Proseguono le testimonianze dei professionisti che frequentano la nostra Scuola manageriale, in questo numero diamo spazio a Sofia Gianfreda.
Il desiderio di perfezionarmi e sempre stato il motore della mia crescita, sia personale che professionale. Ogni passo avanti, ogni nuova competenza acquisita, ha rappresentato per me un tassello fondamentale per costruire progetti innovativi e dare forma a visioni future. Se dovessi descrivermi con tre aggettivi, sceglierei propositiva, innovatrice e determinata.
Questi tratti non solo delineano la mia personalità, ma rappresentano anche il mio spirito di crescita continua, la mia volontà di non fermarmi mai e di cercare sempre nuove prospettive. E proprio con questo spirito che ho scelto di iscrivermi al corso di formazione “Specialista della gestione PMI” offerto dalla Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti).
Dopo essermi informata attentamente, ho riconosciuto negli obiettivi del corso una perfetta corrispondenza con le mie aspirazioni professionali. Il mio percorso accademico mi ha portata, circa cinque anni fa, a conseguire un doppio diploma come assistente sociale ed educatrice. Subito dopo, ho iniziato a lavorare nel contesto del sostegno personale. In questo contesto, ho compreso quanto fosse importante affiancare alle competenze relazionali e operative una visione strategica e manageriale. E stato questo bisogno di struttura e direzione che mi ha spinta a intraprendere un percorso di crescita interna, culminato con la mia nomina a Coordinatrice.
La gestione di progetti complessi e l’evoluzione della mia attività professionale mi hanno portata a cercare una formazione che potesse integrare teoria e pratica, offrendo strumenti concreti per affrontare le sfide quotidiane. Il corso della Cc-Ti si è rivelato esattamente ciò che cercavo: una formazione agile, cucita su misura per chi opera sul campo, ricca di esempi pratici immediatamente applicabili. Ogni insegnamento diventa patrimonio personale, pronto per essere trasferito e valorizzato all’interno della struttura in cui lavoro.
Parlando con la mia famiglia di questo percorso, ho scoperto con sorpresa e orgoglio che la relazione con la Cc-Ti e una tradizione che attraversa tre generazioni. Tra il 1979 e il 1984, mio nonno materno Juan Ramon Duran, originario della Spagna, visse in Ticino e frequentò un corso come perito aziendale. Questo gli aprì le porte a numerose opportunità professionali in Svizzera, prima del suo rientro in patria.
Circa vent’anni dopo, mio padre seguì due corsi presso la Cc-Ti, ottenendo gli attestati federali di Capo azienda ed Economista federale. Oggi, con la mia partecipazione al corso “Specialista della gestione PMI”, la tradizione continua. Siamo ufficialmente alla terza generazione che sceglie di formarsi con la Cc-Ti, portando avanti un legame che unisce famiglia, formazione e professionalità. Un’eredità preziosa, che si rinnova nel tempo e che sento di onorare con entusiasmo.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/12/ART25-gianfreda.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-12-12 08:30:002025-12-12 08:58:13Di generazione in generazione
Tutti connessi, nessuno allineato: quando la comunicazione diventa rumore.
In azienda si comunica oggi più che mai: e-mail, chat, WhatsApp, piattaforme di collaborazione, social interni, videoconferenze. Mai come ora le persone dispongono di tanti strumenti per restare in contatto. Eppure, mai come ora la comunicazione interna sembra frammentata, dispersiva e, in alcuni casi, controproducente.
La trasformazione digitale ha portato con sé un paradosso oramai conclamato da tempo: siamo iperconnessi, ma non sempre davvero allineati. La promessa di una comunicazione più rapida ed efficiente si è spesso tradotta in un eccesso di messaggi, canali sovrapposti e informazioni ridondanti, che riducono il tempo dedicato alla concentrazione e alla riflessione. Come se non bastasse, per la prima volta nella storia recente, ben cinque generazioni si ritrovano a lavorare all’interno delle stesse organizzazioni. Ciascuna, con un diverso approccio alla comunicazione – dal più formale scritto, al più informale visivo e rapido – affronta il tema con abitudini e aspettative diverse, introducendo involontariamente ulteriori sacche di inefficacia comunicativa.
Il paradosso dell’iperconnessione
La moltiplicazione dei canali comunicativi nasce con buone intenzioni: facilitare la collaborazione, ridurre i tempi decisionali e rendere le organizzazioni più agili. Ma nella pratica, molti team si trovano a gestire contemporaneamente e-mail, messaggi su Teams o Slack, notifiche su WhatsApp, aggiornamenti su piattaforme collaborative e, in alcuni casi, interazioni via social. Il risultato? Una costante sensazione di urgenza e di rumore informativo, dove l’importanza di un messaggio non è più legata al contenuto, ma alla velocità con cui appare sullo schermo.
