Il centro di competenza per l’Export ticinese

Il servizio Export pone al centro delle sue attività tutti gli associati alla Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti). Ricordiamo infatti che il settore delle esportazioni ricopre un ruolo fondamentale per le aziende che realizzano la maggior parte del loro fatturato sui mercati esteri. Di seguito desideriamo esporre brevemente i diversi progetti sostenuti e promossi dal nostro Servizio che ricopre il ruolo di centro di competenza per l’export ticinese.

L’Export Training Center

Si tratta della piattaforma di riferimento attraverso la quale la Cc-Ti, in collaborazione con Switzerland Global Enterprise (S-GE), organizza regolarmente corsi e seminari che rispecchiano le più attuali esigenze delle aziende esportatrici. Grazie alle competenze interne, alle relazioni con le autorità competenti, alla collaborazione con la Swiss School for International Business (SSIB), ad una vasta rete di esperti riconosciuti e di riferimento, ma soprattutto grazie al contatto stretto e regolare con le aziende esportatrici, la Cc-Ti è in grado di proporre un’offerta formativa attuale, concreta e di qualità che tocca a tutto campo le tematiche export. Anche per il 2017 saranno proposti seminari su tematiche d’attualità -pensiamo ad esempio alla nuova normativa Swissness che entrerà in vigore il 1° gennaio 2017 – o su argomenti basilari per il commercio con l’estero come gli Incoterms o le lettere di credito.

Check List Export

Oltre al rilascio dei certificati d’origine, dei Carnet ATA o dei Cites, il Servizio Export è a disposizione per consulenze specifiche per tutto ciò che concerne le esportazioni. Dalle richieste nell’ambito dell’origine delle merci, dagli accordi di libero scambio, dagli aspetti legati all’IVA nelle operazioni transfrontaliere, alla gestione dell’IVA intracomunitaria, o ancora per tutti quegli argomenti legati alle spedizioni, alle assicurazioni di trasporto o al dual use. Sono solo alcuni esempi dei temi che possono essere trattati in quella che viene definita “Check List Export”, una consulenza personalizzata adattata alle singole specificità e richieste delle aziende. Oltre al lavoro di analisi, nella “Check List Export” viene abbinata una formazione indirizzata ai collaboratori ed ai responsabili di settore (eventualmente anche ai dirigenti), per fornire all’azienda gli strumenti adattati a rispondere alle esigenze quotidiane. Ciò viene realizzato sia attraverso una formazione generale, sia attraverso l’analisi di casi concreti fornendo risposte puntuali.

Oltre i confini

Il Servizio Export della Cc-Ti vuole anche dare visibilità e far conoscere al grande pubblico le interessantissime realtà di aziende esportatrici presenti sul suolo ticinese. Durante il 2016 abbiamo potuto constatare ancora una volta, tramite la trasmissione “Oltre i confini” promossa in collaborazione con il gruppo MediaTi e Switzerland Global Enterprise (S-GE), la dinamicità dei nostri associati e l’importanza di poter esportare i propri prodotti all’estero. Le aziende intervistate nelle brevi “pillole” apparse su Teleticino hanno fornito uno sguardo attento e reale al lavoro quotidiano degli imprenditori ticinesi. Il successo di questo progetto, declinato anche in articoli di approfondimento sul Corriere del Ticino, il Giornale del Popolo e Ticinonews, sarà sicuramente riproposto anche nel 2017. Grazie a “Oltre i confini” il mondo economico reale ticinese, quello fatto di impresa e di persone che quotidianamente sono confrontate con problematiche concrete, può essere conosciuto al grande pubblico tramite una modalità innovativa e accattivante.

Maggiori informazioni sul Servizio Export della Cc-Ti posso essere richieste direttamente via email oppure consultando il sito internet della Cc-Ti

Le cure dentarie presto a carico delle aziende?

Il 28 novembre 2016 si è tenuto presso la sede della Cc-Ti l’evento “Nuovi oneri per le aziende: il caso particolare delle cure dentarie”. Attraverso quest’incontro  la Cc-Ti, congiuntamente a  curafutura (associazione che comprende gli assicuratori malattia CSS Assicurazione, Helsana, Sanitas e CPT), ha voluto rendere attente le aziende ticinesi sul rischio di nuovi oneri, che toccano in questo caso la salute dentaria. In particolare sono state presentate l’iniziativa per il rimborso delle cure dentarie e il sistema di copertura delle spere per le cure dentarie oggi in vigore.

