Riforma LPP21

Da tempo le pensioni professionali sono sottoposte a forti pressioni: da un lato a causa dell’invecchiamento della popolazione e dall’altro per ragioni economiche, in particolare la volatilità dei mercati.

La riforma colma le lacune nella previdenza professionale per le persone che lavorano a tempo parziale e per le persone a basso reddito

La riforma AVS21, adottata in maniera restrittiva dal popolo svizzero il 25 settembre 2022, è stata un primo passo verso il risanamento dei fondi pensione.
Il Parlamento a Berna, dopo diverse fasi di deliberazioni ampiamente controverse, ha votato per un compromesso puramente svizzero: Riforma LPP21.
Avendo giudicato il progetto penalizzante per le rendite dei futuri pensionati e delle donne, il sindacato svizzero ha lanciato un referendum e ha raccolto 141.726 firme, motivo per cui il popolo svizzero voterà su questa riforma il 22 settembre 2024.

Anche le donne al centro della riforma

Con questa riforma, verranno migliorati i benefici per i redditi bassi, per le persone che lavorano a tempo parziale e per coloro che svolgono più lavori.
I referendari affermano che la riforma costringerebbe gli assicurati a pagare di più a favore delle rendite basse. Tuttavia, uno studio pubblicato dall’istituto BSS per conto dell’organizzazione femminile Alliance F (che sostiene anche la riforma) rivela che 359.000 persone, tra cui 275.000 donne, riceveranno una pensione più alta se la revisione verrà accettata.
Inoltre, abbassando la soglia di accesso alla LPP da 22.050 a 19.845 franchi e modificando la trattenuta di coordinamento al 20% del salario AVS invece dell’importo fisso di 25.725 franchi, verranno nuovamente assicurati circa 100.000 rendite.
Questo cambiamento non è banale poiché il tasso di povertà al momento del pensionamento scende dal 13,6% allo 0,7% se la persona riceve prestazioni del secondo pilastro.

Migliore occupabilità per gli over 50

La riforma mira anche a rafforzare la posizione degli over 50 nel mercato del lavoro.
Attualmente, i contributi LPP aumentano notevolmente con l’età, rendendo i dipendenti over 50 più “costosi” per i datori di lavoro.
La nuova legge prevede quindi di ridurre i contributi dei lavoratori più anziani abbassando l’aliquota contributiva dal 18% al 14% per la fascia di età 45-65 anni. Per le generazioni di transizione è prevista una compensazione al fine di mantenere le rendite al livello attuale nonostante un’aliquota di conversione ridotta.

Una grande alleanza d’intenti a favore del SÌ

Molte organizzazioni mantello e associazioni economiche come l’Unione svizzera dei datori di lavoro, l’Associazione svizzera degli assicuratori e l’USAM sostengono la riforma. Da notare che anche Alliance F, un’associazione che rappresen- ta la voce delle donne nella politica svizzera, si è espressa a favore di questo progetto.

Sul piano politico sostengono la riforma anche il Centro, l’Udc, il PLR e i Verdi liberali
(https://si-lpp.ch/).

La Cc-Ti si unisce all’alleanza e difenderà la proposta federale al 22 settembre.

Partecipazione all’iniziativa di sostegno da parte dell’economia per la Vallemaggia e la Mesolcina

Le recenti calamità naturali hanno causato gravi danni nelle regioni della Vallemaggia e della Mesolcina, lasciando dietro di sé distruzione e difficoltà per le comunità locali.

In risposta a questa emergenza, le principali associazioni economiche – Unione Svizzera Arti e Mestieri (usam), Associazione Industrie Ticinesi (AITI) e Camera di Commercio, dell’Industria, dell’Artigianato e dei Servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) – hanno unito le forze per lanciare un’iniziativa di sostegno straordinaria.

Questa iniziativa rappresenta un segnale di solidarietà e impegno verso le regioni colpite, dimostrando la vicinanza dell’economia ticinese e delle nostre aziende alle necessità del territorio, non soltanto mirando a fornire un supporto immediato alle valli interessate dal maltempo, ma anche a garantire un futuro sostenibile per queste regioni che permetta loro di mantenere l’attrattività necessaria per la loro ripresa economica.

Con la presente, ci permettiamo appellarci alla vostra generosità, invitandovi a sostenere questa iniziativa tramite un contributo finanziario libero. La partecipazione è totalmente volontaria e senza nessun tipo di vincolo. 

È possibile contribuire all’iniziativa tramite versamento utilizzando le seguenti coordinate o tramite QR code:

Ogni contributo, per quanto piccolo possa sembrare, avrà un impatto significativo nel supportare la ripresa e la rinascita di queste comunità. 

Vi ringraziamo anticipatamente per il vostro supporto e la vostra solidarietà e restiamo a disposizione per qualsiasi ulteriore informazione.

«Non solo business…»

L’economia per la società

La nostra società sta vivendo una fase di cambiamenti epocali. L’innovazione tecnologica avanza a un ritmo vertiginoso, trasformando il panorama lavorativo: vecchi mestieri scompaiono, mentre nuove competenze emergono. Questo progresso tecnologico non solo rivoluziona l’economia, ma ridisegna profondamente il tessuto sociale, creando opportunità inedite ma anche nuove sfide.

Di fronte a queste trasformazioni, diventa ad esempio imprescindibile ripensare il nostro sistema formativo e colmare la mancanza di manodopera qualificata in molti settori, specialmente in vista dell’imminente pensionamento della generazione dei baby boomer. La necessità di formazione continua e aggiornamento diventa essenziale per restare al passo con i tempi, mantenere la competitività in un contesto internazionale sempre più agguerrito e severo e quindi poter garantire che si possano creare posti di lavoro a beneficio di tutta la collettività.