Le neuroscienze confermano che ogni interruzione — anche breve — richiede minuti per ritrovare il livello di concentrazione precedente. Nelle aziende moderne, questo costo cognitivo si traduce in ore di produttività perse ogni settimana, oltre che in un crescente senso di stress e frammentazione mentale.
Triage dei messaggi e inefficienza produttiva
È sempre utile classificare le informazioni che riceviamo definendo diverse modalità di elaborazione. Ma per farlo, dobbiamo leggere tutti i messaggi che riceviamo, da quelli più importanti, che prevedono un’azione conseguente, a quelli semplicemente informativi, fino allo spam pubblicitario e ai tentativi fraudolenti (phishing e altri tipi di attacchi). Non sempre abbiamo tempo e concentrazione sufficienti per questo “triage” e le conseguenze sono evidenti.
Dove nasce il problema
In ogni caso non è la tecnologia in sé a creare inefficienza, ma la mancanza di governance della comunicazione. Molte organizzazioni adottano nuovi strumenti senza definire regole chiare d’uso: cosa passa via e-mail e cosa via chat? Quali canali sono destinati agli aggiornamenti formali e quali al lavoro operativo? Chi è responsabile di mantenere la coerenza e l’ordine informativo? Che tipo di formazione viene messa in atto affinché già individualmente si possa disporre di un metodo comune di classificazione dei messaggi?
Senza una cornice condivisa, la comunicazione si trasforma in una rete disordinata di messaggi che rimbalzano tra piattaforme diverse. La conseguenza è una perdita di responsabilità individuale (“l’ho scritto da qualche parte”), un rallentamento dei processi decisionali e un aumento del rischio di errori dovuti a informazioni incomplete o disperse.
E-mail, chat e WhatsApp: quando gli strumenti si confondono
L’email, nata come strumento formale e tracciabile, è oggi usata come una chat lenta e sovraccarica di destinatari in copia. Le chat aziendali, pensate per l’operatività, diventano spesso un flusso continuo di messaggi che distolgono l’attenzione. WhatsApp — rapido e diretto — si insinua nel contesto professionale, mescolando la sfera privata con quella lavorativa e creando problemi di riservatezza, reperibilità e continuità informativa. In assenza di confini chiari, la distinzione tra tempo di lavoro e tempo personale tende a svanire. Le notifiche si moltiplicano, la reperibilità diventa implicita e il lavoro si estende ben oltre gli orari previsti, con un impatto diretto sul benessere delle persone.
Verso una cultura della comunicazione consapevole
La soluzione non è limitare i canali, ma imparare a usare meglio quelli giusti. Servono linee guida semplici ma vincolanti:
stabilire quali strumenti utilizzare per quali scopi.
classificare i messaggi su un piano cartesiano immaginario basato su urgenza e importanza.
definire tempi di risposta ragionevoli.
ridurre il numero di destinatari ai soli realmente interessati.
promuovere un’educazione digitale che insegni a “scrivere meno, comunicare meglio”.
Fondamentale è anche il ruolo dei manager, che devono dare l’esempio: scegliere con cura il canale giusto, ridurre la pressione delle notifiche e favorire momenti di comunicazione intenzionale, non reattiva, cercando di superare le proprie abitudini “generazionali”.
Dalla connessione alla chiarezza
L’intelligenza artificiale può aiutarci nell’automatizzare la classificazione dei messaggi in entrata ma occorre sempre tenere presente che per “classificare” in senso complesso (es. assegnare tag personalizzati, etichette sensibili, movimentazione automatica) potrebbe essere necessario attivare funzionalità di governance come, ad esempio, Microsoft Purview e impostare criteri di sicurezza/compliance che vanno definiti a livello aziendale.
La vera trasformazione digitale, quindi, non consiste necessariamente nell’aggiungere nuovi strumenti, ma nel trovare equilibrio tra velocità e senso. In un contesto dove tutto comunica, il valore nasce dalla capacità di discernere ciò che è davvero importante. Governare la comunicazione significa restituire tempo, attenzione e direzione alle persone: le risorse più scarse e preziose dell’era digitale.
La misura raccomandata? Un’analisi dei flussi di comunicazione della vostra azienda, degli strumenti adottati e dell’approccio individuale, è il primo passo per investire un po’ di tempo per poi guadagnarne molto di più.
