L’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) ha aggiornato le istruzioni concernenti la determinazione della validità formale delle prove preferenziali.
Le istruzioni in oggetto hanno lo scopo di aiutare le persone soggette all’obbligo della dichiarazione a valutare la validità formale delle prove preferenziali e ad adempiere così al loro dovere di diligenza.
L’ultimo aggiornamento è avvenuto il 1° giugno 2023 e riguarda le rubriche 1.1, 1.1.1 e 2.1.1 e la validità formale dei certificati di circolazione delle merci (CCM) provenienti dalla Turchia. Il documento può essere scaricato qui.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/06/port-4602964-scaled.jpg17032560Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-06-01 14:31:002023-06-05 08:07:22Validità delle prove preferenziali (update)
La Svizzera dispone ad oggi di una rete di 35 accordi di libero scambio (ALS) a copertura di ben 73 Paesi. In agenda ci sono negoziati sia per il rinnovo e l’aggiornamento dei trattati esistenti sia per la conclusione di nuovi accordi, come lo testimoniano i recenti colloqui per una ripresa e intensificazione delle trattative con l’India. ALS che hanno però anche dei limiti.
Gli ALS hanno essenzialmente lo scopo di facilitare gli scambi tra due o più Paesi riducendo o eliminando gli ostacoli. Se il loro contenuto si è evoluto negli anni, andando a coprire settori come ad esempio i servizi, gli investimenti o ancora gli appalti pubblici, la concessione reciproca di preferenze tariffali (leggi: riduzione o abolizione dei dazi doganali) continua a rimanere un elemento centrale. Tali concessioni vengono accordate per determinati beni prodotti interamente o sufficientemente lavorati sul territorio. Non tutte le aziende beneficiano però delle possibili agevolazioni doganali, soprattutto a causa delle norme d’origine che disciplinano gli scambi preferenziali e che rappresentano un vero e proprio rompicapo: ogni ALS ha infatti le sue peculiarità e non è facile mantenere una visione d’insieme in questa matassa di regole, così complicata da essere paragonata a un piatto di spaghetti (in gergo: “spaghetti bowl”). Un intricato groviglio di norme a cui si aggiungono delle supply chain sempre più lunghe e articolate, che complicano ulteriormente la determinazione dell’origine preferenziale per quei prodotti realizzati utilizzando materie prime o componenti importati da varie parti del mondo.
Dal 1° gennaio 2024, la Svizzera abolirà i dazi all’importazione di prodotti industriali, che potranno pertanto essere importati a costi inferiori. L’origine preferenziale di tali prodotti diventa irrilevante. Si aprono nuove opportunità di approvvigionamento anche da Nazioni con le quali la Svizzera non ha concluso un ALS. Fin qui tutto bene, ma… laddove in prima battuta l’eventuale cambio da un fornitore che attualmente garantisce l’origine preferenziale a uno più economico che però non è in grado di conferire alla merce l’origine preferenziale, potrebbe apparire come un evidente risparmio sui costi di produzione, in realtà potrebbe anche rivelarsi un vero e proprio boomerang se non permetterà al prodotto finito di entrare sul mercato di destino beneficiando dello status preferenziale e dello sgravio dai dazi ad esso connesso. Mai come da inizio 2024 le aziende esportatrici saranno chiamate a monitorare e valutare attentamente i loro flussi in entrata e in uscita, così come a conoscere ed applicare correttamente regole e prove dell’origine preferenziale.
Nel contesto del libero scambio, va altresì detto che i limiti degli attuali ALS sono ben noti alle autorità svizzere: se da un lato il principale mercato di approvvigionamento e di sbocco dell’industria svizzera è l’Unione europea, vi sono altri mercati partner del libero scambio con i quali l’interscambio commerciale è in crescita e che potrebbero esserlo maggiormente se venissero adattate le regole relative al “cumulo dell’origine”, ovvero al sistema che consente ai prodotti originari di una determinata Nazione di essere ulteriormente trasformati o incorporati ai prodotti originari di un altro Paese, come se fossero originari di quest’ultimo per ottenere così l’origine preferenziale. Per quanto riguarda le aziende svizzere il cumulo è attualmente possibile con componenti e materie prime provenienti dall’UE, da Islanda, Principato del Liechtenstein, Norvegia, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Palestina, Tunisia, Turchia, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Isole-Faeroer, Georgia e Ucraina. Il cumulo, così come attualmente regolamentato, non è invece possibile con partner importanti come Regno Unito, Giappone, Canada, Corea del Sud o Messico, Paesi con cui anche l’UE ha degli ALS.
