Prodotti a “deforestazione zero” nell’UE

L’Unione europea mette un freno alla deforestazione e al degrado delle foreste e da fine anno introduce una due diligence obbligatoria su determinate materie prime e i prodotti derivati.

Le aziende che immettono sul mercato comunitario o che esportano dall’UE materie prime e prodotti regolamentati dal Regolamento (UE) 2023/1115, noto anche come EUDR (EU Deforestation Regulation), sono tenute a rispettarne i requisiti a partire dal 30 dicembre 2024.

I prodotti interessati

Il regolamento si applica a sette materie prime – bovini, cacao, caffè, palma da olio, gomma, soia e legno – e ai prodotti che le contengono o che sono stati fabbricati a partire da esse. L’allegato I al regolamento contiene l’elenco completo dei prodotti interessati, identificati con la rispettiva voce doganale.

Chi deve ottemperare agli obblighi?

Il regolamento opera la seguente distinzione:

  • operatore: persona fisica o giuridica che nel corso di un’attività commerciale immette i prodotti interessati sul mercato o li esporta;
  • commerciante: persona nella catena di approvvigionamento, diversa dall’operatore, che nel corso di un’attività commerciale mette a disposizione sul mercato i prodotti interessati.

Gli operatori devono assicurarsi che i prodotti in questione siano a deforestazione zero, siano stati realizzati nel rispetto della legislazione pertinente del Paese di produzione e siano oggetto di una dichiarazione di dovuta diligenza. A seconda delle loro dimensioni, anche i commercianti possono essere obbligati a eseguire gli stessi controlli degli operatori.

Contrariamente alla direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, il regolamento 2023/1115 non si applica direttamente agli operatori extra-UE: in effetti, sarà il primo operatore stabilito nell’UE a dover prendersi carico del rispetto degli obblighi stabiliti dalla norma. L’esportatore extra-UE dovrà tuttavia essere pronto a fornire le informazioni e i documenti necessari al proprio partner/importatore europeo.

Due diligence, controllo e sanzioni

Per garantire la piena conformità al regolamento, gli operatori interessati sono tenuti ad implementare un sistema di due diligence che preveda la raccolta di informazioni dettagliate, dati e documenti, nonché una valutazione dei rischi e misure di mitigazione degli stessi. In particolare, essi devono riunire, conservare (per un periodo di cinque anni dalla data in cui il prodotto è stato messo sul mercato o esportato) e, se necessario, mettere a disposizione delle autorità le seguenti informazioni e documenti:

  • descrizione dei prodotti, compresa la denominazione commerciale, il tipo di prodotto e l’elenco delle materie prime o dei prodotti intermedi utilizzati per la loro fabbricazione
  • quantità dei prodotti interessati, espressa in kg, volume o unità
  • Paese di produzione ed eventuali aree geografiche
  • geolocalizzazione degli appezzamenti da cui provengono le materie prime unitamente alla data o al periodo di produzione
  • nome e indirizzi di tutte le aziende della catena di approvvigionamento
  • informazioni sufficientemente probanti e verificabili che attestino che i prodotti e le materie prime non comportano alcuna deforestazione.

La Commissione europea classificherà i Paesi in tre categorie di rischio (alto, standard, basso) entro il 30 dicembre 2024 e il regolamento prevede sia controlli più severi per le importazioni provenienti da aree ad alto rischio di deforestazione e degrado forestale sia un sistema sanzionatorio complesso, che include multe pecuniarie e pene detentive.

Link utili

La Commissione europea ha approntato una sezione di FAQ sul suo sito web Deforestation Platform and other EUDR implementation tools.

ESG come fattore di innovazione e vantaggio competitivo nella strategia aziendale PMI?

Le piccole e medie imprese (PMI) possono sfruttare le pratiche ambientali, sociali e di governance (ESG) come potente stimolo all’innovazione e come elemento chiave della loro strategia aziendale.

L’integrazione delle considerazioni ESG nelle operazioni aziendali non solo si allinea alle pratiche commerciali responsabili, ma migliora anche la competitività e la sostenibilità a lungo termine. Alcuni di questi temi sono stati anche affrontati in un evento organizzato dalla Cc-Ti in collaborazione con ESG Center of Excellence e Ticino Blockchain Technologies Association (TBTA) lo scorso 20.11.2023, intitolato “ESG come opportunità di business per le PMI ticinesi – Come la tecnologia Blockchain può aiutare”.

Ecco una tabella di marcia per le PMI per sviluppare l’ESG come fattore di innovazione e ottenere un vantaggio competitivo.

Comprendere i principi ESG:

