Arabia Saudita: sempre più attrattiva per le imprese ticinesi

Oltre settanta imprenditori hanno partecipato il 13 maggio 2025 al Centro Studi Villa Negroni di Vezia all’evento promosso dalla Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti). Organizzato in collaborazione con Cippà Trasporti SA, M. Zardi & Co. SA e Stelva Group, l’incontro ha puntato i riflettori sull’Arabia Saudita, un Paese che sta vivendo una trasformazione profonda e strategica.

Spinta dal programma strategico Vision 2030, volto a diversificare l’economia e ridurre la dipendenza dal petrolio, la monarchia del Golfo sta aprendo le porte agli investitori internazionali. Una dinamica che non lascia indifferenti le aziende ticinesi, sempre più interessate alle opportunità offerte dal mercato saudita, ma anche consapevoli delle complessità normative e logistiche che comporta operare in un contesto in rapido cambiamento.

A inaugurare i lavori è stata Monica Zurfluh, responsabile del servizio Commercio internazionale della Cc-Ti, seguita dall’intervento dell’avv. Gianvirglio Cugini, fondatore e titolare di Stelva Group. Cugini ha offerto una panoramica concreta su come avviare un’attività in Arabia Saudita, illustrando le procedure per ottenere una licenza, registrare un’azienda e aprire un conto bancario locale. Ha evidenziato inoltre la possibilità per gli investitori esteri di detenere fino al 100% del capitale in numerosi settori, sottolineando l’importanza di affidarsi a professionisti esperti per affrontare al meglio il quadro normativo e culturale. Il suo intervento è stato arricchito dalla testimonianza diretta di Sergio La Ruffa, imprenditore attivo nel Paese.

A seguire, la dott.ssa Arianna Bonaldo, avvocato, dottore commercialista e TEP presso Stelva Group, che ha presentato gli incentivi fiscali sauditi: assenza di imposta sul reddito delle persone fisiche, tassazione societaria al 20%, e generose agevolazioni nelle Zone Economiche Speciali, nei Regional Headquarters (RHQ) e nella Zona Logistica Integrata (SILZ). Un’attenzione è stata dedicata ai progetti industriali qualificati, che possono usufruire di contributi fino al 35% dell’investimento iniziale. La relatrice ha inoltre sottolineato l’importanza di garantire la conformità fiscale, la presenza di sostanza economica reale e l’uso corretto dei trattati internazionali per evitare la doppia imposizione, favorendo così una pianificazione finanziaria efficace e sicura.

Il tema della proprietà intellettuale è stato affrontato dal dott. Paolo Gerli, mandatario brevettuale europeo ed esperto in contenzioso, presso lo studio M. Zardi & Co. SA, che ha tracciato l’evoluzione del sistema saudita di tutela della proprietà industriale. Pur con alcune lacune – come l’assenza dell’adesione all’Accordo di Madrid – il Paese mostra un crescente allineamento agli standard internazionali e un impegno concreto nella lotta alla contraffazione.

Spazio infine alla logistica, con l’intervento dei rappresentanti di Cippà Trasporti SA, moderato dal consulente logistico Gaetano Loprieno. Il focus si è concentrato sull’ambizione saudita di diventare un hub logistico di riferimento per l’Africa e il subcontinente indiano, anche grazie allo sviluppo di infrastrutture in zone franche. Roberto Speroni, buyer dell’azienda di trasporti e referente presso l’Africa Logistics Network, e, in diretta da Jeddah, il corrispondente Artemio Bianchi hanno illustrato le principali rotte marittime e ferroviarie, in particolare quelle da Genova verso Jeddah e Dammam, e spiegato le implicazioni dell’accordo di libero scambio tra l’AELS e il Consiglio di Cooperazione del Golfo, come la riduzione dei dazi doganali e procedure agevolate grazie all’origine preferenziale delle merci. Tra gli altri temi trattati: l’obbligo della certificazione SABER per l’import saudita e la scelta dei termini di resa, con un confronto tra EXW, CFR e DAP.

L’incontro ha fornito strumenti pratici e spunti di riflessione ai numerosi imprenditori presenti, offrendo una panoramica concreta su come affrontare con consapevolezza uno dei mercati più dinamici e in evoluzione a livello internazionale.

Dalla gestione aziendale alla trasmissione

Intervista con Igor Pesciallo, Direttore Pesciallo Edilizia Cimiteriale SA

Prosegue il viaggio nelle voci dei corsisti che stanno frequentando il corso “Specialista della gestione PMI”.

Quali sono gli obiettivi che si è posto all’inizio del corso?

