica e concreta, tra i quali le peculiarità dei rispettivi sistemi economici, l’attrazione di investimenti, della promozione e dell’internazionalizzazione e le specificità delle associazioni/ordini professionali di avvocati e commercialisti.

In seguito, la delegazione si è recata a Manno per una visita del Tecnopolo Ticino, progetto sviluppato e gestito dalla Fondazione Agire su mandato della Divisione dell’economia. Il Presidente della Fondazione Agire, Prof. Giambattista Ravano, ha presentato il centro e fornito delle informazioni dettagliate sul suo funzionamento. La delegazione ha seguìto in modo particolare questo incontro poiché anche a San Marino si sta sviluppando un Parco Scientifico Tecnologico. Durante la discussione sono state inoltre valutate delle possibili sinergie tra i due enti. Il gruppo ha poi avuto modo di visitare due aziende presenti al Tecnopolo: Pastelle Media Sagl e Oculox Technology Sagl, due start-up estremamente interessanti e innovative.

La Cc-Ti attribuisce grande importanza all’accoglienza di delegazioni estere in Ticino, un’ottima occasione per presentare il nostro territorio e, al medesimo tempo, sviluppare la rete di contatti con l’estero.

ASP sezione Ticino

Ticino, terra di piastrellisti

Nel 2016, in Ticino il mercato del settore delle piastrelle ha registrato un rallentamento significativo, più marcato in alcune zone del Cantone. L’euforia dell’ultimo decennio ha lasciato il passo a risultati più modesti in termini di fatturato, soprattutto a Sud del Ticino. Nel Sopra Ceneri perdura invece un certo fermento che dovrebbe protrarsi anche nell’anno in corso. Evidentemente i processi aggregativi della Città di Bellinzona e l’apertura della galleria di base tra Nord e Sud delle Alpi alimentano l’ottimismo di questo comparto. Nel 2016 è esploso un fenomeno in atto già da alcuni anni. A seguito di un ampliamento delle differenza tra i prezzi di costruzione e i prezzi di vendita degli immobili, molte imprese di costruzione hanno allargato il loro campo operativo, orientandosi alla progettazione e alla vendita di immobili, aumentando la concorrenza tra imprese generali e -di fatto- obbligando gli artigiani a ridurre ulteriormente i loro margini.

Una campagna per valorizzare il settore

L’Associazione Svizzera delle Piastrelle, Sezione Ticino dall’ottobre 2016 ha iniziato la campagna di promozione “Piastrella in Ticino” per far meglio conoscere il settore e gli operatori che vi lavorano.
L’idea è nata dalla consapevolezza che oggi le aziende attive nel settore, al di là della qualità e della professionalità che da sempre offrono volti al soddisfacimento dei bisogni e alle attese del cliente, sono anche portatori di un bene intangibile che è la perfetta conoscenza del territorio sul quale operano. Affidarsi a una delle 41 ditte situate sia nel Sopra, sia nel Sotto Ceneri, permette di avere la certezza di un servizio eccellente garantito non solo dalla qualità svizzera ma anche da un continuo aggiornamento professionale e dalla possibilità di accedere a materiali innovativi e di primissima qualità.
La scelta di collaborare con un’azienda del territorio consente di entrare in relazione direttamente e in continuazione con i professionisti, anche dopo la chiusura dei lavori, oltre ad avere accesso a tutte le informazioni relative all’azienda esecutrice dell’appalto. Inoltre, affidarsi a un’azienda di piastrelle locale ha un impatto sul territorio, creando opportunità di lavoro e di formazione. «Con questa campagna di promozione, attraverso i volti dei professionisti del settore, vogliamo trasmettere il messaggio di un settore sano, trasparente, animato da giusta concorrenza e orientato al servizio verso il cliente.» Afferma Giorgio Gaffuri, Presidente ASP, Sezione Ticino.

Elementi che fanno un gran bene al territorio che ne beneficia in termini di qualità, efficienza, competenza, di posti di lavoro come pure di sicurezza.

ASP Ticino
È la sezione Ticinese dell’Associazione Svizzera delle Piastrelle con sede a Dagmersellen, con 41 associati in Ticino suddivisi tra soci posatori e soci commercianti. Il settore genera un monte salariale annuo di  ca. 32 mio. di fr., occupa in Ticino ca. 800 dipendenti a tempo pieno e forma ogni anno tra 10 e 15 apprendisti. ASP è stata la prima associazione professionale in Ticino nel 2011 ad introdurre la cauzione per le ditte che operano su territorio ticinese. Gli obiettivi e gli scopi di ASP sono la promozione e la salvaguardia della professione, come pure lo sviluppo del settore attraverso la formazione e formazione continua sulla base di condizioni quadro che consentano di operare in un contesto di sana e leale concorrenza, ossia il lavoro è un bene prezioso da difendere contro gli abusi.
Dati di contatto:
ASP sezione Ticino, info@piastrellainticino.ch, www.piastrellainticino.ch

La nostra economia non è più a rimorchio

L’economia ticinese non è più a rimorchio delle altre economie svizzere, anzi, si colloca a un buon livello di competitività nel contesto nazionale e internazionale.

Intervista a Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti, pubblicata sul Giornale del popolo

“L’andamento economico ticinese segue le evoluzioni svizzere.”

Secondo un recente studio condotto da 6 banche cantonali romande e l’Istituto di ricerche congiunturali CREA, il PIL ticinese dal 2000 al 2015 è cresciuto del 30,4%, posizionando il nostro Cantone al quarto posto tra le regioni più prospere d’Europa. Qual è la sua prima reazione di fronte a questo dato?