L’apertura del Business Breakfast della Camera (BBC) è spettata al Direttore Cc-Ti, Luca Albertoni, e al Direttore di curafutura Pius Zängerle, che hanno messo in risalto come in Svizzera stia sempre più prendendo piede l’idea che numerosi costi debbano essere maggiormente presi a carico dalla collettività (attraverso il sistema di redistribuzione sociale) e meno dai singoli cittadini, dai quali si esige quindi di conseguenza una minor responsabilità personale. Il caso delle cure dentarie e delle iniziative lanciate sul tema in 4 cantoni latini, tra cui il Ticino, ne è la prova: se questi progetti venissero accettati in votazione popolare, si andrebbero ad introdurre nuovi oneri per le aziende, già sottoposte a innumerevoli tasse, contributi e balzelli.

Nicole Manetti, responsabile di progetto per la politica sanitaria di curafutura, ha poi preso la parola fornendo una breve panoramica dell’iter politico di queste proposte, in particolar modo di quella ticinese, per poi brevemente spiegare lo stato odierno del sistema dentario, giungendo infine alla conclusione che – dati alla mano – quest’ultimo funziona in modo soddisfacente e che quindi – bisognerebbe maggiormente seguire il celebre adagio inglese – “If it ain’t broke, don’t fix it”.

E’ stato poi Claudio Brunoldi, Direttore Service Center presso Helsana, a spiegare in modo più dettagliato la copertura delle spese per le cure dentarie allo stato attuale.

Il BBC si è quindi concluso con una discussione, animata dal Direttore Cc-Ti, che come sempre è stata ricca di elementi e spunti interessanti. Il mondo imprenditoriale presente in sala si è dimostrato compatto nel giudicare allarmante la tendenza verso una sempre maggior pressione sulle aziende, in questo caso di tipo finanziario, che porta inevitabilmente a una logica di deresponsabilizzazione del singolo cittadino. Ciò infatti si trova in profondo contrasto con i principi liberali svizzeri che, nel corso degli anni, hanno permesso al sistema svizzero di essere performante, garantendo un certo benessere alla popolazione.

Qui di seguito potrete accedere alle presentazioni dei due relatori.

Iniziativa per l’obbligo di assicurazione per le cure dentarie
Nicole Manetti
Direttore Service Center presso Helsana
Claudio Brunoldi
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Legalità e libertà

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

“Punire tanti per le colpe di pochi ha invece un retrogusto sinistro da regime totalitario che poco ha a che fare con le nostre strutture (ancora) liberali.”

L’attualità cantonale offre numerosi spunti legati a due principi giuridici fondamentali come la legalità e la libertà. Non mi riferisco alle attività criminali e alle eventuali privazioni della libertà personale, bensì alle sempre più numerose e fantasiose proposte volte a moralizzare soprattutto il comportamento delle aziende sul mercato del lavoro. In nome di princìpi certamente condivisibili come il controllo dell’immigrazione, il rispetto del territorio in senso lato, ecc., ma a volte staccati dal principio dello Stato di diritto, che pure è un principio costituzionale, visto che l’articolo 5 capoverso 1 della Costituzione federale indica chiaramente che “Il diritto è fondamento e limite dell’attività dello Stato”.

Stupisce quindi non poco che dopo mirabolanti promesse di ricette facili facili applicabili immediatamente, si debba ricorrere a verifiche della legalità e a mille analisi e approfondimenti per verificare ex post l’applicabilità delle ricette miracolose o presunte tali. Ho comprensione per il gioco politico, fatto inevitabilmente anche di forzature per smuovere situazioni bloccate. Ma quando la forzatura diventa sistematica la cosa si fa quantomeno problematica. Come sempre si invocano situazioni speciali che giustificano qualsiasi cosa, quindi anche il prendere a calci la Costituzione federale, da difendere contro i giudici stranieri, ma che i ticinesi sono legittimati a ignorare trattandosi, a seconda delle situazioni, non di una Carta fondamentale che tutela diritti individuali, federalismo ecc., ma di un fastidioso libercolo voluto dai confederati per fregare i ticinesi. Ovviamente l’interesse supremo di cancellare la libertà economica e imprenditoriale, sancita tra l’altro dall’articolo 27 della Costituzione federale e per noi valore non negoziabile, è prevalente e questo, secondo taluni, giustifica tutto. Infatti non sono pochi coloro che considerano tale libertà come una licenza di uccidere, cioè di fare quello che si vuole fregandosene delle regole. Complimenti per la profondità di pensiero. Considerata la ridicola esaltazione per imprese che chiudono o che rinunciano a investire in Ticino e la volontà di sparare nel mucchio indistintamente, vi è seriamente da chiedersi se si vogliano ancora aziende sul nostro territorio. Ah è vero, dimenticavo che vi sono sempre le aziende iper-tecnologiche ad altissimo valore aggiunto (definizione su cui si potrebbe disquisire a lungo), che non hanno parcheggi, non creano traffico, non inquinano e non fanno rumore. Queste e solo queste sembrano avere diritto di cittadinanza, mentre le altre, che spesso però sono le nostre ben radicate sul territorio e che andrebbero quindi difese, sono poco più che pezzenti perché non sono la Apple. Anche se la Apple, per la sua politica di retribuzione, in Ticino finirebbe sicuramente alla gogna per dumping salariale e cacciata con grande sollievo dei puristi dell’autarchia. Difficile raccapezzarsi in questo ginepraio. Certo, come al solito sarò accusato di non volere intervenire contro un mercato selvaggio di neo-liberisti a caccia di scalpi. In realtà mi sono sempre schierato senza riserve per le sanzioni civili, amministrative e penali per chi non rispetta le regole. Punire tanti per le colpe di pochi ha invece un retrogusto sinistro da regime totalitario che poco ha a che fare con le nostre strutture (ancora) liberali. Non penso che esprimerlo sia un delitto di lesa maestà verso la volontà popolare. Magari, lasciando da parte gli attacchi personali e gli isterismi, potrebbe anche essere la base di una discussione costruttiva. Ma temo che sia un’illusione. Purtroppo.

