Serata informativa per il corso Esperto in project management con certificazione

Martedì 30 settembre 2025 alle ore 17.30 presso gli Spazi Cc-Ti al 6° piano

La Cc-Ti organizza una serata informativa per tutti gli interessati ad iscriversi al corso Esperto in project management con certificazione (che inizierà a fine ottobre 2025). Durante l’incontro saranno fornite maggiori informazioni inerenti al corso (costi, calendario, docenti e contenuti).

Coloro che volessero partecipare alla serata sono pregati di confermare la propria presenza al Signor Roberto Klaus all’indirizzo email: klaus@cc-ti.ch.

Publiredazionali Cc-Ti

Di seguito potete ritrovare tutti i publiredazionali Cc-Ti (dal 2023).

2025

Non dimentichiamo l’energia, 17.09.2025

“Swiss Made” sotto pressione, 03.09.2025

Dazi USA: primi effetti, 28.08.2025

La formazione della Cc-Ti, 18.6.2025 (e 21.5.2025)

Un sostegno per chi esporta, 21.5.2025

Le finanze cantonali: una discussione indispensabile, 9.5.2025

L’Arabia Saudita in chiave operativa, 30.4.2025

Negoziare? Si, no, forse, magari…, 17.4.2025

Le aziende svizzere al crocevia delle tensioni commerciali globali, 12.3.2025

CRASH TEST, 19.2.2025

L’economia per la società, 29.1.2025


2024

Auguri di Natale, 24 e 31.12.2024

Risultati inchiesta congiunturale 2024/2025, 18.12.2025

Il ritorno di Trump: rischi e opportunità per l’export svizzero (e non solo), 26.11.2024

Speciale 107esima AGO Cc-Ti: resoconto AGODiscorso Pres. A. GehriIntervista Prof. Guzzella, 19.11.2025

Innovazione e ricerca e sviluppo tecnologico: quo vadis?, 22.10.2024

Denominatore comune: innovazione, 15.10.2024

Guten Tag o Auf Wiedersehen?, 24.9.2024

Stati Uniti: è terra promessa?, 27.8.2024

«Non solo business…», 30.7.2024

Strada e ferrovia, accostamento vincente, 18.7.2024

India, il gigante su cui puntare, 28.5.2024

Votazione sulla riforma fiscale cantonale, 21.5.2024

La Svizzera apprezzata ovunqUE, 14.42024

L’accesso al Sud−Est asiatico passa da Singapore, 2.4.2024

Salari e statistiche, 26.3.2024

AVS, diamo i numeri…, 20.2.2024

Le sfide del business internazionale, 30.1.2024

Più poveri senza i ricchi, 23.1.2024


2023

Auguri di Natale (diversi), 12.2023

Il 2023 ha confermato le aspettative, 18.12.2023

Conflitto Israele-Hamas: nuovo stress test per supply chain e logistica, 28.11.2023

L’imprenditore al centro della 106esima AGO, 26.10.203

Il commercio con l’estero richiede misure rafforzate di dovuta diligenza, 17.10.2023

L’intrepido imprenditore: coraggio e resilienza, 26.9.2023

In un mondo che cambia informare e informarsi è un dovere, 29.8.2023

nLex Prevenire Difendere, 22.8.2023

Illusioni e realismo, 25.7.2023

Apertura tecnologicaSan Gottardo & pedaggio: NO grazie, 13.6.2023

Quel piatto di spaghetti che è il libero scambio, 30.5.2023

Tutelare la continuità aziendale, 12.5.2023

La tecnologia è competenzaEvoluzioni elettrizzanti, 18.4.2023

Chi guida la corsa alle tecnologie critiche?, 28.3.2023

Una buona istruzione garantisce protezioneL’opinione puntuale, 21.3.2023

Fiscalità: numeri e fattiL’opinione puntuale, 28.2.2023

Da complicato a complesso: il contesto internazionale è sempre più impegnativo, 31.1.2023

Centrare la formazioneLa manodopera è strategica, 24.1.2023

Non dimentichiamo l’energia

In modo un po’ paradossale, le tensioni internazionali sembrano aver fatto passare in secondo piano la questione energetica, che resta di stretta attualità.