  1. Familiarizzare con i principi fondamentali dell’ESG ambientale (E), sociale (S) e di governance (G). Questi principi guidano una condotta aziendale responsabile e uno sviluppo sostenibile.
  2. Condurre una valutazione di materialità
    Identificate i fattori ESG più rilevanti per la vostra attività conducendo una valutazione di materialità. Considerate l’impatto di ciascun fattore sugli stakeholder e sulle operazioni aziendali.
  3. Inserire l’ESG nella cultura aziendale
    Integrare le considerazioni ESG nella cultura e nei valori aziendali. Assicuratevi che i dipendenti comprendano e facciano propria l’importanza della sostenibilità e delle pratiche commerciali responsabili.
  4. Sviluppare politiche e metriche ESG
    Stabilire politiche ESG chiare e metriche misurabili. Definire obiettivi e indicatori chiave di performance (KPI) per monitorare i progressi e dimostrare l’impegno verso gli obiettivi ESG.
  5. Coinvolgere gli stakeholder
    Coinvolgete gli stakeholder, compresi clienti, dipendenti, fornitori e comunità locali, nelle vostre iniziative ESG. Il loro contributo può fornire spunti preziosi e rafforzare le relazioni.
  6. Innovare prodotti/servizi sostenibili
    Sfruttate l’ESG come motore di innovazione sviluppando prodotti o servizi sostenibili. Considerate l’impatto ambientale, l’approvvigionamento etico e la responsabilità sociale nello sviluppo dei vostri prodotti/servizi.
  7. Gestione efficiente delle risorse
    Implementate pratiche di efficienza delle risorse per ridurre i rifiuti, il consumo energetico e l’impronta di carbonio. Questo non solo è in linea con gli obiettivi ambientali, ma può anche portare a risparmi sui costi.
  8. Sostenibilità della catena di fornitura
    Assicuratevi che la vostra catena di fornitura aderisca a pratiche etiche e sostenibili. Questo migliora la responsabilità sociale dell’azienda e riduce il rischio di impatti negativi associati ai fornitori.
  9. Migliorare la diversità e l’inclusione
    Favorire un ambiente di lavoro diversificato e inclusivo, promuovendo l’uguaglianza e l’equità di trattamento. I team eterogenei spesso portano a una maggiore creatività e innovazione, contribuendo al successo aziendale.
  10. Pratiche di governance trasparenti
    Rafforzare le strutture di governance migliorando la trasparenza e la responsabilità. Comunicare chiaramente l’impegno dell’azienda verso una condotta aziendale etica e un processo decisionale responsabile.
  11. Gestione del rischio e integrazione ESG
    Integrare i fattori ESG nei processi di gestione del rischio. La comprensione e la mitigazione dei rischi ESG possono aumentare la resilienza e proteggere la reputazione dell’azienda.
  12. Reporting e comunicazione con gli stakeholder
    Comunicate regolarmente i vostri sforzi ESG attraverso i rapporti di sostenibilità e altri canali di comunicazione. Un reporting trasparente crea fiducia e credibilità con gli stakeholder.
  13. Cercare certificazioni esterne
    Cercate di ottenere certificazioni o standard pertinenti (ad esempio, ISO 14001 per la gestione ambientale) per convalidare il vostro impegno nelle pratiche ESG.
  14. Miglioramento continuo
    L’ESG è un processo continuo. Rivedete e aggiornate regolarmente le vostre strategie in base ai cambiamenti delle circostanze, alle aspettative degli stakeholder e alle best practice emergenti.

Conclusione
Incorporando strategicamente i principi ESG nelle loro attività, le PMI possono non solo contribuire allo sviluppo sostenibile, ma anche posizionarsi come entità innovative, responsabili e competitive sul mercato. Questo approccio olistico si allinea alle preferenze dei consumatori e alle tendenze normative in evoluzione, favorendo il successo a lungo termine.


Articolo a cura di Marco Casanova, Direttore Centro di eccellenza ESG, Lugano, www.esgcenter.ch

Nessun obbligo di pagare il salario nel caso di chiusure aziendali decise dallo Stato: motivazioni della sentenza

Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.

Nel numero di Ticino Business dello scorso ottobre 2023 (nr 4/2023) avevamo riferito di una sentenza del Tribunale federale (4A_53/2023) che esonerava un datore di lavoro dall’obbligo di pagare il salario nel caso di una chiusura aziendale decisa dallo Stato per combattere il Coronavirus (www.cc-ti.ch/no-obbligo-pagare-salario-chiusure-aziendali). Ora sono giunte le motivazioni che
riassumiamo nel seguente modo:

  • Il ragionamento dei giudici è partito dal concetto di mora del datore di lavoro, regolato all’art. 324 CO. Tale regola statuisce che “se il datore di lavoro impedisce per sua colpa la prestazione del lavoro o è altrimenti in mora nell’accettazione del lavoro, egli rimane tenuto al pagamento del salario, senza che il lavoratore debba prestare ulteriormente il suo lavoro”.
    In altre parole, se il dipendente è disposto e pronto a lavorare ma il datore di lavoro gli impedisce negligentemente di farlo deve comunque versare il salario.
  • La stessa conseguenza subentra nel caso in cui la prestazione lavorativa è impossibile senza che vi sia una colpa, ma a causa di un motivo che rientra nel rischio aziendale del datore di lavoro. Il concetto di rischio aziendale non è definito dalla legge ma deve essere valutato concretamente caso per caso. Di regola il rischio aziendale corrisponde alla definizione di cui all’art. 91 CO in cui viene indicato che il creditore di una prestazione (nel caso il lavoro) può rifiutarsi di accettarla solo in presenza di legittimi motivi. Se i motivi non sono legittimi, ci si trova pertanto all’interno del rischio aziendale.
  • Le chiusure aziendali per lottare contro il Coronavirus costituiscono legittimi motivi che possono giustificare il rifiuto delle prestazioni lavorative da parte del datore di lavoro. Si tratta di situazioni che hanno toccato tutti indistintamente. Non rientrano nel rischio aziendale.
  • I datori di lavoro erano tenuti ad obbedire agli ordini di chiusura. A loro non è pertanto imputabile alcuna colpa.
  • La legge federale sulle epidemie non prevede alcun obbligo di individuazione precoce e di sorveglianza nei confronti dei datori di lavoro. La legge impone doveri simili solo a carico della Confederazione e dei Cantoni. I datori di lavoro hanno unicamente il dovere di prevenire i contagi tra i collaboratori.
  • In ogni modo ancora nel febbraio 2020 il Coronavirus era ufficialmente considerato un problema geograficamente limitato alla Cina. Ai datori di lavoro non può quindi essere ascritta alcuna responsabilità per aver eventualmente sottovalutato il problema.
  • Le questioni di diritto privato, come ad esempio il pagamento del salario in caso di chiusura aziendale, sono di esclusiva competenza dei tribunali. Eventuali indicazioni della SECO non sono pertanto decisive per le valutazioni di tali fattispecie.
Scopri il Servizio giuridico della Cc-Ti!