L’incertezza giuridica è una minaccia per il futuro delle nostre imprese

Opinioni dalla Cc-Ti

Nel mondo delle imprese si è creata una situazione d’incertezza che è puro veleno.

È cominciato il carosello degli incontri del Consiglio di Stato con i partiti, con Berna e la Regione Lombardia, per l’applicazione dell’iniziativa “Prima i nostri”. Un’altra quadratura del cerchio. Altra legna verde sulle braci di quel 9 febbraio 2014 che ha cacciato la Svizzera in un vicolo cieco nei rapporti con l’UE e il futuro degli accordi bilaterali. Per chi lavora e produce, per il mondo delle imprese in pochi anni è venuto meno un quadro giuridico- istituzionale chiaro e affidabile. Si è creata una situazione d’incertezza che per l’economia è puro veleno.

Quanta e quale manodopera estera, e a che condizioni, si potrà assumere? Come si evolveranno le relazioni con l’Europa, il nostro partner commerciale più importante con un mercato che assorbe il 62 % dell’export elvetico? Cosa resterà dei sette accordi bilaterali? Che ne sarà dell’innovazione e della forza competitiva della nostra industria, se dovessimo essere tagliati fuori dai grandi programmi europei di ricerca? Sono queste le domande che si fanno gli imprenditori. Ogni impresa per poter pianificare la sua attività, gli investimenti e le strategie di crescita deve poter contare su un quadro giuridico chiaro e definito, sia per le regole del mercato interno sia per le relazioni commerciali con gli altri Paesi. Oggi purtroppo non è più così. Si resta in attesa degli eventi, per vedere come, e a quale prezzo, la politica riuscirà a concretizzare la volontà popolare.

Qui non si mette assolutamente in dubbio la volontà del popolo, espressa attraverso quella democrazia diretta che tanti altri Paesi giustamente ci invidiano. Si critica, semmai, l’abuso che ormai da troppo tempo si fa, da destra e da sinistra, dell’iniziativa popolare e referendum come mezzi per una campagna elettorale permanente, chiamando i cittadini al voto su problemi ad alto impatto emotivo. Dalla politica fiscale a quella salariale, dalla tutela dell’ambiente e del territorio ai temi che interferiscono con importanti accordi internazionali firmati dalla Svizzera. Un esercizio strumentale della democrazia diretta che, oltre ad erodere il principio di rappresentatività del Parlamento e il potere decisionale del Consiglio federale, ha provocato profonde distorsioni e vuoti preoccupanti nel sistema dei principi giuridici-istituzionali che reggono il nostro Paese.

Una deriva che negli ultimi anni ha conosciuto in Ticino un’allarmante escalation, di cui l’iniziativa “Prima i nostri” è solo l’ultima tappa. Qui, nel tempo triste di una politica in cui prevale la retorica emozionale contro i lavoratori d’oltre confine e le imprese che li assumono, per alimentare paure e risentimenti popolari, l’incertezza del diritto è diventata prassi legislativa e di governo. Regola abituale, con le semplificazioni brutali della cosiddetta “politica dei segnali” da mandare a Berna o con l’uso ricorrente di “leggi a tempo”, due o tre anni, tanto per vedere l’effetto che fanno. Il più delle volte si tratta di norme e provvedimenti che dal profilo giuridico si rivelano incompatibili col diritto federale o con trattati internazionali sottoscritti dalla Svizzera. Utili, però, per mostrare i muscoli agli elettori.

