Incontri e visite imprenditoriali per la delegazione della Cc-Ti in Cina

La Cc-Ti ha organizzato, in collaborazione con la Città di Lugano, Swiss Chinese Chamber of commerce, Swiss Centers China e Switzerland Global Enterprise (S-GE), una missione in Cina dall’1 all’11 novembre 2019. L’intenso programma prevedeva incontri e visite imprenditoriali in 4 città: Pechino, Hangzhou, Shanghai e Shenzhen.

La delegazione agli Sino-Swiss Business Awards a Pechino

Dall’1 all’11 novembre la Cc-Ti ha accompagnato in Cina una numerosa delegazione ticinese, composta da rappresentanti della Città di Lugano, Lugano Region, economiesuisse e aziende ticinesi attive in diversi settori. Il viaggio prevedeva appuntamenti e incontri in 4 città: Pechino, Hangzhou, Shanghai e Shenzhen.

A Pechino la delegazione ha partecipato alla prestigiosa cerimonia degli Sino-Swiss Business Awards, una splendida occasione per onorare le aziende che hanno contribuito a promuovere al meglio lo sviluppo delle relazioni sino-svizzere. L’Ambasciatore svizzero in Cina, il Ticinese Bernardino Regazzoni, ha accolto la delegazione nella sua residenza, dov’è pure stato organizzato dalla Città di Lugano, in collaborazione con Lugano Region e Hainan Airlines un evento “Discover Lugano Beijing Workshop 2019” per operatori cinesi del settore. Il programma a Pechino si è concluso con un interessante incontro con la Camera di commercio di Jilin. In seguito la parte istituzionale della delegazione si è recata a Hangzhou, dove è stato firmato un accordo tra SUPSI e l’Architectural Design & Research Institute dell’Università di Zhejiang. La delegazione ha infine partecipato all’apertura del corner “Lugano Design in Hanghzhou”, uno spazio espositivo organizzato dall’Associazione Lugano Bella e da Made in Time Design che propone le creazioni di una decina di creativi ticinesi al Centro Creativo e Design della città gemellata con Lugano dal 2006.

A Shanghai la delegazione ha visitato la “China International Import Expo”, dov’era presente anche la Svizzera con un cluster nel settore “Quality life” e un cluster nel settore “Food”. La fiera, promossa dal Ministero del commercio cinese, mira a rendere accessibili i prodotti internazionali sul mercato interno cinese e rientra nella promozione dell’iniziativa “Belt and Road”. Durante la visita alla fiera, la delegazione ha potuto partecipare alla conferenza dedicata agli scambi tra imprenditori europei e cinesi, organizzata da ICBC. Il viaggio è proseguito con ulteriori momenti interessanti, come la visita al nuovo incredibile concetto di Alibaba: la catena di supermercati Hema, che propone ai consumatori un’esperienza completamente nuova, integrando commercio online e offline, ovvero una digitalizzazione estrema del commercio tradizionale. A chiudere il programma a Shanghai, la visita al Parco Industriale Xinzhuang, che accoglie una trentina di aziende svizzere. La delegazione, accompagnata dal Console Generale Olivier Zehnder, ha visitato due aziende svizzere: Firmenich (azienda ginevrina di fama internazionale fondata nel 1895 e attiva nella produzione di profumi) e Premec, azienda ticinese nata nel 1961 e leader mondiale nella produzione di penne.

Il viaggio è terminato a Shenzhen, capitale Hi-Tech della Cina. La città fa parte della “Greater Bay Area (GBA)” che comprende le città di Guangzhou, Hong Kong e Macau, area che sta diventando a tutti gli effetti una potenza economica a livello mondiale.

La missione ha permesso di percepire la velocità con cui si sta sviluppando la Cina, nazione che occupa ormai un ruolo fondamentale nel panorama internazionale. L’economia cinese riserva un considerevole potenziale anche per le aziende ticinesi. Un interesse confermato pure dalla missione della Cc-Ti. Le opportunità si trovano soprattutto nel settore dei beni di lusso, degli alimentari di nicchia, dell’Hi-Tech e dell’elettronica. Gli imprenditori che hanno partecipato alla missione della Cc-Ti hanno potuto toccare con mano la dinamicità di questo mercato ed incontrare possibili partner cinesi. Le missioni organizzate dalla Cc-Ti mirano infatti a dare un supporto concreto per costruire nuovi sbocchi di business all’estero. 

I molti risvolti dell’outsourcing

Dall’ospedale all’azienda: quando la pulizia diventa centrale

Le molte sfaccettature della nostra economia ci suggeriscono di dare spazio, a scadenze regolari, anche ad attività magari meno conosciute o ritenute erroneamente marginali. Una di queste è il settore delle pulizie. Nonostante di primo acchito le pulizie possano sembrare un aspetto marginale del business, in alcuni casi assumono un ruolo centrale. Poter contare su un partner affidabile e competente è cruciale.

Un ambiente piacevole e curato costituisce senza ombra di dubbio un buon biglietto da visita nei confronti dei clienti, nonché una sorta di segno di rispetto per i collaboratori attivi nello stesso ambiente. Questo è valido per tutti i tipi di realtà aziendale, con differenti livelli di rilevanza a dipendenza del settore. La complessità stessa di mantenere pulito un ambiente può chiaramente variare molto in contesti e realtà diverse: la pulizia degli uffici, così come di ricezione, sale riunioni e caffetteria normalmente non presenta particolari difficoltà. Quando invece si inizia a entrare in zone di produzione e avere a che fare con macchinari ed impianti, l’asticella inevitabilmente si alza, così come l’importanza per il cliente di un compito svolto in modo efficace e preciso.

Il Centro Stampa Ticino ad esempio si affida a ISS Facility Services per la pulizia sia degli uffici e aree comuni, sia dell’area di produzione e in particolare dell’area della rotativa. L’imponente macchinario, che occupa uno spazio di circa 200 metri quadrati suddiviso su tre piani, uno dei pochi in Svizzera e fiore all’occhiello del Centro Stampa, consente di produrre fino a 45’000 copie l’ora. Una volta alla settimana è necessario ripulire dall’inchiostro le ringhiere e il pavimento metallico con prodotti specifici. Considerando che la rotativa lavora con rotoli di carta dal peso di oltre 1.2 tonnellate pronti per essere stampati, una pulizia attenta è garanzia di continuità operativa, perché nel caso in cui un rotolo si dovesse bagnare significherebbe fermare la produzione con conseguenze importanti in termini economici e di produttività. Sapere che il fornitore del servizio ha le competenze necessarie e che sempre le stesse persone esperte si occupano della pulizia di questo macchinario è un aspetto che cliente valuta positivamente.

Le pulizie possono tuttavia rivestire un ruolo ancora più cruciale per il core business, essendo determinanti per la riuscita delle operazioni aziendali. Ne sono esempio le pulizie di laboratori, camere bianche o locali sterili, dove una disinfezione eseguita a regola d’arte può essere fondamentale per rispondere a requisiti di legge, ottenere certificazioni o poter svolgere le attività aziendali stesse.

