Ripensare il proprio modello di business: il vantaggio competitivo di domani

Molte PMI a causa del superfranco continuano a subire una forte pressione sui margini e hanno quasi esaurito il potenziale per l’ottimizzazione dei loro processi e gli strumenti per investire in altre innovazioni di prodotto. Mega-tendenze quali la globalizzazione, i cambiamenti demografici, la sostenibilità, la digitalizzazione e la mobilità stanno cambiando il mondo e l’economia globale, facendo emergere nuovi concorrenti: ne sono un esempio Apple, il rivenditore di musica che non ha venduto un solo CD, Uber, l’impresa di taxi che non possiede automobili o AirBnB, l’azienda che affitta abitazioni senza aver mai piantato un mattone. Il mondo del business viene completamente rivoltato e le PMI che operano a livello internazionale non possono cullarsi nella falsa sicurezza che proprio il loro settore venga risparmiato.

Che fare quindi?

Dopo anni di miglioramento dell’efficienza e dei prodotti, le imprese svizzere attive a livello internazionale giungono sempre più ai limiti del potenziale di ottimizzazione, in taluni comparti la pressione sui margini continua però ad essere presente. È importante quindi superare il modo di pensare secondo la logica aziendale tradizionale. Prendendo ad esempio Apple, Uber o AirBnB, il vantaggio competitivo internazionale del futuro risiede in un modello commerciale intelligente.

Se, in parole povere, i modelli di business descrivono il funzionamento di un’impresa, il modo in cui si devono realizzare gli utili e, in particolare, quali esigenze dei clienti debbano essere soddisfatte, per attuare un modello commerciale innovativo servono soprattutto creatività e un pensiero fuori dagli schemi. Il punto di partenza è dato dalle esigenze dei propri clienti e dalla possibilità di apportare un plusvalore in un modo nuovo, più efficiente o più interessante, in ognuno dei mercati di riferimento, di offrire loro una nuova esperienza, di distinguersi dalla concorrenza e di generare ulteriori fonti di guadagno. Bisogna in particolare riflettere sui seguenti punti: quale vantaggio offre il mio prodotto o servizio ai clienti? Come viene generato tale vantaggio e quale valore aggiunto porta con sé? Qual è il mio modello di ricavi? In realtà non c’è bisogno di reinventare la ruota, è sufficiente guardarsi attorno, dare un’occhiata anche ad altri settori e conoscere le loro soluzioni sul mercato. Lasciatevi ispirare.

Come?

Il Forum del commercio estero svizzero che Switzerland Global Enterprise terrà il prossimo 18 maggio alla Fiera di Zurigo può essere una prima occasione. Tra le varie testimonianze, ad esempio, troviamo quella dell’azienda Elite SA di Aubonne (associata alla Camera di commercio vodese e a S-GE), produttrice di materassi, ci piace particolarmente: l’attuale CEO ha lavorato in precedenza nel settore automobilistico e ha portato con sé l’idea del «leasing». I pregiati materassi sono stati dotati di sensori e da allora vengono noleggiati agli alberghi, che pagano solo se effettivamente un cliente ci dorme sopra. In questo modo gli alberghi risparmiano notevoli investimenti, realizzando così un vantaggio per il cliente in modo più interessante. Nel contempo Elite SA riceve informazioni su come i clienti utilizzano il suo prodotto e su come migliorare ulteriormente i suoi materassi. Con questo modello di business la PMI della Svizzera romanda opera con successo anche a livello europeo.

Siamo convinti che anche in Ticino molte aziende stiano compiendo passi simili. Ci farebbe molto piacere se si mettessero in contatto con noi così da poterle promuovere e renderle fonte d’ispirazione per altre PMI del Cantone.

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Marco Passalia, responsabile Servizio Export Cc-Ti

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Discorso del Presidente Martinetti – Assemblea FPCE

Discorso pronunciato da Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti, in occasione dell’assemblea FPCE del 2.5.2017

Fa stato il discorso pronunciato oralmente


Caro presidente, cari membri della FPCE,

sono onorato di poter partecipare ai vostri lavori a testimonianza dell’eccellente rapporto esistente fra la vostra associazione e tutto quanto ruota attorno alla vostra professione e la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino. Il settore degli impianti elettrici (in senso largo) ha una lunga tradizione di collaborazione con la Cc-Ti, con l’AIET in primis, socio storico con uno dei segretariati più importanti per la nostra struttura. Attraverso il rapporto con la FPCE, che data di tempi più recenti, il tutto si è ulteriormente intensificato, anche perché la formazione costituisce un elemento strategico fondamentale per le aziende avantutto, ma pure per la Cc-Ti che da tempo ne ha fatto un cavallo di battaglia per le innumerevoli battaglie politiche che stiamo conducendo a tutela dell’economia ticinese.

