Ecco la versione integrale del discorso pronunciato dal Presidente Cc-Ti in occasione della nostra 102esima Assemblea Generale Ordinaria, tenutasi il 18 ottobre 2019 presso l’Espocentro di Bellinzona.
Non è mai facile trovare la partenza giusta per il mio discorso, tanti sono gli argomenti che vorrei affrontare… tanti davvero che ritengo da 1° pagina!
A nome delle 44 associazioni affiliate alla Cc-Ti, dei 930 soci individuali, in rappresentanza dei 135’000 ca. posti di lavoro e delle 19 Camere di commercio e dell’industria svizzere vi porgo il più cordiale benvenuto alla 102esima Assemblea generale ordinaria della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino.
Ritengo doveroso iniziare sottolineando il valore e il diversificato repertorio delle nostre attività proposte anche quest’anno. Un 2019 caratterizzato da un intenso lavoro a favore delle nostre imprese. Molti sono stati infatti i momenti informativi, dai Business Breakfast agli eventi tematici dedicati anche all’export, alla presentazione e alla visita di paesi, all’evoluzione dell’economia legata alla trasformazione digitale e così via…
Non dimentichiamo anche la vasta offerta formativa con corsi puntuali dedicati alla formazione continua nell’ambito della gestione aziendale: dal diritto alle risorse umane, dal marketing alle soft skills.
Una nota particolare voglio spenderla per la nostra scuola manageriale: sviluppata nel corso degli ultimi due anni, essa coinvolge decine di persone di ogni settore economico, di disparata formazione, di esperienza e aziende diverse, ma tutte desiderose di acquisire le conoscenze fondamentali per la gestione soprattutto delle piccole e medie aziende, che ricordiamolo sono la maggioranza del tessuto aziendale ticinese.
Tassello fondamentale, quello della nostra scuola manageriale, per incrementare le conoscenze di chi già opera in azienda ma ambisce a un ruolo dirigenziale. Si tratta di un nostro contributo concreto alla crescita e al miglioramento dei leader di oggi e di domani e quindi allo sviluppo responsabile dell’economia ticinese. Tassello che va ad aggiungersi, come detto, alla già ampia offerta formativa di corsi modulari dedicati alla formazione continua, frequentati in media da 1’500 persone all’anno. Numeri ragguardevoli per una struttura come la nostra, dedita a molte attività diverse e non solo alla formazione.
Numeri che raccontano un’economia dinamica e dalle numerose caratteristiche positive come abbiamo più volte sottolineato in questi anni.
Non ripeto quanto già detto lo scorso anno perché i contenuti del discorso del 2018 restano sempre d’attualità per quanto riguarda l’andamento generale, gli elementi da perfezionare, la capacità di autocritica nostra e delle aziende che rappresentiamo.
Di per sé un quadro molto positivo, ovviamente non perfetto, ma assolutamente positivo.
Eppure i “sì, ma” si sprecano e sono una costante quando osiamo mettere in evidenza le qualità del nostro territorio e delle nostre aziende. Qualità che sono appunto molte. “Sì, ma” che non vengono mai sollevati quando altri attori della vita sociale presentano situazioni basate su ipotesi, illazioni, situazioni dubbie tutte da verificare e che spesso si rivelano strumentali. Queste vengono, anzi, considerate verità assolute e spacciate per tali con grande enfasi. E’ evidente che c’è qualcosa che non funziona. Oggettivamente constato, purtroppo, che noi vediamo la positività delle situazioni, ne parliamo attivamente, ma l’opinione pubblica non la sente.
Vediamo, parliamo, ma voi non sentite…
Ma perché? Ignoranza, nel senso etimologico del termine, cioè mancanza di conoscenza? Mancanza di volontà? Malafede?
Non ho una risposta ma è comunque fortemente sgradevole la sensazione che la valorizzazione dei punti di forza e dei punti positivi siano trattati con diffidenza, mentre la marcatura delle debolezze sia considerata quasi alla stregua di un mantra da seguire ciecamente e con soddisfazione.
Constato, come dicevo prima e senza timore di essere smentito, che sempre più spesso inchieste fantasiose condotte senza alcuna base quantitativa e qualitativa per attestare malesseri di vario genere, imputabili inesorabilmente alle aziende, sono riprese acriticamente da tutti, senza alcun MA.
Salvo poi fare a pezzi in maniera impietosa, o nella migliore delle ipotesi con un pesante “sì, ma“, tutto quanto di positivo emerge dalle cerchie economiche, anche se suffragato dai fatti. Ad esempio sui dati positivi che scaturiscono dall’inchiesta congiunturale che conduciamo ogni anno su un campione, direi molto rappresentativo, di più di 300 aziende.
Unico cantone in Svizzera dove questo avviene, visto che nessuna delle altre Camere Svizzere che esegue lo stesso sondaggio, deve affrontare la messa in dubbio del principio e dei risultati. Critiche, osservazioni, come è normale che sia, ma nessuna delegittimazione a prescindere.
Senza citare altre pubblicazioni, frettolosamente tacciate come tarocche oppure stravolte, al punto da attribuirci affermazioni mai fatte e accusarci di un trionfalismo che non fa parte del nostro modo di porci di fronte sia alle analisi della situazione economica cantonale, sia ai nostri interlocutori.
Come se gli imprenditori, spesso dipinti come lamentosi per ottenere inconfessabili favori, diventassero strumentalmente ottimisti per ingannare la popolazione con un messaggio di esagerata e non veritiera positività. Quale dovrebbe essere il nostro tornaconto nel dipingere una realtà eccessivamente positiva? Assolutamente nessuno!
Lasciatemi dire che comincia a diventare una situazione ripetitiva e surreale, come è surreale la nemmeno troppo malcelata accusa di non essere attenti al territorio, salvo poi volutamente ignorare ogni nostra iniziativa costruttiva, comprese quelle rivolte a chi è più in difficoltà.
Ho gioco facile nel sottolineare ad esempio, fra le molte iniziative, la nostra collaborazione con l’Ufficio cantonale dell’invalidità per il reintegro professionale di persone che hanno problemi di salute. Collaborazione suggellata da un evento annuale purtroppo quasi completamente ignorato da media e politici. Probabilmente perché non c’è sentore di polemica e perché sfoderare un “sì, ma” sarebbe piuttosto difficile di fronte all’evidenza di una nostra sensibilità sociale innegabile e di cui andiamo molto fieri. Questa incapacità di ascolto è molto grave: impedisce il dialogo e quindi anche la possibilità di un dibattito costruttivo per la crescita del paese e per procedere e produrre quelle riforme che sono essenziali per il nostro cantone.
Cito quella attualmente discussa in materia di fiscalità cantonale, fondamentale per mantenere il nostro cantone su un buon livello competitivo in campo nazionale e internazionale.
Qui mi permetto un inciso, tanto per non dare l’impressione di sole recriminazioni gratuite e generalizzate. Voglio ringraziare infatti i Consiglieri di Stato e il Cancelliere, presenti in forze questa sera, perché, al di là delle naturali divergenze di opinioni che possono esserci sui vari dossier, non ci negano mai la possibilità di confrontarci direttamente e di approfondire ogni tema importante. A volte si trovano dei compromessi, a volte no, ma questo fa parte del gioco. Ma l’ascolto non manca mai e di questo ne siamo profondamente riconoscenti.
Per chi non ascolta invece, la libertà economica e imprenditoriale sancita esplicitamente nell’articolo 27 della nostra Costituzione federale, sembra essere un valore trascurabile e comunque subordinato ad altri diritti, veri o presunti. No, la libertà economica, che permette l’attività di noi imprenditori e quindi la creazione della ricchezza, non è un valore trascurabile finito per caso nella nostra Magna Charta, ma è un principio fondamentale che ha permesso e permette alla Svizzera e al Ticino di prosperare. Certo, porta con sé i normali limiti imposti dal quadro legislativo, dall’equilibrio che va cercato costantemente con altri diritti costituzionali, ma indubbiamente il suo principio NON è negoziabile.
Qui sento già insorgere i paladini di un certo catastrofismo che dopo la nostra Assemblea dello scorso anno ebbero fortemente da ridire sulle mie considerazioni concernenti proprio la libertà economica e il relativo positivo sviluppo del nostro tessuto economico. Ignorando volutamente tutti i richiami, contenuti nello stesso discorso, sull’assoluta necessità di rispettare tutte le regole vigenti. Per noi è chiaro, e i fatti lo dicono in modo incontestabile, che chi opera fuori dalla legge non ha diritto di cittadinanza nella vita associativa. Abbiamo sempre detto e lo ribadiamo a chiare lettere che chi sgarra deve essere sanzionato. Ritengo doveroso sottolineare, però, che questo deve applicarsi a tutte le categorie della società e che tutti dovrebbero assumere le responsabilità dei propri comportamenti e ammetterne le conseguenze, prima di calare sentenze sulle aziende che operano in modo irreprensibile. Purtroppo, e lo dico con sincera tristezza, l’approfondimento, l’oggettività e l’equilibrio per molti non sembrano più valori importanti ed efficaci. Un equilibrio che avevo già invocato lo scorso anno, ma evidentemente invano… visto mi sembra non faccia passi avanti!
