Summer Meeting 2023

Si sono svolte due serate tematiche per gli ex studenti del corso Specialista della gestione PMI

La Cc-Ti, in collaborazione con Agile Lab Ticino e l’Associazione Equi-Lab, ha organizzato due serate in cui sono stati trattati i seguenti temi:

  • Primo incontro – 22 agosto
    FUTURE OF WORK
    HR, digitalizzazione e agilità quali elementi di innovazione nella gestione efficace delle persone
    Relatore: Christian Burkhalter, Agile Lab Ticino
  • Secondo incontro – 7 settembre
    LE OPPORTUNITÀ DELLE PARI OPPORTUNITÀ
    Diversità, Equità e Inclusione per lo sviluppo sostenibile: la situazione in Ticino e gli strumenti a disposizione delle PMI
    Relatore: Christian Burkhalter, Agile Lab Ticino
    Relatrice: Marialuisa Parodi, Associazione Equi-Lab

Ringraziamo i relatori e i partecipanti per la buona riuscita delle due serate. Durante l’estate 2024 verranno riproposti nuovi incontri.

Serata informativa per il corso Specialista della gestione PMI con attestato federale

Mercoledì 20 settembre 2023 alle ore 18.00

La Cc-Ti organizza una serata informativa per tutti gli interessati ad iscriversi al corso Specialista della gestione PMI. Durante l’incontro saranno fornite maggiori informazioni inerenti al corso (costi, calendario, docenti e contenuti).

Coloro che volessero partecipare alla serata sono pregati di confermare la propria presenza al Signor Roberto Klaus all’indirizzo email: klaus@cc-ti.ch.

La Costituzione del 1848: una pietra miliare della storia svizzera

Nel 2023 la Svizzera moderna compie 175 anni.

Il 1848 costituisce una pietra miliare per la Svizzera: segna infatti l’approvazione della Costituzione federale, su cui si fonda la Svizzera moderna. Il 12 settembre 1848 la Dieta federale la dichiarò adottata. Da Confederazioni di Stati la Svizzera si trasformò quindi in uno Stato federale, divenendo la prima democrazia stabile in Europa.


Fonte: DFGP – https://www.ejpd.admin.ch/ejpd/it/home/temi/175-jahre-bundesverfassung.html

nLex Prevenire Difendere

Da più di anno la Cc-Ti organizza corsi di formazione e momenti informativi per preparare le aziende all’entrata in vigore della nuova legge federale sulla protezione dei dati (LPD), che sarà realtà dal prossimo 1° settembre 2023.

Vediamo alcuni punti essenziali delle nuove regole, inteso che si tratta di una carrellata generale che non può essere esaustiva e che nei casi specifici richiede spesso l’intervento di esperti per elaborare regolamenti, istruzioni, dichiarazioni e contratti che siano conformi alle disposizioni legali e puntuali per le singole esigenze.

Che cos’è la protezione dei dati?

Già oggi esistono disposizioni sulla protezione dei dati che si applicano anche alle aziende e quanto entra in vigore il prossimo 1° settembre è un aggiornamento resosi necessario, vista l’evoluzione del contesto tecnologico in particolare e le regole che si è data l’Unione Europea (con il famoso GDPR). Il legislatore svizzero ha cercato di essere pragmatico, ma, forse inevitabilmente, le nuove regole possono anche prestarsi a complicazioni non da poco. Almeno sulla carta. Per questo è importante cercare di attenersi soprattutto ai principi fondamentali.

Lo scopo principale della protezione dei dati è quello di proteggere la personalità e i diritti fondamentali delle persone. Essa regolamenta ciò che deve essere osservato nel trattamento dei dati personali. Per dati personali si intendono tutte le informazioni che possono essere attribuite a una persona, come i dati di contatto, le impronte digitali, gli spostamenti, ma anche le registrazioni di video e immagini (tutto ciò che può ricondurre ad un individuo specifico). La protezione dei dati intende tutelare le persone dall’acquisizione, dall’archiviazione, dall’elaborazione e dall’utilizzo ingiustificato dei suoi dati. Ciò significa che possono essere trattati solo i dati idonei e necessari allo scopo del trattamento specifico. Il consenso della persona è fondamentale, soprattutto in caso di trasmissione dei dati, così come è imprescindibile un’informazione trasparente su quali dati vengono raccolti, per quale scopo e il loro trattamento. I dati possono essere trasmessi se la persona stessa ha dato il proprio consenso, se i dati sono a  prescindere accessibili al pubblico o se una legge ne consente la trasmissione. Inoltre, la sicurezza dei dati è un principio compreso nella protezione dei dati. I dati devono essere gestiti con attenzione e rispettando precise regole di sicurezza. I dati personali devono essere distrutti o resi anonimi non appena non sono più necessari ai fini del trattamento. Ciò vale anche per i dipendenti e gli ex dipendenti delle aziende. Tutte le persone hanno il diritto di chiedere a qualsiasi azienda se e quali dati vengono conservati su di loro. Questo vale ovviamente anche per i dipendenti. I dati non personali, come le cifre o i dati sui prodotti, non sono soggetti alla protezione dei dati. Allo stesso modo, i dati anonimi dei clienti valutati a fini statistici non sono soggetti alla protezione dei dati. Tuttavia, tali dati possono essere protetti in altri modi, ad esempio attraverso le regole sul segreto commerciale o dal diritto d’autore.

Quali sono le novità principali della nuova LPD?

Le modifiche principali riguardano trasparenza e l’informazione. I principi generali rimangono sostanzialmente simili, ma la trasparenza avrà un peso maggiore, ad esempio indicando sul sito web dell’azienda quanto disposto in materia di protezione dei dati, spiegando come questi vengono raccolti, gestiti, utilizzati e conservati. Con le nuove disposizioni, le aziende sono ora tenute a segnalare all’Incaricato federale per la protezione dei dati gli episodi in cui vi sia stato un utilizzo abusivo dei dati. Anche il trasferimento dei dati a fornitori e partner deve essere regolato contrattualmente, per cui è importante che le aziende valutino eventuali adattamenti delle basi contrattuali dei loro rapporti commerciali.

Con la nuova legge, la dichiarazione sulla protezione dei dati che deve figurare sul sito web aziendale assume quindi ancora maggiore importanza. Infatti, essa è ora obbligatoria per tutti e deve informare su quali dati vengono raccolti e conservati, su quali programmi vengono utilizzati e su chi contattare per ottenere informazioni. La novità è anche che le impostazioni di base dei moduli, delle app e dei siti web devono essere regolate ovunque al minimo, in modo da raccogliere o elaborare solo i dati necessari.

