Identificare i rischi nella catena del valore

Crescono le pressioni sulle aziende da parte di clienti, investitori, governi e altri gruppi di interesse affinché adottino pratiche più trasparenti e in linea con gli standard internazionali di sostenibilità. Per aiutare le imprese che importano, esportano o hanno impianti di produzione all’estero a valutare i rischi sociali, ambientali e di governance nella catena del valore, la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) mette ora a disposizione lo strumento CSR Risk Check.

I rischi della catena di fornitura possono riguardare un’ampia gamma di questioni, come i diritti umani, l’ambiente o, ancora, la corruzione. È quindi importante che le aziende attuino procedure di due diligence che le aiutino ad evitare il più possibile un impatto negativo delle loro attività sulla società e sull’ambiente. Tuttavia, spesso le piccole e medie imprese (PMI) non dispongono delle risorse finanziarie e umane per effettuare un’analisi approfondita dei rischi o per assumere specialisti nella gestione degli stessi. Nell’ambito di un progetto pilota, la SECO mette quindi a loro disposizione uno strumento digitale che, con pochi clic, consente loro di individuare a quali rischi sono esposte le loro attività commerciali internazionali e come gestirli al meglio.

Lo strumento si chiama CSR Risk Check, è stato sviluppato dall’organizzazione MVO Nederland ed è finanziato dal Ministero degli Affari Esteri olandese. La versione in lingua tedesca è stata realizzata in collaborazione con UPJ e con il Business and Human Rights Helpdesk dell’Agenzia tedesca per l’economia e lo sviluppo (AWE) ed è finanziata dal Ministero federale tedesco per la cooperazione economica e lo sviluppo (BMZ) e dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO). Poiché per la SECO si tratta di un progetto pilota, lo strumento è attualmente fruibile solo in inglese e tedesco.

Il CSR Risk Check fornisce in forma anonima e gratuita un elenco immediato di potenziali problemi sotto forma di valutazione del rischio per 250 Paesi e 400 prodotti, suggerisce possibili soluzioni per ridurre al minimo i rischi e fornisce ulteriori fonti di informazione. Esso serve altresì per implementare le Linee guida dell’OCSE per le imprese multinazionali, recentemente aggiornate, e i Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani.

L’accesso al Sud−Est asiatico passa da Singapore

L’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN), terza economia d’Asia e quinta a livello mondiale, è costituita da dieci Nazioni sempre più integrate nelle catene del valore globali, anche grazie ad una rete significativa di accordi di libero scambio, tra cui il Partenariato economico globale regionale (RCEP), che istituisce la zona di libero scambio più estesa al mondo e genera circa il 30% del PIL globale.

Questa regione, caratterizzata da una rapida crescita, è ricca di potenziale, ma presenta anche notevoli disparità di sviluppo e reddito, una varietà di culture, lingue e religioni, e un dedalo normativo in cui è difficile orientarsi. In un’area estremamente eterogenea e con significative barriere all’entrata, Singapore emerge come porta d’ingresso privilegiata. Le opportunità offerte dalla regione e il ruolo faro di Singapore sono stati al centro di un business breakfast organizzato dal Gruppo Fidinam in collaborazione con la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti) e la Città di Lugano.

L’evento, moderato da Alex Chung, Delegato alle relazioni con l’Asia per conto della Città di Lugano, ha preso l’avvio con i saluti di benvenuto di Roberto Grassi, CEO del Gruppo Fidinam, che ha evidenziato come, nonostante uno scenario attuale caratterizzato da instabilità geopolitica, rischi di deglobalizzazione e frammentazione nonché da tendenze di nearshoring o reshoring, non si possa non considerare i mercati in crescita dell’ASEAN e il ruolo svolto da Singapore nella regione.