Articolo a cura di Carlo Secchi, Head of Enterprise Sales I-CH, Sunrise LLC
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/12/ART25-EMAIL.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-12-12 08:00:002025-12-04 10:37:08“Ti ho scritto un’e-mail”
Gli Stati Uniti riducono con effetto retroattivo dal 14 novembre 2025 il dazio aggiuntivo forfettario sulle importazioni provenienti dalla Svizzera al 15 per cento. In cambio, la Svizzera riduce i dazi sulle importazioni dagli USA di determinati prodotti agricoli e della pesca. La base è costituita dalla dichiarazione d’intenti tra Svizzera, Liechtenstein e Stati Uniti pubblicata il 14novembre 2025.
Con l’entrata in vigore del nuovo regime doganale statunitense, con effetto retroattivo al 14 novembre 2025, i dazi doganali applicabili alle merci svizzere saranno ridotti notevolmente. Al posto dell’attuale dazio aggiuntivo del 39 per cento, gli Stati Uniti applicheranno di norma un’aliquota doganale forfettaria massima del 15 per cento sulle importazioni svizzere. Le esenzioni al dazio aggiuntivo statunitense già in vigore per determinati prodotti farmaceutici e chimici nonché per l’oro e il caffè rimangono invariate. Inoltre, sulla base della dichiarazione d’intenti già citata, gli Stati Uniti aboliscono il dazio aggiuntivo forfettario per altri prodotti d’esportazione svizzeri, tra cui velivoli e determinate componenti aeronautiche, prodotti in gomma, cosmetici e farmaci generici. L’elenco sarà pubblicato nel Federal Register del governo USA. La Svizzera punta a ottenere ulteriori esenzioni.
Ai prodotti gravati da un dazio di oltre il 15 per cento già prima del 2 aprile 2025 saranno nuovamente applicate le aliquote precedenti. Rimangono invariati anche i dazi aggiuntivi settoriali di cui alla sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, ad esempio su acciaio, alluminio, automobili e rame. Per quanto riguarda le indagini in corso sui prodotti farmaceutici e i semiconduttori, la dichiarazione d’intenti specifica che gli eventuali dazi aggiuntivi settoriali imposti alla Svizzera non potranno superare il 15 per cento.
La Svizzera, in cambio, riduce le aliquote di dazio sui prodotti della pesca, sui frutti di mare e su determinati prodotti agricoli non sensibili sotto il profilo della nostra politica agricola. Per gli USA sono inoltre previsti dei contingenti bilaterali in esenzione da dazi (500 tonnellate all’anno di carne bovina, 1000 tonnellate di carne di bisonte e 1500 tonnellate di carne di pollame). Queste riduzioni tariffarie vengono attuate mediante l’ordinanza del 12 novembre 2025 sui dazi all’importazione per merci provenienti dagli Stati Uniti e l’ordinanza del DEFR dell’8 dicembre 2025 concernente le regole d’origine applicabili alle merci provenienti dagli Stati Uniti (v. link).
La data di applicazione retroattiva di queste concessioni di accesso al mercato è stata coordinata con gli Stati Uniti per garantire una riduzione simultanea dei dazi e sgravare il più possibile le aziende d’importazione. Gli importatori sia svizzeri che statunitensi potranno così chiedere alle rispettive autorità doganali competenti il rimborso dei dazi doganali versati in eccesso. Per le importazioni dagli USA, gli importatori svizzeri possono richiedere il rimborso dei dazi presentando una domanda di riesame. Per maggiori informazioni su questi rimborsi rimandiamo all’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini UDSC (v. link).
Con la limitazione dei dazi aggiuntivi statunitensi ad al massimo il 15 per cento, i dazi medi USA nei confronti della Svizzera ponderati in base al valore commerciale diminuiranno di circa il 10 per cento. Questo migliorerà notevolmente l’accesso al mercato statunitense per le nostre imprese. E anche la loro competitività sarà rafforzata, perché sul mercato statunitense torneranno a godere delle stesse condizioni delle imprese dell’UE o di altri partner commerciali degli USA con una struttura economica analoga.
La SECO informa costantemente i settori interessati in merito all’applicazione delle nuove norme e alle relative tariffe doganali.