Se una zebra incontra un ippopotamo

In occasione dello svolgimento di riunioni, siano esse di gruppo o di team di lavoro, si incontrano individui e si constatano aspetti rivelatori e sovente sorprendenti.

Molte persone hanno comportamenti e attitudini molto differenti, se si relazionano a livello personale con un unico interlocutore oppure se sono inseriti in un gruppo. Questi cambiamenti possono creare difficoltà e imprevisti nella gestione delle riunioni.

Kurt Zadek Lewin è considerato il maggiore studioso delle relazioni all’interno di un gruppo psico-sociale. Il suo approccio si basa sulla teoria della Gestalt, per cui si valuta l’insieme differente, nuovo o altro (e non maggiore quantitativamente né migliore qualitativamente) rispetto alla somma delle singole parti. L’individuo, quindi, si colloca al centro di un campo di forze ambientali che lo modificano e che, grazie a lui, mutano a loro volta.
Il taylorismo, il fordismo e il toyotismo, hanno portato al boom della produzione, razionalizzando grazie anche all’ottimizzazione continua. Rischiano di fare dimenticare che il gruppo ha degli aspetti emotivi cruciali. Lo studioso Le Bon (1985), fondatore della “psicologia delle folle”, e Freud (1921), consideravano il gruppo come sede di istinti emotivi, inconsci e tribali. Per Freud il gruppo portava ad una sorta di regressione delle persone.
Ciò porta a porsi questa domanda: “perché le emozioni in azienda sono importanti?” Perché le emozioni sono un grande sistema motivante (emozione ha anche la stessa radice etimologica di motivazione).
Questi cambiamenti comportamentali possano avere molte cause: l’uso della riunione quale arena per esprimere impulsi inconsci e a volte repressi, l’incertezza nella formulazione degli obiettivi, le modalità comunicative non condivise, gli spazi e l’ascolto concesso in modo arbitrario, la mancanza di ricerca della condivisione, la gestione errata dei feedback e altro ancora.
Per l’analisi e la gestione di un team e delle sue forme operative, come ad esempio le riunioni, si rivela utile identificare in quale momento del ciclo di vita del gruppo ci si muove.

Il periodo della formazione del team è il momento in cui il gruppo interagisce per le prime volte. Se i suoi membri stanno lavorando a un progetto, possono allinearsi sugli obiettivi o definire il proprio piano di progetto. In questa fase di sviluppo, i membri del gruppo si comportano indipendentemente l’uno dall’altro: la maggior parte delle loro conversazioni sono razionali, ma emotivamente distanti.

La seconda fase di sviluppo inizia sovente con un primo disaccordo di qualche tipo. Tale disaccordo funge da catalizzatore per i membri del gruppo affinché condividano più attivamente e focalizzano le proprie opinioni e siano concreti, trasparenti e onesti tra di loro. Questa onestà fa sì che inizino a fidarsi a vicenda.

Una volta che il gruppo ha risolto i primi disaccordi o conflitti iniziali ed “esplorativi”, le interazioni al suo interno diventano cooperative e possibilmente amichevoli. Durante questa fase, il gruppo inizierà a stabilire delle norme, anche se non discute su di esse né le registra in qualche modo: viene data la priorità alla coesione del gruppo. In effetti, il pericolo di questo momento è che i membri del gruppo siano troppo riluttanti a condividere le proprie opinioni, cosa che può portare all’immobilismo, oppure che alcuni partecipanti si arrocchino su ruoli e comportamenti stereotipati: il lupo, la zebra, l’ippopotamo e il rinoceronte (vedi box sotto).

Il periodo detto della prestazione è quando il gruppo dà il meglio di sé. I membri sono in grado di agire in modo indipendente o affrontare la risoluzione dei problemi in gruppo. Invece di preoccuparsi di come gli altri membri li percepiscono, i singoli membri si concentrano sugli obiettivi del gruppo e le soluzioni concrete.

La quinta e ultima fase è quella di sospensione o del lutto, per descrivere la separazione del gruppo dovuta, ad esempio, al completamento del progetto. Se i membri lavoravano bene insieme, possono provare un senso di perdita al momento dello scioglimento del gruppo.

Per evitare i più comuni errori nella gestione delle riunioni occorre procedere con metodo ed avere quindi un approccio strutturato sia nella fase di preparazione che di conduzione di esse.
I passaggi essenziali devono essere i seguenti:

  • Leadership, che si concretizza con una chiara focalizzazione sull’innovazione e sulla scelta di una visione del futuro motivante, attitudine all’ascolto e alla delega, gestione del Sé efficace, non temere i conflitti e capacità di prendersi cura degli altri.
  • Individuare le principali finalità di ciascun tipo diverso di riunione. Pochi obiettivi, sintetici, concreti e raggiungibili.
  • Predisporre una traccia di quanto verrà detto o proposto, prevedere scenari alternativi.
  • Prevedere le possibili obiezioni ed inglobare le risposte nel materiale che verrà presentato.
  • In fase di conduzione tenere presente le esigenze delle diverse tipologie di partecipanti.
    Tenere conto della propria emotività.
  • Essere determinati nel ricercare le soluzioni e non focalizzarsi sulla continua analisi dei problemi.
  • Essere aperti e disponibili nei confronti delle persone.
  • Verificare durante l’incontro il livello di comprensione di ciò che viene detto.
  • Monitorare il livello di responsabilizzazione delle persone rispetto alle decisioni prese.