È quindi tempo di rivedere le possibilità di cumulo dettate dagli ALS? Sembra pensarla così la Segreteria di Stato dell’economia (SECO), che ha fatto condurre uno studio per analizzare il potenziale economico di ulteriori possibilità di cumulo negli ALS della Svizzera per quanto riguarda i prodotti industriali, esaminando in particolare l’impatto di una forma di cumulo incrociato chiamata “regionalizzazione delle norme di origine”, in cui tre o più partner comuni di libero scambio formano una zona di cumulo dell’origine. Per istituire una tale zona di cumulo bisognerebbe tuttavia modificare le norme di origine fissate nei vari ALS, cosa che richiederebbe il consenso di tutti gli Stati interessati. Nel corso dello studio sono state interpellate diverse aziende e tutte si sono dette favorevoli a ulteriori possibilità di cumulo. In questo senso ci verrebbe quindi da dire “buttate la pasta!”, ma ci limitiamo a un “affaire à suivre”, invitando nel frattempo le aziende a formarsi e informarsi continuamente su questa complessa materia.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/05/ART23-piatto-spaghetti-libero-scambio.jpg8541280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-05-30 08:00:002023-06-05 08:27:06Quel piatto di spaghetti che è il libero scambio
È ufficiale: in autunno scatteranno i primi obblighi previsti dal regolamento che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) e, in sostanza, la tassa sul carbonio. Pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE, il regolamento entrerà in vigore mercoledì 17 maggio, dispiegando i suoi effetti dal 1° ottobre.
Dopo un lungo iter, Parlamento europeo e Consiglio europeo hanno approvato sia la riforma del sistema di scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra (ETS) sia le norme che disciplinano il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM). La direttiva ETS e il regolamento CBAM sono stati pubblicati il 16 maggio nella Gazzetta Ufficiale dell’UE:
La direttiva ETS entrerà in vigore fra 20 giorni. Il regolamento CBAM entrerà in vigore già il 17 maggio 2023 e dispiegherà i primi effetti a partire dal 1° ottobre 2023.
L’Unione europea (UE) introduce il CBAM allo scopo di integrare l’attuale ETS e di garantire che le importazioni siano soggette agli stessi prezzi delle emissioni dei prodotti fabbricati nel mercato comunitario, prevenendo nel contempo la “rilocalizzazione delle emissioni di carbonio”, ovvero la delocalizzazione da parte delle aziende comunitarie della loro produzione in Paesi con standard ambientali e climatici inferiori (“carbon leakage”).
Campo di applicazione del CBAM
I settori e prodotti interessati dal meccanismo sono quelli più a rischio “carbon leackage”, ovvero ghisa, ferro, acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità, idrogeno e ad alcuni precursori e prodotti a valle come viti, bulloni, rondelle, serbatoi, ecc. Il meccanismo valuta sia le emissioni di CO2 dirette che derivano dal processo produttivo sia, a determinate condizioni, le emissioni indirette derivanti dall’elettricità consumata durante la produzione.
Nello specifico, vanno prese in considerazione le emissioni dirette di prodotti classificabili nelle seguenti voci di tariffa:
Le emissioni indirette devono invece essere valutate e calcolate unicamente per quanto riguarda il cemento e i fertilizzanti.
L’uso di regimi doganali sospensivi influenza la quantità di emissioni da comunicare.
Fase transitoria: 1° ottobre 2023-31 dicembre 2025
Il meccanismo prevede un periodo di transizione che inizierà il 1° ottobre 2023 e terminerà il 31 dicembre 2025. In questa fase, le aziende che importeranno nell’UE i prodotti sopra citati dovranno adempiere ad obblighi di rendicontazione trimestrali, indicando i quantitativi di merci importate, le emissioni dirette e indirette (i metodi di calcolo sono descritti nel regolamento) nonché l’eventuale prezzo del carbonio effettivamente pagato all’estero. La serie di norme e requisiti per la comunicazione delle emissioni nell’ambito del CBAM sarà ulteriormente specificata in un atto di esecuzione che sarà adottato dalla Commissione previa consultazione del comitato CBAM, composto da esperti degli Stati membri dell’UE.
