L’ABC della leadership

Vi presentiamo una nuova proposta della Cc-Ti quale “percorso formativo con attestato”

Esistono molte definizioni di ‘leadership’. Semplificando possiamo dire un leader vuole muoversi verso qualcosa che desidera creando qualcosa che prima non esisteva. È un lungo viaggio, denso di scoperte, fatiche e riconoscimenti.
E ogni viaggio che si rispetti inizia sempre con un primo passo.

Il percorso formativo ABC della leadership rappresenta un primo passo in questa direzione. Si tratta di un corso creato appositamente per i leader alle prime armi o per chi si accinge a diventare un leader.

Il percorso è stato progettato per migliorare le performance dei neo-leader attraverso la valorizzazione delle loro individualità e l’integrazione di nuove competenze allo stile personale di gestione. Attraverso la definizione di azioni concrete da intraprendere, i neo-leader apprenderanno come valorizzare la capacità di:

  • comunicare con chiarezza obiettivi e visione
  • riconoscere e premiare i collaboratori
  • supportare il loro sviluppo e rappresentare un esempio da seguire.

Si tratta di una proposta creata con l’approccio del business coaching, in cui consapevolezza e responsabilità saranno i pilastri di ogni tema trattato attraverso esercitazioni pratiche. L’ABC della leadership parte dalla presa di coscienza del proprio nuovo ruolo all’interno dell’organizzazione e prosegue ponendo le basi per migliorare la comunicazione interna, la gestione del feed-back, il processo di delega, la mediazione e termina con l’apprendimento delle tecniche per far crescere il proprio team.
Pur riconoscendo che ognuno si trova in un punto diverso del proprio percorso, verranno offerti idee, concetti e strumenti chiave destinati a semplificare e a far progredire efficacemente il proprio percorso di leadership.

I percorsi formativi Cc-Ti sono costituiti da più moduli interconnessi che possono, però, essere frequentati anche singolarmente. Coloro che seguono la formazione completa hanno la possibilità di sostenere un esame finale e, al superamento dello stesso, viene rilasciato un attestato di frequenza Cc-Ti.


Info sul corso ‘ABC della leadership‘: seguendo questo link è possibile trovare tutti i dettagli e procedere all’iscrizione.

Quale futuro per la tracciabilità dei dati?

Negli ultimi mesi, i garanti della privacy europei sembrano aver dichiarato guerra ai sistemi di tracciamento che consentono di monitorare i risultati delle attività digitali. In particolare, a Google Analytics, la piattaforma di analisi che permette di analizzare le visite ai siti web, secondo alcune interpretazioni violerebbe il GDPR (Regolamento Europeo per la Tutela dei Dati personali).

Il Regolamento, è bene ricordarlo, riguarda anche le imprese svizzere perché si concentra sull’utente che naviga il sito. Quindi se un’azienda australiana, svizzera o canadese fa una campagna di web marketing in cui tratta dati di cittadini UE, è soggetta al GDPR quanto un’azienda italiana, francese o tedesca. Le imprese ticinesi sono particolarmente coinvolte, perché la maggioranza di esse (in particolare quelle legate ad accoglienza e turismo) si rivolge anche al pubblico italiano. Ed è proprio l’Italia ad essere tra i maggiori protagonisti di questa vicenda, che rischia di destabilizzare molte attività digitali già in corso e rendere decisamente più complesse quelle a venire.

Ma cosa è successo esattamente? Ecco una breve analisi. Il 9 giugno scorso il garante della Privacy Italiano ha emesso un provvedimento con cui sembra considerare illegale Google Analytics. La pietra dello scandalo è la denuncia contro una nota società che pubblica contenuti editoriali sul web, “rea” di aver raccolto e trasferito i suoi dati a Google LLC “in assenza delle garanzie previste dal capo V del GDPR”. Si tratta del paragrafo che disciplina i trasferimenti di dati verso “Paesi terzi” ovvero al di fuori dello spazio economico europeo: in sintesi, sono ammessi solo se il Paese ricevente garantisce un livello di protezione adeguato a quello europeo. I Paesi considerati conformi al GDPR sono elencati in una lista ufficiale, che include anche la Svizzera. Ma, incredibile a dirsi, gli USA sono considerati “non adeguati”. La patria delle più importanti aziende digitali attive a livello globale, da cui sono partite le maggiori innovazioni, non è più considerata compliant dal 16 luglio 2020, quando, con la sentenza Schrems II, la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato invalido l’accordo Privacy Shield che regolamentava il traffico di dati tra Europa e Stati Uniti. L’accordo, in vigore dal 2016, succedeva a Safe Harbour, a sua volta affossato nel 2015 in seguito alla sentenza Schrems I.

Cosa ha portato a una decisione così radicale? Le leggi statunitensi, in primis il Patriot Act, concedono ampia discrezionalità alle agenzie di intelligence, come CIA, NSA o FBI: in caso di sospetta minaccia per la sicurezza nazionale, possono esaminare i dati contenuti nei server di qualunque azienda che abbia sede negli Stati Uniti, anche se appartengono a cittadini stranieri, e senza autorizzazione da parte di un tribunale. Questo, in teoria, significherebbe avere accesso a informazioni molto delicate, come lo stato di salute, l’orientamento sessuale o politico, il credo religioso, ma anche abitudini alimentari, situazione sentimentale, genitorialità, ecc.. L’apprensione di Bruxelles è comprensibile: il Patriot Act è stato duramente contestato anche in patria, e per questo “addolcito” nel corso degli anni, ma senza scardinare i punti più controversi.

Questa situazione ha portato a uno stallo geopolitico che dura da due anni. La soluzione sembra ancora lontana, nonostante l’“accordo di principio” ottimisticamente annunciato la scorsa primavera da Joe Biden e Ursula Von Der Leyen.

In questo contesto, la decisione dei garanti europei sembra voler spingere al raggiungimento di un’intesa. A farne le spese è però l’intera economia digitale, a cominciare proprio dalle Big Tech. Già lo scorso febbraio, Meta (nuovo nome della holding che include Facebook e Instagram) aveva scritto un’accorata lettera alla Sec, l’autorità statunitense di vigilanza per il mercato e la borsa valori, lamentando che in assenza di una nuova regolamentazione per il flusso dei dati tra Europa e Stati Uniti, «non saremo più in grado di offrire alcuni dei nostri prodotti e servizi più importanti, compresi Facebook e Instagram in Europa, fatto che influirebbe materialmente e negativamente sulla nostra attività, sulla nostra condizione finanziaria e sui risultati delle nostre operazioni» (frase riportata da varie fonti stampa tra cui il noto blog di tecnologia Mashable).

Google non è rimasto a guardare. Consapevole che la piattaforma Google Analytics presentava dei limiti tecnici per la compliance al GDPR, ha lavorato al rilascio di una nuova versione, completamente rinnovata e potenziata, pronta per essere compliant: Google Analytics 4. La nuova release, se correttamente configurata, permetterebbe di continuare le attività di tracciamento nel rispetto della normativa. Ma solo se viene raggiunto un accordo politico tra Washington e Bruxelles: se non fosse così, il mero utilizzo di piattaforme e software Made in USA che comportano passaggio di dati a server sul territorio statunitense potrebbe diventare passibile di sanzione. Quindi non solo Google Analytics: il problema si porrebbe anche, a titolo d’esempio, per gli spazi cloud come Google Drive, Dropbox, Microsoft One Drive; per soluzioni di marketing automation come Hubspot; per programmi di messaggistica come Whatsapp; e per tutti i social media, incluso Linkedin!