Sulle classifiche ho sempre qualche riserva, ma al di là della collocazione precisa nella graduatoria, non sono per nulla sorpreso di un risultato positivo. E il fatto che siano le banche cantonali romande a dirlo, che non hanno nessun interesse a elogiare il Ticino, conferisce un valore particolare alla cosa. Da anni constatiamo, nel confronto diretto con i colleghi delle Camere di commercio e dell’industria degli altri cantoni, che l’andamento economico ticinese segue le evoluzioni svizzere, cosa che non si verificava venti anni fa. La forte diversificazione del nostro tessuto economico, la grande espansione delle esportazioni e l’aumento della vocazione all’internazionalizzazione sono elementi che hanno permesso un’evoluzione positiva della nostra economia e che ci collocano su un buon livello di competitività nel contesto nazionale e internazionale. Poi si può discutere a lungo cosa sia la prosperità e se il PIL costituisca l’unica unità di misura da considerare, ma è un fatto che noi quotidianamente sul terreno rileviamo che il “gap” che una volta esisteva rispetto alle altre regioni svizzere non c’è più. Non è del resto un caso che, malgrado le note trasformazioni legate ad esempio alla piazza finanziaria e tre crisi pesanti (finanziaria nel 2008 e valutaria nel 2011 e nel 2015), Il Ticino abbia saputo contenere gli effetti negativi, mantenendo sempre livelli ragguardevoli. Cosa non verificatasi in altre regioni come l’arco giurassiano o la Svizzera orientale che hanno perso migliaia di posti di lavoro, soprattutto a seguito della crisi del 2015. Questi sono fatti.

Negli ultimi 15 anni, sempre secondo questo studio, il nostro Cantone ha aumentato, e di parecchio,complessivamente la propria ricchezza, eppure la percezione nel Paese sembra essere diversa, quasi opposta. Qual è la sua opinione al riguardo?

La percezione non va mai sottovalutata ed è giusto tenerne conto, anche perché rispecchia una reazione molto umana. E’ chiaro che sono sparite molte certezze, da quella della piazza finanziaria praticamente inaffondabile alla presenza rassicurante delle regie federali. E’ quindi abbastanza normale che vi siano timori, anche perché un’economia più diversificata e dalle dinamiche certamente più complesse è meno “tangibile” e quindi foriera di maggiori insicurezze. Ed è innegabile che la concorrenza sia cresciuta in tutti gli ambiti, compreso il mercato del lavoro. Fenomeni di per sé non negativi, ma che, in quanto relativamente nuovi per la nostra realtà, creano disagi. Che umanamente comprendo, ma il mio compito è di far capire anche i vantaggi legati a questa nuova situazione, intervenendo al contempo con grande disponibilità per correggere le distorsioni di cui non ho mai negato l’esistenza. Cerco così di dare il mio contributo nella discussione pubblica non per relativizzare le paure, ma per dare quella che a mio avviso è la giusta proporzione ai vari fenomeni di cambiamento che stiamo vivendo.

Quali sono, a suo giudizio, le strade da percorrere a più livelli (politico, sociale e strategico) per riallineare, posto che è possibile, le percezioni del Paese con i dati economici, per una convivenza il più possibile pacifica tra economia e società?

Non sono molto ottimista, se consideriamo che sui dati non si discute più confrontandosi in maniera oggettiva, ma definendoli semplicemente taroccati quando non dimostrano le proprie tesi. Questo purtroppo non serve a risolvere i problemi. Penso sia importante che i vari dati ufficiali pubblicati siano presentati in maniera dettagliata e non solo “sparati” senza distinzioni. Solo così si può dibattere in maniera costruttiva. Poi è ovvio che le aziende devono avere comportamenti corretti, ma su questo lavoriamo quotidianamente e la disponibilità è ampia.

La responsabilità sociale oggi – dossier tematico

Un recente studio della Supsi ha evidenziato una crescente attenzione delle aziende ticinesi per la responsabilità sociale delle imprese. Una consapevolezza sempre più diffusa perché la Rsi è vista dagli imprenditori come un fattore competitivo e non come un costo. Un valore aggiunto che permette all’azienda, ha sottolineato la ricerca della Supsi, di acquisire indubbi vantaggi: migliorare la sua immagine pubblica, essere più in sintonia con la sensibilità dei clienti, accedere più facilmente al credito, attirare più talenti e profili qualificati, avere personale più motivato e maggiore creatività da parte dei collaboratori. Col risultato anche di una più efficiente gestione dei rischi e dei costi.

Di Rsi si è parlato ancora nel convegno organizzato lo scorso maggio dalla Camera di commercio, che ha offerto la significativa esperienza di due importanti imprese del cantone: la Hugo Boss che si è soffermata sull’impegno di un grande marchio della moda per la tutela dell’ambiente e dei lavoratori anche in Paesi dove questi valori sono poco rispettati, e la Rapelli che ha proposto l’interessante modello adottato dall’impresa alimentare per il risparmio energetico e la drastica riduzione dell’impatto ambientale.

Ma cos’è la Rsi?

Quando si parla di responsabilità sociale delle imprese non si intende solo l’impatto ambientale delle attività produttive, ma anche le condizioni di lavoro dei dipendenti, il rispetto dei diritti umani, la trasparenza e altre garanzie che valorizzano la tradizionale funzione sociale delle imprese in un determinato territorio. In sostanza si tratta di tutte quelle misure che un imprenditore adotta volontariamente, al di là delle prescrizioni della legge, per migliorare la reputazione sociale dell’impresa e la soddisfazione dei suoi collaboratori. Da noi non mancano di certo le imprese che spontaneamente hanno orientato la loro strategia sulla tutela ambientale, il risparmio energetico, la mobilità sostenibile, sulle misure per conciliare meglio lavoro e famiglia o su prestazioni sociali e formative che premiano l’impegno del personale. Elemento fondamentale di questa vocazione sociale è la libera scelta, volontaria, dell’imprenditore e non imposta dallo stato, è una consapevolezza che deve diffondersi dal basso e non essere prescritta dall’alto. Tantomeno si può elevare la Rsi a criterio distintivo di un’azienda la cui valutazione selettiva di virtuosità spetta allo stato, con tutti i rischi che ciò comporta. Altrimenti si scade nelle regolamentazioni invasive, nell’intervento intrusivo dello stato che può pregiudicare la libertà d’impresa e mettere in pericolo la capacità stessa di un’azienda di fare profitti, ossia le basi della sua sopravvivenza. E, purtroppo, è quello che sta accadendo in Ticino.

