Competenze cercansi (ma anche buon senso)

Recentemente si è tornati a parlare — ancora una volta — della difficoltà, in Ticino ma non solo, di trovare i profili professionali richiesti dalle aziende. Un problema reale, certo. Ma non nuovo. E forse dovremmo iniziare a guardarlo da una nuova prospettiva, perché continuare a sorprenderci di qualcosa che accade da anni significa non voler vedere il problema per com’è: sistemico.

Le competenze non nascono nel vuoto. Nascono dentro un contesto che oggi, semplicemente, non è più in equilibrio.

Prendiamo il settore commerciale. Negli ultimi dieci anni, l’offerta scolastica è esplosa — da 933 allievi nel 2012/13 a 1’118 nel 2022/23 solo nelle scuole a tempo pieno (dobbiamo aggiungere l’apprendistato e la scuola cantonale di commercio) — mentre i giovani, nel complesso, sono diminuiti. Più corsi, più opzioni, più percorsi “facili da scegliere”. È comprensibile: entrare in una scuola è molto più semplice che trovare un posto di apprendistato, soprattutto per una generazione che fatica a reggere la pressione di un processo di selezione. Ma il risultato è che stiamo formando sempre più ragazzi in mestieri dove il mercato è saturo, mentre i settori che davvero cercano personale restano scoperti. Così alcuni non trovano manodopera, altri formano giovani che poi dovranno ricominciare da zero. E questo non significa solo ritardi nell’ingresso nel mondo del lavoro, ma anche un impatto economico: meno imposte, meno contributi sociali, meno risorse per la collettività.

Il paradosso è che molti giovani non conoscono nemmeno le professioni che esistono davvero. Non sanno cosa fa un installatore di sistemi di refrigerazione, una polimeccanica o un tecnologo di dispositivi medici. Non è disinteresse: è mancanza di visibilità. L’assenza di una fiera centrale delle professioni e la scarsa capacità delle associazioni di comunicare in modo moderno hanno reso molti mestieri praticamente invisibili. Così si finisce per scegliere quello che “si conosce” o che sembra più “prestigioso”, non quello che serve davvero.

E mentre questo accade, il mercato del lavoro si sbilancia. Ci sono mestieri dove i posti di apprendistato si esauriscono in poche settimane — a volte con liste d’attesa dall’anno prima — e altri dove nessuno si presenta. I primi sono quelli popolari, i secondi quelli essenziali. E così le aziende ticinesi, per restare a galla, guardano oltre frontiera per trovare personale, portando sì competenze ma perdendo il legame con il territorio. Nel frattempo, tanti giovani rimangono in attesa o finiscono in percorsi senza sbocchi. In pratica: formiamo, ma non collochiamo. E questo è un lusso che non possiamo più permetterci.

Inoltre, molte aziende, di fronte a tutto questo, hanno smesso di formare apprendisti. Il carico è diventato enorme: reclutamento complicato, alto tasso di abbandono, carenze crescenti nelle competenze sociali di base. Chi arriva in azienda ha spesso bisogno di un accompagnamento personalizzato, non solo tecnico ma anche umano. Questo significa tempo, energia e costi. E quando la formazione diventa un rischio economico, molte PMI non ce la fanno più. Il risultato è un circolo vizioso: meno posti di apprendistato, più scuola a tempo pieno, più costi per lo Stato e un allontanamento sempre maggiore tra formazione e lavoro — quello che dovrebbe essere, e restare, il fiore all’occhiello del modello svizzero.

Il problema, però, non è solo tecnico ma profondamente umano. Molti giovani sanno fare, ma fanno fatica a stare: a comunicare, collaborare, gestire la frustrazione, rispettare tempi e impegni. Le competenze trasversali — autonomia, responsabilità, adattabilità — sono quelle che mancano di più. E sono anche quelle che fanno la differenza tra chi porta valore e chi semplicemente esegue.

Non serve moltiplicare corsi o inventarsi soluzioni tampone. Serve il coraggio di cambiare prospettiva e ricostruire un sistema che torni a funzionare davvero — per le aziende, per i giovani e per il Paese. Una visione condivisa e pragmatica, capace di riequilibrare l’offerta formativa, sostenere chi sceglie di formare e accompagnare i ragazzi nello sviluppo delle competenze trasversali fin dai primi passi nel mondo del lavoro. Solo così potremo riportare coerenza tra ciò che insegniamo e ciò che serve davvero là fuori.


Articolo a cura di Sara Rossini, titolare e fondatrice Fill-up Sagl

Rapporto sulla sostenibilità: il Consiglio federale rafforza il sostegno alle PMI

Le PMI vanno sostenute in modo mirato nelle questioni che riguardano la sostenibilità. Il 5 novembre 2025 il Consiglio federale ha approvato un rapporto corrispondente in adempimento del postulato Dittli. Inoltre, nell’ambito del sostegno alle PMI, la Confederazione intende intensificare la collaborazione con le associazioni di categoria.

Il rapporto mostra che nei loro mercati di sbocco le piccole e medie imprese (PMI) svizzere si trovano sempre più spesso a dover soddisfare tutta una serie di requisiti previsti dalle direttive internazionali in materia di sostenibilità (ESG: Environmental, Social, Governance). Tra queste figurano attualmente: la direttiva europea sulla rendicontazione societaria di sostenibilità, determinate leggi nazionali (come la legge tedesca sulle catene di approvvigionamento) e, in futuro, la direttiva UE sulla catene di approvvigionamento. Da una parte queste normative comportano un aumento degli oneri a carico delle imprese, che devono mettere a disposizione dei loro clienti tutta la documentazione richiesta. Dall’altra creano anche nuove opportunità per una gestione aziendale sostenibile.