L’obiettivo principale era la pianificazione adeguata della successione aziendale per poter permettere una corretta gestione una volta acquisita l’azienda di famiglia. Vi sono altri obiettivi più personali che mi ero prefissato e riguardavano l’approfondimento della gestione aziendale, sia dal punto di vista burocratico-amministrativo che operativo. La questione che ritengo più importante è la corretta distribuzione del carico di lavoro, al fine di ottimizzare al meglio le risorse e garantire a me e ai miei collaboratori un sano equilibrio tra vita professionale e privata. A tal proposito, il modulo di ’organizzazione’ è stato particolarmente utile per apprendere la creazione di flussi di lavoro efficaci e la delega mirata dei compiti. Un altro obiettivo fondamentale era acquisire conoscenze aggiornate in linea con le attuali esigenze della gestione aziendale, così da poter introdurre soluzioni innovative all’interno del team.

Quale/i materia/e l’hanno maggiormente appassionata? Quale l’esperienza formativa maturata finora?

La materia che mi ha appassionato di più è stata la gestione generale d’impresa. Non essendo particolarmente incline allo studio mnemonico, ho trovato questa disciplina più accessibile perché tratta tematiche legate al contesto politico ed economico che ci circonda. Comprendere il funzionamento di determinati meccanismi mi ha permesso, ad esempio, di leggere con una prospettiva diversa alcuni articoli di giornale che in passato non avrei considerato interessanti.
Questo, a sua volta, mi ha dato nuovi spunti e idee utili per sviluppare soluzioni innovative in azienda.

In che modo ha conciliato l’attività professionale con lo studio?

Fortunatamente ho potuto ricavarmi dei momenti durante l’orario lavorativo per potermi preparare agli esami, ma chiaramente la sera a casa, e i week end soprattutto nelle settimane prima degli esami vanno sacrificati per lo studio.


Maggiori informazioni sul corso Specialista della gestione PMI:
https://www.cc-ti.ch/percorsi-formativi-gestione-aziendale/specialista-della-gestione-pmi-con-attestato-federale/

Obiettivo irraggiungibile

Proteggere il clima è un dovere di tutti noi.

Porre obiettivi ambiziosi è la via corretta che una società avanzata come la nostra deve moralmente imporsi per raggiungere il traguardo delle zero emissioni di gas a effetto serra. Imporre un obiettivo utopico senza minimamente preoccuparsi di come sia possibile raggiungerlo è sicuramente controproducente. La Svizzera, sulla scia di quanto deciso dalla Commissione Europea ha fissato come valore obiettivo per le emissioni di CO2 delle automobili nuove immatricolate in Svizzera a 93.6 gr./km per il 2025. Questo obiettivo, parte integrante della legge sulle emissioni di CO2 approvata dal popolo in votazione federale nel 2023 era quindi noto da tempo.
La situazione però, ad inizio 2025, non era molto chiara in quanto l’ordinanza di applicazione della nuova legge non era pronta. Come importatori di automobili svizzeri e come concessionari di vendita d’automobili, si è sperato fino all’ultimo che, vista la reticenza dei cittadini svizzeri ad acquistare nuove auto a propulsione puramente elettrica, e quindi a emissione zero di CO2, il Consiglio Federale, come è successo a livello europeo, rivedesse almeno in parte questo irraggiungibile obiettivo. E invece no, l’ordinanza è stata scritta e introdotta senza tener conto dell’impossibilità da parte del mercato dell’automobile svizzero di poterla rispettare rischiando sanzioni a fine anno dell’ordine di mezzo miliardo di franchi che inevitabilmente andranno a ricadere sui consumatori svizzeri. E come se tutto ciò non fosse sufficiente a mettere in ginocchio un intero settore, l’entrata in vigore dell’ordinanza emanata a marzo 2025 è pure retroattiva al 1° gennaio 2025.

La Svizzera sempre la prima della classe

Come spesso accade giustamente, la Svizzera spesso e volentieri si adegua a quelle che sono le normative europee. Siamo un piccolo mercato all’interno dell’Europa e non possiamo far altro che adeguarci. A volte però, come sta succedendo con la nuova legge sulle emissioni di gas serra, la Svizzera “deve” spingersi oltre e introdurre norme più severe e penalizzanti per cittadini e aziende come appunto è il caso questa volta. Se la Commissione Europea ha deciso di concedere un lasso di tre anni per raggiungere l’obiettivo di 93.6 gr./km di emissioni di CO2 per le nuove auto immatricolate, la Svizzera è rimasta bloccata sul principio che l’obiettivo va raggiunto nel 2025.

La decisione svizzera non può che portare ad una paralisi del mercato dove gli importatori e i concessionari ad un certo punto preferiranno non vendere una nuova automobile piuttosto che venderla rischiando poi pesanti sanzioni a fine anno. Una situazione inaccettabile.