Anche l’obbligo di fornire informazioni è stato inasprito. Se una persona chiede se e quali dati che la riguardano sono stati elaborati, tali informazioni devono essere indicate in conformità alle norme di legge, salvo eccezioni. Devono inoltre essere fornite informazioni sulle condizioni in cui i dati sono stati trasmessi a terzi.

La legge sulla protezione dei dati ora distingue tra aziende più piccole e più grandi. Alle aziende con più di 250 dipendenti o a quelle con dati sensibili (ad esempio, gli studi medici) si applicano disposizioni aggiuntive, soprattutto per quanto riguarda la documentazione sulla protezione dei dati.

Di seguito sono elencati i punti più importanti da implementare per le aziende:

  1. Controllare l’informativa sulla privacy sul sito web e, se necessario, adattatala.
  2. Stabilire le linee guida per il trattamento dei dati all’interno dell’azienda.
  3. Stabilire in forma scritta accordi e contratti con fornitori e aziende partner. È obbligatorio registrare il tipo di archiviazione dei dati e la notifica delle violazioni della protezione dei dati.
  4. Nominare un/a responsabile della protezione dei dati in azienda.
  5. Creare un registro del trattamento dei dati. Le aziende con meno di 250 dipendenti sono esenti da tale obbligo se non vi è un rischio elevato di lesioni dei diritti personali.
  6. Definire la procedura per ottemperare all’obbligo di fornire informazioni e di richiesta di cancellazione dei dati.
  7. Definire la procedura di segnalazione delle violazioni della protezione dei dati.
  8. Creare un processo per le valutazioni d’impatto necessarie se l’azienda assume un rischio elevato nel trattamento dei dati.
  9. Verificare se i dati vengono trasmessi ad altri Paesi. In tal caso, verificare se questi paesi sono registrati come paesi riconosciuti dal Consiglio federale. In caso contrario, si applicano requisiti più severi in materia di protezione dei dati.

La sicurezza dei dati

La sicurezza dei dati è una base importante per la protezione dei dati. Ad esempio, le aziende devono garantire la sicurezza dei dati personali e proteggerli da accessi non autorizzati e illegali. Se si utilizzano strumenti esterni per la gestione dei dati personali (ad esempio, software di gestione online dei soci), la protezione dei dati deve essere stipulata contrattualmente con il fornitore. L’azienda è tenuta a verificare la sicurezza dei dati del partner contrattuale. Se i dati personali vengono trasferiti all’estero, anche se ciò è dovuto solo al fatto che il server del servizio cloud in cui sono memorizzati i dati si trova all’estero, devono essere soddisfatti i requisiti legali.

Sanzioni e ammende

Le multe possono essere comminate sulla base della LPD. Chiunque non informi correttamente una persona interessata al momento della raccolta dei dati o successivamente non le fornisca, su richiesta, informazioni sufficienti sui dati raccolti, come previsto dalla LPD, può incorrere in multe fino a 250’000 franchi svizzeri. L’importo delle  multe sarà stabilito dal tribunale competente nel corso del procedimento. È verosimile che, almeno in una prima fase di applicazione della LPD, le multe siano comminate solo in caso di gravi violazioni. Ciò non esime tuttavia dal rispetto delle disposizioni legali. A titolo di paragone, nell’Unione Europea sono possibili multe fino al quattro per cento del fatturato o a cinque milioni di euro. Da rilevare che, al di là della tempestività di eventuali multe, che un incidente che comporti la violazione di dati costituisce per le aziende un danno reputazionale presso i clienti, i fornitori, i dipendenti e l’opinione pubblica spesso maggiore di una multa.

La Cc-Ti metterà a disposizione dei propri associati nei prossimi giorni alcuni modelli di documenti che possono essere utilizzati sia all’interno dell’azienda che sul web e nei rapporti con i partner. Si tratta di basi che vanno completate con le caratteristiche delle singole aziende e spesso facendo capo a specialisti per affinare al meglio i documenti.

Parola ai soci!

Inchiesta Congiunturale 2023-24

L’inchiesta congiunturale condotta in collaborazione con le Camere di commercio e dell’industria della Svizzera romanda è giunta alla sua 14esima edizione.

In qualità di associazione mantello dell’economia ticinese contiamo sulla vostra preziosa collaborazione, in qualità di aziende affiliate, per raccogliere dati essenziali sullo stato di salute dell’economia ticinese. Ogni anno, il vostro contributo informativo viene sistematicamente confermato dai dati ufficiali, riconosciuto dalle Autorità federali e cantonali e utilizzato quale strumento a tutela degli interessi delle aziende.     
Oltre alle usuali domande generali riguardanti l’attività aziendale, l’inchiesta pone ogni anno l’accento su un tema di attualità per il territorio. Quest’anno vi sono approfondimenti sull’evoluzione digitale, sull’intelligenza artificiale e sulla sostenibilità.            
I risultati dell’inchiesta saranno presentati ufficialmente e poi pubblicati sui nostri usuali canali di comunicazione (Ticino Business, newsletter, www.cc-ti.ch, Facebook, Instagram, Twitter e YouTube) in forma anonima. Tutti i dati vengono trattati in ottemperanza della legge vigente sulla protezione dati.

Istruzioni per la compilazione (FORMULARIO IN PDF)

L’accesso all’inchiesta sarà possibile dal 23.8.2023.

L’inchiesta deve essere compilata e rispedita entro il 15 ottobre 2023, attraverso una delle seguenti modalità a vostra scelta:

  • direttamente online sul sito www.enquete-cci.ch inserendo la vostra SWISSFIRMS ID e la relativa password (presenti nell’intestazione dell’inchiesta)
  • inviando il formulario in forma cartacea via posta (CP 1269, 6901 Lugano) o via fax al numero 091 911 51 12.
  • via e-mail a: trabucchi@cc-ti.ch

Informazioni: trabattoni@cc-ti.ch , T. 091 911 51 15

Vi ringraziamo già sin d’ora della vostra preziosa collaborazione e della vostra fedeltà alla nostra associazione.