Obblighi dal 1° gennaio 2026
Il CBAM diventerà pienamente operativo il 1° gennaio 2026, con obblighi finanziari per le aziende importatrici che, se i prodotti da loro importati supereranno gli standard di emissione previsti dall’UE, dovranno acquistare i certificati CBAM corrispondenti al prezzo che avrebbero pagato per produrre tali merci all’interno dell’UE (prezzo medio settimanale d’asta delle quote UE ETS). Se saranno in grado di dimostrare che per un prodotto proveniente da un Paese terzo il prezzo del carbonio era già stato pagato nel Paese d’origine, i costi potranno essere parzialmente o totalmente compensati con i certificati CBAM. Entro il 31 maggio di ogni anno, le aziende importatrici dovranno dichiarare la quantità di merce e le emissioni incorporate nelle merci importate nell’UE nell’anno precedente e restituire il numero corrispondente certificati CBAM.
L’impatto finanziario del CBAM crescerà gradualmente: in un primo momento, le aziende pagheranno solo una frazione del carbonio incorporato nelle importazioni; questa frazione aumenterà man mano che le quote gratuite del sistema ETS verranno eliminate. Le quote gratuite saranno completamente eliminate entro il 2034.
Dal 1° gennaio 2026 le merci toccate dal regolamento potranno essere importate nell’UE unicamente da undichiarante CBAM autorizzato, iscritto ad apposito registro CBAM (tramite domanda di autorizzazione all’autorità competente, ancora da definirsi, a partire dal 1° gennaio 2025). Questo ruolo potrà essere svolto dall’importatore stabilito nell’UE o da un suo rappresentante doganale indiretto che abbia accettato di agire in questa qualità. Qualora l’importatore non sia stabilito nell’UE, sarà il suo rappresentante doganale indiretto a dover presentare domanda di autorizzazione.
Saranno esonerate dagli obblighi in materia di CBAM le partite di merci di valore inferiore a €150 (“merci di valore trascurabile”) e le merci originarie dai Paesi e territori che partecipano all’ETS dell’UE o che sono ad esso pienamente legati, tra cui anche la Svizzera.
Il mancato rispetto delle disposizioni del regolamento comporterà l’applicazione di sanzioni amministrative e finanziarie.
Implicazioni per le aziende svizzere
Il CBAM non si applicherà alle importazioni di merci originarie della Svizzera poiché questa ha un suo ETS collegato a quello dell’UE, e questo finché i due ETS resteranno connessi. Il 18 marzo 2021 un’iniziativa parlamentare chiedeva che venissero create le basi legali per un meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera. La Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia del Consiglio Nazionale (CAPTE-N) vi aveva dato seguito il 25 aprile 2022. Il 20 marzo 2023, la Commissione ambiente del Consiglio degli Stati (CAPTE-CS) ha deciso di aderire alla decisione della CAPTE-N. Per il prosieguo dei lavori si attenderà tuttavia un rapporto in adempimento del postulato sugli “Incentivi fiscali per un commercio internazionale sostenibile”, la cui consegna è prevista per giugno 2023.
Nonostante quanto sopra, il CBAM avrà comunque effetti sulle aziende svizzere:
se esportano verso l’UE prodottidi origine terza: saranno chiamate a fornire ai loro importatori europei i dati necessari, rispettivamente dovranno richiedere i relativi dati ai loro fornitori;
se agiscono in qualità di importatori nell’UE: il loro rappresentante doganale indiretto dovrà presentare domanda di autorizzazione attraverso il registro CBAM e, in qualità di dichiarante CBAM autorizzato, adempiere agli obblighi direndicontazione dei prodotti di origine terza importati e, in seguito, di acquisto dei certificati CBAM e di dichiarazione;
qualora fossero coinvolte in pratiche di elusione (intese quali leggere modifiche delle merci per farle rientrare in voci di tariffa non elencate dal regolamento e/o frazionamento artificiale delle spedizioni affinché il valore intrinseco di ognuna non superi la soglia di esenzione).