Ma perché l’obiettivo è utopico

Per immaginare di raggiungere l’obiettivo di 93.6 gr./km di emissioni di CO2 bisognerebbe immatricolare nel 2025 in Svizzera almeno il 25% di automobili completamente elettriche e cioè a emissioni zero così da compensare le maggiori emissioni dei veicoli a diesel e benzina. Oggi la percentuale è di poco più della metà (in Ticino è addirittura poco più che un terzo) e quindi inimmaginabile, alle condizioni attuali, prevedere un raddoppio delle vendite entro la fine dell’anno.
L’obiettivo è quindi utopico e irraggiungibile con la conseguenza addirittura di peggiorare la situazione a livello di emissioni globali del parco circolante di automobili che diventano sempre più vecchie e inquinanti a causa del calo delle vendite di nuova automobili, anche a benzina, diesel o ibride, comunque più efficienti e pulite.
Quello che doveva essere un obiettivo ambizioso e a favore del clima si sta rivelando irraggiungibile e contro il clima.

Un mercato che non decolla

Quello dei veicoli a trazione totalmente elettrica è un mercato che, dopo anni di leggera ma costante crescita, a partire dallo scorso anno ha registrato una battuta d’arresto e le cifre di vendita ristagnano.
I motivi sono sempre gli stessi: i clienti si lamentano della scarsa autonomia, del costo di acquisto troppo elevato, la mancanza di modelli, la perdita di valore del veicolo in caso di permuta e il timore di non poter caricare la vettura in caso di viaggi all’estero. Tutte perplessità in buona parte infondate. A queste però ultimamente sembra esserne aggiunta una nuova: la sensazione che chi sta al potere in Europa e in Svizzera voglia obbligare i cittadini a d acquistare un’automobile totalmente elettrica a scapito di un’auto con motore a combustione. E si sa, alle persone gli obblighi risultano indigesti e a volte, come in questo caso, creano un effetto contrario. Peccato.

Perché è necessario intervenire

Il futuro della mobilità privata è sicuramente elettrico e questo per diversi motivi. Uno fra tutti è l’efficienza energetica delle propulsioni elettriche nettamente superiore alle propulsioni endotermiche (benzina e diesel). Un motore elettrico ha un’efficienza che supera tranquillamente il 90% (ciò significa che almeno il 90% dell’energia caricata nelle batterie viene sfruttata per muovere il veicolo e solo meno del 10% va dispersa in calore), mentre un motore a combustione interna, nella migliore delle ipotesi, raggiunge un rendimento del 35% con uno spreco di energia, che se ne va in calore, del 65%. Impressionante.
Con la sempre maggiore fame di energia a livello globale è quindi indispensabile che questa venga utilizzata in maniera sempre più efficienza e con meno spreco possibile e la mobilità privata elettrica darà il suo contributo su questo importante aspetto.


A cura di Marco Doninelli, Responsabile Mobilità Cc-Ti

Il Consiglio federale proroga nuovamente la durata massima dell’indennità per lavoro ridotto

Alla luce delle tensioni che caratterizzano le condizioni quadro dell’economia, il 14 maggio 2025 il Consiglio federale ha deciso di prolungare nuovamente la durata massima di riscossione dell’indennità per lavoro ridotto (ILR) da dodici a diciotto mesi. In questo modo le aziende potranno pianificare con maggior sicurezza. L’ordinanza modificata entrerà in vigore il 1° agosto 2025 e sarà valida fino al 31 luglio 2026.

L’ulteriore estensione della durata massima di riscossione dell’ILR si basa sugli ultimi dati del gruppo di esperti della Confederazione per le previsioni congiunturali. Nel 2025 e 2026 si prevede un leggero aumento del tasso di disoccupazione, al 2,8%. Non dovrebbe quindi verificarsi una ripresa del mercato del lavoro, ma sarebbero soddisfatte le disposizioni di legge per una proroga temporanea della durata massima d riscossione dell’ILR. Le aziende avranno così la possibilità di beneficiare dell’ILR fino a diciotto mesi, per i dipendenti che soddisfano i requisiti di ammissibilità.

È questa la risposta della Confederazione alla crescita dell’economia svizzera che si mantiene inferiore alla media, aggravata dalle incertezze internazionali che caratterizzano la politica commerciale ed economica. La decisione degli Stati Uniti del 2 aprile 2025 di imporre ulteriori dazi sui beni svizzeri ha fatto aumentare la probabilità che la congiuntura si sviluppi in modo meno favorevole di quanto previsto. L’industria dei macchinari, metalmeccanica ed elettrica (industria MEM) e l’orologeria sono settori particolarmente colpiti dalla persistente debolezza congiunturale, nonché particolarmente interessati a beneficiare dell’ILR.

Il prolungamento della durata per beneficiare dell’ILR offre a queste aziende una preziosa sicurezza per pianificare e adattarsi alla difficile situazione economica, ad esempio sfruttando nuove opportunità commerciali e mercati di vendita. L’obiettivo è di contrastare un’impennata della disoccupazione. In questo modo, le imprese possono conservare i propri effettivi a fronte di perdite di lavoro temporanee e quindi garantire i posti di lavoro. Sono inoltre allo studio ulteriori misure per alleggerire gli oneri amministrativi legati all’ILR.