Forse per il calo del prezzo della benzina, per i vari annunci della riduzione dei prezzi dell’elettricità, oppure semplicemente perché si parla soprattutto di guerre militari e commerciali, gli aspetti dell’approvvigionamento energetico stabile e sicuro non sembrano al momento preoccupare più di tanto. Appunto paradossale perché proprio nell’instabilità internazionale si celano molti rischi, vista la dipendenza svizzera da altri paesi europei, soprattutto nei mesi invernali. 
Eppure, gli scenari di guerra in particolare hanno mostrato con chiarezza quanto fragile possa essere un sistema di approvvigionamento fondato su equilibri precari e su importazioni spesso difficili da garantire. Non a caso, a livello nazionale, la strategia energetica è oggetto di un indispensabile ripensamento, che si auspica finalmente libero da tabù inutilmente condizionanti.
È inevitabile riprendere il discorso sul nucleare, perché l’illusione di poter sostituire solo con le energie rinnovabili un’intera quota di produzione stabile e sicura si è rivelata molto fragile e costosa. Il solare e l’eolico possono avere un ruolo importante, ma restano intermittenti e non assicurano la continuità di fornitura necessaria a un Paese industrializzato. O la possono in futuro assicurare solo al prezzo elevatissimo di adattamento delle reti e di altre misure non immediatamente realizzabili. E, in termini di indipendenza energetica, anche le rinnovabili non sono il massimo, considerato il ruolo decisivo giocato dalla Cina in particolare in ambito fotovoltaico. Vero che l’idroelettrico è un pilastro fondamentale per il sistema elvetico e ticinese, ma purtroppo non può crescere all’infinito.

Il cattivo esempio della Germania

Che ignorare l’evoluzione tecnologica a priori e imporre dall’alto solo alcuni vettori energetici sia un autogoal clamoroso lo dimostra del resto il nostro vicino settentrionale. La Germania ha spinto con decisione su una politica verde troppo estrema, chiudendo le centrali nucleari e investendo somme enormi nelle rinnovabili. Una decisione clamorosa che è venuta ad accavallarsi con la riduzione delle forniture del gas russo e aumenti di prezzi vertiginosi. Con un risultato disastroso a livello economico e ambientale: aumento delle emissioni per il maggior ricorso al carbone, esplosione dei prezzi dell’elettricità, imprese costrette a delocalizzare e bollette pesantissime per cittadine e cittadini (con un incremento medio di prezzo di circa il 30%). Oggi la Germania è costretta a rivedere i suoi piani, pagando un prezzo altissimo per errori ideologici che avrebbero potuto essere evitati solo con una maggiore accortezza. Un monito chiaro anche per la Svizzera.

Non è solo una questione di costi

La sicurezza dell’approvvigionamento è un bene pubblico essenziale. Senza energia stabile e accessibile, non possono funzionare né le imprese né i servizi pubblici. L’energia garantisce la stabilità del sistema economico e sociale. Senza, tutto si ferma. Ecco perché è assolutamente necessario ristabilire un equilibrio tra energie rinnovabili, altre energie (compresa quella nucleare) e importazioni, senza preclusioni ideologiche ma con pragmatismo e senso della realtà.

La dipendenza dall’estero

L’altro aspetto cruciale riguarda la dipendenza dall’estero. Oggi la Svizzera importa una parte significativa della sua elettricità nei mesi invernali, proprio quando la domanda è più elevata e il contributo delle rinnovabili più limitato. Tenuto conto di queste difficoltà stagionali, la dipendenza energetica dall’estero si aggira complessivamente attorno al 70%, che rappresenta la quota di consumi lordi coperta dalle importazioni. Questo ci rende vulnerabili non solo alle variazioni dei prezzi, ma anche alle decisioni politiche dei Paesi confinanti, che ovviamente mettono in priorità la possibilità di fornire energia ai propri cittadini. Parliamo nello specifico di Germania, Francia e Austria. Non va dimenticato che a ciò si aggiunge la dipendenza crescente dalle cosiddette terre rare, indispensabili, tra le altre cose, per la produzione di pannelli solari, turbine e batterie. Materie prime controllate in larga misura dalla Cina, che le utilizza anche come strumento geopolitico, prevedendo anche contingenti di esportazione. Puntare tutto solo ed esclusivamente sulle energie rinnovabili significa, paradossalmente, sostituire una dipendenza con un’altra, forse ancora più rischiosa.