Anche la Svizzera, conferma Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale alla Cc-Ti, guarda con crescente interesse al Sud-Est asiatico: oltre ad una strategia regionale specifica elaborata dal Consiglio federale per gli anni 2023-2026, la Confederazione ha in essere accordi di libero scambio con Singapore, Filippine e Indonesia e negoziati in corso con Malaysia, Vietnam e Thailandia. Gli scambi commerciali con i Paesi dell’ASEAN sono aumentati negli anni, ma restano ancora modesti (3,3% del commercio estero svizzero). Nella regione, è Singapore a fare la differenza: è la quarta destinazione dell’export svizzero in Asia dopo Cina, Giappone e Hong Kong ed è il terzo mercato di approvvigionamento dopo Cina e Giappone. La città-Stato è anche la principale destinazione degli investimenti svizzeri, che dal 2010 al 2022 sono praticamente quadruplicati, raggiungendo quota 69,5 miliardi di franchi (su un totale di 81 miliardi di franchi nella regione).

Il CEO di Fidinam Asia Pacific, Alessandro Pedrinoni, ha poi fornito una panoramica della regione: su una popolazione di oltre 680 milioni di persone, il 51% vive in aree urbane, il 32% è sotto i 20 anni ed entro il 2030 il 70% farà parte della classe media. Le principali economie sono Indonesia, Thailandia, Singapore, Vietnam, Malaysia e Filippine: cumulativamente generano il 96% del PIL regionale, un PIL cresciuto in media del 4,2% negli ultimi dieci anni, con una proiezione di crescita media del 4% fino al 2040. I trend di crescita si concentrano nel settore manifatturiero, nel turismo e nell’economia digitale, ma la regione è anche confrontata con la risoluzione di problemi significativi, come ridurre la povertà, sviluppare le infrastrutture e rendere accessibili le tecnologie digitali. Pedrinoni si è poi chinato sulle singole economie. In Indonesia, la quarta Nazione più popolosa al mondo, crescono i settori minerario, infrastruttura, sanità, turismo e le batterie per i veicoli elettrici; nel 2023 gli investimenti esteri sono confluiti nei settori metalli, telecomunicazioni, farmaceutica, legno e carta. In Vietnam nel 2023 la popolazione ha raggiunto quota 100 milioni e il PIL è cresciuto del 5,03%; gli investimenti, diminuiti nel triennio 2020-2022, hanno ripreso in modo significativo nel 2023, soprattutto a beneficio dell’industria manifatturiera e della lavorazione (63%). Nel 2023 le Filippine hanno registrato il maggior tasso di crescita del PIL nella regione (5,6%), con trend di crescita osservati nell’inclusione finanziaria, nell’implementazione di soluzioni tecnologiche nei processi industriali e nella green energy. Il settore manifatturiero pesa per il 20% del PIL, ma lo sviluppo di catene di fornitura locali e il raggiungimento di una certa autonomia produttiva rappresentano ancora una sfida. La Thailandia ha un settore automobilistico significativo, il primo per dimensioni nella regione e il decimo a livello mondiale, con investimenti importanti annunciati nel settore delle auto elettriche. Nel 2023 la Malaysia ha visto la domanda internazionale di elettronica, olio di palma e prodotti petroliferi rallentare e il suo PIL crescere meno del previsto (3,7%).

Marta Giordano, Managing Director di Fidinam Singapore, ha poi evidenziato come la posizione strategica al centro di importanti rotte commerciali e marittime rendano la città-Stato la porta d’ingresso ideale dell’ASEAN. Terza economia nella regione, Singapore è di fatto un hub commerciale, finanziario e logistico ed è rinomata per la facilità nel fare impresa: tra le caratteristiche principali figurano procedure snelle e facilmente accessibili online, un sistema fiscale efficiente, un’ampia rete di accordi sulla doppia imposizione, incentivi agli investimenti, agevolazioni ed esenzioni fiscali nonché sovvenzioni per una vasta gamma di industrie e, non meno importante, la tutela degli investitori. Giordano ha poi illustrato nel dettaglio le opzioni per una presenza in loco (dalla società a responsabilità limitata alla filiale, all’ufficio di rappresentanza), il quadro fiscale, la politica d’immigrazione e i costi di assunzione.

In chiusura, la testimonianza di Christina Jensen e Pamela Annoni, co-fondatrici di Elixi International SA, azienda specializzata della consegna rapida di farmaci salvavita che ha scelto Singapore come base per le attività estero su estero.

