Al via in settembre il prossimo ciclo formativo, le iscrizioni sono aperte!

La Scuola Manageriale della Cc-Ti è frequentata da diversi professionisti con formazioni di base diverse fra loro e che rappresentano uno spaccato molto interessante del tessuto economico ticinese, notoriamente molto variegato. Vi sono pertanto esponenti di piccole e grandi aziende, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi in particolare. Tutti hanno uno scopo comune, cioè integrare e migliorare le loro competenze, nell’ottica della gestione aziendale e di funzioni dirigenti.
Nell’articolo seguente vi proponiamo due testimonianze differenti, proprio per dare l’idea dei molteplici profili che si riscontrano tra i partecipanti.
Progresso continuo
Intervista a Massimiliano Paganini, Direttore Alfred Müller SA
Già Direttore di un gruppo attivo a livello svizzero, si è messo in gioco, affrontando un percorso di formazione superiore con la Cc-Ti. Ce ne può parlare?
Ho deciso di frequentare la Scuola Manageriale 2019/2020 perché nonostante la mia età (53 anni), 35 anni d’esperienza lavorativa e 4 attestati professionali in mio possesso, ritengo che la formazione e l’aggiornamento continuo siano fondamentali se si vuole rimanere al passo con i tempi, in particolar modo in questi periodi dove i cambiamenti sono sempre più repentini rispetto al passato. La mia curiosità innata e il desiderio di voler costantemente imparare cose nuove mi ha spinto ad iscrivermi a questo corso. Grazie a questi fondamenti e alla formazione continua, da apprendista muratore ho potuto raggiungere una posizione dirigenziale. Il mio attuale lavoro richiede competenze e responsabilità a 360°, il programma offerto dalla Cc-Ti rispecchia pienamente le mie esigenze pratiche/teoriche e calza a pennello con quanto richiesto dalla mia professione. Inoltre il tipo di “organizzazione famigliare” che ho riscontrato finora e il fatto di svolgere le lezioni al lunedì pomeriggio sono valori aggiunti notevoli per la mia Work-Life Balance. Non da ultimo l’attestato federale rilasciato è un buon biglietto da visita e incentivo per superare gli esami finali.
Consiglierebbe la Scuola Manageriale Cc-Ti ad altri professionisti?
Sì lo consiglierei senza indugio a tutti coloro che desiderano migliorare le proprie competenze nell’ambito di gestione generale di PMI, ma anche a coloro che si rispecchiano nel mio percorso professionale.
Crescita personale e professionale
Intervista a Deborah Gehri, Consulente di vendita, assistente marketing, Gehri Rivestimenti SA
Quali sono i motivi che l’hanno spinta ad iscriversi alla Scuola Manageriale Cc-Ti?
Il primo a consigliarmi la Scuola Manageriale Cc-Ti per Specialista della gestione PMI è stato mio padre, Andrea Gehri, il quale nel 1988 conseguì il diploma nell’allora Formazione di Capi-azienda in collaborazione con la Cc-Ti. Studiare mi è sempre piaciuto. Nel 2017 ho conseguito il Bachelor in Comunicazione Aziendale presso l’USI e da lì ho sempre cercato di allineare lavoro e formazione. Prima, lavorando e seguendo una scuola di tedesco a Zurigo, poi, ottenendo un diploma come consulente specializzata nella vendita di prodotti da rivestimento ceramici, organizzato dall’ASP. Questo percorso di crescita personale e professionale, mira ad avvicinarmi alla realtà dell’azienda di famiglia, la Gehri Rivestimenti SA nella quale lavoro da circa un anno. L’iscrizione alla Scuola Manageriale è nata dal desiderio di proseguire formandomi in modo parallelo e coerente con il mio lavoro, presente e futuro.
Dopo 7 mesi di corsi, può tracciare un primo bilancio?
Il corso ha la capacità di allineare nozioni teoriche di gestione con situazioni di pratica quotidiana stimolando la riflessione verso la propria impresa. Consente inoltre di interfacciarsi con figure professionali specializzate in vari settori d’attività: dai docenti esperti ai compagni. Dopo circa 6 mesi di corso e 2 esami alle spalle, sono soddisfatta dell’esperienza che questa scuola mi dà e attendo con curiosità le nuove e interessanti tematiche che ci aspettano dopo la pausa estiva.
