Tre puntate televisive ZOOM dedicate agli eventi Cc-Ti

Nell’anno del suo centenario, la Cc-Ti ha voluto focalizzare la sua attenzione su alcune tematiche oggigiorno di massima importanza per l’economia ticinese: l’internazionalizzazione, la digitalizzazione e la responsabilità sociale d’impresa. Questi grandi temi sono stati declinati nel corso dei mesi sotto forma di articoli di approfondimento sia sulla nostra rivista TicinoBusiness e i media ticinesi, sia sul nostro stesso sito internet nonché con eventi informativi che hanno riscosso un ottimo successo di pubblico.

Grazie alla collaborazione con Teleticino, vi riproponiamo le puntate della trasmissione “ZOOM” dedicate ai tre eventi principali svoltisi negli scorsi mesi: “La Giornata dell’Export”, “L’economia del futuro è digitale” e “Responsabilità sociale d’impresa e strategia aziendale”. Brevi approfondimenti televisivi che mettono in luce i vari aspetti delle tematiche affrontate grazie alle interviste e ai commenti dei relatori. Buona visione!

Responsabilità sociale d’impresa e strategia aziendale

La responsabilità sociale delle imprese è un concetto ampio che integra anche aspetti economici ed ambientali. Tre rappresentanti rispettivamente dei settori fashion, alimentare e dell’analisi ambientale hanno esposto le loro strategie per mantenere un equilibrio tra tali esigenze. E questo sforzo funge anche da incentivo per l’innovazione.

L’economia del futuro è digitale

Negli anni Ottanta il parlamento nazionale discusse dell’introduzione di una tassa contro la diffusione dei computer. Oggi la digitalizzazione migliora molti prodotti e servizi, crea delle nuove attività malgrado le incertezze nel mondo del lavoro – e può persino salvare delle vite umane. Di questo e di molto altro ancora se ne è parlato durante l’evento organizzato da Cc-Ti e Swisscom il 26.04.2017

La giornata dell’export

Come evolveranno i rapporti tra la Svizzera e l’Unione Europea dopo la legge d’applicazione del 9 febbraio? L’Europa ha ancora un futuro? A queste e altre domande ha provato a rispondere l’ambasciatore UE in Svizzera Michael Matthiessen, ospite d’onore al Principe Leopoldo di Lugano in occasione della Giornata dell’export della Camera di Commercio del Canton Ticino.

Commercio e turismo: qualche cifra e una riflessione

Testo a cura di Luca Albertoni, direttore Cc-Ti

La Cc-Ti, quale associazione-mantello dell’economia cantonale rappresenta molte realtà. Diamo pertanto spazio ai vari rami economici con alcune indicazioni su quello che essi rappresentano. Iniziamo dai settori del commercio e del turismo, molto legati non solo dal punto di vista dei rilevamenti statistici, ma anche perché strettamente connessi sul fronte dei servizi agli ospiti del nostro territorio.

Il settore del commercio e turismo strettamente connessi

Il commercio, i servizi di alloggio e di ristorazione e il turismo rappresentano circa il 20% del PIL in Ticino, quindi oltre 5 miliardi di franchi. Parliamo di quasi 10’000 aziende attive, che impiegano oltre 35’000 collaboratrici e collaboratori (si tratta dei posti equivalenti al tempo pieno). Interessante è sottolineare che, per quanto riguarda il commercio al dettaglio, spesso considerato anello debole dell’economia e con poche ricadute sul territorio, esso conta circa 3’700 aziende, impiegando 12’000 persone (in equivalenti a tempo pieno). E le relative imprese versano 38 milioni di franchi di imposte. Le imposte pagate dagli impiegati di questo specifico settore ammontano a oltre 46 milioni di franchi, nel contesto di una massa salariale erogata di circa 650 milioni di franchi.

Il commercio, i servizi di alloggio e di ristorazione e il turismo rappresentano circa il 20% del PIL in Ticino, quindi oltre 5 miliardi di franchi. Parliamo di quasi 10’000 aziende attive, che impiegano oltre 35’000 collaboratrici e collaboratori.

Molte cifre per sfatare qualche mito che vuole queste aziende staccate dal territorio ticinese perché facenti parte di gruppi nazionali. Senza dimenticare gli investimenti negli stabili che superano agevolmente i 100 milioni di franchi annui e gli oltre 40 milioni destinati ad aziende locali per le attività pubblicitarie, nonché gli acquisti della stessa entità circa effettuati presso i produttori locali. Cifre non da poco, derivanti da fonti ufficiali, di cui si dovrebbe tenere maggiormente conto quando si parla di aziende e territorio e si ipotizzano misure di vario genere per risolvere problemi veri o presunti. L’interconnessione evidente fra il settore del commercio e quello dell’albergheria e della ristorazione è resa evidente dal fatto che, secondo le stime delle associazioni di categoria, i turisti generano in Ticino un volume di acquisti di oltre 400 milioni di franchi annui.

Cambiamenti importanti in questi rami economici

I cambiamenti in atto in questi rami economici sono sotto gli occhi di tutti. Franco forte, digitalizzazione, acquisti all’estero e su internet, ecc. sono concetti ormai espressi ogni giorno e che non necessitano ulteriori spiegazioni per illustrarne gli effetti, da tempo dibattuti. L’andamento altalenante dei settori in questione può però probabilmente trovare un equilibrio attraverso un maggiore coordinamento, perché un’offerta più coordinata non va a beneficio unicamente dei turisti, ma anche e soprattutto del territorio ticinese, come dimostrano ampiamente le cifre menzionate in precedenza. Comprensibili e condivisibili quindi gli appelli in tal senso giunti in particolare dall’ambito degli esercenti nelle ultime settimane, perché il legame fra commercio al dettaglio, servizi alberghieri e ristorazione è un elemento di successo di molti territori, anche in Svizzera. Basta dare un’occhiata agli orari di apertura, anche domenicale, dei negozi di stazioni turistiche importanti come Zermatt o Saas-Fee, dove il discorso di accoglienza è affrontato in maniera globale. Non vi sono motivi perché una formula di questo genere, sulla quale il Ticino sta comunque lavorando, non possa essere la chiave di volta per affrontare i molti cambiamenti strutturali che toccano anche il nostro cantone.