Illusioni e realismo

L’attualità politica ci porta a tornare su due temi sui quali ci siamo già espressi nelle scorse settimane, ma che sono centrali per il nostro Cantone e che quindi meritano ulteriori approfondimenti. Si tratta della proposta di introdurre un pedaggio per la galleria autostradale del San Gottardo e del progetto di riforma fiscale presentato dal Consiglio di Stato. Dossier che ci occuperanno intensamente nei prossimi mesi.

NO AL PEDAGGIO AL SAN GOTTARDO

La mozione di un Consigliere nazionale urano che vuole un pedaggio per accedere al tunnel del San Gottardo sta facendo discutere molto sia in Ticino che oltre Gottardo. Al di là di sondaggi più o meno pilotati attraverso domande suggestive, sembra crescere anche in Ticino la fetta di popolazione favorevole al pedaggio.

Il motivo è semplice: si pensa di poter far pagare il transito agli stranieri, né più né meno. Abbiamo già attirato l’attenzione sul fatto che l’autore della mozione, il Consigliere nazionale Simon Stadler, menziona esenzioni per i cantoni limitrofi, ma il testo del suo atto parlamentare cita solo riduzioni per gli abitanti dei cantoni interessati e non di esenzioni. Quindi non saranno solo gli stranieri a dover pagare.

Tema, del resto, anche giuridicamente complesso e tutt’altro che scontato, visto che di principio non si possono fare discriminazioni. Lo ha riconosciuto esplicitamente anche il Consiglio federale in data 6 novembre 2019, rispondendo a una mozione del Consigliere agli Stati Marco Chiesa. Il Consiglio federale rileva come nei paesi limitrofi e in tutta Europa i pedaggi non distinguono fra veicoli “indigeni” e immatricolati all’estero, per cui anche noi dovremmo attenerci a questo principio. Il principio di non discriminazione impedisce di fatto un pedaggio per soli veicoli stranieri. Posizione chiara, della quale occorre tenere assolutamente conto per non cullarsi nelle illusioni che a pagare debbano essere solo gli altri. Una sana dose di realismo si rende, quindi, assolutamente indispensabile, pena clamorosi autogol per il Ticino.

Anche chi ipotizza una compensazione per i ticinesi attraverso la riduzione della tassa di circolazione farebbe bene a tenere conto di una decisione del 2019 della Corte di giustizia europea che ha bocciato un sistema di questo tipo previsto dalla Germania. I tedeschi avevano infatti previsto che i propri cittadini potessero dedurre il pedaggio almeno parzialmente dalla tassa di circolazione e che quindi di fatto il pedaggio lo pagassero quasi solo gli stranieri. Principio di discriminazione previsto dal diritto europeo violato e governo tedesco rimandato alla casella di partenza. Molto probabile che anche in Svizzera verrebbe presa una decisione analoga.

Economia, ma non solo…

Le pesanti conseguenze per l’economia ticinese sarebbero innegabili, non solo per il turismo, ma per tutti i settori economici indissolubilmente legati ai trasporti da e verso il resto della Svizzera. Una vera e propria filiera che, se turbata, porterebbe a ripercussioni negative su cittadine e cittadini che ne rappresentano l’ultimo anello. 

Ma, in tema di discriminazione, non può evidentemente non preoccupare il trattamento diverso del nostro Cantone rispetto agli altri. Essere l’unica regione della Svizzera accessibile quasi solo a pagamento (escludendo le molto parziali alternative estive di qualche mese o i passaggi per l’Italia) sarebbe un fatto gravissimo, non accettabile nell’ottica della coesione nazionale. È bene ricordare che l’articolo 1 della Costituzione federale prevede che la Confederazione Svizzera è costituita dal popolo svizzero e dai cantoni, tutti, senza eccezioni. Non ci sono cantoni di categorie A o B.

L’eventualità di accedere al Ticino solo pagando costituirebbe una discriminazione bella e buona, senza se né ma. La gestione del traffico e il finanziamento delle infrastrutture, quando possibile, può e deve fare capo ad altri strumenti, ben noti a tutti ma ovviamente più scomodi da realizzare politicamente.

Limitarsi a penalizzare l’asse storico del traffico nord-sud sarebbe atto miope e inutile, oltre che profondamente scorretto. Giova ricordare ancora una volta che non sono indicativi gli esempi di valichi con pedaggi come il Brennero, il Monte Bianco, il Fréjus o il Gran San Bernardo. Essi portano da una nazione all’altra e non collegano regioni di uno stesso paese.

Infine, la discriminante della densità del traffico a sfavore del San Gottardo è fondamentalmente errata. Certo, impressionano le code chilometriche che si accumulano in certi periodi. Ma in altre regioni elvetiche, in particolare attorno agli agglomerati, la densità del traffico è molto maggiore e comporta code quotidiane. Differenza sostanziale se si intende affrontare il tema seriamente.

SÌ ALLA RIFORMA FISCALE

Il progetto di riforma fiscale presentato recentemente dal Consiglio di Stato dovrebbe dal canto suo permettere di uscire dal tunnel fiscale di un sistema che presenta molte distorsioni che penalizzano intere categorie di contribuenti. Una modernizzazione si rende assolutamente necessaria e deve permetterci di rimanere al passo anche degli altri cantoni svizzeri (anche qui una forma di coesione nazionale…).

Lo scopo è di rendere il Ticino maggiormente attrattivo per chi vuole investire e risiedere nel nostro Cantone, generando in tal modo entrate fiscali e posti di lavoro a beneficio di tutti. 

Non solo i ricchi

Ovviamente e purtroppo la discussione politica rischia di focalizzarsi su presunti regali ai ricchi, quando in realtà la riforma proposta prevede altri elementi molto importanti per rendere il sistema più moderno. Basti pensare alle agevolazioni previste per la successione e le donazioni che tengono conto dell’evoluzione della società e delle nuove forme di relazioni personali.