Un esempio è il caso di Humabs BioMed, realtà specializzata nella ricerca biomedica ed in particolare nello sviluppo di anticorpi per curare le malattie infettive, che si è rivolta ad un provider esterno anche per l’igienizzazione della vetreria utilizzata in laboratorio. Questa mansione, che deve essere svolta seguendo un processo curato nei minimi dettagli, è necessaria per garantire che i liquidi contenuti nei recipienti siano resi inattivi, e dunque che questi possano essere riutilizzati in tutta sicurezza per nuove analisi. L’azienda ha impartito una formazione speciale al team incaricato di ISS Facility Services per svolgere il compito. Come testimonia il Direttore generale di Humabs BioMed Filippo Riva, esternalizzare è per l’azienda un approccio a tutto campo: “Confrontati con la scelta strategica make or buy, abbiamo deciso di propendere per la seconda opzione: in azienda contiamo 30 persone di cui 25 impiegate nella ricerca, il nostro core business. Con l’acquisto di servizi esterni per talune attività, possiamo concentrarci sullo sviluppo aziendale. Per quanto riguarda le pulizie e la disinfezione dei laboratori e vetreria, affidarci a un partner esterno che ci garantisce la massima affidabilità e di cui possiamo fidarci ci offre una flessibilità importante”. In effetti, le collaboratrici ISS incaricate della mansione rimangono le stesse, comprese le sostitute che garantiscono la copertura 365 giorni all’anno.

Per altre realtà, come ad esempio ospedali, cliniche e case per anziani, un ulteriore aspetto da considerare quando ci si affida a un partner esterno per alcune attività è il fattore umano. Infatti, in ambienti nei quali chi si occupa delle pulizie entra contatto con le persone, che spesso si trovano inoltre in un momento di difficoltà, è importante che si possa instaurare un rapporto di rispetto. Anche in questo caso, avere i medesimi collaboratori che entrano nella struttura, consente di rendere un servizio migliore al cliente.

In definitiva, un settore che sembra semplice come quello delle pulizie mostra molteplici sfaccettature. Saper cogliere le peculiarità di ogni ambito significa saper rispondere al meglio alle esigenze del cliente e metterlo nelle condizioni di contare anche sulle pulizie come aspetto integrante del proprio successo.

1° novembre 2019: abolizione delle azioni al portatore

Un’informativa sulle modifiche del Codice delle obbligazioni – decise dal Consiglio federale – che decretano l’abolizione delle azioni al portatore per le società non quotate in borsa.

Lo scorso 27 settembre il Consiglio federale ha stabilito che le modifiche del Codice delle obbligazioni che decretano l’abolizione delle azioni al portatore per le società non quotate in borsa decise dal Parlamento nel mese di giugno, sono entrate in vigore il 1° novembre 2019.

Le società avranno 18 mesi di tempo dall’entrata in vigore per adeguarsi a tale divieto e per modificare di conseguenza i propri statuti. Inoltre, dal mese di novembre in Svizzera non sarà più possibile costituire nuove società con titoli al portatore. 
Si consiglia pertanto a tutte le società con titoli al portatore di rivolgersi ai loro rispettivi notai di fiducia per procedere alle modifiche necessarie. In caso di inadempienza la nuova legge prevede sanzioni e l’annullamento delle azioni al portatore ancora esistenti entro 5 anni.

La riforma del sistema dell’IVA nell’UE: Quick Fixes

Il presente articolo a firma di Bernardo Lamoni è il terzo aggiornamento inerente la riforma del sistema dell’IVA nell’UE. I contenuti di questo testo saranno integrati anche durante il corso di formazione “IVA: Cessioni intracomunitarie” in agenda il 19 novembre.

In data 4 dicembre 2018 il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato una serie di misure urgenti, integrate nella normativa IVA comunitaria, denominate “Quick Fixes” e che riguardano quattro specifiche tematiche. Le misure sono finalizzate a migliorare il funzionamento pratico di determinate aree storicamente problematiche e saranno applicabili a partire dal 1° gennaio 2020 a tutti i soggetti passivi registrati ai fini IVA in uno Stato Membro dell’Unione Europea, senza distinzioni in base all’ubicazione della sede dell’attività operativa all’interno o all’esterno del territorio comunitario (1).

Di seguito le caratteristiche principali ed alcune osservazioni relative alle quattro misure adottate:

1 – Obbligo dell’acquirente di disporre di un numero di identificazione per le cessioni intracomunitarie

L’acquirente di una cessione intracomunitaria dovrà registrarsi ai fini dell’IVA in uno Stato diverso da quello in cui ha inizio il trasporto dei beni. Nel caso di una cessione intracomunitaria tra due operatori, l’acquirente sarà identificato nello Stato UE di destinazione dei beni.

L’adempimento di quest’obbligo rappresenta un requisito sostanziale per consentire al fornitore di applicare, per la cessione intracomunitaria, l’esenzione ad IVA nello Stato UE di partenza della spedizione.

L’attuale regime IVA prevede per il fornitore, l’obbligo di trasmissione dei dati alle autorità fiscali dello Stato UE di arrivo dei beni, attraverso l’inoltro degli elenchi riepilogativi. Tuttavia ad oggi, il mancato inoltro degli stessi comporta solamente l’applicazione di sanzioni, senza causare il diniego dell’esenzione all’IVA nel caso di cessioni intracomunitarie debitamente comprovabili.

Le modifiche in oggetto prevedono che anche la corretta presentazione degli elenchi riepilogativi diventino un requisito sostanziale per il riconoscimento dell’esenzione all’IVA alle cessioni intracomunitarie (2).

2 – Creazione di disposizioni comuni inerenti alle prove documentali del trasferimento fisico delle merci nell’ambito delle cessioni intracomunitarie

Il fornitore di una cessione intracomunitaria per poter beneficiare dell’esenzione all’IVA nello Stato UE di partenza del bene ha da sempre l’onere della prova del trasferimento fisico della merce. A tutt’oggi le normative UE non prevedono disposizioni comuni circa i documenti utilizzabili, lasciando ai singoli Stati l’emanazione di normative locali.

A partire dal 1° gennaio 2020 saranno considerati elementi di prova:

a) i documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, quali ad esempio un documento o una lettera CMR riportante la firma, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, oppure una fattura emessa dallo spedizioniere;

b) una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni; documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermino l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione; una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato UE

Nel caso in cui il trasporto sia organizzato dal venditore si presume avvenuto il trasferimento intracomunitario dei beni in presenza di almeno due elementi di prova non contradditori rilasciati da parti indipendenti dal venditore e dall’acquirente, di cui alla lettera a).

In via alternativa quando il venditore è in possesso di uno qualsiasi degli elementi probatori di cui alla lettera a), in combinazione con uno degli elementi probatori non contradditori di cui alla lettera b), che confermino il trasporto e che siano stati rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra e rispetto al venditore ed all’acquirente.

Inoltre, qualora il trasporto sia organizzato dall’acquirente occorrerà aggiungere come ulteriore elemento di prova, in aggiunta agli elementi prodotti secondo la combinazione summenzionata, una dichiarazione scritta rilasciata dall’acquirente che certifica che i beni sono stati trasportati da quest’ultimo in un determinato altro Stato UE.