Per maggiori informazioni:
Questioni tecniche:
Segreteria di Stato dell’economia, Commercio internazionale
Informazioni dell’UDSC e circolare per gli importatori svizzeri sull’attuazione e applicazione delle riduzioni doganali per le merci provenienti dagli USA: IT: https://www.bazg.admin.ch/bazg/it/home/temi/usa.html
Marc-Olivier Geinoz e Roberta Cippà Cavadini, partecipanti al viaggio organizzato dalla Cc-Ti in collaborazione con Swiss Centers e il capitolo ticinese della Swiss Chinese Chamber of Commerce (SCCC) nel novembre 2025, condividono la loro esperienza diretta tra le principali realtà industriali e tecnologiche della Cina: Shanghai, Shenzhen e Hong Kong. Tra le tappe più significative: BYD, Huawei, DJI e il porto di Yangshan, oltre a incontri istituzionali e fiere di settore.
Il report offre uno sguardo privilegiato sulle dinamiche di innovazione, le strategie di sviluppo e le sfide culturali e commerciali che caratterizzano la Cina contemporanea. Un’analisi ricca di spunti concreti per le imprese ticinesi pronte a scoprire opportunità e complessità di uno dei mercati più vivaci e promettenti al mondo.
Si ringraziano gli autori per aver condiviso il loro percorso e le osservazioni raccolte, offrendo strumenti concreti e spunti strategici alle imprese ticinesi interessate al mercato cinese.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/12/ART25-Esplorando-cina.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-12-11 08:00:002025-12-09 15:08:37Esplorando la Cina: il report dei partecipanti al viaggio di esplorazione 2025
“Perché mentiamo (e cosa significa per chi deve smascherare le bugie)”
Nel mondo professionale, dalla consulenza alla gestione aziendale, fino agli ambiti legali, di revisione e di controllo, il fenomeno della menzogna riveste un’importanza strategica. Non si tratta solo di “qualcuno che mente”, ma di capire perché mente, quali forze psicologiche e sociali entrano in gioco, e cosa ciò implica per chi ha il compito di analizzare, indagare o gestire la verità. Comprendere le motivazioni dietro la bugia diventa così un alleato fondamentale per chi vuole comprendere e smascherare l’inganno nelle sue varie forme.
Questo è uno degli obiettivi del corso “Riconoscere le bugie e le incongruenze sul posto di lavoro”, che si terrà l’8 e 15 ottobre 2026 dalle 9.00 alle 13.00 presso la Cc-Ti a Lugano, che permette ai partecipanti di sviluppare strumenti pratici da utilizzare in modo metodico e consapevole.
Motivazioni psicologiche
Gli studi dei massimi esperti nel campo del linguaggio del corpo evidenziano come molte menzogne non siano necessariamente finalizzate a ingannare intenzionalmente, ma possano scaturire da complesse dinamiche interne della persona. Analizziamo alcuni esempi.
Protezione di sé: evitare una punizione, evitare di sentirsi in imbarazzo, evitare il giudizio. Quando una persona teme conseguenze negative, ad esempio nel contesto professionale di un errore o di un conflitto, può mentire come strategia difensiva.
Autovalutazione / immagine personale: la persona può mentire per apparire migliore, per mettersi in mostra e impressionare, per elevare la propria posizione sociale o professionale. Questa dinamica emerge con maggiore evidenza in ambienti dove la competizione e la performance hanno un peso centrale.
Bugie bianche: sorprendentemente, non tutte le menzogne nascono da intenzioni negative. Alcune servono a proteggere gli altri da stress o disagio emotivo o a prevenire conflitti. Un esempio comune è rispondere “ho tutto sotto controllo” anche in momenti di insicurezza e forte difficoltà per non creare preoccupazioni negli altri.
Quando il corpo tradisce la parola
Sebbene le motivazioni psicologiche e sociali siano il cuore del fenomeno della menzogna, il corpo resta un canale di comunicazione che può rivelare incongruenze. Nessun gesto, da solo, prova la falsità di un messaggio, ma un insieme di piccoli segnali può aiutare il professionista ad accorgersi che “qualcosa non torna”.
Gesti inconsci per gestire lo stress: toccarsi il viso, il collo o la bocca può indicare tensione o disagio. Questi gesti non costituiscono una prova di informazione ingannevole, ma spesso emergono quando la persona cerca di gestire un conflitto interno tra pensieri e parole. Esempio pratico: in un colloquio HR, un candidato che evita lo sguardo e si tocca spesso il viso mentre risponde a domande delicate potrebbe mostrare imbarazzo o esitazione nella risposta, “potrebbe nascondere o non essere d’accordo su qualcosa”.
Piccoli ritardi o discrepanze tra parola e gesto: differenze temporali tra ciò che viene detto e i movimenti del corpo (ad esempio annuire subito dopo un “no”) possono riflettere una maggiore elaborazione cognitiva necessaria per costruire una risposta non veritiera. Esempio pratico: durante una riunione, un dipendente che ritarda di qualche secondo nel confermare o negare un comportamento scorretto potrebbe cercare di adattare la risposta alla percezione del rischio.