Il vostro contatto in Cc-Ti per ulteriori ragguagli: Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/04/ART23-UE-carbon-tax.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-05-16 17:00:002023-06-01 14:24:20La carbon tax europea è realtà
Le sanzioni imposte alla Russia stanno avendo un grande impatto sulle transazioni commerciali e tutto questo impone alle aziende esportatrici da un lato di implementare delle procedure di trade compliance, anteriori alla spedizione e alle operazioni doganali, per verificare l’effettiva esportabilità dei propri prodotti e dall’altro di analizzare i contratti in corso di esecuzione e valutare se è possibile rinegoziarli o se, nell’impossibilità di poter adempiere agli obblighi, si configura una causa di forza maggiore.
Il 29 marzo 2023 il Consiglio federale ha adottato ulteriori provvedimenti nei confronti della Russia aderendo alle ultime sanzioni emanate dall’Unione europea (UE) nel suo 10° pacchetto, cfr. comunicato stampa. Oltre all’introduzione di esenzioni supplementari per scopi umanitari, è stata introdotta una nuova possibilità per salvaguardare interessi specifici dell’economia svizzera, ivi comprese deroghe riguardanti i disinvestimenti (cfr. sezione 4a). Le misure sono entrate in vigore il giorno stesso.
Alla luce dei vari pacchetti sanzionatori adottati nei confronti della Russia, nelle operazioni con questo Paese si consiglia di prestare particolare attenzione agli aspetti sottostanti:
Beni e servizi(*)
È generalmente vietata la vendita, la fornitura rispettivamente l’esportazione e il transito di
materiale d’armamento e servizi connessi (estensione del divieto al transito attraverso la Federazione russa);
beni a duplice impiego e servizi connessi;
beni per il rafforzamento militare e tecnologico o lo sviluppo del settore della difesa e della sicurezza della Russia e servizi connessi (allegato aggiornato);
beni destinati all’industria aerospaziale (elenco beni aggiornato) e marittima e servizi connessi;
carboturbi e additivi per carburanti e servizi connessi;
beni per laraffinazione del petrolio e la liquefazione del gas naturale e servizi connessi;
beni per l’industria energetica e servizi connessi;
beni per il rafforzamento dell’industria (elenco beni aggiornato);
beni di lusso di valore, ove non specificato altrimenti, superiore a 300 franchi;
(direttamente o indirettamente) servizi nei settori della revisione contabile (comprese la revisione legale dei conti, la contabilità e la consulenza fiscale), consulenze aziendali e in materia di pubbliche relazioni, servizi di architettura e di ingegneria, consulenza giuridica e informatica nonché servizi di ricerca di mercato e sondaggi di opinione, servizi tecnici di prova e di analisi così come servizi pubblicitari.
così come fare pubblicità su alcuni media russi.
Sono altresì vietati
l’acquisto, l’acquisizione, l’importazione e il transito di materiale d’armamento di ogni genere inclusi armi da fuoco, munizioni, esplosivi, pezzi pirotecnici e polvere da fuoco originari della Russia o provenienti dalla stessa;
l’acquisto, l’importazione, il transito e il trasporto di carbone e prodotti del carbone originari della Russia o provenienti dalla stessa e la fornitura di servizi ad essi connessi;
l’acquisto, l’importazione, il transito e il trasporto (anche a livello mondiale) di petrolio greggio e prodotti petroliferi originari della Russia o provenienti dalla stessa, nonché la fornitura di servizi ad essi connessi. È altresì introdotto un price cap;
l’acquisto, l’importazione e il trasporto di prodotti siderurgici originari della Russia o provenienti dalla stessa così come la fornitura di servizi ad essi connessi;
l’acquisto, l’importazione, il transito e il trasporto di beni economicamente importanti per la Russia così come la fornitura di servizi ad essi connessi (elenco beni aggiornato);
l’acquisto, l’importazione, il transito e il trasporto di oro originario della Federazione Russa (anche lavorato in un Paese terzo) così come di prodotti in oro originari della Russia e la fornitura di servizi ad essi connessi;
L’ordinanza istituisce anche provvedimenti che toccano i cosiddetti “territori designati”ucraini:
divieto di importare beni originari dei territori designati senza un certificato d’origine rilasciato dalle autorità ucraine e di fornire servizi connessi;
divieto di vendita, fornitura, esportazione e transito di determinati beni e di fornire servizi connessi.