Un nuovo paradigma IT
/in Innovazione, TematicheL’”Everything as a Service”, ovvero l’acquisto di qualsiasi bene sotto forma di servizio, è un nuovo modello di business in continuo sviluppo. Si stima infatti che il suo tasso di crescita raggiungerà il 40% ogni anno fino al 2020.
Perché le aziende dovrebbero sempre più indirizzarsi verso l’acquisto di un servizio rispetto all’acquisto del bene fisico? In particolare, quali sono i benefici del nuovo paradigma IT “Device as a Service”? Device as a Service, una nuova soluzione IT in continuo sviluppo.
Oggigiorno sono molte le aziende che si scontrano quotidianamente con difficoltà legate alla gestione dei molteplici dispositivi IT e sono costrette a dedicare risorse aziendali per l’amministrazione degli stessi. Non solo, considerate le nuove tendenze e i conseguenti bisogni delle nuove generazioni di lavoratori, la mobilità e l’economia collaborativa (anche detta “sharing economy”) sono sempre più necessarie e devono obbligatoriamente essere supportate da tecnologia all’avanguardia. Infatti, una modalità di lavoro più intelligente e smart comprende anche l’utilizzo di sistemi informatici che non limitino la flessibilità degli utilizzatori.
Più flessibilità e meno confini, però, mettono a rischio la sicurezza dei dispositivi. Nasce così l’esigenza di un nuovo servizio che garantisca sicurezza e permetta alle aziende di ottimizzare la performance. Device as a Service è un nuovo modello IT che fornisce hardware e lo amministra esternamente all’azienda, permettendo a quest’ultima di ottimizzare l’utilizzo delle risorse nelle attività legate al proprio business. Dunque, tra IT provider e azienda si crea un legame più profondo, che va oltre la semplice fornitura di hardware e software ma che comprende anche analisi e gestione proattiva dei dispositivi durante tutto il ciclo di vita.
I benefici di questo servizio sono diversi. Prima di tutto, permette alle aziende di risparmiare risorse finanziarie: è basato su una politica di prezzo per cui vale il “paghi solo per ciò che usi”. Inoltre, grazie al modello DaaS, le aziende risparmiano risorse in termini di tempo. Questo fattore è molto importante, infatti, secondo uno studio condotto dall’IDC (International Data Corporation), la metà dei responsabili IT aziendali ritiene di spendere troppo tempo nell’acquisizione e nella gestione dei dispositivi interni.
Un altro vantaggio riguarda la prontezza delle aziende che, grazie al DaaS, sono in grado di far fronte alle minacce di obsolescenza dei device, in modo da mantenere un vantaggio competitivo durevole nel tempo garantendo in questo modo un sistema sempre aggiornato.
HP Device as a Service è il moderno modello di consumo IT che ti garantisce vantaggi economici legati alla manutenzione e alla gestione dei dispositivi.
Per stare al passo con i tempi le aziende devono necessariamente prendere in considerazione questi nuovi modelli di business ed implementare soluzioni moderne in linea con i trend del mercato.
Testo a cura di DOS Group, Mendrisio
Posti vacanti: più efficienza e dialogo
/in Appuntamenti, Eventi e missioni, Networking Business BreakfastIncrementare l’efficienza ed il dialogo tra le parti coinvolte: candidati, aziende e istituzioni. Sviluppi interessanti (con margini di miglioramento) per la procedura della notifica dell’obbligo dell’annuncio dei posti vacanti.
Dopo un anno esatto dall’introduzione della modifica legislativa che ha decretato l’obbligo dell’annuncio dei posti vacanti (entrata in vigore nel 2018), la Cc-Ti è tornata sul tema per un primo bilancio con le aziende: le protagoniste di questa importante modifica legislativa. Nell’ultimo Networking Business Breakfast prima della pausa estiva (gli eventi riprenderanno a settembre, il calendario è già pronto ed è possibile ritrovare online tutti i programmi) abbiamo fatto il punto dello stato dell’arte e guardato oltre per capire quali sono i passi che seguiranno. All’evento “Obbligo di annuncio dei posti vacanti: un anno dopo” sono intervenuti Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti e Claudia Sassi, Capo della Sezione del lavoro del DFE, che hanno portato riflessioni diverse, interagendo con la sala.