Variazioni nel contatto visivo: alcune persone distolgono lo sguardo per ridurre la tensione, mentre altre fissano lo sguardo in modo innaturale per sembrare sincere. Entrambe le reazioni, se eccessive rispetto al contesto, meritano attenzione. Esempio pratico: durante un controllo finanziario, un responsabile che mantiene uno sguardo innaturalmente fisso mentre fornisce spiegazioni complesse potrebbe tentare di mascherare informazioni incomplete.
Cambiamenti nella postura e nel tono della voce: irrigidimento improvviso, spostamenti inconsci del corpo, variazioni nel ritmo o nel volume del parlato possono accompagnare lo stress connesso al raccontare una bugia. Esempio pratico: durante una riunione sul rispetto delle regole aziendali, un collaboratore che passa da una postura rilassata a una più rigida o cambia improvvisamente tono di voce potrebbe percepire il discorso come minaccioso e reagire inconsciamente.
Informazione importante
Questi segnali vanno sempre letti nel contesto personale e culturale del soggetto. Non esistono “gesti universali della menzogna”; il vero valore sta nel notare incongruenze tra il comportamento abituale della persona e quello osservato nel momento specifico.
In conclusione
Smascherare una bugia non significa solo «prendere in flagrante» qualcuno che mente, ma comprendere le ragioni per cui l’errata dichiarazione dei fatti è emersa, essere in grado di comprendere i motivi psicologici e sociali offre una lettura molto più completa e strategica. In definitiva, la menzogna non è solo un atto isolato: è un segnale, un sintomo di dinamiche più profonde.
Esso fornirà strumenti pratici, strategie efficaci e conoscenze approfondite per osservare, interpretare e decodificare con sicurezza i segnali che tradiscono la verità.
Articolo a cura di Luciana Mazzi, titolare di POWER LIFE ACADEMY, Lugano
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/12/ART25-bugie.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-12-10 08:00:002025-12-04 10:20:07Smascherare le bugie sul posto di lavoro
Negli ultimi anni la mobilità sta vivendo una trasformazione epocale.
In Svizzera, ad esempio, dal 1° marzo 2025, è entrata in vigore una normativa che consente la circolazione di veicoli a guida autonoma in tre situazioni definite: pilota automatico in autostrada, parcheggio senza conducente e veicoli senza autista su tratte autorizzate dai Cantoni. Questo pone il nostro Paese tra i pionieri europei, con progetti pilota che spaziano dai robotaxi delle FFS nella regione Furttal, fino ai minibus elettrici per il trasporto pubblico a Sciaffusa. Ma cosa significa tutto questo per il traffico, l’ambiente e le nostre abitudini? E come si concilia con concetti come carsharing, carpooling, trasporto pubblico e mobilità lenta che puntano a ridurre il numero di veicoli in circolazione? Proviamo a fare chiarezza mettendo a confronto i vari tipi di mobilità.
Guida autonoma: vantaggi e criticità
Le auto senza conducente promettono maggiore sicurezza: eliminano errori umani, causa principale degli incidenti, e garantiscono una guida più regolare, riducendo frenate brusche e tempi di reazione. Inoltre, possono aprire nuove opportunità per chi oggi non guida come anziani o persone con disabilità e per il trasporto merci e passeggeri “on demand”.
I pro:
I contro:
– Sicurezza – Efficienza – Accessibilità
– Costi elevati – Responsabilità legale – Aumento del traffico
Carsharing: condividere per ridurre
Il car sharing è già realtà in molte città svizzere ed europee. Consente di noleggiare un’auto per brevi periodi, pagando solo per l’uso effettivo. Ogni veicolo condiviso può sostituire fino a 8-10 auto private, liberando spazio urbano e riducendo le emissioni.
I pro:
I contro:
– Economicità – Sostenibilità – Flessibilità
– Disponibilità limitata – Costi variabili – Dipendenza dalla rete
Carpooling: viaggiare insieme
Il car pooling consiste nel condividere il tragitto con altre persone, spesso tramite app come BlaBlaCar. È ideale per spostamenti casa-lavoro o viaggi interurbani.
I pro:
I contro:
– Riduzione dei costi – Impatto ambientale – Socialità
– Flessibilità – Comfort – Affidabilità
Trasporto pubblico e mobilità lenta
Oltre alle soluzioni innovative, non possiamo dimenticare il ruolo del trasporto pubblico classico – treni, tram, autobus – e della mobilità lenta, come camminare e andare in bicicletta.