Eppure sostengo un equilibrio, un’oggettività e una ricerca approfondita dei fatti, che dovrebbero essere possibili senza forzi sovrumani.
Cito un titolo, e lo cito volutamente in versione originale e integrale:
Tessiner Wirtschaft wächst – aber niemenad glaubt es
Non si tratta di un’affermazione di qualche malcapitato turista germanico annebbiato dal nostro merlot. Molto più semplicemente è il titolo del servizio dedicato dalla radio e televisione della Svizzera tedesca, DRS, alla presentazione dello scorso mese di marzo della seconda edizione dello studio di BAK Economics sull’andamento economico del Cantone Ticino. Senza “sì, ma”, come si sono invece affrettati a ribattere molti osservatori i locali, fra cui anche i colleghi ticinesi della stessa DRS : ma non sono la stessa azienda? Misteri.
Ancora più misteriosa diventa questa stridente differenza di valutazione se si considera che la Svizzera tedesca di principio non ci regala nulla e quando deve essere critica con il Ticino non si risparmia. Ma un’analisi equilibrata e approfondita ha portato innanzitutto a un giudizio corrispondente alla realtà dei fatti, senza per questo omettere di evidenziare, giustamente, taluni punti critici della nostra realtà cantonale. E’ davvero così difficile essere più oggettivi?
Del resto, anche un noto e brillante economista ticinese, certo non sospettabile di appartenere alla temibile casta delle aziende, in un recente editoriale intitolato “Fuori dalla crisi: adesso!” ha apertamente elogiato il nostro lavoro di analisi. Non ha tralasciato i punti deboli del nostro sistema economico, ma ha smentito clamorosamente le cassandre di sventura.
Altro esempio: qualche settimana fa si è parlato del disagio sul lavoro, riferendosi esclusivamente alle aziende private e omettendo scientemente quelle para-pubbliche e pubbliche. Come se le debolezze dell’essere umano, perché infondo di “persone” stiamo parlando, si concentrassero e concretizzassero solo nelle aziende private, scomparendo magicamente nelle altre. Tutti sappiamo che la realtà non è questa, ma è certamente la realtà più comoda e facile da presentare agli altri.
Fra i molti esempi che ritengo poco edificanti ce n’è un altro che mi ha particolarmente colpito e che si poteva leggere su un portale ticinese poche settimane or sono, per mano di una persona oltretutto istruita. Essa ha affermato, testuale, che “Il Ticino è pieno (sottolineo PIENO) di datori di lavoro trogloditi”. Il tutto evidentemente fortemente poi enfatizzato a livello mediatico, presentando una mancanza assoluta di sensibilità e rispetto per un incalcolabile numero di neo mamme che verrebbero sistematicamente escluse dal mondo del lavoro.
Tutti noi siamo concordi nel sostenere che anche un solo caso di abuso sia da considerare uno di troppo e vada giustamente sanzionato dal punto di vista legale, ma mi permetto di asserire che i numeri reali, che vi invito a verificare, di questo sicuramente disdicevole fenomeno, rapportati ai 230’000 posti di lavoro di donne e uomini in Ticino, non danno il diritto ad insulti di questa portata e totalmente fuori misura.
È evidente che qualcuno in questo cantone ha ormai perso il senso della misura. Questo gioco al massacro non ci porterà da nessuna parte. Abbattere l’imprenditoria non farà certo progredire il cantone e ritengo che molti atteggiamenti accusatori a prescindere non siano più sostenibili.
Per questo penso che sia giunto il momento di dire BASTA! Basta con queste dinamiche. La ricerca disperata di audience non può giustificare qualsiasi cosa e non può esimere da un confronto sui fatti. Rischiamo la perdita di tanti valori che hanno fatto grande il Paese: la stabilità e la prevedibilità del sistema, la certezza del diritto, il principio di legalità, il rispetto della libertà economica e della proprietà privata, l’auto responsabilità, solo per citarne alcuni. Non è puntando il dito indistintamente contro tutto il mondo imprenditoriale, senza distinzioni fra i molti che “tirano la carretta” e i pochi che sgarrano, che si fa il bene di questo paese.
L’imprenditoria, quella SERIA che noi rappresentiamo, ha il diritto di essere ascoltata. Criticata quando è giusto farlo, elogiata quando è giusto farlo, certamente non bistrattata. Quando la prima virtù dovrebbe essere quella di rispettare le leggi e di creare posti di lavoro, concetti come “aziende virtuose” possono prestarsi a interpretazioni fuorvianti. Vi possono essere molte sfaccettature: talune aziende hanno più possibilità di offrire vantaggi alla società, altre devono lottare strenuamente nel quotidiano per sopravvivere. Ma non per questo le seconde sono meno virtuose delle prime.
Discorso complesso, ma proprio perché complesso è il sistema economico stesso e la complessità richiede, mi ripeto, equilibrio di analisi e di giudizio.
Non saremo noi a cambiare il mondo, nemmeno il micro-cosmo ticinese. Ma ci sforziamo tutti i giorni per dare il nostro contributo, lavorando seriamente e cercando di essere una vetrina privilegiata per mettere in evidenza le tantissime aziende che permettono a questo cantone di giocarsela con tante realtà mondiali considerate anche molto più competitive di noi. Parliamo di difficoltà di ogni genere, di disoccupazione, di assistenza, di quello che volete. Ma non dobbiamo avere vergogna ad ammettere che vi sono molte cose che funzionano bene. E’ solo con un vero dialogo che si possono affrontare e risolvere i problemi. Noi vogliamo dare voce alle persone, perché di persone sono fatte le aziende che noi tuteliamo.
Noi ci siamo. Agli ALTRI la facoltà di scegliere se le beghe strumentali sono più importanti di un reale lavoro comune nell’interesse di tutti.
In conclusione desidero ringraziare tutto lo staff della Camera, in primis il nostro Direttore Luca Albertoni, che con grande dedizione e professionalità operano a favore di tutte le aziende: grandi, medie, piccole, rivolte al mercato interno o esportatrici. Esattamente come deve essere per un’associazione-mantello.
Vi segnalo infine la data dell’Assemblea Generale Ordinaria Cc-Ti per il prossimo anno, cioè venerdì 16 ottobre 2020.
1° novembre 2019: abolizione delle azioni al portatore
/in Diritto, TematicheUn’informativa sulle modifiche del Codice delle obbligazioni – decise dal Consiglio federale – che decretano l’abolizione delle azioni al portatore per le società non quotate in borsa.
Lo scorso 27 settembre il Consiglio federale ha stabilito che le modifiche del Codice delle obbligazioni che decretano l’abolizione delle azioni al portatore per le società non quotate in borsa decise dal Parlamento nel mese di giugno, sono entrate in vigore il 1° novembre 2019.
Le società avranno 18 mesi di tempo dall’entrata in vigore per adeguarsi a tale divieto e per modificare di conseguenza i propri statuti. Inoltre, dal mese di novembre in Svizzera non sarà più possibile costituire nuove società con titoli al portatore.
Si consiglia pertanto a tutte le società con titoli al portatore di rivolgersi ai loro rispettivi notai di fiducia per procedere alle modifiche necessarie. In caso di inadempienza la nuova legge prevede sanzioni e l’annullamento delle azioni al portatore ancora esistenti entro 5 anni.
La riforma del sistema dell’IVA nell’UE: Quick Fixes
/in Internazionale, TematicheIl presente articolo a firma di Bernardo Lamoni è il terzo aggiornamento inerente la riforma del sistema dell’IVA nell’UE. I contenuti di questo testo saranno integrati anche durante il corso di formazione “IVA: Cessioni intracomunitarie” in agenda il 19 novembre.
In data 4 dicembre 2018 il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato una serie di misure urgenti, integrate nella normativa IVA comunitaria, denominate “Quick Fixes” e che riguardano quattro specifiche tematiche. Le misure sono finalizzate a migliorare il funzionamento pratico di determinate aree storicamente problematiche e saranno applicabili a partire dal 1° gennaio 2020 a tutti i soggetti passivi registrati ai fini IVA in uno Stato Membro dell’Unione Europea, senza distinzioni in base all’ubicazione della sede dell’attività operativa all’interno o all’esterno del territorio comunitario (1).
Di seguito le caratteristiche principali ed alcune osservazioni relative alle quattro misure adottate:
1 – Obbligo dell’acquirente di disporre di un numero di identificazione per le cessioni intracomunitarie
L’acquirente di una cessione intracomunitaria dovrà registrarsi ai fini dell’IVA in uno Stato diverso da quello in cui ha inizio il trasporto dei beni. Nel caso di una cessione intracomunitaria tra due operatori, l’acquirente sarà identificato nello Stato UE di destinazione dei beni.
L’adempimento di quest’obbligo rappresenta un requisito sostanziale per consentire al fornitore di applicare, per la cessione intracomunitaria, l’esenzione ad IVA nello Stato UE di partenza della spedizione.