Stando al rapporto citato, esistono già numerose offerte di sostegno alle imprese da parte di associazioni, Cantoni, operatori privati e Confederazione. Ai fini di un miglioramento mirato, il Consiglio federale decide le seguenti misure: il portale della Confederazione dedicato alla responsabilità sociale d’impresa (RSI) sarà reso più intuitivo. Saranno inoltre messe a disposizione schede informative su normative specifiche e sarà valutata l’ipotesi di un accesso digitale a uno standard europeo di sostenibilità facoltativo riservato alle PMI.

Accesso gratuito al Risk Check

Per sostenere maggiormente le PMI, la Confederazione intensificherà anche la collaborazione con le associazioni di categoria e aiuterà le aziende interessate a identificare i rischi RSI specifici per Paese e prodotto. Infine, le imprese potranno avvalersi anche in futuro del Risk Check – uno strumento gratuito per il controllo di tali rischi – e di altre offerte di consulenza concrete, ad esempio tramite Switzerland Global Enterprise, con i suoi Swiss Business Hub situati in tutto il mondo.

Con il rapporto citato il Consiglio federale adempie il postulato Dittli (23.4062).


Fonte: CF – Comunicato stampa

Previdenza professionale: tasso d’interesse minimo invariato all’1,25 per cento

Anche l’anno prossimo il tasso d’interesse minimo della previdenza professionale sarà dell’1,25 per cento, secondo quanto deciso dal Consiglio federale nella seduta del 5 novembre 2025. Si tratta del tasso minimo che deve essere corrisposto sull’avere di vecchiaia nel regime obbligatorio secondo la legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità.

Il Consiglio federale deve rivedere il tasso d’interesse minimo almeno ogni due anni. Ai sensi della legge, i parametri fondamentali per la fissazione del tasso d’interesse minimo sono l’evoluzione del rendimento delle obbligazioni della Confederazione e l’andamento di azioni, obbligazioni e immobili. Dopo il calo registrato nel 2022, la situazione finanziaria degli istituti di previdenza si è nuovamente stabilizzata a un buon livello, grazie al buon rendimento degli ultimi due anni e al rendimento leggermente positivo di quest’anno. Non vi è dunque motivo di ridurre il tasso d’interesse minimo. D’altro canto, a causa del basso rendimento delle obbligazioni della Confederazione e in considerazione degli sconvolgimenti economici, commerciali e geopolitici e delle relative incertezze, non è giustificato nemmeno un suo innalzamento.

Il Consiglio federale ha pertanto deciso di mantenere il tasso attuale. Anche la Commissione federale della previdenza professionale e le parti sociali consultate si sono espresse a maggioranza a favore di un tasso dell’1,25 per cento.


Fonte: CF – Comunicato stampa

Brasile: un mercato-continente per la qualità e la competenza svizzera

Il Brasile, per dimensioni economiche, capacità industriale e prospettive di crescita, resta una destinazione strategica per la tecnologia elvetica, ma richiede conoscenza approfondita delle regole locali, pianificazione accurata e preparazione mirata. È quanto è emerso dall’incontro informativo organizzato dalla Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino in collaborazione con Cippà Trasporti SA, M. Zardi SA e Switzerland Global Enterprise lo scorso 28 ottobre e che ha riunito esperti, imprese e istituzioni impegnate nei processi di internazionalizzazione. L’evento ha evidenziato come successo e competitività sul mercato brasiliano dipendano da metodo, competenze e capacità di adattamento alle specificità locali, sottolineando l’importanza di un approccio strategico e ben strutturato per operare con efficacia in un contesto complesso e dinamico.

L’accordo AELS–Mercosur: nuove opportunità per l’export elvetico

La responsabile del settore commercio internazionale della Cc-Ti, Monica Zurfluh, ha aperto i lavori illustrando il contesto e i benefici dell’accordo di libero scambio AELS–Mercosur, firmato nel settembre 2025 e in fase di ratifica. L’intesa, che coinvolge Svizzera, Islanda, Liechtenstein e Norvegia da una parte, e Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay dall’altra, costituisce un passaggio rilevante per l’economia svizzera e ticinese.

L’accordo introduce vantaggi tangibili per i settori chiave della produzione elvetica: chimico-farmaceutico, macchinari, strumenti di precisione, orologeria e prodotti alimentari trasformati. Secondo le stime della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), il 96% delle esportazioni svizzere è parzialmente se non completamente esentato dai dazi doganali, con un risparmio complessivo per le imprese che potrebbe superare i 150 milioni di franchi all’anno.

L’intesa si estende anche ai servizi, agli investimenti e agli appalti pubblici, includendo norme rafforzate sulla proprietà intellettuale e la tutela delle indicazioni geografiche svizzere. Per Zurfluh, l’accordo rappresenta un incentivo concreto a consolidare la presenza economica in Sud America e a intensificare la collaborazione con il mercato brasiliano, oggi il più importante dell’area Mercosur.

Il Brasile industriale e sostenibile: prospettive di crescita

A seguire, Bruno Aloi, Senior Consultant per l’America Latina di S-GE, ha illustrato le condizioni economiche e industriali del Brasile, definendolo una delle economie emergenti più strutturate e diversificate al mondo. Con oltre 213 milioni di abitanti, la più grande economia d’America latina mantiene un tessuto produttivo industriale avanzato nei macchinari, nella metallurgia, nel settore automobilistico, nelle tecnologie energetiche e nel medicale, dove la domanda privata di dispositivi innovativi dipende in larga parte dalle importazioni. La crescita dell’agroindustria, l’invecchiamento demografico e la digitalizzazione creano ulteriori opportunità nei settori medtech, cleantech e manifattura 4.0.