L’Unione Professionale Svizzera dell’Automobile (UPSA)

UPSA: gli specialisti dell’automobile

Il settore dell’automobile riveste una notevole importanza per l’economia del nostro Paese. Ad aggiungersi a tutte quelle imprese che operano nel campo degli autoveicoli, vi è infatti da considerare il non indifferente apporto prodotto dal suo indotto. Oltre ai garage e alle carrozzerie, vi sono da considerare gli importatori, le assicurazioni, il mercato dei pneumatici e dei pezzi di ricambio, i fornitori e distributori di carburante e di materiale per il lavaggio, le imprese di recupero e riciclaggio dei rifiuti, ecc.
In Svizzera sono attive oltre 15’000 aziende, che danno lavoro a un totale di 84’000 persone. Il loro fatturato si aggira sui 90 miliardi di franchi. Di questi quasi 34 miliardi di franchi sono generati solo dalle autofficine. La parte preponderante è costituita dal segmento delle auto nuove (14 miliardi di franchi) seguito da quelle delle occasioni (7,7 miliardi di franchi). I lavori di riparazione e sostituzione dei pezzi generano poco più di 10 miliardi di franchi, mentre la percentuale più bassa è costituita dai veicoli utilitari. Il suo fatturato è di 2,1 miliardi di franchi.
L’Unione Professionale Svizzera dell’Automobile (UPSA) è l’associazione di categoria per i garagisti, nella quale confluiscono più di 4000 affiliati, accolti unicamente dopo la sottoscrizione di un codice etico. Uno strumento di comportamento deontologico nei confronti della clientela, del personale e della collettività.
La Sezione Ticino raggruppa oltre 200 garage, suddivisi in 5 Gruppi regionali: Bellinzonese, Biasca e 3 Valli, Locarnese, Luganese e Mendrisiotto. Il suo Segretariato ha sede presso la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti).
Statutariamente l’UPSA Ticino si prefigge di salvaguardare e promuovere gli interessi generali degli attori di questo importante settore, ma dedica importanti risorse e impegno alla formazione professionale. Presso il suo Centro professionale di Biasca, oltre alle proposte di aggiornamento e perfezionamento, vengono infatti formati ogni anno cica 450 apprendisti. Attualmente i percorsi professionali sono tre: il meccatronico, il meccanico di manutenzione e l’assistente di manutenzione. È notizia di questi giorni quella della creazione, voluta dal Consiglio di Stato, di un vero e proprio “Campus”, attraverso la realizzazione di un polo unico a Biasca nel quale verranno aggruppate tutte le altre formazioni legate ai veicoli a motore.
Nell’intento di operare con la necessaria trasparenza, l’UPSA Ticino ha persino istituito al proprio interno un servizio che si occupa di eventuali vertenze. Una struttura che, nel limite del possibile, non essendo dotata di potere giuridico, cerca di appianare e/o risolvere le controversie che dovessero verificarsi fra clienti e garage affiliati, a tutela sia di quest’ultimi, sia dell’operato dei propri associati.

Dati di contatto:
UPSA, c/o Cc-Ti, Corso Elvezia 16, 6901 Lugano, infoupsa-ti.ch; www.upsa-ti.ch

AIET – Associazione Installatori Elettricisti Ticinesi

L’AIET, il cui segretariato si trova presso la Camera di Commercio, dell’Industria, dell’Artigianato e dei Servizi del Canton Ticino, è la sezione ticinese dell’Unione Svizzera degli installatori Elettricisti (USIE) con sede a Zurigo. Essa è nata nel 1910 e si prefigge di difendere la professione, tutelare il buon nome dei membri (ad esempio tramite la formazione), collaborare con le autorità pubbliche e stipulare convenzioni con gruppi economici e sindacali nonché sviluppare la collegialità e la collaborazione fra i membri. L’AIET raggruppa 121 aziende installatrici sulle 251 attive in Ticino ma soprattutto occupa oltre 1500 dipendenti su un totale di 1876 occupati. La stima della cifra d’affari delle ditte di impianti elettrici in Ticino si attesta a 512 Mio di CHF.

L’Associazione è guidata da un comitato cantonale con alla testa, quale presidente, il signor Didier Guglielmetti. Nell’Associazione operano anche delle Commissioni, composte sempre da specialisti che, grazie alla loro esperienza pratica, propongono e consigliano il Comitato cantonale sulle opportunità e scelte necessarie per consentire all’Associazione di realizzare i suoi molteplici obiettivi. La qualità del lavoro non può prescindere da una severa e vasta formazione professionale, la quale costituisce un imperativo assoluto presso l’AIET. Attualmente il numero complessivo di apprendisti presso il proprio centro professionale di formazione a Gordola è di 493. L’Associazione dispone di un proprio centro di formazione già dal 1972. Dal 1980 quest’ultimo si è insediato definitivamente a Gordola, dove trovano spazio sale conferenze, locali per corsi formativi e laboratori equipaggiati al meglio per garantire la più ampia pratica e un miglior apprendimento per gli apprendisti. Infrastrutture che vengono pure utilizzate per l’aggiornamento e il perfezionamento professionale.

Il settore d’attività è quello dell’elettricità, questa meravigliosa fonte di energia di cui con la massima dimestichezza ce ne serviamo in ogni momento e in ogni luogo. Qui si nascondono però pericoli che si presentano in modo subdolo. La corrente elettrica è invisibile e inodore e, se le sue multiformi applicazioni facilitano indubbiamente la nostra vita quotidiana, per contro i suoi effetti fisiologici indesiderati sono nefasti e distruttivi. Perciò le persone del mestiere, cioè ingegneri e installatori elettricisti con maestria federale sono i vostri fiduciari, in quanto sono gli unici specialisti che conoscono i pericoli dovuti all’elettricità e sanno come prevenire gli infortuni grazie ad un accurata sorveglianza degli impianti e alla loro corretta esecuzione.

Ricordiamoci quindi di affidarci a questi “portatori di concessione” per qualsiasi opera di elettricista. Sul sito www.aiet.ch si può trovare un elenco esaustivo di questi nostri professionisti.