L’attuale regime IVA prevede per il fornitore, l’obbligo di trasmissione dei dati alle autorità fiscali dello Stato UE di arrivo dei beni, attraverso l’inoltro degli elenchi riepilogativi. Tuttavia ad oggi, il mancato inoltro degli stessi comporta solamente l’applicazione di sanzioni, senza causare il diniego dell’esenzione all’IVA nel caso di cessioni intracomunitarie debitamente comprovabili.
Le modifiche in oggetto prevedono che anche la corretta presentazione degli elenchi riepilogativi diventino un requisito sostanziale per il riconoscimento dell’esenzione all’IVA alle cessioni intracomunitarie (2).
2 – Creazione di disposizioni comuni inerenti alle prove documentali del trasferimento fisico delle merci nell’ambito delle cessioni intracomunitarie
Il fornitore di una cessione intracomunitaria per poter beneficiare dell’esenzione all’IVA nello Stato UE di partenza del bene ha da sempre l’onere della prova del trasferimento fisico della merce. A tutt’oggi le normative UE non prevedono disposizioni comuni circa i documenti utilizzabili, lasciando ai singoli Stati l’emanazione di normative locali.
A partire dal 1° gennaio 2020 saranno considerati elementi di prova:
a) i documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, quali ad esempio un documento o una lettera CMR riportante la firma, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, oppure una fattura emessa dallo spedizioniere;
b) una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni; documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermino l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione; una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato UE
Nel caso in cui il trasporto sia organizzato dal venditore si presume avvenuto il trasferimento intracomunitario dei beni in presenza di almeno due elementi di prova non contradditori rilasciati da parti indipendenti dal venditore e dall’acquirente, di cui alla lettera a).
In via alternativa quando il venditore è in possesso di uno qualsiasi degli elementi probatori di cui alla lettera a), in combinazione con uno degli elementi probatori non contradditori di cui alla lettera b), che confermino il trasporto e che siano stati rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra e rispetto al venditore ed all’acquirente.
Inoltre, qualora il trasporto sia organizzato dall’acquirente occorrerà aggiungere come ulteriore elemento di prova, in aggiunta agli elementi prodotti secondo la combinazione summenzionata, una dichiarazione scritta rilasciata dall’acquirente che certifica che i beni sono stati trasportati da quest’ultimo in un determinato altro Stato UE.
Si tratta delle uniche disposizioni che non saranno integrate nella direttiva comunitaria sull’IVA 2006/112/CE ma che andranno a modificare il regolamento UE 282/2011. In quest’ambito è rimasta tuttavia invariata la disposizione contenuta nella direttiva che delega agli Stati UE la scelta della documentazione probatoria (3). Questo principio è stato citato anche dalla Corte di Giustizia Europea (4).
Occorreranno quindi ulteriori chiarimenti in merito alla possibilità di utilizzo degli attuali set documentali previsti in determinati Stati UE, come prove alternative, qualora la presunzione dell’avvenuto trasporto intracomunitario venisse rigettata da parte delle autorità fiscali, seguendo i nuovi criteri visti sopra (5).
Favorevoli in questo senso sono anche le note esplicative ai “Quick Fixes” (non vincolanti), che sono attualmente in fase di elaborazione da parte del Group of the Future of VAT, sottostante alla Direzione generale della fiscalità e dell’Unione doganale (TAXUD).
Infine il nuovo principio che esige che i documenti di trasporto intracomunitari debbano essere emessi da “parti indipendenti” andrebbe chiarito riguardo all’eventualità nella quale il trasporto dei beni sia effettuato con mezzi propri (esempio trasporto carburanti in autocisterne o in altri mezzi di trasporto) o con mezzi di trasporto di una società appartenente al medesimo gruppo.
3 – Disposizioni comuni in regime di “Call-off stock”
Le nuove disposizioni in regime di “Call-off stock” (conosciuto anche come “Consignment stock”), mirano ad evitare che un fornitore di uno stato UE, che detiene merci proprie in un altro Stato UE e le mette a disposizione di un suo cliente stabilito nel medesimo stato, debba anche identificarsi ad IVA nello Stato UE del cliente.
In una prima fase il trasferimento dei beni a destinazione del cliente, senza che vi sia passaggio di proprietà degli stessi, non ha rilevanza ai fini impositivi. Solamente al momento del prelevamento dei beni per le proprie necessità imprenditoriali da parte del cliente, si genererà una cessione intracomunitaria tra fornitore e cliente con relativo passaggio di proprietà. Evidentemente il trasferimento fisico intracomunitario dei beni ha già avuto luogo in precedenza.
Le attuali normative comunitarie sono per contro più articolate ed obbligano il fornitore a registrarsi nello Stato UE del cliente, poiché:
Va tuttavia precisato che alcuni Stati UE hanno già sviluppato misure di semplificazione personalizzate, attuabili solamente nel caso in cui lo Stato UE di controparte disponga di norme analoghe, allo scopo di evitare lacune di imposizione o doppie tassazioni.
A fronte di queste casistiche, si è quindi reso necessario formulare una solida base giuridica comune per permettere la sincronizzazione degli scambi commerciali di questo tipo e per evitare il rischio di eventuali ricorsi alla Corte di Giustizia Europea, la quale non avrebbe avuto alcuna normativa comunitaria di appoggio se chiamata ad esprimersi sulle misure semplificative unilateralmente adottate da taluni Stati UE.
Le nuove disposizioni potrebbero quindi essere interessanti anche per soggetti passivi non UE che già dispongono di un magazzino merci in uno Stato UE e che vorrebbero evitare di doversi registrare anche in un altro Stato UE dove dispongono di merci proprie presso un loro cliente secondo il regime in oggetto.
A livello pratico le nuove norme in regime di “Call-off stock” implicano alcune misure di gestione di tipo organizzativo ed informatico che vanno affrontate per tempo. Se la società effettua già cessioni intracomunitarie propriamente dette, dove cioè la fatturazione della cessione intracomunitaria è direttamente collegata alla documentazione di trasporto, essa dovrà prevedere nuove misure per i presenti casi di cessioni intracomunitarie “differite”. In questo caso infatti la documentazione di trasporto sarà collegata ai beni inizialmente trasferiti e dovrà in un secondo momento essere abbinata ai beni successivamente fatturati, in modo frazionato, al momento del prelevamento da parte del cliente. Il tutto dovrà essere predisposto anche in senso inverso in caso di reso.
4 – Disposizioni concernenti le operazioni a catena tra tre operatori, quando il trasporto è organizzato dall’operatore intermedio
Le operazioni a catena, rientranti nel campo di applicazione della proposta in oggetto, sono caratterizzate da cessioni successive della stessa merce che viene trasferita da uno Stato UE ad un altro Stato UE mediante un unico trasporto. Le operazioni a catena si differenziano dalle triangolazioni intracomunitarie (6) in quanto in quest’ultime l’operatore intermedio è identificato ad IVA in uno Stato UE terzo, che non deve quindi essere né lo Stato UE di partenza del trasporto delle merci, né lo Stato UE di destinazione delle stesse.
Nelle operazioni a catena tra tre operatori (A, B e C) l’assenza di disposizioni comunitarie aveva costretto varie volte i soggetti interessati a ricorrere alla Corte di Giustizia Europea (CGE) per conoscere il trattamento ad IVA delle due cessioni. Nelle sue sentenze la CGE aveva stabilito che in un’operazione a catena potevano realizzarsi due scenari:
Per quanto riguarda i criteri da considerare al fine di stabilire quando si sarebbe verificato il primo o il secondo scenario, la GCE stabiliva che la risposta dipendeva da una valutazione globale di tutte le circostanze del singolo caso che doveva essere effettuata dal giudice nazionale.
In particolare occorreva determinare “il momento in cui il potere di disporre del bene come proprietario era stato trasferito al destinatario finale. Infatti, nell’ipotesi in cui il secondo trasferimento del potere di disporre del bene come proprietario (cessione da B a C) avesse avuto luogo prima che fosse stato effettuato il trasporto intracomunitario, quest’ultimo non avrebbe più potuto essere imputato alla prima cessione in favore del primo acquirente.” In tal caso si sarebbe quindi realizzato il secondo scenario. Mentre nei rimanenti casi si sarebbe realizzato il primo scenario (7).
Questi criteri, di difficile realizzazione pratica, avevano generato parecchie insicurezze nelle amministrazioni fiscali dei vari Stati UE. Si è quindi reso necessario creare a livello di direttiva UE una nuova normativa più semplice e sicura.
I nuovi criteri, applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2020 e che determinano la cessione intracomunitaria quando il trasporto è organizzato dal fornitore intermedio B in un’operazione a catena tra tre operatori (A-B-C), dipendono esclusivamente dall’utilizzo della partita IVA da parte di B e si possono così riassumere:
Pur trattandosi di un passo importante e utile per i numerosi operatori attivi in campo intracomunitario, occorre tuttavia considerare che in alcune specifiche situazioni, ad esempio nel mercato delle materie prime, le cessioni a catena avvengono spesso tra numerosi operatori in un lasso di tempo assai ridotto. Questa nuova normativa dovrebbe quindi senz’altro essere ulteriormente approfondita ed affinata al fine di considerare le reali molteplici casistiche che posso presentarsi.