Una brevissima “cronistoria”
Nel febbraio 2014 il popolo svizzero ha approvato l’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”. Il nuovo articolo 121 a della Costituzione federale prevede l’applicazione di contingenti e del principio della preferenza nazionale nei confronti degli stranieri, compresi i cittadini dell’Unione Europea. In seguito all’esito delle urne il Parlamento elvetico ha deciso di introdurre l’obbligo di annuncio per i generi professionali con un elevato tasso di disoccupazione, al fine di favorire l’occupazione della manodopera in cerca di impiego. Il 1° luglio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di annuncio di un posto vacante all’Ufficio Regionale di Collocamento (URC).
La comunicazione: sempre più rilevante
Se il tasso di disoccupazione è lievemente sceso, si attesta una grande fluttuazione per determinate categorie professionali che sono soggette a stagionalità (ad esempio edilizia e settore alberghiero). Rilevante è il fatto di segnalare all’URC il posto vacante in azienda, indipendentemente che esso sia soggetto all’obbligo di annuncio o meno: in questo senso un dialogo performante è sempre più determinate, affinché tra persone in cerca d’impiego, aziende ed istituzioni si generi un ciclo comunicativo virtuoso e sempre più dettagliato sulle necessità delle aziende e sui riscontri sui candidati. I consulenti URC sono sempre a disposizione delle aziende per rispondere alle domande specifiche.
Gli strumenti
È stato sottolineato quanto fondamentale sia sempre il dialogo, oltre che al rilevamento tempestivo per aziende della verifica delle tappe per l’annuncio rispettando i termini legislativi stabiliti (periodo di protezione): in questo senso i colloqui con gli URC sono fondamentali. Oltre a ciò sulla piattaforma online lavoro.swiss si trovano tutti i ragguagli, nonché informazioni e profili di chi è in cerca di un impiego, come pure è questo il portale dove pubblicare i posti a disposizione. Nella “Job Room” di lavoro.swiss, ad oggi, si contano oltre 40’000 candidati iscritti e circa 4’000 aziende con un proprio profilo.
I prossimi step
Dal 1° gennaio 2020 il valore della soglia d’annuncio verrà diminuito al 5% (valore attuale 8%). Ci si sta concentrando sull’introduzione di controlli: la scorsa settimana il Parlamento ha delegato all’Amministrazione cantonale il controllo dell’obbligo di annunciare i posti vacanti e le sanzioni delle eventuali violazioni. Questi controlli saranno effettuati nel contesto delle normali inchieste del mercato del lavoro e dei normali controlli effettuati dalle commissioni paritetiche, in modo da non “ingessare” il sistema creando burocrazia, ma rendendo agili le procedure.
Infine si lavora anche sull’efficacia dello strumento lavoro.swiss, con un costante ammodernamento dei servizi.
La Cc-Ti in prima linea
Affinché gli associati e le aziende siano sempre informati sulla stretta attualità, proponiamo eventi, formazioni e informazioni mirate. Proseguiremo dunque anche in questo caso approfondendo questa tematica. Per domande mirate il nostro Sevizio giuridico può fornirvi le risposte con una consulenza dedicata!
Standard di sicurezza per pagamenti online
/in Finanza, TematicheIn un momento storico in cui tutto ciò che ci circonda è tecnologico e digitalizzato, e il tempo speso su Internet è in continuo aumento, la maggioranza delle vendite e delle transazioni vengono compiute online.
In Svizzera, come emerge da vari sondaggi svolti recentemente, sempre più consumatori preferiscono effettuare gli acquisti dal loro PC, smartphone o tablet. Nel corso degli anni sono state dissipate le remore legate alla sicurezza delle carte di credito, ma rimangono ancora delle perplessità sul loro utilizzo per gli acquisti in rete. Sorge spontaneo chiedersi quali passi possono essere intrapresi per rendere questo metodo di pagamento tanto veloce quanto pratico, ancora più sicuro.
A colpo sicuro: conferme di pagamento via SMS
Al giorno d’oggi Internet può senz’altro essere considerata la piattaforma più grande al mondo dove è possibile acquistare di tutto: libri, abbigliamento, accessori di tutti i tipi, viaggi, biglietti per manifestazioni ed eventi, prodotti alimentari e molto altro ancora. Lo shopping online propone un ventaglio di servizi e prodotti interessanti, per tutte le esigenze e tutte le tasche. Una tale scelta può a volte portare a sottovalutare l’importanza della sicurezza, in particolar modo durante il processo di pagamento con le carte di credito e prepagate. Qui entrano in gioco gli standard innovativi sviluppati da Visa, Mastercard e Diners Club. Scopriamoli insieme.