Anche l’Unione europea…

Non è un caso che anche l’Unione europea stia almeno parzialmente cambiando rotta. Dopo anni di politiche climatiche improntate a scelte estreme, che hanno fra l’altro messo in ginocchio l’industria automobilistica, Bruxelles ha iniziato a riconoscere i limiti e le contraddizioni di questa linea. Il nucleare, inizialmente escluso, è stato riconsiderato come fonte sostenibile. Diversi Stati membri stanno rivalutando programmi per la costruzione di nuove centrali, consapevoli che senza energia stabile, abbondante e a prezzo abbordabile la transizione ecologica resta un’illusione molto costosa. La transizione energetica ci sarà probabilmente, come può anche essere giusto che sia, ma secondo temi e modi diversi da quelli ipotizzati a tavolino.

…e il Ticino…

A livello cantonale, il discorso non è diverso. Il piano energetico cantonale, che punta a un’indipendenza pressoché totale dalle fonti esterne, rappresenta un progetto poco conforme alle esigenze e alle possibilità del nostro territorio. Immaginare che un piccolo cantone alpino possa produrre tutta l’energia necessaria senza ricorrere a importazioni e senza considerare le dinamiche svizzere ed europee è un esercizio teorico poco collimante con la pratica e insostenibile dal punto di vista dei costi. Inoltre, questo approccio, come avremo modo di discuterne con il Consigliere federale Albert Rösti in occasione della nostra Assemblea generale ordinaria del prossimo 17 ottobre, non è più in linea con la politica federale, che ormai riconosce la necessità di un mix equilibrato fra vettori energetici e della collaborazione internazionale. Insistere su una via isolata significa penalizzare cittadini e imprese con costi elevati e benefici minimi.
Il futuro energetico della Svizzera passa dunque da una scelta di pragmatismo. Serve un compromesso intelligente, che valorizzi l’idroelettrico e le rinnovabili ma che non escluda nuove tecnologie, in particolare nucleari, oggi ancora più sicure ed efficienti rispetto al passato. Con un occhio alla politica estera e la proposta di Accordi bilaterale sull’energia con l’UE non mancherà di far discutere…

Rock Economy

Proseguono i podcast della Cc-Ti con Radio Ticino. A disposizione la 41° puntata con il titolo “Dare per avere”. Con Luca Albertoni, dir. Cc-Ti, Angelo Chiello di Radio Ticino. Disponibile anche su Spotify!

Online tutte le puntate (1-41) del podcast. Buon ascolto!


Per sorridere, si mettono in movimento 16 muscoli, per arrabbiarsi 65… fai ECONOMIA, sorridi!
Chiacchierate, aneddoti, tanti fatti, poca politica… Un modo un po’ giocoso ma serio per condividere l’economia, perché l’economia siamo tutti noi.

Ascolta il podcast su Radio Ticino, a cura della Cc-Ti con Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti e Angelo Chiello di Radio Ticino.
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Riscopri e ascolta tutte le puntate

Proroga dei termini per la presentazione del rendiconto IVA

Il termine per la presentazione del rendiconto IVA può essere prorogato in modo comodo, rapido e gratuito online nel servizio ePortal «Conteggiare l’IVA». Vogliate notare che per le domande di proroga dei termini è obbligatoria la procedura elettronica (nell’ambito della presentazione del rendiconto ai sensi dell’art. 123 OIVA). Le richieste di proroga che non verranno presentate tramite l’apposito servizio nell’ePortal non potranno essere prese in considerazione dall’AFC.


Proroga dei termini per la presentazione del rendiconto IVA

Fonte: AFC – Comunicato stampa

La presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter e il consigliere federale Ignazio Cassis rappresenteranno la Svizzera all’apertura dell’80a Assemblea generale dell’ONU a New York

Nella sua seduta del 12 settembre 2025 il Consiglio federale è stato informato del risultato della consultazione delle Commissioni della politica estera in merito all’anteprima dell’80a Assemblea generale dell’ONU. Durante la settimana di alto livello che si terrà dal 22 al 30 settembre 2025, in occasione dell’apertura dell’Assemblea generale dell’ONU, la Svizzera sarà rappresentata dalla presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter e dal consigliere federale Ignazio Cassis.


Quest’anno l’Assemblea generale dell’ONU, che si riunirà da settembre 2025 ad agosto 2026, si concentrerà sui profondi sconvolgimenti nel sistema onusiano, dove la cooperazione globale risulta compromessa dalle tensioni in ambito finanziario e dai cambiamenti di rotta politici. La sede dell’Organizzazione a Ginevra è direttamente interessata da questi sviluppi. Il Consiglio federale si impegna per un multilateralismo credibile e nel dibattito sulle riforme si fa portavoce degli interessi della Svizzera quale Stato ospite, donatore e membro delle Nazioni Unite.