Certo, parlare di formazione davanti a questa platea qualificata, potrebbe essere considerato un po’ strano, visto che gli esperti siete voi. E di fronte alla varietà di corsi proposti dalla vostra associazione, non avete certo bisogno di indicazioni particolari né sul valore della formazione in quanto tale, né sui contenuti da darle per cavalcare le molte e rapide evoluzioni del mercato. Mi limito pertanto a sottolineare quanto sia importante in generale tutto l’ambito dell’apprendimento delle conoscenze, dalla formazione scolastica a quella professionale fino al perfezionamento e all’aggiornamento costante. E’ una sfida non da poco per tutti, se pensiamo alla velocità dei cambiamenti che pongono problemi non da poco già a partire dalla scuola media. Trovare un equilibrio fra un vasto bagaglio di conoscenze generali e quelle specialistiche è ormai il tema dominante della discussione. Il mercato, con le sue sempre più repentine evoluzioni, chiede un po’ tutto. Solide conoscenze di base che permettono una flessibilità di adattamento a situazioni sempre più mutevoli. Conoscenze specialistiche approfondite, ma nemmeno troppo, per evitare esclusioni dal mondo del lavoro nel caso di trasformazione profonda o addirittura di sparizione di determinate professioni. Perché è questa la realtà oggi. Tanto sono veloci le cancellazioni di talune professioni, altrettanto veloce è la creazione di nuove specialità. Purtroppo nei media si parla solo dei primi, dando l’impressione che la tanto temuta trasformazione digitale sarà solo uno strumento di cancellazione dei posti di lavoro. Ignorando che, in determinate circostanze, a qualche centinaio di posti di lavoro soppresso fa da contraltare qualche migliaio di posti creati in funzioni diverse. Un punto principale della sfida risiede proprio qui, cioè nel gestire la transizione verso nuovi lidi di chi fa più fatica, per età e/o formazione. Cioè evitare che troppe persone “si perdano per strada”, realtà e preoccupazione di ogni rivoluzione industriale. Rivoluzioni industriali che, detto per inciso, hanno storicamente sempre portato a progresso e sviluppo nel medio e lungo termine. E’ nel breve che dobbiamo lavorare per evitare che vi siano troppe conseguenze negative.

Impressiona pensare che talune aziende (Swisscom per non fare nomi) realizzi oltre il 70% della propria cifra d’affari con prodotti che dieci anni fa non esistevano. Sono dati che non possono lasciare indifferenti, a cavallo tra timori e grandi possibilità di sviluppo. Leggevo qualche giorno fa che nella sola Svizzera tedesca sono nate una trentina di nuove professioni negli ultimi due anni, tutte legate ad ambiti tecnici. Le potenzialità sono quindi enormi e il mondo economico sembra esserne fortunatamente cosciente. Nell’ultima inchiesta congiunturale svolta dalla Cc-Ti qualche mese fa, oltre la metà delle aziende interpellate ha affermato che sta affrontando in maniera attiva e consapevole la trasformazione digitale. Non sono cifre da poco, anche nel contesto svizzero. Senza dimenticare poi che l’80% delle aziende ha segnalato che non vi saranno conseguenze sul personale, o perché già preparato o perché si sta preparando. Altro segnale importantissimo di stabilità, checché ne dicano i tanti politici che l’interno di un’azienda non l’hanno mai visto, figuriamoci se ne capiscono il funzionamento.

Qui sta uno dei punti più delicati della situazione politica attuale. La scarsa conoscenza del mondo aziendale e delle sue dinamiche. Non si può né si deve negare che vi siano problemi legati a una concorrenza sempre più agguerrita e non sempre leale e la vostra professione li conosce bene. Dumping, lavoro nero, ecc. sono fenomeni che non vanno trascurati ed è giusto sanzionarli senza riserve né eccezioni. Ma non a costo di distruggere tutto il sistema elvetico che ha dimostrato di funzionare molto meglio degli altri che ci circondano. Regole sì, statalismo sfrenato no.

Ma oggi è difficile contrastare questa ondata di richieste di regole coercitive e sempre più invadenti.

Un’attività come la vostra è fondamentale nell’ottica della valorizzazione di quanto di positivo avviene sul territorio. Per la qualità e la varietà dell’offerta formativa, che dimostra come le aziende ticinesi, ben oltre il singolo settore, abbiano a cuore il capitale umano. Questo messaggio purtroppo passa ancora troppo poco. Come Cc-Ti stiamo facendo importanti sforzi in questo senso, per dare spazio anche mediatico alla stragrande maggioranza di imprese ticinesi che lavora con impegno e dedizione in un contesto tutt’altro che facile. Non è sempre facile, anche perché ai media le notizie positive non interessano granché e si fatica ad avere continuità sulle cose positive in un panorama che sembra crogiolarsi con piacere in sterili polemiche o in fatti di cronaca nera che tanto stimolano la curiosità della massa. Basti pensare che un’azienda che assume dieci persone passa inosservata, mentre quella che ne licenzia dieci finisce in prima pagina ovunque, Se poi in ballo vi sono dei frontalieri…

E’ pertanto assolutamente necessario che le associazioni continuino a lavorare insieme con convinzione. La ripartizione dei ruoli è chiara: le associazioni di categoria o settoriali si occupano delle questioni appunto di categoria o di settore, mentre la Cc-Ti, quale associazione-mantello dell’economia ticinese, si preoccupa delle questioni di politica economica generale. La Cc-Ti si attiva su problematiche settoriali solo se esplicitamente richiesto dagli esperti di specifici ambiti economici. Funzionamento semplice, che ha dimostrato di essere molto efficace. La Cc-Ti è quindi anche un’importante cassa di risonanza per le tante eccellenti iniziative delle associazioni a essa legate e la FPCE rappresenta un esempio di grande qualità in questo senso. Le trasformazioni della professione nell’ambito degli impianti elettrici (termine ormai quasi riduttivo) sono state enormi negli ultimi anni, ma le aziende ticinesi sono rimaste competitive. E la lista dei corsi che la FPCE offre è significativa di questa evoluzione, tanto è variegata. Al di là degli esami professionali, spaziando dai corsi prettamente tecnici a quelli sulla domotica e sul multimedia, passando per quelli più gestionali, è evidente quanto la o le professioni nel campo degli impianti elettrici siano al passo con i tempi. La sfida della trasformazione digitale per il vostro settore sembra ormai uno scherzo, tanto è variegato il campo delle vostre attività. La mia esortazione è che questo dinamismo, questa flessibilità, questa apertura possano essere maggiormente veicolate verso l’esterno, cioè verso la politica e la popolazione.