Per contro non si è ritenuto necessario estendere a livello di normativa comunitaria le ipotesi nelle quali il trasporto sia organizzato dal primo fornitore A o dall’ultimo acquirente C. In questi casi, la regola generalmente adottata dagli Stati UE è la seguente:
Queste semplici regole sono state considerate talmente ovvie da parte della Commissione Europea da ritenere superflua la loro integrazione nella nuova normativa in oggetto (8). Tuttavia proprio di recente la Corte di Giustizia ha avuto modo di esprimersi su un caso di cessione a catena nella quale il trasporto dei beni era organizzato dall’ultimo acquirente, ribadendo ancora una volta il proprio orientamento, come descritto precedentemente, alla luce di una “valutazione globale di tutte le circostanze del singolo caso” (9). Un vero peccato che anche quest’ultime regole non siano state conglobate nelle presenti “Quick Fixes”.
Testo a cura di
Bernardo Lamoni,
MA Business and Economics Università di Zurigo
Fiduciario commercialista, Rappresentante IVA
Via Bosia 13, 6900 Paradiso
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Riferimenti:
Un tessuto economico dinamico e di qualità
/in Appuntamenti, Assemblea Generale Ordinaria, Eventi e missioniSi è svolta il 18 ottobre 2019 a Bellinzona la 102esima Assemblea generale ordinaria della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti). Alla presenza di oltre 400 fra ospiti e delegati, in rappresentanza delle 44 associazioni di categoria affiliate alla Cc-Ti e degli oltre 900 soci individuali, Glauco Martinetti è stato confermato all’unanimità alla Presidenza fino al 2023.
Nel suo discorso, Martinetti ha sottolineato l’importanza di ritrovare un equilibrio di giudizio verso le aziende nella discussione pubblica. Il Direttore Luca Albertoni ha rilevato come il gettito fiscale delle persone giuridiche sia rimasto stabile nel corso dell’ultimo decennio, malgrado il tracollo delle entrate provenienti e generate dal settore bancario. Segno inequivocabile di un tessuto economico dinamico e di qualità.
L’ospite Lino Guzzella, Professore ETH Zürich, si è soffermato sul contesto svizzero quale luogo ideale per l’innovazione, sottolineando anche le importanti peculiarità ticinesi sul tema.
Nell’Ufficio presidenziale, composto da 21 membri, espressione di tutti i settori economici, sono stati nominati Roberto Bonfanti (settore dell’automobile), Alessandro Colombi (settore dell’editoria) e Didier Guglielmetti (settore dell’artigianato). Un ringraziamento particolare è stato rivolto agli uscenti Gianni Albertoni e Silvio Bizzini per la lunga militanza e il lavoro svolto nell’Ufficio presidenziale.
Nel suo discorso, il Presidente Glauco Martinetti ha sottolineato il sentore di una sempre crescente ostilità verso le aziende nella discussione pubblica. Una mancanza di equilibrio nei giudizi che danneggia non solo le imprese e il tessuto economico, ma tutto il cantone. L’auspicio è che anche al mondo imprenditoriale venga riconosciuta la credibilità che merita, sanzionando chi non rispetta le regole, ma rispettando il lavoro della stragrande maggioranza degli imprenditori onesti che contribuiscono alla crescita quantitativa e qualitativa del cantone. È pertanto necessario dire basta a un “gioco al massacro” finalizzato solo a raccogliere audience e “like”, per concentrarsi su un lavoro costruttivo, fatto di confronti anche duri ma basati sui fatti concreti.
Il Direttore Luca Albertoni ha posto l’accento sul fatto della crescita in termini di valore dell’economia cantonale, che ha saputo rimediare, grazie al suo tessuto diversificato, alla crisi che ha colpito il settore bancario. Ciò è dimostrato dal fatto che negli ultimi dieci anni il gettito fiscale generato dalle persone giuridiche è rimasto costante, malgrado quello prodotto dal settore bancario sia crollato. Luca Albertoni ha pure sottolineato con soddisfazione il fatto che il Consiglio di Stato qualche giorno fa ha risposto in maniera positiva a un’interpellanza interpartitica che chiede l’eliminazione di taluni doppioni dell’amministrazione cantonale e quindi di burocrazia inutile che ostacola il lavoro delle imprese.
L’ospite Lino Guzzella si è soffermato sui fattori-chiave del successo elvetico nel mondo e perché la Svizzera con la creatività e la capacità di rischiare si è issata in vetta alla classifica dei paesi più innovativi. Mantenendo condizioni-quadro favorevoli, la Svizzera ha buone possibilità di difendere la sua posizione e anche il Ticino può giocare un ruolo decisivo in questo contesto, grazie al forte sviluppo della spinta innovativa presente nel nostro cantone.
La prossima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti è prevista per il 16 ottobre 2020.
La Cc-Ti ringrazia i partner dell’evento: EFG Bank e Swisscom.
Documentazione utile
L’evento nei media
Highlights
Discorso del Presidente Glauco Martinetti per la 102esima AGO Cc-Ti
/in Appuntamenti, Assemblea Generale Ordinaria, Eventi e missioniEcco la versione integrale del discorso pronunciato dal Presidente Cc-Ti in occasione della nostra 102esima Assemblea Generale Ordinaria, tenutasi il 18 ottobre 2019 presso l’Espocentro di Bellinzona.
A nome delle 44 associazioni affiliate alla Cc-Ti, dei 930 soci individuali, in rappresentanza dei 135’000 ca. posti di lavoro e delle 19 Camere di commercio e dell’industria svizzere vi porgo il più cordiale benvenuto alla 102esima Assemblea generale ordinaria della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino.
Ritengo doveroso iniziare sottolineando il valore e il diversificato repertorio delle nostre attività proposte anche quest’anno. Un 2019 caratterizzato da un intenso lavoro a favore delle nostre imprese. Molti sono stati infatti i momenti informativi, dai Business Breakfast agli eventi tematici dedicati anche all’export, alla presentazione e alla visita di paesi, all’evoluzione dell’economia legata alla trasformazione digitale e così via…
Non dimentichiamo anche la vasta offerta formativa con corsi puntuali dedicati alla formazione continua nell’ambito della gestione aziendale: dal diritto alle risorse umane, dal marketing alle soft skills.
Una nota particolare voglio spenderla per la nostra scuola manageriale: sviluppata nel corso degli ultimi due anni, essa coinvolge decine di persone di ogni settore economico, di disparata formazione, di esperienza e aziende diverse, ma tutte desiderose di acquisire le conoscenze fondamentali per la gestione soprattutto delle piccole e medie aziende, che ricordiamolo sono la maggioranza del tessuto aziendale ticinese.
Tassello fondamentale, quello della nostra scuola manageriale, per incrementare le conoscenze di chi già opera in azienda ma ambisce a un ruolo dirigenziale. Si tratta di un nostro contributo concreto alla crescita e al miglioramento dei leader di oggi e di domani e quindi allo sviluppo responsabile dell’economia ticinese. Tassello che va ad aggiungersi, come detto, alla già ampia offerta formativa di corsi modulari dedicati alla formazione continua, frequentati in media da 1’500 persone all’anno. Numeri ragguardevoli per una struttura come la nostra, dedita a molte attività diverse e non solo alla formazione.
Numeri che raccontano un’economia dinamica e dalle numerose caratteristiche positive come abbiamo più volte sottolineato in questi anni.
Non ripeto quanto già detto lo scorso anno perché i contenuti del discorso del 2018 restano sempre d’attualità per quanto riguarda l’andamento generale, gli elementi da perfezionare, la capacità di autocritica nostra e delle aziende che rappresentiamo.
Di per sé un quadro molto positivo, ovviamente non perfetto, ma assolutamente positivo.
Eppure i “sì, ma” si sprecano e sono una costante quando osiamo mettere in evidenza le qualità del nostro territorio e delle nostre aziende. Qualità che sono appunto molte. “Sì, ma” che non vengono mai sollevati quando altri attori della vita sociale presentano situazioni basate su ipotesi, illazioni, situazioni dubbie tutte da verificare e che spesso si rivelano strumentali. Queste vengono, anzi, considerate verità assolute e spacciate per tali con grande enfasi. E’ evidente che c’è qualcosa che non funziona. Oggettivamente constato, purtroppo, che noi vediamo la positività delle situazioni, ne parliamo attivamente, ma l’opinione pubblica non la sente.
Vediamo, parliamo, ma voi non sentite…
Ma perché? Ignoranza, nel senso etimologico del termine, cioè mancanza di conoscenza? Mancanza di volontà? Malafede?
Non ho una risposta ma è comunque fortemente sgradevole la sensazione che la valorizzazione dei punti di forza e dei punti positivi siano trattati con diffidenza, mentre la marcatura delle debolezze sia considerata quasi alla stregua di un mantra da seguire ciecamente e con soddisfazione.
Constato, come dicevo prima e senza timore di essere smentito, che sempre più spesso inchieste fantasiose condotte senza alcuna base quantitativa e qualitativa per attestare malesseri di vario genere, imputabili inesorabilmente alle aziende, sono riprese acriticamente da tutti, senza alcun MA.