Fonte: CF – https://www.news.admin.ch/it/newnsb/Vu1hEvH5KKVkZVC5PdkYF

Articolo precedente pubblicato dal DFE

Polonia: certificati d’origine digitali

Dal 6 maggio 2025, la Polonia ha introdotto l’emissione digitale dei certificati d’origine non preferenziale per le esportazioni.

Questa novità semplifica le procedure per gli esportatori polacchi, che possono ora richiedere e ricevere i certificati in formato digitale tramite la piattaforma online co.kig.pl.

Un esempio di certificato digitale è disponibile qui.

La Camera di commercio polacca ha predisposto un sistema sicuro: ogni certificato emesso è dotato di un codice QR, un ID e un PIN univoci. Gli importatori possono verificarne l’autenticità attraverso il sito co.kig.pl/verify o mediante la piattaforma di verifica della Camera di Commercio Internazionale (ICC).

Gli esportatori polacchi possono richiedere anche una copia cartacea del certificato, se necessario.

Documenti utili:

Circolare della Camera di commercio polacca del 17 aprile 2025

Trump 2.0: lo stato dei dazi (aggiornato al 14.05.2025)

Il Presidente Trump sospende fino al 9 luglio i dazi reciproci differenziati: durante questo periodo, per tutti i Paesi è applicato il dazio reciproco iniziale ad un’aliquota del 10%. Fa eccezione la Cina, per la quale il dazio viene innalzato al 145%. Le misure su acciaio, alluminio e auto restano in vigore.

Dopo aver annunciato, con l’Executive Order 14257 del 2 aprile 2025, l’introduzione di un nuovo regime tariffario su due livelli – che prevedeva un dazio “reciproco” aggiuntivo generalizzato del 10% a partire dal 5 aprile, seguito da un incremento per alcuni Paesi elencati nell’Allegato I (tra cui la Svizzera, colpita da un dazio del 31%) a partire dal 9 aprile – il Presidente Trump ha ora fatto marcia indietro. Con l’Executive Order 14266 del 9 aprile, ha infatti sospeso per 90 giorni – ossia fino al 9 luglio 2025 – l’applicazione dei dazi individualizzati. Fino a tale data, per tutti i Paesi inclusi nell’Allegato I si applicherà esclusivamente il dazio reciproco iniziale generalizzato del 10%. Gli articoli e i derivati di acciaio e alluminio e le automobili continuano a sottostare al dazio settoriale del 25%. La Cina è esclusa dalla sospensione: per le sue esportazioni continua ad applicarsi un dazio del 145%. Di seguito, le informazioni principali.

Dazi reciproci

Tramite il sistema di comunicazione CSMS (Cargo Systems Messaging Service), la US Customs and Border Protection (CBP) ha rilasciato linee guida # 64680374 sull’implementazione dei dazi reciproci aggiornati, fornendo i dettagli sui capitoli 99 da utilizzare per la corretta dichiarazione delle merci. Il documento aggiorna, esclusivamente per quanto riguarda questo aspetto, le precedenti linee guida # 64649265 .

Fatte salvo eventuali nuove misure, i prodotti specificatamente elencati nell’Allegato II dell’ordine esecutivo del 2 aprile – tra cui rame, prodotti farmaceutici, semiconduttori, articoli di legname, oro, argento e altri metalli preziosi, minerali critici e prodotti energetici – continuano a sottostare unicamente al dazio “reciproco” iniziale del 10% e non sono toccati dai dazi individualizzati.

I prodotti importati da Cuba, Corea del Nord, Russia e Bielorussia restano assoggettati alle tariffe della Colonna 2 del Harmonized Tariff Schedule degli Stati Uniti (HTSUS).

La misura non si applica ai beni inclusi nella sezione 50 U.S.C. 1702(b), come beni personali, materiale informativo e beni umanitari.

Il dazio “reciproco” aggiuntivo si aggiunge a qualsiasi altro dazio (MFN, antidumping, compensativo), tassa o imposta applicata ai beni in questione.

Se almeno il 20% del valore totale del prodotto deriva da contenuto di origine statunitense, il dazio “reciproco” aggiuntivo si applica esclusivamente alla parte del prodotto costituita da contenuto non statunitense. Per “contenuto statunitense” si intende il valore attribuito a componenti interamente prodotti o sostanzialmente trasformati negli Stati Uniti. L’autorità doganale statunitense (US Customs and Border Protection, CBP) ha facoltà di richiedere documentazione e informazioni necessarie per verificare il valore del contenuto statunitense dichiarato.

Le spedizioni di valore inferiore a 800 dollari possono continuare ad essere importate negli Stati Uniti in esenzione dai dazi doganali. Fanno eccezione le importazioni provenienti da Cina e Hong Kong. Per quelle soggette a tassazione (ossia di valore superiore a 800 dollari), è possibile, a determinate condizioni, ottenere un rimborso delle sovrattasse doganali (drawback).

