La nostra economia non è più a rimorchio

L’economia ticinese non è più a rimorchio delle altre economie svizzere, anzi, si colloca a un buon livello di competitività nel contesto nazionale e internazionale.

Intervista a Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti, pubblicata sul Giornale del popolo

“L’andamento economico ticinese segue le evoluzioni svizzere.”

Secondo un recente studio condotto da 6 banche cantonali romande e l’Istituto di ricerche congiunturali CREA, il PIL ticinese dal 2000 al 2015 è cresciuto del 30,4%, posizionando il nostro Cantone al quarto posto tra le regioni più prospere d’Europa. Qual è la sua prima reazione di fronte a questo dato?

Sulle classifiche ho sempre qualche riserva, ma al di là della collocazione precisa nella graduatoria, non sono per nulla sorpreso di un risultato positivo. E il fatto che siano le banche cantonali romande a dirlo, che non hanno nessun interesse a elogiare il Ticino, conferisce un valore particolare alla cosa. Da anni constatiamo, nel confronto diretto con i colleghi delle Camere di commercio e dell’industria degli altri cantoni, che l’andamento economico ticinese segue le evoluzioni svizzere, cosa che non si verificava venti anni fa. La forte diversificazione del nostro tessuto economico, la grande espansione delle esportazioni e l’aumento della vocazione all’internazionalizzazione sono elementi che hanno permesso un’evoluzione positiva della nostra economia e che ci collocano su un buon livello di competitività nel contesto nazionale e internazionale. Poi si può discutere a lungo cosa sia la prosperità e se il PIL costituisca l’unica unità di misura da considerare, ma è un fatto che noi quotidianamente sul terreno rileviamo che il “gap” che una volta esisteva rispetto alle altre regioni svizzere non c’è più. Non è del resto un caso che, malgrado le note trasformazioni legate ad esempio alla piazza finanziaria e tre crisi pesanti (finanziaria nel 2008 e valutaria nel 2011 e nel 2015), Il Ticino abbia saputo contenere gli effetti negativi, mantenendo sempre livelli ragguardevoli. Cosa non verificatasi in altre regioni come l’arco giurassiano o la Svizzera orientale che hanno perso migliaia di posti di lavoro, soprattutto a seguito della crisi del 2015. Questi sono fatti.

Negli ultimi 15 anni, sempre secondo questo studio, il nostro Cantone ha aumentato, e di parecchio,complessivamente la propria ricchezza, eppure la percezione nel Paese sembra essere diversa, quasi opposta. Qual è la sua opinione al riguardo?

La percezione non va mai sottovalutata ed è giusto tenerne conto, anche perché rispecchia una reazione molto umana. E’ chiaro che sono sparite molte certezze, da quella della piazza finanziaria praticamente inaffondabile alla presenza rassicurante delle regie federali. E’ quindi abbastanza normale che vi siano timori, anche perché un’economia più diversificata e dalle dinamiche certamente più complesse è meno “tangibile” e quindi foriera di maggiori insicurezze. Ed è innegabile che la concorrenza sia cresciuta in tutti gli ambiti, compreso il mercato del lavoro. Fenomeni di per sé non negativi, ma che, in quanto relativamente nuovi per la nostra realtà, creano disagi. Che umanamente comprendo, ma il mio compito è di far capire anche i vantaggi legati a questa nuova situazione, intervenendo al contempo con grande disponibilità per correggere le distorsioni di cui non ho mai negato l’esistenza. Cerco così di dare il mio contributo nella discussione pubblica non per relativizzare le paure, ma per dare quella che a mio avviso è la giusta proporzione ai vari fenomeni di cambiamento che stiamo vivendo.

Quali sono, a suo giudizio, le strade da percorrere a più livelli (politico, sociale e strategico) per riallineare, posto che è possibile, le percezioni del Paese con i dati economici, per una convivenza il più possibile pacifica tra economia e società?

Non sono molto ottimista, se consideriamo che sui dati non si discute più confrontandosi in maniera oggettiva, ma definendoli semplicemente taroccati quando non dimostrano le proprie tesi. Questo purtroppo non serve a risolvere i problemi. Penso sia importante che i vari dati ufficiali pubblicati siano presentati in maniera dettagliata e non solo “sparati” senza distinzioni. Solo così si può dibattere in maniera costruttiva. Poi è ovvio che le aziende devono avere comportamenti corretti, ma su questo lavoriamo quotidianamente e la disponibilità è ampia.