Verified by Visa e Mastercard Identity Check offrono a molti negozi online uno standard di sicurezza che rappresenta un modello di riferimento a livello nazionale e internazionale. L’identificazione precisa della carta di pagamento avviene tramite protocollo 3-D Secure con l’invio di un codice via SMS e sarà obbligatoria a partire da settembre 2019. Come funziona? Dopo aver inserito il numero della carta durante il processo di pagamento, si aprirà una finestra e il titolare della carta riceverà immediatamente un SMS contenente un codice di sicurezza univoco a sei cifre, valido esclusivamente per quella transazione. Basterà inserire il codice nell’apposito campo per confermare il pagamento.
Anche Diners Club offre ai suoi clienti uno standard di sicurezza aggiuntivo. Il servizio denominato ProtectBuy®, prevede l’invio via SMS di una password utilizzabile una volta sola, la cosiddetta OTP (One Time Password) generata appositamente per ogni disposizione di pagamento effettuata presso gli esercizi online aderenti. Una volta giunti alla pagina del pagamento e inseriti i dettagli della propria carta, sarà sufficiente digitare nell’apposito spazio la password ricevuta via SMS per ultimare l’acquisto.
Ciò che può sembrare un processo piuttosto lungo e macchinoso, in realtà accade con pochi clic, e consente di concludere gli ordini in modo molto rapido e, soprattutto, di conferire una maggiore sicurezza alle transazioni online.
Attivatelo ora
A chi non avesse ancora attivato questo servizio gratuito, consigliamo di farlo. Basta comunicare alla vostra banca il numero di cellulare a cui inviare l’SMS, e avrete anche voi una chiave d’accesso per uno shopping online in tutta sicurezza.
Testo redatto da
Beat Weidmann, Head of Distribution Channels & Sponsoring, Cornèrcard
I leader di domani sui banchi della Scuola Manageriale Cc-Ti
/in Appuntamenti, Scuola managerialeAl via in settembre il prossimo ciclo formativo, le iscrizioni sono aperte!
La Scuola Manageriale della Cc-Ti è frequentata da diversi professionisti con formazioni di base diverse fra loro e che rappresentano uno spaccato molto interessante del tessuto economico ticinese, notoriamente molto variegato. Vi sono pertanto esponenti di piccole e grandi aziende, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi in particolare. Tutti hanno uno scopo comune, cioè integrare e migliorare le loro competenze, nell’ottica della gestione aziendale e di funzioni dirigenti.
Nell’articolo seguente vi proponiamo due testimonianze differenti, proprio per dare l’idea dei molteplici profili che si riscontrano tra i partecipanti.
Progresso continuo
Intervista a Massimiliano Paganini, Direttore Alfred Müller SA
Già Direttore di un gruppo attivo a livello svizzero, si è messo in gioco, affrontando un percorso di formazione superiore con la Cc-Ti. Ce ne può parlare?
Ho deciso di frequentare la Scuola Manageriale 2019/2020 perché nonostante la mia età (53 anni), 35 anni d’esperienza lavorativa e 4 attestati professionali in mio possesso, ritengo che la formazione e l’aggiornamento continuo siano fondamentali se si vuole rimanere al passo con i tempi, in particolar modo in questi periodi dove i cambiamenti sono sempre più repentini rispetto al passato. La mia curiosità innata e il desiderio di voler costantemente imparare cose nuove mi ha spinto ad iscrivermi a questo corso. Grazie a questi fondamenti e alla formazione continua, da apprendista muratore ho potuto raggiungere una posizione dirigenziale. Il mio attuale lavoro richiede competenze e responsabilità a 360°, il programma offerto dalla Cc-Ti rispecchia pienamente le mie esigenze pratiche/teoriche e calza a pennello con quanto richiesto dalla mia professione. Inoltre il tipo di “organizzazione famigliare” che ho riscontrato finora e il fatto di svolgere le lezioni al lunedì pomeriggio sono valori aggiunti notevoli per la mia Work-Life Balance. Non da ultimo l’attestato federale rilasciato è un buon biglietto da visita e incentivo per superare gli esami finali.
Consiglierebbe la Scuola Manageriale Cc-Ti ad altri professionisti?