Settimana di apertura dell’80a Assemblea generale dell’ONU

Questa settimana rappresenta un’opportunità unica per incontri e scambi di opinioni con una grande varietà di attori, tra cui 100 capi di Stato e di governo come pure ministre e ministri degli esteri da tutto il mondo.

Il 22 settembre la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter parteciperà al vertice per commemorare l’80° anniversario dell’ONU. Nello stesso giorno prenderà parte anche alla celebrazione del 30° anniversario della Conferenza mondiale sulle donne, che ha rappresentato un passo fondamentale verso la parità di genere a livello mondiale. Il 24 settembre la presidente della Confederazione terrà inoltre, a nome della Svizzera, il discorso ufficiale durante il dibattito generale.

Il consigliere federale Ignazio Cassis interverrà alla riunione ministeriale sulla protezione del personale umanitario, in cui presenterà la posizione della Svizzera nella dichiarazione politica – in continuità con la risoluzione 2730 del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Inoltre parteciperà a un evento organizzato dall’Istituto internazionale per la pace (International Peace Institute) sulla situazione in Medio Oriente e rappresenterà la Svizzera a un incontro di alto livello sulle persone scomparse nei conflitti armati, un tema chiave nell’ambito dell’impegno del nostro Paese per la promozione della pace.

L’Assemblea generale è la più ampia piattaforma di dialogo per i 193 Stati membri dell’ONU, che vi discutono delle sfide globali come la risoluzione dei conflitti, la costruzione della pace, la riduzione della povertà, lo sviluppo sostenibile, il rispetto dei diritti umani e la lotta ai cambiamenti climatici.


Fonte: CF – Comunicato stampa

Une voie à suivre. Visite du chantier de la gare de Lausanne en présence du conseiller fédéral Albert Rösti

Lundi, le conseiller fédéral Albert Rösti s’est réjoui de l’avancement du «projet ambitieux» de la gare de Lausanne, qui se concrétisera d’ici à… 2037. Pendant ce temps, Zurich fait la nique à l’arc lémanique. Un exemple dont la région devrait s’inspirer.


La météo très automnale de ce début de semaine n’a en rien perturbé la visite du chantier de la gare de Lausanne en présence du conseiller fédéral Albert Rösti, des CFF, ainsi que des autorités lausannoises, vaudoises et genevoises. Les partenaires «ont salué le dialogue et l’engagement qui ont permis d’avancer dans ce projet ambitieux», qui a pris une bonne douzaine d’années de retard, rappelons-le. A ce jour, quelque 530 millions de francs ont été investis dans ce projet au centre-ville, sur un budget total de 1,7 milliard de francs. Le premier quai transformé sera opérationnel en 2030, puis les déploiements des quatre autres quais auront lieu successivement jusqu’en 2036. La mise en service complète de la gare transformée est prévue pour… 2037.

Zurich loin devant

Pendant ce temps, la gare centrale de Zurich continue d’être désignée comme la meilleure d’Europe selon une enquête portant sur les cinquante gares les plus fréquentées du continent. Zurich fait la nique à l’arc lémanique, et pas seulement dans le domaine des infrastructures ferroviaires. Comme l’a relevé le mathématicien Xavier Comtesse dans l’Agefi, la plus grande ville du pays a pris le dessus dans quatre directions significatives: transport, école polytechnique, start-up et IA. Il semble loin le temps où la Suisse romande se démarquait avec Patrick Aebischer, Daniel Borel ou encore Ernesto Bertarelli. «C’était une époque glorieuse. Tous les espoirs étaient permis. Et pourtant, en seulement deux décennies, les rêves se sont envolés», déplore le chroniqueur. Sans aller aussi loin que lui dans le constat, force est d’admettre que la métropole alémanique nous regarde aujourd’hui du haut de la Prime Tower.

