Responsabilità & governance

La natura legale delle persone giuridiche è stata la controversia per antonomasia della dottrina agli albori del diritto societario.

Nel mondo occidentale ha prevalso la cosiddetta Realitätstheorie, che postula il riconoscimento della persona giuridica quale realtà sociale dotata nei limiti della legge di personalità e che agisce tramite i suoi organi per il perseguimento di determinati scopi.

L’indipendenza legale delle persone giuridiche non cancella la necessità che siano le persone fisiche a tenere il timone e a remare nella giusta direzione per assicurare il raggiungimento degli obiettivi preposti. Per questo motivo la volontà della persona giuridica viene espressa tramite i suoi organi formali e materiali, i quali con le proprie azioni provocano conseguenze legali di stampo negoziale o delittuoso. Sono dunque le persone in carne ed ossa il vero motore delle società e il nesso della responsabilità delle persone giuridiche.

Nella struttura della società anonima, il consigliere d’amministrazione è una persona fisica facente parte del Consiglio d’Amministrazione (CdA) quale organo imperativamente prescritto dalla legge. I consiglieri d’amministrazione sono quindi degli organi, che con il proprio comportamento obbligano la società. La naturale conseguenza di ciò, è che i consiglieri d’amministrazione sottostanno a norme di responsabilità amministrativa, civile e penale, affinché non agiscano senza alcun vincolo a causa della favorevole prospettiva di non dover rispondere di eventuali danni patrimoniali cagionati o atti penalmente perseguibili. La responsabilità del consigliere d’amministrazione viene quindi statuita giuridicamente e regolamentata in un “sistema-giungla” di norme di diritto pubblico, penale e civile, nel quale non sempre è facile orientarsi. Il diritto come specchio della società (law in action) si stratifica e sviluppa costantemente, in risposta ai mutamenti socio-antropologici, che nell’odierna comunità globalizzata e altamente interconnessa sono all’ordine del giorno. Il compito viene reso ulteriormente più complesso dalla struttura stessa delle fonti del diritto, che non si basa unicamente sui Codici, bensì in assenza di disposizioni giuridiche nella legge scritta, anche su consuetudine e modo legislatoris. A completare il quadro vi sono infine la dottrina e la giurisprudenza dei Tribunali.

Non trascurabili sono pure le regole interne care al mondo aziendale, meglio note come Corporate Governance. Il consigliere d’amministrazione risponde per il suo operato nei confronti della società anche secondo principi che esulano dalla legislazione statale e che vengono definiti sulla base di presupposti strategici e operativi. Nonostante la Corporate Governance non sia emanata dal legislatore, ha un’eco giuridico, in quanto assume particolare importanza nella definizione degli obblighi di diligenza da parte del consigliere d’amministrazione. Per venire a capo dei propri diritti e obblighi anche il consigliere d’amministrazione è dunque tenuto a comprendere la regolamentazione giuridica che lo concerne, familiarizzando con norme codificate e soft law.

Le aspettative delle istituzioni e degli stakeholders riguardo i consiglieri d’amministrazione sono oggigiorno alte, indipendentemente dal contesto culturale. Questo significa che la responsabilità pretesa dai consiglieri d’amministrazione non varia a dipendenza che si tratti di una PMI o di una società di portata inter-cantonale, rispettivamente federale o internazionale. Ciò vale a maggior ragione nel contesto svizzero, nel quale le imprese sono fortemente intessute nella trama sociale e radicate sul territorio.

L’unico modo per superare con successo questa ardua sfida che si pone ai consiglieri d’amministrazione è per mezzo della CONOSCENZA. Il presupposto del rispetto delle regole, siano esse giuridiche o aziendali, consiste nella loro comprensione. È dunque questa la responsabilità cardine del consigliere d’amministrazione, la madre di tutte le responsabilità: informarsi e apprendere i propri doveri e vincoli aggiornandosi costantemente. Far parte di un Consiglio d’amministrazione può implicare l’assunzione di responsabilità importanti. Quali sono le responsabilità degli amministratori nei confronti della loro società, degli azionisti e dei terzi?

UN CORSO SU MISURA – Essere membro di un CdA: compiti e responsabilità
Nell’ambito della propria offerta formativa Cc-Ti organizza un corso dal titolo: “Essere membro di un CdA: compiti e responsabilità”.
Relatori gli avvocati Reto Garzoni, Peter A. Jäggi, Samuel Maffi e Goran Mazzucchelli. In due mezze giornate formative si propone un’immersione nel diritto societario (in particolare della SA e della Sagl) partendo da un approfondimento delle nozioni di amministratore e di organo societario, per poi trattare la questione della responsabilità civile e penale, sino ad abbordare quella legata all’ambito fiscale, dell’esecuzione e fallimenti e delle assicurazioni sociali. Sono pure trattati gli aspetti assicurativi che toccano gli amministratori di società. Il corso è già in calendario per i prossimi 9 e 16 settembre 2021. Le iscrizioni sono aperte ed è possibile annunciarsi tramite questo link.

Articolo redatto da

Samuel Maffi, Cavadini Steger Gianinazzi Maffi Studio legale e notarile SNC e Sebastiano Tela, Studente di diritto Università di Lucerna

Agiamo Insieme 2021, fra diretta streaming e presenza

Si è svolta in diretta streaming dal Padiglione Conza di Lugano lo scorso 10 maggio 2021 la consegna dei premi per l’8° edizione di Agiamo Insieme.

Il progetto condiviso fra l’Ufficio Invalidità del Cantone Ticino e la Cc-Ti, nell’ambito di un partenariato per la gestione dei dipendenti che hanno subito un danno alla salute, del loro reinserimento in azienda e, conseguentemente, nel mondo lavorativo, è nato nel 2012.
Si tratta di un riconoscimento a quelle aziende del territorio che si sono distinte per il loro modo di operare e per l’attività svolta nel sostegno al collaboratore.

Un momento di riflessione, ormai divenuto una bella consuetudine che valorizza il lato umano delle aziende che, dimostrando grande senso di sostenibilità, racconta il percorso di reinserimento nei posti di lavoro delle persone lese nella loro salute.

Testimonianze, aneddoti, e anche tante emozioni: si celebrano i successi delle aziende e dei propri collaboratori, che con rimarchevole impegno in ambito professionale, evidenziando quanto la collaborazione fra Stato ed economia sia forte, attiva e vincente.