Elemento fondamentale di questa vocazione sociale è la libera scelta, volontaria, dell’imprenditore e non imposta dallo stato, è una consapevolezza che deve diffondersi dal basso e non essere prescritta dall’alto.

Salvaguardare le imprese

Nel nostro cantone la Rsi è ormai una definizione a largo spettro, per cui dalle aziende si pretende di tutto e di più. Si pretende che esse suppliscano alle mancanze o ai fallimenti della politica: non ci sono sufficienti asili nido, e a prezzi accessibili, per favorire l’impiego di madri che vorrebbero lavorare e, allora, dovrebbero essere le aziende a dotarsi di asili nido; le strade sono intasate dal traffico anche perché, contro ogni logica pianificatoria, sono rimaste quelle di trent’anni fa, ma si puniscono le imprese con una tassa sui posteggi che dovrebbe spingerle a ripensare la mobilità dei dipendenti; se in Ticino il costo della vita è troppo alto perché la struttura dei prezzi, come dappertutto in Svizzera, è irrigidita da accordi cartellari e da esosi costi obbligatori, si vorrebbe che gli imprenditori pagassero salari non inferiori ai 3700- 4000 franchi, a prescindere dalle capacità e dalla produttività del dipendente; ci sono troppi disoccupati e allora non si può assumere chi si vuole, chi serve davvero all’impresa, ma i senza lavoro indicati dagli uffici di collocamento; se in assistenza ci sono tante persone sole con figli o con una scarsa formazione, dovrebbero essere le aziende a farsene carico e non lo stato che dovrebbe, invece, offrire loro altre opportunità di formazione e percorsi diversi per il reinserimento nel mondo del lavoro; un’azienda per essere ritenuta innovativa non basta che migliori processi produttivi e prodotti, che investa per essere competitiva, non basta che abbia successo sul mercato, no, prima di tutto, deve rispettare alcuni criteri fissati dallo stato. Ci si lamenta per la disoccupazione, ma si rifiutano o si bloccano importanti insediamenti industriali, per centinaia di posti di lavoro, perché qui le fabbriche devono essere tutte high-tech per decreto.

Tutto ciò è la prosecuzione con altri mezzi di quella strisciante criminalizzazione delle imprese che nel cantone ha suscitato sentimenti di manifesta ostilità per le attività imprenditoriali. È il frutto velenoso della mancanza di una vera cultura liberale su cui si è innestato il devastante “primanostrimo”. Quel pensiero politico e sociale ormai dominante che si è autoalimentato per anni con insistenti campagne su una presunta emergenza disoccupazione. Un martellamento continuo, a furia di ribadirla, ripeterla, sottolinearla questa emergenza è diventata una verità autoreggente, che resiste persino alla prova inconfutabile dei fatti, che indicano invece una netta diminuzione della disoccupazione e una espansione della base occupazionale. Vorrà pur dire qualcosa il fatto che il Ticino si collochi oggi al quarto posto tra i cantoni per la crescita del Pil dal 2000 al 2015, che negli ultimi dieci anni i posti a tempo pieno siano aumentati del 15,7%, e non sono certo tutti per i frontalieri, che siano anche cresciuti quelli qualificati, passando da 1 impiego su 5 a 1 su 3, e che la disoccupazione, sia che la si misuri coi dati Seco che con quelli Ilo, è nettamente regredita.

Ci si lamenta per la disoccupazione, ma si rifiutano o si bloccano importanti insediamenti industriali, per centinaia di posti di lavoro, perché qui le fabbriche devono essere tutte high-tech per decreto.

La vera responsabilità sociale delle imprese

Il dilagante primanostrismo ha però prodotto una falsa rappresentazione della realtà che è diventata percezione collettiva, innescando nella politica un riflesso condizionato, per cui si sostiene qualsiasi proposta, persino le più balorde, per blindare il mercato del lavoro e proteggere la manodopera indigena.

In questo clima ci si è appropriati di un concetto quale la Rsi, per stravolgerlo e utilizzarlo come un piede di porco per scardinare quel che resta della libertà e economica e della libertà d’impresa. Dimenticando che le aziende sono la fonte principale dello sviluppo e dell’occupazione e che se esse affondano, affonda tutta la società.

Le imprese non sono “vacche da mungere” con tasse e imposte o da impastoiare con compiti e obblighi che nulla hanno a che fare con la loro funzione naturale, che è quella di creare profitto fornendo beni e servizi richiesti dal mercato. Perché solo se un’azienda crea profitto è in grado di investire per restare competitiva, di salvaguardare i posti di lavoro, di crescere assumendo nuovi dipendenti, di pagare i salari ai suoi collaboratori e le imposte allo Sato. Il profitto non è, dunque, solo il giusto premio per l’imprenditore che rischia il suo capitale, ma è ricchezza per tutti.

Fare profitti è questa la prima e vera responsabilità sociale delle imprese, che andrebbe tutelata e incoraggiata e non ostacolata con vincoli e imposizioni d’impronta statalista che snaturano la sua missione originaria. Perciò, la Rsi come autentica strategia di valorizzazione aziendale e sociale è un obiettivo che riguarda non solo gli imprenditori ma tutti, dipendenti, consumatori, classe politica e sindacati, e che può essere concretizzato attraverso il partenariato sociale e non imponendolo per legge.