Lo si è visto con la tassa sui posteggi, i certificati penali per i dimoranti e frontalieri, l’albo anti padroncini e altre misure estemporanee, che hanno risucchiato il Cantone nella politica delle decisioni umorali e a corto termine, precipitando le imprese nel limbo di un’incertezza giuridica che ne condiziona pesantemente attività e progetti di sviluppo.

Ma quanto valgono i bilaterali?

Michele Rossi, Avv., Delegato Relazioni Esterne della Cc-Ti

L’UE è il partner commerciale più importante per la Svizzera. Un abbandono della via bilaterale comporterebbe gravi ripercussioni sulla nostra economia.

Ogni tanto vale davvero la pena di fare il punto della situazione, di fermarsi un attimo, di prendere una sana distanza dal tema in discussione, soprattutto quando il tema è vissuto in modo del tutto emotivo, svincolato da una corretta visione dei fatti. Solo sulla base di dati oggettivi è poi possibile formarsi un’opinione. Altrimenti i dibattiti rischiano di trasformarsi in sterili cori di tifoserie calcistiche, la curva Nord che urla contro la curva Sud la propria fede politica, religiosa, sportiva, …

Nella questione europea siamo purtroppo arrivati a questo punto. Emozioni scagliate contro gli avversari che annebbiano la vista quando invece, soprattutto considerato il delicato momento di trasformazione economica, sarebbe necessario mantenere una certa lucidità. Torniamo quindi all’inizio, agli anni ‘90.

Cosa sono i bilaterali? Perché li abbiamo conclusi? Ebbene questi accordi sono uno strumento di politica estera il cui scopo è quello di permettere alla Svizzera di accedere, parzialmente, al grande mercato europeo. Non essendo la Svizzera un Paese membro dell’UE e avendo nel 1992 popolo e Cantoni deciso di non partecipare nemmeno allo Spazio economico europeo (SEE), i bilaterali sono la via per permettere al nostro Paese, alla nostra economia, di partecipare al mercato continentale.

È importante questa partecipazione? Certo, l’UE è di gran lunga il nostro partner commerciale più importante, con il quale è necessario avere rapporti stabili, strutturati e fluidi. Per la nostra economia sarebbe impensabile precluderci l’accesso a questo enorme territorio. Da questo accesso dipende, non dimentichiamolo, il nostro benessere, che non è scontato e che va coltivato ogni giorno, consapevoli che scelte politiche sbagliate potrebbero avere importanti conseguenze economiche negative. Proprio per mettere in evidenza questo aspetto la Seco, lo scorso anno, ha incaricato due prestigiosi istituti di ricerca al fine di quantificare l’effetto economico per il nostro Paese di un’eventuale caduta degli accordi bilaterali. I risultati di questi studi sono univoci. Senza bilaterali staremmo peggio.
Concretamente gli studi mostrano come l’abbandono dei bilaterali avrebbe significative ripercussioni negative per l’economia. L’effetto cumulato fino al 2035 consisterebbe in un’erosione del PIL svizzero di 460-630 miliardi di franchi. In neanche 20 anni, l’abbandono dei bilaterali costerebbe approssimativamente un PIL (o un «reddito annuo») svizzero attuale, con conseguente diminuzione dell’occupazione. Questi sono i dati, queste sono le conseguenze calcolate da seri istituti di ricerca, non opinioni o semplici emozioni.
Stiamo quindi attenti a non giocare con il fuoco. Nelle delicate trattative in corso tra Berna e Bruxelles volte a trovare una soluzione al voto del 9 febbraio 2014 teniamo ben presente la posta in gioco effettiva. Se in futuro saremo chiamati ad esprimerci sulla necessità o meno di mantenere i bilaterali ricordiamoci dei dati, dei fatti e di quanto il nostro benessere ne dipenda. E lasciamo i cori negli stadi…

Incoterms: alcune chiarezze sulle clausole di resa

In questa rubrica ci siamo soffermati più volte sul significato e sull’utilizzo degli Incoterms, le clausole di resa utilizzate quotidianamente nel commercio internazionale. Sovente, durante le consulenze personalizzate, ci ritroviamo tuttavia ancora confrontati con alcune questioni puntuali caratterizzate da imprecisioni nell’applicazione delle clausole.