Il ruolo delle aziende

Ma oggi il ruolo atavico delle aziende, cioè, detto in maniera diretta, ottenere profitto per poter investire e creare posti di lavoro in un’ottica “win-win” per tutti non è più considerato sufficiente.

Dalle aziende si esige un ruolo differenziato, più ampio, che favorisca anche fattori ambientali e sociali, oltre che economici. Elementi richiesti dal mercato, dalle filiere stesse, da chi valuta la propria collocazione lavorativa e dalla politica.

Connotazioni all’apparenza più complesse, ma che in realtà spesso le aziende possiedono e perseguono già, anche inconsapevolmente, nel proprio percorso etico sotto il capitolo della “Responsabilità sociale delle aziende” (o anche CSR secondo la denominazione inglese), concetto tutt’altro che nuovo o vacuo per gli imprenditori.

Nel contesto della CSR, che qualcuno a torto considera come mera operazione di marketing emergono, in realtà da tempo, molteplici comportamenti “virtuosi” (termine abusato e che non utilizziamo con piacere, ma che rende l’idea…), che dimostrano inequivocabilmente il già fattivo impegno dell’economia per la società, ben più ampio di quello tradizionale citato all’inizio del capitolo. Un’evoluzione sostanziale, purtroppo ancora troppo poco percepita nel sentire comune, come ha dimostrato la recente votazione cantonale sulla riforma fiscale. Occasione per gli oppositori alla riforma, dati i carenti argomenti, di rispolverare un noto slogan, secondo cui le aziende “rubano”. Senza distinzioni, verità assoluta tipica del pensiero unico di stampo totalitario.

Frutto d’ignoranza (nel senso etimologico del termine, cioè di mancanza di conoscenza della realtà) e/o di malafede. La campagna di votazione spiega molto ma non può giustificare tutto e le menzogne, gli attacchi personali e gli insulti si sono qualificati da soli. È di fondamentale importanza ribadire alcuni temi concreti, magari meno noti, che vedono le imprese in prima fila e spesso anche promotrici di tematiche e pratiche non direttamente legate alla loro attività di base, ma rilevanti per tutta la società, senza dimenticare comunque che il risvolto economico non può e non deve essere considerato un peccato. Del resto, anche chi continua a voler soppesare con diffidenza il mondo imprenditoriale, converrà che è meglio contare su aziende sane che prosperano e possono contribuire al benessere comune, piuttosto che su società fallimentari e a carico della collettività. A meno di credere ciecamente nel potere taumaturgico dello Stato di sostituirsi all’economia, ma questa è un’altra questione.

La responsabilità sociale delle imprese

Come detto in precedenza, questo concetto può declinarsi in molte maniere e concretizzarsi con differenti modalità. Comportamenti quotidiani, magari non immediatamente visibili, ma che hanno un risvolto rilevante sul benessere di chi lavora nell’azienda. Per far emergere questa realtà, abbiamo sviluppato, con il supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) un modello online di rapporto di sostenibilità, accessibile tramite il link: www.ti-csrreport.ch.

Proprio per dare modo alle aziende di evidenziare, in maniera semplice e diretta, i vari ambiti nei quali il loro impegno va ben oltre quella che gli scettici chiamano pura realizzazione del profitto (che per molti resta comunque ancora e sempre “lo sterco del diavolo”). I dati sono inequivocabili: le aziende ticinesi si collocano a un livello superiore nella media nazionale e manifestano attenzione verso il tema, sulla base proprio dei valori e delle convinzioni della dirigenza stessa. Le misure concrete vanno dalla mobilità aziendale alle buone pratiche.

Ne sono state rilevate ben 138 in 32 diversi ambiti. I dati sono riferiti al periodo pre-pandemico e risultano dalla nostra inchiesta congiunturale del 2020 (link: https://www.cc-ti.ch/risultati-inchiesta-cong-2019-2020/).

Data l’accelerazione di nuove forme lavorative, come lo Smart Working, proprio da quanto vissuto durante la pandemia, i dati oggi sono senz’altro ancora superiori.

Conciliabilità tra lavoro e famiglia

Tema importante nel contesto della CSR e non si può certo dire che le aziende ticinesi non contribuiscano a questa causa. Al di là delle applicazioni pratiche nelle singole imprese, che variano ovviamente a seconda delle dimensioni aziendali e della possibilità di flessibilità organizzativa, è giusto rilevare che l’economia cantonale ha versato, negli anni fra il 2019 e il 2023, qualcosa come 91 (novantuno) milioni di franchi nell’apposito fondo cantonale creato con la riforma fisco-sociale entrata in vigore nel 2018. Mezzi destinati all’assegno parentale e alle misure sulla conciliabilità lavoro-famiglia e più particolarmente al sostegno alla spesa di collocamento dei figli, ai servizi e alle strutture di accoglienza e la sensibilizzazione delle aziende. Oltre alle misure di sostegno ai familiari curanti.

Un impegno sostanziale, fatto anche di sacrificio e consapevolezza, e quando si utilizza la parola “ladri” riferendosi alle aziende magari sarebbe opportuno ridimensionare pregiudizi e “slogan” populisti in virtù di una lettura fattuale e includente della realtà. Questo non per assolvere sempre e comunque il mondo imprenditoriale in toto, che deve assumersi determinate responsabilità. Del resto, sono gli imprenditori stessi a chiedere un certo rigore quando si tratta di dimostrare il fare impresa correttamente.