Si tratta delle uniche disposizioni che non saranno integrate nella direttiva comunitaria sull’IVA 2006/112/CE ma che andranno a modificare il regolamento UE 282/2011. In quest’ambito è rimasta tuttavia invariata la disposizione contenuta nella direttiva che delega agli Stati UE la scelta della documentazione probatoria (3). Questo principio è stato citato anche dalla Corte di Giustizia Europea (4).

Occorreranno quindi ulteriori chiarimenti in merito alla possibilità di utilizzo degli attuali set documentali previsti in determinati Stati UE, come prove alternative, qualora la presunzione dell’avvenuto trasporto intracomunitario venisse rigettata da parte delle autorità fiscali, seguendo i nuovi criteri visti sopra (5).

Favorevoli in questo senso sono anche le note esplicative ai “Quick Fixes” (non vincolanti), che sono attualmente in fase di elaborazione da parte del Group of the Future of VAT, sottostante alla Direzione generale della fiscalità e dell’Unione doganale (TAXUD).

Infine il nuovo principio che esige che i documenti di trasporto intracomunitari debbano essere emessi da “parti indipendenti” andrebbe chiarito riguardo all’eventualità nella quale il trasporto dei beni sia effettuato con mezzi propri (esempio trasporto carburanti in autocisterne o in altri mezzi di trasporto) o con mezzi di trasporto di una società appartenente al medesimo gruppo.

3 – Disposizioni comuni in regime di “Call-off stock”

Le nuove disposizioni in regime di “Call-off stock” (conosciuto anche come “Consignment stock”), mirano ad evitare che un fornitore di uno stato UE, che detiene merci proprie in un altro Stato UE e le mette a disposizione di un suo cliente stabilito nel medesimo stato, debba anche identificarsi ad IVA nello Stato UE del cliente.

In una prima fase il trasferimento dei beni a destinazione del cliente, senza che vi sia passaggio di proprietà degli stessi, non ha rilevanza ai fini impositivi. Solamente al momento del prelevamento dei beni per le proprie necessità imprenditoriali da parte del cliente, si genererà una cessione intracomunitaria tra fornitore e cliente con relativo passaggio di proprietà. Evidentemente il trasferimento fisico intracomunitario dei beni ha già avuto luogo in precedenza.

Le attuali normative comunitarie sono per contro più articolate ed obbligano il fornitore a registrarsi nello Stato UE del cliente, poiché:

  • La spedizione della merce all’acquirente genera nello Stato UE del fornitore un trasferimento intracomunitario di beni “a sé stesso” in uscita, rilevante perciò ai fini IVA, da dichiarare con gli stessi criteri delle usuali cessioni intracomunitarie.
  • Il successivo l’arrivo della merce negli stabilimenti del cliente genera sempre per il fornitore un trasferimento di beni “a sé stesso” in entrata, pure rilevante ai fini IVA, da dichiarare con gli stessi criteri degli usuali acquisti intracomunitari nello Stato UE del cliente.
  • All’atto del successivo prelevamento dei beni da parte dell’acquirente si genererà la cessione rilevante ai fini dell’IVA che si qualificherà come cessione nazionale imponibile.

Va tuttavia precisato che alcuni Stati UE hanno già sviluppato misure di semplificazione personalizzate, attuabili solamente nel caso in cui lo Stato UE di controparte disponga di norme analoghe, allo scopo di evitare lacune di imposizione o doppie tassazioni.

A fronte di queste casistiche, si è quindi reso necessario formulare una solida base giuridica comune per permettere la sincronizzazione degli scambi commerciali di questo tipo e per evitare il rischio di eventuali ricorsi alla Corte di Giustizia Europea, la quale non avrebbe avuto alcuna normativa comunitaria di appoggio se chiamata ad esprimersi sulle misure semplificative unilateralmente adottate da taluni Stati UE.

Le nuove disposizioni potrebbero quindi essere interessanti anche per soggetti passivi non UE che già dispongono di un magazzino merci in uno Stato UE e che vorrebbero evitare di doversi registrare anche in un altro Stato UE dove dispongono di merci proprie presso un loro cliente secondo il regime in oggetto.

A livello pratico le nuove norme in regime di “Call-off stock” implicano alcune misure di gestione di tipo organizzativo ed informatico che vanno affrontate per tempo. Se la società effettua già cessioni intracomunitarie propriamente dette, dove cioè la fatturazione della cessione intracomunitaria è direttamente collegata alla documentazione di trasporto, essa dovrà prevedere nuove misure per i presenti casi di cessioni intracomunitarie “differite”. In questo caso infatti la documentazione di trasporto sarà collegata ai beni inizialmente trasferiti e dovrà in un secondo momento essere abbinata ai beni successivamente fatturati, in modo frazionato, al momento del prelevamento da parte del cliente. Il tutto dovrà essere predisposto anche in senso inverso in caso di reso.

4 – Disposizioni concernenti le operazioni a catena tra tre operatori, quando il trasporto è organizzato dall’operatore intermedio

Le operazioni a catena, rientranti nel campo di applicazione della proposta in oggetto, sono caratterizzate da cessioni successive della stessa merce che viene trasferita da uno Stato UE ad un altro Stato UE mediante un unico trasporto. Le operazioni a catena si differenziano dalle triangolazioni intracomunitarie (6) in quanto in quest’ultime l’operatore intermedio è identificato ad IVA in uno Stato UE terzo, che non deve quindi essere né lo Stato UE di partenza del trasporto delle merci, né lo Stato UE di destinazione delle stesse.

Nelle operazioni a catena tra tre operatori (A, B e C) l’assenza di disposizioni comunitarie aveva costretto varie volte i soggetti interessati a ricorrere alla Corte di Giustizia Europea (CGE) per conoscere il trattamento ad IVA delle due cessioni. Nelle sue sentenze la CGE aveva stabilito che in un’operazione a catena potevano realizzarsi due scenari:

  1. qualora la prima cessione fosse stata quella collegata al trasporto delle merci (cessione intracomunitaria da A a B, esente da IVA), la seconda andava qualificata come cessione nazionale nello Stato UE di destinazione delle merci (cessione imponibile da B a C).
  2. viceversa, qualora la seconda cessione fosse stata quella collegata al trasporto delle merci (cessione intracomunitaria da B a C, esente da IVA), la prima andava qualificata come cessione nazionale nello Stato UE di partenza delle merci (cessione imponibile da A a B).

Per quanto riguarda i criteri da considerare al fine di stabilire quando si sarebbe verificato il primo o il secondo scenario, la GCE stabiliva che la risposta dipendeva da una valutazione globale di tutte le circostanze del singolo caso che doveva essere effettuata dal giudice nazionale.

In particolare occorreva determinare “il momento in cui il potere di disporre del bene come proprietario era stato trasferito al destinatario finale. Infatti, nell’ipotesi in cui il secondo trasferimento del potere di disporre del bene come proprietario (cessione da B a C) avesse avuto luogo prima che fosse stato effettuato il trasporto intracomunitario, quest’ultimo non avrebbe più potuto essere imputato alla prima cessione in favore del primo acquirente.” In tal caso si sarebbe quindi realizzato il secondo scenario. Mentre nei rimanenti casi si sarebbe realizzato il primo scenario (7).