Salvo poi fare a pezzi in maniera impietosa, o nella migliore delle ipotesi con un pesante “sì, ma“, tutto quanto di positivo emerge dalle cerchie economiche, anche se suffragato dai fatti. Ad esempio sui dati positivi che scaturiscono dall’inchiesta congiunturale che conduciamo ogni anno su un campione, direi molto rappresentativo, di più di 300 aziende.
Unico cantone in Svizzera dove questo avviene, visto che nessuna delle altre Camere Svizzere che esegue lo stesso sondaggio, deve affrontare la messa in dubbio del principio e dei risultati. Critiche, osservazioni, come è normale che sia, ma nessuna delegittimazione a prescindere.
Senza citare altre pubblicazioni, frettolosamente tacciate come tarocche oppure stravolte, al punto da attribuirci affermazioni mai fatte e accusarci di un trionfalismo che non fa parte del nostro modo di porci di fronte sia alle analisi della situazione economica cantonale, sia ai nostri interlocutori.
Come se gli imprenditori, spesso dipinti come lamentosi per ottenere inconfessabili favori, diventassero strumentalmente ottimisti per ingannare la popolazione con un messaggio di esagerata e non veritiera positività. Quale dovrebbe essere il nostro tornaconto nel dipingere una realtà eccessivamente positiva? Assolutamente nessuno!
Lasciatemi dire che comincia a diventare una situazione ripetitiva e surreale, come è surreale la nemmeno troppo malcelata accusa di non essere attenti al territorio, salvo poi volutamente ignorare ogni nostra iniziativa costruttiva, comprese quelle rivolte a chi è più in difficoltà.
Ho gioco facile nel sottolineare ad esempio, fra le molte iniziative, la nostra collaborazione con l’Ufficio cantonale dell’invalidità per il reintegro professionale di persone che hanno problemi di salute. Collaborazione suggellata da un evento annuale purtroppo quasi completamente ignorato da media e politici. Probabilmente perché non c’è sentore di polemica e perché sfoderare un “sì, ma” sarebbe piuttosto difficile di fronte all’evidenza di una nostra sensibilità sociale innegabile e di cui andiamo molto fieri. Questa incapacità di ascolto è molto grave: impedisce il dialogo e quindi anche la possibilità di un dibattito costruttivo per la crescita del paese e per procedere e produrre quelle riforme che sono essenziali per il nostro cantone.
Cito quella attualmente discussa in materia di fiscalità cantonale, fondamentale per mantenere il nostro cantone su un buon livello competitivo in campo nazionale e internazionale.
Qui mi permetto un inciso, tanto per non dare l’impressione di sole recriminazioni gratuite e generalizzate. Voglio ringraziare infatti i Consiglieri di Stato e il Cancelliere, presenti in forze questa sera, perché, al di là delle naturali divergenze di opinioni che possono esserci sui vari dossier, non ci negano mai la possibilità di confrontarci direttamente e di approfondire ogni tema importante. A volte si trovano dei compromessi, a volte no, ma questo fa parte del gioco. Ma l’ascolto non manca mai e di questo ne siamo profondamente riconoscenti.
Per chi non ascolta invece, la libertà economica e imprenditoriale sancita esplicitamente nell’articolo 27 della nostra Costituzione federale, sembra essere un valore trascurabile e comunque subordinato ad altri diritti, veri o presunti. No, la libertà economica, che permette l’attività di noi imprenditori e quindi la creazione della ricchezza, non è un valore trascurabile finito per caso nella nostra Magna Charta, ma è un principio fondamentale che ha permesso e permette alla Svizzera e al Ticino di prosperare. Certo, porta con sé i normali limiti imposti dal quadro legislativo, dall’equilibrio che va cercato costantemente con altri diritti costituzionali, ma indubbiamente il suo principio NON è negoziabile.
Qui sento già insorgere i paladini di un certo catastrofismo che dopo la nostra Assemblea dello scorso anno ebbero fortemente da ridire sulle mie considerazioni concernenti proprio la libertà economica e il relativo positivo sviluppo del nostro tessuto economico. Ignorando volutamente tutti i richiami, contenuti nello stesso discorso, sull’assoluta necessità di rispettare tutte le regole vigenti. Per noi è chiaro, e i fatti lo dicono in modo incontestabile, che chi opera fuori dalla legge non ha diritto di cittadinanza nella vita associativa. Abbiamo sempre detto e lo ribadiamo a chiare lettere che chi sgarra deve essere sanzionato. Ritengo doveroso sottolineare, però, che questo deve applicarsi a tutte le categorie della società e che tutti dovrebbero assumere le responsabilità dei propri comportamenti e ammetterne le conseguenze, prima di calare sentenze sulle aziende che operano in modo irreprensibile. Purtroppo, e lo dico con sincera tristezza, l’approfondimento, l’oggettività e l’equilibrio per molti non sembrano più valori importanti ed efficaci. Un equilibrio che avevo già invocato lo scorso anno, ma evidentemente invano… visto mi sembra non faccia passi avanti!
Eppure sostengo un equilibrio, un’oggettività e una ricerca approfondita dei fatti, che dovrebbero essere possibili senza forzi sovrumani.
Cito un titolo, e lo cito volutamente in versione originale e integrale:
Tessiner Wirtschaft wächst – aber niemenad glaubt es
Non si tratta di un’affermazione di qualche malcapitato turista germanico annebbiato dal nostro merlot. Molto più semplicemente è il titolo del servizio dedicato dalla radio e televisione della Svizzera tedesca, DRS, alla presentazione dello scorso mese di marzo della seconda edizione dello studio di BAK Economics sull’andamento economico del Cantone Ticino. Senza “sì, ma”, come si sono invece affrettati a ribattere molti osservatori i locali, fra cui anche i colleghi ticinesi della stessa DRS : ma non sono la stessa azienda? Misteri.
Ancora più misteriosa diventa questa stridente differenza di valutazione se si considera che la Svizzera tedesca di principio non ci regala nulla e quando deve essere critica con il Ticino non si risparmia. Ma un’analisi equilibrata e approfondita ha portato innanzitutto a un giudizio corrispondente alla realtà dei fatti, senza per questo omettere di evidenziare, giustamente, taluni punti critici della nostra realtà cantonale. E’ davvero così difficile essere più oggettivi?
Del resto, anche un noto e brillante economista ticinese, certo non sospettabile di appartenere alla temibile casta delle aziende, in un recente editoriale intitolato “Fuori dalla crisi: adesso!” ha apertamente elogiato il nostro lavoro di analisi. Non ha tralasciato i punti deboli del nostro sistema economico, ma ha smentito clamorosamente le cassandre di sventura.
Altro esempio: qualche settimana fa si è parlato del disagio sul lavoro, riferendosi esclusivamente alle aziende private e omettendo scientemente quelle para-pubbliche e pubbliche. Come se le debolezze dell’essere umano, perché infondo di “persone” stiamo parlando, si concentrassero e concretizzassero solo nelle aziende private, scomparendo magicamente nelle altre. Tutti sappiamo che la realtà non è questa, ma è certamente la realtà più comoda e facile da presentare agli altri.
Fra i molti esempi che ritengo poco edificanti ce n’è un altro che mi ha particolarmente colpito e che si poteva leggere su un portale ticinese poche settimane or sono, per mano di una persona oltretutto istruita. Essa ha affermato, testuale, che “Il Ticino è pieno (sottolineo PIENO) di datori di lavoro trogloditi”. Il tutto evidentemente fortemente poi enfatizzato a livello mediatico, presentando una mancanza assoluta di sensibilità e rispetto per un incalcolabile numero di neo mamme che verrebbero sistematicamente escluse dal mondo del lavoro.
Tutti noi siamo concordi nel sostenere che anche un solo caso di abuso sia da considerare uno di troppo e vada giustamente sanzionato dal punto di vista legale, ma mi permetto di asserire che i numeri reali, che vi invito a verificare, di questo sicuramente disdicevole fenomeno, rapportati ai 230’000 posti di lavoro di donne e uomini in Ticino, non danno il diritto ad insulti di questa portata e totalmente fuori misura.
È evidente che qualcuno in questo cantone ha ormai perso il senso della misura. Questo gioco al massacro non ci porterà da nessuna parte. Abbattere l’imprenditoria non farà certo progredire il cantone e ritengo che molti atteggiamenti accusatori a prescindere non siano più sostenibili.
Per questo penso che sia giunto il momento di dire BASTA! Basta con queste dinamiche. La ricerca disperata di audience non può giustificare qualsiasi cosa e non può esimere da un confronto sui fatti. Rischiamo la perdita di tanti valori che hanno fatto grande il Paese: la stabilità e la prevedibilità del sistema, la certezza del diritto, il principio di legalità, il rispetto della libertà economica e della proprietà privata, l’auto responsabilità, solo per citarne alcuni. Non è puntando il dito indistintamente contro tutto il mondo imprenditoriale, senza distinzioni fra i molti che “tirano la carretta” e i pochi che sgarrano, che si fa il bene di questo paese.