Le imprese non sono “vacche da mungere” con tasse e imposte o da impastoiare con compiti e obblighi che nulla hanno a che fare con la loro funzione naturale, che è quella di creare profitto fornendo beni e servizi richiesti dal mercato.

Per approfondire il tema della sostenibilità, qui di seguito trovate diversi contenuti quali approfondimenti tematici.

Dossier responsabilità sociale 2017 completo
La responsabilità sociale non si impone per legge
La sostenibilità deve essere parte del modello di business
È inevitabile trovare l’equilibrio tra sostenibilità ed economia
Dare più senso al lavoro
La responsabilità sociale delle imprese non è una moda ma un comportamento
I diritti dell’uomo un compito dello stato
Responsabilità sociale d’impresa e strategia aziendale

coiffureSUISSE

Un’Associazione di imprenditori dinamici e creativi

Ecco come l’Associazione degli imprenditori parrucchieri svizzeri definisce il proprio campo d’attività, fissando obiettivi elevati e non alla portata di tutti, proprio per distinguersi quali veri professionisti e imprenditori impegnati.
Non bisogna inoltre dimenticare che l’Associazione, forte di una lunga esperienza, presta molta attenzione alla formazione degli apprendisti ed offre una vasta scelta di corsi per la formazione professionale continua e non solo dei propri associati.

Un po’ di storia

Vale la pena ricordare alcuni momenti importanti per capire meglio come questa categoria di imprenditori si è sviluppata e organizzata nel tempo. Già nell’ottocento in Ticino i maestri parrucchieri si unirono per definire e risolvere insieme alcuni aspetti pratici come il listino dei prezzi, gli orari di apertura e risale al 1940 la costituzione delle prime Associazioni regionali dei padroni parrucchieri. La professione si è sviluppata in modo impressionante e negli anni settanta con il sorgere di saloni per uomo e donna, le associazioni regionali hanno dovuto organizzarsi sempre meglio per gestire il forte sviluppo ed assicurare una buona formazione degli apprendisti. Nel 1976 si arriva all’inaugurazione del primo centro di formazione professionale del Cantone per i parrucchieri, situato a Giubiasco. Il settore si è così dotato di una palestra dove i giovani professionisti possono testare le nuove tecniche alla moda ed acquisire così una certa sicurezza per affermarsi anche nel campo artistico con un proprio stile. Una data importante nell’organizzazione dell’Associazione, è quella del 1994 quando fusionarono le diverse sezioni regionali dei maestri parrucchieri e diventarono una unica sezione cantonale.
Da questo momento si può dire che il Comitato cantonale ha assunto la direzione di tutte le attività per meglio rispondere alle più disparate richieste ed esigenze su tutti i fronti, assumendo un peso politico di riguardo nei confronti delle autorità cantonali e, grazie all’Associazione mantello nazionale, anche a livello federale.

Dati istituzionali

L’Associazione svizzera dei maestri parrucchieri nella sua Assemblea ordinaria del 2000 a Sciaffusa ha deciso di modificare la ragione sociale in coiffureSUISSE con nuovi statuti che la Sezione unica Ticino ha approvato e adottato. Ad oggi si contano in Ticino circa 700 saloni ufficiali, di cui ca.160 sono affiliati alla coiffureSUISSE. Dal punto di vista imprenditoriale si può quindi affermare che il settore si trova in una situazione favorevole di mercato con però una forte concorrenza per quanto riguarda il rapporto qualità e prezzo. La maggior parte degli imprenditori parrucchieri (80%) operano come ditta individuale, mentre solo una piccola parte (20% di imprenditori) opera con una SA o SAGL. Se consideriamo che il nostro settore professionale in Ticino realizza una massa salariale lorda di ca. 13’500’000 franchi è evidente l’importanza di questo settore in Ticino. Sono infatti ca. 700 piccole aziende che contribuiscono allo sviluppo economico del Paese.

Dati di contatto:
coiffureSUISSE, Via Ferriere 11, 6512 Giubiasco, info@coiffuresuisseticino.ch, www.coiffuresuisseticino.ch

viscom Ticino

viscom: per un mondo economico più forte

Oltre settantacinque anni di storia e sempre con la voglia di lottare per riuscire a salvaguardare non solo gli interessi dei nostri affiliati, ma di tutto il mondo economico ticinese. viscom è l’associazione padronale svizzera dell’industria grafica: una realtà forte e competitiva, con una grande rappresentanza a livello svizzero e una sede ticinese a Bellinzona.
Tra i propri scopi viscom annovera la salvaguardia degli interessi del settore dell’industria grafica a livello economico, politico e pubblico, in modo da rafforzare la competitività del settore stesso; s’impegna a fondo nello sviluppo della formazione di base duale, perché sia sempre altamente qualificata, come pure nel perfezionamento professionale e nella ricerca di giovani talenti interessati alle professioni che ruotano attorno al settore dell’industria grafica.
La nostra industria è in piena evoluzione tecnica ma, se la concorrenza interna stimola il mercato, quella estera e del Web to print penalizza e non di poco. Possiamo affrontare la concorrenza estera con un’opera di sensibilizzazione verso la committenza (e non solo nel privato), che troppo spesso non considera tutti gli aspetti in gioco ma solo e unicamente il minor prezzo di stampa, dimenticando l’indotto indiretto creato dal nostro settore in favore del nostro paese.

Per questa ragione da alcuni anni viscom porta avanti il label “Stampato in Ticino” ossia: la garanzia della qualità della stampa sul territorio cantonale. Con l’utilizzo del label l’associazione si pone infatti l’obiettivo di informare l’opinione pubblica che l’azienda produttrice dello stampato in questione assicura un contributo e un sostegno all’economia del nostro Cantone, il tutto senza dimenticare un tassello importantissimo per l’economia: la formazione professionale. viscom Ticino, oltre ad assumersi la responsabilità di essere il partner sociale garante del rispetto del contratto collettivo di lavoro e di far applicare il codice etico del settore è anche responsabile per la formazione professionale.