Diritti umani e ambiente: obblighi di diligenza, trasparenza e rendicontazione

Il 1° gennaio 2024 sono entrati in vigore in Svizzera gli obblighi di diligenza e trasparenza in relazione a minerali e metalli originari di zone di conflitto e al lavoro minorile, nonché gli obblighi di rendicontazione non finanziaria. Il 15 marzo 2024, il Consiglio dell’Unione europea ha approvato la direttiva sulla due diligence delle imprese ai fini della sostenibilità (CS3D), che interesserà sia le aziende dell’UE sia le aziende extra-UE con un fatturato significativo nell’Unione europea. In un quadro legislativo sempre più complicato, le imprese devono disporre degli strumenti necessari per soddisfare i requisiti di legge e condurre una due diligence mirata.

Le regolamentazioni svizzere

Dopo la bocciatura nel 2020 dell’iniziativa popolare “Per imprese responsabili – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente” (Iniziativa per imprese responsabili), il 1° gennaio 2024 è entrato in vigore il controprogetto indiretto del Consiglio federale svizzero che modifica il Codice delle obbligazioni e prevede obblighi di rendicontazione non finanziaria nonché di diligenza e trasparenza in materia di lavoro minorile e di minerali e metalli provenienti da zone di conflitto.

Obblighi di rendicontazione non finanziaria

Ai sensi dell’Ordinanza concernente la relazione sulle questioni climatiche, a partire dall’anno fiscale 2023, le società pubbliche, le banche e le assicurazioni con almeno 500 dipendenti e una somma di bilancio di almeno 20 milioni di franchi o una cifra d’affari di oltre 40 milioni di franchi sono obbligate a presentare una rendicontazione non finanziaria e a rendere pubblici ragguagli sulle questioni ambientali, gli aspetti sociali e inerenti al personale, il rispetto dei diritti umani e la lotta alla corruzione, ivi compresi i rischi connessi e le misure adottate per farvi fronte (cfr. articoli 964a-964c del Codice delle obbligazioni).

Le società che soddisfano questi requisiti, ma che sono controllate da una società che rientra nel campo di applicazione sopra menzionato o che devono redigere una relazione equivalente in base alla legislazione estera sono esenti dagli obblighi di rendicontazione non finanziaria.

Due diligence e trasparenza in relazione a metalli e minerali originari di zone di conflitto e al lavoro minorile

Le aziende esposte a rischi connessi con il lavoro minorile o con metalli e i minerali provenienti da zone di conflitto devono soddisfare specifici requisiti di due diligence e di rendicontazione se vengono superate le soglie per l’importazione e la lavorazione di minerali e metalli provenienti da tale aree stabilite nell’Allegato I dell’Ordinanza sugli obblighi di diligenza e trasparenza in relazione a minerali e metalli originari di zone di conflitto e al lavoro minorile (ODiT) (vedi articoli 964k-964l del Codice delle obbligazioni).

La categoria dei minerali comprende minerali, oro e concentrati contenenti stagno, tantalio o tungsteno. I metalli sono quelli contenenti o costituiti da stagno, tantalio, tungsteno o oro, anche sotto forma di sottoprodotti.

Gli obblighi di diligenza comprendono la definizione di una strategia relativa alla catena di approvvigionamento e di un sistema di tracciabilità della catena di approvvigionamento e la loro implementazione.

La Due Diligence Guidance for Responsible Supply Chains of Minerals from Conflict-Affected and High-Risk Areas dell’OCSE e il Regolamento (UE) 2017/821 fungono da riferimento.

Il Consiglio federale sta analizzando le possibili implicazioni sulle aziende svizzere della Direttiva europea sulla due diligence delle imprese ai fini della sostenibilità (CS3D) e deciderà i prossimi passi non appena la versione finale di tale direttiva saranno disponibili e saranno noti i meccanismi con cui gli Stati membri dell’UE la implementeranno.

La CS3D europea

Dopo due tentativi falliti di ottenerne l’approvazione, il 15 marzo 2024 il Consiglio dell’UE ha adottato una versione alquanto annacquata della Direttiva europea sulla due diligence delle imprese ai fini della sostenibilità (CS3D), che richiede alle imprese con sede nell’UE e alle imprese extra-UE con attività nel mercato comunitario di gestire con attenzione gli impatti sociali e ambientali lungo l’intera catena di approvvigionamento. La prossima tappa sarà l’approvazione da parte del Parlamento europeo di questo “testo di compromesso” (verosimilmente nel corso del mese di aprile 20024). Se approvata, la direttiva CS3D si applicherà alle aziende con almeno 1’000 dipendenti e un fatturato superiore a 450 milioni di euro, anziché 500 dipendenti e un fatturato di almeno 150 milioni di euro, come proposto in precedenza dalla Commissione. Sono state eliminate le soglie più basse per le imprese ad alto impatto, come quelle attive nella produzione tessile, la produzione alimentare, l’estrazione di minerali e l’edilizia.

