Dal 1° aprile 2025 in Svizzera è entrato in vigore l’obbligo legale di segnalare ciberattacchi a infrastrutture critiche. L’Ufficio federale della cibersicurezza (UFCS) ha registrato un bilancio positivo dopo i primi sei mesi. Finora sono state ricevute in totale di 164 segnalazioni da parte di infrastrutture critiche. Dal 1° ottobre 2025 entreranno in vigore le sanzioni previste in caso di mancata segnalazione.
Da sei mesi è in vigore l’obbligo di segnalare ciberattacchi a infrastrutture critiche. Nel complesso, l’Ufficio federale della cibersicurezza (UFCS) è soddisfatto dell’attuazione. I gestori delle infrastrutture critiche adempiono a questo obbligo entro i termini e segnalano i ciberattacchi entro 24 ore. È particolarmente positivo che chi effettua una segnalazione utilizzi il Cyber Security Hub; questo facilita sensibilmente l’elaborazione per l’UFCS. Già prima dell’introduzione dell’obbligo di segnalazione, esisteva uno stretto rapporto di fiducia tra l’UFCS e molti gestori delle infrastrutture critiche. Questa collaborazione di lunga data ha costituito la base per avviare con successo l’obbligo di segnalazione.
164 segnalazioni da parte di infrastrutture critiche
In totale, l’UFCS ha ricevuto 164 segnalazioni da infrastrutture critiche dall’inizio di aprile. Gli attacchi DDoS sono stati segnalati con maggiore frequenza (18.1%), seguiti da hacking (16.1%), ransomware (12.4%), credential theft (11.4%), fughe di dati (9.8%), e malware (9.3%). In diversi casi sono stati descritti fenomeni combinati, come per esempio attacchi ransomware contemporaneamente a fughe di dati. Vi sono diversi settori interessati; finora il settore finanziario è stato il più colpito (19%), seguito dal settore informatico (8.7%) et il settore di energetica (7.6%). Ulteriori segnalazioni sono pervenute dalle autorità, dal sistema sanitario, da società di telecomunicazioni, nonché da alcuni servizi postali, dal settore dei trasporti, dai media, dall’approvvigionamento di generi alimentari e dal settore tecnologico.
Rafforzare lo scambio di informazioni
Le segnalazioni in arrivo vengono raccolte e analizzate a scopi statistici. Le informazioni ottenute in questo modo oltre che ad aiutare a reagire concretamente a un incidente, contribuiscono anche a valutare meglio la situazione nazionale di minaccia e fungono da allarme precoce per altre organizzazioni potenzialmente interessate. Da quando è entrato in vigore l’obbligo di segnalazione, molte più organizzazioni hanno contribuito direttamente allo scambio di informazioni. In questo modo ad oggi gli avvisi e le raccomandazioni raggiungono direttamente un numero significativamente maggiore di attori interessati.
Sanzioni in caso di violazione dell’obbligo di segnalazione a partire dal 1° ottobre 2025
Dal 1° ottobre 2025 entreranno in vigore le sanzioni conformemente alla legge federale sulla sicurezza delle informazioni. I gestori delle infrastrutture critiche che non adempiono al loro obbligo di segnalazione possono essere multati con somme fino a 100 000 franchi. Se l’UFCS dispone di indicazioni secondo le quali una segnalazione è stata omessa, è tenuto a contattare per prima cosa l’autorità interessata. L’UFCS può sporgere denuncia solo se gli interessati non rispondono a questa prima presa di contatto e alla successiva decisione.
Fonte: Ufficio federale della cibersicurezza (UFCS) – Comunicato stampa
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/09/ART25-segnalazione-ciberattacchi.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-09-30 08:45:492025-09-30 08:45:50Sei mesi di obbligo di segnalare ciberattacchi a infrastrutture critiche
Approvati dal Consiglio federale il 13 giugno, messi in consultazione fino al 31 ottobre e pronti a finire sugli scranni del parlamento nazionale entro il primo trimestre del 2026, gli Accordi Bilaterali III tra Svizzera e Unione europea sono stati protagonisti il 19.9.2025 di un evento organizzato a Bellinzona dalla Cc-Ti. Ospiti il consigliere federale e capo del DFAE Ignazio Cassis, la presidente del nazionale del sindacato Unia Vania Alleva, la presidente della Direzione generale di Economiesuisse Monika Rühl e il presidente della Supsi Giovanni Merlini. Posta l’importanza del tema, è altrettanto fondamentale provare a capire come da un tema così macro e internazionale si possano dedurre elementi locali e che i ticinesi vivono sulla propria pelle ogni giorno. A colloquio con ‘laRegione’ a margine dell’evento, il Direttore della Cc-Ti Luca Albertoni spiega quella che, secondo lui, è la posta in gioco per il Canton Ticino.