Questi criteri, di difficile realizzazione pratica, avevano generato parecchie insicurezze nelle amministrazioni fiscali dei vari Stati UE. Si è quindi reso necessario creare a livello di direttiva UE una nuova normativa più semplice e sicura.

I nuovi criteri, applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2020 e che determinano la cessione intracomunitaria quando il trasporto è organizzato dal fornitore intermedio B in un’operazione a catena tra tre operatori (A-B-C), dipendono esclusivamente dall’utilizzo della partita IVA da parte di B e si possono così riassumere:

  • se B è identificato ad IVA nello Stato UE di arrivo dei beni, la cessione tra A e B qualificherà come intracomunitaria e la successiva cessione tra B e C sarà imponibile nello Stato UE di destinazione dei beni,
  • mentre se B comunica ad A la propria partita IVA dello Stato UE di partenza, la cessione tra B e C qualificherà come intracomunitaria e l’anteposta cessione tra A e B sarà imponibile nello Stato UE nel quale ha avuto origine la spedizione.

Pur trattandosi di un passo importante e utile per i numerosi operatori attivi in campo intracomunitario, occorre tuttavia considerare che in alcune specifiche situazioni, ad esempio nel mercato delle materie prime, le cessioni a catena avvengono spesso tra numerosi operatori in un lasso di tempo assai ridotto. Questa nuova normativa dovrebbe quindi senz’altro essere ulteriormente approfondita ed affinata al fine di considerare le reali molteplici casistiche che posso presentarsi.

Per contro non si è ritenuto necessario estendere a livello di normativa comunitaria le ipotesi nelle quali il trasporto sia organizzato dal primo fornitore A o dall’ultimo acquirente C. In questi casi, la regola generalmente adottata dagli Stati UE è la seguente:

  • se il trasporto è organizzato da A: la cessione da A a B si qualificherà come intracomunitaria, mentre la successiva cessione da B a C sarà imponibile ad IVA nello Stato UE di destinazione;
  • mentre se il trasporto è organizzato da C: la cessione da A a B sarà imponibile nello Stato UE di partenza dei beni, la successiva cessione da B a C si qualificherà come intracomunitaria.

Queste semplici regole sono state considerate talmente ovvie da parte della Commissione Europea da ritenere superflua la loro integrazione nella nuova normativa in oggetto (8). Tuttavia proprio di recente la Corte di Giustizia ha avuto modo di esprimersi su un caso di cessione a catena nella quale il trasporto dei beni era organizzato dall’ultimo acquirente, ribadendo ancora una volta il proprio orientamento, come descritto precedentemente, alla luce di una “valutazione globale di tutte le circostanze del singolo caso” (9).  Un vero peccato che anche quest’ultime regole non siano state conglobate nelle presenti “Quick Fixes”.

Testo a cura di
Bernardo Lamoni,
MA Business and Economics Università di Zurigo
Fiduciario commercialista, Rappresentante IVA
Via Bosia 13, 6900 Paradiso
Email



Riferimenti: 

  1. Direttiva UE 2018/1910, Regolamenti di esecuzione UE 2018/1909 e 2018/1912 pubblicati nella Gazzetta ufficiale UE in data 7 dicembre 2018
  2. Art 138 Direttiva 2006/112/CE, modificato con decorrenza 1.1.2020
  3. Art 131 e Art 138, 1 della Direttiva 2006/112/CE
  4. Cfr. Sentenza CGE, causa C-26/16 del 14.06.2017 (Santogal)
  5. Cfr. nuovo Art 45 bis, cpv 2 Reg. n. 282/2011.
  6. Art 141 Direttiva 2006/112/CE
  7. Cfr ad esempio Sentenze CGE cause C-245/04 (EMAG) del 06.04.2006, oppure C-587/10 del 27.09.2012 (VSTR)
  8. Cfr. COM (2017) 569 final del 04.10.2017, versione italiana pag.12
  9. Sentenza CGE causa C-273/18 (Kursu Zeme) del 10.07.2019

Un tessuto economico dinamico e di qualità

Si è svolta il 18 ottobre 2019 a Bellinzona la 102esima Assemblea generale ordinaria della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti). Alla presenza di oltre 400 fra ospiti e delegati, in rappresentanza delle 44 associazioni di categoria affiliate alla Cc-Ti e degli oltre 900 soci individuali, Glauco Martinetti è stato confermato all’unanimità alla Presidenza fino al 2023.

Nel suo discorso, Martinetti ha sottolineato l’importanza di ritrovare un equilibrio di giudizio verso le aziende nella discussione pubblica. Il Direttore Luca Albertoni ha rilevato come il gettito fiscale delle persone giuridiche sia rimasto stabile nel corso dell’ultimo decennio, malgrado il tracollo delle entrate provenienti e generate dal settore bancario. Segno inequivocabile di un tessuto economico dinamico e di qualità.

L’ospite Lino Guzzella, Professore ETH Zürich, si è soffermato sul contesto svizzero quale luogo ideale per l’innovazione, sottolineando anche le importanti peculiarità ticinesi sul tema.

Nell’Ufficio presidenziale, composto da 21 membri, espressione di tutti i settori economici, sono stati nominati Roberto Bonfanti (settore dell’automobile), Alessandro Colombi (settore dell’editoria) e Didier Guglielmetti (settore dell’artigianato). Un ringraziamento particolare è stato rivolto agli uscenti Gianni Albertoni e Silvio Bizzini per la lunga militanza e il lavoro svolto nell’Ufficio presidenziale.

Nel suo discorso, il Presidente Glauco Martinetti ha sottolineato il sentore di una sempre crescente ostilità verso le aziende nella discussione pubblica. Una mancanza di equilibrio nei giudizi che danneggia non solo le imprese e il tessuto economico, ma tutto il cantone. L’auspicio è che anche al mondo imprenditoriale venga riconosciuta la credibilità che merita, sanzionando chi non rispetta le regole, ma rispettando il lavoro della stragrande maggioranza degli imprenditori onesti che contribuiscono alla crescita quantitativa e qualitativa del cantone. È pertanto necessario dire basta a un “gioco al massacro” finalizzato solo a raccogliere audience e “like”, per concentrarsi su un lavoro costruttivo, fatto di confronti anche duri ma basati sui fatti concreti.

Il Direttore Luca Albertoni ha posto l’accento sul fatto della crescita in termini di valore dell’economia cantonale, che ha saputo rimediare, grazie al suo tessuto diversificato, alla crisi che ha colpito il settore bancario. Ciò è dimostrato dal fatto che negli ultimi dieci anni il gettito fiscale generato dalle persone giuridiche è rimasto costante, malgrado quello prodotto dal settore bancario sia crollato. Luca Albertoni ha pure sottolineato con soddisfazione il fatto che il Consiglio di Stato qualche giorno fa ha risposto in maniera positiva a un’interpellanza interpartitica che chiede l’eliminazione di taluni doppioni dell’amministrazione cantonale e quindi di burocrazia inutile che ostacola il lavoro delle imprese.

L’ospite Lino Guzzella si è soffermato sui fattori-chiave del successo elvetico nel mondo e perché la Svizzera con la creatività e la capacità di rischiare si è issata in vetta alla classifica dei paesi più innovativi. Mantenendo condizioni-quadro favorevoli, la Svizzera ha buone possibilità di difendere la sua posizione e anche il Ticino può giocare un ruolo decisivo in questo contesto, grazie al forte sviluppo della spinta innovativa presente nel nostro cantone.