L’Ecole polytechnique de Zurich se classe régulièrement parmi les meilleures universités et est souvent la mieux classée d’Europe continentale, loin devant l’EPFL. Au niveau de l’innovation et de l’entrepreneuriat, les Zurichois créent le plus de start-up en Suisse. Côté IA, la ville des bords de la Limmat joue dans la cour des grands. Google et ses 5000 employés peuvent en témoigner. Président de l’EPFZ, Joël Mesot relevait il y a quelques mois sur les ondes de la RTS que «Zurich s’est complètement transformée ces vingt dernières années, passant d’une place bancaire à un centre mondial de haute technologie. Il y a eu Google, Microsoft, Nvidia, Disney et auparavant IBM. Toutes ces entreprises ont leurs centres de recherche et de développement à Zurich.»

Inspirer les générations à venir

De talents et d’ambitions, l’arc lémanique ne manque pourtant pas. Il s’agit aujourd’hui de donner une vision forte à cette région où le canton de Vaud dispose de nombreux atouts. Il faut fédérer les énergies, lancer des projets prestigieux pour inspirer les générations à venir. On a appris mardi le lancement d’Apertus, un modèle de langage multilingue appelé à concurrencer ChatGPT, ouvert et transparent, fruit d’une collaboration entre l’EPFL, l’EPFZ et le Centre suisse de calcul scientifique de Lugano. L’union fait la force: et si c’était l’une des voies à suivre?


Fonte: Chambre vaudoise du commerce et de l’industrie

Il Consiglio federale discute gli effetti dei dazi USA e punta sul lavoro ridotto

Nella riunione del 3 settembre 2025, il Consiglio federale ha deciso di sostenere un’iniziativa parlamentare che chiede un’urgente estensione dell’indennità per lavoro ridotto. I dazi supplementari statunitensi non dovrebbero comportare un imminente crollo dell’economia elvetica nel suo complesso, come è emerso dalla discussione in seno all’Esecutivo. I settori orientati all’esportazione e alcune singole imprese potrebbero tuttavia patirne. Pertanto, il Consiglio federale continua a puntare sul perfezionamento mirato degli stabilizzatori automatici e delle condizioni quadro economiche.


I dazi statunitensi si applicano a circa il 10 per cento di tutte le esportazioni di merci dalla Svizzera. Per le aziende interessate si tratta di un grave fardello. A livello macroeconomico si prevede una crescita nettamente inferiore alla media, ma non un crollo congiunturale. L’incertezza rimane tuttavia elevata.

Ulteriore sostegno al lavoro ridotto

L’indennità per lavoro ridotto è uno strumento collaudato ed efficace per attenuare le fasi di debolezza congiunturale e preservare posti di lavoro altrimenti a rischio. Il Consiglio federale intende quindi rafforzare questo strumento in modo mirato dando seguito alle proposte della Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio degli Stati (CSSS-S).

Quest’ultima propone di adeguare urgentemente in due punti la legge sull’assicurazione contro la disoccupazione. In primo luogo, il Consiglio federale dovrà ottenere la competenza di estendere la durata massima di percezione dell’ILR fino a 24 mesi. Attualmente e fino al 31 luglio 2026, l’ILR può essere percepita al massimo per 18 mesi nell’ambito di un termine quadro di due anni. In secondo luogo, la commissione propone di introdurre un nuovo periodo di attesa. Un’azienda che ha percepito ILR per 24 mesi senza interruzioni durante un primo termine quadro dovrà rispettare un periodo di attesa di sei mesi prima di poterne aprire uno nuovo. Il Parlamento si pronuncerà su queste proposte nella sessione autunnale 2025.

Si prevede inoltre di spingere sulla digitalizzazione: a partire dal 1° settembre 2025 il conteggio dell’ILR sarà effettuato principalmente online secondo il principio «digital first» per alleviare gli oneri a carico delle aziende e accelerare i versamenti. A tal fine le aziende potranno utilizzare l’apposito «eService» dell’assicurazione contro la disoccupazione su www.job-room.ch, al quale è consigliato registrarsi tempestivamente.

Assistenza in sede di riposizionamento sul mercato

Nella situazione attuale molte aziende sono costrette a riposizionarsi. Per il Consiglio federale è fondamentale assisterle nel migliore dei modi in questo processo. Gli accordi di libero scambio recentemente conclusi e modernizzati, come quello con l’India, contribuiscono a schiudere nuovi mercati di sbocco e a ridurre la dipendenza da singole regioni. Switzerland Global Enterprise (S-GE) sostiene le imprese nel cercare mercati di sbocco alternativi con informazioni specifiche. L’assicurazione contro i rischi delle esportazioni (ASRE) consente invece alle aziende di assicurare i rischi economici derivanti dai dazi supplementari o dall’accesso a nuovi mercati.