Reintegrazione professionale

Dal 2012 collaboriamo con l’Ufficio dell’Assicurazione Invalidità dell’Istituto delle assicurazioni sociali nell’ambito della manifestazione “Agiamo Insieme” (www.cc-ti.ch/agiamo-insieme-2024), momento dedicato alla reintegrazione professionale di persone con problemi di salute. Persone che hanno ricostruito con successo la propria carriera lavorativa unendo la propria resilienza e il supporto di aziende del territorio.

Questo gratificante binomio tra azienda e collaboratore viene raccontato attraverso testimonianze e video-reportage, dimostrando quanto l’impegno congiunto (persona, famiglia, azienda, economia e Istituzioni) possa essere premiante per tutti.

Una collaborazione fra pubblico e privato che dimostra come vi sia una volontà comune di andare ben oltre il solo interesse economico, ma una vera sensibilità per le persone e il territorio. Vero che la collaborazione con lo Stato in questo contesto è fondamentale, ma vedere aziende di ogni settore, dall’industria ai servizi, determinate a predisporre importanti misure non solo organizzative ma anche sostanziali, modificando gli spazi di lavoro, per agevolare i collaboratori con difficoltà a poter svolgere la propria attività lavorativa, è solo uno degli esempi che contraddice il presunto disimpegno dell’economia dalla realtà sociale.

Sentenziare è una cattiva abitudine non solo ticinese, ma sul nostro territorio siamo particolarmente abili, purtroppo, a disprezzare o sminuire quanto di buono viene fatto e ignorare scientemente iniziative di questo tipo dimostra quanto sia ancora impervio il cammino verso un confronto basato sui fatti e non sul puro confronto ideologico.

Le imprese non solo contribuiscono allo sviluppo sostenibile, ma hanno tutte le qualità e l’interesse a posizionarsi come entità innovative, responsabili e competitive sul mercato. Questo approccio olistico si allinea alle preferenze dei consumatori e alle tendenze normative in evoluzione, favorendo il successo a lungo termine. Il rispetto è molto spesso un’utopia, ma non va dimenticato che l’economia siamo tutti noi, persone e aziende costituiscono un tutt’uno. La differenza tra parlarne e sparlarne è alla base di chi siamo e vogliamo essere. Potrebbero bastare anche solo cinque minuti senza preconcetti per ricostruire un dibattito sensato, basato su cose concrete e non su basse insinuazioni.

Rock Economy

Proseguono i podcast della Cc-Ti con Radio Ticino. A disposizione la 32° puntata con il titolo “Piccoli miracoli”. Con Luca Albertoni, dir. Cc-Ti, Angelo Chiello di Radio Ticino. Disponibile anche su Spotify!

Online tutte le puntate (1-32) del podcast. Buon ascolto!


Per sorridere, si mettono in movimento 16 muscoli, per arrabbiarsi 65… fai ECONOMIA, sorridi!
Chiacchierate, aneddoti, tanti fatti, poca politica… Un modo un po’ giocoso ma serio per condividere l’economia, perché l’economia siamo tutti noi.

Ascolta il podcast su Radio Ticino, a cura della Cc-Ti con Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti e Angelo Chiello di Radio Ticino.
Ascoltalo su Spotify

Riscopri e ascolta tutte le puntate

Luca Albertoni entra a far parte del Consiglio di Amministrazione della SERV

Comunicato stampa della SERV

Il Consiglio federale ha nominato un nuovo membro del Consiglio di Amministrazione della SERV: si tratta di Luca Albertoni, Direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino. Assumerà il nuovo incarico a partire dal 1° luglio 2024 e lo manterrà per la durata residua del mandato 2024-2027 attualmente in corso.

Nel mese di novembre 2023 si era svolta la procedura di rinnovo integrale del Consiglio di Amministrazione della SERV per il mandato relativo al periodo 2024-2027. In tale occasione erano stati nominati otto membri tra confermati e nuovi eletti. Ora si è scelto di introdurre un’ulteriore persona, per conferire al Consiglio maggiore flessibilità, ottimizzarne il know-how e assicurare la rappresentanza della Svizzera italiana. È stato così raggiunto il numero massimo di nove membri, una formazione che ha già dato buoni frutti per l’Organizzazione in passato.

“Con Luca Albertoni il Consiglio si arricchisce di competenze specialistiche per quanto riguarda il panorama delle PMI elvetiche e in particolare ticinesi”, commenta Barbara Hayoz, Presidentessa del Consiglio di Amministrazione della SERV. “Inoltre, possiede ottimi contatti con le Camere di Commercio e dell’Industria della Svizzera. Siamo felici della collaborazione che ci attende.”

Il neoeletto membro del Consiglio di Amministrazione della SERV Luca Albertoni aggiunge: “E’ un grande onore poter mettere a disposizione della SERV le mie competenze giuridiche e le esperienze maturate in anni di collaborazioni con aziende esportatrici. I prodotti della SERV sono sempre più importanti in un contesto internazionale complesso e pieno di incertezze.”