Un bel problema per chiunque lavori o promuova la sua attività attraverso il Web. Le Big Tech statunitensi hanno conquistato una posizione di mercato pressoché dominante e la loro adozione diventa una specie di scelta obbligata, dal momento che non esistono competitor europei in grado di tenergli testa. Come alternativa a Google Analytics viene spesso citato Matomo, software di tracciamento tedesco che è stato indicato come possibile alternativa anche dal severissimo CNIL, il garante francese. Un ottimo strumento, indubbiamente, ma che non può eguagliare la potenza di fuoco di una suite di strumenti digitali creata da una delle tech companies più potenti del pianeta.

Quindi, cosa fare? La soluzione non è certamente tornare a penna e calamaio. Possiamo invece vedere in questa complessa situazione un’opportunità: se non abbiamo ancora iniziato a rivedere i nostri processi digitali in funzione della nLPD e del GDPR, è arrivato il momento di farlo. Soprattutto se il nostro mercato trascende i confini svizzeri. Si tratta di un cambiamento da non sottovalutare: non si tratta di inserire un banner sul sito ma di rivedere completamente i metodi di raccolta e trattamento dati online e offline. Un percorso in cui è meglio farsi affiancare da un legale specializzato in materia, e in cui tutta l’azienda deve sentirsi pienamente coinvolta. Le decisioni in materia non potranno più essere delegate interamente a terzi (per esempio, le web agency) ma andranno prese intorno ai tavoli aziendali. Anche per questa ragione, la formazione sui temi del digitale deve diventare una priorità: per prendere le decisioni giuste, è indispensabile una conoscenza approfondita della materia. Una conoscenza vista però dalla parte dell’impresa, che trascende i tecnicismi e si concentra maggiormente sugli aspetti strategici, organizzativi e anche legali, oltre che sulle opportunità di mercato.


I corsi sul marketing digitale organizzati dalla Cc-Ti seguono proprio questa prospettiva. Consultate il calendario dei prossimi appuntamenti formativi. In particolare con l’inizio dell’autunno ripartirà un ciclo formativo denominato “Digital marketing dalla teoria alla pratica: percorso formativo di 5 moduli“. Le iscrizioni sono già aperte!

Articolo a cura di Manuela Cuadrado, Account Manager Breva Digital Communication Sagl

Il linguaggio del corpo

Gli esperti di comunicazione sostengono che se si chiede a qualcuno che cosa sia la comunicazione, la risposta nel 90% dei casi è: “la comunicazione è il modo in cui una persona parla, esprime i propri pensieri, bisogni, esigenze e punti di vista”.

Questo concetto in linea generale è corretto, ma la comunicazione è molto di più ed ha una componente estremamente importante che viene spesso omessa, una componente che esprime in modo molto più sincero e veritiero l’informazione che viene realmente trasmessa e non è legata né alle parole né al tipo di voce o tonalità. È sufficiente un’espressione del viso, uno sguardo, un gesto, un cambio di postura da parte del nostro interlocutore, per poterne comprendere il messaggio completo ed i relativi pensieri ed emozioni che ci sta comunicando e che non esprime per il tramite delle parole. Stiamo parlando del linguaggio del corpo o comunicazione non verbale. Chi conosce e sa leggere il linguaggio del corpo, ha il potere di comprendere fino in fondo se, il suo interlocutore crede realmente in quello che sta dicendo, se è sincero, oppure se mente spudoratamente utilizzando belle parole, bei discorsi ingannevoli, nascosti dietro a grandi sorrisi. Questo è possibile perché, questa componente della comunicazione è inconsapevole ed è pressoché impossibile controllarla, poiché sono le emozioni che prendono il sopravvento e si manifestano attraverso il corpo.  

Linguaggio del corpo ed emozione

Quando parliamo di linguaggio del corpo ci riferiamo a tutti quei micro-segnali che il nostro corpo trasmette involontariamente, che sono costituiti da gesti, postura, espressioni facciali, andatura, ecc. che mostrano le nostre emozioni. Le emozioni sono gestite dal sistema limbico che si occupa delle risposte emotive e comportamentali. Grazie al sistema limbico quando proviamo gioia, rabbia, tristezza, paura e tutte le altre emozioni, esse si manifestano nel corpo inviando segnali di cui non siamo consapevoli e che esprimono i nostri stati d’animo ed i pensieri ad essi legati.

Come interpretare il linguaggio del corpo

Per poter interpretare il linguaggio del corpo dobbiamo essere in grado di decifrare i messaggi che il nostro interlocutore ci invia. Innanzitutto, dobbiamo fare una distinzione tra linguaggio del corpo consapevole ed inconsapevole. Il primo si riferisce a quei segnali ed espressioni che utilizziamo in modo consapevole per rafforzare e veicolare la nostra comunicazione, per mantenere viva l’attenzione e/o creare empatia. Queste abilità nel comunicare vengono utilizzate spesso da politici, presentatori, oratori, formatori ecc.
Essi assumono posture erette che esprimono sicurezza, utilizzano in modo controllato le braccia e le mani, con movimenti aperti, se vogliono attrarre a sé il pubblico e allo stesso modo utilizzano posture più dominanti e movimenti di mani e braccia più secchi, chiusi e veloci se vogliono apparire incisivi ed elargire ordini.
Il linguaggio del corpo inconsapevole invece, è più comune in quanto la maggior parte delle persone, non ha le conoscenze e l’allenamento per controllare le risposte emotive del proprio corpo. Questi messaggi inconsapevoli li possiamo vedere in quasi ogni situazione della vita, gli esempi sono infiniti, ma prendiamone uno in particolare e vediamo quali sono le risposte a livello di linguaggio del corpo. Durante una riunione di lavoro il direttore comunica che l’azienda sta attraversando un periodo difficile, pertanto, a breve, se la situazione non migliora si dovrà ricorrere a tagli di personale. Questo messaggio inaspettato appena lo recepiamo ci fa inconsciamente spalancare gli occhi, dilatare le pupille, la nostra bocca si apre inspirando e tratteniamo il respiro per qualche istante, pieghiamo le spalle e corrucciamo la fronte. Tutto questo accade in modo inconscio e avviene in pochissimi istanti. Per meglio comprendere il linguaggio del corpo, vediamone alcuni esempi.

La mimica facciale

Per quanto il viso sia la parte più esposta, nasconde un mondo di messaggi di durata brevissima, ma di estrema importanza per la comprensione profonda del nostro interlocutore. A tutti è capitato di vedere una persona arrossire, impallidire o vederne il volto contrarsi. Queste sono le espressioni più evidenti e facili da notare che ci indicano in modo istantaneo l’emozione nascosta. Ma l’esperto in micro-espressioni facciali Paul Ekman ci insegna che con una buona conoscenza della materia e un po’ di pratica, è possibile decodificare tutta una serie di micro-espressioni, quei piccoli movimenti che durano pochissimi istanti e svelano le emozioni più nascoste.

  • Le sopracciglia che si sollevano per un istante e una dilatazione istantanea delle pupille, sta a significare paura.
  • Un ripiegamento degli angoli della bocca significa rimorso.
  • Un lato del labbro superiore che si incrina leggermente, significa disgusto.