Vero che anche agli addetti ai lavori ogni tanto fa bene conoscere meglio cosa capita in altri settori, ma oggi il nostro compito principale è di veicolare importanti messaggi positivi verso l’opinione pubblica. Avantutto per la dignità della professione e per promuoverla ai fini del reclutamento di nuove leve, ma anche per far capire che le aziende ticinesi non sono una specie di associazione a delinquere preoccupata solo di fare profitti grazie a prezzi esorbitanti e ingiustificati, ma sono entità che prendono cura del territorio e che garantiscono un’eccellente qualità. Il resto sono chiacchiere e la Cc-Ti è sempre a vostra disposizione per darvi una mano, per qualsiasi esigenza. Non a caso sta nascendo un progetto comune in ambito formativo per i principi della gestione aziendale. Sono molto riconoscente di poter contare su di voi.

Mai come in questi anni è infatti importante la compattezza del mondo economico, confrontato con cambiamenti epocali, di rapidità inedita. La Cc-Ti, quale associazione-mantello dell’economia ticinese, è sempre in prima linea per cercare di trovare gli equilibri necessari, anche fra settori e rami economici. Non si può infatti nascondere che gli interessi di chi opera prevalentemente sul mercato interno siano spesso, almeno in parte, divergenti da quelli di chi opera sui mercati internazionali. Il legittimo bisogno di protezione dalla concorrenza sleale si scontra con la richiesta di sempre meno ostacoli, elemento essenziali per l’industria dell’esportazione. Conciliare queste esigenze non è facilissimo, ma è fattibile, come dimostra la nostra attività quotidiana. Inflessibile severità contro chi viola le regole (v. padroncini e distaccati), ma lotta instancabile contro l’introduzione di eccessive regole che chiudono il nostro paese in un inutile protezionismo, penalizzando in primis le aziende esportatrici ma in ultima analisi tutta l’economia. E’ quindi necessario stare molto attenti al rispetto del principio della legalità ad esempio, elemento fondante del nostro Stato e che non può essere sacrificato a cuor leggero in nome di princìpi anche ampiamente condivisi ma di difficile applicazione pratica. Ogni riferimento a “Prima i nostri” e alla famosa (o famigerata) LIA è voluto. Idee lodevoli e che sul principio ci trovano molto aperti, ma che per un’applicazione pratica effettiva a favore delle nostre aziende e della popolazione ticinese richiedono equilibrio, attenzione, capacità di lavorare sulle sfumature, per evitare effetti contrari a quelli voluti. Anche qui il riferimento alla LIA non è casuale. Qualità, quelle appena citate, che purtroppo oggi al mondo politico sembrano mancare totalmente e, se l’economia non è capace di far valere in modo compatto la libertà economica e imprenditoriale, vi sarà sempre più spazio per “soluzioni” apparentemente facili e popolari, ma in realtà inutili e perfino dannose.

Per la libertà economica e imprenditoriale continueremo a combattere, sempre lealmente come è nel nostro stile, ma senza concessioni. Perché ne va del nostro sistema, che abbiamo costruito con fatica e che dà risultati eccellenti. Lo scimmiottare esempi di paesi a noi anche vicini, soffocati dalla burocrazia e da regole mostruose, non può essere un obiettivo condiviso in nome di una pseudo-protezione.

Grazie dell’invito e buon lavoro a tutti.

 

Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti

In occasione dell‘assemblea FPCE, l’associazione della formazione professionale continua nel ramo elettrico, il Presidente Cc-Ti Glauco Martinetti ha tenuto il seguente discorso, scaricabile qui in formato PDF.

La Lugano Commodity Trading Association

La Lugano Commodity Trading Association (LCTA) è un’associazione senza scopo di lucro con sede a Lugano fondata nel 2010. L’Associazione raccoglie alcuni dei maggiori operatori che ruotano attorno alla sfera del Commodity Trading, delle spedizioni, delle assicurazioni e del finanziamento di questo settore. Naturalmente, le società membro sono persone giuridiche ubicate e registrate in Svizzera con un legame commerciale con il Ticino e con le regioni attigue.

I principali obiettivi dell’associazione sono innanzitutto il rafforzamento del settore del Commodity Trading nell’area italo-svizzera del centro-sud dell’Europa, attraverso l’organizzazione di eventi e missioni sia in Ticino sia all’estero di cui più volte abbiamo riferito su Ticino Business. Inoltre, la LCTA fornisce una formazione mirata per le aziende del settore e, quindi, per il proprio personale, nonché la possibilità di aprire e garantire la formazione anche a chi intende intraprendere una nuova carriera. In particolare segnaliamo che, in collaborazione l’Università di Lucerna e la Zug Commodity Trading Association, la LCTA propone un certificato in studi avanzati (Certificate of Advanced Studies CAS) per tutte le persone interessate ad entrare a far parte di questo interessante settore (cfr: www.lcta.ch/cas-commodity-professional/).

Tra gli obiettivi dell’associazione vi è inoltre lo sviluppo dei servizi attorno al settore del Commodity Trading e l’accrescimento delle conoscenze e del know-how attorno agli ambiti del trading, delle spedizioni, delle assicurazioni e del finanziamento di tali attività. Infine, con l’associazione mantello nazionale, la Swiss Trading and Shipping Association (STSA), la LCTA fa attività di lobbying in collaborazione con le autorità per migliorare le condizioni quadro della piazza ticinese a favore delle aziende operanti in questo settore.

Il settore del commodity trading: questo sconosciuto

Due minuti e dieci secondi (in italiano, tedesco, francese e inglese) per presentare il mestiere del commerciante di materie prime. Con un breve video la STSA (l’associazione nazionale delle aziende di commodity trading) desidera raggiungere un pubblico più giovane e suscitare interesse per un settore dell’economia elvetica estremamente dinamico. Il settore delle materie prime impiega attualmente più di 30’000 persone in Svizzera e rappresenta quasi il 4% dell’economia nazionale. Malgrado la sua importanza rimane però sconosciuto al grande pubblico.