L’evento si è potuto svolgere in modalità ibrida: la diretta streaming ha permesso al pubblico di seguire la premiazione online; si sono collegati online per un discorso i Consiglieri di Stato Raffaele De Rosa, Direttore DSS e Christian Vitta, Direttore DFE; mentre in presenza vi sono stati gli ospiti e le aziende premiate.
Sono intervenuti Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti; Monica Maestri, Capo Ufficio AI e Sergio Montorfani, Direttore IAS; Christian Fischer e Rosy Pozzi della Fondazione ARES, che si occupa del reinserimento professionale di persone colpite dalla Sindrome di Asperger.
La serata è stata animata da Julie Arlin.


Le aziende che si sono distinte

Marché Bellinzona Sud, rappresentata da Walter Caranzano, Direttore Hotel e Marché Bellinzona Sud e Clarisse Sargento, Collaboratrice

Securiton SA, rappresentata da Silvio Ghiggi, Direttore Regionale Securiton e Alessandro Consiglio, Collaboratore

Studio tecnico Colombo, rappresentata da Michele Casado, Direttore Studio Tecnico Colombo e Simone Fornezza, Collaboratore


Gallery dell’evento

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L’evoluzione dei consumi

Il paniere tipo contiene una selezione fedele dei beni e servizi consumati dalle economie domestiche ed è ripartito in 12 settori di spesa («gruppi principali»). Ogni gruppo principale è ponderato in base alla sua quota nelle spese delle economie domestiche. Inoltre, la composizione del paniere tipo è utilizzata anche per il calcolo dell’inflazione. Solitamente per valutare l’evoluzione dei consumi si utilizza questo strumento.

Come è cambiato nel tempo il paniere tipo? In che modo si sono modificati i consumi?
A queste domande è possibile rispondere andando a ricercare qualche dato essenziale sulla composizione del paniere tipo e su come esso sia variato nel tempo.

La primavera 2021 ha confermato i nuovi trend dei consumatori, già per altro, consolidatesi nel 2020 a causa della pandemia di COVID-19.

Come già fatto lungo il 2020, e proseguendo in questa direzione anche per il 2021, abbiamo redatto una serie di riflessioni puntuali ed approfondimenti da differenti punti di vista, per mostrare quanto sia vasta, diversificata e ricca l’economia cantonale, e quanto i singoli settori contribuiscano a comporre e far crescere il PIL cantonale (possiamo ad esempio ricordare i contributi sul settore primario e l’innovazione; l’importanza dei servizi bancari per la piazza luganese e il Ticino; l’attenzione alle HR e alla formazione continua, ecc.).

I settori, in Ticino, sono interconnessi e creano delle ‘filiere’ locali (e non), che funzionano come vere e proprie ‘catene produttive”.

Tutte le tipologie di filiera possono essere più o meno efficienti a dipendenza delle situazioni locali e dei mercati in cui operano. Tra queste catene produttive e il territorio c’è un rapporto molto stretto. Lo sviluppo delle prime può favorire o condizionare o inclinare lo sviluppo dell’altro e viceversa.
Le filiere possono rappresentare il motore della crescita economica di una regione, in termini di occupazione, redditi, innovazione, formazione della manodopera e ricchezza pro capite. Un motore che gira tanto più veloce quanto più un territorio è in grado di supportare le imprese con infrastrutture moderne, servizi efficienti e agevolazioni per le attività produttive.
Queste dinamiche valgono, ovviamente, anche in Ticino.

Le tendenze dimostrano quanto si preferisca orientarsi sui prodotti regionali e come, in generale, l’evoluzione dei consumi si avvalga sempre più della modalità online.
Nel corso dei decenni i prodotti di riferimento sono mutati con l’evoluzione della società.

Alcuni esempi a riguardo, riferiti al ‘paniere tipo’ citato all’inizio del testo:

  • Il peso dell’alimentazione e bevande non alcoliche è passato dal 40.7% nel 1939 all’11.93% nel 2021.
  • Per indumenti e calzature la percentuale è scesa dal 15% del 1939 al 2.76 del 2021.
  • Per il tempo libero e la cultura la percentuale è incrementata, invece, dal 3% del 1939 al 7.48% del 2021.

Maggiori dettagli sulla composizione attuale del paniere tipo e sulla sua ponderazione per il 2021 nel grafico dell’UST, sull’Indice nazionale dei prezzi al consumo (IPC) visto in immagine all’inizio dell’articolo, scaricabile qui.


Sul nostro sito, nella rubrica ‘attualità’ è possibile rileggere differenti contributi su temi come l’innovazione e la sostenibilità, come pure visionare riflessioni sui progetti e le iniziative che la Cc-Ti porta avanti: www.cc-ti.ch/attualita Nell’area dedicata ai soci, invece, si può scaricare e leggere integralmente Ticino Business, consultando anche gli archivi che contengono tutti i numeri apparsi. Vi si accede tramite questo link www.cc-ti.ch/areasoci, inserendo nome utente e password.
Per i dettagli sul login è possibile contattare Lisa Pantini, Responsabile comunicazione Cc-Ti, scrivendo a pantini@cc-ti.ch

Quando il digitale incontra l’export

Il 5 maggio scorso si è svolto il webinar “Il digitale incontra l’export” dedicato a un argomento di attualità e in forte espansione. All’incontro online – organizzato dalla
Cc-Ti, in collaborazione con S-GE, hanno assistito una quarantina di partecipanti.

Al webinar sono intervenuti Michele Merazzi, Vicedirettore Cc-Ti; Martina Grisoni, Responsabile Servizio Export Cc-Ti; Silvia Del Vitto, Head of Sales & International Client Management Intarget Suisse e Monica Zurfluh, Head of S-GE Southern Switzerland.

Il COVID-19 ha modificato le abitudini, gli usi, i consumi e gli acquisti di consumatori e aziende attive su mercati nazionali ed internazionali, con profonde trasformazioni.
Le aziende sono spinte verso nuove evoluzioni, rivolgendosi sempre di più verso un mercato digitale, sviluppando nuove strategie di distribuzione.
Dai dati dell’Amministrazione federale delle dogane, il valore dell’export in Svizzera è calato del 7.1% nel 2020, rispetto al 2019; ciò è dovuto anche alla pandemia e ai suoi diversi effetti. Fortunatamente, il 2021 è cominciato in positivo con un incremento del 5.4% rispetto al dicembre 2020. Con dati come questi è difficile fare delle previsioni attendibili per scenari futuri anche a breve termine, la situazione economica dipenderà molto dall’andamento congiunturale e dalla campagna vaccinale a livello globale.