Significato dei gesti

È importante premettere comunque che non possiamo basarci solo su di una micro-espressione piuttosto che su di un gesto o una postura per giudicare il nostro interlocutore, in quanto, dato che il linguaggio del corpo esprime le emozioni che stiamo provando, queste emozioni potrebbero non riferirsi a quanto detto da noi o dall’altro, ma potrebbero anche essere legate ad una sua situazione personale indipendente dal contesto. Per questa ragione è sempre importante osservare l’insieme dei messaggi che vengono trasmessi dal linguaggio del corpo di una persona ed eventualmente approfondire ponendo domande e osservandone le reazioni. Può capitare che se in una stanza fa molto caldo e un uomo si tocca la cravatta cercando di allargarla potrebbe fare questo gesto, perché ha molto caldo non perché sia in forte imbarazzo.

  • Toccarsi l’orecchio potrebbe significare che la persona sta mentendo.
  • Se quando una persona sta parlando alza leggermente la spalla, significa che non crede in quello che sta dicendo.
  • Dito puntato con sguardo opposto, maschera quello che sostiene o accusa.
  • Braccia incrociate sul petto può significare chiusura, disaccordo, ma attenzione a volte questa posizione indica anche che una persona è comoda e rilassata in quella posizione.

Postura e camminata

Infine, la lettura del linguaggio del corpo, può anche darci degli spunti sul tipo di personalità di una persona. In particolare, postura e camminata sono spesso correlati alla personalità di un individuo. Da esse possiamo capire se una persona è sicura o insicura, con una forte personalità o piuttosto debole.

  • Una postura diritta, aperta con camminata veloce a falcata, spesso indica una personalità forte e decisa.
  • Una postura diritta con movimenti morbidi, lo sguardo perso e la camminata un po’ distratta, indica una persona solare, che vive con la testa tra le nuvole e spesso è una persona molto creativa.
  • Una postura chiusa con spalle curvate in avanti, sguardo basso, passo lento che si trascina, può indicare una personalità debole, tristezza o depressione.

In conclusione

Conoscere e saper interpretare il linguaggio del corpo, oltre che essere molto utile per sé stessi, è soprattutto un fondamentale vantaggio nel mondo del lavoro, è una delle soft skills che tutti dovrebbero conoscere, poiché è la chiave per una buona comunicazione e una buona gestione delle persone, sia nei rapporti con i clienti che con i dipendenti, con i superiori e i colleghi.


Interessati ad approfondire questi temi? I prossimi 17 e 24 ottobre verranno approfonditi nel corso Cc-Ti “Il linguaggio del corpo”. Le iscrizioni sono aperte!

Articolo a cura di Luciana Mazzi, titolare di POWER LIFE ACADEMY, Lugano

Percorsi formativi con attestato Cc-Ti: i primi diplomati

Si sono svolti a fine primavera 2022 gli esami dei percorsi formativi Cc-Ti, che la nostra associazione ha proposto in alcuni ambiti. Nello specifico si sono concretizzati i percorsi relativi al “Diritto del lavoro” e alla “Vendita”.

Hanno ottenuto l’attestato di “Competenze nel diritto del lavoro”: Patrizia Daelli, Federica Gregorio, Benedetta Landoni, Anna Luminati, Jessica Meroni, Roberta Oltolina, Alessia Sironi, Francesca Spaini, Barbara Tommasiello. Sulla foto anche: Rosella Chiesa-Lehmann e Roberta Bazzana-Marcoli, docenti e Cécile Chiodini Polloni, Resp. formazione puntuale Cc-Ti.

Si tratta di corsi di formazione costituiti da più moduli interconnessi che possono, però, essere frequentati anche singolarmente. Coloro che seguono la formazione completa
hanno la possibilità di sostenere un esame finale e, al superamento dello stesso, viene rilasciato un attestato Cc-Ti.

Generalmente i percorsi si declinano su 5-8 moduli. Avendo l’opportunità di frequentare anche solo alcuni dei temi proposti nel percorso, lo stesso può essere gestito secondo le singole esigenze personali e aziendali. Proposte che abbiamo aggiunto alla nostra, già variegata, formazione continua e che rispondono alle crescenti e in continua mutazione competenze richieste dal mondo lavorativo.

In questo articolo vi proponiamo 3 brevi testimonianze di partecipanti che hanno ottenuto l’attestato in “Diritto del lavoro” e, cambiando prospettiva, dei docenti che si sono occupati del percorso della “Vendita”.

Benedetta Landoni, Ticicom SA
Da alcuni mesi la Cc-Ti propone nuovi percorsi formativi costituiti da più moduli interconnessi che possono essere frequentati anche singolarmente. Lei ha completato il ciclo dedicato al “Diritto del lavoro”, superando l’esame finale. Come è andata? Quali le sue impressioni?

Ho da poco concluso, con molta soddisfazione, il percorso dedicato al “Diritto del Lavoro” iniziato a settembre 2021 e devo dire che il corso, sia se seguito nella sua interezza che partecipando solo a singoli moduli, è complessivamente ben organizzato e strutturato. Dal punto di vista dei contenuti tutte le tematiche sono state trattate in maniera esaustiva grazie alla competenza, alla preparazione e aggiungerei anche all’esperienza delle docenti. Con esempi pratici ed esercitazioni di gruppo è stato possibile chiarire dubbi anche sulle questioni più controverse e, contestualmente, alternare la parte teorica con quella pratica. Aggiungo che la modalità online, sebbene personalmente preferisca sempre essere in presenza, ha sicuramente facilitato la frequenza permettendomi di conciliare il momento formativo con le attività lavorative. Complessivamente ritengo che il corso riesca a fornire a responsabili e collaboratori HR tutti gli strumenti per poter orientarsi tra le diverse problematiche relative alla gestione delle risorse umane e le questioni giuridiche ad essa connesse.

Roberta Oltolina, Parametric Design Suisse

Il percorso formativo era composto da moduli distinti che trattavano argomenti specifici. Cosa riporterà nel suo quotidiano in azienda di quanto appreso?

Lo scopo era quello di confermare e aggiornare determinate conoscenze già acquisite e l’obiettivo è stato raggiunto. Mi sono personalmente acculturata con argomenti che avevo solo sfiorato nel mio ambito lavorativo. Sicuramente mi serviranno per svolgere al meglio il mio ruolo interagendo con il personale ed essendo di supporto al Direttore del Dipartimento HR.

Francesca Spaini, Humabs BioMed SA

Un percorso del genere è anche un’occasione per intrecciare nuove relazioni e fare networking. In che modo ha potuto beneficiarne (visto il gruppo eterogeneo di partecipanti)?

Il percorso Cc-Ti in diritto del lavoro è stata un’ottima occasione per conoscere colleghe e colleghi provenienti da contesti lavorativi eterogenei, e quindi estremamente arricchente per chiunque lavori nell’ambito delle risorse umane. Sarebbe stato sicuramente utile e ancor più coinvolgente poter condividere anche delle lezioni in presenza, ma è stato molto pratico e time-saving poter seguire le lezioni in remoto dal proprio ufficio o da casa, senza per questo perdere in qualità. Consiglio vivamente questo percorso anche per la competenza delle docenti.


La voce dei docenti: Stefano Bosia ed Andrea Carlesso

Selling Revolution: 2°edizione percorso formativo con attestato Cc-Ti e Associazione vendita svizzera

Presentato per la prima volta nel 2022 in forma totalmente digitale, i favorevoli commenti dei partecipanti hanno invitato a riproporre una seconda edizione. Partendo da basi e tecniche consolidate consente a chiunque, a contatto con il cliente, di acquisire il giusto mindset per trasformarsi in un ottimo venditore. Dal prospecting alla cura del cliente, il corso tocca ogni aspetto della fase di vendita, senza perdere di vista il processo di acquisto, sempre più importante nel determinare la scelta dei partner commerciali.
Composto da 6 moduli, frequentabili anche separatamente, termina con un esame finale riservato a chi ha frequentato l’intero percorso.