Il governo federale promuove la transizione ecologica e investe in infrastrutture critiche e logistica, con il programma PAC 2023-2026 che mobilita oltre 300 miliardi di dollari. L’energia è già per l’88% rinnovabile, con crescente interesse per soluzioni innovative come biofuel, idrogeno verde e waste-to-energy. Infrastrutture, gestione idrica, tunnel e ferrovie offrono spazio per la meccanica di precisione e l’ingegneria svizzera, mentre l’esperienza svizzera permette di distinguersi dai concorrenti a basso costo, in particolare asiatici, grazie alla qualità e al servizio post-vendita locale.

Aloi ha sottolineato che il mercato brasiliano richiede un approccio strategico: adattare il prodotto alle esigenze locali, comunicare chiaramente il valore premium, pianificare con partner affidabili e gestire burocrazia, normative fiscali e doganali. Accordi come l’AELS–Mercosur possono offrire un vantaggio competitivo, mentre la presenza continuativa e un servizio tecnico rapido sono fondamentali per il successo.

In sintesi, il Brasile offre opportunità trasversali in tutti i settori a patto di comprendere il mercato e rispettare le regole d’ingresso.

Proprietà intellettuale: un sistema in evoluzione

Il tema della proprietà intellettuale è stato approfondito dal Dott. Paolo Gerli, consulente in brevetti europei presso M. Zardi & Co. SA, che ha illustrato le principali caratteristiche del sistema brasiliano. Basato sulla Legge federale n. 9279/1996 e sull’articolo 5 della Costituzione, il modello brasiliano recepisce gli standard dell’Accordo TRIPS (1995) e armonizza brevetti, marchi e copyright, garantendo un enforcement efficace per monetizzare l’innovazione e proteggere contro la contraffazione.

Il Brasile cerca un equilibrio tra diritti di esclusiva e benessere sociale, con particolare attenzione al settore farmaceutico: licenze obbligatorie e deroghe a favore della salute pubblica (come sostenuto dalla Dichiarazione di Doha) permettono l’accesso ai farmaci senza compromettere la tutela dei brevetti. I brevetti non sfruttati entro tre anni dalla concessione possono essere soggetti a licenza obbligatoria, e la clausola Bolar facilita lo sviluppo dei generici senza violare i diritti esistenti.

I tempi di concessione dei brevetti sono mediamente di quattro o cinque anni, in riduzione grazie a procedure accelerate come il “prosecution highway”. Il Brasile non prevede meccanismi di estensione automatica della durata dei brevetti (Patent Term Extension), sebbene siano in discussione possibili evoluzioni legislative. La protezione dei dossier di registrazione sanitaria non è prevista, consentendo ai produttori di generici di sfruttare dati clinici post-scadenza del brevetto. I brevetti di seconda generazione sono soggetti a valutazioni rigorose, con una discrezionalità maggiore degli esaminatori, ma il sistema nel complesso è in consolidamento e sempre più allineato agli standard internazionali.

Gerli ha evidenziato che il mercato brasiliano offre opportunità concrete per le imprese svizzere, che occupano già circa il 4% dei depositi di brevetto nel Paese. Il consiglio strategico è di pianificare la tutela dei diritti di proprietà industriale sin dalle prime fasi, avvalendosi di consulenti locali esperti, monitorando costantemente le evoluzioni legislative e bilanciando protezione dell’innovazione con le esigenze di accesso al mercato e alla salute pubblica.

La logistica come leva competitiva

Il contributo di Cippà Trasporti SA, affidato a Roberto Nanni, Business Developer – Trasporti Pesanti e Internazionale, e a Roberto Speroni, Buyer Trasporti, e al loro partner locale Antonino Di Marco, cofondatore di Proa Latam, ha posto l’accento sull’importanza della pianificazione logistica nel commercio con il Brasile. La vastità del territorio, pari a 8,5 milioni di chilometri quadrati, e la struttura infrastrutturale disomogenea rendono indispensabile una gestione attenta dei flussi e delle tempistiche di consegna.

Il trasporto marittimo resta la principale via commerciale tra Europa e Brasile, con tempi medi di transito di tre settimane, mentre la via aerea – più costosa – è riservata a merci urgenti o di alto valore. Il sistema logistico interno è dominato dal trasporto su gomma, che rappresenta oltre il 60 % del traffico merci, seguito dal ferroviario e dal fluviale, più rilevanti nelle regioni centrali e amazzoniche.

Particolare attenzione è stata dedicata alla scelta degli Incoterms, che influiscono in modo diretto sui costi, sui tempi e sulla ripartizione dei rischi. Nanni e Speroni hanno ricordato che, in un contesto così esteso e frammentato, la logistica non è solo un servizio accessorio ma un elemento essenziale della competitività, da integrare fin dalla fase di definizione della strategia commerciale.

Di Marco ha poi tracciato un quadro operativo delle sfide e delle opportunità per le aziende europee in Brasile, dove ogni regione presenta proprie specificità fiscali, normative e culturali, rendendo necessaria una pianificazione territoriale mirata. Ha illustrato le fasi e le tempistiche medie per l’avvio di un’attività, che può richiedere fino a novanta giorni, evidenziando la necessità di un rappresentante legale residente e di un supporto locale per la gestione contabile e tributaria. Ha ricordato, infine, che la fiscalità brasiliana è tra le più complesse al mondo, con competenze distribuite tra Stato federale, 26 stati e oltre 5’000 municipalità.

L’elemento umano rimane centrale: la costruzione di relazioni di fiducia e la presenza costante sul territorio costituiscono prerequisiti indispensabili per la riuscita di un progetto imprenditoriale. L’ingresso nel mercato brasiliano non è un processo rapido, ma un investimento a lungo termine che può produrre risultati solidi e duraturi.