Il nuovo consumatore è globale

Internet è sempre più globale, le aziende necessitano gli strumenti digitali e il digital marketing rappresenta un ponte verso nuove opportunità da sfruttare. Il web non è sicuramente una novità per le aziende, come pure per i consumatori, ma nell’ultimo anno c’è stata una netta escalation del loro utilizzo.

Digital export?

Che cosa si intende quando parliamo di ‘digital export’? Si tratta dell’implementazione di modelli di business B2B o B2C attraverso le leve del marketing digitale e dell’utilizzo di piattaforme online al fine di espandere un’attività al di fuori dai confini nazionali.

Le tendenze confermano che i digital buyers, ossia coloro che compiono acquisti online anche da un marketer straniero, rappresentano oggi più del 30% della popolazione mondiale. E si tratta di una tendenza destinata a crescere.

La sicurezza prima di tutto

e-commerce B2C in Svizzera

La Svizzera è prima nel B2C e-commerce Index 2020, annuale classifica redatta dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD). Le economie sono classificate in base all’accessibilità a server Internet sicuri, affidabilità del servizio postale e della sua infrastruttura e la percentuale di popolazione che usa internet e possiede un account presso un’istituzione finanziaria o un servizio di pagamento mobile.

Prosperare, anche online

Il digitale e l’internazionalizzazione diventano cruciali per aiutare un business a crescere e prosperare raggiungendo nuovi consumatori all’estero.
In questo ambiente dinamico, con un consumatore sempre più attento, le esigenze cambiano costantemente e da mercato a mercato. A cosa prestare attenzione?

  1. Identificare i nuovi mercati
  2. Valutare le barriere all’ingresso
  3. Pianificare l’operatività
  4. Promozione, marketing e pubblicità
  5. Misurazione della performance ed espansione

Con un approccio strategico e con il supporto di strumenti esistenti quali, ad esempio, Google Trends e Google Market Finder, sarà poi possibile identificare nuovi mercati target. In questo modo si potranno prendere decisioni più ponderate, adattando il proprio modello di business ai mercati interessati e ottimizzando l’investimento e le strategie di marketing sulla base delle informazioni più attuali e delle ultime tendenze.

I marketplace

Si definisce tale, un sito online di intermediazione per la compravendita di beni e servizi, come ad esempio Zalando o Amazon, i più conosciuti alle nostre latitudini.
Interessante sottolineare come i marketplace rappresentino oggi il 50% delle vendite online a livello globale. La caratteristica che differenzia un marketplace da un e-commerce è la presenza all’interno del sito di merci, prodotti e servizi di più produttori o venditori.
Questo genere di negozio online si distingue secondo due criteri: orizzontale – se vende prodotti di diverse categorie e verticale – se è specializzato in una sola categoria. Questo tipo di negozi, paragonabili a dei veri e propri supermercati online, offre diversi vantaggi, tra cui al primo posto una favorevole accessibilità economica.

Una nuova normalità: la visibilità online

Visto che la presenza fisica è ormai limitata, occorre aumentare e rafforzare la propria visibilità online, focalizzandosi sul definire la migliore strategia d’entrata sul mercato, ottimizzando il proprio e-commerce e/o sfruttando i marketplace esistenti, considerando però già da ora anche strategie multicanale e non dimenticandosi di chiarire gli aspetti legali, fiscali e logistici della vendita a distanza. Oggigiorno una presenza e una buona immagine online sono qualità necessarie. Se da un lato il proprio sito va curato, aggiornato e ottimizzato (SEO), anche l’impegno nell’essere attivi sui social media va potenziato. Questi ultimi stanno diventando sempre di più un canale preferenziale attraverso i quali i consumatori effettuano i propri acquisti. Da non sottovalutare il fatto che il sito web deve essere ottimizzato per il ‘mobile’.
Switzerland Global Enterprise ha creato un settore dedicato sul proprio sito web  con numerose informazioni e consigli utili e dove offrirà ad inizio giugno anche dei webinar tematici.

Un ulteriore strumento per rendersi visibili sono i mercati e le fiere digitali. C’è ancora molto scetticismo e resistenza alla partecipazione a questi eventi virtuali, non va tuttavia dimenticata l’importanza di questi luoghi d’incontro per testare le acque, restare in contatto con i propri clienti e partner e acquisirne di nuovi. Come avviene per il sito web, il contenuto è la chiave e deve essere accattivante, ma anche autoesplicativo e incoraggiare i visitatori ad essere proattivi e a mettersi in contatto con l’espositore. La sfida maggiore resta il far confluire i visitatori sul proprio stand, risolvibile solo potenziando le proprie attività di web marketing.

La presenza nei database

 Sono diverse le piattaforme che facilitano la visibilità online consentendo nel contempo di far incontrare domanda e offerta, fra cui:

  • Cleantech CUBE Database | S-GE – la banca dati delle aziende svizzere attive nelle cleantech;
  • PartneringOpportunity Database (POD) – la più grande banca dati di scambi commerciali e di innovazioni tecnologiche dell’Unione europea e dei Paesi associati. La Svizzera vi partecipa in qualità di Paese associato e il consorzio EEN svizzero è costituito da S-GE (ricerca di partner commerciali) e da  Innosuisse e Euresearch (ricerca di partner tecnologici);
  • S-GE matchmaking – banca dati in cui le aziende svizzere possono cercare e selezionare esperti e dove vengono pubblicati annunci di aziende estere alla ricerca di fornitori svizzeri.

Valutare nuovi mercati in remoto…

Nell’impossibilità o comunque difficoltà di viaggiare, valutare nuovi mercati e riunire informazioni utili di persona ad una presa di decisione resta difficile per le aziende esportatrici. Online si trovano tuttavia alcuni strumenti utili in proposito, quali il  Market Finder di Google, promosso in collaborazione con S-GE (che consente di stimare le dimensioni di un mercato sulla base delle ricerche effettuate online dal proprio target di clientela e di altri criteri) ) e il GoGlobal Cockpit (basato invece sulle voci di tariffa doganale dei prodotti esportati e presto esteso anche ai determinati servizi).

Va tuttavia tenuto presente che a volte sarà necessario adattarsi ad altri motori di ricerca (Baidu, Yandex…) e utilizzare rispettivamente confrontare i risultati di diversi strumenti per valutare un mercato e pianificare la propria espansione internazionale.