Qual è la vera e concreta importanza di una via bilaterale con l’Europa per il Canton Ticino? In quali settori si esplica soprattutto questa esigenza?
Ovviamente in Ticino quando si parla di Accordi bilaterali si pensa solo alla libera circolazione delle persone e all’Italia. È innegabile che la libera circolazione, pur con dei limiti che anche noi riconosciamo e che hanno portato all’introduzione di strumenti di protezione sociale, sia importante per il reclutamento di personale, soprattutto in un periodo storico che è e sarà contraddistinto da una carenza di manodopera molto diffusa. Ma ridurre gli Accordi bilaterali a questo sarebbe sbagliato. Nell’ambito della formazione ad esempio, i nostri istituti universitari beneficiano di diverse decine di milioni di franchi di fondi dell’Unione europea. Gli ostacoli tecnici al commercio sono pure un elemento molto importante per le nostre aziende esportatrici. Abbiamo ad esempio visto cosa ha significato la scadenza dell’accordo di riconoscimento reciproco dei prodotti in ambito Medtech, che ha obbligato le nostre aziende a superare ostacoli burocratici ulteriori e quindi costi supplementari. Senza dimenticare l’ambito dell’energia, nel quale siamo confrontati a una dipendenza dall’estero per la sicurezza dell’approvvigionamento.
Cosa vi soddisfa e cosa non vi soddisfa di questo pacchetto?
Stiamo ancora valutando nel dettaglio perché la materia è ampia e complessa e una determinazione definitiva la inoltreremo nella procedura di consultazione. In generale è positivo che vi sia una base di discussione fondata e che si cerchi di avere regole chiare per l’accesso al mercato europeo. Poi è evidente che, come in ogni trattativa negoziale, vi siano elementi che piacciono di meno. Ad esempio stiamo discutendo in maniera molto approfondita con le associazioni nazionali l’ormai famosa clausola di salvaguardia, in modo che resti uno strumento efficace senza però ostacolare in maniera eccessiva l’economia. Se venisse invocata con eccessiva facilità, avrebbe un inutile effetto paralizzante, per cui va utilizzata con equilibrio e coinvolgendo le parti sociali in maniera importante. Chiaro che in generale l’aspetto della sovranità normativa va valutato e soppesato bene. Adeguarsi al diritto europeo per molti ambiti è quasi essenziale per accedere al mercato europeo e, di fatto, avviene già da tempo trasformando in diritto nazionale quello europeo. Una variante più “dinamica” di questo adeguamento richiede ovviamente un approccio diverso e di questo stiamo valutando le conseguenze, come ad esempio in termini di libertà decisionale in ambito energetico.
Condivide l’accusa fatta spesso da destra al Consiglio federale di essere troppo timido con l’Ue nelle trattative?
Non partecipando direttamente alle trattative è sempre difficile dare un giudizio su cosa e come si può negoziare. Abbiamo molte carte da giocare ma non dobbiamo nemmeno sopravvalutare il nostro potere negoziale. Ritengo che la diplomazia svizzera sappia fare bene il suo lavoro e del resto anche con gli Stati Uniti il negoziato era andato bene fino alla decisione umorale del Presidente americano. La critica ovviamente ci sta, ma spesso fatico a capire cosa vogliono far valere coloro che rimproverano l’eccessiva timidezza alle autorità federali.
Vista la questione dei dazi imposti dagli Stati Uniti, la possibilità di un avvicinamento all’Ue in materia commerciale è nelle cose o la vede come una semplificazione?
Ha un fondo di verità, visto che comunque si tratta di un mercato per noi fondamentale, ma mi sembra una conclusione semplicistica. Per natura e per le nostre strutture la Svizzera deve mantenere aperto un dialogo con tutti, Stati Uniti compresi, e la politica dell’ampia diffusione degli Accordi di libero scambio è un tassello essenziale in questo senso. A maggior ragione questo è importante in un contesto di alleanze e geometrie variabilissime e labili, per cui l’ipotetico alleato fedele di oggi può essere domani un concorrente agguerrito. L’importante è mantenere l’equilibrio dei buoni rapporti con tutti, consapevoli delle nostre forze. Poi le alleanze si stringono naturalmente.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/09/ART25-bilaterali.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2025-09-23 11:36:192025-09-23 11:36:20“Non c’è solo la libera circolazione”
La cerimonia di premiazione di ieri sera è stata incredibilmente emozionante. Mettetevi comodi e rivivete la serata con il nostro video highlight! Una partecipazione straordinaria
Davanti a 6’000 spettatrici e spettatori entusiasti ieri sono stati celebrati i nuovi campioni e le nuove campionesse svizzeri delle professioni. Dopo quattro giorni di sudore, passione ed emozioni, complessivamente 297 medaglie delle 92 competizioni professionali sono state assegnate ai migliori giovani talenti della Svizzera. Il consigliere federale Guy Parmelin si è complimentato così: «Bravi, avete compiuto qualcosa di straordinario. Passione, competenza, orgoglio professionale – è questo che ci ha emozionato negli ultimi giorni. E lo dico con convinzione: le vostre capacità sono una promessa per il futuro». Tutti i risultati e le classifiche sono ora online.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/09/ART25-Swissskills-2025.png8531280Monica Fogliahttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngMonica Foglia2025-09-21 15:11:032025-09-22 08:32:04SwissSkills 2025 – 11 medaglie per la Svizzera italiana
Sotto il cielo blu di Berna c’é un sole splendente, il secondo giorno degli SwissSkills 2025 si è aperto con un nuovo entusiasmo e una grande partecipazione. Il flusso di allieve e allievi è ancora più ampio di quello che ha inaugurato la manifestazione con una forte presenza di allievi e allieve provenienti dai cantoni latini. Questa straordinaria partecipazione riflette bene lo spirito degli SwissSkills 2025, in cui la parola chiave è molteplicità – un valore che si esprime in tanti modi.