I traders hanno un ruolo fondamentale nelle nostre vite quotidiane. Che si tratti del nostro caffè, del cacao consumato dai più giovani, dal cotone di cui sono fatti i nostri vestiti, o dell’energia che ci dà calore o elettricità, niente di tutto ciò sarebbe possibile senza il lavoro dei commercianti in materie prime.

Molto più che dei semplici esperti in logistica, i traders costituiscono un anello essenziale della catena d’approvvigionamento. Analisi dei mercati, gestione dei rischi, finanziamenti, investimenti nelle infrastrutture, stoccaggio, certificazioni: alcune delle tante attività che ingloba la professione del trader. Incuriositi? Vi invitiamo quindi a visitare la pagina Youtube della STSA o guardare direttamente il video al seguente link.

Dati di contatto: LCTA, c/o Cc-Ti, Corso Elvezia 16, Lugano, info@lcta.ch; www.lcta.ch 

Resoconto dell’evento “L’economia del futuro è digitale”

Negli anni Ottanta il parlamento nazionale discusse dell’introduzione di una tassa contro la diffusione dei computer. Oggi la digitalizzazione migliora molti prodotti e servizi, crea delle nuove attività malgrado le incertezze nel mondo del lavoro – e può persino salvare delle vite umane.  Di questo e di molto altro ancora se ne è parlato durante l’evento organizzato da Cc-Ti e Swisscom il 26.04.2017.

 

 

L’economia del futuro è digitale: questa convinzione è condivisa da imprenditori e lavoratori. E proprio con questo titolo la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino ha organizzato un evento presso la Scuola Arti e Mestieri (SAM) di Bellinzona, per mostrare quali sono gli sviluppi già avvenuti sul territorio ticinese a riguardo del tema. Secondo il Direttore della Cc-Ti Luca Albertoni si è voluto dare un segnale di incoraggiamento verso il cambiamento digitale.

A che punto siamo? Agli occhi del Direttore Albertoni il Ticino si posiziona nella media svizzera e vi è un approccio prevalentemente positivo. E non è certamente nell’interesse dell’economia mettere in un angolo i lavoratori più “deboli” e veder emergere un disagio sociale, ha ribadito Albertoni. Perciò sia le aziende sia i singoli collaboratori devono affrontare la seconda grande sfida connessa a quella digitale, ovvero quella della formazione.

Reagire sempre più in fretta

In occasione dell’evento della Cc-Ti alcune imprese hanno presentato le loro attività a riguardo del cambiamento digitale. Lo sviluppo diventa sempre più veloce quindi le aziende devono reagire sempre più rapidamente, ha constatato Carlo Secchi, Head of Sales Ticino & Engadina di Swisscom. Per raggiungere un milione di clienti nel settore della telefonia ci sono voluti 79 anni, Facebook invece ha acquisito lo stesso numero di clienti in due anni mentre Snapchat viene usato sin dalla sua fondazione nel 2011 da 158 milioni di persone. E davanti a noi si staglia l’era dell’intelligenza artificiale che inciderà molto su tutte le prestazioni di servizio. Cosa bisogna fare quindi? Secondo Carlo Secchi occorre ridisegnare i modelli di business, eliminando soprattutto le procedure inefficaci per abbassare i costi. Ma la vera sfida riguarda la definizione dei tool futuri, la loro realizzazione e correzione istantanea nel caso d’insuccesso.

Geolocalizzare il cliente

Il tema di prodotti semplicissimi, adatti all’uso istantaneo è di centrale interesse per Andrea Maffioretti, Center Manager della Aduno SA, azienda attiva nel settore dei payment services. Secondo Maffioretti l’uso onnipresente dello smartphone richiederà l’integrazione totale della carta di credito nel cellulare: ci sarà un app per pagare e controllare il pagamento. La tendenza, voluta soprattutto dai giovani, è quella disvolgere tutto tramite smartphone, una realtà che potrà essere applicata già fra dieci anni. Ma lo sviluppo non si ferma qui: il concetto del pagamento mobile potrebbe anche venir allargato ad un genere di portachiavi o d‘orologio da polso come lo portano gli amanti del jogging, per avere sempre a portata di mano il mezzo di pagamento.

La carta di credito sta sparendo e la comunicazione tra aziende e clienti sarà personalizzata il più possibile. È questo il punto di vista di Matteo Marini, Head of Run IT di Avaloq Sourcing che tra l’altro si occupa di gestire le fatture per imprese nel settore finanziario. Agli occhi di Marini il futuro della fatturazione è il seguente: si comunicherà tramite dei file talmente individualizzati che il singolo cliente verrà geolocalizzato. E persino le fatture verranno trasmesse sotto forma di video personalizzato e tutto ciò avrà un grande impatto sui giovani, ha sostenuto Marini.

Controllare le mucche

I Big Data sono la parole chiave per Nicola Moresi, CEO di moresi.com. La sua azienda si dedica alla protezione dei dati digitali e si prepara ad un’ulteriore crescita dei dati che è già oggi immensa. Secondo Moresi i dati sono il core-business di ogni impresa perché la loro raccolta, in una quantità sempre più inimmaginabile, può aiutare a combattere delle malattie, trovare delle soluzioni per il traffico stradale o controllare tramite un orecchino elettronico le mucche e i loro bisogni senza doverle vedere ogni volta dal vero.