L’imprenditoria, quella SERIA che noi rappresentiamo, ha il diritto di essere ascoltata. Criticata quando è giusto farlo, elogiata quando è giusto farlo, certamente non bistrattata. Quando la prima virtù dovrebbe essere quella di rispettare le leggi e di creare posti di lavoro, concetti come “aziende virtuose” possono prestarsi a interpretazioni fuorvianti. Vi possono essere molte sfaccettature: talune aziende hanno più possibilità di offrire vantaggi alla società, altre devono lottare strenuamente nel quotidiano per sopravvivere. Ma non per questo le seconde sono meno virtuose delle prime.
Discorso complesso, ma proprio perché complesso è il sistema economico stesso e la complessità richiede, mi ripeto, equilibrio di analisi e di giudizio.
Non saremo noi a cambiare il mondo, nemmeno il micro-cosmo ticinese. Ma ci sforziamo tutti i giorni per dare il nostro contributo, lavorando seriamente e cercando di essere una vetrina privilegiata per mettere in evidenza le tantissime aziende che permettono a questo cantone di giocarsela con tante realtà mondiali considerate anche molto più competitive di noi. Parliamo di difficoltà di ogni genere, di disoccupazione, di assistenza, di quello che volete. Ma non dobbiamo avere vergogna ad ammettere che vi sono molte cose che funzionano bene. E’ solo con un vero dialogo che si possono affrontare e risolvere i problemi. Noi vogliamo dare voce alle persone, perché di persone sono fatte le aziende che noi tuteliamo.
Noi ci siamo. Agli ALTRI la facoltà di scegliere se le beghe strumentali sono più importanti di un reale lavoro comune nell’interesse di tutti.
In conclusione desidero ringraziare tutto lo staff della Camera, in primis il nostro Direttore Luca Albertoni, che con grande dedizione e professionalità operano a favore di tutte le aziende: grandi, medie, piccole, rivolte al mercato interno o esportatrici. Esattamente come deve essere per un’associazione-mantello.
Vi segnalo infine la data dell’Assemblea Generale Ordinaria Cc-Ti per il prossimo anno, cioè venerdì 16 ottobre 2020.
Un’economia competitiva e innovativa grazie alla tecnologia 5G
/in Appuntamenti, Eventi co-organizzatiUn medico potrà operare un paziente anche se fisicamente si troverà dall’altra parte del mondo? Uno scenario futuristico ma non così distante. È con questo esempio di applicazione della tecnologia 5G che è stata inaugurata la conferenza “L’importanza del 5G per la nostra economia” tenutasi al Palazzo dei Congressi il 15 ottobre e organizzata da Swisscom in collaborazione con la Cc-Ti e AITI.
Ogni giorno viene scambiata una quantità enorme di dati. Questo volume raddoppia ogni 12-18 mesi e le reti attuali sono ormai giunte ai loro limiti. È quindi necessario un ammodernamento delle reti di telefonia mobile con una tecnologia che permetta uno scambio di dati 10 volte superiore. Il 5G si appresta a varcare le soglie di una nuova era poiché la sua applicazione permetterà di offrire numerosi nuovi servizi e soluzioni in svariati campi.
Durante la conferenza non sono mancati anche gli aspetti politici. A portare la voce dell’industria, il Consigliere nazionale Fabio Regazzi (anche Presidente di AITI) ha ricordato che se si vuole cavalcare le opportunità della digitalizzazione occorrono condizioni quadro favorevoli atte a sviluppare l’infrastruttura 5G in tutta la Svizzera. A fargli eco il Sindaco di Lugano Marco Borradori, che ha sottolineato l’importanza per una città di avere un piano di gestione per le antenne, come ha fatto proprio Lugano tramite una variante di Piano regolatore. Ad intervenire anche il Rettore dell’USI Boas Erez, che ha evidenziato come la diffusione del 5G è anche un problema culturale e che le critiche oggi sollevate devono essere prese sul serio.
Valore aggiunto grazie al 5G
Secondo uno studio, presentato da Alessandra Gianella, Responsabile di economiesuisse per la Svizzera italiana, grazie al 5G l’economia elvetica sarà in grado di generare un valore aggiunto supplementare per 2 miliardi di franchi e creare entro il 2030 oltre 137’000 nuovi impieghi. La nuova tecnologia avrà anche effetti indiretti positivi su svariati settori. Un esempio è quello della sanità dove vi potrà essere il trattamento e la condivisione dei dati in tempo reale tra pazienti, fornitori di assistenza e terze parti. Oppure nella mobilità dove si potrà gestire al meglio il traffico, la sicurezza o anche la performance dei veicoli analizzando le prestazioni dei loro componenti. Di fronte alle numerose applicazioni della tecnologia 5G, non bisogna rimanere indietro e la Svizzera non può rimanere a guardare di fronte a questi sviluppi tecnici e a queste nuove opportunità.
“Il 5G può salvarti la vita”. Con questo titolo, il CEO di Dos Group nonché capo del Soccorso Alpino Ticino Stefano Doninelli ha presentato le applicazioni sviluppate dalla sua azienda nel campo dei primi soccorsi d’intervento. Una rete 5G si inserisce anche in questo contesto poiché migliora la velocità di trasmissione e di elaborazione dei dati raccogliendo più informazioni per analizzare al meglio le situazioni di emergenza.
I vantaggi del 5G sono stati elencati anche da Stefano Santinelli, Delegato del CEO Swisscom per la Svizzera italiana: maggiore velocità, capacità, efficienza energetica, rapidità di reazione, disponibilità garantite,… Oggi però la rete è al suo utilizzo massimo e va aggiornata. Entro la fine del 2019, il 90% delle antenne Swisscom sarà quindi supportata dalla nuova tecnologia 5G (in Ticino – dove oggi vi sono già 10 antenne – se ne conteranno 16).
Anche il Direttore della Cc-Ti Luca Albertoni era intervenuto nel corso della conferenza stampa antecedente l’evento, focalizzando i vantaggi che la velocità di rete potrà avere per alcuni settori.
“Se vogliamo rimanere innovativi e competitivi dobbiamo cogliere ogni opportunità di progresso. E il 5G è una di queste”, è così che Rocco Cattaneo, Consigliere nazionale e membro dell’Ufficio Presidenziale della Cc-Ti ha concluso l’evento.
Il potenziamento della rete 5G va quindi sostenuto perché nessun’altra tecnologia alternativa consente una così ampia gamma di applicazioni orientate al futuro e di alta qualità.
Pensare a un progetto Ticino condiviso
/in Appuntamenti, Assemblea Generale Ordinaria, Eventi e missioniLa 102esima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti
A sei mesi dal suo inizio, la nuova legislatura non sembra lanciata verso i temi prioritari. Risanate le finanze cantonali, vi erano legittime speranze che si riprendesse finalmente a fare davvero politica, a progettare il futuro del Ticino confrontandosi su progetti costruttivi e non perdendosi solo in contrapposizioni. Ma il dibattito parlamentare sul bilancio consuntivo, nonostante i 130 milioni di avanzo, e la minaccia di un altro referendum contro la riforma fiscale, lasciano presagire un ulteriore quadriennio all’insegna della conflittualità che rischia d’immobilizzare ancora il Paese. Una situazione che aggravata da altri fattori d’incertezza, sia nazionali che internazionali, non può non preoccupare il mondo economico.
È su questo sfondo che il 18 ottobre, all’Espocentro di Bellinzona, la Cc-Ti terrà la sua 102esima Assemblea Generale Ordinaria.
Oltre un secolo di storia a fianco delle imprese, a difesa della libertà imprenditoriale, della cultura del dialogo tra le parti sociali e del confronto costruttivo con le forze politiche nell’interesse di tutto il Cantone. Una tradizione e un impegno che rappresentano un sicuro punto di riferimento e orientamento per affrontare ora una fase molto delicata per la nostra economia.
Su di essa pesano, infatti, gli effetti della guerra dei dazi tra USA e Cina con i danni collaterali prodotti da un protezionismo che sta frenando la congiuntura mondiale. Pesano la rivalutazione del franco che penalizza l’industria dell’export e limita la capacità d’investimento delle aziende, l’incertezza nei rapporti con l’UE, il principale partner commerciale della Svizzera, e le conseguenze della Brexit. Ecco perché, rispetto a questo contesto internazionale poco rassicurante, le nostre imprese si sarebbero aspettate, e si aspettano, dalla nuova legislatura una svolta decisa per lasciarsi alle spalle un decennio difficile. Inasprito da tre crisi economiche e contrassegnato da una regressione del dibattito politico che ha svilito le potenzialità di un territorio al centro delle maggiori aree produttive d’Europa e mortificato la voglia di fare degli imprenditori.