Per avere successo bisogna saper riconoscerne i potenziali e non temere i rischi.

Tipi di personalità da evitare in un meeting strategico

Nel libro “The essential guide to prioritizazion by product board” (2021), vi è un grafico – in una versione adattata da Jeroen Kraaijenbrink e Timothy Timur Tiryaki, consulenti di strategia e leadership –, in cui vengono delineati quattro tipi di personalità a cui sono attribuite caratteristiche peculiari da “evitare” per la conduzione ottimale e, dunque, buona riuscita di una riunione.
Non solo: queste personalità, attraverso i loro atteggiamenti, possono ostacolare le dinamiche che si instaurano all’interno del gruppo nel portare a termine un progetto, un processo o una collaborazione.
Originariamente conosciuti come “gli animali pericolosi nel management”, sono identificati quattro tipi di figure: la zebra, l’ippopotamo, il lupo e il rinoceronte. Ecco cosa significano e come affrontarli nelle riunioni strategiche.
Acquisendo queste conoscenze, potrebbe essere più facile gestire la conduzione di una riunione, affrontando le personalità in modo un po’ più efficace.

GEN Z: minaccia o opportunità per le aziende?

La Gen Z viene descritta come la generazione che richiederà alle organizzazioni il maggiore sforzo di adattamento alle sue peculiarità. Come affrontare questo processo di sviluppo organizzativo e quali strategie adottare?

La Gen Z è composta dai nati tra il 1996 e il 2010 circa ed è la prima generazione di nativi digitali. Desidera sentirsi inclusa, essere parte integrante dell’organizzazione per cui opera, valorizzata e forse addirittura capita nel profondo. Ambisce ad essere seguita da manager interessati al loro sviluppo professionale. Mostra una preferenza per ruoli che permettono di esplorare e ampliare una varietà di competenze rispetto a un lavoro che si focalizza su un particolare bagaglio di competenze. Questo, peraltro, è in linea con la richiesta sempre maggiore da parte del mercato del lavoro di competenze trasversali.

Ogni generazione ha la sua prospettiva rispetto al mondo del lavoro. Tendenzialmente la Gen Z predilige il lavoro ibrido o remoto, con la possibilità di essere mobile e lavorare da luoghi diversi, si aspetta di collaborare con un’organizzazione tecnologicamente innovativa, chiede maggiormente una remunerazione equa, verosimilmente darà una spinta verso la diffusione della settimana lavorativa di quattro giorni come realtà operativa e la gestione agile delle organizzazioni.
Avere spazio e voce per esprimersi è vitale per la Gen Z, che ama condividere idee e opinioni, sperimentare, agire in un ambiente psicologicamente sicuro, dove errori e fallimenti vengono “celebrati” come strumento di apprendimento. Predilige l’assegnazione di progetti stimolanti e responsabilità significative
come opportunità di mettere alla prova e mostrare le proprie capacità. Si sente soffocata dal micromanagement. Apprezza ricevere a intervalli regolari feedback sulla performance, per capire come migliorare e ricevere supporto per farlo. Ambisce al coinvolgimento nelle decisioni aziendali e a sentirsi parte integrante dell’organizzazione.

Generalizzando, la Gen Z è stata educata a essere istantaneamente gratificata, premiata soprattutto per la partecipazione più che meritocraticamente per avere dimostrato una perfomance eccellente. Viene descritta come impaziente, con una durata piuttosto breve della capacità di attenzione, abituata a fare sentire la propria voce, si sente più competente delle precedenti generazioni e non si fa scrupoli a comunicarlo. Talvolta pare denotare una mancanza di disciplina e di un’etica lavorativa – quell’etica orientata all’impegno che premia sforzi e risultati tanto famigliare a precedenti generazioni – e quindi risulta facilmente frustrata se non vede risultati immediati. Non vuole perdere tempo ad imparare ciò che non le sembra utile. Questo ha il “pregio” di minimizzare il tempo d’apprendimento, può delineare un grande focus, un forte orientamento ai compiti da portare a termine, ma comporta il rischio di offuscare una visione d’insieme più ampia.

Spesso questa generazione viene percepita come la più sfidante da gestire, come una vera e propria minaccia per il modus operandi organizzativo in essere. C’è frustrazione da parte dei datori di lavoro rispetto alle esigenze della Gen Z, di conseguenza preferiscono non assumere i nativi digitali o si sentono messi con le spalle al muro e quindi praticamente obbligati ad accettare le loro condizioni. Gioca un ruolo determinante in questa dinamica poco funzionale, la difficoltà a reclutare forza lavoro qualificata in alcuni settori.

Si sconsiglia alle organizzazioni un’accettazione unilaterale e passiva delle aspettative portate avanti dalla Gen Z. È invece necessario mettere in atto un lavoro di co-creazione, in cui comprendere le rispettive esigenze, su cui basare le fondamenta di un’integrazione di successo della Gen Z nel mondo del lavoro.

La sensibilità della Gen Z per tematiche quali l’impatto sociale e ambientale, la salute mentale, la flessibilità, l’inclinazione al dialogo e a prendere decisioni in tutte le sfere della vita facendo riferimento al loro sistema valoriale, può essere sfruttata come leva per produrre cambiamenti di paradigma sostenibili all’interno delle organizzazioni a beneficio di tutte le generazioni attive nel mondo del lavoro.