Già il 20 agosto 2025 l’Esecutivo aveva deciso di intensificare gli sforzi per rinforzare la piazza economica svizzera. A questo riguardo ha conferito diversi mandati di verifica su come alleviare gli oneri normativi che gravano sulle imprese.

Il Consiglio federale segue da vicino gli sviluppi della situazione e si riserva il diritto di valutare e adottare ulteriori misure, se necessario.


Fonte: CF – Comunicato stampa

Il Consiglio federale vuole rafforzare l’attrattiva della Svizzera

La Svizzera offre eccellenti condizioni quadro in molti settori economici. I recenti cambiamenti a livello internazionale hanno però ripercussioni sulla competitività elvetica. Nella riunione del 20 agosto 2025 il Consiglio federale ha discusso in profondità della situazione: intende portare avanti con determinazione l’agenda di politica economica e concentrarsi sullo sgravio della regolamentazione che pesa sulle imprese.


Il 20 agosto 2025 il Consiglio federale riunitosi in «clausura» ha deciso di intensificare le iniziative per rafforzare la piazza economica svizzera. Ha incaricato i dipartimenti competenti di esaminare rapidamente le proposte di sgravio delle normative esistenti. Si valuterà anche la possibilità di rimandare i progetti non ancora conclusi che comportano costi elevati per le imprese. Su questa base in autunno il Consiglio federale deciderà ulteriori provvedimenti e riferirà in modo più dettagliato sui lavori. Il dialogo con il mondo economico proseguirà.

La Svizzera nel contesto internazionale

Da qualche tempo il contesto internazionale è molto instabile. Gli Stati Uniti mirano a un riassetto delle relazioni commerciali e prendono le distanze dalla riforma dell’imposta minima globale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). L’Unione europea si concentra maggiormente sul rafforzamento della competitività e sulla riduzione degli oneri amministrativi per le imprese.

Gli effetti di questi cambiamenti sulla piazza economica elvetica sono sia negativi che positivi. La Svizzera continua a offrire un contesto molto favorevole agli investimenti e all’innovazione grazie al suo spirito di apertura, alla stabilità delle condizioni quadro, a una regolamentazione relativamente snella e alle infrastrutture affidabili, nonché all’eccellente panorama di formazione e ricerca. Su uno sfondo di crescente incertezza a livello mondiale, la stabilità giuridica, economica e politica della Svizzera acquista sempre maggiore importanza.

Migliorare le condizioni della piazza economica

Alla luce dell’incertezza e delle sfide a medio termine per la piazza economica svizzera, il miglioramento delle condizioni generali per tutte le imprese è la via più efficace per mantenere la competitività dell’economia nazionale. Il Consiglio federale ne aveva già discusso il 28 maggio scorso, incaricando i dipartimenti di sottoporgli delle proposte di sgravio amministrativo. Su quella base, il Consiglio federale sta intensificando l’attuazione dell’agenda di politica economica del 22 maggio 2024. Sono prioritari gli sforzi volti a ridurre i costi di produzione delle imprese. Occorre inoltre rafforzare ulteriormente l’accesso a mercati internazionali alternativi per diversificare la distribuzione geografica, nonché garantire la certezza del diritto e la pianificazione per le imprese. Sono già stati raggiunti importanti traguardi, tra cui l’accordo di libero scambio con l’India che entrerà presto in vigore, e la recente conclusione dei negoziati per un accordo di libero scambio con il Mercosur.

Sgravare le imprese in modo mirato

Particolare attenzione va riservata alla riduzione degli oneri normativi a carico delle imprese. Con la legge sullo sgravio delle imprese (LSgrI) dello scorso anno sono stati creati gli strumenti necessari, che ora devono essere attuati con coerenza. Bisogna evitare ulteriori oneri derivanti da nuovi progetti di regolamentazione, nonché individuare ulteriori sgravi per le normative esistenti. In questo contesto rivestono un ruolo centrale le valutazioni di settori normativi selezionati («studi settoriali»), inaugurate di recente.

Indennità per lavoro ridotto

Sono allo studio misure rapidamente attuabili per quanto riguarda l’indennità per lavoro ridotto (IRL). All’inizio di settembre il Consiglio federale prenderà posizione su un’iniziativa parlamentare che mira a estendere la durata massima dell’IRL da 18 a 24 mesi nell’arco di un termine quadro di 24 mesi. Anche nel settore della promozione delle esportazioni si sta valutando la necessità di misure supplementari.