Ogni anno il settore mette a disposizione dei giovani alcuni posti di tirocinio nelle professioni di poligrafo/a, tecnologo/a di stampa, operatore/trice postpress e -nuovo da settembre- di Interactive Media Designer. Quest’ultima formazione è orientata in particolar modo al mondo dei nuovi media permettendo ai giovani di toccare con mano l’affascinante mondo dei video, degli audio, di internet e delle applicazioni, vero pane quotidiano dei giovani.
È altresì fondamentale un occhio di riguardo verso l’ecologia: un’associazione moderna deve sostenere la natura e la salvaguardia ambientale. Ecco perché da oltre 5 anni viscom organizza per i propri affiliati le certificazioni di gruppo FSC. Il marchio FSC identifica i prodotti contenenti legno proveniente da foreste gestite con un sistema corretto e responsabile, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. Con tale certificazione una tipografia riceve l’autorizzazione a utilizzare il marchio FSC. Ad oggi sono già oltre 25 le aziende certificate FSC. Concludiamo invitando tutte le aziende a sostenere in modo incondizionato la nostra economia utilizzando in primis il label “Stampato in Ticino” e in futuro permettendo ai giovani la possibilità di intraprendere una formazione duale.
Le tipografie nostre affiliate sono a vostra completa disposizione…. vi aspettiamo!

Dati di contatto:
viscom Ticino, Viale Franscini 30, 6500 Bellinzona, ticino@viscom.ch, www.viscom.ch

Associazione svizzera assicurazioni (ASA)

Cercasi giovani per il settore assicurativo

È nata la sezione ticinese dell’Associazione svizzera assicurazioni (ASA) con sede presso la Camera di commercio e dell’industria a Lugano. Il Ticino rappresenta una regione importante per rafforzare il settore

Il 27 marzo gli assicuratori svizzeri hanno celebrato la fondazione della sezione ticinese dell‘ASA presso il Castelgrande di Bellinzona. “Non abbiamo una sezione in ogni regione del paese, ma la vogliamo in Ticino per essere più vicini alla Svizzera italiana”, queste sono state le parole di Luzius Dürr, ex direttore dell’associazione di categoria e promotore della sezione ticinese insieme a Luca Albertoni, direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti). Il presidente del Governo ticinese Paolo Beltraminelli, invitato alla presentazione della nuova sezione, ha apprezzato molto le parole di Dürr affermando che la nuova presenza di ASA a sud delle alpi rappresenta sia un riconoscimento della Terza Svizzera, sia il bisogno di avvicinarsi di più ai cittadini di cui lo Stato deve essere il portavoce. Secondo Dürr il Ticino ha una posizione privilegiata dato che sul suo territorio si trova la terza piazza finanziaria in ordine di grandezza.
Inoltre lo slancio del settore assicurativo nel Canton Ticino è ben affermato. “L’associazione di categoria sta potenziando È nata la sezione ticinese dell’Associazione svizzera assicurazioni (ASA) con sede presso la Camera di commercio e dell’industria a Lugano. Il Ticino rappresenta una regione importante per rafforzare il settore. già dal 2015 le sue attività nella Svizzera latina per rafforzare il settore”, ha aggiunto Philipp Gmür, CEO di Helvetia Group e membro del comitato ASA.
Quale presidente della sezione ticinese è stato nominato Giorgio Tomasini di Axa Winterthur. “Il settore assicurativo non sembra essere molto “sexy“ per i giovani”, ha rilevato Tomasini. Preferiscono piuttosto impieghi presso lo Stato, le banche o le imprese come Swisscom. Quindi il compito della sezione ticinese di ASA sarà fra l’altro quello di avvicinare i giovani al settore delle assicurazioni.
Quest’ultimo offre infatti la possibilità di un centinaio di differenti professioni – un’ampia scelta poco conosciuta tra i giovani. Proprio per questo motivo il settore assicurativo si impegna con la presenza ad eventi come Espoprofessioni o la Notte Bianca delle professioni e promuove costantemente la formazione continua. Ad esempio, il sistema “Cicero” offre corsi certificati per i consulenti. “Inoltre grazie alla fondazione della sezione ticinese di ASA – ha motivato Tomasini – si potranno conoscere i dettagli dell’indotto economico generato in Ticino del settore”. In seguito, Siegfried Alberton ha sottolineato come dal punto di vista congiunturale, dall’ultima crisi del 2008, l’andamento del valore aggiunto del settore delle assicurazioni sia positivo e migliore rispetto all’andamento medio del settore finanziario (compreso quello bancario). Questi dati sono confermati anche dai rilevamenti mensili effettuati dalle agenzie generali d’assicurazione. Questo andamento, unitamente al contributo del settore assicurativo al PIL cantonale (stimato circa al 2%) e alle ricadute in termini di salari versati, affitti, spese generali e sponsorizzazioni, dovrebbe fare del settore un ambito di attività attrattivo per i giovani. “Il comparto – ha aggiunto il presidente della sezione ticinese dell’ASA Tomasini – nel 2015 in Ticino ha generato 3 miliardi di franchi con i premi incassati delle assicurazioni private ossia il 4% della media svizzera di 61,4 milliardi. Con le assicurazioni malattia si calcola che lavorino nel settore in Ticino circa 2000 persone delle quali 1500 a tempo pieno”. Inoltre, Siegfried Alberton ha rilevato come la digitalizzazione incida già oggi anche nel campo assicurativo. Si pensi per esempio alle macchine senza conducente o dalla guida assistita, come pure alla sharing economy, entrambi ambiti che hanno bisogno di forme assicurative adeguate. Si manifestano quindi alcune sfide, ma anche altrettante nuove opportunità, comprese quelle riguardanti la formazione. “Proprio a causa della digitalizzazione, il settore necessita una formazione continua e approfondita dato che una specializzazione non vale più per tutta la vita professionale”, ha constatato Christian Vitta, Consigliere di Stato e direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE). Secondo Alessandra Gianella, responsabile per il Ticino di economiesuisse, le aziende devono integrare deliberatamente la digitalizzazione nel loro sistema interno e creare nuove forme di lavoro e di formazione continua, ma senza evocare delle regolamentazioni eccessive. In questo contesto Vitta e Gianella hanno lodato il sistema “Cicero“ adottato dalle assicurazioni che va nella giusta direzione.