Luca Albertoni è nato a Lugano e cresciuto a Bellinzona. Ha conseguito la laurea in giurisprudenza, con specializzazione in diritto commerciale, presso l’Università di Berna. Dal 2008 è Direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino, dove aveva ricoperto la carica di responsabile del servizio giuridico a partire dal 2000. È, inoltre, membro del Comitato dell’Unione svizzera degli imprenditori e Presidente della sezione ticinese di “ICT-Formazione professionale Svizzera”

Chi siamo

La SERV è un’istituzione di diritto pubblico della Confederazione. Assicura le operazioni di esportazione – merci o servizi – delle aziende svizzere secondo principi di autonomia finanziaria, tutelandole soprattutto dai mancati pagamenti. In altre parole, risarcisce l’azienda esportatrice assicurata o la banca che ha erogato il finanziamento qualora l’acquirente estero non possa o non voglia saldare il pagamento per motivi politici o economici. Inoltre, con i suoi prodotti assicurativi, la SERV facilita alle aziende l’accesso a crediti e limiti di credito più elevati per i loro costi di produzione, aiutandole a tutelare la propria liquidità. La SERV opera in via sussidiaria e offre le proprie assicurazioni a integrazione delle prestazioni di assicuratori privati. Con la sua offerta contribuisce alla competitività internazionale dell’economia di esportazione svizzera e al mantenimento e alla creazione di posti di lavoro in Svizzera.


Libera circolazione modello per il futuro

I vertici dell’Unione svizzera imprenditori incontrano Aiti e Camera di commercio: ‘Dal 2002 Pil su del 25%, ma in Ticino non è tutto rose e fiori’

Per l’Usi Accordi bilaterali da mantenere

Dossier sulla previdenza, in vista della votazione sulla riforma della Lpp prevista per l’autunno, e gli Accordi bilaterali con le discussioni in atto con l’Unione europea. È stato questo il menù dell’incontro che ha avuto luogo ieri (venerdì 24 maggio) a Lugano tra i vertici nazionali dell’Unione svizzera imprenditori (Usi) col mondo economico ticinese che, insieme, hanno convocato la stampa per spiegare lo stato dell’arte dal loro punto di vista.

Dopo il saluto del presidente dell’Usi Severin Moser, è il turno di Roland Müller – direttore dell’Unione che riunisce 90 associazioni regionali e settoriali e 100mila imprese che contano circa 2 milioni di collaboratori – rompere il ghiaccio. Partendo dall’assoluta importanza che per l’Usi hanno gli Accordi bilaterali con l’Ue. E di rimpallo, la libera circolazione delle persone che «dalla sua introduzione nel 2002 ha contribuito in modo significativo al rafforzamento del mercato del lavoro svizzero, all’aumento della produttività e al benessere generale». Dal 2002, riprende Müller, «il Prodotto interno lordo reale pro capite in Svizzera è aumentato di circa il 25%. Secondo la Segreteria di Stato dell’Economia, la libera circolazione delle persone ha contribuito ogni anno alla crescita economica in misura di circa lo 0,5%». La conseguenza, rileva il direttore dell’Usi, è «un mercato del lavoro dinamico, rafforzato da immigrati qualificati e che porta a una maggiore crescita economica creando più posti di lavoro per tutti». E il mercato locale? «Anche la forza lavoro locale beneficia di migliori opportunità di impiego e di aumenti salariali». Sicuri sicuri? Fino a un certo punto, dal momento che è lo stesso Müller a riconoscere che «non è tutto rose e fiori» e che «in Ticino la popolazione è particolarmente colpita dagli effetti negativi della libera circolazione delle persone. L’alto numero di frontalieri e la pressione salariale che ne consegue, così come la concorrenza per i posti di lavoro e la pressione sulle infrastrutture, provocano tensioni sociali e in alcuni casi anche rabbia». E quindi? Che fare? «È ancora più importante avere una posizione chiara in merito ai negoziati sugli Accordi bilaterali III e definire quali posizioni sono inamovibili. Come Usi siamo favorevoli al mantenimento dell’attuale protezione dei salari».

Pesenti (Aiti): ‘Qualcuno si è scordato come era negli anni Novanta…’

«Per le nostre imprese la conferma dell’impianto degli Accordi bilaterali è fondamentale», gli fa eco il presidente dell’Associazione delle industrie ticinesi (Aiti) Oliviero Pesenti. Anche perché «forse pochi ricordano che per oltre un decennio, negli anni Novanta, l’economia svizzera non cresceva più. A metà decennio, la disoccupazione in Svizzera era oltre il 4% e i tassi d’interesse erano arrivati a superare il 6%. L’economia e la popolazione pagarono a caro prezzo quella situazione, anche in termini di posti di lavoro e potere d’acquisto». Pesenti, quindi, sottolinea che «solo lo slancio dell’aumento delle esportazioni verso l’estero, grazie anche ai Bilaterali, ci permisero di risalire la china e creare migliaia di posti di lavoro anche in Ticino». Anche il presidente di Aiti non si nasconde, «i Bilaterali comportano alcuni problemi in una regione di confine come il Ticino. Ma la loro eliminazione avrebbe conseguenze ben più negative per la popolazione e l’economia». E no, «non ci sono alternative credibili. Del resto, chi non li sostiene in tutti questi anni non è mai stato in grado di portarne neanche una».

Gehri (Cc-Ti): ‘Abbiamo versato 90 milioni in 4 anni per la conciliabilità’

Convinto è il presidente della Camera di commercio ticinese Andrea Gehri: «Purtroppo, in Ticino la discussione verte quasi esclusivamente sempre attorno alla libera circolazione delle persone. Dimenticando che, a livello sistemico, la certezza del diritto e la stabilità delle relazioni con l’Ue sono di fondamentale importanza anche per la nostra realtà locale». E Gehri spalleggia Müller: «Siamo favorevoli al mantenimento dell’attuale livello di protezione dei salari e sosteniamo pienamente, come sempre, la lotta contro il dumping salariale». Ma fermi tutti: «Senza però scadere in eccessi di nuovi strumenti che nulla hanno a che vedere con il tema specifico».