Hanno ottenuto l’attestato “2022 Selling Revolution”: Salvatore Carmeci,  Miruna Marinescu Seminara, Gianmarco Paduano, Andrea Parini, Federico Proserpio, Giovanni Sergi.  Sulla foto anche: Stefano Bosia ed Andrea Carlesso, docenti e Cécile Chiodini Polloni, Resp. formazione puntuale Cc-Ti.

Ai partecipanti offre un taglio molto pratico affinché, partendo da basi teoriche, consenta a ognuno di inserire nel proprio processo le tecniche per migliorare le proprie performance di vendita. Attraverso tecniche comprovate basate sul continuo aggiornamento e sull’esperienza dei relatori e sulla messa in pratica delle più recenti teorie e ricerche delle migliori università, lavoreremo sulle sei fasi del processo di vendita di successo. Saremo così in grado di avere una panoramica dell’intero processo e comprendere le due diverse prospettive: quella del venditore e quella dell‘acquirente.  In questo modo potremo individuare dove si trova l’acquirente nel processo decisionale e cosa possiamo concretamente fare per guidare la vendita in ogni fase e convincere (vincere insieme) il cliente della bontà della sua scelta: noi! Al termine del percorso ogni partecipante avrà elaborato il proprio kit personale di strumenti e tecniche di vendita e una tabella di marcia per sviluppare abitudini significative e durature.

In conclusione

Investire in modo costante nella formazione dei propri collaboratori è una delle migliori azioni concrete da attuare per contare su risorse umane qualificate e fidelizzarle. Un progetto win-win.

Tutti i programmi dei corsi di formazione puntuale Cc-Ti sono consultabili su www.cc-ti.ch/formazione. Inoltre vi segnaliamo i nuovi percorsi per l’autunno 2022: Competenze nel diritto del lavoro con attestato Cc-Ti e Selling Revolution! II Edizione: percorso formativo con attestato Cc-Ti.

I percorsi formativi con attestato Cc-Ti

Dal secondo semestre 2021 proponiamo nuovi percorsi formativi costituiti da più moduli interconnessi che possono, però, essere frequentati anche singolarmente.

Coloro che seguono la formazione completa hanno la possibilità di sostenere un esame finale e, al superamento dello stesso, viene rilasciato un attestato di frequenza Cc-Ti.

Generalmente i percorsi si declinano su 5-8 moduli. Avendo l’opportunità di frequentare anche solo alcuni dei temi proposti nel percorso, lo stesso può essere gestito secondo
le singole esigenze personali e aziendali. Proposte che abbiamo aggiunto alla nostra, già variegata, formazione continua e che rispondono alle crescenti e in continua mutazione competenze richieste dal mondo lavorativo.

I nostri corsi di formazione puntuale ricoprono 7 ambiti della gestione aziendale (Diritto, Finanza, Internazionale, Marketing e Vendita, Organizzazione, Risorse umane, Soft skills) e rispondono a una crescente richiesta di competenze personali per i collaboratori.

I percorsi formativi attuali con attestato Cc- Ti ricoprono 4 diversi settori:

  • il diritto del lavoro
  • la vendita
  • il digital marketing
  • la leadership

Stiamo sviluppando nuovi progetti nell’ambito anche delle risorse umane e della finanza.

Investire in modo costante nella formazione dei propri collaboratori è una delle migliori azioni concrete da attuare per contare su risorse umane qualificate e fidelizzarle. Un progetto win-win.

Scopri tutta l’offerta formativa della Cc-Ti!

Una formazione a misura d’impresa

La formazione continua è la chiave del successo personale e aziendale. È questa la filosofia che ispira il costante impegno della Cc-Ti nell’offrire agli operatori dell’economia ticinese, anche su diretta sollecitazione delle associazioni di categoria e delle imprese affiliate, un’ampia scelta di percorsi formativi, sia di breve che di lunga durata.

La Scuola Manageriale, la nuova Scuola dell’Export, che prenderà avvio il prossimo settembre con il primo corso, e la ricca offerta della formazione puntuale, sono gli assi strategici su quali si sviluppa l’ampia proposta formativa targata Cc-Ti. Sempre animata dalla ferma convinzione che solo investendo di più sulla conoscenza, sull’acquisizione di nuove competenze e l’aggiornamento professionale è possibile continuare a crescere nella propria professione ed essere profili chiave per le aziende.

La Scuola Manageriale

Con un nuovo corso che prenderà avvio il prossimo maggio, la Scuola Manageriale entrerà nel quinto anno di attività, sull’onda di un crescente interesse che ha visto sinora un centinaio di iscritti provenienti dai più diversi settori produttivi, non arrestandosi neanche con le inevitabili difficoltà provocate dalla pandemia nell’ultimo biennio. Una formazione specifica superiore che non esisteva ancora in Ticino, a differenza dei Cantoni della Svizzera tedesca, e che la Cc-Ti ha promosso nel febbraio del 2018 rispondendo alle specifiche richieste avanzate dei propri soci e dal proprio Consiglio economico (formato da circa 50 associazioni categoria). Articolata su sei moduli (più un modulo interdisciplinare finale) per un totale di 352 ore di lezioni su tre semestri, la Scuola Manageriale permette ai partecipanti di ottenere il titolo di “Specialista della Gestione PMI” con attestato federale. In pratica, superati i sei moduli del corso si riceve un certificato di frequenza SIU/IFCAM, rilasciato dalla Cc-Ti, che dà accesso all’esame federale per conseguire il relativo attestato.

Ma chi è o, meglio, cosa fa uno Specialista della Gestione PMI? “È una figura professionale in grado di condurre correttamente una piccola/media impresa, identificandone rischi e opportunità. O anche colui che aspira ad occupare una posizione di quadro in un’azienda (anche di grandi dimensioni)”, spiega Roberto Klaus, Direttore della SSIB Ticino, Swiss School for International Business, e Responsabile della Scuola Manageriale e della Scuola dell’Export della Cc-Ti.

Lo scopo del corso è quello di incentivare la promozione della formazione continua e preparare adeguatamente imprenditori, futuri dirigenti delle PMI e quadri aziendali. La quota d’iscrizione dei partecipanti può essere sussidiata fino al 50% da parte della Confederazione (il sussidio viene riconosciuto solo a formazione conclusa e se i partecipanti sono domiciliati in Ticino). Con un ciclo formativo di lunga durata articolato su moduli tematici specifici che spaziano dalla conduzione generale dell’impresa alla leadership, alla comunicazione e gestione del personale, dall’organizzazione aziendale alla contabilità e alla finanza, dal marketing alle pubbliche relazioni, ai rapporti con i fornitori e al diritto in materia di piccole e medie aziende. Temi che vengono affrontati non solo da un profilo teorico, ma anche con un approccio pratico per potersi misurare concretamente con i problemi reali che quotidianamente il partecipante può incontrare e dover affrontare in azienda.
Dopo ogni lezione si dovrà, infatti, cercare di applicare quanto appreso nella propria attività lavorativa.