Sono stati anni di attacchi sistematici alla libertà d’impresa, di progressivo irrigidimento del mercato del lavoro che ha reso ancora più difficile reperire la manodopera qualificata indispensabile per la crescita, di criminalizzazione strisciante dell’economia e d’irridente svalorizzazione della cultura del dialogo come ricerca di soluzioni condivise. Oggi c’è da ricostruire un tessuto politico che non sia prigioniero solo di pregiudizi, ma che si riapra senza tabù all’ascolto e recuperi la capacità di una visione d’insieme del sistema. È questa la premessa per pensare fattivamente ad un “Progetto Ticino” che, dalla fiscalità alla scuola, dalla mobilità alle infrastrutture civili, si attrezzi per affrontare le sfide contemporanee. Con la necessità di percorsi formativi orientati verso i nuovi lavori, di reti di connessione estese su tutto il Cantone e servizi per gestire il flusso crescente di dati. Ma soprattutto con una forte capacità d’innovazione istituzionale per governare un salto tecnologico che sta già cambiando la società.
Troppe regolamentazioni soffocano le imprese
/in Comunicazione e mediaSecondo il Presidente Cc-Ti, Glauco Martinetti, le aziende dovranno affrontare nuove sfide nel prossimo futuro. Ecco le sue riflessioni nella nostra intervista.
L’acronimo VUCA (volatility, uncertainty, complexity and ambiguity) riassume bene la situazione attuale: volatile, incerta, complessa, ambigua – risponde Glauco Martinetti, Presidente della Cc-Ti –. Lo spazio in cui la Camera opera non si sottrae a questa regola: imprenditori basati in Ticino ma con relazioni internazionali. Seguire questa dinamica ed essere però di supporto a tutte le aziende sono le sfide che ci attendono.
Da sei mesi in Ticino è iniziata una nuova legislatura, cosa si aspetta il mondo economico dal Governo e dal nuovo Parlamento?
A nostro giudizio la politica ha esagerato in regolamentazioni arrivando ad asfissiare la volontà imprenditoriale. Chiederei quindi al legislativo di limitare fortemente la creazione di nuove leggi e all’esecutivo di sfoltire i ranghi, laddove non ci sono chiare necessità.
Da tempo le aziende segnalano notevoli problemi nel reperire personale qualificato. Difficoltà accentuate spesso dagli ostacoli nel concedere permessi di lavoro e di dimora. Tutto ciò non rischia di frenare lo sviluppo delle imprese?
La nostra indagine congiunturale presso le aziende ticinesi rileva costantemente queste difficoltà di reclutamento e qualche difficoltà di troppo nelle procedure. Le stesse aziende si dimostrano però flessibili e riescono spesso a relativizzare l’impatto negativo di queste mancate assunzioni. Personalmente credo che abbiamo un certo potenziale negli «expat» ticinesi oltre Gottardo.
Finalmente le finanze cantonali sono state risanate. Dopo anni in cui il confronto politico è sempre rimasto pressoché inchiodato sulle questioni contabili, pensa che si riprenderà a fare davvero politica?
È sempre difficile fare di ogni erba un fascio, ma non credo che torneremo facilmente verso una politica costruttiva. Vedo posizioni molto rigide, dogmatiche, poca volontà nel fare passi avanti. Credo che abbiamo sprecato molte occasioni di fare una “buona politica”. Inoltre, non abbiamo esempi virtuosi vicino a noi da prendere come modello.
Nonostante i 30 milioni per investimenti nella scuola e nella socialità, da sinistra si minaccia il referendum contro il nuovo pacchetto di sgravi fiscali. Come spiega questo continuo irrigidimento della sinistra sul fisco, al punto di sconfessare ancora il consigliere di Stato socialista?
È evidentemente un grande problema. Abbiamo una società mondiale che sempre più sovente crea ricchezza senza impiegare il fattore lavoro. Questo sembra legittimare la sinistra nella sua lotta continua. Quindi l’imprenditore che crea ricchezza con il lavoro si sente fortemente attaccato e ingiustamente non capito. L’errore della sinistra ticinese è non capire che da noi l’imprenditore è il vero creatore di ricchezza e va protetto, non attaccato.
Un’economia diversificata da tutelare
/in Comunicazione e mediaUna riflessione del Direttore Cc-Ti Luca Albertoni sull’economia cantonale, in vista della prossima 102esima Assemblea Generale Ordinaria Cc-Ti del 18.10.2019.
Una caratteristica spesso sottovalutata dell’economia ticinese è il suo tessuto molto diversificato, che ha permesso di mantenere l’andamento generale su buoni livelli malgrado periodi turbolenti che hanno messo parecchio in difficoltà diverse regioni svizzere, magari anche più blasonate della nostra, almeno sulla carta. Taluni Cantoni, legati più a una “monocultura” economica, cioè a pochi o addirittura a un solo settore trainante, hanno pagato dazio più importante rispetto al Ticino, la cui economia ha saputo compensare la perdita di 100 milioni di gettito fiscale proveniente dal settore finanziario con una cifra equivalente derivante da altre attività economiche. Mica noccioline. Una prestazione notevole, forse considerata scomoda perché proveniente in parte da settori impopolari, genericamente identificati con il termine di “multinazionali”, dimenticando, forse volutamente, che sono spesso proprio le discusse multinazionali a disporre dei mezzi per implementare, ad esempio, le misure legate a quella che oggi si definisce la “Responsabilità sociale delle imprese”. Più spesso le strutture piccole fanno più fatica e hanno spesso altre preoccupazioni legate alla pura e semplice sopravvivenza. Va comunque detto che oggi le “etichette” per le imprese sono sempre più volubili, perché ad esempio, “multinazionale” non è più per forza solo la Nestlé (tanto per fare un nome) o una grande impresa, ma può essere anche una struttura più piccola. Non sono del resto rari i casi di strutture di dimensioni ridotte che generano cifre d’affari, gettito fiscale e monti-stipendi molto importanti. Interessante a questo proposito rilevare come il 90% delle imprese esportatrici svizzere siano PMI (45’600 aziende) e che esse generano il 45,4% del valore delle esportazioni di beni e servizi. Il ciclo virtuoso creato fra grandi e piccole aziende va tutelato perché è un elemento di forza e di equilibrio e l’affascinante adagio “Small is beautiful” non è sempre l’unica via.
La gestione dei conflitti sul posto di lavoro
/in Risorse umane, TematicheDalla protezione del dipendente alle misure disciplinari: un vademecum a riguardo.
Screzi tra dipendenti, un collega che ribatte a una frecciatina, un ambiente lavorativo non armonioso come si auspicherebbe. Il timore di essere ripresi dal proprio superiore, di andare a fondo e chiarire la situazione, possibili ritorsioni, o peggio, la perdita del lavoro. Per ogni società, il capitale umano è imprescindibile. Dunque è di primaria importanza il benessere dei propri collaboratori.
Nelle relazioni interpersonali la comunicazione è uno dei fattori primari che può però, se non correttamente adoperata, portare a fraintendimenti o incomprensioni; da lì all’insorgenza di un conflitto, il passo è breve.
Nei rapporti di lavoro i conflitti possono essere all’ordine del giorno. Come gestirli? Ogni rapporto dipendente-datore di lavoro è disciplinato con obblighi reciproci (prestazione del lavoro del collaboratore, pagamento del salario da parte del datore di lavoro), al quale si aggiungono la lealtà (art. 321 a CO) e il rispetto delle direttive ricevute dal datore di lavoro (articolo 321 d CO). Anche il datore di lavoro è tenuto a preservare la salute e l’integrità personale dei dipendenti, garantendo il rispetto della moralità in azienda (articolo 328 CO).
Violazione degli obblighi dei dipendenti
Di norma quelli che vengono definiti ‘conflitti classici’ si riferiscono a un insieme di violazioni degli obblighi dei dipendenti verso il datore di lavoro (mancata soddisfazione o scarso rendimento delle prestazioni lavorative).
Qualche esempio? I cosiddetti ‘casi tipici’ riguardano la violazione dell’obbligo di lealtà, come ad esempio: comportamenti illeciti o non rispettosi nei confronti del datore di lavoro o dei clienti, la svalutazione della reputazione aziendale, il turbamento dell’ambiente lavorativo, il lavoro per terzi durante l’orario di lavoro, la violazione del divieto di concorrenza, la violazione degli obblighi di riservatezza, e così via. Il datore di lavoro può imporre il rispetto di tali obblighi mediante una denuncia e una misura di vincolo. Nel caso di un rifiuto ingiustificato di prestazioni connesse al proprio lavoro, il datore di lavoro può rivalersi anche sullo stipendio, trattenendone una parte (articolo 324 CO: principio di “niente lavoro, niente stipendio”). Anche le richieste di risarcimento danni possono essere trattata nello stesso modo (articolo 323 b, al. 2 CO).
Intervenire con misure disciplinari: un rimprovero, un avvertimento, il licenziamento
In generale un datore di lavoro agisce conseguentemente alle violazioni contrattuali del dipendente con delle azioni disciplinari che, normalmente andrebbero gestite “a scala”: un rimprovero, un avvertimento (con o senza imposizione di un periodo di prova) fino a giungere alla cessazione del rapporto di lavoro.
Nel caso del rimprovero (quale misura disciplinare limitata), si sanzionano i comportamenti contrari al contratto lavorativo o alle direttive ricevute. Consigliamo sempre la forma scritta o ev. orale, con un colloquio e verbale dell’incontro controfirmato dal dipendente.