Per gli imprenditori è particolarmente rilevante il fatto che sia previsto un importante alleggerimento dell’aliquota fiscale in caso di trasferimento dell’azienda. Significa mettere in campo uno strumento fondamentale per facilitare anche la successione aziendale, che, come nel resto della Svizzera, sta diventando sempre più difficile, perché non si trovano facilmente successori all’interno della propria famiglia, passaggio un tempo considerato come “naturale” e scontato. Oggi la tendenza va sempre più nella direzione di cessione dell’azienda a terzi. Quando anche questa opzione decade, si chiude per mancanza di persone disposte a riprendere l’attività, con conseguenze disastrose per il tessuto economico, in termini di perdita di posti di lavoro, competenze e anche gettito fiscale. Spesso la rinuncia a riprendere un’azienda è dettata proprio dall’eccessivo carico fiscale che richiede di assumere rischi eccessivi per avere la liquidità necessaria. Alleggerire gli oneri fiscali per questo genere di operazione potrà certamente facilitare la ripresa di aziende da parte di persone esterne alla cerchia familiare e garantire quindi la continuità stessa dell’impresa. Anche la riduzione dell’imposizione sui capitali previdenziali ritirati è importante perché permette di mantenere in Ticino persone altrimenti attratte da altri cantoni vicini con imposizioni più favorevoli. Misura che quindi può essere importante anche per imprenditori e dirigenti e per talune decisioni strategiche riguardanti le aziende. Infine, l’aumento delle deduzioni per le spese professionali va giustamente a premiare chi lavora.

L’esempio norvegese e Haaland nel canton URI

Si diceva della litania dei regali ai ricchi. In linea con una demonizzazione di chi ha molti mezzi che è ormai un leit-motif diventato stucchevole. Poco comprensibile nella nostra realtà, visto che possiamo contare su un sistema redistributivo molto efficace. Ma proprio per sostenere tale sistema sono necessari contribuenti forti, che devono rimanere o essere attratti sul nostro territorio in virtù di un sistema fiscale moderno e affidabile. Certo, ci sono anche altri fattori che determinano la permanenza sul nostro territorio di persone facoltose, come la sicurezza, la qualità di vita in generale, ecc. Ma è inutile negarlo, il fattore fiscale gioca un ruolo determinante e per questa categoria di contribuenti noi siamo ormai da tempo non concorrenziali.

La necessità di intervento è ancora più urgente se si considera l’introduzione dell’imposta minima globale per le aziende, accettata in votazione popolare lo scorso 18 giugno. Questo nuovo sistema porta a un cambio di paradigma, con un maggiore accento sulla concorrenza fiscale delle persone fisiche legate alle aziende, in particolare i dirigenti con redditi elevati. Questo rapporto sempre più stretto fra imposizione delle società e delle persone fisiche è un fatto dal quale non si può più prescindere. Un esempio illuminante è costituito dal cosiddetto “caso norvegese”. Esempio da manuale delle cose da evitare.

Il tema è venuto alla ribalta per l’inusuale afflusso di facoltosi norvegesi in Svizzera, compreso Alf-Inge Haaland, ex calciatore di buon livello ma soprattutto padre del fenomeno del Manchester City, Erling Haaland. Ma cosa è successo in Norvegia?

La Norvegia ha “leggermente” aumentato la sua tassazione sui grandi patrimoni, ma anche e soprattutto la tassazione delle azioni, ora imposte all’80% del loro valore contro il 55% precedente. Nel capitolo imposta sul reddito, la tassazione dei dividendi è aumentata dal 31,7% al 37,8%. Questo ha evidentemente toccato imprenditori il cui patrimonio è costituito principalmente dalla loro azienda. Gli esperti fiscali rilevano che il costo fiscale di possedere un’impresa in Norvegia è più che raddoppiato in due anni. Alcuni imprenditori devono addirittura chiedere prestiti o vendere parte dei loro beni per poter pagare le imposte. Potendo risparmiare il 90% delle imposte trasferendosi in Svizzera, la decisione non è troppo difficile da prendere. Perché, se possedere un’attività diventa un lusso e il fisco è confiscatorio, difficile resistere alla tentazione di emigrare verso altri lidi.

Solo per questi contribuenti più ricchi, la perdita per le autorità fiscali norvegesi potrebbe raggiungere l’equivalente di circa 85 milioni di franchi. L’intero fenomeno è però difficile da quantificare perché anche i contribuenti meno ricchi stanno partendo e la Svizzera non è l’unica destinazione scelta. Le autorità norvegesi stanno del resto cominciando a preoccuparsi seriamente per questa perdita, sia fiscale che sociale. Ma incredibilmente il governo non sembra voler fare marcia indietro. Al contrario, sta cercando di aumentare la pressione sui contribuenti che lasciano il paese, il che non fa che accelerare l’esodo. 

Quale lezione trarne

Come detto sopra, se la pressione fiscale va oltre il sopportabile, chi può trasferisce armi e bagagli. Non si tratta qui di prediligere una categoria di contribuenti rispetto ad altre. Tutte hanno la loro dignità e meritano l’assoluto rispetto, anche chi versa alle casse dello Stato somme più piccole. È però innegabile che figure come quelle dei norvegesi sbarcati in Svizzera portano molto e non pesano sulla comunità, anzi. Vanno considerati come importante fattore nell’ottica della politica fiscale e della politica di ridistribuzione delle risorse. Se i soldi non vengono prima generati, è difficile poi ridistribuire. Sembra una banalità, ma purtroppo nella discussione politica spesso non lo è.La bulimia fiscale è penalizzante e bisogna resistere a tentazioni alla “Robin Hood”. In uno Stato di diritto come il nostro l’equilibrio è assicurato, senza necessità di rapine. Occorre superare la solita immagine caricaturale del ricco contribuente seduto egoisticamente su un mucchio d’oro mentre la comunità è costretta a privazioni. La ricchezza, anche se percepita in modo diverso, può diventare un valore per tutti.

L’immobilità dei ricchi è un mito

Nei dibattiti sulle imposte gli scettici dicono spesso che i ricchi residenti hanno molte ragioni per rimanere dove sono e che il rischio di vederli partire è basso. Con l’esempio norvegese è chiaramente dimostrato che esiste davvero una “soglia di resistenza” oltre la quale coloro che possono partire, scelgono di farlo, e in fretta. Questa soglia è impossibile da determinare con precisione, il che dovrebbe incoraggiare ancora di più la cautela in materia di politica fiscale. L’equilibrio è essenziale, l’uso della mannaia crea solo danni.

Un passo fondamentale verso una fiscalità moderna

Comunicato stampa – 13.07.2023

Il progetto di riforma fiscale presentato in data odierna dal Consiglio di Stato, costituisce un passo fondamentale per rendere più moderno e al passo con i tempi il sistema fiscale ticinese. Gli interventi previsti per la Legge tributaria sono urgenti e assolutamente necessari, correggono delle distorsioni che penalizzano molti contribuenti e il Canton Ticino nella concorrenza intercantonale. La riforma, compatibile con la manovra di rientro finanziario del cantone, ha il pregio di tenere conto dell’evoluzione del contesto fiscale internazionale e nazionale, concretizzando il mandato conferito al Governo dal Parlamento cantonale nel 2019. Si tratta di misure che rendono il Canton Ticino maggiormente attrattivo per chi vuole investire e risiedere nel nostro cantone, generando in tal modo entrate fiscali e posti di lavoro a beneficio di tutti. 