La prossima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti è prevista per il 16 ottobre 2020.

La Cc-Ti ringrazia i partner dell’evento: EFG Bank e Swisscom.

Documentazione utile

L’evento nei media

Highlights

Discorso del Presidente Glauco Martinetti per la 102esima AGO Cc-Ti

Ecco la versione integrale del discorso pronunciato dal Presidente Cc-Ti  in occasione della nostra 102esima Assemblea Generale Ordinaria, tenutasi il 18 ottobre 2019 presso l’Espocentro di Bellinzona. 

Non è mai facile trovare la partenza giusta per il mio discorso, tanti sono gli argomenti che vorrei affrontare… tanti davvero che ritengo da 1° pagina!

A nome delle 44 associazioni affiliate alla Cc-Ti, dei 930 soci individuali, in rappresentanza dei 135’000 ca. posti di lavoro e delle 19 Camere di commercio e dell’industria svizzere vi porgo il più cordiale benvenuto alla  102esima Assemblea generale ordinaria della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino.

Ritengo doveroso iniziare sottolineando il valore e il diversificato repertorio delle nostre attività proposte anche quest’anno. Un 2019 caratterizzato da un intenso lavoro a favore delle nostre imprese. Molti sono stati infatti i momenti informativi, dai Business Breakfast agli eventi tematici dedicati anche all’export, alla presentazione e alla visita di paesi, all’evoluzione dell’economia legata alla trasformazione digitale e così via…

Non dimentichiamo anche la vasta offerta formativa con corsi puntuali dedicati alla formazione continua nell’ambito della gestione aziendale: dal diritto alle risorse umane, dal marketing alle soft skills.
Una nota particolare voglio spenderla per la nostra scuola manageriale: sviluppata nel corso degli ultimi due anni, essa coinvolge decine di persone di ogni settore economico, di disparata formazione, di esperienza e aziende diverse, ma tutte desiderose di acquisire le conoscenze fondamentali per la gestione soprattutto delle piccole e medie aziende, che ricordiamolo sono la maggioranza del tessuto aziendale ticinese.
Tassello fondamentale, quello della nostra scuola manageriale, per incrementare le conoscenze di chi già opera in azienda ma ambisce a un ruolo dirigenziale. Si tratta di un nostro contributo concreto alla crescita e al miglioramento dei leader di oggi e di domani e quindi allo sviluppo responsabile dell’economia ticinese. Tassello che va ad aggiungersi, come detto, alla già ampia offerta formativa di corsi modulari dedicati alla formazione continua, frequentati in media da 1’500 persone all’anno. Numeri ragguardevoli per una struttura come la nostra, dedita a molte attività diverse e non solo alla formazione.

Numeri che raccontano un’economia dinamica e dalle numerose caratteristiche positive come abbiamo più volte sottolineato in questi anni.
Non ripeto quanto già detto lo scorso anno perché i contenuti del discorso del 2018 restano sempre d’attualità per quanto riguarda l’andamento generale, gli elementi da perfezionare, la capacità di autocritica nostra e delle aziende che rappresentiamo.
Di per sé un quadro molto positivo, ovviamente non perfetto, ma assolutamente positivo.

Eppure i “sì, ma” si sprecano e sono una costante quando osiamo mettere in evidenza le qualità del nostro territorio e delle nostre aziende. Qualità che sono appunto molte. “Sì, ma” che non vengono mai sollevati quando altri attori della vita sociale presentano situazioni basate su ipotesi, illazioni, situazioni dubbie tutte  da verificare  e che spesso si  rivelano strumentali. Queste vengono, anzi, considerate verità assolute e spacciate per tali con grande enfasi. E’ evidente che c’è qualcosa che non funziona. Oggettivamente constato, purtroppo, che noi vediamo la positività delle situazioni, ne parliamo attivamente, ma l’opinione pubblica non la sente.

Vediamo, parliamo, ma voi non sentite…

Ma perché? Ignoranza, nel senso etimologico del termine, cioè mancanza di conoscenza? Mancanza di volontà? Malafede?

Non ho una risposta ma è comunque fortemente sgradevole la sensazione che la valorizzazione dei punti di forza e dei punti positivi siano  trattati con diffidenza, mentre la marcatura delle debolezze sia considerata quasi alla  stregua di  un mantra da seguire  ciecamente  e con soddisfazione.

Constato, come dicevo prima e senza timore di essere smentito, che sempre più spesso inchieste fantasiose condotte senza alcuna base quantitativa e qualitativa per attestare malesseri di vario genere, imputabili inesorabilmente alle aziende, sono riprese acriticamente da tutti, senza alcun MA.

Salvo poi fare a pezzi in maniera impietosa, o nella migliore delle ipotesi con un pesante “sì, ma“, tutto quanto di positivo emerge dalle cerchie economiche, anche se suffragato dai fatti. Ad esempio sui dati positivi che scaturiscono dall’inchiesta congiunturale che conduciamo ogni anno su un campione, direi molto rappresentativo, di più di 300 aziende.

Unico cantone in Svizzera dove questo avviene, visto che nessuna delle altre Camere Svizzere che esegue lo stesso sondaggio, deve affrontare la messa in dubbio del principio e dei risultati. Critiche, osservazioni, come è normale che sia, ma nessuna delegittimazione a prescindere.
Senza citare altre pubblicazioni, frettolosamente tacciate come tarocche oppure stravolte, al punto da attribuirci affermazioni mai fatte e accusarci di un trionfalismo che non fa parte del nostro modo di porci di fronte sia alle analisi della situazione economica cantonale, sia ai nostri interlocutori.
Come se gli imprenditori, spesso dipinti come lamentosi per ottenere inconfessabili favori, diventassero strumentalmente ottimisti per ingannare la popolazione con un messaggio di esagerata e non veritiera positività. Quale dovrebbe essere il nostro tornaconto nel dipingere una realtà eccessivamente positiva? Assolutamente nessuno!
Lasciatemi dire che comincia a diventare una situazione ripetitiva e surreale, come è surreale la nemmeno troppo malcelata accusa di non essere attenti al territorio, salvo poi volutamente ignorare ogni nostra iniziativa costruttiva, comprese quelle rivolte a chi è più in difficoltà.

Ho gioco facile nel sottolineare ad esempio, fra le molte iniziative, la nostra collaborazione con l’Ufficio cantonale dell’invalidità per il reintegro professionale di persone che hanno problemi di salute. Collaborazione suggellata da un evento annuale purtroppo quasi completamente ignorato da media e politici. Probabilmente perché non c’è sentore di polemica e perché sfoderare un “sì, ma” sarebbe piuttosto difficile di fronte all’evidenza di una nostra sensibilità sociale innegabile e di cui andiamo molto fieri. Questa incapacità di ascolto  è molto grave: impedisce il dialogo e quindi anche la possibilità di un dibattito costruttivo per la crescita del paese e per procedere e produrre quelle riforme che sono essenziali per il nostro cantone.

Cito quella attualmente discussa in materia di fiscalità cantonale, fondamentale per mantenere il nostro cantone su un buon livello competitivo in campo nazionale e internazionale.