Dalla complessità all’opportunità

Dalla prospettiva economica e istituzionale a quella tecnica e operativa, l’evento organizzato dalla Cc-Ti ha messo in evidenza come il Brasile rappresenti un mercato complesso ma di grande potenziale per le imprese svizzere. L’accordo AELS–Mercosur, l’evoluzione normativa in materia di proprietà intellettuale e i piani infrastrutturali in corso delineano un contesto favorevole, che tuttavia premia solo chi affronta il mercato con preparazione, continuità e capacità di adattamento.

In questa prospettiva, la collaborazione con istituzioni, consulenti e operatori logistici costituisce un fattore decisivo per trasformare la distanza geografica in prossimità economica e la complessità in opportunità concreta per l’industria svizzera.

Revisione parziale della legge sull’assicurazione contro i rischi delle esportazioni

Il 29 ottobre 2025 il Consiglio federale ha deciso che la legge sull’assicurazione contro i rischi delle esportazioni (LARE) verrà sottoposta a revisione parziale. L’obiettivo è quello di ridurre ulteriormente gli oneri amministrativi per gli esportatori svizzeri e di rendere più facile e veloce l’accesso ai servizi dell’Assicurazione svizzera contro i rischi delle esportazioni (ASRE/SERV). La procedura di consultazione è prevista per il 2026.

L’ASRE è un’agenzia di credito all’esportazione affermata e lavora in modo efficiente. Alla luce dell’attuale incertezza del contesto politico ed economico, questo strumento di promozione delle esportazioni sta acquisendo sempre più importanza. Con la modifica di legge, il Consiglio federale intende garantire che quest’agenzia possa continuare a soddisfare in modo efficace le esigenze degli esportatori svizzeri anche in futuro, contribuendo alla creazione di nuovi mercati e in generale alla competitività internazionale dell’industria dell’export.

L’obiettivo perseguito è duplice: in primo luogo, si tratta di ridurre ulteriormente gli oneri amministrativi per gli esportatori svizzeri e di rendere loro più facile e veloce l’accesso ai servizi dell’ASRE; in secondo luogo, si prevede di creare le condizioni per introdurre nuovi prodotti e renderli più flessibili in modo da poterli adeguare alle mutevoli esigenze dell’industria dell’export. Le soluzioni assicurative che promuovono e sovvenzionano il finanziamento di piccole operazioni di esportazione stanno diventando sempre più importanti, soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI), che rappresentano oltre l’80% della clientela dell’ASRE.

L’ASRE è un istituto di diritto pubblico della Confederazione e rappresenta uno degli strumenti di promozione della piazza economica nazionale; aiuta gli esportatori svizzeri ad accedere a mercati esteri e contribuisce al mantenimento e alla creazione di posti di lavoro. Nel 2024 ha approvato circa 580 domande di assicurazione; alla fine dell’anno gli impegni assicurativi ammontavano a circa 9,9 miliardi di franchi.


Fonte: CF – Comunicato stampa

Accordo Svizzera-UK sui prestatori di servizi fino al 2029

Il 21 ottobre 2025 la Svizzera e il Regno Unito hanno deciso di prolungare fino al 31 dicembre 2029 l’Accordo sulla mobilità dei prestatori di servizi (SMA), che regola l’invio temporaneo di personale e prestatori indipendenti nei due Paesi.

L’accordo consente a lavoratori distaccati e prestatori di servizi indipendenti di operare nel Regno Unito fino a 12 mesi in un arco di 24 mesi, senza dover dimostrare competenze linguistiche o requisiti di necessità economica. L’accesso riguarda numerosi settori professionali, tra cui manutenzione e riparazione di macchinari, consulenza, ingegneria, informatica e servizi finanziari.

L’accesso al mercato britannico nell’ambito dell’accordo è attualmente riservato a persone con qualifiche di livello universitario o equivalente. Il Regno Unito riconosce alcune qualifiche svizzere (scuole specializzate superiori, esami federali professionali superiori) come equivalenti a un titolo universitario.

Il SMA è uno strumento temporaneo; l’accordo di libero scambio Svizzera-Regno Unito, attualmente in fase di modernizzazione, dovrà garantire sul lungo periodo un quadro stabile per l’accesso al mercato dei servizi, inclusa una soluzione duratura per la mobilità dei prestatori svizzeri nel mercato britannico.


Link utili
SECO – Commercio di servizi con il Regno Unito

Stati Uniti: nuovi dazi su camion, autobus e componenti

Il 17 ottobre 2025 il Presidente degli Stati Uniti ha firmato un nuovo proclama che modifica il quadro tariffario per le importazioni di veicoli pesanti e di peso medio, autobus e parti. Le nuove misure – basate sulla sezione 232 del Trade Expansion Act – introducono tariffe supplementari e specifici meccanismi di compensazione, con nuove ricadute sulle aziende esportatrici, in particolare per quelle attive nella fornitura di componenti.

Ambito e misura delle nuove tariffe

Il proclama interessa tre categorie principali di prodotti:

  • veicoli pesanti e di peso medio delle classi III-VIII (Medium & Heavy Duty Vehicles — MHDV), come randi pick-up, veicoli per traslochi, camion per merci, camion ribaltabili e trattori per semirimorchi (eighteen-wheelers);
  • parti per veicoli di peso medio e pesanti (MHDV Parts), come motori, trasmissioni, pneumatici e telai (chassis);
  • autobus, inclusi scuolabus, autobus urbani e pullman (motor coaches).