Un caso emblematico è sicuramente quello della clausola Ex Works (EXW), ovvero “Franco Fabbrica”. Questo termine di resa – come spiegato nella pubblicazione ufficiale dell’ICC – definisce che il venditore effettua la consegna mettendo la merce a disposizione del compratore nei proprio locali o in altro luogo convenuto. Il venditore non ha l’obbligo di caricare la merce sul veicolo di prelevamento, né di sdoganarla all’esportazione. In questo caso il compratore sopporta tutte le spese ed i rischi connessi alla presa in consegna della merce dal punto concordato, o se indicato, nel luogo di consegna convenuto. EXW comporta quindi il livello minimo di obbligazioni per il venditore. Tale regola dovrebbe essere usata con cautela in quanto il venditore non ha l’obbligo nei confronti del compratore di caricare la merce sul vettore, anche se in pratica può trovarsi in posizione migliore per farlo. È bene sottolineare che il venditore, nel caso in cui carichi comunque la merce, lo fa a rischio e spese del compratore. Se il venditore si trova in posizione migliore per caricare la merce, è di solito più appropriato utilizzare un Incoterms FCA, che obbliga il venditore a provvedervi a suo rischio e spese. Si tenga infine presente che il compratore ha l’obbligo limitato di fornire al venditore ogni informazione riguardante l’esportazione della merce, tra cui anche ogni comunicazione relativa alla presa di consegna della stessa.

Tutt’altro utilizzo – sempre in linea con la pubblicazione ufficiale dell’ICC – è dato invece dalla resa DDP, ovvero “Reso Sdoganato”, l’Incoterms che predispone gli obblighi massimi per il venditore. DDP significa infatti che il venditore effettua la consegna mettendo la merce a disposizione del compratore, sdoganata all’importazione, sul mezzo di trasporto di arrivo pronta per la scaricazione nel luogo di destinazione convenuto. Il venditore sopporta tutte le spese e i rischi connessi al trasporto della merce al luogo di destinazione e ha l’obbligo di sdoganare la merce non solo all’esportazione ma anche all’importazione, di pagare eventuali diritti sia di esportazione sia di importazione ed espletare tutte le formalità doganali. Anche in questo caso si raccomanda alle parti di specificare il più chiaramente possibile il punto nel luogo di destinazione convenuto, poiché le spese e i rischi fino a tale punto sono a carico del venditore. L’IVA o altre tasse simili pagabili per l’importazione sono a carico del venditore salvo diverso accordo esplicito nel contratto di vendita.

Se le parti desiderano che sia il compratore a sopportare tutti i rischi e le spese dello sdoganamento all’importazione è più corretto invece utilizzare la regola DAP. In questo caso il DAP, “Reso al Luogo di Destinazione”, definisce che il venditore effettua la consegna mettendo la merce a disposizione del compratore sul mezzo di trasporto di arrivo pronta per la scaricazione nel luogo di destinazione convenuto.  Il venditore sopporta tutti i rischi connessi al trasporto della merce al luogo convenuto.

La clausola DAP prevede che il venditore sdogani la merce all’esportazione, ma non gli impone nessun obbligo di sdoganarla all’importazione e di pagare eventuali diritti di importazione o comunque di espletare eventuali formalità doganali all’importazione.

Da queste generali delucidazioni emerge come gli Incoterms determino con precisione gli obblighi delle parti in una compravendita internazionale. Saper utilizzare correttamente le clausole di resa permette di semplificare le transazioni e, in caso di dubbi o complicazioni, chiarire con precisione le responsabilità degli uni o degli altri.

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Marco Passalia
, vice direttore e responsabile Export Cc-Ti

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Responsabilità sociale delle imprese: la Cc-Ti si valuta

Vi presentiamo gli indicatori di sostenibilità scelti per la nostra valutazione interna. Iniziare a misurare degli indicatori di sostenibilità per capire meglio la propria performance concretizza la volontà della Cc-Ti di affrontare la sostenibilità in maniera rigorosa.

Fedele al suo approccio rigoroso, e secondo quanto aveva già annunciato a più riprese durante il corso del 2016, la Cc-Ti si è sottoposta ad una valutazione interna sulla sostenibilità per il triennio 2013-2015, affidando questo compito ad un’azienda esperta del settore: la ditta Quantis (esperta in consulenza e valutazione della sostenibilità), con la quale, la Cc-Ti, ha anche sottoscritto un accordo di collaborazione. Questo ha permesso alla Cc-Ti, da un lato di operare sul tema sostenibilità in modo sinergico e trasversale su molti progetti (ad esempio la mobilità), e dall’altro di poter procedere ad una valutazione interna disciplinata sulla Responsabilità Sociale delle Imprese (RSI).