Non cumulabilità dei dazi aggiuntivi

Il 29 aprile 2025, la Casa Bianca ha pubblicato l’Executive Order 14289 che introduce il principio della non cumulabilità dei dazi su determinate merci importate, laddove tali dazi sono introdotti ai sensi della Sezione 232 o dell’IEEPA. Questo principio si applica alle importazioni di automobili e componenti auto, ai prodotti in alluminio e in acciaio, e ai prodotti originari di Canada e Messico. Per maggiori ragguagli vedasi l’articolo: Stati Uniti: non cumulabilità dei dazi aggiuntivi (05.05.2025)

SPECIALE: Acciaio, alluminio e derivati

Gli articoli e i derivati di acciaio e alluminio sono assoggettati al dazio aggiuntivo del 25%, in vigore dal 12 marzo 2025 e imposto ai sensi della sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, come annunciato nei Proclami 9704, 9705, 9980 e, da ultimo, 10895 e 10896; la Cc-Ti ha approfondito il tema nell’articolo Stati Uniti: dazi del 25% su acciaio, alluminio e loro derivati (10.03.2025).

SPECIALE: Automobili e componenti auto

Come stabilito dal Proclama 10908, dal 3 aprile 2025 le automobili e i camion leggeri sono soggetti a un dazio aggiuntivo del 25% ai sensi della sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962. Dal 3 maggio 2025 lo stesso dazio si applica anche ai componenti elencati nell’allegato I al Proclama. Il dazio non si applica per contro ai componenti automobilistici che soddisfano i requisiti per il trattamento preferenziale nell’ambito dell’USMCA fino a quando non sarà stabilita una procedura per applicare la tariffa esclusivamente al valore del contenuto non statunitense di tali componenti.
Il 29 aprile 2025, il Presidente ha firmato un provvedimento che modifica la struttura tariffaria originaria e introduce un meccanismo di compensazione (“credito di compensazione”) per i produttori statunitensi. Il provvedimento prevede una riduzione del dazio applicabile ai componenti che costituiscono il 15% del valore di un veicolo assemblato negli Stati Uniti nel primo anno (credito pari al 3,75% del prezzo MRSP), e il 10% nel secondo anno (2,5% del prezzo MRSP). Per maggiori ragguagli vedasi l’articolo: Dazi USA sui componenti auto: in vigore, ma con sgravi (08.05.2025)

SPECIALE: Semiconduttori, circuiti integrati e prodotti elettronici vari

L’11 aprile, la Casa Bianca ha pubblicato un Memorandum che esenta dai dazi reciproci previsti dall’Ordine Esecutivo 14257 i semiconduttori, i circuiti integrati e vari prodotti elettronici (come smartphone, SSD, moduli a pannello piatto e monitor), identificati tramite codici HTSUS. L’esenzione è stata formalizzata con l’inserimento di tali beni nell’Allegato II dell’ordine esecutivo. Lo stesso giorno, la CBP ha fornito istruzioni operative (CSMS # 6474565) su come dichiarare correttamente queste merci utilizzando le voci doganali previste nel capitolo 99. Sebbene non sia stata fissata una scadenza, il Segretario al Commercio Lutnick ha precisato che si tratta di una misura temporanea.

SPECIALE: Cina

Con l’Executive Order 14256 del 2 aprile 2025, il Presidente Trump ha revocato in modo permanente l’esenzione de minimis prevista dal 19 USC § 1321(a)(2)(C) per le importazioni dalla Repubblica Popolare Cinese, inclusi i prodotti provenienti da Hong Kong, a partire dal 2 maggio 2025. Questa esenzione consentiva l’ingresso di spedizioni di valore inferiore a USD 800 senza dazi e con procedure doganali semplificate. Dal 2 maggio 2025, tali importazioni sono soggette a tutti i dazi previsti, inclusi i dazi MFN, le tariffe imposte ai sensi della Section 301, e il dazio aggiuntivo del 20% introdotto con l’Executive Order 14195, successivamente modificato dall’Executive Order 14228.

***AGGIORNAMENTO DEL 14.05.2025*** Il 12 maggio gli Stati Uniti e la Cina hanno raggiunto un accordo per ridurre reciprocamente i dazi doganali per un periodo di 90 giorni, a partire dal 14 maggio 2025. Gli Stati Uniti abbassano le tariffe sulle importazioni cinesi dal 145% al 30%, mentre la Cina riduce le tariffe sui prodotti statunitensi dal 125% al 10%. Questa misura non ha effetto retroattivo e si applica solo alle importazioni effettuate a partire dal 14 maggio 2025. Il dazio residuo del 10% si aggiunge al dazio del 20% introdotto in precedenza per affrontare il problema del traffico di fentanyl.
Le misure previste dalle Sezioni 301 e 232 della normativa commerciale USA, che riguardano tra gli altri acciaio, alluminio, automobili e componenti, rimangono in vigore. Maggiori ragguagli su: Sospensione temporanea dei dazi USA-Cina – Cc-Ti (14.05.2025)