Qui mi permetto un inciso, tanto per non dare l’impressione di sole recriminazioni gratuite e generalizzate. Voglio ringraziare infatti i Consiglieri di Stato e il Cancelliere, presenti in forze questa sera, perché, al di là delle naturali divergenze di opinioni che possono esserci sui vari dossier, non ci negano mai la possibilità di confrontarci direttamente e di approfondire ogni tema importante. A volte si trovano dei compromessi, a volte no, ma questo fa parte del gioco. Ma l’ascolto non manca mai e di questo ne siamo profondamente riconoscenti.

Per chi non ascolta invece, la libertà economica e imprenditoriale sancita esplicitamente nell’articolo 27 della nostra Costituzione federale, sembra essere un valore trascurabile e comunque subordinato ad altri diritti, veri o presunti. No, la libertà economica, che permette l’attività di noi imprenditori e quindi la creazione della ricchezza, non è un valore trascurabile finito per caso nella nostra Magna Charta, ma è un principio fondamentale che ha permesso e permette alla Svizzera e al Ticino di prosperare. Certo, porta con sé i normali limiti imposti dal quadro legislativo, dall’equilibrio che va cercato costantemente con altri diritti costituzionali, ma indubbiamente il suo principio NON è negoziabile.

Qui sento già insorgere i paladini di un certo catastrofismo che dopo la nostra Assemblea dello scorso anno ebbero fortemente da ridire sulle mie considerazioni concernenti proprio la libertà economica e il relativo positivo sviluppo del nostro tessuto economico. Ignorando volutamente tutti i richiami, contenuti nello stesso discorso, sull’assoluta necessità di rispettare tutte le regole vigenti. Per noi è chiaro, e i fatti lo dicono in modo incontestabile, che chi opera fuori dalla legge non ha diritto di cittadinanza nella vita associativa. Abbiamo sempre detto e lo ribadiamo a chiare lettere che chi sgarra deve essere sanzionato. Ritengo doveroso sottolineare, però, che questo deve applicarsi a tutte le categorie della società e che tutti dovrebbero assumere le responsabilità dei propri comportamenti e ammetterne le conseguenze, prima di calare sentenze sulle aziende che operano in modo irreprensibile. Purtroppo, e lo dico con sincera tristezza, l’approfondimento, l’oggettività e l’equilibrio per molti non sembrano più valori importanti ed efficaci. Un equilibrio che avevo già invocato lo scorso anno, ma evidentemente invano… visto mi sembra non faccia passi avanti!

Eppure sostengo un equilibrio, un’oggettività e una ricerca approfondita dei fatti, che dovrebbero essere possibili senza forzi sovrumani.

Cito un titolo, e lo cito volutamente in versione originale e integrale:

Tessiner Wirtschaft wächst – aber niemenad glaubt es

Non si tratta di un’affermazione di qualche malcapitato turista germanico annebbiato dal nostro merlot. Molto più semplicemente è il titolo del servizio dedicato dalla radio e televisione della Svizzera tedesca, DRS, alla presentazione dello scorso mese di marzo della seconda edizione dello studio di BAK Economics sull’andamento economico del Cantone Ticino. Senza “sì, ma”, come si sono invece affrettati a ribattere molti osservatori i locali, fra cui anche i colleghi ticinesi  della stessa  DRS : ma non sono  la stessa azienda?  Misteri.

Ancora più misteriosa diventa questa stridente differenza di valutazione se si considera che la Svizzera tedesca di principio non ci regala nulla e quando deve essere critica con il Ticino non si risparmia. Ma un’analisi equilibrata e approfondita ha portato innanzitutto a un giudizio corrispondente alla realtà dei fatti, senza per questo omettere di evidenziare, giustamente, taluni punti critici della nostra realtà cantonale. E’ davvero così difficile essere più oggettivi?

Del resto, anche un noto e brillante economista ticinese, certo non sospettabile di appartenere alla temibile casta delle aziende, in un recente editoriale intitolato “Fuori dalla crisi: adesso!” ha apertamente elogiato il nostro lavoro di analisi. Non ha tralasciato i punti deboli del nostro sistema economico, ma ha smentito clamorosamente le cassandre di sventura.

Altro esempio: qualche settimana fa si è parlato del disagio sul lavoro, riferendosi esclusivamente alle aziende private e omettendo scientemente quelle para-pubbliche e pubbliche. Come se le debolezze dell’essere umano, perché infondo di “persone” stiamo parlando, si concentrassero e concretizzassero solo nelle aziende private, scomparendo magicamente nelle altre. Tutti sappiamo che la realtà non è questa, ma è certamente la realtà più comoda e facile da presentare agli altri.

Fra i molti esempi che ritengo poco edificanti ce n’è un altro che mi ha particolarmente colpito e che si poteva leggere su un portale ticinese poche settimane or sono, per mano di una persona oltretutto istruita. Essa ha affermato, testuale, che “Il Ticino è pieno (sottolineo PIENO) di datori di lavoro trogloditi”. Il tutto evidentemente fortemente poi enfatizzato a livello mediatico, presentando una mancanza assoluta di sensibilità e rispetto per un incalcolabile numero di neo mamme che verrebbero sistematicamente escluse dal mondo del lavoro.

Tutti noi siamo concordi nel sostenere che anche un solo caso di abuso sia da considerare uno di troppo e vada giustamente sanzionato dal punto di vista legale, ma mi permetto di asserire che i numeri reali, che vi invito a verificare, di questo sicuramente disdicevole fenomeno, rapportati ai 230’000 posti di lavoro di donne e uomini in Ticino, non danno il diritto ad insulti di questa portata e totalmente fuori misura.

È evidente che qualcuno in questo cantone ha ormai perso il senso della misura. Questo gioco al massacro non ci porterà da nessuna parte. Abbattere l’imprenditoria non farà certo progredire il cantone e ritengo che molti atteggiamenti accusatori a prescindere non siano più sostenibili.

Per questo penso che sia giunto il momento di dire BASTA! Basta con queste dinamiche. La ricerca disperata di audience non può giustificare qualsiasi cosa e non può esimere da un confronto sui fatti. Rischiamo la perdita di tanti valori che hanno fatto grande il Paese: la stabilità e la prevedibilità del sistema, la certezza del diritto, il principio di legalità, il rispetto della libertà economica e della proprietà privata, l’auto­ responsabilità, solo per citarne alcuni. Non è puntando il dito indistintamente contro tutto il mondo imprenditoriale, senza distinzioni fra i molti che “tirano la carretta” e i pochi che sgarrano, che si fa il bene di questo paese.

L’imprenditoria, quella SERIA che noi rappresentiamo, ha il diritto di essere ascoltata. Criticata quando è giusto farlo, elogiata quando è giusto farlo, certamente non bistrattata. Quando la prima virtù dovrebbe essere quella di rispettare le leggi e di creare posti di lavoro, concetti come “aziende virtuose” possono prestarsi a interpretazioni fuorvianti. Vi possono essere molte sfaccettature: talune aziende hanno più possibilità di offrire vantaggi alla società, altre devono lottare strenuamente nel quotidiano per sopravvivere. Ma non per questo le seconde sono meno virtuose delle prime.
Discorso complesso, ma proprio perché complesso è il sistema economico stesso e la complessità richiede, mi ripeto, equilibrio di analisi e di giudizio.