Sì lo consiglierei senza indugio a tutti coloro che desiderano migliorare le proprie competenze nell’ambito di gestione generale di PMI, ma anche a coloro che si rispecchiano nel mio percorso professionale.
Crescita personale e professionale
Intervista a Deborah Gehri, Consulente di vendita, assistente marketing, Gehri Rivestimenti SA
Quali sono i motivi che l’hanno spinta ad iscriversi alla Scuola Manageriale Cc-Ti?
Il primo a consigliarmi la Scuola Manageriale Cc-Ti per Specialista della gestione PMI è stato mio padre, Andrea Gehri, il quale nel 1988 conseguì il diploma nell’allora Formazione di Capi-azienda in collaborazione con la Cc-Ti. Studiare mi è sempre piaciuto. Nel 2017 ho conseguito il Bachelor in Comunicazione Aziendale presso l’USI e da lì ho sempre cercato di allineare lavoro e formazione. Prima, lavorando e seguendo una scuola di tedesco a Zurigo, poi, ottenendo un diploma come consulente specializzata nella vendita di prodotti da rivestimento ceramici, organizzato dall’ASP. Questo percorso di crescita personale e professionale, mira ad avvicinarmi alla realtà dell’azienda di famiglia, la Gehri Rivestimenti SA nella quale lavoro da circa un anno. L’iscrizione alla Scuola Manageriale è nata dal desiderio di proseguire formandomi in modo parallelo e coerente con il mio lavoro, presente e futuro.
Dopo 7 mesi di corsi, può tracciare un primo bilancio?
Il corso ha la capacità di allineare nozioni teoriche di gestione con situazioni di pratica quotidiana stimolando la riflessione verso la propria impresa. Consente inoltre di interfacciarsi con figure professionali specializzate in vari settori d’attività: dai docenti esperti ai compagni. Dopo circa 6 mesi di corso e 2 esami alle spalle, sono soddisfatta dell’esperienza che questa scuola mi dà e attendo con curiosità le nuove e interessanti tematiche che ci aspettano dopo la pausa estiva.
Tutti i dettagli e maggiori informazioni su www.cc-ti.ch/scuola-manageriale.
I trasporti eccezionali e le sfide quotidiane
/in Internazionale, TematicheI trasporti eccezionali sono quei mezzi che viaggiano con carichi che eccedono i limiti di sagoma o di massa arrivando anche oltre le 40 tonnellate e che vengono accompagnati da una scorta con lampeggianti accesi.
Cosa occorre e come si gestiscono i trasporti eccezionali? Si necessita molta esperienza e soprattutto la conoscenza delle lingue nazionali e l’inglese.
Sono 2 i fattori determinanti nell’organizzazione di questi trasporti:
Con il mezzo giusto e l’itinerario ideale si inizia la fase della richiesta delle autorizzazioni di trasporto. Ogni Nazione ha la sua modalità di rilascio dei permessi; in Svizzera gli enti principali per il rilascio dei permessi sono l’USTRA e i Cantoni. Le tempistiche per l’ottenimento dei permessi possono durare da pochi giorni a un mese, a dipendenza delle dimensioni e delle Nazioni dove viene fatta la richiesta.
I trasporti particolarmente ingombranti o pesanti necessitano di scorte di polizia. L’abilità sta nel sincronizzazione al meglio le scorte tra i Cantoni e le Nazioni: in questo i nostri collaboratori sono veramente speciali. L’obiettivo è arrivare a destino nel modo più veloce e fluido possibile.
Un viaggio, un esempio
Una commessa molto impegnativa e stimolante è stata l’organizzazione del trasporto di un impianto di verniciatura dalla Germania alla Svezia. Per il trasporto dell’intero impianto sono stati mobilitati oltre 50 automezzi. Le dimensioni erano variegate: alcuni camion erano larghi fino a 5 metri.
L’itinerario era molto complesso e differenziato e per arrivare a destinazione è stato necessario utilizzare diversi metodi di trasporto:
Camion – Chiatta – Nave – Camion.