Per i prodotti provenienti dalla Cina e da Hong Kong spediti negli Stati Uniti tramite la posta internazionale di questi Paesi, e con un valore pari o inferiore a USD 800, si applica un regime daziario diverso. In questi casi, il dazio è calcolato secondo una delle due modalità alternative, a scelta del vettore, e sostituisce qualsiasi altro dazio normalmente previsto (inclusi il dazio MFN, le tariffe della Section 301 e il dazio ad valorem del 20% introdotto con l’Executive Order 14195, poi modificato dall’Executive Order 14228). Le modalità stabilite con l’Executive Order del 12 maggio 2025 ed effettive dal 14 maggio 2025, prevedono:

  • un dazio ad valorem del 54% sul valore dell’invio postale; oppure
  • in alternativa, un dazio specifico di USD 100 per spedizione.

Queste aliquote sostituiscono integralmente le precedenti e resteranno valide fino a eventuali modifiche future.


Altri link utili:

Sospensione temporanea dei dazi USA-Cina

Gli Stati Uniti e la Cina hanno raggiunto un accordo per ridurre reciprocamente i dazi doganali per un periodo di 90 giorni, a partire da oggi, mercoledì 14 maggio 2025. Gli Stati Uniti abbassano le tariffe sulle importazioni cinesi dal 145% al 30%, mentre la Cina riduce le tariffe sui prodotti statunitensi dal 125% al 10%.

A seguito dei colloqui bilaterali tenutisi a Ginevra, è stata emessa una dichiarazione congiunta, seguita da un ordine esecutivo firmato dal Presidente Trump, che modifica ufficialmente i dazi doganali statunitensi sulle importazioni dalla Repubblica Popolare Cinese (incluse Hong Kong e Macao). A partire dal 14 maggio 2025 e per i successivi 90 giorni, viene sospesa una parte dei dazi addizionali precedentemente imposti alla Cina: i dazi reciproci specifici per Paese (che per i prodotti cinesi, inclusi Hong Kong e Macao, è del 125%) sono congelati e sostituiti con un dazio ad valorem del 10%.

In dettaglio, gli Stati Uniti sospendono parzialmente il dazio aggiuntivo reciproco del 34% applicato a Cina, Macao e Hong Kong, riducendolo di 24 punti percentuali per 90 giorni. Rimane in vigore il dazio residuo del 10%, introdotto con l’ordine esecutivo 14257 del 2 aprile 2025. Contestualmente, vengono revocate le tariffe addizionali stabilite con gli ordini esecutivi 14259 e 14266 dell’8 e 9 aprile 2025, che avevano aumentato l’aliquota dei dazi rispettivamente all’84% e al 125%. Si ricorda che il dazio del 10% si aggiunge al dazio del 20% introdotto in precedenza per affrontare il problema del traffico di fentanyl.

Questa misura non ha effetto retroattivo e si applica solo alle importazioni effettuate a partire dal 14 maggio 2025. Rimangono altresì in vigore le misure specifiche previste dalle Sezioni 301 e 232 della normativa commerciale USA, che riguardano categorie di prodotti, come acciaio, alluminio, automobili e componenti.

L’ordine esecutivo potrebbe segnare una riduzione delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, ma – per gli Stati Uniti – la sospensione dei dazi dipende dall’impegno della Cina a risolvere le problematiche commerciali sollevate. Se la Cina non adotterà misure concrete per correggere gli squilibri commerciali, gli Stati Uniti si riservano infatti il diritto di reintrodurre o aumentare i dazi.

La Cina, dal canto suo, ha confermato la riduzione dei dazi sulle importazioni provenienti dagli Stati Uniti dal 125% al 10%. La nazione asiatica sospende il dazio aggiuntivo del 34% previsto nell’Avviso 4/2025 della Commissione tariffaria per un parziale del 24% per 90 giorni, mantenendo un dazio del 10%. Sono inoltre revocate le misure aggiuntive introdotte con gli Avvisi 5/2025 e 6/2025, che avevano progressivamente innalzato i dazi all’84% e successivamente al 125% sulle importazioni provenienti dagli Stati Uniti.

Strategia ESG: un investimento per la sostenibilità ed il ritorno economico

Negli ultimi anni, la sostenibilità è passata dall’essere una scelta opzionale dettata da considerazioni etiche o ambientali, a rappresentare uno dei principali drivers strategici per la competitività aziendale e la resilienza a lungo termine.