… ma attenzione alle barriere tariffarie e non tariffarie

Dazi doganali, tasse e formalità d’importazione sono tra i fattori più importanti che frenano l’accesso ai mercati ed ogni azienda dovrebbe essere in grado di identificarli per tempo. Uno strumento indispensabile e che si appresa all’uso quotidiano è la banca dati doganale, che fornisce dati in 150 Paesi.

Anche la Cc-Ti offre dei servizi export digitali

Inizialmente, tutti i certificati di origine non preferenziale venivano emessi in modalità cartacea, muovendosi sempre più però verso la digitalizzazione, anche la Cc-Ti ha voluto creare – assieme all’International Chamber of Commerce e alle altre Camere di commercio e dell’industria svizzere – una piattaforma online utilizzata con successo www.certify.ch (accessibile 24h su 24h, 7 giorni su 7, tramite il proprio nome utente e la propria password). Non è mai stato così veloce, pratico e sicuro richiedere l’emissione del Certificato di origine. I certificati e i documenti legalizzati possono essere comodamente stampati dal richiedente o utilizzati in PDF. La piattaforma non ha alcun costo supplementare e i prezzi rimangono invariati. Si guadagna sicuramente in velocità e in sicurezza.

Tutti i dettagli su questi servizi digitali nell’articolo di approfondimento già online sul nostro sito.

Oltre al rilascio dei certificati di origine, la Cc-Ti emette anche il Carnet ATA, questo documento serve all’esportazione temporanea di merce all’estero, per mostre fiere e congressi, campioni commerciali e materiale professionale. Il Carnet ATA, che purtroppo al momento non è ancora del tutto digitale, ha la durata di un anno, nel quale si può varcare il confine senza dover pagare dazio o IVA. Entro la data di scadenza del Carnet ATA tutta la merce esportata deve rientrare in Svizzera, dopo di che si potrà richiedere l’emissione di un nuovo documento per l’anno successivo. Maggiori informazioni le potete trovare sulla piattaforma www.ataswiss.ch. Su questa piattaforma è possibile, dopo essersi registrati, richiedere il Carnet ATA online, che verrà poi stampato dalla Cc-Ti.


DOCUMENTI UTILI
Scarica la presentazione powerpoint del webinar

Indennità per lavoro ridotto: importante sentenza del Tribunale cantonale di Lucerna

Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.

Lo scorso 26 febbraio il Tribunale cantonale di Lucerna ha emanato una sentenza che, se confermata dal Tribunale federale, implica un’importante modifica del calcolo delle indennità per il lavoro ridotto.

In effetti, statuendo su un ricorso presentato da un esercizio pubblico, i giudici lucernesi hanno ridefinito la base di calcolo per determinare tali indennità. Rifacendosi all’art. 34 della Legge federale sull’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e l’indennità per insolvenza (LADI) hanno ricordato che determinante, fino al limite massimo valido per il calcolo dei contributi è il salario, convenuto contrattualmente, dell’ultimo periodo salariale prima dell’inizio del lavoro ridotto. Sono compresi le indennità per vacanze e gli assegni contrattuali periodici, purché non continuino ad essere versati durante il periodo di lavoro ridotto o non costituiscano indennità per inconvenienti connessi al lavoro.

Partendo da questa norma di legge, il Tribunale ha accolto le richieste della ricorrente, nel senso di considerare nella base di calcolo anche le indennità per vacanze, elemento che fino ad allora nessuna cassa di compensazione aveva tenuto in linea di conto. Il Consiglio federale e la Seco, nella gestione della crisi pandemica, avevano infatti escluso questo aspetto dal calcolo delle indennità.

I giudici nel motivare la loro sentenza hanno sottolineato che la regola dell’art. 34 LADI non può essere modificata da una semplice ordinanza del Consiglio federale (di rango inferiore) o da direttive della Seco. Ne consegue che le indennità per lavoro ridotto vanno aumentate come sopra indicato.

Stando a quanto sopra le aziende possono pertanto chiedere un riesame del calcolo per le indennità di loro spettanza. Considerato che l’ultima parola spetterà al Tribunale federale, d’intesa con l’Unione svizzera degli imprenditori, è stato suggerito alle aziende di presentare una richiesta di riconteggio delle indennità e di sospendere contestualmente, in attesa di una decisione definitiva, la stessa procedura di riesame (cfr. newsletter Cc-Ti del 16 aprile 2021).

Elevator Pitch

Sono conosciute differenti ipotesi di origine di questa forma di comunicazione nel business. Una storia comunemente nota è quella di Ilene Rosenzweig e Michael Caruso, due ex giornalisti negli anni ’90. Secondo Rosenzweig, Caruso era un redattore senior di Vanity Fair e stava continuamente tentando di fasi notare dal redattore capo della sua rivista e l’unico modo che alla fine escogitò fu quello di provare a parlarle approfittando anche di brevi periodi liberi di tempo, come in un giro in ascensore.

Prende il nome dal tempo necessario per comunicare, la durata di una breve corsa in ascensore (da 30 a 60 secondi o 75 circa)

L’Elevator pitch è infatti un discorso che una persona farebbe a un investitore, per esempio, se si trovasse per caso con lui in ascensore. L’imprenditore, quindi, si troverebbe costretto a descrivere sé o la propria attività sinteticamente, chiaramente ed efficacemente per convincere l’altro ad investire su di lui, ma con i limiti di tempo imposti da una corsa in ascensore (la letteratura specialistica al riguardo fissa tale limite massimo di 5 minuti).

Si tratta di una vera competenza

Sviluppare questo tipo di competenza è sicuramente basilare e richiede una grande dedizione e tanto tanto allenamento. Si può parlare di elevator pitch sia se viene fatto durante un evento fisico, che in modalità asincrona (un’e-mail o un video).

Esistono varie tipologie di elevator pitch a seconda della durata oppure del target a cui è rivolto (consumatori, imprenditori, superiori o colleghi, …). Normalmente viene calcolato “un pitch” della durata dai 30 ai 120 secondi.

Descrive l’idea per cui una persona dev’essere in grado di presentare il proprio pensiero nel tempo di una corsa, reale o immaginaria, in ascensore.

Un breve, utile e accattivante riassunto… A volte si pensa che i pitch degli ascensori siano specifici per un’idea o un prodotto, ma si possono anche usarli per “promuoversi” come professionisti.