Trasporto pubblico tradizionale
I pro:
I contro:
– Capacità elevata – Riduzione traffico – Integrazione reti
– Costi elevati – Orari fissi – Affollamento
Mobilità lenta (camminare, bicicletta)
I pro:
I contro:
– Zero emissioni – Benefici per la salute – Costi quasi nulli
– Brevi tratti – Meteo – Infrastrutture
In conclusione: quale strada scegliere?
La mobilità del futuro non avrà una sola risposta. Auto a guida autonoma, carsharing, carpooling, trasporto pubblico e mobilità lenta non sono soluzioni in competizione, ma tasselli di un mosaico complesso. La sfida sarà trovare un equilibrio tra tecnologia, sostenibilità e accessibilità, evitando che l’innovazione aumenti il traffico invece di ridurlo.
Svizzera 2030: previsioni sui modelli di mobilità
Veicoli a guida autonoma
Dal 2025 è autorizzata la guida autonoma di livello 3 su autostrade e parcheggi, ma la diffusione di massa è prevista solo dopo il 2030, con applicazioni iniziali nella logistica e nel trasporto pubblico urbano.
Livelli 4 e 5 (completamente autonomi) non saranno comuni prima del 2035-2040, secondo esperti del TCS.
Sfida: fiducia degli utenti e omologazioni complesse ne rallenteranno l’adozione.
Carsharing
Oggi oltre 285’000 utenti e 3’000 veicoli in Svizzera; previsione: 600’000 utenti entro il 2028, flotta completamente elettrica entro il 2030.
Ogni auto condivisa sostituirà 11-18 veicoli privati, riducendo traffico e emissioni.
Studi SUPSI indicano che il carsharing potrà contribuire alla stabilità della rete elettrica tramite Vehicle-to-Grid, con capacità di 12-50 MW di flessibilità energetica entro il 2030.
Carpooling
Il tasso medio di occupazione dell’auto è oggi di 1.5 persone; obiettivo: aumentare grazie a corsie preferenziali e incentivi.
Il mercato globale del car pooling crescerà con un CAGR del 21,9%, raggiungendo 49 miliardi di dollari entro il 2033; in Svizzera si punta a integrare piattaforme digitali e corsie dedicate entro il 2030.
Ride pooling (servizi condivisi elettrici) è in espansione, con Mobility già attiva su progetti pilota.
Trasporto pubblico
Dal 2025 tutti i treni FFS funzionano con energia rinnovabile; entro il 2030 si punta a zero emissioni per autobus e treni e a una crescita della quota modale ferroviaria.
Strategia FFS 2030: più flessibilità, digitalizzazione, hub multimodali e aumento della capacità per pendolari e tempo libero.
Mobilità lenta (pedonale e ciclabile)
Obiettivo USTRA: aumentare la quota di mobilità lenta nelle aree urbane e ridurre gli incidenti gravi a meno di 25 morti e 500 feriti l’anno entro il 2030.
Rete ciclabile e pedonale continua, priorità alle infrastrutture sicure.
Tendenza generale
Entro il 2030, il traffico viaggiatori in Svizzera crescerà del 15-29%, ma con una forte spinta verso elettrificazione e condivisione, mentre la proprietà privata dell’auto calerà nelle aree urbane.
Articolo a cura di Marco Doninelli, Responsabile Mobilità Cc-Ti
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/12/ART25-mobilita.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-12-09 08:05:002025-12-05 16:43:36Quale futuro per la mobilità?
Dal 1° gennaio 2026, il panorama degli scambi commerciali tra la Svizzera, l’Unione europea e numerosi partner euro-mediterranei sarà profondamente trasformato dall’applicazione definitiva della Convenzione PEM riveduta. Questo accordo, che disciplina le regole d’origine preferenziale nelle zone di libero scambio, rappresenta un passaggio cruciale per le imprese esportatrici ticinesi e svizzere e per l’intero settore della logistica e del commercio internazionale.
La nuova fase applicativa della Convenzione paneuromediterranea (PEM) segna la fine del periodo transitorio del 2025, durante il quale le imprese potevano scegliere tra le vecchie e le nuove norme di origine. Dal 2026, le regole rivedute diventeranno obbligatorie in tutti gli accordi di libero scambio (ALS) che contengono un riferimento dinamico alla Convenzione, mentre negli ALS privi di riferimento continueranno ad applicarsi le norme precedenti.