A livello aziendale, metaforicamente parlando, sarebbe utile scattare una fotografia dello status quo, definire dove si vuole andare, cosa bisogna cambiare e come. È necessario che visione e missione aziendale siano chiare e l’operatività declinata su questi principi – ci si può fare accompagnare da consulenti organizzativi che con la loro expertise facilitano questa tipologia di processi e trasformazioni. La Gen Z aspira a un lavoro all’interno di un’organizzazione che abbia un impatto positivo sulla società. Lo scopo e i valori delle organizzazioni devono quindi essere comunicati con trasparenza e messe al centro, a partire dalle attività per attrarre talenti.

Per gestire efficacemente i collaboratori nativi digitali, è necessario adottare un approccio innovativo verso la tecnologia nella propria modalità gestionale. La Gen Z è stata esposta a comunicazione e apprendimento supportate dalla tecnologia e desidera avere a disposizione strumenti per velocizzare e rendere più efficace il lavoro: questo permette di dedicare meno tempo al lavoro, dando più spazio alla vita privata.
I Gen Z sono motivati da un lavoro che considerano significativo e gravitano attorno alle organizzazioni che sostengono i loro principi. Trasmettere loro in modo efficace gli obiettivi dell’organizzazione serve a far emergere il loro scopo individuale e a stabilire un legame profondo e fruttuoso tra loro, i ruoli e l’azienda.

Dialogando con i nativi digitali, è utile illustrare aspettative chiare nei loro confronti, percorsi di carriera e sviluppo ben definiti e come i loro contributi potranno avere un impatto positivo sulla missione dell’organizzazione. Guidare i rappresentanti della Gen Z a trovare uno scopo nel loro lavoro aumenta il loro impegno, la loro motivazione e la loro dedizione, spingendoli verso le loro aspirazioni.
Non facendolo, si corre il rischio che esternalizzino la loro ricerca di uno scopo, che siano poco presenti e performanti sul posto di lavoro e decidano, senza troppe remore, di lasciarlo.

Un rischio reale anche in Svizzera dove nel 2022 secondo l’Ufficio federale di statistica la Gen Z rappresentava il 13,4% della popolazione attiva?
Recenti dati di un’indagine Randstad evidenziano che il 32% della Gen Z in Svizzera non si sente compreso dal proprio datore di lavoro. Inoltre, secondo la Swiss Gen Z and Millenial Survey 2023 condotta da Deloitte, il fattore principale per cui la Gen Z ha deciso di licenziarsi è la considerazione del lavoro nell’attuale ruolo come non appagante o significativo. Questo motivo è seguito dalla percepita mancanza di una retribuzione competitiva, pur essendo quest’ultima in prima posizione nella media europea.

Un allineamento tra sistema valoriale individuale e organizzativo è cruciale per una collaborazione di successo, indipendentemente dal discorso generazionale. Una visione che potrebbe sembrare romantica, viene però supportata da dati e fatti. I candidati assunti da un’azienda, in effetti, oltre ad essere ben qualificati, è opportuno che mostrino un elevato adattamento persona/ruolo e persona/cultura organizzativa. Il matching è possibile farlo con l’implementazione di strumenti dedicati e intensifica la fidelizzazione dei dipendenti. La riduzione del turnover non solo migliora morale e performance, ma contribuisce anche al risultato economico e porta considerevoli risparmi di costi associati alla sostituzione di forza lavoro.
I successi portano grande soddisfazione quando, durante il percorso per raggiungere i traguardi prefissati, i comportamenti messi in atto onorano i propri valori. E se questi non collidono con quelli organizzativi, il talento “fiorisce” proprio grazie all’allineamento tra il sistema valoriale individuale e quello aziendale.
Il tutto porta benessere in senso più ampio, sia a livello individuale sia con effetti benefici tangibili per l’organizzazione, misurabili spesso in un migliore ritorno finanziario per l’azienda.

Nell’accompagnamento individuale, finalizzato allo sviluppo della leadership o di altre competenze trasversali, la figura del coach professionista supporta generalisti, specialisti e manager nel miglioramento della loro relazione con sé stessi e gli altri: un viaggio che inizia spesso dalla (ri-)scoperta dei propri valori come principi guida nelle scelte di vita. Decidere di onorare i propri valori, attraverso il modo di essere e di agire, permette di provare maggiore soddisfazione per gli obiettivi raggiunti e una maggiore consapevolezza del proprio impatto sul mondo in cui si opera.

Fare leva sulle caratteristiche della Gen Z rispetto alla ricerca di benessere e significato sul posto di lavoro, potrebbe dimostrarsi una grande opportunità che offrirà un vantaggio competitivo alle organizzazioni che la coglieranno.


Articolo a cura di Romina Henle, Consulente organizzativa e coach professionista, titolare di Dance In Your Essence

Regolamento UE ecodesign

Il Parlamento e il Consiglio dell’UE hanno raggiunto un accordo preliminare sulla proposta di regolamento sulla progettazione ecocompatibile, che abolirà l’attuale direttiva 2009/125/CE.

Il nuovo regolamento sulla progettazione ecocompatibile (Ecodesign for Sustainable Products Regulation, ESPR) sarà in vigore solo dopo l’approvazione formale, che dovrebbe verosimilmente avvenire nel corso dei prossimi mesi. L’obiettivo principale di questa normativa è promuovere e rendere più semplice la riparazione, il riutilizzo e il riciclo di una vasta gamma di beni di consumo, iniziando dalla loro progettazione. Lo scopo ultimo è ridurre la produzione di nuovi rifiuti e il loro impatto sull’ambiente.