Il Comitato ASA Ticino è composto da:

• Presidente: Giorgio Tomasini (Axa Winterthur)
• Vice presidente: Samuele Donnini (Zurich)
• Cassiere: Marzio Zappa (Swiss Life)
• Membri: Tiziano Sacchetti (Bâloise), Mauro Canevascini (Helvetia), Enea Casari (Helsana) e da Gianni Maggetti (AFA Ticino)
Dati di contatto:
ASA, c/o Cc-Ti, Corso Elvezia 16, 6901 Lugano, pagani@cc-ti.ch, www.svv.ch/it

Presenza ticinese a Expo Astana 2017

Un’ottima occasione di visibilità per le aziende nel campo dell’efficienza energetica

Dal 10 giugno 2017 al 10 settembre 2017 Astana (capitale del Kazakistan) ospiterà l’esposizione internazionale EXPO 2017, dal tema “Future Energy”. La tematica scelta riflette la grande importanza che il Kazakistan dà a temi globali di rilievo come l’approccio all’ambiente, le energie rinnovabili e l’efficienza energetica.

L’obiettivo principale dell’evento è interpellare la responsabilità delle persone, promuovere una discussione e sviluppare conoscenze che consentano alla gente di pianificare e controllare il consumo energetico sul nostro pianeta e ridurre al minimo i danni all’ambiente. In totale, è prevista la partecipazione di 100 paesi e oltre 10 organizzazioni internazionali.

La Confederazione Svizzera sarà presente ad EXPO 2017 con un padiglione curato da Presenza Svizzera. La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) e la Lugano Commodity Trading Association (LCTA), per le quali il Kazakistan costituisce un mercato prioritario, stanno coordinando una “Presenza Ticinese” al Padiglione Svizzero dal 6 all’8 settembre 2017, in cooperazione con il Cantone e la Città di Lugano. Lo scopo del progetto è lo sviluppo delle relazioni tra Cantone, Cc-Ti, LCTA, Città di Lugano e il Kazakistan, questo grazie agli interventi e alle presentazioni di varie aziende ticinesi attive a livello nazionale ed internazionale sui temi legati al fil-rouge dell’Expo.

Al progetto sono invitate a partecipare le aziende attive nel settore dell’energia rinnovabile e affini (efficienza energetica, clean technology,…). Le aziende partecipanti beneficeranno di visibilità a livello internazionale per agganciare nuovi potenziali contatti (clienti, agenti, ecc.) in Asia centrale ed in particolar modo in Kazakistan e avranno la possibilità di sfruttare la rete di contatti che Cc-Ti, LCTA e Città di Lugano hanno costruito negli ultimi anni. Chi fosse interessato a ricevere ulteriori informazioni può rivolgersi ai contatti indicati a lato.

Marco Passalia, vice direttore e responsabile servizio export Cc-Ti
Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana

Interessati a partecipare?
Per maggiori informazioni contattare Chiara Crivelli, Head of International Desk, Cc-Ti

Stati Uniti: importante mercato per le aziende elvetiche

Molti gli interventi di spicco alla conferenza dedicata agli Stati Uniti organizzata mercoledì 7 giugno dalla Cc-Ti in collaborazione con S-GE e il supporto degli sponsor Export (Cippà Trasporti, CRIF, Credit Suisse e Euler Hermes).

Durante la conferenza sono state evidenziate le relazioni tra la Svizzera e gli Stati Uniti: gli interventi si sono focalizzati sugli aspetti commerciali, sulle possibilità di espandere il proprio business sul territorio americano, sull’attrattività del mercato statunitense come investimento, senza tralasciare le raccomandazioni e testimonianze di chi ha già avuto modo di investire in questa nazione.

L’incontro ha avuto inizio con l’intervento di Toby Wolf, Economic and Commercial Officer, dell’ambasciata americana a Berna, introdotto da Marco Passalia, vice direttore e responsabile del Servizio Export della Cc-Ti che ha magistralmente condotto la conferenza. Toby Wolf ha analizzato i rapporti tra Svizzera e Stati Uniti, mettendo in evidenza gli ideali in comune e facendo luce sulla situazione economica e commerciale tra i due Paesi. In seguito è intervenuto il suo collega, Sandor Galambos, di SelectUSA, specialista degli investimenti negli Stati Uniti, il quale ha esposto i principali settori d’investimento, come ad esempio quello finanziario o dell’industria delle macchine. Galambos ha inoltre presentato i principali fattori per i quali un’azienda sceglie di investire nel mercato a stelle e strisce: primo su tutti le dimensioni dello stesso, le condizioni per chi desidera fare business, l’innovazione e le risorse presenti.

Per dare una panoramica sulla situazione macroeconomica statunitense è poi intervenuto Damian Künzi, Vice presidente del Global Macro Analysis di Credit Suisse, affermando che quella che gli Stati Uniti sta vivendo è la seconda espansione più lunga degli ultimi 50 anni. Künzi ha anche esposto i rischi della politica statunitense attuale, sui quali però ha voluto assicurare i presenti.