Un app per il cuore

A proposito di benessere: la digitalizzazione può persino salvare vite umane, lo ha dimostrato Stefano Doninelli, CEO di DOS Group. Oltre allo sviluppo di applicazioni, ad esempio per il settore della sicurezza, la sua azienda s’impegna nella Fondazione Ticino Cuore. Vi sono persone private che dispongono di un’autorizzazione per il massaggio cardiaco nel caso in cui accada un arresto cardiaco o un incidente. Prima si interveniva solo con un sistema complesso che faceva perdere tempestività, essenziale in questo campo. Ma la DOS Group ha creato una soluzione efficace: grazie a un app mobile vengono trasmessi via messaggi push i dati necessari per poter trovare subito la persona in difficoltà. Questo rende possibile un massaggio cardiaco prima dell‘arrivo dell’ambulanza. Il successo si è rivelato notevole: nel 2014 è stato salvato il 36 per cento delle persone con un arresto cardiaco, mentre oggigiorno è stato raggiunto il 57 per cento. In tale modo il Ticino avanza nel ranking mondiale al secondo posto per vite salvate grazie al massaggio cardiaco precoce. La digitalizzazione ci sta letteralmente a cuore!

Dalla diligenza al data scientist

“I robot ci manderanno in pensione o ci renderanno disoccupati?” ha chiesto in modo arguto lo specialista delle risorse umane Guido De Carli, titolare della ditta ARU. Stando alle sue parole, tali timori erano già presenti quando la diligenza venne rimpiazzata dal treno tanti anni orsono. È quindi una vecchia preoccupazione dell’uomo che sempre più attività automatizzabili vengano svolte da, appunto, macchine o automi. Con il tempo spariranno non solo le attività di lavoro manuale o ripetitivo ma anche, per esempio, quelle di intermediazione o di rilevamento e analisi dei data. Aumenteranno invece le attività nell’ambito del computing, della sanità, dell’ingegneria o del management. Una nuova professione sarà quella del data scientist: non si tratta soltanto di un matematico, ma questa persona sarà simultaneamente anche economista e persino psicologo.

Per saperne di più dell’opinione di Guido De Carli leggete l’intervista che ha rilasciato per Ticino Business, il mensile della Cc-Ti.

Informatica e formazione

Oggigiorno ci vuole un adattamento continuo alle nuove situazioni e ciò richiede sempre nuove competenze. E proprio qui entra in gioco l’aspetto di una formazione che sia sempre aggiornata. In questo contesto la Cc-Ti ha aiutato a fondare nel gennaio 2017 l’associazione ICT Formazione professionale Svizzera italiana (ICT-SI), di cui Luca Albertoni è diventato presidente. L’associazione mira a promuovere la formazione duale di apprendisti informatici e ha anche lo scopo di aumentare il numero di posti di apprendistato disponibili in questo campo nella Svizzera italiana. Cliccando qui potrete conoscere meglio potrete avere maggiori dettagli.

Tanti sviluppi concreti e diversi per un tema che non smette di stupire. E il futuro digitale porterà con sé ancora tanti cambiamenti, talmente tanti che neanche gli addetti ai lavori possono veramente ancora predirne le sorti. Rimane quindi di fondamentale importanza la curiosità e la voglia di rimanere al passo con i tempi.

L’evento nei media
La rivoluzione è già iniziata, articolo dedicato all’evento sul Corriere del Ticino del 27.4.2017
Digital: un futuro migliore o ci manda in pensione?, articolo dedicato all’evento sul Giornale del Popolo del 27.4.2017
Digitalizzazione, la via economica è tracciata, articolo dedicato all’evento su La Regione del 27.4.2017
Il mondo del lavoro ticinese di fa sempre più flessibile, approfondimento con intervista al Direttore Cc-Ti Luca Albertoni, apparso sul Corriere del Ticino del 27.4.207
Luca Albertoni: “Il futuro dell’economia è digitale. E per non perdere posti di lavoro sarà fondamentale la formazione dei collaboratori”, apparsu su Libera TV
“Le aziende e il digitale”, Intervista a Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti, Il Quotidiano, da min. 23.07
Il tema ha stimolato il vostro interesse?
Al seguente link potete accedere al dossier tematico Cc-Ti dedicato alla digitalizzazione.
Nell’anno del nostro centenario abbiamo organizzato un ciclo di eventi dedicati a temi importanti per la Cc-Ti e per la nostra economia.
Potete rimanere aggiornati seguendo tutte le nostre attività a questo link.

La Cc-Ti compie cent’anni

La Cc-Ti compie 100 anni e per celebrare questo importante traguardo vuole portare l’attenzione su diversi temi importanti non solo per l’economia. Oggi scopriamo qualche elemento della sua storia e la funzione attuale. Già sono stati riassunti gli elementi principali che hanno portato alla creazione di una Camera di commercio e dell’industria cantonale.

Dopo i difficili anni della seconda guerra mondiale, parallelamente allo sviluppo economico del Ticino anche la Cc-Ti si è ampliata e trasformata, sia dal punto di vista numerico che nella sua funzione. Da organo prevalentemente composto da commercianti e industriali, sempre più è stata identificata come punto di riferimento per le questioni di politica economica generale, quindi complementare alle associazioni di categoria o di settore. Questo spiega l’adesione, che ricordiamo è volontaria trattandosi di un rapporto di natura puramente privato, di molti rami professionali e varie rappresentanze di tutti i settori economici, per giungere alle 44 associazioni oggi aderenti alla Cc-Ti. Senza dimenticare ovviamente i soci individuali, quantificabili in circa 1’000 aziende.

Questa tendenza si è consolidata soprattutto nell’ultimo decennio, dove è emersa ancora più chiaramente la ripartizione dei ruoli: la Cc-ti si occupa di questioni di ordine generale e solo sussidiariamente interviene a sostegno delle singole categorie, se queste ne fanno richiesta. Non è sempre facile capire dove stia il limite fra interessi settoriali e generali, ma questo è un compito anche appassionante, perché permette un confronto regolare su tutte le questioni che preoccupano i nostri molti associati, per definire al meglio quali siano gli interessi da difendere e quale sia la via migliore per farlo. Che il sistema funzioni lo testimonia il fatto che alla Cc-Ti aderiscono 44 associazioni in rappresentanza di tutti i settori dell’economia ticinese. Oltre naturalmente ai soci individuali, tutte aziende ben radicate sul territorio. Rappresentando circa 7’000 aziende e 120’000 posti di lavoro, è chiaro che la Cc-Ti non solo ha a cuore la tutela della libertà economica e imprenditoriale, ma dà il suo contributo costante affinché vi sia la necessaria attenzione verso il territorio da parte degli operatori economici associati.