E’ noto che i redditi alti in Ticino hanno un’imposizione fiscale molto elevata, non concorrenziale con quella degli altri cantoni. Un intervento in questo ambito, come previsto dal progetto di riforma fiscale, è quindi assolutamente necessario e urgente, perché è riferito a contribuenti fondamentali per le entrate delle casse cantonali e quindi anche per il sistema di ridistribuzione. Questa necessità di intervento è ancora più urgente se consideriamo l’introduzione dell’imposta minima globale per le aziende, accettata in votazione popolare lo scorso 18 giugno. Questo nuovo sistema porta a un innegabile cambio di paradigma, con un maggiore accento sulla concorrenza fiscale delle persone fisiche legate alle aziende, in particolare i dirigenti con redditi elevati. Intervenire sull’imposizione dei redditi alti significa garantire la permanenza in Ticino di professionisti e imprenditori essenziali per il nostro sistema, nonché poterne attrarre di nuovi.

Per i lavoratori dipendenti importante è anche la possibilità di aumentare le deduzioni fiscali per spese professionali, prendendo spunto e migliorando quanto già oggi applicato a livello federale. Una misura che va a favorire anche e soprattutto il ceto medio.

Le agevolazioni previste per la successione e le donazioni sono pure misure importanti e rispondo alle nuove realtà della famiglia e della società. Fondamentale per l’economia risultano le agevolazioni a favore della successione aziendale. Attualmente le regole sono molto penalizzanti e accentuano la già notevole difficoltà della trasmissione di un’azienda, spesso impossibile perché troppo costosa. La riforma permette di alleviare questo problema, favorendo anche il passaggio di un’azienda ai dipendenti e quindi permettendo di salvaguardare la continuità e il know-how di cui le imprese dispongono e quindi di riflesso di tutelare il tessuto economico cantonale.

Infine, la riduzione dell’imposizione sui capitali previdenziali ritirati è importante perché permette di mantenere in Ticino persone altrimenti attratte da altri cantoni vicini con imposizioni più favorevoli. In questo modo, la misura si finanzia da sé, attraverso appunto i contribuenti che rimangono o arrivano nel nostro cantone.

La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino sostiene e invita a sostenere senza indugio la riforma proposta dal Consiglio di Stato.


MAGGIORI INFORMAZIONI: Cristina Maderni, Vicepresidente Cc-Ti, 079 620 49 83

Piano energetico e climatico cantonale

Lettera della Cc-Ti inviata al DT

Ci permettiamo inoltrare le nostre osservazioni alla consultazione sul Piano energetico e climatico cantonale (PECC) – strategia 2022.

Il termine per la presentazione di osservazioni scade il 30 aprile 2023, per cui questa presa di posizione è ampiamente tempestiva.

In ingresso rileviamo che purtroppo non siamo stati ufficialmente invitati alla consultazione, malgrado il nostro ruolo di associazione-mantello dell’economia ticinese. Speriamo che ciò sia frutto di una semplice svista, altrimenti non sarebbe giustificabile, dato che sono state esplicitamente invitate molte associazioni di varie categorie economiche.

Osservazioni introduttive

L’economia svizzera e ticinese sostiene in generale il principio di ridurre la nostra dipendenza da fonti energetiche estere e di staccarsi, laddove possibile, dalle energie fossili per andare verso un consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Restiamo però fermamente convinti che oggi nessuno possa permettersi a priori di rinunciare a una delle varie fonti energetiche a nostra disposizione, nemmeno del nucleare. È essenziale che si continui a lavorare su più fronti e ad avere un approccio multivettoriale, soprattutto in presenza di tante incognite legate allo sviluppo tecnologico, ai costi, ai tempi di realizzazione di vere (“mature”) alternative alle odierne fonti di approvvigionamento. Infatti, se da un lato è comprensibile auspicare lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, dall’altro lato sono ancora da chiarire tempi e costi per determinare quando tutto ciò (produzione, stoccaggio, trasporto, ecc.) permetterà di coprire il fabbisogno energetico del paese. Una condivisione degli obiettivi energetici e climatici odierni non significa che le novità verso le quali si vuole tendere siano applicabili senza adattamenti (anche complicati) nell’immediato.

1. Base costituzionale e tempistica del PECC

È opportuno ricordare, quando si affronta il tema dell’energia nel suo complesso, che la Costituzione federale del 18 aprile 1999, e più precisamente l’articolo 89 capoverso 1, prevede quanto segue:

“Nell’ambito delle loro competenze, la Confederazione e i Cantoni si adoperano per un approvvigionamento energetico sufficiente, diversificato, sicuro, economico ed ecologico, nonché per un consumo energetico parsimonioso e razionale”. Gli elementi citati, compreso quello economico e quello della diversificazione, sono tutti di pari livello, per cui una visione globale sul tema energetico impone di tenere conto di tutte le componenti, cercando di armonizzarle. Ignorarne anche uno solo di questi sarebbe anticostituzionale.

È evidente che l’autorità cantonale, vista la ripartizione delle competenze in tema di energia, non può prescindere da quanto deciso a livello federale. Per questo motivo, riteniamo poco opportuno procedere a una revisione del PECC mentre a livello federale si sta discutendo dell’adozione di un atto mantello (Mantelerlass) che prevede la revisione di numerose leggi e ordinanze in tema energetico. Atto federale che ha davanti a sé probabilmente un iter ancora abbastanza lungo prima di essere adottato e di cui il cantone dovrà comunque giocoforza tenere conto, per capire quali siano i margini di azione a livello cantonale.

Il rischio di elaborare un PECC che potrebbe già di fatto essere superato è molto concreto.

Quindi, da una parte condividiamo la necessità di avere un piano strategico cantonale che possa essere sempre adattato alle esigenze espresse dalla realtà economica e sociale, tenendo soprattutto conto dell’evoluzione tecnologica, che può risultare decisiva nella scelta degli strumenti idonei a soddisfare i fabbisogni energetici del cantone. Ma la tempistica non ci sembra appropriata.