ATTENZIONE: i beni e/o i componenti critici provengono da altri Paesi (riesportazione)? Se del caso vedasi anche le relative legislazioni in materia.
Data la complessità crescente delle sanzioni in relazione con la situazione in Ucraina, il servizio Commercio internazionale ha optato per mantenere snella e breve questa pagina. Per informazioni mirate sulle sanzioni vogliate contattarci alle coordinate menzionate a fondo pagina.
Contatto per verifiche mirate: Segreteria di Stato dell’economia (SECO), sanctions@seco.admin.ch, tel. +41 (0)58 464 08 12 (lu-ve, 8.00-12.00 e 13.00-17.00). Per domande inerenti alle sanzioni sui beni, il settore Controlli all’esportazione / Prodotti industriali è raggiungibile al numero tel. +41 (0)58 462 68 50, licensing@seco.admin.ch.
Per una verifica delle persone fisiche e giuridiche sanzionate vedasi la banca dati SESAM (SECO Sanctions Management), approntata dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO).
Banche e finanziamenti
Per una verifica delle banche sanzionate vedasi la banca dati SESAM (SECO Sanctions Management), approntata dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO).
L’Assicurazione svizzera contro i rischi delle esportazioni (SERV) ha aggiornato la sua prassi di copertura per le nuove transazioni con Russia, Bielorussia e Ucraina e creato una pagina di FAQ.
Trasporto e transito nell’UE, procedure d’esportazione
Va chiarità la fattibilità del trasporto e del transito attraverso l’UE: la complessità delle sanzioni rende spesso difficile per lo spedizioniere valutare in autonomia se la spedizione è interessata dalle sanzioni – svizzere o europee.
Per l’emissione dei certificati d’origine, la Cc-Ti chiede conferma all’azienda esportatrice di aver effettuato le opportune verifiche presso la SECO e che l’esportazione verso la Russia può avvenire. Eventuali Carnet ATA per la Russia vengono rilasciati solo previa conferma scritta che in caso di difficoltà in relazione al suo utilizzo, il richiedente se ne assume la responsabilità nonché il pagamento di eventuali reclami doganali.
Aspetti legali, contratti in essere
Fra i molti aspetti da chiarire, ve n’è uno in particolare che preoccupa le imprese, cioè l’impossibilità di adempiere agli obblighi contrattuali a causa dei divieti imposti dalle autorità, nello specifico quelle elvetiche. Va verificata la possibilità di estendere, rescindere o rinegoziare i contratti esistenti.
Una delle domande più frequenti che si pone è di sapere se le aziende svizzere possono invocare la clausola di forza maggiore nei loro rapporti commerciali con partner russi. A tale proposito la Cc-Ti ha redatto una scheda informativa.
La scheda informativa“Russia: adempimento degli obblighi contrattuali e clausola di forza maggiore in relazione con la situazione in Ucraina” (gratis per i soci, CHF 20.- per i non soci) può essere richiesta al servizio Commercio internazionale alle coordinate indicate qui sotto.
Il vostro contatto in Cc-Ti per ulteriori ragguagli: Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch
Prima pubblicazione: 9 marzo 2022 Il documento è aggiornato costantemente.
Disclaimer: la panoramica qui sopra fornita è a scopo esclusivamente informativo e non ha presunzione di esaustività e completezza.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/03/ART22-russia-esportabilita-obblighi-contrattuali.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-03-30 06:20:002023-03-31 07:59:19Russia: sanzioni e obblighi (aggiornamento)
L’elenco dei valori limite in valuta estera e in franchi svizzeri nel quadro delle preferenze doganali è stato aggiornato (LB).
L’elenco dei valori limite validi dal 20 marzo 2023 può essere scaricato dal sito web dell’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) al seguente link: UDSC – Elenco dei valori limite
La CITES è stata istituita il 3 marzo 1973 a Washington con l’accordo di diversi Stati. Cinquant’anni dopo, è considerata la più importante convenzione nel suo genere.