 

Condizioni quadro favorevoli per le aziende elvetiche

Tra i relatori, anche il Trade Commissioner di S-GE, Damian Fechlin, che ha promosso l’esportazione dei prodotti svizzeri negli Stati Uniti illustrando le varie opportunità del mercato. Con il supporto degli Swiss Business Hub presenti sul territorio americano, le aziende elvetiche hanno un punto d’appoggio professionale e competente per trovare partner a stelle e strisce. Promuovere gli States come luogo ideale per gli investimenti nel mondo degli affari, è stato anche il punto centrale della presentazione di Antje Abshoff, che, tuttavia si è focalizzata sulla Georgia, in quanto Managing Director of the State of Georgia Europe office di Monaco. Infatti, nello Stato americano sono già presenti numerose aziende elvetiche che hanno sviluppato con successo il proprio business grazie anche alle condizioni quadro favorevoli.

Rischi finanziari e logistici

Emanuele Mastrogiacomo, Senior Risk Underwriter di Euler Hermes è poi intervenuto sottolineando l’alto livello di rating dei crediti concessi negli USA, nonostante ci siano stati alcuni settori che, nell’ultimo anno, hanno fatturato debiti piuttosto allarmanti. È bene quindi sempre proteggersi dalle insidie dei mercati.

La ditta di spedizioni Cippà Trasporti, con gli interventi di Gaetano Loprieno e Angelo Betto, ha mostrato le tendenze del momento del commercio negli Stati Uniti, considerando le prospettive per il futuro e fornendo consigli su come e dove scambiare merci, senza tralasciare raccomandazioni logistiche.

 

 

L’esperienza diretta sul campo

Fiore all’occhiello degli eventi export della Cc-Ti, è stata la testimonianza aziendale fornita da Paul Zumbühl, CEO di Interroll, azienda che ha già avviato con successo il proprio business sul territorio americano. Secondo l’esperienza di Zumbühl, per potersi affacciare sul mercato statunitense è bene conoscere lo stile a stelle e strisce del mondo degli affari ed è necessario fare molta attenzione al sistema legale statunitense, molto diverso da quello europeo.

Per concludere l’evento, grazie a Philipp Pianezzi, esperto in materia di TI Traduce, vi è stato uno scambio informativo sugli usi e costumi degli Stati Uniti, in cui si è spiegato come è bene comportarsi quando si fanno affari con gli americani. Spunti interessanti, che chi ha intenzione di investire negli USA, metterà sicuramente in pratica.

 

 


Sponsor export

Le presentazioni

Toby Wolf, Economic and Commercial Officer, U.S. Embassy Bern Sandor Galambos, SelectUSA Investment Specialist, U.S. Embassy Bern
U.S.-Swiss Relations and SelectUSA
Economic Outlook
Damian Künzi, vicepresident Global Macro Analysis, Credit Suisse
USA: a country of opportunities
Damian Felchlin, Trade Commissioner, Swiss Business Hub USA
Georgia – Opportunities for Swiss Companies
Antje Abshoff, Managing Director of the State of Georgia Europe office, Munich
Credit Risk Management
Emanuele Mastrogiacomo, Senior Risk Underwriter, Euler Hermes
Quale logistica per gli USA?
Angelo Betto, direttore operativo e Gaetano Loprieno, resp. ufficio commerciale, Cippà Trasporti SA
Testimonianza aziendale
Interroll, Paul Zumbühl, CEO
“Business etiquette: scambio informativo con un esperto di TI Traduce sugli usi & costumi degli Stati Uniti”

 

Nuove forme di lavoro per un mondo in continua evoluzione – dossier tematico

Per una nuova cultura del lavoro

Da almeno quarant’anni economisti e sociologi analizzano e descrivono le trasformazioni del mondo del lavoro nel passaggio dal fordismo al post fordismo. Ossia il grande salto dalla produzione di massa incentrata sul vecchio modello industriale della fabbrica, che con i suoi ritmi scandiva anche i tempi della vita sociale, all’irrompere delle nuove tecnologie con la diversificazione produttiva, la flessibilità e il just in time. Un cambiamento radicale accelerato dagli effetti congiunti della globalizzazione e dalla diffusione planetaria delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che ha interconnesso non solo i mercati mondiali delle merci e dei capitali, ma anche quelli delle idee, delle competenze e delle professionalità. Spingendo la capacità d’innovazione, la competitività e la concorrenza internazionale verso livelli sempre più alti.

La svolta epocale

Su questa rivoluzione si è saldamente innestata la nuova economia digitale che sta ulteriormente trasformando la produzione di beni e servizi, la loro distribuzione e gli stili di vita, mentre i paesi avanzati sono oggi contrassegnati dal progressivo invecchiamento della popolazione, dall’aumento dell’occupazione femminile e dall’impiego crescente di manodopera immigrata. Inoltre, in questi paesi, ed è la prima volta che accade nella storia dell’umanità, si trovano a convivere ben quattro generazioni, un grande accumulo di risorse, esperienze e intelligenze dalle potenzialità enormi. Un solo esempio: la possibilità di dilazionare l’età di pensionamento impiegando i dipendenti più anziani nel tutoraggio dei giovani al primo impiego, senza appesantire le condizioni di lavoro dei primi, favorirebbe la trasmissione dell’esperienza professionale e darebbe anche un sostanzioso contributo alle casse del sistema pensionistico.