Gehri rivendica anche con orgoglio, sul tema della carenza di manodopera e sulle misure per favorire l’impiegabilità delle persone che oggi sono attive solo in parte, che «negli ultimi quattro anni l’economia ticinese ha versato nelle casse cantonali oltre 90 milioni di franchi destinati alla conciliabilità lavoro famiglia, soldi che dovrebbero permettere di coinvolgere maggiormente nel mondo del lavoro soprattutto molte donne». Questo, ribadisce Gehri, «è un dato che deve far riflettere chi afferma che l’economia non fa nulla ed è poco sensibile a favore della politica famigliare. È vero il contrario». Senza dimenticare, è la battaglia campale di queste settimane, «che per taluni aspetti la politica fiscale necessita di correttivi, come previsto dalla votazione del 9 giugno». Questo perché «è difficile incentivare il lavoro se esso viene penalizzato fiscalmente da una progressione eccessiva, per cui non è raro che in molte coppie uno dei due rinunci a lavorare o lo faccia solo parzialmente per evitare un’imposizione fiscale eccessiva, sproporzionata e confiscatoria».


Fonte: La Regione – 25 maggio 2024

Votazione sulla riforma fiscale cantonale

La riforma fiscale in votazione il prossimo 9 giugno non rappresenta uno stravolgimento del nostro sistema tributario, ma solo un necessario, quanto urgente, adeguamento alle mutate condizioni socioeconomiche che, negli ultimi decenni, hanno cambiato il volto del Ticino.

Si tratta di modernizzare un impianto normativo che risale ad oltre mezzo secolo fa, correggendo alcune distorsioni che penalizzano fortemente i contribuenti, con un’esosa imposizione fiscale. È del tutto fuori luogo parlare di “regali ai ricchi”.

Della revisione della legge beneficia, infatti, tutta la popolazione, con una serie di misure mirate, la cui legittimità è stata riconosciuta dallo stesso PS che, dopo aver fucilato a priori la riforma, ha presentato un’iniziativa parlamentare per riproporle separatamente. Una scelta strumentale e macchinosa che rischia di compromettere la modifica legislativa. Senza questa riforma si prospetta un aumento del 3% delle imposte per tutti.

I contenuti della riforma

  • Aumento della deduzione per le spese professionali.
  • Adeguamento delle imposte sulle successioni e le donazioni ai cambiamenti sociodemografici (crescita dei divorzi, aumento della speranza di vita e nuove relazioni familiari), facilitando anche le successioni aziendali con persone che non fanno parte della cerchia familiare dei titolari dell’impresa.
  • Riduzione dell’imposizione sui capitali previdenziali oggi molto svantaggiosa per chi dispone di un capitale medio o medio-alto, per cui molti contribuenti trasferiscono altrove il proprio domicilio fiscale.
  • Riduzione a tappe dell’aliquota massima dell’imposta sul reddito. Un’aliquota tanto pesante da bloccare il Ticino negli ultimi posti della classifica intercantonale e spingere alla fuga i contribuenti più ricchi. È questo il punto più contestato dalla sinistra e dai sindacati. La riforma prevede la diminuzione dal 15 al 12%, da qui al 2030, dell’aliquota per i redditi più alti e la riduzione lineare dell’1,66% dell’aliquota d’imposta per tutti contribuenti, come compensazione dell’aumento del 3% del coefficiente cantonale. Una compensazione che evita un aggravio fiscale per i cittadini di 45 milioni di franchi.

La revisione tributaria vuole rendere più attrattivo e concorrenziale il Ticino per chi vorrebbe risiedere o investire nel Cantone, incrementando così le entrate fiscali e la creazione di nuovi posti di lavoro.


Vantaggi per i lavoratori, i pensionati e le imprese

Intervista con Andrea Gehri, Presidente della Cc-Ti

Per Andrea Gehri, Presidente della Cc-Ti, si vota su una riforma moderata e graduale che vuole rendere il Ticino più attrattivo, riportandolo nella media della concorrenza fiscale intercantonale, ma che tocca anche altri aspetti cruciali del sistema tributario, attenuando vecchie storture impositive che pregiudicano i legittimi interessi dei cittadini.

Presidente, al di là della riduzione dell’aliquota massima sui redditi più elevati, quali vantaggi offre la riforma a tutti gli altri contribuenti?

Ne beneficeranno, innanzitutto, i lavoratori grazie ad un aumento delle deduzioni per le spese professionali. Ci sarà, inoltre, una tassazione più equa per le successioni e le donazioni, così come per il prelievo del capitale del secondo pilastro, oggi soggetto ad un’imposizione estremamente punitiva. Non da ultimo, con il ritorno al 100% del coefficiente cantonale d’imposta, senza questa revisione le imposte aumenterebbero per tutti del 3%.

Come cambieranno le deduzioni per le spese professionali e con quali benefici concreti per i lavoratori?

Va premesso che attualmente il Ticino è tra gli ultimi Cantoni per quel che riguarda l’ammontare di queste detrazioni. Da noi non si superano i 2’500 franchi, mentre in gran parte della Svizzera si riconosce una soglia di 4’000 franchi circa. A Svitto, ad esempio, si arriva sino al 20% del reddito conseguito. Con la riforma le deduzioni saranno aumentate in due tappe: da 2’500 a 3’000 franchi per l’anno fiscale 2024-2025, per passare a 3’500 franchi nel 2026. Quando l’aumento sarà a regime i dipendenti beneficeranno di mille franchi in più di detrazioni. Soldi che resteranno nelle loro tasche, contribuendo a migliorare la loro situazione economica e i bilanci familiari. Dunque, un sostegno concreto a difesa del reddito dei lavoratori in tempi di rincari generalizzati.