A differenza della direttiva 2009/125/CE, che si limita a stabilire i requisiti di efficienza energetica di 31 gruppi di prodotti, il regolamento ecodesign – come viene anche chiamato – si applicherà a quasi tutte le categorie di prodotti, compresi componenti e prodotti intermedi, partendo da settori molto importanti come acciaio, ferro, alluminio, tessile (principalmente abbigliamento e calzature), mobili, pneumatici, detergenti, vernici, lubrificanti e prodotti chimici. I prodotti alimentari, i mangimi, i medicinali e le piante non saranno oggetto della nuova normativa perché già sottoposti a norme specifiche.

Una delle novità introdotte dal nuovo regolamento è il passaporto digitale dei prodotti: con “informazioni accurate e aggiornate” consentirà ai consumatori di “fare scelte di acquisto consapevoli”. Secondo il testo concordato, la Commissione gestirà anche un sito web aperto che consentirà ai consumatori di consultare e confrontare le informazioni presenti nei passaporti dei prodotti.

Da ultimo, ma non meno importante, il regolamento disciplina la “distruzione” dei prodotti di consumo invenduti imponendo agli operatori economici di fornire informazioni annuali sulle quantità di prodotti scartati e sulle ragioni alla base di ciò.

Gestione sostenibile delle imprese: ripercussioni dei futuri doveri di diligenza europei sulle imprese svizzere

Il 23 febbraio 2022, la Commissione europea ha presentato una bozza di nuova direttiva sulla due diligence di sostenibilità delle imprese (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, CSDDD). La bozza è ancora in fase di negoziazione. Tuttavia, si ritiene relativamente certo che l’UE adotterà la CSDDD.

In Svizzera, il controprogetto indiretto all’iniziativa popolare “Per aziende responsabili – per proteggere le persone e l’ambiente” ha incluso gli obblighi di due diligence e di reporting nei settori dei minerali dei conflitti e del lavoro minorile negli articoli e 964j-l del Codice delle obbligazioni (CO). Queste disposizioni sono entrate in vigore nel gennaio 2022.

Tuttavia, la CSDDD richiede l’attuazione di obblighi di diligenza molto più ampi rispetto alle disposizioni del CO. Anche l’ambito di applicazione della CSDDD è più ampio. Mentre le disposizioni svizzere in materia di due diligence si concentrano su settori, Paesi o prodotti a rischio, la CSDDD si applica a tutte le società che superano determinate soglie dimensionali. La CSDDD prevede anche la responsabilità civile e la vigilanza regolamentare. Nel CO non esistono meccanismi di applicazione di questo tipo. Sono previste multe fino a 100’000 euro. Tuttavia, è improbabile che queste abbiano un effetto deterrente.

Se l’UE adottasse la CSDDD, vi sarebbero notevoli differenze tra le leggi vigenti in Svizzera e nell’UE.

In sostanza, gli obblighi di diligenza previsti dalla CSDDD sono “obblighi di forzo”. Ciò significa che le aziende non sono obbligate a mettere in atto azioni definite o a raggiungere obiettivi predefiniti (sarebbe un “obbligo di successo”). Inoltre, le aziende non saranno ritenute responsabili di abusi in Paesi terzi sui quali non hanno alcun controllo. Le aziende devono invece stabilire procedure di gestione del rischio e adottare precauzioni organizzative per identificare i rischi. Se vengono identificati dei problemi, le aziende devono adottare misure per porvi rimedio. Se ciò non è possibile, devono cercare di ridurre al minimo il problema. Le misure adottate dipendono da loro. Il CSDDD lascia quindi alle aziende una grande libertà e si affida alla loro responsabilità. Tuttavia, questi obblighi di impegno sono affiancati da obblighi di azione verificabili: le imprese devono, ad esempio, istituire meccanismi di reclamo e riferire in merito alle ispezioni di due diligence.

Complessivamente, il numero di società direttamente interessate dalla CSDDD è ridotto. Tuttavia, si tratta di grandi aziende con un fatturato elevato, che quindi contribuiscono in modo significativo alla creazione di valore in Svizzera. Va considerato che la CSDDD potrebbe sostituire le attuali disposizioni delle RU sul lavoro minorile, ma non le disposizioni delle RU sui minerali dei conflitti. Questo perché anche il regolamento UE sui minerali dei conflitti non verrebbe sostituito dalla CSDDD. La CSDDD non riguarda solo le aziende che rientrano direttamente nel suo campo di applicazione. Le aziende direttamente interessate trasmetteranno i loro obblighi nella catena di approvvigionamento ai loro fornitori.

Già oggi le disposizioni applicabili in materia di CO e le leggi straniere, ad esempio, la legge sulla due diligence della catena di fornitura in Germania, la legge sulla due diligence in Francia, i regolamenti dell’UE sui minerali di conflitto sulle catene di fornitura prive di deforestazione, ecc..
Queste ultime sono quindi “indirettamente” interessate e devono controllare anche le loro catene di approvvigionamento per i rischi reali e potenziali.