Dati di contatto:
AIET, c/o Cc-Ti, Corso Elvezia 16, 6901 Lugano, info@aiet.ch, www.aiet.ch

Associazione della rete di aziende formatrici del Cantone Ticino (ARAF Ticino)

10 anni di ARAF: un modello per facilitare la gestione degli apprendisti alle aziende

Sistema duale con l’Associazione della rete di aziende formatrici del Cantone Ticino (ARAF Ticino)

L’Associazione della rete di aziende formatrici del Cantone Ticino (ARAF Ticino) è nata il 31 gennaio 2007 con il duplice scopo di:

  • collaborare con le aziende nella formazione di apprendisti impiegati di commercio
  • promuovere la formazione duale; attraverso la condivisione del posto di tirocinio, fra quelle aziende che non hanno mai formato giovani leve o che hanno smesso di farlo.

I motivi per i quali le aziende sovente non hanno la possibilità di creare una struttura formativa interna sono essenzialmente:

  • il numero limitato di personale impiegato;
  • la mancanza di competenza nella formazione commerciale di base;
  • la durata di 3 anni del periodo di apprendistato.

Le aziende che decidono di fare parte dell’ARAF Ticino stipulano con l’associazione un contratto formativo di un anno. L’accordo tra l’azienda interessata e ARAF Ticino può essere limitato nel tempo, proprio perché l’associazione è costituita da una rete di aziende che permette di mettere in rotazione gli apprendisti. È proprio ARAF Ticino a procedere all’assunzione e alla firma del contratto di tirocinio, alla sorveglianza della qualità della formazione e a tutte le attività amministrative del tirocinio.
Concretamente dunque, diverse aziende si appoggiano ad ARAF Ticino e, a rotazione di almeno un anno, si dividono i doveri, la formazione e le responsabilità legate a un posto di tirocinio in campo commerciale. Ogni azienda mette a disposizione un tassello della formazione e ARAF Ticino si preoccupa di metterli insieme. In pratica, nel progetto, ARAF Ticino diventa il datore di lavoro della persona in formazione, stipulando secondo la legge svizzera il contratto di tirocinio con il beneficiario, e concludendo un contratto di formazione con l’azienda formatrice che introduce il/la giovane apprendista nei lavori pratici previsti dagli obiettivi di formazione. ARAF Ticino assiste l’azienda formatrice, traducendo gli obiettivi formativi in attività pratica e soprattutto occupandosi di tutti gli aspetti amministrativi correlati al tirocinio.

Generalmente, l’apprendista dovrebbe ricevere una formazione di base comune, che gli permetterà di affrontare con competenza, una volta diplomato, le attività tipiche dell’impiegato di commercio nei diversi settori e/o funzioni dell’economia e dell’amministrazione.
La professione di impiegato di commercio è caratterizzata da una grande varietà di attività. Ognuna di queste ricopre una maggiore o minore importanza a seconda dell’azienda in cui la formazione viene svolta. In questi anni si assiste ad una trasformazione digitale che tocca tanto la vita professionale quanto quella personale. Saranno richiesti nuovi profili professionali, che siano in grado di seguire l’evoluzione tecnologica, gestirne la sua complessità, e avere il coraggio di decidere e gestire correttamente il rischio.
Verificate le potenzialità formative delle aziende associate, ARAF Ticino definisce i piani di rotazione degli apprendisti proprio nell’ottica di una formazione completa, innovativa e concreta.
Capita quindi che fra le aziende citate, ve ne siano di quelle che potrebbero formare bene un apprendista nei campi delle relazioni con la clientela (accoglienza, contatti interpersonali…), della corrispondenza e della documentazione (invio di comunicazioni, dati e fatture; apertura, controllo e distribuzione della documentazione…), della gestione delle informazioni e dell’utilizzo delle tecnologie della comunicazione e dei social, ma non nelle elaborazioni contabili/ finanziarie (attività spesso svolte in outsourcing) e nel marketing. Ecco che la soluzione della formazione in rete diventa particolarmente interessante.
Nell’esempio descritto, una prima azienda forma l’apprendista per un periodo di due anni, mentre la seconda completa in modo ottimale la formazione dello stesso tirocinante. Le possibilità di formare in rotazione sono molteplici: un’azienda, ad esempio, potrebbe decidere di formare unicamente apprendisti del primo anno o del terzo anno. Nella realtà odierna, abbiamo però anche delle aziende che, dopo il primo anno di prova, hanno deciso di formare l’apprendista nel periodo dei tre anni”.

Cogliamo l’occasione per ringraziare Rinaldo Gobbi che è stato per i primi 10 anni presidente dell’associazione ARAF. Al suo posto è stato nominato dal 2017 Roberto Klaus, collaboratore della Camera di Commercio della Cantone Ticino.

L’ARAF in cifre:

  • Numero aziende associate (31.12.2016): 45.
  • Numero aziende che formano apprendisti impiegati di commercio (31.12.2016): 21.
  • Numero dei contratti di tirocinio stipulati nei primi 10 anni: 97.
  • Fatturato 2016: 450’000 franchi, coperti nella misura del 70 % dalle quote pagate dalle aziende formatrici associate.
  • Il contributo degli enti pubblici è passato dal 63% del 2007 al 15% del 2016.
  • La media dei risultati ottenuti negli esami aziendali finali dagli apprendisti formati da ARAF Ticino è sempre stata superiore alla media cantonale.
  • La gestione del progetto nato dalla collaborazione tra la Società degli impiegati di commercio (SIC Ticino), la Camera di commercio del Cantone Ticino (Cc-Ti), dall’Associazione industrie ticinesi (AITI), dalla Confederazione e dal Cantone è passata dall’unica unità lavorativa del 2007, con 9 apprendisti, all’ 1,9 del 2016 (31.12.2016), con 25 apprendisti formati in rete.
Per un contatto diretto:
LORENZO SPORRI – Tel. 091 821 01 20 (diretto)
BARBARA FORESTI STORELLI – Tel. 091 821 01 45 (diretto)
Dati di contatto:
ARAF, Via Vallone 27, 6500 Bellinzona, info@araf.ch, www.araf.ch, CENTRALINO: 091 821.01.21

Nuovo assetto per l’Ufficio della migrazione

Riorganizzazione dell’Ufficio della migrazione

Gentili signore, egregi signori,

Cari Soci,

Lo scorso mercoledì il Consiglio di Stato ha confermato che la preannunciata riorganizzazione dell’Ufficio cantonale della migrazione verrà attuata in due tappe, la prima che riguarderà unicamente i permessi per i lavoratori frontalieri dipendenti, e la seconda che riguarderà gli altri tipi di permessi. Alleghiamo alla presente comunicazione lo schema riassuntivo del nuovo flusso.