Anche con la tassazione del capitale di previdenza siamo fuori dalla media intercantonale?

In generale si può affermare che nessun Cantone torchia i pensionati come il Ticino sul prelievo del capitale del secondo pilastro. Un capitale non piovuto dal cielo, ma accumulato con anni di lavoro e di risparmi, che al momento della riscossione è soggetto ad aliquote troppo pesanti. Un’imposizione particolarmente pregiudizievole per chi dispone di un capitale medio o medio-alto, con una tassazione che non si discosta dall’esosità dell’imposta sul reddito. Sino a mezzo milione di franchi di capitale siamo concorrenziali rispetto alla media nazionale, oltre questo limite si scivola in fondo alla graduatoria federale. Perciò, molti contribuenti trasferiscono il proprio domicilio fiscale altrove, nei Grigioni, a Uri o a Svitto, ad esempio, quando si avvicina il momento di riscuotere il capitale previdenziale. Plafonando al 3% la tassazione sul prelievo, la riforma assicura un trattamento più equo e limita la differenza impositiva con gli altri Cantoni.

La revisione tocca pure le successioni e le donazioni per adeguarle ai cambiamenti sociodemografici. Quali ripercussioni ci saranno per le successioni aziendali con persone che non fanno parte della cerchia familiare dei titolari dell’impresa?

È un adeguamento improrogabile con un contenimento delle tasse di successione tra non parenti, che sono a dir poco penalizzanti, per allinearle alla media nazionale. Per le eredità in Ticino si applicano aliquote che possono arrivare sino al 41%, rispetto ad una media federale del 15% e con ben sette Cantoni che non richiedono alcuna imposta. Noi, invece, siamo tra i Cantoni con le aliquote più alte per le successioni al di fuori dell’ambito familiare. La modifica è importante per garantire la continuità e le successioni aziendali con soggetti che non fanno parte della famiglia. In Ticino abbiamo 8’400 aziende familiari che occupano 83mila persone e ogni anno centinaia di queste imprese rischiano di scomparire per la mancanza di eredi. Difatti, con le disposizioni attuali il passaggio aziendale ad eventuali subentranti al di fuori della famiglia è scoraggiato da un’imposizione
molto pesante, col rischio di perdere attività produttive, know-how e posti di lavoro.


Ridare slancio all’attrattività del Ticino

Intervista con Cristina Maderni, Vicepresidente della Cc-Ti

“La riduzione dell’aliquota massima dell’imposta sul reddito è una modifica che si attende dal 1976, l’anno dell’ultima revisione – ricorda Cristina Maderni, Vicepresidente della Cc-Ti e Gran Consigliera del PLR. Se questo è un elemento centrale e improrogabile della riforma in votazione il 9 giugno, va anche sottolineato che essa offre dei vantaggi per le famiglie, i lavoratori, per i giovani, i pensionati e per la continuità aziendale. Inoltre, scongiurerà un aumento delle imposte per tutti”.

Perché è indispensabile la riduzione di questa aliquota, contro cui si concentra l’opposizione della sinistra che la ritiene solo un “regalo ai ricchi”?

Per la semplice ragione che il Ticino ha bisogno di contribuenti facoltosi. Senza il gettito fiscale da loro garantito ci sarebbero molte meno risorse per la socialità e per gli investimenti con il rischio di un aumento della pressione fiscale per tutti. Oggi un 3% di contribuenti paga il 40% circa del gettito fiscale delle persone fisiche, con aliquote che superano il 40%; i 767 globalisti registrati in Ticino nel 2022 hanno versato nelle casse di Comuni, Cantone e Confederazione 183,5 milioni di franchi. Non possiamo fare a meno di queste risorse, eppure rischiamo di perderle. Con un’aliquota d’imposta sul reddito così elevata è inevitabile che i grandi contribuenti pensino di trasferirsi laddove trovano una fiscalità più vantaggiosa. È altrettanto sicuro che i grandi manager e i dirigenti aziendali, quelli che decidono l’ubicazione delle imprese siano attenti alla fiscalità delle imprese come pure di sé stessi, e che oggi siano poco attratti dal Ticino.

Per i promotori del referendum con la riduzione dell’aliquota per gli alti redditi si continuano a favorire solo i residenti più benestanti.

Né i contribuenti più ricchi né le imprese in tutti questi anni hanno ricevuto favori di sorta. Lo dimostra lo studio della SUPSI, presentato qualche settimana fa, sul confronto intercantonale per le imposte dirette nel 2024. Ebbene, il Ticino si colloca al 22esimo posto per l’imposta sul reddito, con il 40,5% contro il 22,25% di Zugo che ha il prelievo più basso. Per l’imposta sull’utile siamo ancora oggi meno competitivi: 24esimo posto con il 23,9% rispetto al 13,5% di Zugo, mentre per l’imposta effettiva sull’utile siamo al 24esimo posto con il 19,3%, contro l’11,9% di Zugo. Molto più alta pure l’imposta sul capitale che colloca il nostro Cantone nella 22esima posizione con il 2,9%. Per chi li vuole capire sono dati allarmanti, pur considerando che dal 2025 l’aliquota cantonale per le persone giuridiche si ridurrà dall’8% al 5,5%. Molti Cantoni per attirare buoni contribuenti hanno alleggerito la pressione fiscale, noi, invece, siamo rimasti fermi col rischio di perderli o di non incoraggiarli a trasferirsi in Ticino. Con questa riforma non diventeremo un paradiso fiscale, si cerca semplicemente di riavvicinarci alla media nazionale della pressione tributaria.