Per le imprese interessate, l’introduzione della direttiva CSDDD comporterebbe costi, alcuni dei quali considerevoli: esse dovrebbero adattare i processi aziendali esistenti (ad esempio, in materia di appalti e contabilità) agli obblighi di diligenza e creare nuove strutture e processi (ad esempio, meccanismi di reclamo o processi e sistemi per la raccolta dei dati e l’analisi dei rischi). Se le aziende individuano dei rischi, devono adottare delle misure. Inoltre, le aziende interessate dovranno presentare relazioni sulle loro attività di due diligence. Oltre ai costi diretti dell’implementazione della due diligence, le aziende dovrebbero affrontare rischi di responsabilità e incertezze legali.
Tuttavia, i costi sostenuti sarebbero ridotti dal fatto che le aziende devono comunque adottare alcune delle misure sopra descritte. Molte aziende si trovano già ad affrontare gli obblighi di due diligence. A causa delle disposizioni del CO, della legge tedesca o francese sulla catena di approvvigionamento e dei regolamenti UE sui minerali di conflitto e sulle catene di approvvigionamento prive di deforestazione, nonché di altre normative. Grazie alle disposizioni del CO (art. 964 e segg.) sul bilancio di sostenibilità e alla nuova direttiva UE sul bilancio di sostenibilità delle imprese (CSRD), molte aziende stanno già istituendo processi per raccogliere dati e pubblicare rapporti sull’impatto delle loro attività sui diritti umani e sull’ambiente.
Tuttavia, le aziende direttamente interessate sono grandi imprese che potrebbero sostenere i costi. Per le PMI, sarebbe in parte una sfida implementare i requisiti. Con l’introduzione del CSDD, il numero e il volume delle richieste aumenteranno ulteriormente. A medio termine, molte aziende indirettamente interessate non potranno fare a meno di istituire sistemi propri per la raccolta e la valutazione dei dati. Infine, dovrebbero documentare chiaramente come adempiono ai loro obblighi di due diligence per tutelarsi da potenziali richieste di responsabilità.

Prevediamo che i costi di implementazione per le aziende indirettamente interessate saranno significativamente inferiori a quelli per le aziende direttamente interessate. Oltre ai costi diretti di implementazione, le aziende indirettamente interessate, la maggior parte delle quali sono PMI, devono affrontare anche rischi considerevoli. Se non si preparano adeguatamente per l’attuazione della due diligence, rischiano di perdere ordini e clienti e di
uscire dalla catena del valore. Molte PMI non sembrano ancora sufficientemente sensibilizzate a questo rischio.

Tuttavia, le aziende non dovrebbero sostenere solo dei costi. il beneficio derivante dall’implementazione della due diligence risiede principalmente nel valore aggiunto derivante dalla raccolta dei dati necessari.

Le aziende conoscono meglio le loro catene di fornitura, il che comporta numerosi vantaggi per le aziende. Ad esempio, possono valutare meglio il rischio di strozzature nelle forniture o identificare più facilmente il potenziale di innovazione.


Fonte: comunicato stampa del Consiglio federale del 22.12.2023 – “Gestione sostenibile delle imprese: ripercussioni dei futuri doveri di diligenza europei sulle imprese svizzere”; adattamento Cc-Ti

Imprese e diritti umani: materiale di supporto per le aziende che devono far fronte a crescenti requisiti legali

Le aziende si trovano ad affrontare requisiti crescenti in termini di rispetto dei diritti umani lungo la loro catena del valore. Negli ultimi anni, le aspettative dei numerosi attori in gioco (Governi, investitori, partner commerciali e clienti, consumatori e dipendenti, società civile e ONG, così come benchmark e rating ESG) sono aumentate. Anche i requisiti legali stanno diventando più severi.

Nazioni come Francia, Germania, Svizzera e l’UE hanno già implementato leggi che obbligano le aziende a condurre due diligence in merito a (alcuni) diritti umani o sono in procinto di adottarle.

Una panoramica sugli ultimi sviluppi normativi può essere trovata sul sito di focusright (tramite questi link 1 e link 2).

Condotta aziendale responsabile: uno studio rileva che le aziende svizzere saranno interessate dalla futura regolamentazione dell’UE

Nell’UE, i requisiti legali relativi ai diritti umani obbligatori e alla due diligence ambientale sono in rapida evoluzione. Nel dicembre 2023 è stato raggiunto un accordo provvisorio sulla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD). Anche se si è ancora in attesa della pubblicazione del testo finale della Direttiva, è già chiaro che essa introdurrà obblighi per le grandi aziende in merito a effettivi e potenziali impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente. Visti gli stretti legami economici tra la Svizzera e l’UE, sia le grandi aziende che le PMI svizzere saranno interessate da questo regolamento. Uno studio commissionato
dal Dipartimento federale di giustizia e polizia e dal Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca
è giunto alla conclusione preliminare che la direttiva UE avrà:

  • un impatto diretto su diverse centinaia di aziende in Svizzera e
  • uno indiretto su diverse migliaia di aziende svizzere, poiché le aziende direttamente interessate trasferirebbero i requisiti ai propri fornitori.

Sviluppi attesi in Svizzera

Una volta che l’UE avrà adottato definitivamente la CSDDD e dopo un’analisi approfondita delle modalità di attuazione da parte dei suoi Stati membri, il Consiglio Federale deciderà come procedere con i requisiti legali per le aziende elvetiche. Nel frattempo, continuano le richieste della società civile per obblighi di diligenza più severi per le aziende svizzere. La Koalition für Konzernverantwortung ha già annunciato il lancio di un’altra iniziativa popolare, che richiederà che gli obblighi di due diligence per le aziende svizzere siano allineati al CSDDD dell’UE. Poiché l’UE sta attualmente ampliando gli obblighi di Rendiconto sulla gestione sostenibile delle imprese, il Consiglio federale sta preparando una consultazione pubblica sulla base della quale verranno ampliati anche gli obblighi di rendicontazione per le imprese elvetiche, in linea con gli sviluppi UE.

Materiale a disposizione delle aziende

A sostegno delle aziende per l’attuazione della due diligence sui diritti umani e dei relativi obblighi legali e nell’ambito del Piano d’azione nazionale “Imprese e diritti umani” della Svizzera 2020–2023 (PAN), il DFAE e la SECO hanno incaricato la società di consulenza focusright dello sviluppo di diverso materiale. I documenti di supporto sono disponibili sul sito della Confederazione, citiamo di seguito:


La Svizzera attua il 12° pacchetto di sanzioni UE

Il 31 gennaio 2024 il Consiglio federale ha adottato ulteriori misure contro la Russia, attuando di fatto il 12° pacchetto di sanzioni dell’Unione europea.