Un trampolino per la crescita professionale

Teoria e pratica, quindi, unite dal fil rouge dell’obiettivo finale del corso: acquisire le necessarie competenze, pragmatiche, operative e strategiche, per migliorare l’efficienza e l’efficacia della conduzione dell’impresa. Alla fine del percorso formativo, con la formazione in gestione PMI si avranno tutti i requisiti per guidare una piccola e media azienda o per ricoprire la funzione di quadro in un’azienda di più grande dimensione. Un progetto formativo che rappresenta indubbiamente un trampolino per la crescita professionale personale e un importante atout per la crescita aziendale. Tanto più in una realtà economica come quella ticinese il cui tessuto connettivo è per oltre il 90% costituito da piccole/medie imprese e con un mercato del lavoro spesso penalizzato dalla mancanza di personale dirigenziale. Una carenza che la Scuola Manageriale sta cercando di colmare accompagnando in questa direzione un’eterogenea tipologia di partecipanti che hanno o stanno, appunto,
frequentato il corso: un terzo di iscritti da imprese familiari che intendono prepararsi alla successione aziendale; un terzo da dipendenti che aspirano a una migliore carriera professionale; un altro gruppo, poi, di piccoli imprenditori che hanno avviato un’attività economica in Ticino e, infine, titolari e personale di start-up. Una diversificazione che si riscontra nella composizione multisettoriale
delle classi del corso, a favorire un arricchimento reciproco e una maggiore interazione grazie al confronto tra esperienze differenti, ma che è anche il riflesso diretto che contraddistingue la realtà
imprenditoriale del Cantone.
Un costante impegno anche nell’aggiornamento del materiale didattico della Scuola Manageriale, focalizzandolo sulle nuove sfide date dall’evoluzione tecnologica e dall’importanza crescente della sostenibilità.

La Cc-Ti ha in cantiere un nuovo corso quale “Economista aziendale PMI”, con accesso ad una formazione superiore e al diploma federale, che si potrà frequentare solo dopo aver conseguito il titolo di “Specialista della gestione PMI”. Si creerà così una vera e propria filiera formativa per le piccole/medie imprese improntata all’apprendimento duale.

Cinque anni di attività rappresentano per la Scuola Manageriale un solido background da cui sono scaturite importanti collaborazioni con le associazioni di categoria e considerevoli riconoscimenti, come la certificazione “eduQua” e l’attestato SQS (eduQua è il label di qualità svizzero per gli istituti di formazione continua e SQS – l’associazione svizzera per servizi professionali di certificazione e valutazione per imprese e organizzazioni di qualsiasi dimensione e settore).
Riconoscimenti che imprimono il marchio della qualità su questo progetto di formazione continua, targato interamente Cc-Ti.

A fianco delle imprese sul mercato mondiale

Dallo scorso dicembre la Cc-Ti ha arricchito la sua attività ampliando la propria attività con un servizio dedicato al commercio internazionale (Servizio Commercio Internazionale), per offrire alle imprese informazioni e consulenze professionali ancora più esaustive, sia per le esportazioni come pure per le importazioni. Un’iniziativa che rappresenta una prima in Svizzera e che vede la Cc-Ti alla guida di un progetto pilota anche per le altre Camere di commercio e dell’industria svizzere (20 in totale).

Questa rinnovata sezione, nata da una reale e comunicata esigenza delle imprese per meglio sostenere il processo di crescente internazionalizzazione dell’economia cantonale, consentirà anche di potenziare le sinergie con gli altri servizi interni preposti al commercio estero e con l’offerta di informazione-formazione puntuale sui temi dell’export e dell’import.

Naturale sbocco di questo potenziamento sarà la Scuola dell’Export che il prossimo settembre avvierà il suo primo corso. Molte piccole e medie aziende ticinesi che operano sul mercato mondiale si trovano talvolta in difficoltà perché prive delle necessarie competenze, dei giusti profili professionali e di affidabili partner per affrontare un’agguerrita concorrenza e un contesto geopolitico internazionale instabile e in continua trasformazione.
La Scuola dell’Export ha l’obiettivo di colmare queste carenze, acuite peraltro dal pensionamento della generazione dei baby boomers, con un percorso formativo completo e rispondente ai bisogni concreti delle imprese. Anche per questo nuovo percorso, la quota d’iscrizione può essere sussidiata direttamente ai partecipanti fino al 50% da parte della Confederazione (il sussidio viene riconosciuto solo a formazione conclusa e se i partecipanti sono domiciliati in Ticino).

La Scuola dell’Export

La nuova Scuola dell’Export, articolata su tre corsi, si affiancherà alla formazione puntuale sui temi attuali legati all’export. Un settore ormai sempre più importante per la crescita economica del Cantone. Il primo corso che, come detto inizia a settembre, permetterà di conseguire il titolo di “Impiegato/a export”, con certificato rilasciato dalle Camere di commercio e dell’industria svizzere dopo un esame finale. Con lezioni distribuite su sei giornate verranno affrontate tutte le tematiche tecniche dell’export dalle condizioni quadro internazionali all’Incoterms, dalle procedure doganali ai canali distributivi internazionali e alle garanzie bancarie- con un processo di apprendimento volto ad acquisire le competenze specifiche.

L’anno prossimo si terrà invece, sull’arco di un semestre, il corso di secondo livello per ottenere la qualifica di “Specialista in commercio internazionale” con attestato federale. Ventiquattro giorni interi di lezione con un taglio più strettamente operativo, quindi più direttamente legato alla pratica concreta nell’export. Si imparerà, ad esempio, come organizzare un reparto esportazione o sviluppare una campagna di marketing internazionale. Con un terzo corso si consegue l’attestato di “Responsabile commercio internazionale”, con la possibilità di accedere anche ad una formazione superiore. Anche per questo ultimo livello sono previste 24 giornate di lezione, distribuite su un semestre, finalizzate all’acquisizione delle competenze necessarie per poter gestire tutte le attività e le problematiche legate all’export. La Scuola dell’Export si terrà in collaborazione diretta con diverse associazioni di categoria e potrà offrire ai partecipanti nuove opportunità d’impiego o di avanzamento professionale. I tre percorsi formativi sono, difatti, rivolti soprattutto alle imprese orientate sulle esportazioni per supplire alla mancanza di personale formato.

La formazione puntuale modulare

Come si vede la formazione proposta dalla Cc-Ti si sviluppa su più piani e su livelli diversi, ma sempre con un’attenzione particolare a quelle che sono le esigenze concrete. In questo contesto detiene una rilevanza centrale anche la formazione modulare che riscontra un notevole successo tra le imprese, grazie a una vasta gamma di corsi ed eventi formativi specifici che offrono l’opportunità per un costante perfezionamento e aggiornamento professionale dei propri collaboratori. Si tratta di una formazione puntuale di durata breve (mezza giornata, intera o massimo due giorni), che, anche su richiesta diretta delle imprese, del Cantone o della stessa Confederazione, è calibrata su materie puntuali e/o problematiche d’attualità. Sui temi, cioè, che contrassegnano le continue trasformazioni del tessuto produttivo, l’innovazione tecnologica, la gestione aziendale, gli accordi internazionali, l’evoluzione dei mercati, l’acquisizione di nuove competenze e risorse per accrescere la competitività.
Cécile Chiodini Polloni, Responsabile del settore di formazione puntuale, è inoltre a vostra disposizione per creare dei percorsi ad hoc sulla base delle vostre esigenze specifiche.


CONTATTI & INFO
Scuola Manageriale Cc-Ti, Roberto Klaus, klaus@cc-ti.ch
Formazione puntuale Cc-Ti, Cécile Chiodini Polloni, corsi@cc-ti.ch

Digital Marketing: tutte le novità

Cosa considerare per una campagna di successo?

La pandemia ha rappresentato una spinta importante per il mondo digitale.