Il proclama prevede l’introduzione di un dazio del 25% ad valorem su camion e parti e di un dazio del 10% ad valorem sugli autobus già assemblati. Le nuove aliquote entreranno in vigore il 1° novembre 2025 e si applicheranno a spedizioni importate o ritirate da magazzino doganale dopo tale data. Si aggiungono alle tariffe ordinarie già applicate dal sistema doganale statunitense.

I dazi si applicano anche a camion e autobus usati e rigenerati se fabbricati negli ultimi 25 anni.

Le merci interessate sono elencate nell’Annex I del proclama, che aggiorna il capitolo 99 dell’HTSUS con i codici tariffari specifici.

Le regole di cumulabilità (“stacking rules”) già previste per i dazi sulle autovetture saranno applicate anche a camion, autobus e relative parti. In sostanza: questi ultimi non saranno soggetti a ulteriori o esistenti dazi settoriali su acciaio, alluminio, rame, automobili e parti automobilistiche, né ai dazi reciproci (IEEPA), tuttavia in aggiunta ad eventuali dazi antidumping, compensativi o ad altre misure commerciali già in vigore.

Il drawback solo nelle forme di Direct Identification o Substitution Manufacturing (19 U.S.C. 1313(a)/(b)); altri tipi di crediti potrebbero ridurre l’importo del credito compensativo (offset).

Eccezione per componenti esteri: le parti di camion o i motori pesanti di provenienza giapponese o europea saranno soggetti a un’aliquota complessiva del 15% anziché del 25%.

Regime USMCA e contenuto USA

Il provvedimento conferma la possibilità di ridurre l’impatto dei dazi qualora i veicoli o le parti soddisfino i criteri di origine previsti dall’accordo USMCA (United States–Mexico–Canada Agreement). In tali casi, il dazio può applicarsi unicamente sulla quota di valore non statunitense del prodotto.

Le parti di camion medi/pesanti che sono conformi agli standard USMCA non saranno soggette al dazio fino a quando il Segretario del Commercio, in consultazione con la U.S. Customs and Border Protection, non avrà stabilito un processo per applicare il dazio al solo contenuto non-USA delle parti importate.

Gli importatori dovranno fornire documentazione probante – come fatture, contratti di fornitura e certificazioni di origine – da trasmettere in formato elettronico al Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. Le autorità doganali (CBP) verificheranno la correttezza delle dichiarazioni relative al contenuto USA, potendo disporre audit e controlli approfonditi. In caso di dichiarazioni inesatte o sovrastimate, potrà essere applicato il dazio pieno sull’intero valore del bene, con eventuali sanzioni retroattive. È quindi fondamentale predisporre in modo accurato tutta la documentazione attestante origine dei componenti, processo produttivo e assemblaggio finale, garantendo la tracciabilità e la conformità delle dichiarazioni doganali.

Il meccanismo di compensazione (offset)

Per favorire la produzione e l’assemblaggio sul territorio statunitense, il proclama introduce un import adjustment offset applicabile dal 1° novembre 2025 al 31 ottobre 2030. I produttori che effettuano l’assemblaggio finale negli Stati Uniti hanno diritto a un credito compensativo del 3,75% sul prezzo di listino suggerito dal produttore (MSRP), qualora siano stati pagati dazi su componenti che rappresentano almeno il 15% del valore del veicolo. Il beneficio non si estende ai cosiddetti knock-down kits (kit di montaggio parziale), che restano esclusi dal meccanismo.

Implicazioni per le imprese esportatrici

Le nuove misure comportano un nuovo aumento dei costi d’importazione per gli operatori statunitensi, con effetti a cascata su prezzi, competitività e catene di fornitura. Le imprese svizzere e ticinesi che esportano verso gli Stati Uniti dovranno verificare attentamente i codici tariffari dei propri prodotti per accertare l’eventuale inclusione nell’elenco dell’Annex I e predisporre la documentazione necessaria per attestare l’origine delle componenti.

La U.S. Customs and Border Protection (CBP) ha fornito le istruzioni operative il 29 ottobre tramite la comunicazione CSMS # 66665333, che a fondo pagina riporta nel dettaglio le voci tariffarie dei capitoli 1-97 toccate relazionandole alle voci del capitolo 99.

Altri documenti utili:

Fact Sheet: President Donald J. Trump Addresses the Threat to National Security from Imports of Medium and Heavy-Duty Vehicles, Parts, and Buses – The White House

Conoscersi: la tappa locarnese

Si è svolto lo scorso 28 ottobre 2025 a Locarno, nella cornice dell’Hotel Belvedere Locarno, situato sulla collina che sovrasta la Città di Locarno con una splendida vista sulle montagne e sul Lago Maggiore, l’evento “Conoscere, conoscersi – a Locarno”.

Da sin. Bruno Buzzini, Nicola Pini, Luca Albertoni, Giovanni Caroni, Mauro Silacci, Nadya Pellegrini e Veronica Magnete

Organizzato dalla Cc-Ti, in collaborazione con  Hotel Belvedere Locarno e SCIA, l’appuntamento ha visto riuniti una novantina di partecipanti, con rappresentanti del mondo associativo, aziendale ed istituzionale, per un conversazione a 360 gradi aperta e costruttiva sui temi sollevati nella discussione in sala.

Sono intervenuti: Mauro Silacci, Municipale della Città di Locarno e titolare del Dicastero Finanze e Economia, portando il saluto della Città di Locarno; Veronica Magnete, Vicedirettrice Hotel Belvedere Locarno, che ha presentato la struttura ricettiva e parlato delle sfide principali che essa si trova ad affrontare; Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti; Giovanni Caroni, Presidente SCIA e Nadya Pellegrini, Vice Presidente SCIA hanno invece risposto alle sollecitazioni della sala, non mancando di portare la propria visione.