19 giugno 2017 – Avvio della fase intermedia, con introduzione della procedura guidata per i permessi G (che prevede la verifica del documento d’identità dei richiedenti da parte dei servizi della Polizia cantonale presso gli sportelli di Chiasso, Mendrisio, Noranco, Caslano, Camorino e Locarno, dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle 11.30 e dalle 14.00 alle 16.30, – festivi infrasettimanali esclusi) e la chiusura del Servizio regionale degli stranieri di Agno.

4 dicembre 2017 – Assetto definitivo con l’estensione della procedura guidata a tutte le richieste di un permesso per stranieri, chiusura degli sportelli di tutti i Servizi regionali e costituzione del Servizio “nuove entrate” a Lugano, incaricato di esaminare le domande di nuovi permessi di dimora 8, L e G con attività indipendente.

Vi terremo informati sui futuri sviluppi.

Strategia energetica 2050: alcuni buoni principi ma globalmente non convincenti

La revisione della legge federale sull’energia in votazione popolare il 21 maggio rappresenta un dossier estremamente complesso e che dovrebbe essere sviluppato in più tappe. Le opinioni nel mondo politico sono abbastanza definite, mentre nel contesto economico divergono in maniera anche abbastanza netta.

Gli obiettivi generali sono sostanzialmente condivisi. La strategia di abbandono dell’energia nucleare decisa dal Consiglio federale nel 2011 è ormai una realtà, almeno per quanto riguarda gli impianti “tradizionali” come quelli che conosciamo. Anche lo scopo generale di ridurre la dipendenza dalle energie fossili come petrolio e gas, favorendo la riduzione del consumo generale di energia e sviluppando le energie rinnovabili, può essere condivisa nel suo principio.

Incentivi finanziari e nuove prescrizioni

Per raggiungere tali scopi sono ovviamente necessari incentivi finanziari e nuove prescrizioni destinate a migliorare l’efficienza energetica.
Questo è uno dei primi nodi del progetto e una difficoltà importante per chi rappresenta l’economia, visto che talune aziende beneficeranno di questa prevista manna di incentivi finanziari, mentre altre temono, non senza ragioni, difficoltà di approvvigionamento per tutto il paese e un eccessivo aumento del costo dell’energia elettrica. Un aumento che indubbiamente si verificherebbe, al di là delle molte cifre menzionate durante la campagna di votazione, visto che comunque si passerebbe da 1,5 a 2,3 centesimi per Kwh. L’aumento in quanto tale sarebbe digeribile, ma essendo finalizzato soprattutto a finanziare le cosiddette energie rinnovabili, suscita qualche legittimo dubbio quanto alla reale utilità dell’obolo richiesto. Non perché le energie rinnovabili non siano degne di attenzione, anzi! Ma se pensiamo ad esempio alle fortissime opposizioni che riscontrano praticamente tutti i progetti di energia eolica che si sta cercando di ipotizzare, è più che legittimo il dubbio che uno dei tasselli considerato fondamentale per l’approvvigionamento con energie rinnovabili difficilmente potrà avere lo sviluppo sperato in tempi rapidi e atti a compensare i “buchi” lasciati dal progressivo abbandono del nucleare.

Certo, si potrebbe sempre ricorrere a una maggiore importazione di energia dall’estero per coprire tali buchi, ma questo è un po’ paradossale se si considera che tale approvvigionamento deriverebbe prevalentemente da impianti che funzionano con energie fossili. E pensare, contemporaneamente al paventato aumento di capacità di produzione delle energie rinnovabili, che sia realistico il pur lodevole scopo di diminuire il consumo generale di energia (circa il 13% per abitante) è abbastanza azzardato. Indubbiamente il progresso tecnologico può aiutare, ma lo stesso progresso porta anche spesso a un incremento della richiesta di energia, tanto è vero che ad esempio un aumento considerevole delle automobili elettriche nel parco veicoli svizzero (metà entro il 2050, tutti entro il 2070 secondo gli esperti del clima) renderebbe necessario un approvvigionamento che corrisponde al doppio della produzione della centrale nucleare di Gösgen. Difficile coprire tale richiesta senza ad esempio centrali a gas, cosa che sarebbe contraria allo spirito stesso della strategia energetica. Anche perché la questione dell’immagazzinamento della produzione di energia derivante da fonti rinnovabili non è a oggi contemplata e il progetto è limitato perché prevede un sostegno troppo limitato all’energia idroelettrica, che meriterebbe un’attenzione almeno equivalente a quella prestata ad altre fonti di energia rinnovabile meno consolidate.

Costi difficili da stabilire

Sui costi circolano molte cifre. Difficile stabilire quali siano veramente attendibili. E questo è un altro limite importante dell’attuale progetto. A parte il già citato aumento da 1,5 a 2,3 centesimi per Kwh, vanno ovviamente aggiunti gli investimenti necessari a migliorare l’efficienza energetica, ridurre il consumo e adattare i canali di distribuzione a una produzione elettrica meno centralizzata. Il rincaro per le aziende soprattutto industriali rischia di essere quindi più corposo del previsto. Confidare sullo sviluppo tecnologico è certamente buona cosa, ma non permette di fare previsioni precise a lungo termine, anche per la scarsa prevedibilità della direzione presa da tale sviluppo. Nessuno a oggi può ad esempio escludere tecnologie che rendano nuovamente interessante e praticabile il nucleare.

Malgrado si riconoscano le difficoltà di trovare soluzioni condivise, il progetto attuale deve essere rifiutato con un NO alle urne il prossimo 21 maggio.