Le legislazioni di alcuni Stati membri, come la Germania (Legge sulla due diligence della catena di approvvigionamento o “Lieferkettengesetz”), la Francia (Legge sull’obbligo di diligenza o “Loi sur le devoir de vigilance”) o ancora i Paesi Bassi (Legge sulla due diligence per il lavoro minorile o “Wet Zorgplicht Kinderarbeid”, e il progetto di legge sulla catena di fornitura), dovranno essere adattate a CS3D.

Le imprese dovranno essere molto più attente quando si tratta di fornitori.

Ciò che è certo è nei prossimi anni il panorama legislativo relativo a questi argomenti sarà sempre più complesso e avrà un impatto significativo su molte aziende, che saranno quindi chiamate a dotarsi degli strumenti necessari per soddisfare i requisiti di legge e condurre una due diligence mirata.


La Lugano Commodity Trading Association ne parlerà in dettaglio il 17 aprile prossimo in un workshop organizzato in stretta collaborazione con Intertek e focusright e aperto anche ai soci Cc-Ti (per l’accesso privilegiato contattare Monica Zurfluh, responsabile Commercio internazionale Cc-Ti): April 17, 2024 – How to meet EU & Swiss Human Rights & Environmental Legislation Requirements – LCTA

Fonte: articolo Human rights and environment: due diligence, transparency and reporting obligations – LCTA pubblicato dalla Lugano Commodity Trading Association (LCTA) il 14 marzo e aggiornato il 19 marzo.

Sanzioni contro la Russia: aggiornamento

Prova dell’origine non russa dei fattori produttivi siderurgici o dei diamanti lavorati provenienti da Paesi terzi da dichiarare nella dichiarazione doganale di importazione e-dec, aggiornamento delle FAQ e adozione del 13° pacchetto: queste, in breve, le ultime novità in merito alle sanzioni contro la Russia.

Dal 1° marzo 2024, in conformità con gli articoli 14a par. 4bis e 14e par. 8 dell’Ordinanza del 4 marzo 2022 che istituisce provvedimenti in relazione alla situazione in Ucraina, la prova dell’origine non russa dei fattori produttivi siderurgici rispettivamente dei diamanti lavorati provenienti da Paesi terzi deve essere dichiarata nella dichiarazione doganale di importazione e-dec come “documento giustificativo” (codice documento Y824 rispettivamente L147). Se il codice del documento non viene dichiarato, il sistema informatico e-dec rifiuterà la dichiarazione visualizzando un messaggio di errore richiedente la prova del Paese di origine dei prodotti.

I documenti di prova appropriati sono indicati nel documento interpretativo delle sanzioni (FAQ), stilato dalla Segreteria di Stato dell’economia SECO (ultimo aggiornamento: 11.03.2024), al pto. 2.2.4 per quanto riguarda i prodotti siderurgici e ai pti. 2.4.2 e 2.4.3 per quanto concerne i diamanti.

Dal 20 marzo 2024, secondo l’art. 14f della summenzionata Ordinanza, vigerà l’obbligo per gli operatori economici di vietare contrattualmente ai loro partner stabiliti al di fuori dello Spazio economico europeo (SEE) o di un Paese partner (Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti) la riesportazione verso la Russia o per l’uso in Russia dei beni elencati negli allegati 3 e 19 e dei beni ad alta priorità di cui all’allegato 31. Essi devono altresì prevedere contrattualmente misure correttive adeguate per i casi di violazioni (es. risoluzione del contratto o pagamento di una penale, cfr. pto 2.5.1 delle FAQ). Gli operatori economici sono liberi di scegliere una formulazione appropriata per la clausola, ma devono precisare che la stessa è un elemento essenziale del contratto. Le FAQ riportano il seguente modello (disponibile anche in IT, FR, DE):

«(1) The [Importer/Buyer] shall not sell, export or re-export, directly or indirectly, to the Russian Federation or for use in the Russian Federation any goods supplied under or in connection with this 13/23 Agreement that fall under the scope of Article 14f of the Ordinance imposing Measures in Connection with the Situation in Ukraine (SR 946.231.176.72).