Si è partiti da tre diversi luoghi in Germania con i camion fino al porto fluviale di Dresda. A Dresda le merci sono state trasbordate sulle chiatte che hanno navigato fino al porto marittimo di Amburgo. Ad Amburgo le merci sono state trasbordate su una nave con destinazione sul porto di Oskarshamm in Svezia. Arrivati al porto abbiamo di nuovo trasbordato le merci sui camion fino allo stabilimento del destinatario sempre nella città di Oskarshamn
L’intera operazione era suddivisa in 3 spedizioni separate (15-18 camion per volta). La fase di progettazione e contrattualizzazione è stata intensa e ha richiesto la messa in campo di numerose competenze tecniche.
La “mediazione” tra le parti, per coordinare le singole esigenze, è stata indubbiamente la porzione più impegnativa dell’intera operazione, ma anche la più affascinante ed emozionante. La consegna dell’ultimo camion in Svezia ha lasciato un senso di soddisfazione che è andato oltre ogni aspettativa puramente professionale.
In questi trasporti coinvolgere il proprio spedizioniere, in fase di stesura del contratto di fornitura, è estremamente importante per evitare sorprese indesiderate. Lo spedizioniere deve essere un partner competente che aiuta le aziende nella gestione logistica, doganale e di trasporto. È un “angelo custode” che insieme fa in modo che le vostre merci arrivino a destino pronte per essere finalmente utilizzate.
Testo a cura di
Angelo Betto
Direttore Operativo Cippà Trasporti SA – Chiasso
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Corso di formazione “L’ABC dell’export: Le diverse modalità di trasporto di merci“, mercoledì 9 ottobre 2019, relatore: Maikol Soares, Cippà Trasporti SA
Innovazione grazie (anche) all’outsourcing
/in Comunicazione e mediaRoberto Grassi, Direttore Generale Fidinam Group Holding, e membro del nostro Ufficio Presidenziale, ci parla della digitalizzazione e dei vantaggi dell’esternalizzazione dei processi aziendali.
In che misura la digitalizzazione si abbina ai processi aziendali da esternalizzare?
La digitalizzazione, nella misura in cui opera con documenti e dati archiviati elettronicamente, permette di agevolare qualsiasi processo di outsourcing. La raccolta di dati in forma digitale presso l’utente, la trasmissione degli stessi al provider di servizi, e la loro consultazione puntuale e funzionale, sono tutti processi che hanno di fatto accelerato e reso efficace e ancora più efficiente il processo di outsourcing. Chiaramente la trasformazione richiede una programmazione e una parametrizzazione iniziale, oltre che la creazione di adeguate interfacce, ma le esperienze finora indicano che i benefici in termini economici e di funzionalità sono tali da ripagare velocemente qualsiasi investimento iniziale.
L’innovazione viene data anche da approcci differenti a business consolidati. Come viene implementata questa visione nel vostro Gruppo?
Nel Gruppo Fidinam abbiamo sviluppato due approcci: il primo nello sviluppo di strumenti e prodotti che migliorino i processi di produzione del nostro lavoro, quali per esempio la contabilità, la gestione paghe, l’archiviazione elettronica. Fatto tesoro di queste esperienze le adottiamo nei servizi erogati e offriamo le soluzioni digitali ai nostri clienti. Per fare questo abbiamo costituito una nuova società dedicata allo sviluppo di soluzioni di BPO (business process outsourcing) e di gestione di progetti ERP (enterprise resource planning), concentrandoci esclusivamente ai processi amministrativi di piccole e medie aziende.
La cybersecurity come processo aziendale
/in Digitalizzazione, TematicheSiamo ormai a un passo dalla nuova legge federale sulla protezione dei dati (LPD), la tanto attesa GDPR svizzera. Già, perché la Svizzera è un hub strategico al centro dell’Europa non solo per il transito delle merci, ma anche e soprattutto per lo scambio di informazioni strategiche, sempre più importanti nella nuova società digitale.
Le ipotesi sulla sua reale definizione si susseguono, ma l’unico punto fermo è che il paradigma “by design” sarà determinante per uniformarsi alle nuove regolamentazioni europee che ci circondano, che di fatto riposizionano in modo preponderante il valore della cybersecurity, in rapporto alla capacità di un’azienda di reagire tempestivamente e adeguatamente ad un incidente informatico.
A livello europeo, e in particolare in Italia, il 26 giugno del 2018 è entrato ufficialmente in vigore una nuova e dirompente direttiva, di nome Network Information Security (NIS), che per la prima volta in assoluto suggerisce alle aziende, per non dire impone, nuove misure di preparazione, risposta e recupero dei servizi a seguito di incidenti informatici, la definizione di un piano di valutazione dei rischi (IRP) e nuovi programmi di formazione e sensibilizzazione continua in materia di sicurezza informatica.