Come detto in precedenza, non si tratta di tornare sulla decisione di abbandono del nucleare del 2011 né di rimettere in questione il principio degli obiettivi fondamentali della revisione. Sono però preponderanti i dubbi quanto all’effettiva possibilità di realizzazione di tali obiettivi, fondati più su supposizioni che su dati concreti. Vari elementi del dossier in votazione possono quindi senz’altro essere mantenuti, ma vanno inseriti in un progetto meno dirigista e burocratico, che resti sufficientemente aperto per adattare le esigenze alla realtà del mercato e all’evoluzione tecnologica. Quanto sottoposto in votazione non dà garanzie sufficienti in questo senso. Occorre evitare un salto nel buio che sarebbe un’immagine un po’ paradossale per un progetto che vuole garantire l’efficienza energetica.

Discorso del Presidente Martinetti – Assemblea CATEF

Discorso pronunciato da Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti, in occasione dell’assemblea CATEF del 12.5.2017

Fa stato il discorso pronunciato oralmente

 

Carissimo Presidente, cari delegati della CATEF,

 Cari ospiti,

sono molto felice di poter intervenire in occasione dei vostri odierni lavori assembleari, per sottolineare quanto la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino (Cc-Ti) sia attenta alle problematiche e alle necessità delle associazioni ad essa legate.

La CATEF, organizzazione ormai storica nel panorama associativo ticinese, è formalmente membro della Cc-Ti solo da qualche anno, ma la fruttuosa collaborazione ha radici lontane e molto profonde, grazie soprattutto al vostro attivissimo presidente Gianluigi Piazzini, inimitabile tessitore di relazioni e appassionato lettore ed interprete di messaggi governativi e atti parlamentari. Come non ricordare l’orami celeberrima frase del vostro presidente concernente l’aumento dei valori di stima: “Ci aspettavamo una spuntatina e ci avete fatto un taglio alla marines”. Impareggiabile!

Non è certo necessaria la mia sottolineatura per ribadire l’importanza del settore immobiliare, colonna portante della nostra economia e ciò nonostante regolarmente messo sotto pressione, soprattutto dal lato fiscale.

Paragonabile un po’ alla situazione degli automobilisti, regolarmente tartassati, forse per creare una sorta di “par condicio” fra beni tipicamente immobili e quelli per definizione mobili, come le auto.

Ma, esattamente come è anche lo stile della Cc-Ti, tengo a sottolineare come la vostra associazione abbia sempre dimostrato grande maturità e senso di responsabilità, esercitando si il diritto di critica ma senza lamentele piagnucolose né critiche scomposte, ma sempre con dati alla mano.

Approccio costruttivo forse figlio di tempi passati ma che mai come oggi dovrebbero essere attuali, nel contesto oramai cacofonico del “dagli al ricco” e quindi chiaramente compreso il proprietario immobiliare.

Numerose sono state le iniziative in questo senso combattute assieme alla vostra associazione negli anni scorsi. Una per tutte è stata la lotta condotta praticamente da soli a sostegno del referendum contro la revisione della legge federale sulla pianificazione territoriale (LPT). Ricordo alcune affermazioni del direttore della Cc-Ti Luca Albertoni nel contesto della campagna di votazione, coordinata con la CATEF e cito:

“La messa in pratica di questo nuovo sistema porterebbe con sé un importante peso burocratico, la proprietà privata verrebbe inoltre notevolmente intaccata a causa dell’imposizione dell’utilizzo del terreno edificabile, pena il depennamento dello status di zone edificabili dai terreni. Elementi particolarmente pericolosi e anche un po’ liberticidi, dal momento che toccano profondamente la proprietà privata. Non da ultimo vi è anche il problema dell’autonomia cantonale: un buon numero di competenze verrebbe infatti trasferito a livello federale”.

Mi scuso per questo excursus auto-referenziale della Cc-Ti, ma era importante sottolinearlo quale esempio di lavoro comune fra la Camera (associazione-mantello dell’economia cantonale) e rappresentanti settoriali, tanto più che i fatti ci hanno dato poi ragione perché è proprio questo che è avvenuto e sta avvenendo. Purtroppo il responso delle urne del 3 marzo 2013 ci è stato chiaramente sfavorevole.  Ma ciò non significa che occorre abbassare le braccia: ci attende in questi giorni la consultazione sulla revisione delle norme cantonali e sarà nostro compito comune vegliare a un’applicazione proporzionata e rispettosa dei diritti costituzionali. Anche perché incombono altre iniziative molto preoccupanti, volte a bloccare le possibilità edificatorie in maniera eccessiva e spesso in nome di una volontà punitiva nei confronti dell’economia. Sia chiaro, il territorio va rispettato e la stragrande maggioranza degli operatori economici si impegna in questo senso, anche perché gli imprenditori respirano esattamente la stessa aria e vivono sullo stesso lembo di terra degli altri cittadini!

Il lavoro comune, non solo fra Cc-Ti e CATEF, ma anche con tutte le altre associazioni è già eccellente ma va ulteriormente rafforzato, perché è la sola via per garantire una difesa efficace degli interessi economici generali e di quelli settoriali.

Del resto, la ripartizione dei compiti è chiara: le associazioni di categoria o settoriali si occupano delle questioni appunto di categoria, mentre la Cc-Ti, quale associazione-mantello, si preoccupa delle questioni di politica economica generale. La Cc-Ti si attiva su problematiche settoriali solo se esplicitamente richiesto dagli stessi settori. Funzionamento semplice, che ha dimostrato di essere molto efficace.

La Cc-Ti è quindi anche un’importante cassa di risonanza per le tante eccellenti iniziative delle associazioni a essa legate e con questo sistema evita di invadere il campo degli specialisti settoriali, scongiurando quindi il pericolo di commettere delitti di lesa maestà che, si sa, nel nostro cantone sono considerati particolarmente gravi.

La mia presenza fra di voi questa sera è pertanto anche e soprattutto finalizzata a darvi un quadro generale della situazione dell’economia ticinese, presentata in maniera a volte bizzarra nella discussione pubblica. E per bizzarro intendo ovviamente le molte indicazioni di segno negativo, con le insistenti sottolineature di abusi veri o presunti, omettendo scientemente di menzionare anche i molti aspetti positivi della nostra realtà economica. Certo, in un contesto che considera automaticamente falsati i dati ritenuti scomodi perché non funzionali alla dimostrazione di talune tesi politiche, non è che ci si possa aspettare molto di più. Ma tant’è, questa è la realtà odierna.