Le nuove disposizioni, valide dal 1° febbraio, prevedono, tra gli altri:

  • un divieto graduale di acquisto e di importazione di diamanti russi
  • nuovi divieti di importazione per i beni che generano notevoli entrate per lo Stato russo
  • ampliamento delle liste dei beni vietati in quanto potrebbero contribuire al rafforzamento militare e tecnologico della Russia o al rafforzamento della sua industria
  • ampliamento della lista delle aziende soggette a restrizioni specifiche in relazione ai beni a duplice impiego
  • ulteriori misure a sostegno dell’applicazione dei limiti massimi di prezzo per il petrolio greggio e i prodotti petroliferi russi (oil price cap) e per contrastare la loro elusione
  • obblighi di notifica e di autorizzazione per la vendita di navi cisterna che possono essere utilizzate per aggirare i massimali di prezzo
  • nel settore dei servizi, divieto di fornitura alle imprese russe di software di gestione aziendale, progettazione industriale e software di produzione.

Eccezion fatta per i beni a duplice impiego, elencati nell’allegato 2 dell’OBDI in base alla classificazione alfanumerica ECCN (Export Control Classification Number), gli altri beni vietati sono identificati tramite voce di tariffa doganale negli allegati dell’ordinanza stessa.

Dal 20 marzo 2024 (art. 14f), per gli esportatori vigerà l’obbligo di vietare contrattualmente ai loro partner stabiliti al di fuori dello SEE o di un Paese partner (Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti) la riesportazione dei beni elencati negli allegati 3 e 19 dell’ordinanza e di beni ad alta priorità elencati nell’allegato 31 verso la Russia o per l’uso in Russia. Devo essere altresì essere previste contrattualmente misure correttive adeguate per i casi di violazioni. Tali violazioni devono essere notificate immediatamente alla SECO. L’obbligo non si applica agli affari concordati contrattualmente prima del 1° febbraio 2024 ed eseguiti entro il 20 dicembre 2024 o i cui contratti sono scaduti, a seconda dell’evento che si verifica per primo.

L’Ordinanza che istituisce provvedimenti in relazione alla situazione in Ucraina aggiornata al 1° febbraio 2024 può essere consultata qui.

La SECO ha aggiornato anche il suo documento interpretativo delle sanzioni (FAQ) con particolare riferimento (ma non limitatamente) a:

  • rispetto dell’art. 12b cpv 4 lett. b e cpv. 5: la SECO fa riferimento alle FAQ della Commissione UE sull’attuazione dei regolamenti del Consiglio dell’UE 269/2014 e 833/2014, in particolare alle spiegazioni contenute nel capitolo E «Energy», punto 5 «Oil Price Cap», sezione 7 «Attestations, recordkeeping and itemised ancillary costs ». Queste spiegazioni indicano quali informazioni e documenti sono adatti per le prove corrispondenti;
  • prova attestante il Paese di origine terza dei beni siderurgici di cui all’allegato 17 impiegati come fattori produttivi (art. 14a): dal 1° marzo 2024, tale prova va indicata come documento (codice documento Y824) nella rubrica «Documenti» della dichiarazione doganale. Il documento deve essere presentato su richiesta all’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) insieme agli altri documenti doganali di accompagnamento.

Le FAQ della SECO possono essere consultate qui in modalità revisione.

Regno Unito: marcatura CE estesa ad altri prodotti

Il governo britannico intende estendere il riconoscimento della marcatura CE ad altre tre normative e offrire maggiore flessibilità per quanto riguarda l’etichettatura.

Ad agosto 2023, il governo britannico aveva annunciato il riconoscimento a tempo indeterminato della marcatura CE per 18 categorie di prodotto. A gennaio 2024 ne ha comunicato l’estensione a 3 categorie di prodotto:

In queste aree merceologiche i produttori potranno quindi scegliere se mantenere la marcatura CE o se utilizzare il nuovo marchio UKCA.

Nei seguenti ambiti continueranno invece a vigere disposizioni specifiche: dispositivi medici, interoperabilità ferroviaria, prodotti da costruzione, attrezzature navali, funivie, attrezzature a pressione trasportabili, droni.

Nuove disposizioni rapide (Fast-Track UKCA Process) consentiranno inoltre ai produttori di immettere sul mercato britannico i prodotti che soddisfano i requisiti essenziali dell’UE e, ove richiesto, sono stati valutati da un organismo di valutazione della conformità riconosciuto dall’UE. Per beneficiare di questa disposizione, i produttori dovranno apporre il marchio UKCA (nelle modalità consentite) e redigere la dichiarazione di conformità del Regno Unito, elencando la conformità alla legislazione UE pertinente. Ciò significa anche che, nel caso in cui i prodotti rientrino in più normative, sarà possibile utilizzare una combinazione di procedure di valutazione della conformità UKCA e CE.

Più flessibilità in ambito etichettatura

Il governo britannico ha comunicato che intende altresì legiferare in materia di etichettatura, al fine di consentire l’apposizione del marchio UKCA su un’etichetta adesiva o su un documento di accompagnamento e offrire l’opzione volontaria di utilizzare l’etichettatura digitale (le aziende potranno applicare il marchio UKCA, i dati del produttore e i dati dell’importatore in formato digitale).

Ulteriori dettagli su queste misure saranno forniti a tempo debito, compresi i regolamenti a cui si applicheranno.