(2) The [Importer/Buyer] shall undertake its best efforts to ensure that the purpose of paragraph (1) is not frustrated by any third parties further down the commercial chain, including by possible resellers.

(3) The [Importer/Buyer] shall set up and maintain an adequate monitoring mechanism to detect conduct by any third parties further down the commercial chain, including by possible resellers, that would frustrate the purpose of paragraph (1).

(4) Any violation of paragraphs (1), (2) or (3) shall constitute a material breach of an essential element of this Agreement, and the [Exporter/Seller] shall be entitled to seek appropriate remedies, including, but not limited to: (i) termination of this Agreement; and (ii) a penalty of [XX]% of the total value of this Agreement or price of the goods exported, whichever is higher.

(5) The [Importer/Buyer] shall immediately inform the [Exporter/Seller] about any problems in applying paragraphs (1), (2) or (3), including any relevant activities by third parties that could frustrate the purpose of paragraph (1). The [Importer/Buyer] shall make available to the [Exporter/Seller] information concerning compliance with the obligations under paragraph (1), (2) and (3) within two weeks of the simple request of such information».

Da ultimo, ma non meno importante, il 29 febbraio 2024 la Svizzera ha attuato il 13° pacchetto di sanzioni UE, entrato in vigore il 1° marzo 2024. Tale pacchetto amplia l’elenco delle persone fisiche, delle imprese e delle organizzazioni sanzionate (anche di Paesi terzi, come India, Sri Lanka, Cina, Hong Kong, Serbia, Turchia, Kazakistan e Thailandia) e introduce nuove restrizioni di carattere merceologico. Per quanto riguarda queste ultime, trattasi in particolare di prodotti tecnologici avanzati che potrebbero favorire il rafforzamento militare, di difesa e più in generale dell’industria russa, come da allegato 1 “Beni per il rafforzamento militare e tecnologico o per lo sviluppo del settore della difesa e della sicurezza” e allegato 23 “Beni per il rafforzamento dell’industria”. Tra i beni vietati figurano ad esempio componenti utilizzati per lo sviluppo e la produzione di droni, come trasformatori elettrici, convertitori statici, condensatori.

Controlli all’esportazione e beni dual-use

Le aziende che operano a livello internazionale si trovano ad operare in un contesto sempre più complesso, caratterizzato da sanzioni economiche e disposizioni in materia di controllo delle esportazioni. Molti operatori credono, erroneamente, che il controllo delle esportazioni riguardi solo le esportazioni di beni di natura militare.

In Svizzera, i controlli sui beni concordati a livello internazionale sono disciplinati da due leggi distinte: la legge federale sul materiale bellico (LMB) e la legge sul controllo dei beni a duplice impiego (LBDI).

In quest’ultimo caso, i controlli riguardano beni che sembrano innocui per l’uso quotidiano ma che, se sottoposti a un’analisi più approfondita, potrebbero anche essere utilizzati per scopi militari. Questi beni sono definiti beni duplice impiego o “dual-use”. È innanzitutto opportuno specificare che, con il termine di “beni”, si intendono merci, tecnologie e software.

I beni a duplice impiego sono elencati nell’allegato 2 dell’Ordinanza sul controllo dei beni a duplice impego (OBDI) in base alla classificazione ECCN (Export Control Classification Number), che a sua volta poggia sulla natura dei beni stessi (tipologia di prodotto, software o tecnologia) e sui suoi parametri tecnici. Questa forma di controllo oggettiva richiede maggiori sforzi e risorse perché presuppone un’analisi tecnica del bene nel suo insieme e delle sue parti (componenti) per assicurarsi che non rientrino nell’allegato di cui sopra. Se lo sono, all’esportazione è necessaria un’autorizzazione preventiva della Segreteria di Stato dell’economia (SECO).