Cercando di promuovere il partenariato sociale, proponendosi quale interlocutore affidabile delle autorità soprattutto cantonali e federali, affrontando anche i temi più delicati senza pregiudizi ideologici e restando aperta alla ricerca di soluzioni se possibile condivise. È anche per questo che aderire alla Cc-Ti non è automatico ma ogni richiesta viene attentamente valutata, affinché la struttura associativa serva alla tutela di chi effettivamente lo merita. E non è poco.

Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti

Per saperne di più:
Il centenario della Cc-Ti:
tutte le attività previste per celebrare il traguardo della nostra associazione

Il protezionismo è una minaccia per la nostra economia

Questo primo scorcio del nuovo Secolo sarà ricordato dagli storici dell’economia come il ventennio del grande paradosso. In un mondo sempre più interconnesso grazie alle grandi reti infrastrutturali che facilitano la produzione di merci e la circolazione di persone, capitali, idee, innovazioni, dati, materie prime e informazioni, i Governi di molti Paesi tendono, invece, a chiudere e proteggere la loro economia, limitando il libero scambio. Solo negli Stati del G20, secondo i dati del Global Trade Allert, dal 2008 al 2016, sono state introdotte oltre 3’500 misure che limitano gli scambi commerciali, che stanno, perciò, registrando una brusca frenata. Dopo 5 anni di crescita, nel 2015 le esportazioni globali sono diminuite del 13,6%.

Ormai è di moda inveire contro la globalizzazione e il libero mercato, ma si dimentica che nell’ultimo mezzo secolo lo sviluppo del commercio internazionale ha strappato centinaia di milioni di persone dalla miseria più nera. Nella sola Cina ben 700 milioni di abitanti si sono lasciati alle spalle la povertà. Ex poveri che cominciano a consumare merci prodotte anche nei Paesi ricchi. Nel 1998 in tutto il pianeta si contavano 2 miliardi di persone sotto la soglia d’indigenza, oggi sono 767 milioni (dati Banca mondiale). Certo, la globalizzazione ha provocato nei singoli Paesi squilibri sociali che richiedono correttivi e aggiustamenti, ma sono sotto gli occhi di tutti gli immensi progressi fatti nelle condizioni di vita e di salute, nell’accessibilità a beni e consumi prima impossibili e nelle libertà di scelta di ognuno di noi.

Nell’epoca del grande paradosso capita persino di vedere il leader di un Paese comunista, il cinese Xi Jinping, che dalla tribuna del WEF difende la globalizzazione e il libero commercio, mentre Donald Trump, neo Presidente USA, la più grande democrazia liberale del mondo, si profila come l’alfiere del neo protezionismo. Il suo “America First” è un concentrato di nazionalismo che molti politici europei hanno eletto a loro modello. E qui il gioco si fa pericoloso. Anche per la Svizzera, la cui forza economica è trainata dalle esportazioni favorite dalla libertà di commercio. Se nei suoi furori protezionistici Trump dovesse davvero applicare quella tassa del 20% sulle importazioni, già ipotizzata per la Germania, anche per il nostro Paese sarebbero guai seri, poiché la catena di creazione del valore delle imprese svizzere si basa essenzialmente sugli scambi internazionali. Oggi la Svizzera esporta negli USA beni per 17 miliardi di franchi in più di quanto importa, sostenuta anche dagli interventi della BNS per mantenere un cambio vantaggioso. Interventi che potrebbero far storcere il naso a Trump, il quale ha, peraltro, già criticato il prezzo dei farmaci importati dalla Svizzera.

Ma il problema immediato per l’economia elvetica non è Trump, bensì l’ondata protezionista che sta montando in tutta e Europa, Svizzera compresa. Restrizioni al commercio e agli scambi, con dazi doganali e altre limitazioni, non significano solo grosse perdite per la nostra industria d’esportazione e per i consumatori che vedranno aumentare i prezzi di molti beni, ma indeboliscono tutto il tessuto produttivo. Perché è con il mercato aperto alla competizione internazionale che tutte le imprese imparano a restare competitive, invece di vivacchiare grazie a barriere protezionistiche e aiuti statali. È dall’apertura dei mercati, e non dalla loro chiusura, che nasce la spinta ad innovare processi e prodotti per conquistare altri spazi di business, a creare nuove imprese. Se il protezionismo può sembrare un vantaggio a breve termine, alla lunga si rivela un veleno per tutta la società. Come hanno dimostrato le disastrose esperienze del 1914 e degli anni Trenta.

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GastroTicino

GastroTicino è la Federazione esercenti albergatori Ticino, la più grande associazione padronale del settore. GastroTicino, Sezione di GastroSuisse, raggruppa 1600 soci divisi in quattro Sezioni regionali: GastroLagoMaggiore e Valli, GastroBellinzona Alto Ticino, GastroLugano e GastroMendrisiotto.

GastroTicino ha lo scopo di difendere gli interessi dei soci, migliorare l’immagine della categoria, favorire la crescita economica del settore e partecipare alla vita sociale, economica e politica del Paese. GastroTicino è, così, l’organizzazione mantello per tutti gli esercenti e albergatori, ai quali fornisce un’ampia gamma di servizi professionali.