Per la sinistra, però, non c’è una fuga di ricchi contribuenti. Cosa replica al riguardo?

A smentirla ci sono i dati forniti dal Consiglio di Stato: tra il 2016 e il 2022 ben 395 grandi contribuenti, con redditi o sostanze imponibili che vanno dai 500mila ai 5 milioni di franchi hanno trasferito il loro domicilio fiscale fuori Ticino. Negli stessi anni ne sono arrivati 190. Dunque, un saldo negativo di 205 grandi contribuenti e una perdita di circa 10 milioni di franchi all’anno di gettito fiscale.

Parlare di ridurre le aliquote per le persone fisiche, bloccate da 50 anni, da noi è un tabù inviolabile, come mai?

Penso si tratti soprattutto di una posizione ideologica, frutto di una visione classista della società poco realistica e per nulla pragmatica, rispetto un sistema fiscale che, peraltro, favorisce molto i redditi più bassi, penalizza quelli più elevati e con ben 40mila persone del tutto esentasse. La battaglia della sinistra contro la diminuzione dell’aliquota, rischia di ridurre tutto ad uno scontro sul fisco, quando in realtà c’è in gioco il grande problema di rilanciare i fattori di competitività e attrattività del nostro Cantone per garantire a tutti un futuro di benessere e sicurezza economica.

Altri oggetti in votazione il 9 giugno 2024: le raccomandazioni di voto della Cc-Ti

Votazioni del 9 giugno 2024: raccomandazioni di voto della Cc-Ti

Ecco la nostra presa di posizione

VOTAZIONI FEDERALI


  • Iniziativa popolare “Al massimo il 10 per cento del reddito per i premi delle casse malati (Iniziativa per premi meno onerosi)” (FF 2023 2285);
    La Cc-Ti raccomanda di votare NO
  • Iniziativa popolare “Per premi più bassi – Freno ai costi nel settore sanitario (Iniziativa per un freno ai costi)” (FF 2023 2286);
    La Cc-Ti raccomanda di votare NO
  • Iniziativa popolare “Per la libertà e l’integrità fisica” (FF 2023 2287);
    La Cc-Ti non si esprime sul tema
  • Legge federale del 29 settembre 2023 su un approvvigionamento elettrico sicuro con le energie rinnovabili (Modifica della legge federale sull’energia e della legge sull’approvvigionamento elettrico) (FF 2023 2301);
    La Cc-Ti sostiene questa modifica, invitando a votare SÌ

VOTAZIONI CANTONALI


  • Modifica del 12 dicembre 2023 della legge tributaria del 21 giugno 1994 (LT)
    La Cc-Ti sostiene questa modifica, invitando a votare SÌ
  • Decreto legislativo concernente lo stanziamento di un credito di 76 milioni di franchi per l’acquisto dell’edificio ex Banca del Gottardo di proprietà di EFG Bank SA e di un credito di 6,44 milioni di franchi per la progettazione della sua ristrutturazione e dell’adeguamento logistico nonché per uno studio di fattibilità e progettazione per gli spazi destinati alla sede provvisoria necessaria per la ristrutturazione del Palazzo di giustizia del 7 febbraio 2024
    La Cc-Ti sostiene questo decreto legislativo, invitando a votare SÌ
  • Modifica del 17 ottobre 2023 della legge sull’Istituto di previdenza del Cantone Ticino del 6 novembre 2012 (LIPCT).
    La Cc-Ti non si esprime sul tema

La Svizzera apprezzata ovunqUE

UE: partner fondamentale per il nostro Paese

Piaccia o no, è incontestabile che l’Unione Europea (UE) sia il primo partner commerciale della Svizzera. Illusorio pensare che un mercato così grande possa essere sostituito estendendo le quote di altri paesi. Possono esservi variazione di qualche punto percentuale, ma la sostanza resta la stessa: non si può prescindere dall’UE. Questo non significa ovviamente avallare o accettare tutto quanto reca la bandiera blu con le dodici stelle, perché sappiamo bene che l’UE presenta diversi punti critici anche a livello istituzionale. Tuttavia, è assolutamente logico preoccuparsi delle relazioni con un partner di tale rilevanza. Soprattutto quando le attuali basi contrattuali, ossia gli Accordi bilaterali, iniziano a mostrare qualche limite, dovuto anche al passare del tempo. Per questo motivo, lo scorso 8 marzo 2024, il Consiglio federale ha approvato il mandato negoziale con l’Unione Europea (UE) nella sua forma definitiva in vista di nuove trattative. Il mandato adottato tiene conto dei risultati delle consultazioni delle Commissioni della politica estera (CPE) e delle altre commissioni interessate del Parlamento oltre che dei Cantoni, e considera i pareri espressi dalle parti sociali e dai rappresentanti dell’economia.
Il 18 marzo 2024 la Presidente della Confederazione Viola Amherd e la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen hanno ufficialmente aperto i negoziati tra la Svizzera e l’UE.
L’approccio “a pacchetto” presentato dal Consiglio federale per i nuovi negoziati è stato accolto sostanzialmente in modo positivo.

Questo permette di avere un approccio commisurato alle esigenze dei vari temi in discussione. Il testo integrale del mandato negoziale definitivo è scaricabile dal sito ella Confederazione al seguente  link: www.newsd.admin.ch/newsd/message/attachments/86560.pdf.