Nel frattempo ha raggiunto 184 Paesi membri e protegge dallo sfruttamento eccessivo decine di migliaia di specie di fauna e di flora, a cui se ne aggiungono sempre di nuove: in occasione dell’ultima conferenza CITES svoltasi nel novembre 2022 gli Stati membri hanno aggiunto alla Convenzione oltre 500 specie di fauna e di flora, tra cui anche numerose specie di squali e razze. La Svizzera detiene la presidenza del Comitato per gli animali e contribuisce nel suo ruolo a monitorare l’attuazione delle disposizioni di protezione.
La Svizzera ne fa parte dal 1973, anno della sua istituzione. Rappresentata dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV).
La Convenzione CITES
Oltre 5’000 specie animali e più di 37’000 specie vegetali sono soggette alla Convenzione CITES delle Nazioni Unite. Sono suddivisi in tre livelli di protezione (i cosiddetti allegati), a seconda del grado di pericolo. L’allegato I contiene circa 1’000 specie minacciate di estinzione e anche dal commercio internazionale. Il commercio di questi esemplari è vietato. L’allegato II elenca oltre 37’000 specie che, senza controlli commerciali, rischiano di estinguersi. In questi casi il commercio è consentito, ma solo se è dimostrabilmente sostenibile. L’allegato III contiene poco più di 200 specie per le quali un singolo Paese ritiene necessario un controllo commerciale.
Tra gli elementi essenziali della dichiarazione doganale, oltre alla classificazione doganale della merce e alla sua origine, figura anche il suo valore in dogana. Una valutazione errata del valore doganale può infatti comportare conseguenze sia sotto il profilo tributario sia sotto il profilo commerciale.
Per “valore in dogana” delle merci si intende il valore attribuito alle merci all’atto dell’importazione, al fine di applicare i dazi (da cui il termine dazi ad valorem). Tale valore costituisce anche la base per il calcolo dell’imposta all’importazione (generalmente: l’IVA) e di altri tributi, così come per la compilazione delle statistiche del commercio estero. Una valutazione non corretta del valore doganale delle merci può esporre l’azienda al pagamento di differenze daziarie, di quelle degli altri tributi e persino a sanzioni, così come a errori di valutazione in merito alle effettive opportunità di approvvigionamento dall’estero.
Salvo altre modalità di misura prescritte, in Svizzera le merci sono generalmente tassate secondo il peso lordo (cfr. art. 2 della Legge sulla tariffa delle dogane, LTD). Pertanto, se il valore in dogana delle merci è irrilevante dal profilo daziario (a maggior ragione per i prodotti industriali con l’abolizione dei dazi all’importazione dal 01.01.2024), tale valore resta invece importante sia per il calcolo dell’IVA e degli altri tributi sia a livello statistico.
Come determinare il valore in dogana?
La legislazione sul valore in dogana si basa sull’art. VII dell’Accordo sul valore in dogana dell’OMC e prevede i seguenti metodi di valutazione, applicabili in modo gerarchico, ossia per esclusione del metodo precedente:
metodo del valore di transazione, dove con “valore di transazione” si intende il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci all’atto della vendita per l’esportazione nel paese d’importazione (cfr. art. 1 dell’Allegato 1A.9 all’Accordo che istituisce l’OMC);
metodo del valore di transazione di merci identiche (cfr. art. 2);
metodo del valore di transazione di merci simili (cfr. art. 3);
metodo del valore dedotto, ovvero del valore basato sul prezzo unitario al quale le merci importate (o merci identiche o simili importate) sono vendute nel quantitativo complessivo maggiore a compratori non collegati ai venditori, previa deduzione dei costi aggiuntivi sostenuti per la commercializzazione (commissioni dovute o margini di utile, spese di trasporto o di assicurazione, spese di sdoganamento compresi i tributi, cfr. art. 5);
metodo del valore calcolato (o ricostruito): il valore in dogana viene “ricostruito” sommando il costo o il valore delle materie prime utilizzate e dei processi di fabbricazione o di altre lavorazioni, gli utili e le spese generali (uguali a quelli solitamente presi in considerazione in analoghe condizioni di mercato), del costo o del valore di qualsiasi altra spesa (cfr. art. 6). Nota: su richiesta dell’importatore, l’ordine di applicazione degli art. 5 e 6 può eventualmente essere invertito (cfr. art. 4);
metodo del valore determinato ricorrendo a mezzi ragionevoli e sulla base dei dati disponibili: questo metodo è da utilizzarsi come extrema ratio, ovvero quando non è possibile terminare il valore in dogana con nessuno dei metodi precedenti e quindi ci si basa sui dati esistenti e riscontrabili oggettivamente.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/02/ART23-valore-doganale.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-02-23 08:00:002023-02-23 08:17:38Il valore in dogana: come determinarlo
Gli Emirati Arabi Uniti introducono un nuovo sistema per l’attestazione elettronica delle fatture commerciali di importazione.