Non saremo noi a cambiare il mondo, nemmeno il micro-cosmo ticinese. Ma ci sforziamo tutti i giorni per dare il nostro contributo, lavorando seriamente e cercando di essere una vetrina privilegiata per mettere in evidenza le tantissime aziende che permettono a questo cantone di giocarsela con tante realtà mondiali considerate anche molto più competitive di noi. Parliamo di difficoltà di ogni genere, di disoccupazione, di assistenza, di quello che volete. Ma non dobbiamo avere vergogna ad ammettere che vi sono molte cose che funzionano bene. E’ solo con un vero dialogo che si possono affrontare e risolvere i problemi. Noi vogliamo dare voce alle persone, perché di persone sono fatte le aziende che noi tuteliamo.

Noi ci siamo. Agli ALTRI la facoltà di scegliere se le beghe strumentali sono più importanti di un reale lavoro comune nell’interesse di tutti.

In conclusione desidero ringraziare tutto lo staff della Camera, in primis il nostro Direttore Luca Albertoni, che con grande dedizione e professionalità operano a favore di tutte le aziende: grandi, medie, piccole, rivolte al mercato interno o esportatrici. Esattamente come deve essere per un’associazione-mantello.

Vi segnalo infine la data dell’Assemblea Generale Ordinaria Cc-Ti per il prossimo anno, cioè venerdì 16 ottobre 2020.

Un’economia competitiva e innovativa grazie alla tecnologia 5G

Un medico potrà operare un paziente anche se fisicamente si troverà dall’altra parte del mondo? Uno scenario futuristico ma non così distante. È con questo esempio di applicazione della tecnologia 5G che è stata inaugurata la conferenza “L’importanza del 5G per la nostra economia” tenutasi al Palazzo dei Congressi il 15 ottobre e organizzata da Swisscom in collaborazione con la Cc-Ti e AITI.

Ogni giorno viene scambiata una quantità enorme di dati. Questo volume raddoppia ogni 12-18 mesi e le reti attuali sono ormai giunte ai loro limiti. È quindi necessario un ammodernamento delle reti di telefonia mobile con una tecnologia che permetta uno scambio di dati 10 volte superiore. Il 5G si appresta a varcare le soglie di una nuova era poiché la sua applicazione permetterà di offrire numerosi nuovi servizi e soluzioni in svariati campi.

Durante la conferenza non sono mancati anche gli aspetti politici. A portare la voce dell’industria, il Consigliere nazionale Fabio Regazzi (anche Presidente di AITI) ha ricordato che se si vuole cavalcare le opportunità della digitalizzazione occorrono condizioni quadro favorevoli atte a sviluppare l’infrastruttura 5G in tutta la Svizzera. A fargli eco il Sindaco di Lugano Marco Borradori, che ha sottolineato l’importanza per una città di avere un piano di gestione per le antenne, come ha fatto proprio Lugano tramite una variante di Piano regolatore. Ad intervenire anche il Rettore dell’USI Boas Erez, che ha evidenziato come la diffusione del 5G è anche un problema culturale e che le critiche oggi sollevate devono essere prese sul serio.

Valore aggiunto grazie al 5G

Secondo uno studio, presentato da Alessandra Gianella, Responsabile di economiesuisse per la Svizzera italiana, grazie al 5G l’economia elvetica sarà in grado di generare un valore aggiunto supplementare per 2 miliardi di franchi e creare entro il 2030 oltre 137’000 nuovi impieghi. La nuova tecnologia avrà anche effetti indiretti positivi su svariati settori. Un esempio è quello della sanità dove vi potrà essere il trattamento e la condivisione dei dati in tempo reale tra pazienti, fornitori di assistenza e terze parti. Oppure nella mobilità dove si potrà gestire al meglio il traffico, la sicurezza o anche la performance dei veicoli analizzando le prestazioni dei loro componenti. Di fronte alle numerose applicazioni della tecnologia 5G, non bisogna rimanere indietro e la Svizzera non può rimanere a guardare di fronte a questi sviluppi tecnici e a queste nuove opportunità.

“Il 5G può salvarti la vita”. Con questo titolo, il CEO di Dos Group nonché capo del Soccorso Alpino Ticino Stefano Doninelli ha presentato le applicazioni sviluppate dalla sua azienda nel campo dei primi soccorsi d’intervento. Una rete 5G si inserisce anche in questo contesto poiché migliora la velocità di trasmissione e di elaborazione dei dati raccogliendo più informazioni per analizzare al meglio le situazioni di emergenza. 

I vantaggi del 5G sono stati elencati anche da Stefano Santinelli, Delegato del CEO Swisscom per la Svizzera italiana: maggiore velocità, capacità, efficienza energetica, rapidità di reazione, disponibilità garantite,… Oggi però la rete è al suo utilizzo massimo e va aggiornata. Entro la fine del 2019, il 90% delle antenne Swisscom sarà quindi supportata dalla nuova tecnologia 5G (in Ticino – dove oggi vi sono già 10 antenne – se ne conteranno 16).

Anche il Direttore della Cc-Ti Luca Albertoni era intervenuto nel corso della conferenza stampa antecedente l’evento, focalizzando i vantaggi che la velocità di rete potrà avere per alcuni settori.

“Se vogliamo rimanere innovativi e competitivi dobbiamo cogliere ogni opportunità di progresso. E il 5G è una di queste”, è così che Rocco Cattaneo, Consigliere nazionale e membro dell’Ufficio Presidenziale della Cc-Ti ha concluso l’evento.

Il potenziamento della rete 5G va quindi sostenuto perché nessun’altra tecnologia alternativa consente una così ampia gamma di applicazioni orientate al futuro e di alta qualità.

Pensare a un progetto Ticino condiviso

La 102esima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti

Un Ticino dai molteplici settori

A sei mesi dal suo inizio, la nuova legislatura non sembra lanciata verso i temi prioritari. Risanate le finanze cantonali, vi erano legittime speranze che si riprendesse finalmente a fare davvero politica, a progettare il futuro del Ticino confrontandosi su progetti costruttivi e non perdendosi solo in contrapposizioni. Ma il dibattito parlamentare sul bilancio consuntivo, nonostante i 130 milioni di avanzo, e la minaccia di un altro referendum contro la riforma fiscale, lasciano presagire un ulteriore quadriennio all’insegna della conflittualità che rischia d’immobilizzare ancora il Paese. Una situazione che aggravata da altri fattori d’incertezza, sia nazionali che internazionali, non può non preoccupare il mondo economico.

È su questo sfondo che il 18 ottobre, all’Espocentro di Bellinzona, la Cc-Ti terrà la sua 102esima Assemblea Generale Ordinaria.