Orientarsi nella molteplicità: un’avventura che inizia da sé stessi
I padiglioni sono ricchi di molteplicità: professioni da guardare, toccare e vivere con tutti i sensi. Ciò che non è possibile in classe diventa realtà agli SwissSkills 2025: esperienze pratiche, incontri e l’opportunità di scoprire nuove passioni.
I campionati delle professioni SwissSkills 2025 si avvicinano a grandi passi alla fase finale. Domani si decideranno i titoli di campione svizzero quando i talenti professionali che saliranno sul podio saranno annunciati durante la cerimonia di premiazione alla PostFinance Arena. Puoi seguire la cerimonia di premiazione in diretta streaming. Dopodiché i risultati di tutti i campionati saranno disponibili sul nostro sito internet.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/09/ART25-Swissskills-2025.png8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-09-19 13:45:002025-09-24 13:53:14Gli SwissSkills 2025 entrano nel vivo
In modo un po’ paradossale, le tensioni internazionali sembrano aver fatto passare in secondo piano la questione energetica, che resta di stretta attualità.
Forse per il calo del prezzo della benzina, per i vari annunci della riduzione dei prezzi dell’elettricità, oppure semplicemente perché si parla soprattutto di guerre militari e commerciali, gli aspetti dell’approvvigionamento energetico stabile e sicuro non sembrano al momento preoccupare più di tanto. Appunto paradossale perché proprio nell’instabilità internazionale si celano molti rischi, vista la dipendenza svizzera da altri paesi europei, soprattutto nei mesi invernali. Eppure, gli scenari di guerra in particolare hanno mostrato con chiarezza quanto fragile possa essere un sistema di approvvigionamento fondato su equilibri precari e su importazioni spesso difficili da garantire. Non a caso, a livello nazionale, la strategia energetica è oggetto di un indispensabile ripensamento, che si auspica finalmente libero da tabù inutilmente condizionanti. È inevitabile riprendere il discorso sul nucleare, perché l’illusione di poter sostituire solo con le energie rinnovabili un’intera quota di produzione stabile e sicura si è rivelata molto fragile e costosa. Il solare e l’eolico possono avere un ruolo importante, ma restano intermittenti e non assicurano la continuità di fornitura necessaria a un Paese industrializzato. O la possono in futuro assicurare solo al prezzo elevatissimo di adattamento delle reti e di altre misure non immediatamente realizzabili. E, in termini di indipendenza energetica, anche le rinnovabili non sono il massimo, considerato il ruolo decisivo giocato dalla Cina in particolare in ambito fotovoltaico. Vero che l’idroelettrico è un pilastro fondamentale per il sistema elvetico e ticinese, ma purtroppo non può crescere all’infinito.
Il cattivo esempio della Germania
Che ignorare l’evoluzione tecnologica a priori e imporre dall’alto solo alcuni vettori energetici sia un autogoal clamoroso lo dimostra del resto il nostro vicino settentrionale. La Germania ha spinto con decisione su una politica verde troppo estrema, chiudendo le centrali nucleari e investendo somme enormi nelle rinnovabili. Una decisione clamorosa che è venuta ad accavallarsi con la riduzione delle forniture del gas russo e aumenti di prezzi vertiginosi. Con un risultato disastroso a livello economico e ambientale: aumento delle emissioni per il maggior ricorso al carbone, esplosione dei prezzi dell’elettricità, imprese costrette a delocalizzare e bollette pesantissime per cittadine e cittadini (con un incremento medio di prezzo di circa il 30%). Oggi la Germania è costretta a rivedere i suoi piani, pagando un prezzo altissimo per errori ideologici che avrebbero potuto essere evitati solo con una maggiore accortezza. Un monito chiaro anche per la Svizzera.