Questo ha portato un’ulteriore crescita al settore ma ha anche contribuito a rendere il mercato online sempre più competitivo, anche perché l’utente finale si è evoluto: è più consapevole, più esigente e più “digitalizzato”, ormai abituato a sostituire l’esperienza fisica con quella virtuale. E questo vale non solo per il mondo Business to Consumer ma anche per il BtoB.

Non solo: nell’ultimo anno sono intervenuti numerosi cambiamenti sia sul fronte tecnico che su quello normativo. Di conseguenza, le piattaforme e gli strumenti di digital marketing hanno subito e subiranno degli stravolgimenti.

La strategia digitale delle aziende deve necessariamente adattarsi – e anche in fretta – a questi cambiamenti: non farlo, significherebbe ignorare un mercato che, adesso, presenta delle caratteristiche del tutto diverse rispetto a qualche mese fa. Ecco una breve carrellata di questi cambiamenti e qualche riflessione su come affrontarli al meglio.

L’evoluzione dei social

I contenuti video diventeranno i protagonisti indiscussi del mondo social: qualche mese fa, Instagram ha dichiarato che la piattaforma non sarà più  incentrata sulle foto bensì sui video brevi. Un cambio di strategia che è facile ricollegare al successo del grande rivale, TikTok. Accanto ai post, caroselli e stories appariranno quindi sempre più Reels e Video, che verranno facilmente favoriti dall’algoritmo, anche su Facebook. YouTube proseguirà la sua evoluzione verso una piattaforma più social e persino LinkedIn pare abbia in serbo più strumenti per promuovere questo i contenuti, dopo aver inaugurato, nel 2021, la figura del creator.

Ma la rivoluzione più grande è senza dubbio quella annunciata da Facebook: nell’autunno 2021 la società di Menlo Park ha cambiato nome in Meta e ha presentato al mondo il suo progetto più ambizioso, il Metaverso, una realtà virtuale evoluta che potrebbe diventare il nuovo modo di vivere e fruire la Rete tra qualche anno. È quindi opportuno seguire da vicino quest’evoluzione per farsi trovare pronti.

Digital advertising: la fine del microtargeting

Nel corso dell’ultimo anno si sono susseguiti cambiamenti che hanno ridotto l’efficacia del microtargeting, ovvero la capacità della pubblicità digitale di raggiungere pubblici altamente profilati, ottimizzando la spesa. Questi cambiamenti sono riconducibili solo in parte alla nuove normative in materia di privacy, in quanto molto spesso sono anche strategie di piattaforma vòlte al rafforzamento di una posizione di mercato (si pensi all’introduzione dell’app Tracking Transparency di Apple, che di fatto si spinge oltre quanto richiesto dal GDPR). La conseguenza però è sempre la stessa: una “mira” meno precisa dell’algoritmo pubblicitario, che impatta anche sulle amatissime pubblicità retargeting, ovvero gli annunci personalizzati che “seguono” l’utente in base ai comportamenti registrati online. Si impone quindi un cambiamento strategico: ogni caso è diverso, ma in generale meglio puntare su campagne più lunghe, pubblici più ampi e, laddove possibile, privilegiare interazioni direttamente all’interno dell’app. Per il tracciamento delle conversioni sul sito (acquisti, pagine più viste etc.) sarà opportuno integrare sistemi di tracciamento che agiscono direttamente sul server.

Il grande ritorno dell’e-mail marketing

Anche a causa dell’incertezza sul fronte pubblicitario, assistiamo a una riscoperta dell’e-mail marketing, ingiustamente passato per molto tempo in secondo piano. Un vero peccato, perché l’e-mail marketing, se ben organizzato, costituisce un canale di comunicazione privilegiato con il nostro pubblico più importante, ovvero quello che ha già dimostrato di darci fiducia e voler mantenere con noi una relazione che si protrae nel tempo. Strategie di contenuto dedicate saranno essenziali per valorizzare al meglio questa relazione e condurla verso la conversione desiderata (upselling, fidelizzazione o rafforzamento del brand).

L’arrivo di Google Analytics 4

Finalmente, assisteremo al sospirato passaggio a Google Analytics 4, l’evoluzione della piattaforma di analisi dati di Google. Cambieranno alcuni punti-cardine dell’analisi dati a cui ci eravamo abituati. Un esempio? Spariranno due metriche molto usate nei KPI di marketing: “sessioni”  (quante volte un singolo utente si connette a uno stesso sito) e “bounce rate” (percentuale di utenti che, non appena atterrati sul sito, se ne va, senza soffermarsi o navigare). Queste metriche venivano spesso prese come riferimenti per valutare l’interesse degli utenti verso i contenuti. Tuttavia, a seconda dei casi, possono risultare controverse o addirittura fuorvianti. Google propone invece il concetto alternativo di evento ovvero un’azione rilevante che l’utente compie sulla pagina e a cui può corrispondere, direttamente o indirettamente, un valore economico (es. la compilazione di un form, l’inserimento di un prodotto in wishlist, messa a carrello, finalizzazione dell’acquisto ecc.).

Di fronte a questi cambiamenti, diventa ancora più importante stabilire a priori una strategia digitale e un piano di misurazione chiaro e condiviso. Anche perché all’orizzonte se ne annunciano molti altri, che certamente potranno rappresentare delle opportunità. A patto di essere pronti a coglierle!

APPROFONDISCI IL TEMA CON UN WEBINAR DEDICATO!
Il prossimo 22 febbraio 2022, dalle 14.30-15.15, si svolgerà il webinar “Innovazione digitale 2022” che approfondisce questi aspetti e presenta il percorso formativo specifico targato Cc-Ti.

Articolo a cura di Manuela Cuadrado, Account Manager Breva Digital Communication Sagl

Come prendere le decisioni giuste?

La vita è la somma di tutte le nostre scelte (A. Camus)

Il fatto che ogni individuo prenda in un solo giorno circa 20’000 decisioni non basta per renderci tutti degli esperti in materia di prese di posizione. A dimostrazione di questo, spesso ci risulta difficile, se non quasi impossibile, compiere alcune scelte. L’ostacolo maggiore è dato dal fatto che non si può essere certi anticipatamente, se una determinata decisione sarà “buona” o “cattiva.
Per raggiungere l’obiettivo servono metodi e tecniche appropriati, e solo essendo consapevoli di come si è giunti ad una determinata conclusione, si possono trarre insegnamenti utili da una decisione sbagliata.

Alcune scelte possono essere prese con facilità perché rappresentano esclusivamente una valutazione dei vantaggi delle diverse opzioni, altre invece sono più complesse e ci mettono di fronte a conseguenze incerte, che si verificheranno secondo una data probabilità.

Nel management: il decision making

Esistono molte scuole di pensiero e diverse correnti organizzative che suggeriscono metodi decisionali efficaci ed efficienti. Non possiamo però prediligere un vero e proprio “schema” ufficiale al quale attenersi, poiché ognuno degli strumenti esistenti possiede proprietà che possono adattarsi a modelli specifici.

È possibile, invece, identificare facilmente le fasi principali del decision making, che sono alla base del processo decisionale di base. In sintesi:

  • Definizione della situazione
  • Ricerca di alternative
  • Selezione della soluzione

A livello operativo può essere arduo prendere decisioni ponderate a causa, spesso, della mancanza di tempo da dedicare all’analisi dei problemi prima ancora di trarre le soluzioni.
Una più dettagliata e schematica impostazione del processo decisionale dovrebbe prevedere:

  1. Identificazione e descrizione del problema
  2. Analisi dei fattori che causano il problema
  3. Individuazione delle possibili strategie e soluzioni
  4. Scelta della soluzione migliore
  5. Definizione del piano di azione
  6. Individuazione delle responsabilità
  7. Implementazione della soluzione
  8. Verifica dei risultati

Uno strumento utile da correlare a questo modello di decision making è sicuramente il “registro delle decisioni”. Di cosa si tratta?