A partire dal 1° marzo 2023, le fatture di importazione di valore pari o superiore a AED 10’000 (ca. CHF 2’500) devono essere attestate dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale degli Emirati Arabi Uniti (MoFAIC) tramite il sistema eDAS, a cui è necessario registrarsi e dove è altresì possibile scaricare un manuale in formato PDF. L’“electronic attestation reference number” (numero di riferimento eDAS) così generato deve in seguito essere inserito nella dichiarazione doganale di importazione.
La fattura legalizzata dalla propria Camera di commercio (nel caso specifico: la Cc-Ti) e il certificato d’origine possono essere caricati al momento dell’arrivo della merce in dogana e in fase di dichiarazione doganale. Il MoFAIC riscuote una commissione di AED 150 (ca. CHF 37.50) per ogni fattura commerciale del valore uguale o superiore all’importo sopra indicato.
L’attestazione elettronica tramite eDAS va a sostituire quelle della Camera di commercio arabo-svizzera (CASCI) e della rappresentanza ufficiale emiratina in Svizzera.
Sono esentate dalla procedura le importazioni di beni di valore inferiore a AED 10’000, le importazioni personali, quelle provenienti da Paesi del GCC e quelle a destinazione di una zona franca, così come le merci in transito, gli invii e-commerce B2C e le importazioni diplomatiche, militari, di NGO e di organizzazioni internazionali.
La nuova procedura è già operativa a Dubai e sarà presto integrata nel sistema doganale degli altri emirati, tra cui Abu Dhabi, Sharjah e RAK.
L’India richiede la registrazione obbligatoria degli stabilimenti alimentari stranieri per l’importazione di alcune categorie di alimenti e posticipa l’introduzione dei certificati sanitari.
A partire dal 1° febbraio 2023, i produttori stranieri di alimenti che esportano i seguenti prodotti in India devono di registrare i propri stabilimenti presso la Food Safety and Standards Authority of India (FSSAI):
latte e prodotti lattiero-caseari
carne e prodotti a base di carne, compresi pollame, pesce e loro prodotti
polvere d’uovo
alimenti per bambini
nutraceutici.
A tale scopo, devono compilare il modulo di registrazione (documento Word) messo a disposizione dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV) e inviarlo all’autorità cantonale competente (Canton Ticino: Laboratorio cantonale), che procederà con la vidimazione e l’inoltro alle autorità svizzere e indiane di riferimento.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/01/ART23-India-alimentari.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-02-02 08:00:002023-02-21 11:49:35Nuove regole per l’export di alimenti in India
Le aziende che operano a livello internazionale navigano sempre più in un labirinto di accordi commerciali, formalità amministrative e doganali, guerre commerciali, sanzioni e controlli delle esportazioni nonché di nuove e sempre più stringenti normative in ambito ESG (ovvero le questioni ambientali, sociali e di governance). Far fronte a queste sfide crescenti richiede notevoli risorse e competenze, ma le aziende del territorio possono contare sul supporto della Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti).
La Svizzera, si sa, ha concluso numerosi accordi di libero scambio grazie ai quali le PMI che operano a livello internazionale hanno l’opportunità di accedere ai mercati esteri o di importare beni strumentali e/o fattori produttivi a costi inferiori, ricavandone così un vantaggio competitivo. A causa della complessità degli accordi e della mancanza di coerenza delle norme, lo sgravio dai costi è però associato anche ad un elevato onere amministrativo sia per comprendere ed applicare correttamente le varie disposizioni e procedure sia per espletare, altrettanto correttamente, le formalità doganali.