La RSI è stata un tema cardine durante tutto il 2016, sul quale ci siamo chinati con entusiasmo e su cui continueremo a puntare anche in futuro. Abbiamo declinato questo aspetto in diverse forme quali eventi, corsi di formazioni specifici, news ed approfondimenti. Prioritario per la Cc-Ti è stato far conoscere meglio il tema al pubblico e quanto le aziende già fanno in ambito RSI, fornendo alcuni strumenti per l’analisi della stessa. Vi ricordiamo che sul nostro sito (www.cc-ti.ch/responsabilita-sociale-delle-aziende-una-condotta-vincente) potete rileggere la nostra posizione in merito, ed accedere al dossier d’approfondimento con interessanti contributi in materia.

Analisi della sostenibilità Cc-Ti

Abbiamo voluto analizzare e rendere noto ai differenti pubblici con cui interagiamo l’impatto della nostra attività, che comprende 3 aspetti: il carattere economico-finanziario, l’impatto ambientale e quello sociale sul territorio.

Attraverso la preparazione di un set di indicatori sul tema della sostenibilità, selezionati da una lista prestabilita del GRI (www.globalreporting.org), ente non profit nato con il fine di creare un supporto utile al rendiconto della performance sostenibile, la Cc-Ti si è prefissata di analizzare l’impatto della propria attività. A livello metodologico si sono seguiti i principi delle linee guida GRI G4 (pur non rappresentando un rapporto GRI), considerando la nozione di materialità, per monitorare il periodo 2013 – 2015.

Gli indicatori scelti

EC 1
Valore economico direttamente generato e distribuito

EC 3
Copertura degli obblighi pensionistici

EC 4
Finanziamenti significativi ricevuti dalla Pubblica Amministrazione

EC 5
Rapporto tra lo stipendio standard dei neoassunti per sesso e lo stipendio minimo locale

EC 6
Proporzione del senior management assunto all’interno delle comunità locali

EC 9
Politiche, pratiche e percentuale di spesa concentrata su fornitori locali

EN 1
Materie prime utilizzate

EN 3
Consumo di energia all’interno dell’organizzazione

EN 6
Riduzione del consumo di energia

EN 30
Impatto del trasporto dei collaboratori e delle collaboratrici

LA 1
Numero totale e percentuale di nuovi assunti e turnover, per età, sesso e regione

LA 6
Infortuni sul lavoro e malattie, giorni di lavoro persi, assenteismo e numero totale di decessi per distribuzione territoriale e genere

LA 9
Formazione del personale

LA 11
Percentuale di dipendenti valutati sulle performance e sullo sviluppo della carriera, diviso per genere

LA 12
Composizione degli organi di governo e ripartizione del personale per categorie di dipendenti, per sesso, età, appartenenza a categorie protette e altri indicatori di diversità

I risultati
Potete leggere i risultati scaturiti dalla nostra analisi cliccando qui.

Un successo confermato: continuiamo a parlare di mobilità aziendale

Intervista a Gianni Moreni, Partner associato Rapp Trans AG, Zurigo

Il primo corso della Cc-Ti “Mobility Management PMI” è stato la concretizzazione dell’impegno che poniamo nell’essere sempre all’avanguardia con le nostre proposte e l’esito positivo dello stesso ha confermato che siamo sulla giusta strada. Abbiamo voluto sentire la voce di un docente ed esperto di mobilità, Gianni Moreni, che ha condotto il primo modulo del corso.

Mobilità aziendale: dal suo osservatorio, quanto è centrale la tematica oggi?

“È una tematica centrale, che viene portata avanti da diversi centri urbani in Svizzera. La mobilità è un tema complesso e purtroppo non vi sono soluzioni magiche, che permettono di risolvere facilmente i problemi a cui tutti noi dobbiamo giornalmente far fronte. Oggi sono soprattutto gli enti pubblici, a diversi livelli istituzionali, e le aziende attive nel settore dei trasporti ad occuparsi di mobilità e traffico. Ma anche le altre imprese sono confrontate con i diversi aspetti di questo problema, ed hanno quindi una visione ampia della tematica. Vi è l’aspetto della raggiungibilità dell’azienda per i collaboratori, quello della consegna e spedizione della merce, quello degli spostamenti per raggiungere i clienti o i propri impianti esterni, gli spostamenti di persone/merci tra diverse sedi della stessa ditta, ecc.. Ritengo quindi importante che anche le aziende, nel quadro delle loro risorse e possibilità, si impegnino in questo ambito, portando magari anche idee nuove che possono contribuire a risolvere o almeno a ridurre determinati problemi di traffico. Anche per la mobilità vale il principio «l’unione fa la forza»: penso quindi che in linea generale l’azione coordinata di più aziende di un determinato comprensorio possa ottenere risultati più importanti dell’azione di una singola impresa”.