2. Impostazione generale

Già si è detto della condivisione del principio di avere uno strumento con obiettivi definibili secondo le evoluzioni della realtà. Vi sono tuttavia alcune domande di ordine generale che è assolutamente necessario porsi, prima di sancire una direzione dalla quale poi potrebbe risultare difficile ritirarsi.

a. Obiettivi – La prima domanda concerne gli obiettivi che si perseguono: rendere il cantone energeticamente indipendente al 100% e neutrale dal punto di vista delle emissioni di CO2 è realistico, visto che nemmeno la Confederazione aspira a tanto? A nostro avviso, a causa delle molte implicazioni pratiche, si tratta di un traguardo troppo ambizioso, per motivi che verranno spiegati in seguito. In primis per la sicurezza dell’approvvigionamento, cardine essenziale della questione energetica. Forse sarebbe stato opportuno coinvolgere cerchie più ampie nell’elaborazione del progetto posto in consultazione, in particolare rappresentanti del settore privato, che avrebbero potuto completare l’importante lavoro svolto dagli esponenti del settore pubblico e para-pubblico (AET e AMB). L’impressione è che, al di là degli obiettivi assolutamente lodevoli, manchi un approccio pratico.

b. Strumenti – Nel PECC si fa ampio riferimento a incentivi sotto forma di sussidi di vario genere. Probabilmente in taluni casi può trattarsi di uno strumento idoneo, ma manca un’analisi più approfondita su altre possibilità di facilitare gli investimenti, ad esempio con deduzioni fiscali mirate. A nostro avviso è concettualmente errato concentrarsi solo sugli incentivi, che tra l’altro potrebbero anche necessitare, per attribuzione, controllo ed eventuali sanzioni, di un apparato burocratico non indifferente, facendo lievitare i costi. Rischio che potrebbe forse essere evitato con un approccio che preveda anche altre facilitazioni per gli investimenti, ad esempio intervenendo sulla leva fiscale, che dispone di un apparato già rodato e che potrebbe portare a una maggiore chiarezza su cosa, chi e come viene incentivato. Riteniamo che un’analisi di questo tipo sulle varie possibilità di strumenti da mettere in campo sia indispensabile.

c. Costi – Strettamente legato al punto precedente è quello dei costi delle molte misure previste. Nel PECC mancano totalmente calcoli concreti sui costi che andrebbero affrontati per raggiungere gli obiettivi di indipendenza e neutralità. È evidente che in una certa misura si conta sull’evoluzione tecnologica ma l’impatto sul terreno e in particolare sui costi non è certo e speculare sul fatto che vi sarà una riduzione dei prezzi e una maggiore diffusione, ad esempio, delle batterie per accumulare l’energia è esercizio a nostro avviso troppo rischioso. È evidente che questo rende difficile fare calcoli precisi, però è necessario avere almeno delle stime attendibili, ma a maggior ragione si impone una certa prudenza e comunque non si può prescindere da stime almeno credibili dell’impatto finanziario dei principi perseguiti dal PECC. Ad esempio, si menziona la necessità di sopprimere l’olio combustibile quale vettore di riscaldamento per gli immobili, che vanno tutti convertiti. Data l’ampiezza del parco immobiliare ticinese che fa ancora capo a questa forma di energia, risulta difficile credere che si tratti di un’operazione possibile nei tempi previsti e sostenibile finanziariamente. Il fatto che oltretutto non vi siano indicazioni su chi dovrà concretamente sopportare i costi induce a rifiutare quanto proposto nel PECC, nell’attesa di indirizzi più precisi. Tanto più che il summenzionato dettame costituzionale richiede anche l’economicità degli interventi, elemento allo stato attuale impossibile da determinare.

d. Procedure – La volontà di alleggerire e sveltire le procedure pianificatorie è senza dubbio un elemento da ritenere, perché facilitano gli investimenti, anche per le energie rinnovabili, e permettono una reattività migliore quando si tratta di adattarsi alle evoluzioni sempre più rapide del contesto economico e sociale e, ovviamente, energetico.

3. Obiettivi strategici e scenari 2050 in particolare

Già si è detto al punto precedente che vi sono dubbi sul raggiungimento degli obiettivi che si pone il cantone. Indipendenza al 100% e decarbonizzazione, per quanto lodevoli, non tengono conto in maniera sufficiente della sicurezza dell’approvvigionamento e a quali costi, quindi anche del criterio dell’economicità.

Inevitabilmente occorre fare riferimento alla Strategia Energetica 2050 (SE 2050) prevista dalla Confederazione, che ha già dimostrato i suoi limiti (senza dimenticare le incertezze legate agli esiti della prossima votazione federale del 18 giugno 2023 sulla Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica). Malgrado la SE 2050 sia oggetto di discussioni per la sua manifesta inadeguatezza, il PECC afferma di voler essere ancora più ambizioso e incisivo. Rileviamo che basarsi di fatto solo su due unici pilastri, idroelettrico e fotovoltaico, non ossequia al dettame costituzionale di avere un approvvigionamento diversificato, per cui la produzione di elettricità proveniente da legna e gas va inclusa nelle valutazioni.

Del resto, pur condividendo il fatto che si faccia riferimento a effetto e misure globali, va tenuto conto che il Ticino può influenzare relativamente poco nel panorama mondiale. Variazioni di temperatura di uno o due gradi sono decisi risp. influenzati da colossi come Cina, India, Brasile, USA, ecc., il cui obiettivo non è la decarbonizzazione, almeno non come priorità assoluta. Il Ticino in questo contesto può ben poco. Ciò non significa che non bisogna fare nulla, anzi. Ma gli obiettivi vanno commisurati a quanto noi possiamo effettivamente fare. Combattere da soli l’aumento stimato di 1,5 gradi della temperatura è illusorio, cercare di aumentare l’indipendenza energetica è più realistico, ma va comunque sempre tenuto conto dell’impatto economico e sociale delle misure ipotizzate in termini di costi.

Che la SE 2050 abbia i suoi limiti è ormai noto. Il prezzo dell’elettricità è esploso nel 2022 e le misure urgenti previste per ovviare alle difficoltà (riserva energetica, Birr, Monthey, Cornau…) portano poca energia supplementare e sono costate 850 milioni di franchi e a tal proposito Swissgrid ha già annunciato degli aumenti tariffali per il 2024. Malgrado il fondo KEV/RIC dal 2009 a oggi abbia raccolto circa 15 miliardi di franchi (attualmente circa 1,4 miliardi all’anno), il fotovoltaico produce solo circa 2,8 TWh (anno 2021), quindi pensando ai sussidi erogati, la resa è assai limitata. Se si considera che con questi mezzi finanziari avrebbero potuto essere costruite 2 nuove centrali nucleari, producendo 10 volte di più energia, 24 ore su 24, non solo quando splende il sole e a un prezzo inferiore, si impongono riflessioni ad ampio raggio che non si concentrino solo su una gamma limitata di fonti energetiche.