Presenti in sala anche il Sindaco di Locarno Nicola Pini; il Municipale di Locarno, Bruno Buzzini e il Direttore dell’Hotel Belvedere Locarno, Michele Rinaldini.

Anche per questo secondo appuntamento con questo format Cc-Ti (come era già successo per il primo appuntamento, nel maggio 2025 a Balerna), l’idea di base era quella di un evento ‘atipico’, senza un argomento definito da analizzare in diverse sfaccettature, ma dove instaurare un dialogo con i partecipanti, dopo i saluti iniziali ed una breve introduzione.

La comunicazione ha sempre rappresentato un elemento chiave per l’innovazione e la crescita, favorendo il confronto, lo scambio di idee e la comprensione reciproca. Attraverso l’ascolto attivo e l’analisi delle esigenze delle imprese e delle sfide del territorio, si generano nuovi stimoli e opportunità di sviluppo.

Sono emerse le principali peculiarità dell’economia della regione: un tessuto ricco di stimoli, soprattutto nei settori industriali, turistici e del commercio; con una regione e una Città che, malgrado l’evidente rallentamento economico generale, vuole investire su sé stessa con progetti innovativi e importanti (250 milioni di franchi lordi) sul territorio cittadino a favore della collettività.

Nel 2021 è stata costituita l’Associazione LocarneseTech, con lo scopo di implementare un centro di competenza nel settore della robotica, della meccatronica e dell’industria 4.0 nella regione del Locarnese; il turismo rappresenta incontestabilmente un valore preponderante, le attività ad esso collegate non sono destinate solo ai visitatori ma generano un indotto tale che crea posti di lavoro e genera benessere per tutta la società (commercio al dettaglio, attività immobiliari e bancarie, ecc.). La destagionalizzazione del turismo raffigura una delle principali sfide per l’avvenire, insieme alle strategie di valorizzazione delle zone periferiche (valli). Il tutto insieme ad una politica di aperture dei negozi più liberale, che permetta ai negozianti di poter aprire in modo continuo e più agevolato anche in vista delle manifestazioni d’interesse turistico della regione.

È stata anche sottolineata l’importanza del dialogo fra i diversi attori economici, manifestando la volontà di collaborare a diversi livelli (città, cantone, associazioni economiche e Cc-Ti), creando un ecosistema virtuoso di sinergie e interazioni proattive.


SERV, l’alleato delle imprese esportatrici

In un contesto globale caratterizzato da incertezze politiche e finanziarie, la capacità delle imprese svizzere di gestire e mitigare i rischi connessi all’esportazione assume un ruolo sempre più strategico. Con questo obiettivo, il 14 ottobre scorso la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) ha ospitato un incontro dedicato all’Assicurazione svizzera contro i rischi delle esportazioni (SERV), rivolto alle aziende esportatrici di ogni dimensione.

L’evento ha offerto una panoramica completa sul funzionamento, le finalità e gli strumenti messi a disposizione dalla SERV, evidenziando come questo ente federale rappresenti un pilastro fondamentale a sostegno all’economia svizzera, contribuendo alla competitività internazionale e al mantenimento dei posti di lavoro nel Paese.

Nel suo intervento introduttivo, Luca Albertoni, direttore della Cc-Ti e membro del Consiglio di amministrazione della SERV, ha sottolineato come, rispetto al passato, l’approccio dell’ente sia profondamente cambiato. Persiste infatti la percezione che le coperture SERV siano riservate alle grandi imprese e ai grandi importi, ma oggi questo non corrisponde più alla realtà: la SERV è uno strumento accessibile a imprese di ogni dimensione, comprese le PMI, e applicabile anche a operazioni di importo ridotto, in modo complementare rispetto alle assicurazioni private.

Gli obiettivi della sessione erano chiari: fornire chiarezza operativa sull’utilizzo della SERV da parte di PMI e grandi imprese e presentare esempi pratici di applicazione. A tal fine, Brigitte Brüngger e Julien Schaan, rispettivamente Head of Large Enterprises e Vice President Large Enterprises, SMEs & Acquisition della SERV, hanno illustrato i principali strumenti e le modalità operative.

Un partner complementare per le imprese esportatrici

In qualità di assicurazione pubblica con mandato federale, la SERV opera in modo sussidiario rispetto alle assicurazioni private e in stretta collaborazione con il sistema bancario. Il suo intervento si concentra sui rischi finanziari non coperti dal mercato, offrendo protezione contro insolvenze, restrizioni valutarie o eventi di forza maggiore. Questo approccio consente alle imprese di preservare la liquidità e di accedere con maggiore sicurezza ai finanziamenti per l’export, sostenendo così l’intero ecosistema dell’economia esportatrice svizzera.

Con una capitalizzazione di 2,8 miliardi di franchi e un plafond federale di 14 miliardi, la SERV sostiene ogni anno nuove esposizioni per circa 2,5 miliardi di franchi. Il portafoglio conta 350 clienti attivi, di cui l’82% PMI, contribuendo a preservare circa 21’000 posti di lavoro l’anno. Non è previsto un importo minimo assicurabile, rendendo la SERV uno strumento concreto anche per le piccole imprese.

Strumenti e casi concreti

Durante l’incontro sono stati illustrati esempi pratici che mostrano la portata operativa della SERV:

  • assicurazione del credito fornitore, che protegge le aziende dal mancato pagamento in mercati percepiti come rischiosi, facilitando la concessione di pagamenti dilazionati;
  • assicurazione del credito di fabbricazione, che consente di finanziare la produzione quando l’acquirente estero non versa acconti, grazie alla collaborazione con le banche svizzere;
  • contro-garanzia per garanzie bancarie, che permette a un esportatore di emettere garanzie contrattuali (di buona esecuzione o di restituzione d’acconto) anche se ha esaurito i propri limiti creditizi, poiché la SERV copre il rischio della banca emittente.