I professionisti dovrebbero avere sempre a disposizione un discorso accattivante in grado di fornire informazioni su sé stessi o su di un proprio progetto, che possano fornire in un breve periodo di tempo. Invece di aspettare che l’altra parte diriga la conversazione e, potenzialmente, lontano da ciò di cui si vorrebbe discutere, si può spiegare in modo assertivo ciò che si ha da offrire.

È da considerarsi come un documento da aggiornare costantemente e “sfoderare” ad ogni buona occasione, che sappia “dare valore” ad ogni vostra singola parola.

Viene valutato come un’intraprendenza positiva

Un vantaggio nell’usare questo approccio quando parlate della vostra carriera o delle vostre aspirazioni è che potete dimostrare di essere in grado di prendere l’iniziativa. In molte interazioni, come un colloquio di lavoro, questo può essere impressionante per il vostro pubblico: sarà lieto di vedere che sapete sia cosa volete, sia come chiederlo.

Essere in grado di presentarvi a qualcuno in modo convincente, può aiutarvi a prepararvi per una conversazione professionale di successo, sia che si tratti di un evento di networking, con un collega o all’inizio di un colloquio. Uno strumento per rendere le informazioni da comunicare semplici ed efficaci.

Dallo schermo del telefono al colloquio di persona, vi verrà chiesto di fornire un riepilogo di chi siete, della vostra formazione e di ciò che desiderate dal prossimo lavoro. Questa sintesi “mentale” può essere una buona struttura mentre state pianificando la vostra risposta alla popolare domanda “parlami di te”.

Allo stesso modo può essere utilizzata per delineare la vostra lettera di presentazione o una dichiarazione riassuntiva professionale o, ancora, un’offerta di collaborazione azienda/azienda. Una dichiarazione di sintesi deve avere lo scopo di raccontare al lettore chi siete professionalmente, quale lavoro vi appassiona e perché siete qualificati per farlo, in un modo che vi aiuti a distinguervi dagli altri.

Quali passi sono alla base

Una presentazione personale è utile anche per il networking a un evento o durante un incontro spontaneo. Che voi siate in fila al supermercato, a un cocktail party o a un incontro professionale organizzato, la presentazione può aiutare rapidamente i nuovi contatti a capire perché dovrebbero connettersi con voi o considerarvi quando si presenta un’opportunità.

1. Iniziate presentandovi (i primi 10 secondi sono importantissimi). Assegnate delle priorità ai vostri contenuti

2. Fornite un riepilogo di ciò che fate o rappresentate. Siate preparati e attenti a rispondere alle molte domande che vi faranno, probabilmente quelle sono le cose che vogliono sentirsi dire

3. Spiegate cosa volete (create pitch di diversa durata 30 secondi, 60 secondi, 120 secondi in modo da essere sempre pronti ad affrontare ogni imprevisto)

4. Terminate con un invito all’azione (“Ha tempo per prendere un caffè? Ci possiamo sentire per un fissare un incontro? Le posso inviare una mail? …) Non dimenticate il vostro biglietto da visita.

Errori comuni

Parlate in modo naturale
Suonare troppo preparato può rendere la conversazione forzata, quindi fate del vostro meglio per esprimervi con un tono colloquiale.

Rallenta
Se parlaste troppo velocemente, l’ascoltatore potrebbe perdere alcune informazioni importanti. Potrebbe essere la vostra tendenza naturale a parlare velocemente o potrebbe verificarsi se vi sentite nervosi. Indipendentemente da ciò, fate uno sforzo consapevole per ridurre la velocità e incorporare questa strategia quando provate il vostro tono.

Usa un tono per la maggior parte (ma non tutte) le occasioni
Potrebbe non essere necessario personalizzare la vostra presentazione per tanti diversi tipi di pubblico. È una buona idea avere una presentazione generale che potete usare in qualsiasi momento, ma dovreste provare ad adattare la vostra presentazione ogni volta che potete. Più le vostre idee sono personalizzate, più è probabile che voi otteniate un risultato positivo dalla conversazione. Mostrate il vostro profondo interesse e rispetto per il tempo dell’ascoltatore.

Facile da capire
Usate un linguaggio semplice che tutto il pubblico possa capire. Ad esempio, se includete un gergo tecnico e termini specifici del settore che solo qualcuno conoscerebbe, potreste alienare un reclutatore, o chiunque altro, che non ha lo stesso livello di conoscenza. Questo può rendere difficile per loro farvi domande di follow-up e potrebbe renderli meno propensi a continuare la conversazione con voi. Salva termini di nicchia per un colloquio tecnico e rendete il vostro discorso facile da seguire per tutti.

In una realtà che corre sempre più veloce e non concede tempo, questo può essere un modo per usare il vostro tempo nel modo più opportuno, senza sprecarne neppure 30, 60,120 secondi.

Focus su una nuova mobilità

L’impegno delle imprese per supportare la mobilità è accertato. Sono infatti numerose le attività delle aziende del territorio volte a favorire gli spostamenti per i tragitti ‘casa-lavoro-casa’ dei propri dipendenti, con proposte aziendali strutturate e concrete. La gestione della mobilità è fondamentale per stare al passo con l’evoluzione sociale ed economica del nostro Cantone.

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Nel corso dell’ultimo lustro si sono moltiplicate azioni atte a conciliare trasporto, viabilità e vivibilità del territorio, con misure e incentivi privati e pubblici; favorendo la nascita di una consapevolezza che non vede più il binomio ‘traffico & ambiente’ come antitetico.

Fra i modelli di mobilità sostenibile vi sono proposte, per esempio, quali il car pooling, il car sharing, le navette aziendali, i park&ride spari per il territorio, ecc…

Possiamo anche citare – quale esempio – la “Centrale della mobilità” (nata una decina d’anni fa quale alternativa alle soluzioni di mobilità per il percorso casa-lavoro) che da tempo con consulenze e supporto, identifica le misure più adatte in ambito di mobilità per ogni azienda e svolge l’accompagnamento alla realizzazione delle stesse. L’attività spazia su tutto il territorio cantonale. In una decina d’anni sono state create 9’386’889 itinerari di viaggio e mezzi alternativi fra trasporto pubblico, bici, car pooling e navette aziendali.