Il corso della Cc-Ti «Mobility Management PMI» rispondeva alle esigenze specifiche delle imprese ticinesi nell’ambito della mobilità aziendale. Come valuta l’approccio della Cc-Ti ed i feedback ricevuti dai partecipanti?

“Penso che la Cc-Ti abbia toccato un tema sensibile, che interessa le aziende. L’approccio scelto mi sembra interessante e diversificato, ma qui saranno in primo luogo i partecipanti al corso a dover esprimere il loro parere. I feedback ricevuto dopo il modulo che ho condotto sono nella maggior parte dei casi positivi o molto positivi. Quindi sono soddisfatto, considerando anche che si trattava della prima edizione del corso. Singoli partecipanti hanno comunque segnalato alcuni punti critici che mi sembra giusto considerare in vista dell’allestimento di una seconda edizione del corso. Anche chi insegna deve essere disposto ad imparare!”

 Perché occorre continuare a parlare di mobilità aziendale e del management della mobilità?

“Le previsioni della Confederazione appena pubblicate prevedono un ulteriore aumento della mobilità di persone e merci da oggi al 2040. Le infrastrutture di trasporto disponibili hanno dei limiti di capacità e sono spesso sature alle ore di punta. I periodi di saturazione aumentano. L’ampliamento delle infrastrutture esistenti o la costruzione di nuove infrastrutture richiedono molte risorse e molto tempo (processi pianificatori, giuridici, ecc.). Per cui diventerà sempre più importante riuscire a gestire al meglio la mobilità con le infrastrutture esistenti. La gestione della mobilità in generale, e la mobilità aziendale in particolare sono temi che rimarranno attuali ancora per parecchio tempo”.

Per la Cc-Ti la mobilità è un tema prioritario. Durante il 2016 abbiamo trattato la questione e continueremo a farlo. Cliccando qui potrete rileggere la nostra posizione e l’ultimo articolo firmato dal nostro Direttore, Luca Albertoni, sul tema. Per quanto concerne la formazione sul tema, tenete d’occhio la nostra pagina web, seguiranno maggiori informazioni sui prossimi corsi.

Mobilità senza contrapposizioni

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

“Resta il fatto che sempre più, giustamente e come ribadito con forza dagli ambienti economici negli ultimi anni, i vari vettori di trasporto non devono più essere messi in contrapposizione ma vanno considerati complementari. La sensazione è che in Ticino, purtroppo, non si sia ancora riusciti a superare questo steccato.”

Che la mobilità sia un tema caldo e sensibile sul territorio e nel dibattito politico è evidente e pure comprensibile, visto che tocca il quotidiano di tutti noi. Si tratta del resto di un fenomeno di società non esclusivamente ticinese, ma che riguarda, è bene ricordarlo, praticamente tutte le regioni urbane svizzere (per non parlare del resto del mondo).

Basti pensare, per fare qualche esempio facile facile e senza scomodare agglomerati particolari, alla situazione dell’A1 tra Zurigo e Berna e Losanna e Ginevra. Non cito a caso la regione del Lago Lemano, perché essa sta affrontando l’annosa questione del sovraccarico di traffico tra la capitale vodese e quella ginevrina con un approccio diverso rispetto alle “tradizioni” degli ultimi anni, cioè sottolineando la complementarietà tra strada e ferrovia. Come apertamente dichiarato anche dalla Consigliera di Stato socialista Nuria Goritte, Responsabile delle infrastrutture. Che poi la stessa Signora negasse questo principio quando si discuteva del secondo tubo autostradale del San Gottardo è oggi fortunatamente un dettaglio della storia su cui si può anche sorvolare.