Un caso emblematico ha riguardato un’azienda svizzera del settore meccanico che, grazie alla controgaranzia SERV, ha potuto aggiudicarsi un contratto decennale di grande valore senza immobilizzare risorse finanziarie critiche.

Luciano Scavizzi, Site Manager di Rütschi Fluid AG, ha infine illustrato come l’azienda utilizzi regolarmente gli strumenti della SERV per operare in mercati a rischio medio-alto. La collaborazione tra banche, assicurazioni private e la SERV chiarisce i ruoli e valorizza la complementarità degli strumenti, migliorando le condizioni di accesso al credito.

Fondata nel dopoguerra, Rütschi Fluid AG produce pompe a tenuta stagna per applicazioni civili, nucleari e militari/navali, con circa 5’000 unità installate in 19 Paesi. L’azienda opera con una doppia sede: Francia (Mulhouse) per il segmento nucleare civile e i ricambi, e Svizzera (Möhlin/AG) per progetti militari/navali. Grazie alla neutralità elvetica e alla snellezza amministrativa della SECO, la società beneficia di un contesto favorevole per la gestione dei contratti internazionali. I contratti pluriennali, spesso pari a due o tre volte il fatturato annuo, richiedono garanzie bancarie significative: grazie alla controgaranzia SERV, Rütschi Fluid AG ha potuto preservare liquidità essenziale e velocizzare i propri processi interni.

Stabilità e vantaggio competitivo per la piazza svizzera

La SERV adotta un approccio improntato al sostegno dell’industria, assumendo rischi che il mercato privato non copre. Una gestione prudente e una solida diversificazione del portafoglio garantiscono stabilità finanziaria, anche in presenza di insolvenze sovrane, come nei casi di Etiopia e Argentina. La neutralità politica della Svizzera e l’efficienza della SECO rafforzano ulteriormente la competitività internazionale del Paese, in particolare nel settore tecnologico.

L’incontro organizzato dalla Cc-Ti ha confermato che la SERV è un alleato strategico per imprese di ogni dimensione, capace di coniugare tutela, flessibilità e rapidità operativa. Strumenti pubblici ben concepiti possono avere un impatto economico significativo, rafforzando la resilienza e la competitività delle aziende svizzere sui mercati globali.

Contatti SERV

Brigitte Brüngger
Head of Large Enterprises, SMEs & Acquisition

Julien Schaar
Vice President, Large Enterprises, SMEs & Acquisition

Assicurazione svizzera contro i rischi
delle esportazioni SERV
Genferstrasse 6
8002 Zurigo

www.serv-ch.com

Cina 2049: il futuro è già strategia

Tra ambizioni globali e fragilità interne, la Cina si conferma protagonista di una competizione che ridefinisce gli equilibri economici, tecnologici e geopolitici. Il tema è stato al centro della conferenza “CEO Experience – La Cina nel contesto politico attuale” del 24 settembre 2025, dove il giornalista e docente Marcello Foa ha dialogato con Sergio Giraldo, consulente indipendente in ambito energetico ed editorialista de La Verità. Al dibattito si è aggiunto, con un intervento mirato, anche Andrea Gaiani, direttore della rivista Analisi Difesa.
Dalle analisi è emersa l’immagine di una potenza in rapida ascesa, capace di consolidare la propria influenza attraverso il controllo delle risorse critiche, una strategia di lungo periodo, un riarmo accelerato e una crescente capacità tecnologica. Eppure, dietro questa proiezione di forza, affiorano fragilità demografiche, finanziarie e sociali che potrebbero condizionare il futuro del gigante asiatico.

Il controllo delle filiere strategiche

«La Cina non è più la fabbrica del mondo: è diventata il gatekeeper delle materie prime critiche». Questa frase sintetizza la sfida geopolitica ed economica che l’Occidente dovrà affrontare nei prossimi decenni. Mentre per decenni l’Occidente ha privilegiato l’efficienza delle supply chain globali, la Cina ha costruito dipendenze asimmetriche e accessi privilegiati ai settori strategici, combinando iniziative internazionali e controllo interno delle risorse.

A livello internazionale, questo approccio – definito come “diplomazia gentile” – prende forma attraverso la Belt and Road Initiative, con la realizzazione di infrastrutture in oltre 130 porti e altre opere strategiche in cambio di concessioni minerarie e accordi commerciali a lungo termine. Parallelamente, Pechino esercita un controllo diretto su materie prime critiche prodotte internamente o nei suoi territori di influenza. Il caso del gallio è emblematico: essenziale per dispositivi elettronici e armamenti, la Cina ne controlla parte della catena del valore e nell’estate 2023 ha introdotto restrizioni all’esportazione, mettendo in crisi l’Occidente. Analoga strategia riguarda i magneti di terre rare, fondamentali nella costruzione di automobili e sistemi di armamento, le cui esportazioni sono dimezzate da aprile 2023. Anche nell’acciaio, il Dragone domina: produce il 54% della produzione mondiale, influenzando prezzi e forniture globali con logiche strategiche più che di mercato.

Questa combinazione di leva esterna (BRI) e controllo interna ha trasformato Pechino in un attore in grado di competere sul prezzo e di influenzare l’industria e la difesa occidentali con decisioni unilaterali: se la Cina chiude i rubinetti, l’Occidente si trova in grave difficoltà, senza la possibilità di rimediare a quella che, di fatto, è una lacuna industriale strategica.