Questa evoluzione normativa comporterà la formazione di due distinte “zone di cumulo”, con impatti rilevanti sulle catene di fornitura internazionali e sulla possibilità di applicare il cumulo diagonale.
Zona 1 – Applicazione delle norme di origine rivedute
Nella zona 1 rientrano tutti gli accordi che prevedono il riferimento dinamico alla Convenzione PEM:
Svizzera – UE
Convenzione AELS
AELS – Albania
AELS – Bosnia-Erzegovina
AELS – Georgia
AELS – Moldova
AELS – Montenegro
AELS – Macedonia del Nord
AELS – Serbia
AELS – Turchia
In questi accordi saranno applicate esclusivamente le norme di origine rivedute, consentendo ilcumulo diagonale solo tra operatori che adottano le nuove regole.
Nella sua circolare R-30 del 5 dicembre 2025, l’UDSC chiarisce che, in assenza di regole di origine identiche, non sarà più possibile considerare come originari quei materiali che provengono da Paesi che applicano ancora le vecchie norme, con il rischio concreto di perdere l’accesso preferenziale al momento dell’esportazione. Il documento richiama l’esempio del tessuto tunisino utilizzato per confezionare camicie da esportare nell’UE: con la fine del cumulo diagonale tra le due zone, un esportatore svizzero che importa tessuti dalla Tunisia e confeziona camicie destinate all’UE dovrà considerare i tessuti tunisini come materiali di Paese terzo (“non originario”), compromettendo così l’emissione di una prova d’origine preferenziale.
Permeabilità e cumulo temporaneo:
sarà possibile solo per merci dei capitoli 1, 3, 25-97 del SA e prodotti della pesca del capitolo 16 del SA;
il cumulo con materiali importati prima del 2026 con prova dell’origine rilasciata secondo le vecchie norme è ammesso fino al 31 dicembre 2028;
le materie prime che hanno acquisito il carattere originario secondo le norme di origine rivedute o le norme transitorie possono essere cumulate diagonalmente senza restrizioni, indipendentemente dalla data di importazione;
i materiali importati dopo il 31 dicembre 2025 possono essere cumulati fino al 31 dicembre 2028 solo se la prova d’origine secondo le vecchie regole è stata emessa entro il 31 dicembre 2025 e se l’importazione avviene entro quattro mesi da tale data. Oltre questa finestra, il cumulo diagonale non è più possibile.
Le prove dell’origine dovranno rispettare le nuove disposizioni: dal 2026 non sarà più necessario indicare “REVISED RULES” e non sarà richiesto menzionare il cumulo nella documentazione. Le prove d’origine emesse nella zona 1 prima del 1° gennaio 2026 secondo le vecchie norme restano valide se le merci erano già in transito o sotto controllo doganale speciale e vengono importate entro quattro mesi.
Zona 2 – Applicazione delle vecchie norme
La zona 2 comprende gli accordi che non contengono un riferimento dinamico alla Convenzione PEM. Qui continueranno ad applicarsi le norme tradizionali fino a eventuale revisione:
Svizzera – Isole Faroe
AELS – Egitto
AELS – Israele
AELS – Giordania
AELS – Libano
AELS – Marocco
AELS – Palestina
AELS – Tunisia
AELS – Ucraina
In questa zona, il cumulo diagonale resterà possibile solo secondo le vecchie norme. La circolare R-30 segnala però anche che diversi accordi tra Paesi terzi (ad esempio nei Balcani occidentali) non sono ancora stati aggiornati:se non adeguati entro il 1° gennaio 2026, alcune catene di fornitura potrebbero non beneficiare più di alcun cumulo triangolare.
A tal proposito è pertanto indispensabile fare riferimento costante alla Matrix, che illustra le reali possibilità di cumulo allo stato attuale.
Il cumulo con materiali con origine secondo le vecchie norme importati dalla zona 1 prima del 1° gennaio 2026 è possibile senza limiti di tempo.
Nuove responsabilità per le imprese e prospettive normative
La distinzione tra zona 1 e zona 2 e la fine della flessibilità prevista nel 2025 segnano un cambiamento strutturale nelle catene di valore svizzere ed europee. Le imprese sono invitate a verificare attentamente
l’origine dei materiali
la data di rilascio delle prove
l’applicazione corretta delle norme di lista
la compatibilità tra accordi differenti
Il rischio, in caso di non conformità, è la perdita dei benefici tariffari garantiti dagli accordi di libero scambio.
La Svizzera e gli Stati AELS, stanno già lavorando per estendere il riferimento dinamico anche agli accordi non ancora aggiornati, con l’obiettivo di includere progressivamente questi accordi all’interno della zona 1, una volta completati i rispettivi processi di approvazione dei partner.