L’agenda è ricca e molto impegnativa, perché spazia su molti temi. Si passa dalla questione dell’energia, alla sicurezza alimentare e alla sanità, passando per i programmi di ricerca e innovazione, senza dimenticare le questioni istituzionali e le modalità di un dialogo politico a livello ministeriale. Ruolo importante lo avrà anche la libera circolazione delle persone in generale, con le questioni specifiche dell’immigrazione, della protezione dei salari e del programma EURES, così i permessi di domicilio di lunga durata. Oggetto di negoziato saranno anche l’applicazione di misure transfrontaliere contro il dumping salariale e sociale, così come altri accordi esistenti riguardanti il mercato interno (trasporti aerei e terrestri, commercio di prodotti agricoli). Non poteva mancare l’elemento degli aiuti di Stato e nemmeno quello del contributo svizzero per la coesione europea. Infine, da segnalare anche un punto concernente i sistemi di informazione e, last but not least, il dialogo sulla regolamentazione dei mercati finanziari.

Sui vari temi, il Consiglio federale ha accolto specificamente le seguenti raccomandazioni espresse nella procedura di consultazione:

  1. Energia elettrica: per quanto riguarda l’apertura del mercato, il Consiglio federale intende garantire alle consumatrici e ai consumatori la possibilità di restare nel regime dell’approvvigionamento di base, previsto come scelta «standard» con prezzi regolamentati. Questa possibilità di scelta, incluso il diritto di rientrare nel regime dell’approvvigionamento di base (servizio pubblico), viene rafforzata. Il Consiglio federale mira inoltre a proteggere i principali aiuti di Stato attuali, segnatamente nel campo della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
  2. Accordo sui trasporti terrestri: parallelamente all’apertura controllata del trasporto internazionale di passeggeri per ferrovia, il Consiglio federale punta a preservare il modello di cooperazione e la prerogativa della Svizzera di assegnare le tracce sul proprio territorio. L’apertura controllata del mercato del trasporto ferroviario internazionale non deve influire sulla qualità dei trasporti pubblici in Svizzera.
  3. Accordo sui prodotti agricoli: si precisa che le tariffe doganali sono mantenute, compresi i contingenti tariffari e le modalità di gestione di questi ultimi. La sovranità della Svizzera nel campo della politica agricola non sarà intaccata.
  4. Immigrazione: l’obiettivo di un’immigrazione orientata al mercato del lavoro viene rafforzato, così come la formulazione concernente il diritto di soggiorno, allo scopo di proteggere meglio il sistema sociale svizzero.
  5. Protezione dei salari: si riafferma l’obiettivo di garantire le condizioni salariali e lavorative preservando l’attuale livello di protezione nel lungo termine. Viene precisata l’eccezione relativa alla cauzione: si mira a ottenere un effetto paragonabile a quello del sistema di cauzione attuale. Si cercherà, inoltre, una soluzione per quanto riguarda le spese. L’obiettivo è garantire la parità dei diritti, tenuto conto del livello dei prezzi in Svizzera.
  6. Elementi istituzionali: per quanto riguarda la partecipazione della Svizzera al mercato unico dell’UE, il Consiglio federale intende garantire che, nel caso in cui la Svizzera si rifiuti di adottare una specifica modifica del diritto europeo, le misure di compensazione siano possibili solo a seguito di una decisione del tribunale arbitrale relativa anche alla questione della proporzionalità.
  7. Accordo di libero scambio: l’Accordo del 1972 non fa parte del pacchetto e non rientra dunque nel quadro dei negoziati.

Prossime tappe

I vari elementi del pacchetto saranno affrontati contemporaneamente sotto la direzione generale del capo negoziatore Patric Franzen, Segretario di Stato supplente del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Ogni elemento del pacchetto sarà specificamente negoziato in tandem dal capo negoziatore e dal negoziatore specialista in materia, rappresentante del dipartimento competente. Un gruppo di lavoro interdipartimentale guidato dal segretario di Stato del DFAE Alexandre Fasel coordinerà i lavori svolti in Svizzera con quelli portati avanti in ambito negoziale. In caso di conclusione positiva dei negoziati si porrà la questione del referendum obbligatorio o facoltativo per il pacchetto negoziale.

Lavoro notturno e domenicale possibile in caso di carenza di energia

L’ordinanza modificata è entrata in vigore il 1° aprile 2024

Le aziende potranno ottenere autorizzazioni temporanee per lavorare di notte e la domenica quando le Autorità ordineranno misure per prevenire o controllare la carenza di gas o elettricità. Il Consiglio federale ha appena aggiunto un paragrafo esplicito nell’ordinanza 1 (OLL 1) relativa alla legge sul diritto del lavoro. L’aggiunta di questo nuovo all’art. 1bis all’art. 27 OLL 1, ​​conferma in realtà la prassi giuridica attuale che già implicitamente consente il rilascio di autorizzazioni in caso di carenze.

Le aziende autorizzate, infatti, potranno occupare i propri dipendenti nei periodi di basso consumo energetico, ovvero nelle ore notturne e domenicali. In un contesto di carenza, questa possibilità aiuterà ad evitare misure aggiuntive di quote, razionamento del gas o dell’elettricità, disoccupazione parziale e altre misure penalizzanti. Per le aziende, la possibilità di lavorare di notte e di domenica aiuterà a garantire una certa continuità produttiva.

Affinché il nuovo paragrafo possa essere applicato, è essenziale che le Autorità abbiano disposto misure restrittive per ridurre il consumo di energia elettrica. Si noti che questa modifica fa seguito all’adozione, da parte di entrambe le Camere, di una mozione parlamentare che chiede di “rendere temporaneamente più flessibile il diritto del lavoro in caso di carenza di gas o elettricità”.

L’ordinanza modificata è entrata in vigore il 1° aprile 2024.