L’orizzonte 2049

La differenza filosofica più marcata tra Occidente e Cina risiede nella concezione del tempo. Mentre le democrazie occidentali sono dominate dalla “dittatura della trimestrale”, con cicli politici ed economici sempre più brevi, la Cina ragiona su orizzonti decennali. La continuità politica garantita dal potere centralizzato di Xi Jinping consente una pianificazione coerente, scandita da tappe intermedie. L’obiettivo strategico è chiaro: diventare una superpotenza entro il 2049, centenario della Repubblica Popolare, e raggiungere un primo traguardo nel 2035, con un potenziamento militare e industriale.

La strategia cinese non mira a uno scontro diretto con gli Stati Uniti, ma a consolidare la propria posizione globale attraverso un multilateralismo selettivo, aggregando Paesi attorno ai propri interessi.

L’alleanza BRICS ne è un esempio: dietro la facciata di cordialità tra Xi, Putin e Modi si nascondono tensioni e squilibri. La Russia dipende fortemente dalla Cina, con le esportazioni verso Pechino che costituiscono circa il 35% del totale, mentre le vendite cinesi verso la Russia ammontano appena al 3%. Questa asimmetria si è accentuata dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Il rapporto con l’India resta invece delicato, segnato da tensioni lungo il confine del Kashmir e da controversie sui progetti idroelettrici cinesi.

Il riarmo e il nodo di Taiwan

La Cina ha accelerato il riarmo, con una spesa di 240 miliardi di dollari contro i 900 degli USA. Tuttavia, in termini di parità di potere d’acquisto, Pechino ottiene molto di più: navi, missili e munizioni a costi inferiori.

Il settore navale è il vero motore della crescita: con una capacità cantieristica 230 volte superiore a quella americana, la Cina si afferma come potenza marittima. Tuttavia, manca esperienza operativa diretta: l’ultima guerra risale al 1977 contro il Vietnam del Nord. È il punto debole di un esercito avanzato tecnologicamente – dotato di missili ipersonici e sistemi guidati da intelligenza artificiale – ma privo di collaudo sul campo.

Il nodo centrale resta Taiwan. Per Pechino, il “Silicon Shield” è una questione di dignità nazionale e di controllo strategico sulle filiere tecnologiche globali. L’annessione garantirebbe vantaggi economici e militari, rompendo la “collana di perle” americana nel Pacifico. Un’invasione anfibia è improbabile; più realistico un blocco navale per isolare economicamente l’isola.

Tre fragilità strutturali

Dietro i successi internazionali, si celano tuttavia fragilità strutturali:

  • Demografia: entro il 2050, la Cina avrà circa 500 milioni di persone sopra i 60 anni contro 580 milioni in età lavorativa. Un rapporto insostenibile che farà salire la spesa pensionistica dall’attuale 5,5% al 14% del PIL. A complicare il quadro, il sistema Hukou – che lega la residenza al luogo di nascita – continua a frenare la mobilità interna, accentuando gli squilibri tra campagne e città, mentre la leadership teme la crescita di una classe media autonoma e tende a contenerne lo sviluppo.
  • Finanza: dopo la bolla immobiliare nel 2021, causata da investimenti massicci in costruzioni mai vendute a causa delle limitazioni di movimento imposte dall’Hukou, il sistema bancario cinese è sotto pressione. L’indebitamento privato ha raggiunto il 290% del PIL. Le 4’000 banche piccole e medie, supervisionate dalle province, rappresentano un rischio sistemico che Pechino dovrà affrontare nei prossimi anni.
  • Modello economico: come già sperimentato dalla Germania, un’economia basata prevalentemente sulle esportazioni è vulnerabile ai cambiamenti globali. Gli stimoli alla domanda interna sono limitati per evitare la crescita di una classe media autonoma e politicamente attiva.

Tecnologia e industria: tra leadership globale e l’ombra dell’implosione

Il sistema cinese guarda al 2049, ma le fragilità demografiche, finanziarie e sociali rappresentano rischi concreti che potrebbero rallentare o compromettere il raggiungimento degli obiettivi strategici. Un’eventuale crisi interna avrebbe ripercussioni significative sull’equilibrio mondiale.

Nonostante questi limiti, la corsa verso il 2049 è tutt’altro che chiusa. La Cina ha dimostrato notevoli capacità di pianificazione ed esecuzione, conquistando la leadership in sette dei dieci settori tecnologici chiave previsti dal piano Made in China 2025, affermandosi ben oltre il ruolo di semplice fabbrica del mondo o imitatrice.

Questi progressi sono stati ottenuti anche da un uso strategico delle partnership con l’Occidente. Nel settore automobilistico, ad esempio, le joint venture con marchi tedeschi a partire dagli anni ’80 hanno consentito lo sviluppo di competenze interne capaci oggi di competere con Volkswagen, Porsche e Audi, offrendo prodotti comparabili a costi significativamente inferiori.

Occidente e Cina: identità strategiche a confronto

Di fronte all’ascesa cinese, l’Occidente appare diviso e privo di una visione strategica coerente. Gli Stati Uniti reagiscono con dazi e restrizioni tecnologiche, mentre l’Europa mostra un deficit di autonomia economica, spesso subordinata agli interessi tedeschi e lenta a reagire. Anche il Green Deal, pur ambizioso, manca di analisi economiche concrete e di una strategia industriale realmente coerente.

Il problema di fondo dell’Occidente è la perdita della capacità di progettare il futuro, schiacciato dai cicli politici sempre più brevi e dalla pressione delle trimestrali. Come ricordato durante l’incontro, un vecchio banchiere una volta osservò: «Nel secondo dopoguerra non avevamo nulla, tranne la speranza. Oggi abbiamo tutto, tranne la speranza». Per non restare spettatore, l’Occidente deve riscoprire la propria visione economica, investendo in autonomia strategica, innovazione e resilienza industriale.