Apertura tecnologica

di Marco Doninelli, Responsabile mobilità Cc-Ti

2035: l’anno della definitiva svolta energetica in ambito del trasporto privato. Anche l’ultima istanza politica europea, che doveva decidere sulla messa al bando dei carburanti di origine fossile e di conseguenza puntare tutto sulla mobilità elettrica, si è espressa a favore di questa drastica misura. C’è però stata una svolta che ha cambiato le carte in tavola. Dietro pressione della Germania, gli europarlamentari hanno inserito tra i vettori energetici per le autovetture anche la possibilità di vendere, dopo il 2035, veicoli con motore a combustione interna se alimentati con carburanti sintetici o e-carburanti. Questa decisione è molto positiva per tutti. Da un lato sarebbe stato piuttosto pericoloso affidarsi ad un unico vettore energetico, l’elettricità, per mettere in movimento l’intero parco circolante europeo. Dall’altra, se si vuole veramente risolvere il problema delle
emissioni di CO2, bisogna lasciare il campo aperto a tutte le tecnologie.
Solo così il mondo scientifico e lo sviluppo tecnologico possono valutare ogni via percorribile e proporre le soluzioni migliori. Chiudendo invece a priori lo sviluppo degli e-carburanti, gli investimenti nella ricerca e sviluppo di questa innovativa tecnologia sarebbero sati cancellati o per lo meno spostati al difuori dell’Europa dove le altre nazioni non hanno posto vincoli ai vettori energetici per il settore dei trasporti. Altre fonti energetiche invece, non sono state perse in considerazione.
Per esempio, i bio-carburanti, come chiesto a gran voce dall’Italia che in quest’ultima tecnologia ha investito moltissimo negli scorsi anni. La decisione presa dai parlamentari europei, una volta tanto, ha una ragione d’essere. Vediamo perché.

Gli e-carburanti

Questi carburanti, definiti carburanti sintetici, e-carburanti o carburanti elettrici, sono dei prodotti che non si trovano in natura, ma si ottengono grazie alla sintesi di idrogeno o, in rari casi, anche di bio-carburanti e CO2. Per questo processo di sintesi, ma anche per la produzione di idrogeno verde, serve molta energia elettrica. Da qui il nome di e-carburanti. Alla base c’è dunque l’idrogeno, un elemento molto abbondante sulla Terra, ma solo in combinazione con altri elementi come, ad esempio, l’ossigeno formando in pratica l’acqua. Per ottenere l’idrogeno occorre quindi scomporre i due elementi, ossigeno e idrogeno, grazie all’elettrolisi. Questo processo può funzionare soltanto utilizzando grandi quantità di elettricità, motivo per il quale quest’ultima, se si vuole ottenere un processo realmente sostenibile da punto di vista ambientale, deve essere prodotta da fonti rinnovabili come fotovoltaico, eolico o idroelettrico. Oltre all’idrogeno serve la CO2. Quest’ultima, per far sì che il processo sia neutro dal punto di vista delle emissioni, deve essere prelevata dall’aria ambiente.
Combinando poi i due elementi, idrogeno e CO2, si ottiene un carburante che può essere utilizzato in un motore a combustione interna come quelli che oggi utilizziamo su gran parte delle vetture circolanti. Ecco, quindi, un altro vantaggio: la tecnologia e le vetture già oggi in circolazione non sarebbero da buttare, ma, anzi, diventerebbero anche queste a emissioni a zero di CO2. A dire il vero, questo tipo di automobili emetterebbe comunque della CO2, la differenza rispetto alle emissioni attuali è che in questo caso si tratterebbe della stessa quantità di anidride carbonica prelevata dall’aria ambiente utile per la reazione chimica necessaria.
Una domanda però sorge spontanea: per quale motivo si dovrebbe utilizzare la corrente elettrica per produrre un carburante sintetico da bruciare in un motore a combustione interna? Non converrebbe utilizzare direttamente la corrente elettrica per alimentare una vettura a batteria? Uno dei problemi dell’elettricità
è il suo immagazzinamento. Sappiamo che quest’ultimo non è semplice e, con la tecnologia attuale, l’unica possibilità è accumularla all’interno di una batteria. Per quantità relativamente ridotte questo è fattibile senza problemi, mentre per grandi quantità ad oggi non esiste una soluzione. Un altro problema dell’energia elettrica è il suo “trasporto” su lunghe distanze. Oggi per portare l’energia elettrica da un punto di produzione al punto di utilizzo si fa capo alla rete di distribuzione ad alta tensione. Questo è fattibile su distanze di qualche migliaio di chilometri, ma non oltre. È impossibile immaginare di produrre energia elettrica in America del Sud grazie all’eolico per poi utilizzarla in Europa quale vettore energetico per il trasporto privato. È invece possibile produrre e-carburanti in Argentina, dove oggi esiste un impianto pilota gestito da Porsche, e in seguito, come avviene già con la benzina e il diesel, trasportarlo in tutta sicurezza in Europa per essere poi venduto presso la rete di stazioni di rifornimento già esistenti.

E i bio-carburanti

I bio-carburanti sono prodotti a partire da bio-masse o da vegetali coltivati a questo scopo. Anche in questo caso si possono ritenere dei carburanti con bilancio di emissioni di CO2 neutro. Infatti, la CO2 che viene emessa quando il bio-carburante brucia all’interno del motore è la stessa che le piante coltivate per la sua produzione hanno assorbito dall’aria durante la loro fase di crescita. Allora perché non sono stati presi in considerazione al pari degli e-carburanti?
Uno dei principali problemi è proprio la necessità di coltivare molti terreni a questo scopo sottraendoli alla produzione di vegetali a scopo alimentare.
La decisione dell’Unione Europea va quindi nella giusta direzione offrendo la possibilità di una migliore gestione dell’energia che è possibile produrre da fonti rinnovabili consentendo un immagazzinamento più semplice e una distribuzione più capillare, indipendentemente dal luogo di produzione. Pensando poi anche al difuori del mondo delle automobili, come ad esempio il trasporto aereo o marittimo, la disponibilità di carburanti liquidi o gassosi di facile immagazzinaggio renderanno più ecologici anche gli spostamenti a lungo raggio.