Promuovere una mobilità aziendale con servizi di supporto alle imprese per sostenerle nella ricerca di migliori soluzioni mirate, creando sinergie e la potenziata offerta di trasporto presente sul territorio. Puntare ad una mobilità sempre più sostenibile nell’ottica di una visione d’insieme dove cooperano all’ottimizzazione della situazione più attori in modo responsabile e concertato. Come? Il sistema economico da un lato e lo Stato dall’altro. Unitamente ai Comuni e ai cittadini. Ognuno deve dare il proprio contributo in un contesto di sforzo coordinato, altrimenti le soluzioni che si possono trovare e che funzionanti in determinate realtà possono risultare incomplete, parziali o inadeguate in altre.

Analizzando diversi vettori per soluzioni combinate, si prospetta oggi uno scenario interessante che vede numerose alternative valide al ‘solo’ trasporto motorizzato, con l’entrata in funzione di AlpTransit e della galleria di base del Ceneri in modo completo ad inizio aprile 2021.

Tema complesso che necessita un approccio differenziato, concertato e innovativo, che approfondiremo con diverse riflessioni nel corso dei prossimi mesi.

Tips di ‘business etiquette’

Il giro per il mondo… per quando torneremo a viaggiare e ad interfacciarci in modo “reale” e non virtuale.

Organizzeremo viaggi d’affari e accoglieremo delegazioni provenienti da Paesi stranieri. Come comportarci?

Cina

Nei contatti di business è importante arrivare puntuale agli incontri, il ritardo potrebbe essere percepito come estremamente irrispettoso. Salutare in cinese prima di iniziare la discussione è sempre apprezzato. È consigliato, inoltre, limitarsi a salutare verbalmente, invece di stringere la mano. Abbracciarsi o baciarsi non è comune in Cina, è sufficiente un leggero cenno col capo.

Giappone

Referenti e vertici dell’azienda devono essere convinti fino in fondo della fattibilità dell’operazioni, per questo occorrono anche diversi incontri.
Nelle riunioni non bisogna sedersi in un posto qualsiasi.
Il posto che sarà assegnato è determinato in base alla posizione nella gerarchia aziendale, è tradizione mettere il “leader” alla testa del tavolo. Se siete ospite sarete guidato fino al vostro posto. Durante la riunione verranno offerte delle bevande rinfrescanti non alcoliche. Verranno proposte ai superiori prima che ai sottoposti. Non bisogna iniziare a bere prima che del “leader” designato.

Turchia

È importante evitare di essere informali, anche se si sta sviluppando un rapporto personale. Gli incontri iniziali non si concludono quasi mai con delle decisioni, ma servono per conoscersi e discutere. Non cercare quindi di limitare la discussione solo agli affari, ma aspettarsi anche alcune domande personali.
Ci si saluta con una stratta di mano tra uomini, mentre bisogna attendere che le donne tendano la mano prima di porgere la propria.

Grecia

Considerare l’importanza della società: le famiglie e gli anziani rivestono un ruolo determinante nelle gerarchie sociali. Se la puntualità non è caratteristica della cultura greca, ci si aspetta dagli stranieri che siano in perfetto orario, anche se la controparte greca potrebbe avere un ritardo.

In America Latina

È consuetudine allacciare una relazione personale prima di entrare in affari. Durante le riunioni è possibile che si parli della famiglia e di altri aspetti personali. Le small talks hanno lo scopo di conoscere il partner commerciale, farsi un’idea preliminare della persona con la quale si intende intraprendere i propri affari e costruire, possibilmente, prima un rapporto di fiducia.

La tua immagine dice chi sei

La ‘business etiquette’ ai tempi della digitalizzazione. Videochiamate, video conferenze, corsi di formazione online e webinar, la presenza ‘fisica’ diventa virtuale. Come pure la nostra immagine, perché ci si confronta via Zoom, Teams, Skype, e ci si vede ‘solo’ in video. Esistono regole da seguire? Ci si affida ‘solo’ al buon senso? Come evitare di fare una brutta impressione?

Dinamiche mutate

Con il COVID-19 e le limitazioni dovute agli spostamenti, si è registrata un’accelerazione di meeting e assunzioni aziendali con colloqui virtuali. Un recente studio della piattaforma di recruiting online Monster – che ha coinvolto 3’100 selezionatori e oltre 7’000 dipendenti nel mondo con un focus su USA e Regno Unito – ha confermato l’incremento di queste modalità di selezione nelle risorse umane, dichiarando che almeno la metà delle assunzioni e degli inserimenti in azienda avviene ormai in maniera virtuale.

Un caso concreto

Durante un webinar la moderatrice media la sessione delle domande fra diversi partecipanti. Nello specifico una partecipante (età media, professionista nel suo ambito) si distingue dagli altri per l’ostentata sicurezza e insolenza con cui risponde ai quesiti, risultando quindi molto poco empatica.
Da dove deriva quest’impressione? Si può davvero percepire in modo così tangibile? Contrariamente a quanto si può pensare, non si tratta dei contenuti delle risposte né dalle parole usate, ma dalla mimica e dalla comunicazione non verbale, che lasciano intendere una certa noia e saccenza. Il suo messaggio è chiaro: “so già tutto… questa è una perdita di tempo… sono qui perché ho dovuto… mi annoio”.

Questione di distanze

Il malumore di un partecipante o di un relatore ad una sessione in videoconferenza risalta subito all’occhio, nel vero senso del termine.
Normalmente, durante un evento la distanza fisica tra i partecipanti e i relatori varia da cinque a dieci metri circa. Questo spazio protegge e garantisce, in un certo senso, un “anonimato”: se si dovesse manifestare in un’occhiataccia o un momento di noia, molto probabilmente passerebbe inosservata.
Nel mondo virtuale questa distanza viene praticamente annullata, perché non ci si può nascondere, se non disattivando manifestamente la videocamera e/o silenziando il microfono (opzione questa non sempre possibile), ed è come se ogni partecipante partecipasse a tutto ciò che accade da una distanza di 20 cm. Ma c’è di più: la tecnologia e gli ingrandimenti dello schermo possibili, sempre più performanti, ci sono “nemici” perché evidenziano ancora di più incertezze, dubbi e dissensi.

L’importanza della comunicazione non verbale

Nell’ambito della comunicazione possiamo riconoscere ed approfondire alcuni aspetti che la completano e la caratterizzano: il linguaggio del corpo, le microespressioni, la prossemica, la cinesica, il contatto visivo, …
Nell’era della digitalizzazione e con l’avvento del crescente numero di videconferenze alcuni di questi aspetti vengono amplificati.