Non è solo una questione di costi
La sicurezza dell’approvvigionamento è un bene pubblico essenziale. Senza energia stabile e accessibile, non possono funzionare né le imprese né i servizi pubblici. L’energia garantisce la stabilità del sistema economico e sociale. Senza, tutto si ferma. Ecco perché è assolutamente necessario ristabilire un equilibrio tra energie rinnovabili, altre energie (compresa quella nucleare) e importazioni, senza preclusioni ideologiche ma con pragmatismo e senso della realtà.
La dipendenza dall’estero
L’altro aspetto cruciale riguarda la dipendenza dall’estero. Oggi la Svizzera importa una parte significativa della sua elettricità nei mesi invernali, proprio quando la domanda è più elevata e il contributo delle rinnovabili più limitato. Tenuto conto di queste difficoltà stagionali, la dipendenza energetica dall’estero si aggira complessivamente attorno al 70%, che rappresenta la quota di consumi lordi coperta dalle importazioni. Questo ci rende vulnerabili non solo alle variazioni dei prezzi, ma anche alle decisioni politiche dei Paesi confinanti, che ovviamente mettono in priorità la possibilità di fornire energia ai propri cittadini. Parliamo nello specifico di Germania, Francia e Austria. Non va dimenticato che a ciò si aggiunge la dipendenza crescente dalle cosiddette terre rare, indispensabili, tra le altre cose, per la produzione di pannelli solari, turbine e batterie. Materie prime controllate in larga misura dalla Cina, che le utilizza anche come strumento geopolitico, prevedendo anche contingenti di esportazione. Puntare tutto solo ed esclusivamente sulle energie rinnovabili significa, paradossalmente, sostituire una dipendenza con un’altra, forse ancora più rischiosa.
Anche l’Unione europea…
Non è un caso che anche l’Unione europea stia almeno parzialmente cambiando rotta. Dopo anni di politiche climatiche improntate a scelte estreme, che hanno fra l’altro messo in ginocchio l’industria automobilistica, Bruxelles ha iniziato a riconoscere i limiti e le contraddizioni di questa linea. Il nucleare, inizialmente escluso, è stato riconsiderato come fonte sostenibile. Diversi Stati membri stanno rivalutando programmi per la costruzione di nuove centrali, consapevoli che senza energia stabile, abbondante e a prezzo abbordabile la transizione ecologica resta un’illusione molto costosa. La transizione energetica ci sarà probabilmente, come può anche essere giusto che sia, ma secondo temi e modi diversi da quelli ipotizzati a tavolino.
…e il Ticino…
A livello cantonale, il discorso non è diverso. Il piano energetico cantonale, che punta a un’indipendenza pressoché totale dalle fonti esterne, rappresenta un progetto poco conforme alle esigenze e alle possibilità del nostro territorio. Immaginare che un piccolo cantone alpino possa produrre tutta l’energia necessaria senza ricorrere a importazioni e senza considerare le dinamiche svizzere ed europee è un esercizio teorico poco collimante con la pratica e insostenibile dal punto di vista dei costi. Inoltre, questo approccio, come avremo modo di discuterne con il Consigliere federale Albert Rösti in occasione della nostra Assemblea generale ordinaria del prossimo 17 ottobre, non è più in linea con la politica federale, che ormai riconosce la necessità di un mix equilibrato fra vettori energetici e della collaborazione internazionale. Insistere su una via isolata significa penalizzare cittadini e imprese con costi elevati e benefici minimi. Il futuro energetico della Svizzera passa dunque da una scelta di pragmatismo. Serve un compromesso intelligente, che valorizzi l’idroelettrico e le rinnovabili ma che non escluda nuove tecnologie, in particolare nucleari, oggi ancora più sicure ed efficienti rispetto al passato. Con un occhio alla politica estera e la proposta di Accordi bilaterale sull’energia con l’UE non mancherà di far discutere…
Il termine per la presentazione del rendiconto IVA può essere prorogato in modo comodo, rapido e gratuito online nel servizio ePortal «Conteggiare l’IVA». Vogliate notare che per le domande di proroga dei termini è obbligatoria la procedura elettronica (nell’ambito della presentazione del rendiconto ai sensi dell’art. 123 OIVA). Le richieste di proroga che non verranno presentate tramite l’apposito servizio nell’ePortal non potranno essere prese in considerazione dall’AFC.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/09/ART25-proroga-rendiconto-IVA.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-09-15 09:42:022025-09-15 09:42:03Proroga dei termini per la presentazione del rendiconto IVA
Nella sua seduta del 12 settembre 2025 il Consiglio federale è stato informato del risultato della consultazione delle Commissioni della politica estera in merito all’anteprima dell’80a Assemblea generale dell’ONU. Durante la settimana di alto livello che si terrà dal 22 al 30 settembre 2025, in occasione dell’apertura dell’Assemblea generale dell’ONU, la Svizzera sarà rappresentata dalla presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter e dal consigliere federale Ignazio Cassis.