Analisi continua della situazione economica

Attualmente i dazi supplementari statunitensi incidono sul 10% circa delle esportazioni di merci dalla Svizzera. A seconda del grado di esposizione, le conseguenze per le singole aziende possono essere gravi. Allo stato attuale, tuttavia, non si prevede una recessione con forti cali del prodotto interno lordo, come quella registrata durante la crisi finanziaria del 2008/2009 o la pandemia, né è opportuno varare un programma congiunturale.

Il Consiglio federale analizza costantemente la situazione economica e all’inizio di settembre si occuperà nuovamente delle misure necessarie di politica congiunturale.


Fonte: CF – Comunicato stampa

Dazi USA: primi effetti

Aziende ticinesi sotto pressione

Da settimane i rapporti commerciali con gli Stati Uniti occupano le prime pagine e le agende di imprese e istituzioni. La decisione americana di imporre un dazio del 39% sulle merci di origine svizzera rappresenta un provvedimento tanto gravoso quanto difficile da comprendere nelle sue motivazioni.
E non facilmente “aggirabile”, perché è bene ribadire, con chiarezza, che il criterio discriminante per l’applicazione dei dazi è l’origine doganale della merce: non contano altre variabili o stratagemmi spesso descritti con eccessiva leggerezza come “vie d’uscita” o soluzioni miracolose.
Non siamo di fronte a un tecnicismo burocratico: l’origine della merce costituisce un elemento centrale della disciplina commerciale internazionale e, di conseguenza, un fattore determinante per le autorità di tutto il mondo e per le strategie aziendali.

Le imprese elvetiche si trovano attualmente a dover prendere decisioni rapide in un contesto che offre pochissime garanzie di stabilità. A oggi i dazi applicati alle merci europee sono ad esempio inferiori del 24% rispetto a quelli gravanti sui prodotti svizzeri, ma resta aperta la domanda: per quanto tempo questa disparità durerà? L’accordo tra Stati Uniti e Unione europea è stato pubblicato da pochi giorni e su diversi punti pesa, comunque, ancora l’incertezza quanto a interpretazione, conseguenze, ecc.
Nei nostri recenti interventi abbiamo più volte sottolineato la complessità del quadro generale. Parlare di delocalizzazione come risposta immediata non è realistico, perché trasferire anche solo una parte di un’attività produttiva richiede tempo, capitali e analisi approfondite. E una volta delocalizzata l’attività non si può fare marcia indietro a piacimento. Lo stesso vale per l’apertura di nuovi mercati. Un percorso che le imprese svizzere intraprendono in modo sistematico da anni, spesso indipendentemente da situazioni di crisi. Non è infatti da vedere come una mossa “disperata” dettata da necessità contingenti, bensì di un lavoro continuo, che comporta investimenti, valutazioni di rischio, ricerca di partner affidabili e tempi fisiologici di consolidamento.
Vale la pena sottolineare che questa attenzione costante delle aziende svizzere alle misure da intraprendere non è una novità. È una realtà che si è manifestata più volte anche in passato, quando il nostro tessuto imprenditoriale ha dovuto fronteggiare crisi di grande portata – dalla crisi finanziaria internazionale al franco forte, fino alla pandemia. Esperienze che hanno dimostrato la resilienza e la capacità di adattamento del sistema produttivo, pur all’interno di scenari difficili e spesso imprevedibili.