In questo modo la cybersecurity evolve e grazie a queste indicazioni rientra a tutti gli effetti nella casta dei processi vincolanti per la produzione aziendale. Quindi non più solo strumenti classici per evitare intrusioni indesiderate, ma una filiera ricca di attività e competenze interdisciplinari che tocca tutti i reparti, dalla progettazione alla vendita.
Per quanto siano necessari, questi strumenti non bastano a fronteggiare il mercato del crimine informatico, resiliente e sempre in evoluzione, il quale dispone liberamente di risorse tecniche gratuite, basti pensare alla piattaforma GitHub in cui trovare script e reti neurali di ultima generazione.
In Svizzera sono ancora molte le aziende a non conoscere il NIS e il suo impatto nell’intero eco sistema digitale, ma è solo questione di tempo, soprattutto per i cantoni cross-border come il nostro, che sempre più interagiscono e collaborano con aziende della comunità europea.
Cosa fare quindi per evitare di perseverare con l’idea che la cybersecurity sia un costo invece di un investimento? Cosa fare per convincere gli amministratori delegati ad abbandonare le false credenze che considerano la cybersecurity come la mera installazione di antivirus e firewall?
Un buon punto di partenza è porsi una domanda chiara, diretta e pragmatica: quanto e come siamo preparati in azienda, dall’amministratore delegato fino alla segretaria, a gestire un improvviso incidente informatico secondo i principi cardini di rilevazione (Detection) e reazione (Response)?
Conoscerli è sempre più vincolante, applicarli correttamente richiede un nuovo processo dal quale anche in Svizzera non potremo più prescindere. Ecco perché avvalersi di un accompagnamento professionale tecnico preparato a gestire la cybersecurity come un processo, che per cultura e attitudine è allo stato dell’arte con le nuove regolamentazioni in vigore, è il miglior modo per fare il salto di qualità, ridurre i costi e minimizzare i rischi cyber che potrebbero generare sanzioni per l’azienda in caso di scarsa preparazione.
Testo a cura di Lorenza Bernasconi, CFO Gruppo Sicurezza SA, Savosa
Zoom sul check digitale
/in Appuntamenti, Eventi e missioni, Eventi tematiciIn occasione dell’ultimo evento tematico Cc-Ti “Check digitale: analizzarsi per crescere“, è stato evidenziato come la cultura del digitale diventi strategica.
In collaborazione con i partner tematici 2019 Gruppo Sicurezza SA, Gehri Rivestimenti SA, Cornèrcard e Swisscom, la Cc-Ti è tornata sul tema della digitalizzazione, cercando di fare chiarezza e mettere un punto fermo nella discussione. Vista la vastità delle soluzioni esistenti e ‘in progress’ oltre ad un’ampia accezione terminologica e concettuale della ‘digitalizzazione’, è necessario cercare di dare una definizione univoca per costruire innovazione e portare elementi utili al dibattito. In questo senso si è dunque potuto vedere come sia rilevante creare un terreno comune dal quale partire e spingere sull’acceleratore dell’innovazione.
Nella puntata della trasmissione ZOOM, curata ed andata in onda su Teleticino, ritroviamo spunti interessanti sul tema. Intervengono Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti; Carlo Secchi, Sales Director Swisscom (Svizzera) SA Enterprise Customers; Dr. Ing. Alessandro Trivilini, Responsabile del Servizio informatica forense SUPSI e Giambattista Ravano, Professore e Direttore delegato per la ricerca e l’innovazione SUPSI.
Scopriamo allora insieme quanto emerso!
L’apertura dei mercati esteri
/in Internazionale, TematicheL’apertura di nuovi mercati acquisisce un’importanza sempre maggiore per le piccole e medie imprese (PMI) svizzere al fine di assicurare la continuità della loro attività, incrementare il loro fatturato ed anche il loro prestigio.
Un buon posizionamento sulla piazza elvetica non è garanzia di un successo rapido all’estero, ma è un buon punto di partenza: vale infatti la pena sviluppare in Svizzera una solida base di esperienze, know-how e fatturato prima di aprirsi oltre i confini nazionali.
Esportare o internazionalizzare?