Quest’anno l’Assemblea generale dell’ONU, che si riunirà da settembre 2025 ad agosto 2026, si concentrerà sui profondi sconvolgimenti nel sistema onusiano, dove la cooperazione globale risulta compromessa dalle tensioni in ambito finanziario e dai cambiamenti di rotta politici. La sede dell’Organizzazione a Ginevra è direttamente interessata da questi sviluppi. Il Consiglio federale si impegna per un multilateralismo credibile e nel dibattito sulle riforme si fa portavoce degli interessi della Svizzera quale Stato ospite, donatore e membro delle Nazioni Unite.
Settimana di apertura dell’80a Assemblea generale dell’ONU
Questa settimana rappresenta un’opportunità unica per incontri e scambi di opinioni con una grande varietà di attori, tra cui 100 capi di Stato e di governo come pure ministre e ministri degli esteri da tutto il mondo.
Il 22 settembre la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter parteciperà al vertice per commemorare l’80° anniversario dell’ONU. Nello stesso giorno prenderà parte anche alla celebrazione del 30° anniversario della Conferenza mondiale sulle donne, che ha rappresentato un passo fondamentale verso la parità di genere a livello mondiale. Il 24 settembre la presidente della Confederazione terrà inoltre, a nome della Svizzera, il discorso ufficiale durante il dibattito generale.
Il consigliere federale Ignazio Cassis interverrà alla riunione ministeriale sulla protezione del personale umanitario, in cui presenterà la posizione della Svizzera nella dichiarazione politica – in continuità con la risoluzione 2730 del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Inoltre parteciperà a un evento organizzato dall’Istituto internazionale per la pace (International Peace Institute) sulla situazione in Medio Oriente e rappresenterà la Svizzera a un incontro di alto livello sulle persone scomparse nei conflitti armati, un tema chiave nell’ambito dell’impegno del nostro Paese per la promozione della pace.
L’Assemblea generale è la più ampia piattaforma di dialogo per i 193 Stati membri dell’ONU, che vi discutono delle sfide globali come la risoluzione dei conflitti, la costruzione della pace, la riduzione della povertà, lo sviluppo sostenibile, il rispetto dei diritti umani e la lotta ai cambiamenti climatici.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/09/ART25-ONU-Cassis-Keller-Sutter.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-09-12 14:35:442025-09-12 14:35:45La presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter e il consigliere federale Ignazio Cassis rappresenteranno la Svizzera all’apertura dell’80a Assemblea generale dell’ONU a New York
Il 9 settembre, la Cc-Ti e la JCC hanno acceso i riflettori su Asia Centrale e Caucaso meridionale. In un mondo che cambia velocemente, queste due aree si impongono come snodi cruciali. La sintesi del dibattito non lascia dubbi: chi le governa, governa anche una parte degli equilibri geopolitici ed economici globali di domani.
L’incontro, dedicato all’analisi delle dinamiche geopolitiche ed economiche della regione, si è aperto con i saluti istituzionali di Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale della Cc-Ti, e Dorit Sallis, Managing Director di Joint Chamber of Commerce (JCC), la principale organizzazione svizzera del settore privato impegnata a promuovere i rapporti economici bilaterali tra la Svizzera e l’Europa orientale (extra-UE), l’Asia Centrale e il Caucaso meridionale.
Una nuova stagione geopolitica
Christopher J. Weafer (Macro-Advisory Ltd.) ha messo in luce come l’Asia Centrale e il Caucaso meridionale stiano conoscendo un inedito ritorno di centralità. Si parla ormai di “Great Game 3.0”, dove Cina, Russia, Stati Uniti, Unione europea, Turchia, Iran, India e monarchie del Golfo competono per il controllo di risorse, mercati e corridoi strategici che collegano Asia ed Europa.
Le risorse naturali rappresentano la posta più ambita: il Kazakistan è il principale fornitore globale di uranio, il Tagikistan è secondo nella produzione di antimonio, metallo chiave anche in ambito militare. L’energia rimane cruciale, ma cresce la corsa alle rinnovabili. Sul piano logistico, si moltiplicano i progetti di rotte alternative: il Corridoio di Mezzo (TITR), sostenuto dall’Unione europea, che collega l’Asia all’Europa aggirando la Russia; il Corridoio di Zangezur (Trump Route for International Peace and Prosperity – TRİPP), promosso da Azerbaigian, Armenia e Turchia con il sostegno statunitense, per ridurre i tempi di transito verso il Mediterraneo; il Corridoio di trasporto internazionale nord-sud (INSTC), voluto da Russia, Iran e India, per unire Asia meridionale ed Eurasia. Sullo sfondo, la Belt and Road Initiative cinese continua a tessere la sua rete di rotte terrestri e marittime.