Non posso però esimermi dal sottolineare con forza che l’economia ticinese ormai da anni segue l’andamento medio di quella elvetica, cosa inimmaginabile fino a una ventina d’anni fa.

L’esplosione del settore delle esportazioni ha contribuito in maniera decisiva alla diversificazione del nostro tessuto economico, che si è trovato a essere più robusto di altri alle grandi crisi. Se pensiamo che in meno di un decennio vi sono state tre grandi scossoni (2008 con la crisi finanziaria e due crisi legate al franco nel 2011 e nel 2015) e che non vi sono stati massicci interventi sul personale da parte delle nostre aziende, questo significa molto. A differenza ad esempio di quanto avvenuto nel bacino Neuchâtel-Giura o nella Svizzera orientale, dove dal 2015 sono andate perse migliaia di posti di lavoro, a causa di una certa struttura economica monotematica (non è una critica, ma un fatto). Immaginate cosa sarebbe successo se vi fossero state conseguenze anche solo lontanamente paragonabili in Ticino. E quando parlo di posti andati persi nelle regioni menzionate non parlo di statistiche della Seco sulla disoccupazione, considerate da taluni fasulle, ma di cifre comunicate direttamente dalle aziende su quanto hanno dovuto cancellare in termini di occupazione.

Con questo non voglio certo dire che siamo esenti da problemi. Come tutte le regioni svizzere, alcuni rami economici soffrono di più, all’interno di alcuni settori c’è chi va bene e c’è chi va male, tratto caratteristico anche di un’economia in costante e rapidissima evoluzione.

E’ chiaro che quando ci si concentra prevalentemente sul negativo, un mega-tema come ad esempio quello della digitalizzazione non può non preoccupare, perché la tendenza è di vedere solo i rischi e non gli effetti positivi che potrebbero esserci.

Capisco che quello che è diverso rispetto alle precedenti rivoluzioni industriali è soprattutto la velocità del cambiamento, che chiama in causa tutti, dagli operatori economici, alla politica, ai cittadini. Basti pensare alla formazione, messa sotto pressione da molte incognite portate da un mercato del lavoro sempre più esigente e anche diversificato. Ci troviamo infatti in un periodo storico di ricerca di equilibrio fra l’acquisizione di un vasto bagaglio di conoscenze generali e un intenso lavoro di apprendimento di quelle specialistiche.

Il mercato chiede un po’ tutto: da solide conoscenze di base che permettono una flessibilità di adattamento a situazioni sempre più mutevoli, a conoscenze specialistiche approfondite, ma nemmeno troppo approfondite, per evitare esclusioni dal mondo del lavoro nel caso di trasformazione profonda o addirittura di sparizione di determinate professioni.

Perché questa è la realtà oggi. Tanto sono veloci le cancellazioni di talune professioni, altrettanto veloce è la creazione di nuove. Purtroppo nei media si parla quasi solo dei primi, dando l’impressione che la tanto temuta trasformazione digitale sarà solo uno strumento di cancellazione dei posti di lavoro.

Ignorando che, in determinate circostanze, a qualche centinaio di posti di lavoro soppresso fa da contraltare qualche migliaio di posti creati in funzioni diverse. Un punto principale della sfida risiede proprio qui, cioè nel gestire la transizione verso nuovi lidi di chi fa più fatica, per età o formazione. Cioè evitare che troppe persone “si perdano per strada”, realtà e preoccupazione di ogni rivoluzione industriale. Rivoluzioni industriali che, detto per inciso, hanno storicamente sempre portato a progresso e sviluppo nel medio e lungo termine. E’ nel breve che dobbiamo lavorare per evitare che vi siano troppe conseguenze negative.

La rapidità del cambiamento tocca ovviamente in primis le aziende. Un solo dato: Swisscom realizza oltre il 70% della propria cifra d’affari con prodotti che dieci anni fa non esistevano. Sono dati che non possono lasciare indifferenti, a cavallo tra timori e grandi possibilità di sviluppo.

Ho appreso qualche giorno fa che nella sola Svizzera tedesca sono nate una trentina di nuove professioni negli ultimi due anni, tutte legate ad ambiti tecnici e inimmaginabili fino anche solo a cinque anni fa. Nel Cantone TI si possono apprendere oltre 690 professioni.

Le potenzialità sono quindi enormi e il mondo economico svizzero e ticinese sembra esserne fortunatamente cosciente. Nell’ultima inchiesta congiunturale svolta dalla Cc-Ti qualche mese fa presso i nostri associati, oltre la metà delle aziende interpellate ha affermato che sta affrontando in maniera attiva e consapevole la trasformazione digitale.

Un dato importante perché la digitalizzazione ha effetti considerevoli sui modelli di business, che vanno costantemente aggiornati, sia per quanto concerne i prodotti, ma anche per i processi, l’organizzazione interna, la prospezione di mercati, ecc. Altro fatto rilevante, è che l’80% delle aziende ha segnalato che non vi saranno conseguenze sul personale, o perché già preparato o perché si sta preparando. Segnale importantissimo di stabilità, checché ne dicano i tanti politici lontanissimi dalle realtà aziendali.

Qui sta uno dei punti più delicati della situazione politica attuale: la scarsa conoscenza del mondo aziendale e delle sue dinamiche. Non si può né si deve negare che vi siano problemi legati a una concorrenza sempre più agguerrita e non sempre leale. Dumping, lavoro nero, abusi di vario genere, commessi soprattutto in nome di mentalità “imprenditoriali” lontane da quella elvetica, sono fenomeni da affrontare con la massima serietà e severità ed è giusto sanzionarli senza riserve né eccezioni. Ma non a costo di distruggere tutto il sistema elvetico che ha dimostrato di funzionare molto meglio di tanti altri. Regole sì, statalismo sfrenato no. Adattamento moderato, senza stravolgimenti epocali, perché la struttura liberale della nostra legislazione e il federalismo sono valori che ci hanno permesso di crescere e molto!