La complessità del prodotto o del servizio, l’intensità delle relazioni con i propri clienti, l’onere in fatto di logistica, la necessità di disporre di un servizio clienti o le aspettative legate al business internazionale influenzano la scelta della presenza aziendale all’estero. Le PMI che acquisiscono i clienti internazionali direttamente dalla Svizzera o lavorano in stretto contatto con partner locali operano con un “modello di export”, quelle che invece elaborano il mercato estero direttamente in loco, delocalizzando alcune attività della catena del valore, quali la vendita, il marketing o la logistica operano invece con un “modello di internazionalizzazione”.
Non vi è un modello giusto o sbagliato per l’elaborazione dei mercati esteri. Le domande da porsi sono diverse e vanno dalla conoscenza del Paese alle proprie capacità economiche sino alla fattibilità o meno di gestire i propri clienti internazionali dalla Svizzera.
Primo passo: individuare il mercato
Il primo passo da effettuare è sicuramente quello di individuare un mercato target. Un errore comune a molte aziende è infatti quello di investire tempo e denaro sparando nel mucchio, con l’obiettivo di trovare contemporaneamente clienti, ad esempio, in Cina, Giappone e Corea, senza una minima roadmap e strategia. Un secondo errore comune è la mancanza di un’analisi delle dimensioni del mercato e del suo funzionamento, delle caratteristiche e delle esigenze dei potenziali clienti, dei canali di distribuzione esistenti, dei concorrenti nonché dei prezzi di vendita e dei margini. Nella riflessione vanno altresì integrate valutazioni sulla distanza geografica, le barriere culturali e linguistiche, gli ostacoli normativi e legali.
Esaminare l’attrattività e l’accessibilità di un mercato sono aspetti fondamentali. Cc-Ti e S-GE vi supportano in questo senso con missioni economiche volte a farvi toccare con mano nuove realtà e ad incontrare potenziali partner, oppure con analisi di mercato specifiche, verifiche mirate e ricerche di partner vere e proprie.
Articolo a cura di
Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana e
Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti
Le sfide per i CFO del futuro
/in Finanza, TematicheI CFO sono confrontati con trasformazioni tali da mettere in discussione l’esistenza del loro ruolo in futuro.
Intere linee tradizionali di business stanno scomparendo, sostituite da nuove tecnologie digitali e le aspettative poste sulle funzioni finanziarie da parte dei partner commerciali stanno aumentando in maniera esponenziale. Questa situazione può costituire una sfida capace di paralizzare o stimolare gli attuali CFO, i quali, adattando la loro funzione alle mutate condizioni, si stanno appropriando del futuro, diventando dei veri e propri promotori del cambiamento.
Trasformare la funzione finanziaria significa avere l’ambizione di costruire una next generation capace, per poter sopravvivere, di raggiungere obiettivi specifici:
I CFO del futuro devono porsi una serie di domande che ruotano attorno al tema delle nuove tecnologie, come ad esempio: “in un mondo guidato dai dati, chi guida effettivamente l’impresa?” oppure “il cloud può fornire risultati migliori, più economici e più rapidi?” o ancora “i nostri processi sono in grado di autogestirsi?”
È innegabile, la tecnologia è il trampolino di lancio per un ruolo completamente nuovo. Tuttavia, un recente studio di PwC mostra come, nonostante i timori diffusi dei CFO di non riuscire a sfruttare le opportunità della digitalizzazione, attualmente in media viene destinato solo circa un quarto delle risorse disponibili all’analisi dei dati e alla creazione di insight per il business. C’è chiaramente un enorme potenziale per i CFO con la giusta mentalità per invertire l’allocazione delle risorse e ribaltare la situazione, avendo il vantaggio di essere al centro del bene più prezioso per l’impresa: i propri dati.
Ciò che non va tuttavia dimenticato è che, sebbene la tecnologia rappresenti il futuro, c’è alla base un bisogno imprescindibile della componente umana per guidare il cambiamento. Gli essere umani, alla guida della funzione finanziaria di un’impresa, saranno chiamati sempre più ad essere creativi, curiosi e ribelli: capaci cioè di pensare velocemente e sfidare costantemente lo status quo. Tutto questo è possibile e realizzabile solo se l’impresa nel suo complesso è complice e partecipe di questo immane cambiamento culturale.
Testo a cura di
Antonio Attanasio
Director, Assurance Trade, Industry and Service
PwC Lugano