Oltre un secolo di storia a fianco delle imprese, a difesa della libertà imprenditoriale, della cultura del dialogo tra le parti sociali e del confronto costruttivo con le forze politiche nell’interesse di tutto il Cantone. Una tradizione e un impegno che rappresentano un sicuro punto di riferimento e orientamento per affrontare ora una fase molto delicata per la nostra economia.
Su di essa pesano, infatti, gli effetti della guerra dei dazi tra USA e Cina con i danni collaterali prodotti da un protezionismo che sta frenando la congiuntura mondiale. Pesano la rivalutazione del franco che penalizza l’industria dell’export e limita la capacità d’investimento delle aziende, l’incertezza nei rapporti con l’UE, il principale partner commerciale della Svizzera, e le conseguenze della Brexit. Ecco perché, rispetto a questo contesto internazionale poco rassicurante, le nostre imprese si sarebbero aspettate, e si aspettano, dalla nuova legislatura una svolta decisa per lasciarsi alle spalle un decennio difficile. Inasprito da tre crisi economiche e contrassegnato da una regressione del dibattito politico che ha svilito le potenzialità di un territorio al centro delle maggiori aree produttive d’Europa e mortificato la voglia di fare degli imprenditori.

Sono stati anni di attacchi sistematici alla libertà d’impresa, di progressivo irrigidimento del mercato del lavoro che ha reso ancora più difficile reperire la manodopera qualificata indispensabile per la crescita, di criminalizzazione strisciante dell’economia e d’irridente svalorizzazione della cultura del dialogo come ricerca di soluzioni condivise. Oggi c’è da ricostruire un tessuto politico che non sia prigioniero solo di pregiudizi, ma che si riapra senza tabù all’ascolto e recuperi la capacità di una visione d’insieme del sistema. È questa la premessa per pensare fattivamente ad un “Progetto Ticino” che, dalla fiscalità alla scuola, dalla mobilità alle infrastrutture civili, si attrezzi per affrontare le sfide contemporanee. Con la necessità di percorsi formativi orientati verso i nuovi lavori, di reti di connessione estese su tutto il Cantone e servizi per gestire il flusso crescente di dati. Ma soprattutto con una forte capacità d’innovazione istituzionale per governare un salto tecnologico che sta già cambiando la società.

Troppe regolamentazioni soffocano le imprese

Secondo il Presidente Cc-Ti, Glauco Martinetti, le aziende dovranno affrontare nuove sfide nel prossimo futuro. Ecco le sue riflessioni nella nostra intervista. 

Siamo alla 102esima Assemblea della Camera di commercio e dell’industria, tanta storia alle spalle, ma guardando al futuro quali nuove sfide attendono la Cc-Ti?

L’acronimo VUCA (volatility, uncertainty, complexity and ambiguity) riassume bene la situazione attuale: volatile, incerta, complessa, ambigua – risponde Glauco Martinetti, Presidente della Cc-Ti –. Lo spazio in cui la Camera opera non si sottrae a questa regola: imprenditori basati in Ticino ma con relazioni internazionali. Seguire questa dinamica ed essere però di supporto a tutte le aziende sono le sfide che ci attendono.

Da sei mesi in Ticino è iniziata una nuova legislatura, cosa si aspetta il mondo economico dal Governo e dal nuovo Parlamento?

A nostro giudizio la politica ha esagerato in regolamentazioni arrivando ad asfissiare la volontà imprenditoriale. Chiederei quindi al legislativo di limitare fortemente la creazione di nuove leggi e all’esecutivo di sfoltire i ranghi, laddove non ci sono chiare necessità.

Da tempo le aziende segnalano notevoli problemi nel reperire personale qualificato. Difficoltà accentuate spesso dagli ostacoli nel concedere permessi di lavoro e di dimora. Tutto ciò non rischia di frenare lo sviluppo delle imprese?

La nostra indagine congiunturale presso le aziende ticinesi rileva costantemente queste difficoltà di reclutamento e qualche difficoltà di troppo nelle procedure. Le stesse aziende si dimostrano però flessibili e riescono spesso a relativizzare l’impatto negativo di queste mancate assunzioni. Personalmente credo che abbiamo un certo potenziale negli «expat» ticinesi oltre Gottardo.

Finalmente le finanze cantonali sono state risanate. Dopo anni in cui il confronto politico è sempre rimasto pressoché inchiodato sulle questioni contabili, pensa che si riprenderà a fare davvero politica?

È sempre difficile fare di ogni erba un fascio, ma non credo che torneremo facilmente verso una politica costruttiva. Vedo posizioni molto rigide, dogmatiche, poca volontà nel fare passi avanti. Credo che abbiamo sprecato molte occasioni di fare una “buona politica”. Inoltre, non abbiamo esempi virtuosi vicino a noi da prendere come modello.

Nonostante i 30 milioni per investimenti nella scuola e nella socialità, da sinistra si minaccia il referendum contro il nuovo pacchetto di sgravi fiscali. Come spiega questo continuo irrigidimento della sinistra sul fisco, al punto di sconfessare ancora il consigliere di Stato socialista?

È evidentemente un grande problema. Abbiamo una società mondiale che sempre più sovente crea ricchezza senza impiegare il fattore lavoro. Questo sembra legittimare la sinistra nella sua lotta continua. Quindi l’imprenditore che crea ricchezza con il lavoro si sente fortemente attaccato e ingiustamente non capito. L’errore della sinistra ticinese è non capire che da noi l’imprenditore è il vero creatore di ricchezza e va protetto, non attaccato.

Un’economia diversificata da tutelare

Una riflessione del Direttore Cc-Ti Luca Albertoni sull’economia cantonale, in vista della prossima 102esima Assemblea Generale Ordinaria Cc-Ti del 18.10.2019.

Una caratteristica spesso sottovalutata dell’economia ticinese è il suo tessuto molto diversificato, che ha permesso di mantenere l’andamento generale su buoni livelli malgrado periodi turbolenti che hanno messo parecchio in difficoltà diverse regioni svizzere, magari anche più blasonate della nostra, almeno sulla carta. Taluni Cantoni, legati più a una “monocultura” economica, cioè a pochi o addirittura a un solo settore trainante, hanno pagato dazio più importante rispetto al Ticino, la cui economia ha saputo compensare la perdita di 100 milioni di gettito fiscale proveniente dal settore finanziario con una cifra equivalente derivante da altre attività economiche. Mica noccioline. Una prestazione notevole, forse considerata scomoda perché proveniente in parte da settori impopolari, genericamente identificati con il termine di “multinazionali”, dimenticando, forse volutamente, che sono spesso proprio le discusse multinazionali a disporre dei mezzi per implementare, ad esempio, le misure legate a quella che oggi si definisce la “Responsabilità sociale delle imprese”. Più spesso le strutture piccole fanno più fatica e hanno spesso altre preoccupazioni legate alla pura e semplice sopravvivenza. Va comunque detto che oggi le “etichette” per le imprese sono sempre più volubili, perché ad esempio, “multinazionale” non è più per forza solo la Nestlé (tanto per fare un nome) o una grande impresa, ma può essere anche una struttura più piccola. Non sono del resto rari i casi di strutture di dimensioni ridotte che generano cifre d’affari, gettito fiscale e monti-stipendi molto importanti. Interessante a questo proposito rilevare come il 90% delle imprese esportatrici svizzere siano PMI (45’600 aziende) e che esse generano il 45,4% del valore delle esportazioni di beni e servizi. Il ciclo virtuoso creato fra grandi e piccole aziende va tutelato perché è un elemento di forza e di equilibrio e l’affascinante adagio “Small is beautiful” non è sempre l’unica via.