Ma è un dato di fatto che oggi è difficile contrastare questa ondata di richieste di regole coercitive e sempre più invadenti. Un’attività come la vostra è fondamentale nell’ottica della valorizzazione di quanto di positivo avviene sul territorio. Il valore di ogni singolo settore economico per il benessere comune è un messaggio che purtroppo passa ancora troppo poco. La Cc-Ti sta facendo importanti sforzi in questo senso, per dare spazio anche mediatico a chi, magari lontano dalle luci della ribalta, lavora con impegno e dedizione in un contesto tutt’altro che facile, contribuendo a generare quella ricchezza che sempre meno persone sembrano preoccupati di creare ma che sempre più sono pronti a ridistribuire a piene mani. La mia esortazione è che il dinamismo, la flessibilità e l’apertura dell’economia possano essere maggiormente veicolate verso l’esterno, cioè verso la politica e la popolazione. Il nostro compito principale oggi è di veicolare importanti messaggi positivi verso l’opinione pubblica. Anche perché raccontiamo realtà e non storielle inventate ad arte. Le aziende ticinesi non sono una specie di associazione a delinquere preoccupata solo di fare profitti grazie a prezzi esorbitanti e ingiustificati, ma sono entità che prendono cura del territorio e che garantiscono un’eccellente qualità.

Ribadisco quindi quanto sia importante la compattezza del mondo economico, confrontato con cambiamenti epocali, di rapidità inedita. La Cc-Ti, quale associazione-mantello dell’economia ticinese, è sempre in prima linea per cercare di trovare gli equilibri necessari, anche fra settori e rami economici diversi. Non si può infatti nascondere che gli interessi di chi opera prevalentemente sul mercato interno siano spesso divergenti da chi opera sui mercati internazionali. Il legittimo bisogno di protezione dalla concorrenza sleale si scontra con la richiesta di sempre meno ostacoli, elemento essenziali per l’industria dell’esportazione.

Conciliare queste esigenze non è facilissimo, ma è fattibile, come dimostra la nostra attività quotidiana. Inflessibile severità contro chi viola le regole (penso a padroncini e distaccati), ma lotta instancabile contro l’introduzione di eccessive regole che chiudono il nostro paese in un inutile protezionismo, penalizzando in primis le aziende esportatrici ma in ultima analisi tutta l’economia.

E’ quindi necessario stare molto attenti al rispetto del principio della legalità elemento fondante del nostro Stato e che non può essere sacrificato a cuor leggero in nome di princìpi anche ampiamente condivisi ma di difficile applicazione pratica. Ogni riferimento a “Prima i nostri” e alla famosa o famigerata LIA è voluto. Idee lodevoli e che sul principio ci trovano molto aperti, ma che per un’applicazione pratica effettiva a favore delle nostre aziende e della popolazione ticinese richiedono equilibrio, attenzione, capacità di lavorare sulle sfumature, per evitare effetti contrari a quelli voluti.

Qualità, quelle appena citate, che purtroppo oggi nella discussione pubblica sembrano mancare totalmente e se l’economia non è capace di far valere in modo compatto la libertà economica e imprenditoriale, vi sarà sempre più spazio per “soluzioni” apparentemente facili e popolari, ma in realtà inutili e perfino dannose.

In conclusione voglio dirvi che per la libertà economica e imprenditoriale continueremo a combattere, sempre lealmente come è nel nostro stile, ma senza concessioni. Perché ne va del nostro sistema, che abbiamo costruito con fatica e che dà risultati eccellenti. Lo scimmiottare esempi di paesi a noi anche vicini, soffocati dalla burocrazia e da regole mostruose, non può essere un obiettivo condiviso in nome di una pseudo-protezione.

Grazie dell’invito e buon lavoro a tutti.

 

Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti

In occasione dell’Assemblea CATEF, Camera ticinese dell’economia fondiaria, il Presidente Cc-Ti Glauco Martinetti ha tenuto il seguente discorso, scaricabile qui in formato PDF.

Il Regno Unito si avvicina alla Svizzera

Una conferenza molto interessante quella svoltasi giovedì 11 maggio all’Hotel Parco Paradiso dedicata al Regno Unito, organizzata dalla Cc-Ti in collaborazione con S-GE e il supporto degli sponsor Export (Cippà Trasporti, CRIF, Credit Suisse e Euler Hermes).

Durante gli interventi è emerso come il referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’UE nel giugno 2016 non ha causato – come si poteva pensare – una scossa economica in questo Paese. Ha suscitato invece un certo interesse per l’economia svizzera. Emergono quindi anche delle chances per le esportazioni elvetiche mentre rimane un po’ più di prudenza per il settore finanziario.

L’evento dedicato al Regno Unito ha attirato numerose aziende che hanno seguito con interesse gli interventi dei vari relatori. Nella foto Marco Passalia, Marco Arrighini, Damian Künzi, Geraldine Mortby, Haig Simonian, Peter Steimle e Monica Zurfluh al Parco Paradiso.

Dopo i saluti introduttivi di Marco Passalia, vice direttore e responsabile del Servizio Export della Cc-Ti, è intervenuto Damian Künzi, Vicepresident Global Macro Analysis di Credit Suisse che ha sottolineato come contro le previsioni pessimiste di tanti media, l’economia britannica ha dimostrato la sua forza di resistenza. Rimane comunque una certa incertezza dovuta al rallentamento della crescita, all’aumento dell’inflazione – seppur minore del previsto – ma, come detto da Künzi, si mangia comunque «meno Toblerone per lo stesso prezzo».

In seguito sono intervenute Geraldine Mortby, Deputy Head and Head of Export dello Swiss Business Hub UK & Ireland e Nadja Kolb, consulente S-GE per questi Paesi, che hanno evidenziato come le relazioni commerciali dovrebbero rimanere stabili e invariate almeno fino al mese di aprile 2019.

Opportunità importanti per le aziende elvetiche

Secondo le consulenti di S-GE, i settori più importanti del commercio tra la Svizzera e la Gran Bretagna manterranno la loro posizione privilegiata. Vi saranno anche in futuro delle opportunità interessanti per le aziende elvetiche: ben venga tutto quello che viene concepito e elaborato in Svizzera, per esempio il cioccolato, ma anche prodotti nell’ambito dell’automatizzazione o della nanotecnologia che sono molto importanti per il Regno Unito. Lo stesso vale per prodotti innovativi nel settore assicurativo che concernono applicazioni smartphone o nel contesto della blockchain.