Il 26 marzo prossimo in occasione di un workshop organizzato con il supporto e l’intervento della SECO, analizzeremo in dettaglio questioni come la classificazione dei beni, l’obbligo di autorizzazione e la responsabilità delle aziende. Coglieremo altresì l’occasione di passare in rassegna la legge sul materiale bellico. I partecipanti avranno l’opportunità di sottoporre i loro quesiti in anticipo.

Il controllo delle esportazioni
Martedì 26 marzo 2024, dalle 15:30 alle 17:00
Spazi Cc-Ti, Lugano

Arabia Saudita: nuovi ingredienti vietati nei cosmetici

L’Arabia Saudita ha aggiornato l’elenco delle sostanze che non possono essere utilizzate nella produzione di cosmetici.

La Saudi Food and Drug Authority (SFDA), l’autorità saudita per gli alimenti e i farmaci, ha ampliato l’elenco delle sostanze che non possono essere utilizzate nella produzione di cosmetici. Tra queste figurano numerose sostanze potenzialmente cancerogene. Le nuove disposizioni, entrate in vigore il 1° gennaio 2024, sono precisate nella circolare n. 6391.

Ulteriori informazioni relative all’importazione di cosmetici in Arabia Saudita (es. elenco delle sostanze soggette a restrizione, norme/standard, marchi registrati) sono disponibili sul sito web della SFDA.


Fonte: German Trade & Invest (GTAI)

Prodotti a “deforestazione zero” nell’UE

L’Unione europea mette un freno alla deforestazione e al degrado delle foreste e da fine anno introduce una due diligence obbligatoria su determinate materie prime e i prodotti derivati.

Le aziende che immettono sul mercato comunitario o che esportano dall’UE materie prime e prodotti regolamentati dal Regolamento (UE) 2023/1115, noto anche come EUDR (EU Deforestation Regulation), sono tenute a rispettarne i requisiti a partire dal 30 dicembre 2024.

I prodotti interessati

Il regolamento si applica a sette materie prime – bovini, cacao, caffè, palma da olio, gomma, soia e legno – e ai prodotti che le contengono o che sono stati fabbricati a partire da esse. L’allegato I al regolamento contiene l’elenco completo dei prodotti interessati, identificati con la rispettiva voce doganale.

Chi deve ottemperare agli obblighi?

Il regolamento opera la seguente distinzione:

  • operatore: persona fisica o giuridica che nel corso di un’attività commerciale immette i prodotti interessati sul mercato o li esporta;
  • commerciante: persona nella catena di approvvigionamento, diversa dall’operatore, che nel corso di un’attività commerciale mette a disposizione sul mercato i prodotti interessati.

Gli operatori devono assicurarsi che i prodotti in questione siano a deforestazione zero, siano stati realizzati nel rispetto della legislazione pertinente del Paese di produzione e siano oggetto di una dichiarazione di dovuta diligenza. A seconda delle loro dimensioni, anche i commercianti possono essere obbligati a eseguire gli stessi controlli degli operatori.

Contrariamente alla direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, il regolamento 2023/1115 non si applica direttamente agli operatori extra-UE: in effetti, sarà il primo operatore stabilito nell’UE a dover prendersi carico del rispetto degli obblighi stabiliti dalla norma. L’esportatore extra-UE dovrà tuttavia essere pronto a fornire le informazioni e i documenti necessari al proprio partner/importatore europeo.

Due diligence, controllo e sanzioni

Per garantire la piena conformità al regolamento, gli operatori interessati sono tenuti ad implementare un sistema di due diligence che preveda la raccolta di informazioni dettagliate, dati e documenti, nonché una valutazione dei rischi e misure di mitigazione degli stessi. In particolare, essi devono riunire, conservare (per un periodo di cinque anni dalla data in cui il prodotto è stato messo sul mercato o esportato) e, se necessario, mettere a disposizione delle autorità le seguenti informazioni e documenti:

  • descrizione dei prodotti, compresa la denominazione commerciale, il tipo di prodotto e l’elenco delle materie prime o dei prodotti intermedi utilizzati per la loro fabbricazione
  • quantità dei prodotti interessati, espressa in kg, volume o unità
  • Paese di produzione ed eventuali aree geografiche
  • geolocalizzazione degli appezzamenti da cui provengono le materie prime unitamente alla data o al periodo di produzione
  • nome e indirizzi di tutte le aziende della catena di approvvigionamento
  • informazioni sufficientemente probanti e verificabili che attestino che i prodotti e le materie prime non comportano alcuna deforestazione.