L’approvvigionamento invernale, che è quello sostanzialmente problematico visto che siamo obbligati a importare energia, viene a nostro avviso frettolosamente liquidato, con un generico riferimento anche a nuove possibilità di stoccaggio. Dallo Stato le cittadine e i cittadini si aspettano condizioni-quadro affidabili come pure un piano di implementazione chiaro. Limitarsi a dire, come figura a pagina 69 del PECC posto in consultazione, “La sfida è di riuscire a ridurre la dipendenza dall’estero tramite trasferimento di parte dell’esubero di produzione estiva nei mesi invernali” corrisponde sostanzialmente a vendere un’illusione. Tanto più che si afferma pure, sempre a pagina 69, che “Malgrado l’importante aumento di potenza fotovoltaica installata, rimarrebbe un deficit invernale di circa 700 GWh, mentre nei mesi estivi vi sarebbe da gestire, con i relativi problemi sulla stabilità della rete, un esubero di 1’100 GWh”. In parole povere, significherebbe che più dei 2/3 della “nuova” produzione sarebbe gettata alle ortiche!?

In conclusione, resta senza risposta il quesito di come si possa immagazzinare il surplus di energia prodotta nei mesi “favorevoli”. Considerato l’attuale stato della tecnica e dei prodotti disponibili sui mercati risp. di progetti come il Sambuco, significherebbe che occorrerebbero 14 altri progetti come il Sambuco. In sostanza, i 100 a 200 milioni di franchi necessari per aumentare la produzione di 50 GWh, diventerebbero una cifra mostruosa variante da 1,4 a 3 miliardi di franchi per coprire il deficit invernale di 700 GWh. Figuriamoci se volessimo immagazzinare la stessa quantità di energia con batterie attualmente reperibili sul mercato: in effetti 700GWh corrispondono a 700‘000‘000 kWh e per immagazzinarli in batterie TESLA (capacità 15 kWh a 10’000 franchi al pezzo) avremmo bisogno di 45 milioni di batterie per un costo totale di oltre 400 miliardi di franchi e per una durata di vita delle batterie di soli 15 a 20 anni.

Ovviamente sproporzionato e irrealizzabile. Immagazzinare l’esubero di energia estiva per poi utilizzarlo nella stagione fredda è certamente corretto dal punto di vista teorico, ma, all’atto pratico, trovare 14 progetti equivalenti a quanto previsto per il Sambuco o, peggio, illudersi di installare milioni di batterie, rappresenta un esercizio velleitario che non si sposa con la realtà dei fatti.

Tra l’altro, se veramente si vorrà procedere con lo spegnimento del nucleare senza condizioni, nel 2035 il fabbisogno invernale salirà ulteriormente.

Il problema dello stoccaggio non è quindi ancora risolto e occorrono maggiori analisi e la verifica di alternative credibili, anche per i forti dubbi sulla sostenibilità dei costi.

4. Alternative?

Abbiamo già sottolineato la necessità di non precludersi determinate fonti energetiche. Per questo vanno sostenute svariate alternative: fotovoltaico, idroelettrico (incluso la mini-hydro), eolico, biogas, geotermia, nuovo nucleare, ecc., tutto ciò al fine di garantire una sicurezza di approvvigionamento economica 24/24h e non solo quando splende il sole o soffia il vento.

Il PECC fa riferimento per il 2035 al Power to X da energie rinnovabili e quando d‘inverno saremo al massimo delle importazioni. Si tratta di una visione poco coerente. Garantire il “pieno” delle auto elettriche e far funzionare le pompe di calore grazie a energia elettrica importata ci pare molto azzardato.

Infine, se già vi sono problemi di approvvigionamento in inverno e vista la bassa resa/efficienza, la produzione di idrogeno con l’idroelettrico andrebbe evitata, visto che poi essa richiede il triplo di energia rispetto alla resa

5. Obblighi non commisurati alla realtà

Da pagina 73 del PECC vengono elencati molti degli obblighi che dovrebbero permettere una transizione energetica. Nutriamo qualche dubbio sulla fattibilità, visto che spesso si fa riferimento anche a tecnologie e prodotti non ancora „maturi “. Per quanto riguarda gli edifici, le reti di teleriscaldamento sono certamente una via corretta, ma abolendo il gasolio, come nelle intenzioni, quale sarebbe il destino delle zone periferiche senza teleriscaldamento? Non verrebbero riscaldate?

6. Conclusioni

Visto quanto precede, chiediamo che il PECC sia riesaminato completamente, rivedendone gli obiettivi sulla base delle tecnologie disponibili oggi e non basandosi su supposizioni e speranze. Aggiornamenti e correzioni degli obiettivi possono essere effettuati di pari passo con l’evoluzione tecnologica. Considerata l’importanza del tema, una valutazione dell’impatto finanziario degli obiettivi perseguiti è assolutamente necessario. Un allineamento con il Mantelerlass della Confederazione è indispensabile sia per gli obiettivi, che per le vie per raggiungerli. Nel nostro ruolo di associazione-mantello dell’economia ticinese riteniamo che sarebbe opportuno muoversi con maggiore realismo, prevedendo anche un piano alternativo, qualora le ipotesi illustrate, anche per i motivi suddetti, non potessero essere realizzate.

Ringraziandovi per l’attenzione dedicata al nostro scritto, l’occasione ci è gradita per porgervi i nostri più distinti saluti.

Andrea Gehri, Presidente Cc-Ti

Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

Le télétravail des frontaliers pourra se poursuivre jusqu’à deux jours par semaine

Le 30 juin 2023, les autorités françaises ont signé l’accord-cadre multilatéral permettant le maintien de la législation sociale de l’État d’emploi des travailleurs frontaliers qui télétravaillent moins de 50 pour cent de leur temps de travail dans leur État de résidence (Accord social : signature de l’accord-cadre multilatéral sur la (…) – La France en Suisse et au Liechtenstein (ambafrance.org)).