Oggi le aziende che integrano con metodo e visione i principi ambientali, sociali e di governance non solo contribuiscono a un impatto positivo sul pianeta e sulle comunità, ma gestiscono meglio i rischi e hanno una performance finanziaria superiore, generando un ritorno economico concreto.
Costruire una strategia ESG non significa semplicemente aggiungere una voce al bilancio di sostenibilità, ma ripensare in chiave responsabile l’intero modello di business. Le imprese che intendono affrontare in modo proattivo le sfide ambientali, sociali e normative devono partire da un percorso ben definito, che si articola in cinque fasi. La prima è l’analisi di materialità, in cui si individuano i temi ESG più rilevanti per l’organizzazione e i suoi stakeholder. Si passa poi alla definizione della visione ESG, creando un framework strategico coerente con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) e con i principali standard internazionali.
La fase di sviluppo della strategia prevede l’identificazione di obiettivi misurabili, indicatori di performance (KPI) e piani d’azione distribuiti nel tempo. L’implementazione e il monitoraggio richiedono il coinvolgimento delle funzioni aziendali, un’allocazione mirata delle risorse e l’utilizzo di strumenti adeguati alla raccolta e l’analisi dei dati. Infine, la comunicazione e la trasparenza sono fondamentali: report ESG, certificazioni e l’adesione a iniziative internazionali aumentano la credibilità e favoriscono il dialogo con gli stakeholder.

Adottare una strategia ESG (Ambientale, Sociale, Governance) offre benefici che vanno ben oltre la semplice conformità normativa, estendendosi all’intera catena del valore aziendale.

Una solida governance in ambito ESG si traduce innanzitutto in una migliore gestione del rischio.
Le aziende con un forte focus su questi aspetti sono spesso più efficaci nell’identificare e mitigare potenziali rischi ambientali (come l’impatto di eventi climatici), sociali (legati alla reputazione aziendale o ai rapporti con i dipendenti) e di governance (prevenendo scandali o pratiche discutibili). Questa capacità non solo riduce l’esposizione a rischi legali e danni d’immagine, ma aumenta anche la resilienza di fronte a crisi e cambiamenti normativi, potendo inoltre contribuire a un minor costo del capitale.

L’impegno verso i criteri ESG potenzia significativamente anche l’efficienza operativa. L’attenzione all’uso consapevole delle risorse porta a una razionalizzazione dei processi, a risparmi energetici tangibili e a una riduzione degli sprechi, con un impatto diretto sulla diminuzione dei costi e sull’aumento della produttività. Parallelamente, l’adozione di buone pratiche sociali contribuisce a migliorare il clima aziendale, la produttività dei dipendenti e a ridurre il turnover del personale.

Inoltre, le aziende con una forte identità sostenibile risultano più appetibili per gli investitori. Un numero sempre crescente di fondi e investitori integra attivamente i criteri ESG nelle proprie valutazioni, premiando le imprese capaci di generare performance durature e responsabili facilitando l’accesso al capitale per le realtà più virtuose.

L’integrazione dei principi ESG funge anche da stimolo per l’innovazione, incoraggiando lo sviluppo di soluzioni, tecnologie e modelli di business più sostenibili e orientati al futuro.
Infine, la trasparenza che accompagna un serio impegno ESG rafforza la fiducia di clienti, dipendenti e partner, migliorando la reputazione del marchio, attraendo talenti e favorendo la costruzione di relazioni solide e di lungo periodo.

Le aziende con alte performance ESG tendono a ottenere rendimenti superiori rispetto ai concorrenti meno sostenibili. Il ritorno sull’investimento si manifesta in molteplici forme. Le aziende sostenibili vedono dunque crescere il fatturato grazie alla preferenza dei consumatori per brand etici, mentre riducono i costi operativi con interventi di efficienza energetica e ottimizzazione delle risorse.
Attraggono talenti, investitori e fondi ESG, coniugando profittabilità e impatto positivo. Una solida reputazione ESG rafforza la stabilità sul mercato e aumenta il valore dell’impresa.
Integrare la sostenibilità nella strategia aziendale non è più dunque una scelta che permette la semplice differenziazione, ma un requisito per la sopravvivenza e il progresso. In settori come il MedTech, ma anche nell’industria manifatturiera, nei servizi finanziari e nella logistica, l’adozione di un approccio ESG rappresenta la base per costruire modelli resilienti, flessibili e orientati al futuro.
L’attenzione crescente delle istituzioni, dei consumatori e degli investitori verso la sostenibilità rende necessario un cambio di paradigma: passare dalla reattività alla proattività, facendo della sostenibilità un pilastro del valore d’impresa.
È solo in questo modo che le aziende possono garantire una crescita solida, generare impatto positivo e contribuire attivamente alla transizione verso un’economia più equa, inclusiva e rigenerativa.


A cura di Giovanni Facchinetti, Managing Partner, Positive Organizations

Dall’idea all’impresa: pianifica, finanzia e valuta il tuo progetto

Mercoledì 7 maggio ha avuto luogo la serata informativa “Dall’idea all’impresa: pianifica, finanzia e valuta il tuo progetto,” organizzata dall’Ente Regionale per lo Sviluppo del Luganese (ERSL) in collaborazione con il servizio cantonale interdipartimentale Fondounimpresa, dedicata in particolare ai (futuri) micro imprenditori. 