Sempre assicurarsi contro i rischi

Marco Arrighini, Key Account Manager di Euler Hermes, ha in seguito sottolineato ai numerosi partecipanti che, malgrado queste opportunità ed il fatto che il mercato britannico sia uno dei più affidabili, ci sono delle incertezze riguardo il consumo privato, gli investimenti e l’esportazione. A questi si aggiunge la possibilità della volatilità a lungo termine ed anche del numero crescente delle insolvenze.

Due Paesi partner, ma anche rivali

Al termine di questi interventi, è poi seguita un’interessante discussione tra Peter Steimle, Chairman of the Ticino Chapter, della British Swiss Chamber of Commerce e Haig Simonian, Freelance journalist and formerly on the staff of the FT and Economist. Steimle ha innanzitutto evidenziato come la Gran Bretagna è il secondo più grande esportatore europeo. Il Regno Unito ha inoltre un accesso facilitato ai 53 Paesi del Commonwealth e quindi a un mercato con due miliardi di persone. Haig Simonian ha poi constatato come la curiosità nel Regno Unito per la Svizzera è aumentata considerevolmente. Il nostro Paese gode infatti di un forte sviluppo tecnologico e vanta delle relazioni più o meno stabili con l’UE.

Dalla discussione è emerso come vi siano diversi aspetti in comune tra i due Paesi, ma anche delle differenze e persino una concorrenza evidente: entrambe le nazioni dispongono di una forte piazza finanziaria, ma per il Regno Unito il segreto bancario non ha un significato così attuale. “In merito a questo punto la Svizzera deve essere molto attenta” ha affermato Simonian.

Buone maniere britanniche

Al termine dell’evento, grazie al supporto di Ti Traduce, vi è stato anche un momento di approfondimento dedicato al “Business etiquette”.  Nigel Casey ha presentato alcuni buoni consigli di comunicazione e di comportamento per chi desidera approcciarsi alla realtà professionale britannica. Suggerimenti interessanti da mettere sicuramente in pratica.

Tech for Insurance – What’s next for the insurance industry in Switzerland and the UK?

Sponsor export

Le presentazioni

Economic outlook
Damian Künzi, vicepresident Global Macro Analysis, Credit Suisse
Business opportunities for Swiss companies
Geraldine Mortby, Deputy Head and Head of Export, Swiss Business Hub UK & Ireland
Credit risk management
Marco Arrighini, Key Account Manager, Euler Hermes
Business Etiquette
Nigel Casey, Digital Professionals Academy

Incontri e scambi proficui in Iran per la Cc-Ti e la LCTA

Dal 29 aprile al 3 maggio 2017 una numerosa delegazione ticinese (25 persone) ha partecipato alla prima missione in Iran organizzata dalla Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) e dalla Lugano Commodity Trading Association (LCTA), in stretta collaborazione con Switzerland Global Enterprise (S-GE).

Marco Passalia, Vice direttore della Cc-Ti e General Secretary della LCTA con Pedram Soltani, Vicepresidente della Camera di commercio iraniana (Iran Chamber of Commerce, Industries, Mines and Agriculture)

Ad accompagnare i rappresentanti delle aziende, Michele Rossi e Marco Passalia per la Cc-Ti/LCTA e Monica Zurfluh per S-GE che hanno coordinato il programma e assistito le aziende ticinesi nei vari colloqui avuti in loco con interlocutori iraniani.  I partecipanti, rappresentanti di diversi settori (bancario, fiduciario, commodity trading, energia, automotive, costruzioni,…), hanno infatti seguito un intenso programma, il cui scopo era quello, da un lato, di offrire alle aziende una panoramica conoscitiva del mercato iraniano tramite dei seminari e degli incontri istituzionali, e, al medesimo tempo, di fornire dei contatti concreti con potenziali partner tramite l’organizzazione di incontri B2B.

Oltre ai contatti con le aziende locali, la delegazione ticinese ha incontrato il Chargé d’affaires a.i. dell’Ambasciata Svizzera, Stéphane Rey, che ha fornito un briefing estremamente dettagliato sulla situazione attuale in Iran. Inoltre Marco Passalia, Vicedirettore della Cc-Ti, ha avuto modo di discutere direttamente con Pedram Soltani, Vicepresidente della Camera di commercio iraniana (Iran Chamber of Commerce, Industries, Mines and Agriculture), sottolineando l’importanza del progresso delle relazioni economiche tra Svizzera e Iran e individuando alcuni settori in cui vi è un grande potenziale per lo sviluppo di sinergie, soprattutto nel settore della farmaceutica e delle cosiddette “life sciences”, nel commercio di materie prime e nella moda.

I partecipanti hanno avuto modo, inoltre, di prendere parte alla conferenza organizzata dalla Cc-Ti e dalla LCTA, in stretta collaborazione con la Camera di commercio Iran-Svizzera, intitolata “Key business sectors in Switzerland”. Davanti ad un selezionato pubblico di potenziali partner sono stati presentati i principali settori dell’economia ticinese tramite quattro panel (“Swiss Energy Technologies” / “Swiss Life Sciences” / “Swiss Technologies in the automotive sector” e “Swiss commodity trading”) in cui sono intervenute alcune aziende della delegazione, vere punte di diamante della nostra economia. Si è trattato quindi di un momento chiave del programma in cui le imprese svizzere hanno avuto un’ulteriore occasione di farsi conoscere e di allargare la propria rete di contatti locali.

Gli incontri e gli scambi avuti durante questa visita sono stati molto proficui e il grande numero di partecipanti alla missione va a dimostrare il notevole interesse per l’Iran, Paese che attualmente attira indubbiamente molto. Il successo della missione conferma la pertinenza del lavoro della Cc-Ti e della LCTA sul mercato iraniano. I prossimi passi dipendono ovviamente dagli sviluppi politici in Iran e a livello internazionale, che la Cc-Ti sta monitorando attivamente.

Cc-Ti e LCTA continueranno anche in futuro a creare queste ottime occasioni per conoscere e sviluppare contatti con mercati esteri. Attualmente ricordiamo che i Paesi prioritari per le nostre attività sono: Russia e paesi CSI (Ucraina, Kazakistan) e Iran.

Per maggiori informazioni sulle missioni economiche, contattare Chiara Crivelli, Head of International Desk.