Solo secondo le vecchie norme; cumulo con materiali provenienti dalla zona 1 prima del 1/1/2026 senza limiti di tempo
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/12/ART25-Convenzione-pem-riveduta-2026.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-12-09 08:00:002025-12-05 16:43:17Convenzione PEM riveduta: dal 1° gennaio 2026 cambia la geografia del cumulo dell’origine
Giovedì 4 dicembre, Monica Zurfluh, responsabile della Divisione Commercio Internazionale della Cc-Ti, ha accolto il Dr. Steve S.W. Wang, Rappresentante della Delegazione culturale ed economica di Taipei a Berna, in occasione della sua prima visita in Ticino.
L’incontro ha posto l’attenzione sul sostegno alle aziende associate, con l’obiettivo di facilitare gli scambi commerciali e offrire strumenti concreti per sviluppare il mercato taiwanese. Tra i temi discussi, modalità per valorizzare le reti locali e internazionali, scambio di informazioni strategiche e best practice, e strumenti per accedere a nuove opportunità di business.
Particolare attenzione è stata rivolta a Taiwan come mercato emergente oltre i settori tradizionalmente noti, come i semiconduttori. L’incontro ha confermato l’importanza di un dialogo continuativo e di una collaborazione costante, gettando le basi per iniziative congiunte, scambi di conoscenze e progetti innovativi, nel rispetto dei delicati equilibri internazionali.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/12/ART25-Incontro-rappresentanza-taiwan.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-12-05 11:11:072025-12-05 11:11:23Ticino e Taipei: nuove prospettive per le aziende
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/02/ART25-Mercato-lavoro.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-12-05 08:39:272025-12-05 08:39:27La situazione sul mercato del lavoro
Negli ultimi anni e emerso un fenomeno curioso – e problematico – nell’universo dei marchi: la registrazione di sequenze alfanumeriche lunghe, apparentemente senza senso, che puntano più al vuoto che alla distinzione.
Dietro queste combinazioni si nasconde spesso l’espediente di inserire marchi noti all’interno di catene di caratteri “casuali”, rendendo più difficile individuarli, e particolarmente importante l’istituzione di servizi di sorveglianza accurati. L’agenzia delle Unione Europea EUIPO (Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale) tende infatti a respingere questi segni perché incapaci di svolgere la funzione primaria del marchio, cioè, distinguere l’origine di prodotti e servizi. Il problema delle “meaningless letters” non e soltanto estetico. Sigle come “HSTCPGKQYXHS” o “QPDIZHZLHGU” – entrambe oggetto di domande di marchi europeo rifiutate – sono troppo lunghe e indecifrabili per rimanere nella memoria del consumatore. Un marchio, per essere tale, deve essere percepito e ricordato: se e impronunciabile o privo di qualunque associazione, come può identificare un’impresa? L’EUIPO applica un criterio semplice: più un segno appare complesso e astratto, meno probabilità ha di essere registrato.
Esiste pero un margine. Non tutte le sequenze prive di senso sono automaticamente escluse: in teoria, se un richiedente dimostra che quella combinazione evoca concetti, sensazioni o associazioni riconoscibili dal pubblico, la distintività potrebbe emergere. In pratica, casi del genere restano rari. La questione solleva implicazioni importanti anche per i titolari di marchi noti. La sorveglianza tradizionale, basata sul confronto diretto tra segni simili, non basta più: occorre prestare attenzione anche a domande che, dietro una sequenza apparentemente casuale, nascondano un marchio già tutelato (i più attenti, in questa sigla “KJLDNIKEPRT”, noteranno il nome di un noto marchio di abbigliamento sportivo). Questo richiede strumenti di monitoraggio più sofisticati e una strategia di difesa ampliata. Il bilancio che emerge e duplice. Da un lato, gli Uffici Marchi devono proteggere l’integrità del sistema, evitando che l’abuso di segni “vuoti” lo indebolisca. Dall’altro, chi crea un marchio deve ricordare che originalità e complessità non bastano: un segno funziona se resta impresso, se e pronunciabile, se comunica. La creatività non può sostituire la chiarezza. Un marchio valido e prima di tutto riconoscibile: non basta essere esotico, bisogna essere memorabile.
Articolo a cura di Hermann Padovani, European Trademark Attorney, M. ZARDI & Co. S.A.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/12/ART25-lettere-inutili.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-12-05 08:00:002025-12-03 11:19:37“Lettere inutili”: quando il marchio non colpisce (e il sistema reagisce)
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