Resta il fatto che sempre più, giustamente e come ribadito con forza dagli ambienti economici negli ultimi anni, i vari vettori di trasporto non devono più essere messi in contrapposizione ma vanno considerati complementari, come del resto chiaramente riconosciuto anche dalle Ferrovie federali svizzere che, nelle loro strategie puntano molto anche sulla mobilità individuale da e per le stazioni ferroviarie. La sensazione è che in Ticino, purtroppo, non si sia ancora riusciti a superare questo steccato. Non a caso, nel contesto della discussione sulle misure proposte dal Governo cantonale per lottare contro l’inquinamento e della decisione di ritirarne alcune, sono subito partiti sproloqui all’indirizzo degli ambienti economici, rei di avere sollevati dubbi giuridici e di efficacia riguardo appunto ad alcuni provvedimenti previsti.
A parte il fatto che le procedure di consultazione servono proprio a questo e che il Governo ha considerato legittimi tali dubbi, prima di giudicare in modo grossolano sarebbe stato opportuno leggere le nostre osservazioni, che non hanno messo in dubbio il principio della necessità di intervenire sulla questione del traffico. Ma discutere, senza isterismi né attacchi personali, dei mezzi messi in campo è assolutamente legittimo e ricordare taluni princìpi giuridici, sebbene non sia più molto “trendy” nel nostro Cantone, è un elemento importante per trovare soluzioni che siano sostenibili.
Qualcuno ha azzardato che stiamo difendendo un sistema economico obsoleto e irrispettoso dei cittadini. Peccato che l’unica alternativa proposta sia quella di far chiudere le aziende, che non mi sembra un grande programma di Paese. In realtà cerchiamo di contribuire a far sì che le discussioni vertano su una visione complessiva del sistema della mobilità. Questo passa anche per un approccio diverso all’analisi delle caratteristiche di tale sistema, che oggi, grazie agli strumenti elettronici a disposizione, può contare su svariati mezzi che permettono un monitoraggio preciso di quanto succede nell’arco delle 24 ore in tutte le zone del Cantone. Non tenerne contro sarebbe un errore fatale nella ricerca di possibili soluzioni per limitare determinati impatti sul territorio. Altri territori svizzeri l’hanno capito, in Ticino facciamo purtroppo più fatica e siamo ancora troppo legati alle contrapposizioni. È un vero peccato.

Per la Cc-Ti la mobilità è un tema prioritario.
Durante il 2016 abbiamo trattato la questione in ampio modo e continueremo a farlo, qui di seguito alcuni articoli correlati che potrebbero interessarvi:

Contatto diretto con le associazioni di categoria: novità in vista

La Cc-Ti vanta tra i suoi associati circa 1’000 soci individuali e 43 associazioni di categoria, raggruppando all’incirca 7’000 imprese.

La missione della Cc-Ti è di offrire consiglio e assistenza alle associazioni professionali associate, gestendo anche direttamente il segretariato di quelle che ne fanno richiesta.

Ogni associazione si caratterizza per una propria missione, con obiettivi e attività specifiche. Questo aspetto non sorprende se si tiene conto dei diversi settori e delle differenti funzioni presenti. Alla Cc-Ti hanno aderito l’Associazione Bancaria Ticinese, l’Associazione Installatori Elettricisti Ticinesi, Federcommercio e altre importanti associazioni ticinesi.

Sul nostro sito web potete scoprire tutte le peculiarità delle associazioni a noi affiliate.

Altrettanto estesa è l’offerta di prestazioni della Cc-Ti. Ne descriviamo solo alcune che contraddistinguono i servizi proposti: assistenza nell’ambito degli aspetti formali dell’esportazione e consulenza per l’internazionalizzazione, servizi giuridici con particolare attenzione all’arbitrato e alla mediazione, corsi di formazione e seminari, l’amministrazione di una cassa assegni familiari, e molto altro ancora.

La Cc-Ti ha ulteriormente intensificato e sistematizzato i contatti e la collaborazione con le associazioni a lei affiliate in considerazione delle richieste e delle urgenze espresse dagli stessi associati. D’altro canto tutto il team della Cc-Ti ha un rapporto costante con le differenti associazioni. Dal gennaio 2016 sono stati Roberto Klaus, Direttore SSIB Ticino, e Gianluca Pagani, Collaboratore di Direzione Cc-Ti, a prendere contatto con i diversi Comitati per delle visite mirate.

Citiamo tre esempi innovativi portati avanti quest’anno:

  • la prima iniziativa concerne Ticinomoda. In stretta collaborazione con il Dipartimento Tecnologie Innovative della SUPSI è stato creato un percorso formativo tagliato su misura. Seguendo questa formazione si può ottenere un diploma universitario riconosciuto: il CAS – Certficate of Advanced Studies in Smart e-Fashion (potete approfondire questo tema su Ticino Business di settembre 2016 a pagina 21).
  • Una seconda associazione ha segnalato la necessità di dover prendere decisioni strategiche sui futuri assetti societari. Questo sia da un punto di vista formale che finanziario. Si è dunque realizzato un percorso molto efficiente per definire il valore dell’azienda. L’architettura della soluzione è nel contempo essenziale e fortemente personalizzata, come richiesto dall’associazione.
  • Una terza associazione vuole essere accompagnata dalla Cc-Ti nell’ambito delle tematiche legate alla responsabilità sociale delle aziende. Si è posta il quesito di come e se adottare degli indicatori standard per il settore e offrire ai propri associati una soluzione realistica.Nuova offerta formativa per le associazioni professionali