GastroTicino – che tramite GastroSuisse è firmataria del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) – è diretta da Gabriele Beltrami e il Consiglio di amministrazione è composto da:

Presidente: Massimo Suter (vicepresidente GastroSuisse)

Vicepresidente: Nunzio Longhitano (presidente GastroLago Maggiore e Valli)

Cassiere: Michael Lämmler (GastroBellinzona Alto Ticino)

Membri: Ketrin Kanalga (GastroLagoMaggiore e Valli); Luca Merlo (presidente GastroBellinzona Alto Ticino); Michele Unternährer (presidente GastroLugano); Fabio De Robbio (GastroLugano); Luca Serra (GastroMendrisiotto)  e Flavio Quadranti (presidente GastroMendrisiotto).

Servizi

A disposizione dei soci il Segretariato,  l’Ufficio giuridico, l’Ufficio per la formazione professionale e l’Ufficio Stampa e PR che coordina anche il progetto “Ticino a Tavola” (promuove la conoscenza e l’utilizzo di prodotti locali nella ristorazione) e “Fatto in casa”. Oltre alla classificazione alberghiera di GastroSuisse, consulenze sono date anche attraverso partner affidabili nei settori dell’igiene, servizio, cucina, acquisti di prodotti, marketing, organizzazione di eventi e ricerca del personale tramite GastroSOS. Se si è soci si ha la possibilità di conteggiare con la Cassa di compensazione AVS GastroSocial e di aderire alla cassa malati SWICA, assicurazione federativa di GastroSuisse e GastroTicino.

Scuola Esercenti

GastroTicino organizza il corso di preparazione per l’ottenimento del Diploma cantonale di esercente con l’obiettivo di impartire a ogni iscritto tutte le nozioni necessarie affinché egli possa affrontare al meglio gli esami con un bagaglio di conoscenze adatte alla conduzione del proprio esercizio pubblico. Il team di formatori è costituito da professionisti con esperienza pratica maturata nella formazione, nel commercio e nei servizi. L’approccio didattico è teorico e pratico, e permette a ogni partecipante l’immediata applicazione dei concetti appresi sia in aula che nella realtà professionale.

La rivista

GastroTicino sostiene “Réservé”, il magazine di gastronomia, turismo e attualità diretto dal giornalista professionista Alessandro Pesce, dedicato al Ticino e alla Svizzera. Réservé è stampata in Ticino in 10mila copie cellofanate, distribuite in modo gratuito a esercizi pubblici, hotels 5 stelle svizzeri, fornitori, associazioni di categoria, organizzazioni turistiche, studi medici e dentistici, fiduciari, studi legali, aziende e immobiliari, partner e inserzionisti. Per questo motivo Réservé si pone come “partner” autorevole nel settore editoriale dell’eno-gastronomia.

Ulteriori informazioni: Alessandro Pesce – Ufficio Stampa & PR – T. 078 945 93 30 – alessandro.pesce@gastroticino.ch
Contatti: GastroTicino, Via Gemmo 11, 6900, Lugano. – T. 091 961 83 11 – info@gastroticino.ch
Web: gastroticino.ch – ristoranti.ch – gastroformazione.ch – ticinoatavola.ch – fattoincasaticino.ch

Come si scardina la libertà economica

di Alessio del Grande

Gratta, gratta dietro il populismo trovi l’etno- nazionalismo e il becero protezionismo delle furiose chiusure che finiscono col distruggere quella libertà economica e imprenditoriale che garantisce la crescita e il benessere per tutti.
In Ticino, per fortuna, non si sono ancora costruiti muri al confine con l’Italia, ma nel nome della difesa della manodopera indigena, si è innalzato uno steccato fatto di leggi ad hoc, di ostacoli burocratici e misure restrittive che costituiscono, di fatto, una barriera dissuasiva per i lavoratori d’oltre frontiera, che finirà col soffocare quel mercato del lavoro e quel tessuto produttivo locale che si diceva di voler proteggere.
Il Ticino non è nuovo a queste forme di esasperato regionalismo. Basta ricordare al proposito, le veementi rivendicazioni a Berna, nel 1924 e nel 1938, per la “difesa etnica” del cantone e in anni più recenti, nel 1960, la prima richiesta alla Confederazione di una sorta di statuto speciale per proteggere l’economia locale dalla concorrenza d’oltre Gottardo. Allora le minacce arrivavano dalla Svizzera tedesca e dalla Germania, ora dall’Italia. Ma di veramente nuovo c’è che anni e anni di violente campagne contro i frontalieri e i padroncini, con plateali falsificazioni della realtà diventate però verità, a prescindere, nel senso comune, hanno sedimentato nel corpo sociale una anti italianità che ha segnato una forte regressione culturale. Di inedito c’è un clima di manifesta ostilità verso le imprese colpevoli di assumere i frontalieri che, oltre a generare dumping salariale, intasano anche le strade cantonali.

“Il Ticino non è nuovo a queste forme di esasperato regionalismo.”

Sono gli effetti di un restringimento del pensiero collettivo, stimolato politicamente anche da decine e decine di atti parlamentari, con le più singolari richieste per limitare drasticamente l’arrivo dei lavoratori italiani in Ticino e per scoraggiare le imprese dall’assumerli, su cui si è innestata una deriva istituzionale e legale. Una dinamica perversa con le forze populiste costrette ad alzare sempre di più toni per mantenere la presa emotiva sulla popolazione e gli altri partiti intimiditi e troppo spesso accondiscendenti, che ha finito con lo scardinare sistematicamente l’ordinamento giuridico liberale, cassando diritti individuali e quella libertà economica riconosciuta sin dal 1874 nella Costituzione svizzera. È l’ideologia del “primanostrismo” e delle soluzioni facili che prevale sul sistema legale provocando pericolosi sbandamenti istituzionali. Tassa sui posteggi, albo delle imprese artigiane, certificati penali per i lavoratori d’oltre confine, tanto per ricordare i casi più clamorosi, tutti provvedimenti in funzione anti frontalieri e anti padroncini, ma pubblicamente motivati con nobili intenzioni: la sicurezza pubblica, la tutela del territorio, la difesa delle imprese locali, la cui compatibilità con le leggi federali e gli accordi internazionali si è dimostrata, però, assai labile. Leggi controverse e contestate con numerosi ricorsi, che hanno creato forti tensioni con Berna, l’Italia e, nel caso dell’albo degli artigiani, anche con le associazioni economiche degli altri cantoni, suscitando persino le rimostranze della Commissione federale per la concorrenza. Ottime comunque, secondo la logica della “politica dei segnali”, a vellicare il risentimento popolare, mentre la commissione parlamentare per l’attuazione dell’iniziativa udc “Prima i nostri”, non mancherà certamente di riservare altre sorprese nel mettere dei nuovi paletti alla libertà delle imprese anche nelle assunzioni.