I beni da immettere sui mercati esteri devono anche soddisfare vari requisiti amministrativi e tecnici, tra cui test e certificazioni, che possono variare da un Paese all’altro. Talvolta queste misure diventano delle vere e proprie barriere commerciali, con conseguente ulteriore onere burocratico e aumento dei costi di produzione e del tempo necessario per portare i prodotti sul mercato. Le procedure d’importazione nel Paese target si fanno sempre più complesse e sono talvolta legate a specifiche modalità di pagamento definite dai governi stessi. È il caso ad esempio delle disposizioni attuate di recente da Egitto e Argentina a causa della grave carenza di valuta estera: nel 2022, e per ben nove mesi, il primo ha imposto l’obbligo di utilizzo di lettere di credito per finanziare forniture superiori ai 5’000 dollari, con conseguente aumento dei costi di gestione delle pratiche e ritardi nello sdoganamento degli invii; di recente la seconda ha invece introdotto un sistema (tuttora in vigore) di monitoraggio e rilascio di licenze all’importazione legato ad autorizzazioni di pagamento delle fatture estere rispettivamente all’accesso al mercato dei cambi per pagamenti in valuta estera. In casi come questi, alle oggettive difficoltà che all’atto pratico le aziende si trovano a dover affrontare, si inserisce spesso la mancanza di informazioni chiare, affidabili e aggiornate sulle nuove misure introdotte dai vari Paesi e la complessità nel reperirle.
Un’altra tematica che occupa e preoccupa sempre più le aziende è quella del controllo delle esportazioni, volto ad impedire non solo la proliferazione di materiale di armamento e di beni a duplice impiego, ma anche di tecnologie critiche. Il tema è stato portato alla ribalta dall’attuazione di vari regimi sanzionatori nei confronti della Russia, alcuni dei quali anche di natura extra-territoriale, e dalla cosiddetta “guerra dei chip” tra Stati Uniti e Cina. Nel primo caso, i regimi sanzionatori diversi pongono sfide e rischi non facili da affrontare per le nostre imprese, che si devono interfacciare con la normativa straniera per comprenderne gli impatti ed evitare rischi e conseguenze dagli effetti anche devastanti. Nel secondo caso, invece, l’intensificarsi della competizione tra Stati Uniti e Cina per la supremazia tecnologica espone le catene di approvvigionamento a scosse create da restrizioni alle esportazioni e da altre barriere non tariffarie attuate da entrambe le Nazioni. Le imprese non possono rinunciare all’accesso a questi mercati strategici, ma il progressivo disaccoppiamento tra i due Stati mette in discussione i loro modelli di sviluppo, costringendole ad attuare ed effettuare controlli all’esportazione nonché a segmentare la propria offerta e i propri processi. In questo caso non si tratta più solo di decidere se operare in un Paese piuttosto che nell’altro, ma di come operare in un Paese affinché non vi siano riscontri negativi nell’altro.
Da ultimo, ma non meno importante, le aziende sono chiamate anche a conformarsi a nuove e complesse normative ambientali e sociali sui prodotti che fabbricano e acquistano e che, talvolta, richiedono la creazione di sistemi per la tracciabilità delle merci. È il caso, ad esempio, delle nuove normative sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio entrati recentemente in vigore in diversi Paesi europei o anche della cosiddetta “carbon tax alla frontiera”, che l’Unione europea introdurrà ad ottobre 2023 e che imporrà alle aziende di documentare, comunicare e, se del caso, pagare una carbon tax sulle emissioni di gas serra associate a diverse tipologie di merci energivore e inquinanti introdotte nel mercato unionale.
In sostanza, ogni Paese in cui un’azienda opera rappresenta un rischio di compliance: leggi e regolamenti vengono modificati anche con breve preavviso e con poca o nessuna notifica, nonché con ammende in caso di mancata conformità. A fronte di tale complessità, solo chi padroneggia le regole del commercio internazionale, si informa adeguatamente e adatta rapidamente la propria strategia può ottenere un prezioso vantaggio strategico e competitivo rispetto alla concorrenza. È qui che si inserisce la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino: con i suoi servizi di informazione puntuale, consulenza mirata, formazione ed eventi nei vari ambiti del commercio con estero, la Cc-Ti è partner e interlocutore privilegiato delle aziende del territorio ad essa associate.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/01/ART23-complicato-complesso-internazionale.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-01-31 08:00:002023-01-30 10:36:07Da complicato a complesso: il contesto internazionale è sempre più impegnativo