È un documento (cartaceo/ elettronico) che può essere utilizzato per tracciare tutte le decisioni prese durante lo svolgimento di un progetto/nella normale routine aziendale.
Le decisioni vengono prese in vari momenti: durante le riunioni, attraverso scambi di e-mail, durante incontri e colloqui, ecc.. . Questa traccia permette di “archiviare” in modo schematizzato quando una decisione è stata presa, chi l’ha presa e sulla base di quali elementi (data della decisione, persone che hanno partecipato alla presa della stessa o l’hanno condivisa, descrizione della tematica e della decisione, ev. informazioni complementari da conoscere).

Il metodo “FORDEC”

Un’altra metodologia degna di nota è quella sviluppata dalla NASA a supporto dell’industria aerospaziale (e poi applicata anche ad altri contesti, come nel management), denominata FORDEC. Il procedimento è semplice e consiste in una lista di controllo che può essere impiegata affidabilmente anche sotto stress; circostanza in cui è notoriamente più difficile pensare lucidamente.
Ecco come funziona e le domande della check list a cui occorre dare risposta:

F = Fatti
Quali sono i fatti? È importante non sottovalutare questo punto, rappresentando accuratamente gli avvenimenti senza emettere giudizi di valore, in modo da fornire un quadro quanto più completo possibile della situazione iniziale.

O = Opzioni
Dopo aver annotato sinteticamente i fatti, bisogna pensare alle opzioni disponibili, avendo cura di non limitarsi esclusivamente a quelle ovvie. È fondamentale prendersi il tempo necessario per scrivere idee non convenzionali, che potranno successivamente sempre essere eliminate se non ritenute idonee.

R = Rischi e benefici
Ogni possibile opzione va poi contrassegnata con due frecce (una a sinistra e una a destra). Sotto quella di sinistra vanno elencati tutti i pericoli e gli inconvenienti che quella data scelta comporterebbe, a destra invece i vantaggi e le opportunità. Così facendo è possibile confrontare il rapporto rischio/beneficio di ogni possibilità, avendo una visione d’insieme che permetta di evitare una sopravvalutazione dei pericoli e una trascuratezza delle occasioni.

D = Decisioni
Una volta raccolte tutte le informazioni bisogna prendere una decisione senza procrastinare. In caso di dubbio, si può chiedere consiglio ad una persona esterna, che può valutare la situazione con maggiore obiettività e distacco.

E = Esecuzione
A questo punto si tratta di agire tempestivamente. Una volta stabilito cosa fare va definito il come, prendendo nota dei passi concreti con i quali si vuole raggiungere l’obiettivo. Nelle decisioni di gruppo occorre inoltre chiarire le responsabilità.

C = Controllo
Il modello FORDEC non è statico nel tempo. In caso di progetti a lungo termine, bisogna controllare periodicamente se le decisioni prese sono ancora attuali e stanno avendo l’effetto sperato. In caso contrario vanno apportate delle correzioni. Va sempre considerato che nuovi fatti coincidono con una nuova check list FORDEC.


Fonte WEKA, 2021; adattamento e sviluppo Cc-Ti

La Cc-Ti propone numerosi corsi di formazione, uno dei quali è dedicato alla tematica del ‘decision making’. Questa proposta formativa è pianificata per il mese di settembre: “Prendere decisioni difficili“. Nel nostro sito web troverete tutti i dettagli.

Cross culture e cross cultural etiquette

Fare business non è mai facile, ma farlo con culture diverse dalla nostra lo è ancora di più. Per condurre una buona trattativa e, in generale creare un buon rapporto con un cliente di cultura diversa dalla nostra, bisogna tenere conto di molte variabili, che nulla hanno a che vedere con il progetto tecnico ed economico in gioco.

Cosa significa Cross Culture?

Potremmo parafrasare le definizioni più usate dicendo che cross culture è l’orientamento per comprendere e spiegare come le persone di differenti culture riescano a comunicare tra loro e come la cultura di una società racchiuda in sé i valori condivisi, la conoscenza, i presupposti e gli obiettivi che vengono appresi dalle generazioni precedenti, imposti dalla società moderna e tramandati alle generazioni future. L’elemento di base, dunque, è l’interazione con persone di cultura, etnia, razza, sesso, religione, età e classe sociale differenti.
La crescente globalizzazione ha reso ancora più evidente il fatto che le differenze culturali rappresentano un fattore chiave nei rapporti aziendali internazionali, un elemento di cui non si può assolutamente rinunciare ai fini del successo.

Sono sempre più frequenti gli incontri interculturali nei quali ci è richiesto di interagire con persone appartenenti alle culture più diverse. In queste circostanze possono emergere incomprensioni reciproche che ostacolano la cooperazione dei partner e rischiano di compromettere il successo di una trattativa.
Quando ci si muove nel mercato internazionale è quindi indispensabile sviluppare una sensibilità interculturale, che rappresenta una competenza cruciale con lo stesso valore delle capacità manageriali.
Interagire con culture diverse in ambito aziendale significa poter “tradurre” e comunicare efficacemente il nostro progetto. Il comportamento e le aspettative variano da cultura a cultura e le variabili sono molte.
Basti pensare alle differenze antropologiche, linguistiche, religiose e di costume che possono esistere tra di loro.
Da qui l’importanza di “informarsi” in anticipo sulla storia, la cultura, l’economia e le tradizioni del paese in cui si sta andando/trattando.
Essere ben informato, ci farà sentire più sicuri e, davanti al cliente rappresenta un punto di forza.
L’interesse che mostriamo verso la loro cultura, per loro si traduce in “rispetto”, e questo rappresenta il miglior punto di partenza per gettare le basi per una buona trattativa.
Il business efficace si fonda sulla gestione delle differenze culturali, e la Cross Cultural Business Etiquette, è l’etichetta/il galateo che se si applica nell’interazione con le altre culture nell’ambito degli affari.

Si tratta di un complesso di regole e suggerimenti utili (codici di comportamento) per fare business all’estero e con l’estero evitando gaffe e malintesi per lo più culturali che potrebbero facilmente rovinare le nostre trattative.

Per negoziare in modo sereno e con possibilità di successo, è importante tenere in considerazione e conoscere

Caratteristiche Culturali

Ogni Paese ha le sue proprie caratteristiche culturali, e la nostra sfida è più grande, se le persone hanno valori e credenze diversi e organizzano il loro mondo, comunicano e ascoltano in maniera diversa.

Corporate Culture

Ogni cultura ha la sua propria cultura aziendale. Alcuni sono molto strutturati e metodiche ed altri come quelli orientali sono più parsimoniosi. I latini sono più caotici, ma allo stesso tempo più flessibili e creativi.

Introduzioni, Saluti e Titoli

Il momento in cui si fanno le presentazioni è decisivo: la prima impressione può condizionare lo sviluppo delle relazioni. È di fondamentale importanza tenere conto degli usi e costumi che ogni cultura ha per la formula dei saluti; dalla prossemica (distanza di comfort) all’uso di titoli, nome e cognomi e dalla consegna dei biglietti da visita al contatto visivo.

Abbigliamento

Ogni cultura ha i suoi propri parametri e le sue regole per giudicare la nostra immagine personale quando facciamo affari. Diventa di fondamentale importanza conoscere queste regole per evitare degli errori, che possono sembrare banali.