Le strategie sono diverse: la Cina privilegia energia, risorse alimentari e vie di transito con un approccio pragmatico; la Russia, che considera l’Asia Centrale parte del proprio “estero vicino” e la utilizza come valvola di sfogo economica di fronte alle sanzioni, esercita ancora un forte controllo politico e militare; Stati Uniti e Unione europea cercano di contenere l’espansione di Pechino e Teheran e di garantire approvvigionamenti sicuri di minerali critici. Nel frattempo, la Turchia rilancia il progetto di un “mondo turco” che unisca popoli affini dalla steppa al Mediterraneo e gli Stati del Golfo investono massicciamente in energia, logistica e finanza islamica. Infine, l’Iran rafforza i legami con l’Unione economica eurasiatica (EaEU) e l’India, più lenta nel suo approccio, cerca spazio attraverso l’INSTC.
Per gli investitori privati, i settori più promettenti spaziano da energia (tradizionale e rinnovabile) e logistica, a sanità, fintech e turismo. L’aumento del reddito medio rafforza inoltre il potenziale dei consumi interni, mentre le privatizzazioni in corso aprono nuove opportunità in settori strategici. Tuttavia, restano ostacoli importanti: la concorrenza agguerrita di Russia e Cina, che possono contare su rapporti storici, reti linguistiche e minori vincoli normativi, burocrazia lenta, normative poco trasparenti e rischi reputazionali.
Transizione verde: dall’ambizione alla realtà
Dinara Jarmukhanova (Centil Law Firm) ha sottolineato come l’Asia Centrale stia tentando di trasformarsi da periferia energetica a laboratorio della transizione verde. I governi hanno fissato obiettivi ambiziosi: neutralità carbonica a metà secolo e quote rilevanti di rinnovabili già entro il 2030. La posta in gioco non riguarda soltanto la sicurezza energetica interna, ma la possibilità di trasformare la regione in un hub di esportazione di energia pulita verso Europa e Asia meridionale.
Kazakistan e Uzbekistan guidano la corsa sia a livello di obiettivi sia di pacchetti di incentivi capaci di attrarre grandi operatori internazionali. Il Kazakistan mira al 15% di rinnovabili entro il 2030 e al 50% entro il 2050. Colossi come Masdar, Total Energies e Acwa Power hanno firmato accordi per parchi eolici da un gigawatt ciascuno, da completare entro il 2028. L’Uzbekistan si muove con altrettanta determinazione e punta al 40% entro il 2030. Qui è stato inaugurato il progetto Sungrow Lochin, la più grande batteria di accumulo dell’Asia Centrale, capace di garantire stabilità di rete e di rafforzare l’attrattività per nuovi investitori. Kirghizistan e Tagikistan, dal canto loro, concentrano gli sforzi sull’idroelettrico, con il progetto CASA-1000 che porterà energia verso Pakistan e Afghanistan entro il 2027. Sul piano regionale, il Corridoio trans-caspico per l’energia verde, sostenuto da istituzioni finanziarie multilaterali, promette di collegare direttamente l’energia pulita centroasiatica ai mercati europei. Una prospettiva che non solo diversificherebbe i mercati, ma inserirebbe la regione in un network energetico continentale in forte trasformazione.
Anche Jarmukhanova conferma le opportunità concrete per il capitale privato: crescita della domanda interna, programmi di privatizzazione, incentivi. Permangono tuttavia sfide significative: alti costi iniziali dei grandi impianti, reti elettriche obsolete, carenza di manodopera qualificata, oltre a regole ancora fragili. La stagionalità delle rinnovabili e la mancanza di capacità di accumulo aggravano i rischi di instabilità. La spinta politica è forte, ma l’influenza delle industrie fossili e la lentezza burocratica rischiano di rallentare la trasformazione.
I corridoi eurasiatici tra logistica e sovranità
Il terzo e ultimo contributo, a cura di Nikolaus Kohler (M&M Militzer & Münch AG), ha sottolineato il peso crescente della logistica e delle infrastrutture di trasporto nel futuro della regione, evidenziando a sua volta come, dietro l’espansione dei corridoi eurasiatici, non ci sia soltanto la volontà di accorciare le distanze commerciali tra Asia ed Europa, ma una competizione geopolitica che volta a ridefinire equilibri e alleanze e che, a ben guardare, mette a dura prova la capacità dei Paesi dell’Asia Centrale e del Caucaso di gestire investimenti esteri senza cedere sovranità politica.
Ne sono la prova i due principali assi di sviluppo, il Corridoio di Mezzo (TITR) e il Corridoio di Trasporto Internazionale Nord-Sud (INSTC): il primo, che collega Cina e Turchia passando da Kazakistan, Azerbaigian e Georgia, rappresenta un’alternativa strategica alle rotte settentrionali attraverso la Russia, oggi ostacolate dalle sanzioni. Il secondo, che attraversa Iran e Russia per connettere l’Asia meridionale con l’Europa e l’Eurasia, consolida la cooperazione tra Mosca e Teheran. A queste vie si aggiungono iniziative più recenti come il Corridoio di Zangezur (TRIPP), nato dal fragile processo di pace tra Armenia e Azerbaigian, o il collegamento Uzbekistan–Afghanistan–Pakistan, sostenuto anche da interessi cinesi e pakistani.