La Commissione europea classificherà i Paesi in tre categorie di rischio (alto, standard, basso) entro il 30 dicembre 2024 e il regolamento prevede sia controlli più severi per le importazioni provenienti da aree ad alto rischio di deforestazione e degrado forestale sia un sistema sanzionatorio complesso, che include multe pecuniarie e pene detentive.

Link utili

La Commissione europea ha approntato una sezione di FAQ sul suo sito web Deforestation Platform and other EUDR implementation tools.

Regolamento UE ecodesign

Il Parlamento e il Consiglio dell’UE hanno raggiunto un accordo preliminare sulla proposta di regolamento sulla progettazione ecocompatibile, che abolirà l’attuale direttiva 2009/125/CE.

Il nuovo regolamento sulla progettazione ecocompatibile (Ecodesign for Sustainable Products Regulation, ESPR) sarà in vigore solo dopo l’approvazione formale, che dovrebbe verosimilmente avvenire nel corso dei prossimi mesi. L’obiettivo principale di questa normativa è promuovere e rendere più semplice la riparazione, il riutilizzo e il riciclo di una vasta gamma di beni di consumo, iniziando dalla loro progettazione. Lo scopo ultimo è ridurre la produzione di nuovi rifiuti e il loro impatto sull’ambiente.

A differenza della direttiva 2009/125/CE, che si limita a stabilire i requisiti di efficienza energetica di 31 gruppi di prodotti, il regolamento ecodesign – come viene anche chiamato – si applicherà a quasi tutte le categorie di prodotti, compresi componenti e prodotti intermedi, partendo da settori molto importanti come acciaio, ferro, alluminio, tessile (principalmente abbigliamento e calzature), mobili, pneumatici, detergenti, vernici, lubrificanti e prodotti chimici. I prodotti alimentari, i mangimi, i medicinali e le piante non saranno oggetto della nuova normativa perché già sottoposti a norme specifiche.

Una delle novità introdotte dal nuovo regolamento è il passaporto digitale dei prodotti: con “informazioni accurate e aggiornate” consentirà ai consumatori di “fare scelte di acquisto consapevoli”. Secondo il testo concordato, la Commissione gestirà anche un sito web aperto che consentirà ai consumatori di consultare e confrontare le informazioni presenti nei passaporti dei prodotti.

Da ultimo, ma non meno importante, il regolamento disciplina la “distruzione” dei prodotti di consumo invenduti imponendo agli operatori economici di fornire informazioni annuali sulle quantità di prodotti scartati e sulle ragioni alla base di ciò.

La Svizzera attua il 12° pacchetto di sanzioni UE

Il 31 gennaio 2024 il Consiglio federale ha adottato ulteriori misure contro la Russia, attuando di fatto il 12° pacchetto di sanzioni dell’Unione europea.

Le nuove disposizioni, valide dal 1° febbraio, prevedono, tra gli altri:

  • un divieto graduale di acquisto e di importazione di diamanti russi
  • nuovi divieti di importazione per i beni che generano notevoli entrate per lo Stato russo
  • ampliamento delle liste dei beni vietati in quanto potrebbero contribuire al rafforzamento militare e tecnologico della Russia o al rafforzamento della sua industria
  • ampliamento della lista delle aziende soggette a restrizioni specifiche in relazione ai beni a duplice impiego
  • ulteriori misure a sostegno dell’applicazione dei limiti massimi di prezzo per il petrolio greggio e i prodotti petroliferi russi (oil price cap) e per contrastare la loro elusione
  • obblighi di notifica e di autorizzazione per la vendita di navi cisterna che possono essere utilizzate per aggirare i massimali di prezzo
  • nel settore dei servizi, divieto di fornitura alle imprese russe di software di gestione aziendale, progettazione industriale e software di produzione.

Eccezion fatta per i beni a duplice impiego, elencati nell’allegato 2 dell’OBDI in base alla classificazione alfanumerica ECCN (Export Control Classification Number), gli altri beni vietati sono identificati tramite voce di tariffa doganale negli allegati dell’ordinanza stessa.