Il libero mercato – dossier tematico

Che il libero mercato sia un elemento imprescindibile per garantire il nostro benessere è stato chiarito a più riprese dalla Cc-Ti. È pertanto innegabile che quella che sembra ormai una diffusa tendenza globale alla chiusura preoccupa non poco, soprattutto per una nazione a forte vocazione di esportazione come la Svizzera.

Per continuare a leggere la posizione Cc-Ti e tanti altri contributi interessanti sul tema del libero mercato, potete scaricare i pdf qui sotto.

Troverete, nell’ordine:

  • Il tema di Ticino Business di aprile: L’economia non cresce all’ombra dei muri ma solo con il libero commercio
  • La posizione della Cc-Ti sul tema: Il libero mercato è un processo in divenire
  • Approfondimenti: L’UE vuole guardare avanti – insieme alla Svizzera
  • Le Opinioni:
    • Patrick Dümmler, Conseguenze positive del commercio tra Svizzera e Cina
    • Alessandra Gianella, La globalizzazione e le sfide future

Buona lettura!

L’economia non cresce all’ombra dei muri ma solo con il libero commercio!
Il libero mercato è un processo in divenire
L’UE vuole guardare avanti – insieme alla Svizzera
Conseguenze positive del commercio tra Svizzera e Cina
La globalizzazione e le sfide future

La Cc-Ti: un’associazione completamente privata

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

“Temi che oggi sembrano di difficoltà insormontabile erano già d’attualità molti decenni fa (nello specifico 84 anni…) e lo sono di fatto quasi sempre stati.”

La Cc-Ti compie 100 anni e per celebrare questo importante traguardo vuole portare l’attenzione su diversi temi importanti non solo per l’economia. Oggi scopriamo qualche elemento dei primi anni della sua storia.

Le basi per l’odierna Camera di commercio e dell’industria ticinese sono state poste di domenica, più precisamente il 21 gennaio 1917, con la creazione della Camera di commercio dell’Associazione commerciale industriale del cantone Ticino.
Forse la scelta atipica della domenica è simbolica per le caratteristiche particolari della nostra associazione, oppure la quiete del giorno festivo ha favorito un’intesa raggiunta solo dopo vari tentativi, contraddistinti, nella migliore tradizione ticinese, da vari personalismi. O, più prosaicamente, il fatto di non essere chiamati al lavoro ha concesso il tempo necessario ai fondatori.

Poco importa. E’ comunque un fatto che, per raggiungere l’intesa fra Associazione commerciale industriale del cantone Ticino, Sezione ticinese delle sezioni dei commercianti e l’Associazione industriale ticinese per creare una Camera di commercio cantonale, sono stati necessari vari tentativi. Scontro anche di tipo ideologico, visto che l’Associazione commerciale industriale del cantone Ticino spingeva per una forma completamente privata, mentre le altre due associazioni consideravano anche il coinvolgimento pubblico negli organi associativi.
La prima variante ha prevalso, secondo il modello anglo-sassone, che ancora oggi contraddistingue la nostra attività, cioè un’associazione di diritto privato completamente staccata dallo Stato e senza alcun contributo pubblico, a migliore tutela del mondo imprenditoriale.
La sede scelta dai 62 membri presenti all’atto di costituzione fu Lugano. Generalmente si pensa che la scelta della città sul Ceresio fosse dettata dalla volontà di fare da contraltare al potere politico concentrato a Bellinzona (un po’ come Zurigo e Berna, tanto per intenderci). In realtà essa fu probabilmente il frutto di una disposizione statutaria, secondo la quale la sede andava fissata nel luogo con il maggior numero di aderenti e i migliori requisiti (dal punto di vista della rilevanza economica) per averla.
Nel 1918 fu assunto un segretario a tempo pieno, in un contesto economico difficile all’ombra della prima Guerra Mondiale.

Interessante è rilevare come molti temi fossero simili a quelli trattati oggi. Vale la pena segnalarne alcuni.

Nel 1918 ci si occupava di riduzioni di tariffe sulla linea del Gottardo e dei rapporti con i partner esteri (allora i consolati storici presenti a Lugano). Nel 1919 la Camera segnala alle autorità competenti il fenomeno della spesa oltre confine e dei danni all’economia nazionale e al fisco!
E nel 1933 si chiede al Consiglio di Stato una riduzione temporanea della tassa sulle patenti, per dare fiato all’industria alberghiera in crisi galoppante.

Temi che oggi sembrano di difficoltà insormontabile erano già d’attualità molti decenni fa (nello specifico 84 anni…) e lo sono di fatto quasi sempre stati.
Quale insegnamento trarne? È fondamentale occuparsi di tali questioni con serietà, ma con la consapevolezza che forse esse sono fisiologiche per una zona di frontiera e legate anche alle peculiarità del sistema elvetico. Vale la pena ricordare che proprio le caratteristiche del territorio ticinese e svizzero, al di là delle difficoltà contingenti, hanno permesso alla nostra nazione e al nostro cantone di prosperare. Non vi sono motivi perché questo non possa ripetersi ai giorni nostri.