Il peso del mercato USA

Al tempo stesso, occorre ricordare che, nel caso specifico, il mercato statunitense non è facilmente sostituibile. Le sue dimensioni, la capacità di spesa e il grado di apertura a beni ad alto valore aggiunto lo rendono un interlocutore quasi imprescindibile. Ogni ipotesi di riduzione della presenza svizzera negli USA deve dunque essere valutata con estrema cautela, poiché implica conseguenze economiche e strategiche non paragonabili a quelle di altri mercati.
Per avere un quadro più preciso e fondato su dati concreti della situazione attuale, la Cc-Ti ha interpellato un campione rappresentativo di aziende associate attive a livello internazionale, appartenenti a settori differenti, per avere un primo rilevamento indicativo delle conseguenze per il tessuto economico ticinese.
In totale, hanno partecipato al sondaggio una sessantina di aziende prevalentemente attive nei comparti MEM (che costituiscono la quota principale), Logistica & Trasporti (14%), Farma/ Medtech/Biotech (7%) e Alimentare & Bevande (7%). Oltre la metà appartiene al settore industriale manifatturiero. Due terzi delle imprese hanno tra 1 e 49 dipendenti, mentre un terzo si colloca nella fascia 50-249.
Per una buona parte delle imprese, l’export verso gli Stati Uniti rappresenta meno del 10% del fatturato. Tuttavia, nel settore MEM la quota cresce in maniera significativa, raggiungendo in alcuni casi anche il 50%. È interessante rilevare come quasi la metà delle aziende dichiari di subire anche effetti indiretti – attraverso clienti o fornitori – e non solo un impatto diretto. Soltanto una minoranza afferma di non essere colpita.
Fra chi è esposto, il peso del dazio risulta tutt’altro che marginale: per il 36% delle imprese l’impatto stimato arriva fino al 25% del fatturato, mentre per il 9% supera tale soglia.
In sostanza, il sondaggio evidenzia che oltre l’84% delle aziende risulta direttamente o indirettamente esposto ai dazi USA. L’impatto più forte colpisce la redditività: quasi la metà delle imprese segnala effetti negativi rilevanti sui margini, mentre oltre il 42% teme cali di fatturato. Le ripercussioni
occupazionali, pur meno marcate, restano significative, con quasi un’azienda su tre che ipotizza riduzioni di organico se la situazione attuale dovesse perdurare.
Dal punto di vista strategico, la delocalizzazione produttiva viene valutata da circa il 23% come un’opzione di lavoro concreta
, mentre quasi un quinto individua nell’automazione un possibile correttivo per mitigare l’effetto dei dazi e rilanciare la competitività.
Nonostante ciò, le strategie di risposta al nuovo regime dei dazi appaiono ancora parziali e non strutturate, come è normale che sia in una situazione del genere.
Prevale un certo attendismo che però deve essere combinato con valutazioni strategiche molto avanzate. Un dilemma all’insegna dell’incertezza che complica notevolmente il lavoro. Le ipotesi di compensazione su altri mercati o di ricorso al lavoro ridotto emergono, ma la quota di indecisi dimostra che prevale, appunto, l’attesa. Molte imprese stanno avviando confronti diretti con i partner americani per valutare una condivisione del peso dei dazi. In alcuni casi i maggiori costi possono essere trasferiti ai consumatori finali, in altri – specie in settori sensibili al prezzo – questo non è possibile.


Accordi bilaterali III fra Svizzera e Unione europea (UE)

Nel giugno del 2025 il Consiglio federale ha approvato gli accordi con l’UE e ha avviato la procedura di consultazione, che durerà fino alla fine di ottobre. Per la fase che va dalla fine del 2024 all’’entrata in vigore del pacchetto, la Svizzera e l’UE hanno definito disposizioni transitorie relative al livello di partenariato e di cooperazione.
L’adozione del messaggio all’attenzione del Parlamento è prevista per il primo trimestre del 2026. Solo l’Accordo sui programmi UE (EUPA) dovrebbe essere firmato dal Consiglio federale già verso la fine dell’autunno 2025. Tale firma consentirà alla Svizzera di partecipare retroattivamente come Stato associato ai programmi Orizzonte Europa, Euratom ed Europa Digitale dal 1° gennaio 2025.

I nostri ospiti, che rappresentano il mondo politico, economico, sindacale e accademico, aiuteranno a comprendere la rilevanza della posta in gioco.

Vi diamo appuntamento il prossimo 19 settembre 2025, dalle ore 18.00, presso il Teatro sociale di Bellinzona, per questo importante momento di confronto che prevede il seguente programma:

  • Saluto introduttivo di Luca Albertoni, Direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino e di Jon Pult, Consigliere nazionale e Presidente dell’Associazione svizzera di politica estera
  • Intervento del Consigliere federale Ignazio Cassis, Capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE)

Seguirà una discussione con

  • Vania Alleva, Presidente nazionale del sindacato UNIA
  • Monika Rühl, Presidente della Direzione generale di economiesuisse
  • Giovanni Merlini, Avvocato e Presidente della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI)

La discussione sarà moderata da Pietro Bernaschina, Responsabile attualità TV della Radiotelevisione Svizzera di lingua Italiana (RSI).

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