Regali

Le regole dei regali sono molto variegate, ma esistono alcune regole internazionali, con le quali non si sbaglia mai. Bisogna conoscerle! Dobbiamo tener presente che ogni paese interpreta i regali in modo diverso. In alcuni è vietato fare regali quando si tratta di affari, e in altri sono i benvenuti. Bisogna tenere in mente, che i regali, così come i fiori, i colori, ecc. in alcune culture sono legati a tradizioni, credenze ed usi e costumi. Informarsi sui regali “SI” e i regali “NO” diventa di fondamentale importanza.

Cene, Pranzi e Momenti Conviviali

I momenti conviviali giocano un ruolo importante nelle trattative con qualsiasi cultura. È importante avere una buona conoscenza del “galateo sociale” della nostra propria cultura, al fine di comprendere le differenze della cultura con cui si ha a che fare.

La Cross Cultural Etiquette è una “soft skill”, che si capisce e impara meglio con dei casi pratici.

Alcuni esempi:
se con un americano si sente la pressione di “firmare l’accordo in fretta”, in Cina succede l’opposto. I cinesi impiegheranno molto più tempo a pesare non solo l’accordo tecnico/economico, ma anche la “fiducia” che metteranno nella vostra azienda. Apprezzeranno la vostra pazienza, il senso di rispetto per la loro gerarchia e i loro valori.
Se invece, si negozia con un inglese, durante la “small talk” si devono evitare le domande sulla sua famiglia (vita privata), perché si rischia una risposta del tipo: “non sono affari tuoi”! La loro privacy, non ha nulla a che vedere con il loro business, e si rischia di irritare la controparte e di iniziare male. 
Ma se invece la stessa domanda si fa ad un italiano o ad uno spagnolo, lui si sentirà felice e vi racconterà tutta la storia della famiglia, e sarà un ottimo punto di partenza per fare business.

Il mondo è bello perché è vario!

Una formazione specifica sul tema
La Cc-Ti organizza un corso sul tema intitolato “Cross Cultural Etiquette” in programma i prossimi 13 e 20 settembre 2021. Le iscrizioni sono aperte ed è possibile annunciarsi tramite questo link!

Articolo a cura di Edda Abbagliati, Consulente in Hospitality e Turismo, https://eddaaccademiadistile.com

Responsabilità & governance

La natura legale delle persone giuridiche è stata la controversia per antonomasia della dottrina agli albori del diritto societario.

Nel mondo occidentale ha prevalso la cosiddetta Realitätstheorie, che postula il riconoscimento della persona giuridica quale realtà sociale dotata nei limiti della legge di personalità e che agisce tramite i suoi organi per il perseguimento di determinati scopi.

L’indipendenza legale delle persone giuridiche non cancella la necessità che siano le persone fisiche a tenere il timone e a remare nella giusta direzione per assicurare il raggiungimento degli obiettivi preposti. Per questo motivo la volontà della persona giuridica viene espressa tramite i suoi organi formali e materiali, i quali con le proprie azioni provocano conseguenze legali di stampo negoziale o delittuoso. Sono dunque le persone in carne ed ossa il vero motore delle società e il nesso della responsabilità delle persone giuridiche.

Nella struttura della società anonima, il consigliere d’amministrazione è una persona fisica facente parte del Consiglio d’Amministrazione (CdA) quale organo imperativamente prescritto dalla legge. I consiglieri d’amministrazione sono quindi degli organi, che con il proprio comportamento obbligano la società. La naturale conseguenza di ciò, è che i consiglieri d’amministrazione sottostanno a norme di responsabilità amministrativa, civile e penale, affinché non agiscano senza alcun vincolo a causa della favorevole prospettiva di non dover rispondere di eventuali danni patrimoniali cagionati o atti penalmente perseguibili. La responsabilità del consigliere d’amministrazione viene quindi statuita giuridicamente e regolamentata in un “sistema-giungla” di norme di diritto pubblico, penale e civile, nel quale non sempre è facile orientarsi. Il diritto come specchio della società (law in action) si stratifica e sviluppa costantemente, in risposta ai mutamenti socio-antropologici, che nell’odierna comunità globalizzata e altamente interconnessa sono all’ordine del giorno. Il compito viene reso ulteriormente più complesso dalla struttura stessa delle fonti del diritto, che non si basa unicamente sui Codici, bensì in assenza di disposizioni giuridiche nella legge scritta, anche su consuetudine e modo legislatoris. A completare il quadro vi sono infine la dottrina e la giurisprudenza dei Tribunali.

Non trascurabili sono pure le regole interne care al mondo aziendale, meglio note come Corporate Governance. Il consigliere d’amministrazione risponde per il suo operato nei confronti della società anche secondo principi che esulano dalla legislazione statale e che vengono definiti sulla base di presupposti strategici e operativi. Nonostante la Corporate Governance non sia emanata dal legislatore, ha un’eco giuridico, in quanto assume particolare importanza nella definizione degli obblighi di diligenza da parte del consigliere d’amministrazione. Per venire a capo dei propri diritti e obblighi anche il consigliere d’amministrazione è dunque tenuto a comprendere la regolamentazione giuridica che lo concerne, familiarizzando con norme codificate e soft law.

Le aspettative delle istituzioni e degli stakeholders riguardo i consiglieri d’amministrazione sono oggigiorno alte, indipendentemente dal contesto culturale. Questo significa che la responsabilità pretesa dai consiglieri d’amministrazione non varia a dipendenza che si tratti di una PMI o di una società di portata inter-cantonale, rispettivamente federale o internazionale. Ciò vale a maggior ragione nel contesto svizzero, nel quale le imprese sono fortemente intessute nella trama sociale e radicate sul territorio.

L’unico modo per superare con successo questa ardua sfida che si pone ai consiglieri d’amministrazione è per mezzo della CONOSCENZA. Il presupposto del rispetto delle regole, siano esse giuridiche o aziendali, consiste nella loro comprensione. È dunque questa la responsabilità cardine del consigliere d’amministrazione, la madre di tutte le responsabilità: informarsi e apprendere i propri doveri e vincoli aggiornandosi costantemente. Far parte di un Consiglio d’amministrazione può implicare l’assunzione di responsabilità importanti. Quali sono le responsabilità degli amministratori nei confronti della loro società, degli azionisti e dei terzi?

UN CORSO SU MISURA – Essere membro di un CdA: compiti e responsabilità
Nell’ambito della propria offerta formativa Cc-Ti organizza un corso dal titolo: “Essere membro di un CdA: compiti e responsabilità”.
Relatori gli avvocati Reto Garzoni, Peter A. Jäggi, Samuel Maffi e Goran Mazzucchelli. In due mezze giornate formative si propone un’immersione nel diritto societario (in particolare della SA e della Sagl) partendo da un approfondimento delle nozioni di amministratore e di organo societario, per poi trattare la questione della responsabilità civile e penale, sino ad abbordare quella legata all’ambito fiscale, dell’esecuzione e fallimenti e delle assicurazioni sociali. Sono pure trattati gli aspetti assicurativi che toccano gli amministratori di società. Il corso è già in calendario per i prossimi 9 e 16 settembre 2021. Le iscrizioni sono aperte ed è possibile annunciarsi tramite questo link.

Articolo redatto da

Samuel Maffi, Cavadini Steger Gianinazzi Maffi Studio legale e notarile SNC e Sebastiano Tela, Studente di diritto Università di Lucerna