Gli investimenti sono imponenti e provengono da più direzioni. Bruxelles, attraverso il programma Global Gateway, cerca di offrire ai Paesi centroasiatici un’alternativa credibile alla Nuova Via della Seta cinese. Pechino, dal canto suo, rafforza la propria presa con il progetto ferroviario Cina–Kirghizistan–Uzbekistan, che ridisegnerà le tempistiche dei traffici euroasiatici. La Russia, isolata a ovest, rilancia il ruolo dell’INSTC per mantenere un piede in una regione che considera vitale per la sua proiezione verso il sud. Washington, infine, osserva con crescente attenzione, cercando di sostenere progetti che limitino l’influenza di Mosca e Pechino (leggi: Corridoio di Zangezur).
Se sul piano infrastrutturale i progressi sono tangibili – nuovi porti, terminal, linee ferroviarie e sistemi digitali come eTIR e Single Window – le criticità rimangono evidenti: il Mar Caspio è un collo di bottiglia, i confini rallentano i flussi e la forte dipendenza da capitali esteri solleva interrogativi sulla sovranità degli Stati coinvolti. In questo scenario, la logistica non è solo economia: è geopolitica allo stato puro.
Il prezzo della centralità eurasiatica
Dall’evento di Cc-Ti e JCC emerge un quadro chiaro: Asia Centrale e Caucaso meridionale rappresentano snodi cruciali in cui convergono interessi energetici, logistici e geopolitici delle grandi potenze. Le opportunità sono rilevanti – dall’energia tradizionale e rinnovabile alla logistica, dai consumi interni alle privatizzazioni – ma si accompagnano a rischi elevati, legati a instabilità politica, burocrazia lenta, quadri normativi poco trasparenti e pressioni esterne.
Il futuro della regione dipenderà dalla capacità dei governi di tradurre ambizioni e incentivi in progetti concreti, bilanciando l’apertura agli investimenti con la difesa della sovranità strategica. Per gli investitori, significa alto potenziale, ma anche alta volatilità: chi saprà navigare tra opportunità e rischi potrà giocare un ruolo di primo piano in questa nuova rete di relazioni euro-asiatiche.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/09/ART25-Retrospettiva-evento-caucaso-1.png8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-09-12 08:00:002025-09-15 07:21:01Asia Centrale e Caucaso meridionale: tra corridoi strategici e transizione verde
Da gennaio 2026 tutte le spedizioni aeree dirette in Egitto dovranno essere preregistrate nel sistema ACI (Advanced Cargo Information).
Il Ministero delle Finanze egiziano ha confermato le nuove tempistiche dopo diversi rinvii: la fase sperimentale si concluderà a dicembre 2025 e, dal nuovo anno, l’utilizzo del sistema ACI diventerà obbligatorio per il trasporto aereo.
Ricordiamo che il sistema è già operativo per le spedizioni marittime dal 1° ottobre 2021: con l’estensione al cargo aereo, si completa il processo di digitalizzazione dei controlli doganali egiziani.
Come funziona l’ACI
Il sistema integra due piattaforme complementari:
CargoX: utilizzata dagli esportatori per trasmettere la documentazione alle autorità doganali egiziane;
Nafeza: gestita dagli importatori egiziani, raccoglie e valida i documenti ricevuti tramite CargoX per le pratiche di sdoganamento.
Questa architettura garantisce maggiore tracciabilità e trasparenza nelle operazioni doganali.
Passaggi operativi per le aziende esportatrici
Per garantire uno sdoganamento regolare, le aziende esportatrici devono seguire i seguenti passaggi:
Registrazione su CargoX
attivazione di una chiave blockchain e acquisto di crediti per il caricamento e l’invio dei documenti;
prevedere alcuni giorni per il completamento della registrazione.
Coordinamento con l’importatore
l’importatore inserisce i dati della spedizione (fattura commerciale o proforma) nella piattaforma Nafeza;
il sistema genera automaticamente il numero ACID (Advance Cargo Information Declaration);
il codice viene comunicato a entrambe le parti;
lato esportatore, il codice deve essere riportato su tutti i documenti dal lato esportatore.
Caricamento dei documenti
obbligatori: fattura commerciale, certificato d’origine e polizze di carico, in formato PDF e comprensivi del numero ACID;
la fattura deve essere caricata anche in formato XLS tramite il template fornito dalla piattaforma;
i documenti devono essere caricati al più tardi48 ore prima dell’arrivo della merce in Egitto.