Ainsi, à partir de cette date, les frontaliers français dont l’employeur est en Suisse sont autorisés à télétravailler jusqu’à 49,9 pour cent de leur temps de travail sans que leur assujettissement à la sécurité sociale ne subisse de modification.

Il importe de mettre cet accord-cadre en perspective avec la solution en matière fiscale récemment confirmée entre la Suisse et la France (La Suisse et la France signent un avenant à la convention bilatérale contre les doubles impositions (admin.ch). Pour rappel, depuis le 1er janvier 2023, les travailleurs frontaliers français ne peuvent télétravailler qu’à concurrence de 40 pour cent de leur taux d’activité pour éviter toute incidence fiscale.

Les associations économiques romandes, dont la CCIG, conseillent à leurs membres de n’autoriser le télétravail que jusqu’à concurrence de deux jours par semaine pour leurs collaborateurs frontaliers venant de France. En effet, à partir de ce seuil, des conséquences pénales pourraient s’appliquer.


CCIG –  04/07/2023
Chambre de commerce, d’industrie et des services de Genève
4, boulevard du Théâtre,  1204 Genève


Lo Swiss Medtech Award 2023 va ad Abionic

Un test rapido diagnostico che può salvare la vita a milioni di persone.

Nel corso dello Swiss Medtech Day – tenutosi il 13.6.2023 –, il principale evento dell’industria della tecnologia medica svizzera con circa 800 partecipanti, l’azienda di Losanna Abionic, fondata nel 2010, è stata insignita dello Swiss Medtech Award del valore di CHF 75’000. Abionic si è specializzata nella produzione di test rapidi diagnostici, che possono essere utilizzati per analisi decentrate (point-of-care testing). Secondo l’opinione della giuria, la tecnologia ha il potenziale di rivoluzionare la diagnostica in vitro.

Allo Swiss Medtech Day di quest’anno hanno partecipato circa 800 rappresentanti dell’industria della tecnologia medica svizzera. Peter Biedermann, direttore di Swiss Medtech, è molto soddisfatto di queste cifre da record. «Lo Swiss Medtech Day è la principale piattaforma di interconnessione del settore medtech ed è il palcoscenico perfetto per il conferimento dello Swiss Medtech Award. Quale pubblico potrebbe apprezzare meglio il contributo del team di vincitori? Tutti nella sala sanno quante conoscenze e quanto lavoro ci siano dietro a un’innovazione medtech».

Lo Swiss Medtech Award del valore di CHF 75’000 va quest’anno all’impresa di diagnostica point-of-care Abionic. Fondata nel 2010 dal Dr. Nicolas Durand e dal Dr. Iwan Märki come spin-off del Politecnico federale di Losanna (EPFL), l’azienda è stata premiata per la sua piattaforma diagnostica di test rapidi (abioSCOPE). L’aspetto rivoluzionario della tecnologia basata sulla nanotecnologia: in soli cinque minuti è possibile analizzare un campione di sangue, saliva o urina misurando oltre una dozzina di biomarcatori ed eventualmente, sulla base dei risultati del test, prendere una decisione clinica. L’apparecchio maneggevole e pratico viene utilizzato nel luogo di erogazione del servizio, presso il letto del paziente, in farmacia, nel luogo dell’incidente o in ambulanza. «Il tempo risparmiato può salvare vite umane. In caso di sepsi ogni ora è importante», spiega Andi Vonlanthen di Sonova, rappresentante della giuria. La sepsi, in gergo comune avvelenamento del sangue, è una delle cause di decesso più diffuse al mondo. È una risposta errata del corpo a un’infezione, nel corso della quale il sistema immunitario non danneggia solo gli agenti patogeni, ma anche i propri organi. Una diagnosi rapida e sicura è fondamentale, poiché ogni ora che passa prima che vengano somministrati gli antibiotici aumenta il rischio di morte dell’otto percento. Con il test rapido di Abionic nel campione di sangue viene analizzata la proteina del calcolo pancreatico, un biomarcatore prodotto dal pancreas come reazione di una sepsi.

«Abionic sorprende anche dal punto di vista imprenditoriale. In soli dieci anni i fondatori sono riusciti a espandere la propria azienda con i test rapidi per l’assistenza sanitaria primaria e acuta. Il loro team è riuscito a riunire in modo impressionante talenti provenienti da un’ampia gamma di settori scientifici e tecnici, oltre che da questioni cliniche, normative e commerciali», spiega Andi Vonlanthen. Il Dr. Nicolas Durand, CEO di Abionic, ritira lo Swiss Medtech Award con grande entusiasmo a nome del suo team. Dalla fondazione dell’impresa sono cambiate molte cose, ma l’ambizione è rimasta immutata. «Ci siamo dati il compito di rivoluzionare la diagnostica in vitro, di migliorare sensibilmente con i nostri test rapidi l’assistenza ai pazienti e di salvare vite umane. Lo Swiss Medtech Award è l’ulteriore conferma che siamo sulla strada giusta», spiega il vincitore. 

Tra i vari candidati per lo Swiss Medtech Award 2023 era presente anche Genny Factory SA di Sant’Antonino, un’azienda facente parte del gruppo Wullschleger e associata a SwissMedtech Ticino. Il Direttore dell’azienda, Signor Paolo Badano, è uno dei membri del Comitato di Swiss MedTech Ticino.
Per ulteriori informazioni, invitiamo a visitare i siti web https://swiss-medtech.ch/it/swiss-medtech-ticino e www.gennymobility.com.

Sullo Swiss Medtech Award e lo Swiss Medtech Day

Nel 2018 Swiss Medtech ha creato lo Swiss Medtech Award. Il premio di 75’000 franchi – sponsorizzato dalla Fondazione Lichtsteiner, dal Gruppo Sonova, dal Gruppo Straumann e da Ypsomed – è un riconoscimento delle prestazioni eccellenti dell’industria della tecnologia medica svizzera. Presieduta dal prof. Mirko Meboldt, ETH, Politecnico federale di Zurigo, la giuria esprime una valutazione sulla base dei seguenti criteri: «benefici per i pazienti», «contributo al miglioramento dell’assistenza sanitaria» e «spirito pionieristico tecnologico». Il team di vincitori sarà reso noto durante lo Swiss Medtech Day. I partner del grande evento sono Innosuisse, l’Agenzia svizzera per la promozione dell’innovazione, e konplan systemhaus ag. Gli sponsor principali dello Swiss Medtech Day sono be-advanced SADeloitteHelbling Technik e Zühlke