In questa movimentata topografia dei cambiamenti produttivi e sociali cambiano anche i modelli di lavoro. Termini come lavoro atipico, alternativo, interinale, immateriale, telelavoro, lavoro autonomo di terza generazione, job sharing e lavoro ibrido, cioè quello fatto di manualità, informatica e robotica, sono ormai parole correnti e non solo nel linguaggio degli specialisti. La cosiddetta gig economy, che non è semplicemente quella dei lavoretti, ma del lavoro on demand, cioé quando c’è richiesta, e la sharing economy, l’economia della condivisione, hanno ampliato e diversificato l’offerta di merci e servizi, allargando anche la base occupazionale, grazie all’incontro più veloce tra domanda e offerta di lavoro e al taglio dei costi di transazione.

Se Uber ha scosso dalle fondamenta il trasporto urbano, intaccando le solide rendite di posizioni dei tassisti e delle aziende pubbliche, decine di start up gestiscono con successo, e grande soddisfazione dei clienti, la galassia dei servizi a domicilio, dalle pulizie di casa alle riparazioni domestiche, dalla consegna di cibi pronti a quella della biancheria lavata e stirata in lavanderia. È tutto un mondo e un modo di vivere che si sta trasformando sotto i nostri occhi.

Termini come lavoro atipico, alternativo, interinale, immateriale, telelavoro, lavoro autonomo di terza generazione, job sharing e lavoro ibrido, cioè quello fatto di manualità, informatica e robotica, sono ormai parole correnti e non solo nel linguaggio degli specialisti.

Il Ticino che guarda indietro

Eppure in Ticino quando si parla di lavoro e di occupazione si ragiona, in larga parte, come un secolo fa. Qui la flessibilità è spacciata ancora come precarizzazione dell’occupazione e i nuovi modelli di lavoro sono solo sinonimi di nuove modalità di sfruttamento, quando in realtà essi corrispondono alle mutate esigenze produttive imposte da mercati dominati da una concorrenza sempre più agguerrita. Si è cominciato anni fa a contestare il lavoro su chiamata e l’outsourcing e si è arrivati a criticare ferocemente persino l’aumento degli impieghi a tempo parziale, quando da sempre si è invocato il part-time, anche da sinistra, come la grande opportunità per le donne di ritornare sul mercato del lavoro conciliando meglio gli impegni professionali con quelli famigliari.

Recentemente sono finiti nel mirino le agenzie di lavoro interinale, considerate vere e proprie centrali di sfruttamento che alimenterebbero il dumping salariale.   Poco importa se esse permettono a centinaia di giovani di accedere più rapidamente al mercato del lavoro, e acquisire le prime indispensabili esperienze, o se rappresentano una possibilità in più offerta ai disoccupati per rimettersi in pista e riconquistarsi, magari, un posto fisso. E importa ancora meno il fatto che le agenzie di impiego interinale forniscono un servizio essenziale nell’economia moderna, ossia soddisfare in maniera rapida e mirata un fabbisogno temporaneo di manodopera necessaria per dei picchi produttivi o per urgenze lavorative, per sostituire altri lavoratori, per mansioni a breve termine e tante altre necessità per le quali nessuno assumerebbe qualcuno a tempo indeterminato.

Nonostante queste agenzie siano rigorosamente regolate dalla legge e garantiscano un salario minimo anche nei settori dove non c’è un contratto collettivo, in Ticino c’è chi le vorrebbe mettere al bando. Per intanto ci si accontenta di penalizzarle pesantemente con la nuova legge sulle commesse pubbliche.

Si è cominciato anni fa a contestare il lavoro su chiamata e l’outsourcing e si è arrivati a criticare ferocemente persino l’aumento degli impieghi a tempo parziale, quando da sempre si è invocato il part-time, anche da sinistra, come la grande opportunità per le donne di ritornare sul mercato del lavoro conciliando meglio gli impegni professionali con quelli famigliari.

Nuovi modelli di lavoro

Un recente studio europeo (Eurofound) ha classificato nove grandi tipologie di nuovi modelli di lavoro ormai diffusi in tutto l’Occidente: employee sharing,  gli stessi lavoratori assunti da un un gruppo di diversi imprese; job sharing, lavoro ripartito tra più dipendenti; temporary management, manager impiegati per specifici progetti; casual work, lavoro intermittente; telelavoro; voucher-based work, prestazioni pagate con un voucher che copre retribuzione e contributi sociali, portfolio work,  autonomi che lavorano per diversi clienti; crowd employment, piattaforme online che mettono in contatto domanda e offerta di lavoro per progetti complessi; collaborative employment, lavoratori freelance e micro imprese che collaborano tra di loro.

Si tratta di modalità d’impiego nate spontaneamente dalle trasformazioni economiche e sociali odierne, che presentano indubbi vantaggi per l’accesso al mercato del lavoro, ma anche molti aspetti poco chiari dal profilo della tutela dei lavoratori, che legislatori, sindacati e imprese dovrebbero affrontare assieme per definire una normativa adeguata ai tempi. Ma la realtà è questa. Basta pensare che negli Usa la crescita netta dei posti di lavoro negli ultimi dieci anni, nove milioni in più, è dovuta esclusivamente a modalità alternative d’impiego che escono dagli schemi tradizionali.

Una realtà che se da un lato richiederà anche una nuova cultura aziendale e del lavoro, dall’altro impone l’impegno comune della politica e delle parti sociali per adeguare il vecchio diritto del lavoro ad un mondo che è del tutto diverso. Solo così e pensando soprattutto anche a modelli più efficienti, e meno dispersivi, di Welfare si potranno affrontare le sfide poste da queste grandi trasformazioni: la formazione continua, la previdenza professionale, la mobilità e la discontinuità lavorativa, l’accesso all’impiego per i più giovani.

Per approfondire il tema delle nuove forme di lavoro, qui di seguito trovate diversi contenuti quali approfondimenti tematici.

Il mondo del lavoro è sempre più dinamico e polivalente
Il valore della flessibilità
Il futuro si crea adesso
La gente deve cambiare atteggiamento
Lavoro: trasformazione sociale e digitale