Coordinamento con lo spedizioniere
il numero ACID va comunicato allo spedizioniere, che lo utilizzerà per l’emissione corretta dei documenti di trasporto.
Fonte: Germany Trade & Invest, GTAI
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/09/ART25-Egitto-ACI-invii-aerei.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-09-11 08:00:002025-09-11 08:27:04Egitto: registrazione anticipata obbligatoria delle spedizioni aeree dal 2026
Il 5 settembre 2025 il Presidente Trump ha firmato un nuovo Ordine esecutivo che modifica l’attuale regime dei dazi “reciproci” e introduce meccanismi inediti per l’attuazione di accordi commerciali e di sicurezza. Le misure entrano in vigore l’8 settembre 2025.
Contesto normativo
L’Ordine esecutivo del 5 settembre 2025 si inserisce nella cornice degli Ordini esecutivi 14257 (2 aprile 2025) e 14326 (31 luglio), che avevano dichiarato uno stato di emergenza nazionale collegato ai deficit commerciali e introdotto misure tariffarie straordinarie per motivi di sicurezza nazionale.
Il nuovo Ordine aggiorna le categorie di merci esentate dai “dazi reciproci” (Allegato I) e istituisce un regime tariffario condizionato al grado di allineamento strategico dei partner commerciali (Allegati II e III).
Modifiche all’Allegato II dell’Ordine esecutivo 14257
L’elenco dei beni esclusi dai dazi “reciproci” contenuto nell’Allegato II dell’Ordine esecutivo 14257 è stato significativamente ampliato. Tra le principali categorie introdotte figurano:
settore farmaceutico: lidocaina e altri anestetici locali, ingredienti attivi per farmaci generici non brevettati;
metalli critici: nichel, grafite, oro (in polveri, foglie, lingotti);
minerali rari essenziali per tecnologie avanzate:torio, stagno, molibdeno;
tecnologie avanzate: LED di alta precisione, magneti permanenti in terre rare (neodimio).
Parallelamente, alcune categorie precedentemente esentate tornano soggette a dazi “reciproci”:
plastiche e polimeri: PET, resine epossidiche, siliconi, poliestere;
prodotti chimici di base: idrossido di alluminio, miscele di alcoli aciclici.
L’Allegato I dell’Ordine esecutivo del 5 settembre elenca le categorie di merci interessate, riportando i corrispondenti codici tariffari HTSUS.
Introduzione del meccanismo “PTAAP”
La novità più rilevante è l’introduzione degli Allegati II e III Potential Tariff Adjustments for Aligned Partners (Allegato PTAAP), che prevede un regime tariffario preferenziale e condizionato.
Per le merci elencate, gli Stati Uniti possono applicareesclusivamente il dazio MFN (Most-Favored-Nation) anziché tariffe punitive se il Paese partner
conclude un accordo di commercio e sicurezza con clausole specifiche di cooperazione strategica;
assume impegni vincolanti, concreti e misurabili per ridurre gli squilibri commerciali bilaterali; e
rafforza la cooperazione economica in settori strategici, inclusa la condivisione di tecnologie critiche e l’allineamento in ambito di standard di sicurezza.
Categorie di beni inclusi nel PTAAP
L’Allegato PTAAP si applica a quattro aree strategiche:
aerospazio: aeromobili completi, parti di ricambio, avionica e componentistica certificata;
farmaceutica: medicinali generici, principi attivi non brevettati e ingredienti per l’industria;
risorse naturali critiche: materiali non disponibili negli USA e derivati industriali;
agricoltura specializzata: prodotti agricoli non coltivati o in quantità sufficienti sul mercato interno.
L’Allegato II elenca le categorie di merci interessate, riportando i corrispondenti codici tariffari HTSUS.
Attivazione e gestione operativa
Le esenzioni tariffarie previste dal PTAAP si attivano automaticamente al momento della ratifica dell’accordo bilaterale, senza bisogno di ulteriori ordini esecutivi.
La gestione operativa del sistema è affidata a tre organismi federali:
USTR (United States Trade Representative) – negoziazione e supervisione degli accordi commerciali
Department of Commerce – valutazione tecnica dei prodotti e classificazione tariffaria
U.S. Customs and Border Protection (CPB) – implementazione pratica alle frontiere e controlli doganali
Raccomandazioni operative
La CPB ha già pubblicato le linee guida per una corretta dichiarazione doganale, cfr. CSMS # 66151866 del 6 settembre 2025.
Considerando la natura dinamica del framework normativo e la possibilità di aggiornamenti periodici, è opportuno monitorare con attenzione le modifiche agli allegati tariffari, in una prima fase gli aggiornamenti all’Allegato II dell’ordine esecutivo 14257 del 2 aprile.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/09/ART25-nuovo-ordine-esecutivo-usa.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-09-08 09:40:202025-09-08 09:40:21Dazi “reciproci USA”: nuovo ordine esecutivo
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