Ci siamo mai fermati a riflettere su cosa comunichiamo? Non a livello verbale, ma con i nostri gesti, le nostre emozioni, le espressioni del nostro volto. Chi interagisce con noi riceve due segnali: il primo è quello verbale che porta il messaggio della nostra comunicazione, il secondo conferma, sottolinea, smentisce, evidenzia, ecc. ciò che diciamo a parole, e lo fa con tutta una serie di “piccolezze” insite nel nostro modo di essere: come ci muoviamo, come ci esprimiamo, le nostre espressioni ed emozioni, ecc.. A livello professionale, nello studio, l’approfondimento di alcuni di questi parametri può essere un valido supporto nella “decodifica” dei messaggi che l’interlocutore che abbiamo dinanzi ci sta inviando. Così facendo possiamo essere agevolati nella lettura e, ad esempio, nella trattativa o negoziazione di un accordo, in un colloquio di assunzione, durante un evento, in una compravendita, e così via.

Già Charles Darwin, ideatore della teoria dell’evoluzione, ha approfondito le sue intuizioni sull’origine delle specie nel trattato “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”, sostenendo, nel 1872, che le espressioni facciali avessero la ragione evoluzionistica di aiutare gli altri ad adattarsi all’ambiente circostante.

Da allora la ricerca scientifica in quest’ambito è proseguita, concentrandosi sulle emozioni e la loro espressione, con strumenti di analisi e decodifica sempre più precisi.
In questo senso anche le videoconferenze non fanno eccezione, anche se possiamo decodificare “solo” alcuni aspetti della comunicazione non verbale e non la totalità.

Una «business etiquette» per l’era digitale

Se dovessimo delineare una sorta di ‘vademecum’ di cui tener conto per delle video call (sia che si tratti di webinar, di riunioni o di colloqui) fluenti ed efficienti, ecco a cosa occorrerebbe prestare attenzione:

  • Preparazione: sia che si tratti di un colloquio o di una riunione, il virtuale esige un’attenta preparazione per non dilungare eccessivamente i tempi di svolgimento.
  • Prove di connessione: familiarizzare in anticipo con gli strumenti virtuali permette di non arrivare impreparati ed essere colti alla sprovvista in caso di problemi tecnici.
  • Normalmente tutti dovrebbero connettersi in video, vedere il proprio interlocutore e farsi vedere è molto importante per permettere una corretta connessione non verbale, avendo l’accortezza di silenziare il microfono quando non è il loro turno di parlare.
  • È richiesta una maggiore concentrazione per le riunioni online: il nostro sguardo deve mantenersi attivo verso lo schermo, così da “connettersi” con gli altri partecipanti.
  • Puntualità nella connessione: chi non ha mai vissuto i 3-5 minuti di silenzio ‘imbarazzante’ aspettando che tutti si connettessero?
  • Ambiente professionale: anche se siamo in smartworking un minimo di rigore è richiesto. Evitiamo disordine nell’ambiente circostante, rumori, sfondi non pertinenti, altre persone nella stanza. Attenzione alla luminosità, per non risultare in un video troppo buio o eccessivamente chiaro.
    Lo stesso discorso vale per l’abbigliamento, che deve essere adeguato, la scelta deve essere uguale a quella che avreste adottato in presenza.

 Strumenti utili

Ribattezzate ‘soft skills’, sono quelle abilità cognitive, relazionali e comunicative che permettono all’individuo di interagire al meglio con gli altri. Fra queste, nel contesto di questo articolo, possiamo citare la «learning agility», ossia la capacità che permette alle persone di affrontare situazioni nuove o impreviste, di imparare a utilizzare nuovi strumenti, affinare e sviluppare le proprie competenze con modalità diverse da quelle apprese sino a questo momento.

Una competenza che vale la pena, senza dubbio, di allenare.

Non basta!

Sta purtroppo succedendo quello che non doveva accadere: gli aiuti finanziari della Confederazione a sostegno dell’economia colpita dalle restrizioni anti-COVID non vengono erogati con la necessaria rapidità, senza contare che molte piccole imprese e tanti lavoratori indipendenti ricevono poco o nulla. La sopravvivenza di numerose aziende e di una larga fascia di lavoro autonomo sono a rischio.

(c) ISTOCKPHOTO.COM/POGONICI

Già nel febbraio scorso avevamo rilevato che con l’attivazione dei sostegni pubblici nella seconda ondata pandemica le cose non stavano andando per come era stato promesso, ossia con la tempestività e l’efficacia che la gravità dell’emergenza richiede e, soprattutto, senza eccessive lungaggini burocratiche. Il potenziamento dei crediti per i casi di rigore deciso da Berna è stato molto importante, ma risulta ormai evidente che da solo non basta. Per questo, sull’esempio di quanto fatto da alcuni Cantoni come Ginevra, Vaud e Argovia, la Cc-Ti ha chiesto al Consiglio di Stato di mettere a punto al più presto un piano d’intervento del Cantone per tutelare quelle attività economiche che non possono ancora rientrare negli aiuti federali e che oggi vivono una condizione di estrema fragilità. Altrettanto decisivo è un approccio rapido nella valutazione dei casi che necessitano di un aiuto.