Dal 20 marzo 2024 (art. 14f), per gli esportatori vigerà l’obbligo di vietare contrattualmente ai loro partner stabiliti al di fuori dello SEE o di un Paese partner (Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti) la riesportazione dei beni elencati negli allegati 3 e 19 dell’ordinanza e di beni ad alta priorità elencati nell’allegato 31 verso la Russia o per l’uso in Russia. Devo essere altresì essere previste contrattualmente misure correttive adeguate per i casi di violazioni. Tali violazioni devono essere notificate immediatamente alla SECO. L’obbligo non si applica agli affari concordati contrattualmente prima del 1° febbraio 2024 ed eseguiti entro il 20 dicembre 2024 o i cui contratti sono scaduti, a seconda dell’evento che si verifica per primo.

L’Ordinanza che istituisce provvedimenti in relazione alla situazione in Ucraina aggiornata al 1° febbraio 2024 può essere consultata qui.

La SECO ha aggiornato anche il suo documento interpretativo delle sanzioni (FAQ) con particolare riferimento (ma non limitatamente) a:

  • rispetto dell’art. 12b cpv 4 lett. b e cpv. 5: la SECO fa riferimento alle FAQ della Commissione UE sull’attuazione dei regolamenti del Consiglio dell’UE 269/2014 e 833/2014, in particolare alle spiegazioni contenute nel capitolo E «Energy», punto 5 «Oil Price Cap», sezione 7 «Attestations, recordkeeping and itemised ancillary costs ». Queste spiegazioni indicano quali informazioni e documenti sono adatti per le prove corrispondenti;
  • prova attestante il Paese di origine terza dei beni siderurgici di cui all’allegato 17 impiegati come fattori produttivi (art. 14a): dal 1° marzo 2024, tale prova va indicata come documento (codice documento Y824) nella rubrica «Documenti» della dichiarazione doganale. Il documento deve essere presentato su richiesta all’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) insieme agli altri documenti doganali di accompagnamento.

Le FAQ della SECO possono essere consultate qui in modalità revisione.

Regno Unito: marcatura CE estesa ad altri prodotti

Il governo britannico intende estendere il riconoscimento della marcatura CE ad altre tre normative e offrire maggiore flessibilità per quanto riguarda l’etichettatura.

Ad agosto 2023, il governo britannico aveva annunciato il riconoscimento a tempo indeterminato della marcatura CE per 18 categorie di prodotto. A gennaio 2024 ne ha comunicato l’estensione a 3 categorie di prodotto:

In queste aree merceologiche i produttori potranno quindi scegliere se mantenere la marcatura CE o se utilizzare il nuovo marchio UKCA.

Nei seguenti ambiti continueranno invece a vigere disposizioni specifiche: dispositivi medici, interoperabilità ferroviaria, prodotti da costruzione, attrezzature navali, funivie, attrezzature a pressione trasportabili, droni.

Nuove disposizioni rapide (Fast-Track UKCA Process) consentiranno inoltre ai produttori di immettere sul mercato britannico i prodotti che soddisfano i requisiti essenziali dell’UE e, ove richiesto, sono stati valutati da un organismo di valutazione della conformità riconosciuto dall’UE. Per beneficiare di questa disposizione, i produttori dovranno apporre il marchio UKCA (nelle modalità consentite) e redigere la dichiarazione di conformità del Regno Unito, elencando la conformità alla legislazione UE pertinente. Ciò significa anche che, nel caso in cui i prodotti rientrino in più normative, sarà possibile utilizzare una combinazione di procedure di valutazione della conformità UKCA e CE.

Più flessibilità in ambito etichettatura

Il governo britannico ha comunicato che intende altresì legiferare in materia di etichettatura, al fine di consentire l’apposizione del marchio UKCA su un’etichetta adesiva o su un documento di accompagnamento e offrire l’opzione volontaria di utilizzare l’etichettatura digitale (le aziende potranno applicare il marchio UKCA, i dati del produttore e i dati dell’importatore in formato digitale).

Ulteriori dettagli su queste misure saranno forniti a tempo debito, compresi i regolamenti a cui si applicheranno.