Durante la serata sono stati presentati gli attori e gli strumenti che possono offrire supporto nel trasformare una buona idea in un progetto solido, con la la partecipazione di:

  • Dante Caprara, dell’Ufficio per lo sviluppo economico, il quale ha esposto una panoramica delle principali misure adottate dal Cantone a sostegno della micro-imprenditorialità, 
  • Manuela Guggiari, Direttrice direttrice dell’Istituto della formazione continua del DECS, la quale ha presentato gli accopagnamenti e i servizi messi a disposizione dal servizio cantonale interdipartimentale (DECS/DFE) Fondounimpresa,
  • Roberta Angotti Pellegatta, Direttrice dell’ERSL, la quale ha presentato il supporto offerto dell’Ente ai progetti nel Luganese, con un focus in particolare sulle possibilità di finanziamento, come il Fondo di Promozione Regionale del Luganese (FPRL) che per il 2025 dispone di CHF 500’000 a favore di progetti nella regione e la piattaforma di crowdfunding Progettiamo.ch
  • Laura Arata, dell’Aiuto svizzero alla montagna (Berghilfe), la quale ha esposto le possibilità di finanziamento per le imprese e associazioni nelle regioni montane,
  • Salvatore Vitale, Responsabile Svizzera italiana di CFSud, che ha mostrato come la cooperativa di fideiussione per PMI possa sotenere queste realtà nella realizzazione di progetti facilitando l’accesso al credito bancario,
  • Sergio Trabattoni, CSR Manager della Cc-Ti, che ha presentato il rapporto di sostenibilità semplificato quale strumento ideale per permettere anche a piccole realtà con risorse a disposizione limitate di mostrare il proprio impegno in questo ambito, investendo così sulla propria reputazione e ottenendo un vantaggio competitivo.

Fonte: ERSL – Ente Regionale per lo Sviluppo del Luganese

La tassa (imposta) italiana sulla salute

Scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti.

Nella legge italiana di bilancio 2024 è stato previsto un cosiddetto contributo di compartecipazione alla spesa sanitaria, comunemente chiamata tassa sanitaria, a carico dei vecchi frontalieri, ovvero di quei lavoratori il cui permesso di lavorare in Svizzera è antecedente al 17 luglio 2023.

L’applicazione effettiva dipende dall’adozione delle norme attuative da parte delle Regioni italiane, norme preannunciate entro la fine del 2025.
Stando alle informazioni ufficiose raccolte presso fonti comunque ufficiali, una variante di applicazione potrebbe essere indipendente dal fatto che i frontalieri abbiano ricevuto o meno servizi sanitari su suolo italiano. Con la citata tassa l’Italia intende incassare soldi per finanziare i salari del personale sanitario di frontiera al fine di frenare il relativo esodo verso la Svizzera. Questo è lo scopo dichiarato che può essere perseguito solo con una tassa non causale, da un’imposta dunque, in quanto permette di incassare denaro non vincolato e senza fornire controprestazioni specifiche. Se invece la tassa fosse causale servirebbe a coprire le spese di una prestazione concreta e non lascerebbe alcun margine per sovvenzionare i salari del personale sanitario. In altre parole, con una tassa causale l’Italia non potrebbe perseguire il suo obiettivo, in quanto l’incasso sarebbe esclusivamente destinato a coprire le spese effettivamente sostenute. È quindi molto verosimile che questo balzello sarà strutturato come un’imposta vera e propria, prelevata sul reddito di tutti i vecchi frontalieri, in modo generale e progressivo.

Il nuovo Accordo sulla fiscalità dei frontalieri attualmente in vigore ed applicato dal 2024 all’art.9 prevede però che i “vecchi” frontalieri restano imponibili soltanto in Svizzera. L’Italia non può pertanto prelevare alcuna imposta a loro carico, restando la competenza impositiva esclusivamente a beneficio della Svizzera.

Ne consegue che, se l’Italia adottasse misure attuative che strutturano il prelievo a carico dei frontalieri in modo non causale (come un’imposta) violerebbe, con tale misura, il citato accordo firmato con la Svizzera e appena entrato in vigore.
L’entrata in vigore di questa nuova imposta italiana rischia di interferire negativamente nei rapporti tra datori di lavoro e i dipendenti, riducendo a questi ultimi parte del salario netto guadagnato in Svizzera. Tale diminuzione potrà indurre questi dipendenti a chiedere ai datori di lavoro una compensazione finanziaria della perdita. Non è quindi escluso che, alla fine, saranno i datori di lavoro ticinesi, o almeno una parte di essi, a doversi sobbarcare questa nuova imposta italiana.

Per questa ragione è importante vigilare sulle normative di attuazione che saranno prossimamente adottate e mantenere alta la pressione politica affinché l’attuazione di questo contributo non sia in contrasto con gli impegni assunti dall’Italia nei nostri confronti.

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