Il rischio di danni sistemici

Un intervento equo e mirato è indispensabile per la salvaguardia della tenuta dell’economia che potrebbe subire danni sistemici da cui non sarà facile riprendersi. Non si tratta di concedere regali, anche perché molti sostegni finanziari sono la redistribuzione delle assicurazioni sociali pagate dalle imprese. È importante ricordare che i problemi che oggi si trovano a fronteggiare le imprese non hanno la loro origine all’interno del nostro tessuto produttivo, né sono stati provocati da errori degli imprenditori o da avventate strategie aziendali. Sono invece la diretta conseguenza delle restrizioni imposte alla libertà economica per combattere l’epidemia. Conseguenze che vanno ben al di là di quel normale rischio imprenditoriale che, per sua natura, ogni impresa è pronta ad assumersi e affrontare. I ripetuti lockdown, totali o parziali, per quanto non abbiano investito allo stesso modo tutte le aziende, hanno avuto impatti sul sistema economico nel suo complesso, causando costi maggiori, spese aggiuntive, una domanda discontinua, forti ritardi nelle forniture e nei pagamenti, diseconomie di scala, incertezza e impossibilità di pianificare produzione e investimenti. Una catena di danni diretti o indiretti che ha creato grosse difficoltà persino alle aziende più grandi con molti mezzi, figurarsi per le piccole imprese che rappresentano oltre il 90% della nostra realtà produttiva. È chiaro che in queste condizioni anche molte aziende sanissime e senza debiti nella fase pre-COVID si sono ritrovate ad erodere le proprie riserve per sopravvivere, compromettendo totalmente o almeno in parte la capacità di investire. Con conseguenze per il futuro certamente pesanti in termini di capacità di sopravvivenza sul mercato e, in ultima analisi, di posti di lavoro. Questa economia da COVID ha reso ancora più interdipendenti gli anelli delle catene del valore nazionali e internazionali. Come si è visto, la rottura di uno solo di questi anelli produce e propaga effetti negativi lungo tutte le filiere. Oggi anche l’export, la punta di diamante dell’industria svizzera e ticinese, risente fortemente di questa crisi. Sul commercio internazionale gravano volatilità, incertezza, domanda instabile e tensioni geopolitiche, mentre si fa sempre più aggressiva la concorrenza per assicurarsi clienti e buoni fornitori. Le materie prime hanno prezzi che sono in continuo aumento, anche del 30% e oltre, e variazione, creando non pochi problemi nella stesura di preventivi e concorsi e nella linea di produzione stessa. Lo sforzo costante degli imprenditori di migliorare costantemente la qualità dei loro prodotti e servizi va sostenuto con coraggio e determinazione nell’interesse di tutti. La chiara flessione già registrata per il 2020 in termini di entrate fiscali dimostra, se ancora ce n’era bisogno, l’importanza di un’economia solida per tutta la società.

Casi di rigore e IPG Corona

La Cc-Ti ha già sottolineato alcune problematiche nella gestione dei casi di rigore e nella concessione delle indennità per perdite di guadagno, sebbene sia comprensibile la pressione che grava sulle entità amministrative che devono occuparsi di questi temi. Nella nuova versione della legge COVID-19, approvata poche settimane fa, malgrado le motivate sollecitazioni giunte da più voci economiche e dagli imprenditori tutti, non è stata ampliata la cerchia dei beneficiari delle misure previste per i casi di rigore, nè è stata ridotta la soglia del 40% della perdita di fatturato per accedere a questi aiuti. È ovvio che ampliare il numero di categorie che potrebbero beneficiare degli aiuti per casi di rigore significa avere costi supplementari. Ma sono costi comunque inferiori a quelli che vi sarebbero costringendo molte attività a chiudere e poi a dover fare capo a disoccupazione, assistenza e altri ammortizzatori. Inoltre, l’attuale situazione non tiene conto di chi, pur non essendo stato chiuso per ordine dell’autorità, è di fatto fermo perché i clienti principali sono a loro volta chiusi. In quest’ottica è comprensibile come la percentuale del 40% di perdita minima sulla cifra d’affari per accedere agli aiuti percentuale di perdita sia troppo elevata. Per molte attività economiche equivale di fatto al fallimento e che le esclude numerose imprese in difficoltà dai sostegni federali e non per demeriti propri. Una linea rossa che marca, peraltro, evidenti discriminazioni.
Perché un’azienda che ha perso solo il 39% della cifra d’affari non ha diritto di accedere ai casi di rigore? Sulla base di quale ragione giuridica una società che non ha dovuto chiudere per ordine dello Stato, ma che ha comunque subito perdite notevoli e misurabili perché facente parte della filiera colpita duramente dai lockdown, non può beneficiare degli aiuti federali? Escludere queste imprese significa lasciarle in balia dell’andamento dell’epidemia e condannarle alla chiusura. Non a caso i Cantoni Ginevra e Argovia hanno abbassato tale soglia rispettivamente al 20% e al 25% di diminuzione della cifra d’affari. E il Canton Vaud ha creato autonomamente un fondo di sostegno all’industria di 6 milioni di franchi, proprio per cercare di ovviare alla situazione di chi si ritrova in difficoltà a causa del rallentamento della filiera di produzione.
Difficile se non insostenibile anche la situazione di molti indipendenti, esclusi dall’indennità di perdita di guadagno, la cosiddetta IPG Corona. Oltre ai ritardi nell’erogazione delle indennità va detto che Berna ci ha messo anche del suo per complicare le cose. Dallo scorso settembre sono stati, infatti, fissati criteri più rigorosi per il riconoscimento delle indennità, inoltre la domanda per le IPG Corona va ora ripresentata ogni mese. Ciò sta rendendo inevitabilmente le procedure più lunghe e macchinose per tutti.
Al danno purtroppo si aggiunge la beffa: mentre gli indipendenti aspettano mesi per ottenere le indennità, ricevono invece puntualmente conteggi e richiami per un sollecito pagamento in materia di AVS, IVA e vari altri contributi obbligatori. Una situazione insostenibile per migliaia di indipendenti: artigiani, negozianti, piccoli imprenditori, ristoratori, artisti, liberi professionisti, commercianti, titolari di servizi alle persone, sempre più esasperati. Sarebbe pertanto doverosa una moratoria sui contributi obbligatori, per evitare l’amaro paradosso di uno Stato che da un lato chiude le attività impedendo di guadagnare e che ritarda nell’erogazione dei sostegni, e dall’altro apre subito delle procedure esecutive per dei pagamenti, certo dovuti, ma che, viste le attuali difficoltà non si possono onorare.
In un contesto così complesso è giusto e indispensabile cercare di scongiurare gli abusi, ma non si possono mettere in ginocchio migliaia di piccoli imprenditori e di indipendenti per il timore di coloro che vogliono approfittarne. Abbiamo i mezzi necessari per identificare e punire questi personaggi. Del resto, quello che permette a uno Stato di funzionare si chiama anche fiducia, fiducia in un sistema che non fa differenze, che aiuta, che supporta e si preoccupa per i propri cittadini. Non è certamente positivo vedere crescere il debito pubblico, ma sarebbe molto peggio trovarsi con aziende eccessivamente indebitate, perché significherebbe che la ripresa diventerebbe molto lenta e difficile. Se si mantengono le capacità di reazione dell’economia, anche le casse statali possono recuperare in tempi moderatamente veloci. Se invece si crea una realtà di imprese incapaci di investire e di pianificare con qualche certezza in più e non solo a brevissimo termine, i dolori saranno molto più forti e a lungo termine. Sarebbe, a questo punto, eccessivamente ottimistico pensare che con la fine dell’emergenza sanitaria l’economia riaccenda subito i motori e li faccia girare a pieno regime. Un’utopia, purtroppo.