La minaccia di una sanzione è strettamente collegata e conseguente a un avvertimento precedente, nel caso in cui il comportamento o le prestazioni del collaboratore non siano migliorate. L’avvertimento e la minaccia di sanzione devono essere espressi in modo chiaro, affinché i dipendenti ne comprendano le conseguenze e, specialmente, le motivazioni. Si consiglia di consegnare l’avvertimento per iscritto, a fini probatori.
La sanzione vera e propria solitamente corrisponde al licenziamento immediato. La minaccia di un licenziamento regolare è anche possibile, ma in questo caso il datore di lavoro deve valutare il fattore “tempo” e ne sarà vincolato. Altre misure sanzionatorie possono essere prese in considerazione. Tra esse vi sono le “multe” (pena pecuniaria, riduzione della retribuzione, lavoro extra, trasferimento, proroga del periodo di prova e sospensione), ma richiedono una forma specifica scritta antecedentemente nel contratto di lavoro (a titolo preventivo) e accettata da parte del collaboratore.
Quando i conflitti riguardano i rapporti con il capo: problemi tra dipendenti e supervisori
Quando nascono conflitti sul posto di lavoro, essi non hanno una vera e propria distinzione gerarchica: possono riguardare situazioni fra colleghi o con i propri superiori. Si parla di ‘mobbing’ (termine avvallato anche dal Tribunale Federale – TF) quando si assiste a un comportamento duraturo, sistematico, ostile e per un lungo intervallo di tempo verso qualcuno che lo porterà a essere isolato nel suo stesso posto di lavoro. In queste situazioni, il datore di lavoro è tenuto, per suo dovere di assistenza (articolo 328 CO), a proteggere i dipendenti da qualsiasi atto che leda la loro personalità/persona. Devono venire presi in considerazione colloqui e sforzi di riconciliazione verso l’interno o verso l’esterno dell’azienda, l’elaborazione di regole comportamentali, direttive per coloro che hanno commesso mobbing, lo spostamento all’interno dell’azienda e, in ultima istanza, l’annuncio di un licenziamento.
Licenziamento vs. situazione di conflitto
Nel caso in cui si debba ricorrere ad un licenziamento scaturito da una situazione conflittuale occorre prestare estrema attenzione. Il diritto del lavoro svizzero riconosce il principio della libertà di licenziamento secondo cui il datore di lavoro non necessita di invocare alcun motivo specifico per il licenziamento o di dimostrarlo. È solo su richiesta dei dipendenti che il datore di lavoro dovrà motivare per iscritto il licenziamento (art. 355 cpv. 2, art. 337 cpv. 1 CO). Un licenziamento con effetto immediato del dipendente viene preso in considerazione solo quale ultima ratio. A parte per casi estremi, come un reato sul luogo di lavoro, tale azione sarà raramente considerata giustificata. In caso di licenziamento abusivo con effetto immediato, il datore di lavoro rischia di dover risarcire l’importo del salario del dipendente durante il suo normale periodo di licenziamento con una penalità aggiuntiva fino a sei mesi di stipendio (art 337 c CO).
Gestione e perfomance dei conflitti
I contenuti di questa scheda vogliono portare a riflettere e sottolineano l’importanza di una gestione HR umana e puntuale, che deve essere efficacie. I datori di lavoro dovrebbero periodicamente esaminare le prestazioni e il comportamento dei propri dipendenti con colloqui periodici. In caso di impegno insufficiente, il datore di lavoro deve comprenderne eventuali motivazioni e, solo conseguentemente l’ascolto, deve informare il proprio dipendente delle misure disciplinari a disposizione in caso di mancato miglioramento.
In caso di rimproveri e avvertimenti si consiglia di organizzare un colloquio personale tra il superiore e il collaboratore, alla presenza di una seconda persona delle HR per motivi probatori.
Nella pratica, la seguente procedura si è dimostrata efficace:
In caso di controversie tra dipendenti e il loro diretti superiori, il datore di lavoro deve prendere tutte le misure appropriate al fine di disinnescare il conflitto. Se, dopo aver fatto tutto il possibile, non si sono trovate misure per dar soluzione al conflitto, è possibile prendere in considerazione la disdetta di uno o dell’altro collaboratore.
Fonte: WEKA, 09.2019 – articolo rielaborato dalla Cc-Ti
La Cc-Ti è volentieri a disposizione dei propri soci, attraverso il Servizio giuridico, per consigli in merito.
Protezione dati: RGPD in Svizzera
/in Risorse umane, TematicheQuali le regole UE applicabili o da applicare al nostro territorio? Ecco un’informativa a tal proposito.
GDPR, come dice la sigla (General Data Protection Regulation), è un testo che volge a uniformare le leggi europee sul trattamento dati e il dovere di controllo delle informazioni che riguardano ogni persona.
Nell’aprile 2016 è arrivata l’adozione del testo da parte del Consiglio europeo e del Parlamento europeo, e il 4 maggio 2016, i testi del Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali e della Direttiva che regola il trattamento dei dati personali sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. Il Regolamento entra, per prassi, in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta ed è entrato effettivamente in applicazione in tutti gli Stati membri, dal 25 maggio 2018 (deadline uguale per tutti i Paesi). Per questa data, infatti, ha dovuto essere garantito il perfetto allineamento delle varie normative nazionali con le disposizioni previste dal Regolamento.
In Svizzera, le attività di vigilanza e controllo in materia di protezione dei dati sono assicurate dell’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza (IFPDT) e dalle autorità cantonali di protezione dei dati (ACPD; per il Ticino l’Incaricato cantonale della protezione dei dati) nel quadro delle rispettive competenze. Nell’ambito degli Accordi di Schengen queste autorità concretano e coordinano diverse attività di controllo, d’informazione e di sensibilizzazione. Esse non sono unicamente competenti in materia di vigilanza sul SIS e dei servizi interessati, ma devono pure vigilare affinché alle persone interessate da un trattamento di dati personali in questo ambito sia garantito l’esercizio effettivo dei diritti individuali.
L’”Ambito di applicazione territoriale” sancito all’articolo 3, RGPD, è estremamente importante per la Svizzera e regola, secondo la legge europea sulla protezione dei dati, come e in che misura anche la Svizzera debba rispondere e attendere a regole ben precise nel quadro europeo.
Le aziende
GDPR concerne tutte le aziende che gestiscono qualsiasi tipo di dato personale, dalle informazioni sui propri dipendenti alla profilatura dei clienti per conto terzi.
È importante capire che anche i soggetti che non appartengono agli Stati membri dell’Unione Europea ma che hanno interessi sul territorio UE o che trattano dati di cittadini UE, devono garantire le medesime garanzie di tutela previste dal Regolamento.
Proprio per le aziende, l’articolo 5 del GDPR 2018 prevede una serie di principi validi per il trattamento dei dati, incluso quello della “responsabilizzazione” che attribuisce direttamente ai titolari del trattamento il compito di assicurare, ed essere in grado di comprovare, tutti i principi.
Le attività commerciali in Svizzera
Particolarmente interessati sono tutti i servizi e i negozi online svizzeri al servizio dell’UE. In effetti, non sono solo i prodotti a pagamento che rientrano nella definizione di offerta di beni o servizi, ma anche le offerte che non sono soggette a pagamento, come ad esempio le newsletter gratuite per le persone residenti nell’UE.
Poiché secondo GDPR gli indirizzi IP sono considerati dati personali, l’operato degli operatori di siti web svizzeri rientrano nel GDPR dell’UE fintanto che utilizzano il “webtracking” per l’analisi delle abitudini e del comportamento di navigazione degli utenti sul loro sito (compresi quindi i clienti residenti UE).
Raccomandiamo agli operatori di siti web e negozi online stabiliti in Svizzera di verificare se le loro attività rientrano nell’ambito di applicazione del GDPR al fine di poter, se necessario, conformarsi al complesso elenco di disposizioni che quest’ultimo regolamento prevede e, se necessario, avvalendosi della consulenza di legali specializzati in materia.
Il mancato rispetto delle normative prevede sanzioni severe: chi viola il GDPR può essere multato fino a 20 milioni di euro o con una multa equivalente al 4% del fatturato mondiale dell’azienda.
Difficile riassumere questo tema, qui di seguito elenchiamo alcune delle voci più utilizzate, spiegandone brevemente le regole di base per un utilizzo consapevole e corretto (parametri selezionati del RPDG dell’UE, in relazione al funzionamento di siti web, negozi online, attività di marketing online, ecc.).
I ‘cookies’
Essi sono utilizzati per memorizzare bit di informazioni specifiche riguardanti le interazioni tra il pc ed il sito web. Tali informazioni possono essere usate dal server web in seguito, per quando l’utente tornerà a fargli visita. Il browser è il programma che ha il controllo dei cookies e li gestisce sul computer.
È necessario valutare attentamente se gli interessi legittimi dell’operatore del sito web o del negozio online che utilizza i cookies siano prevalenti sugli interessi di protezione dei propri dati dell’utente stesso. La prelazione dell’operatore si verifica solo quando l’uso dei cookies viene utilizzato per raccogliere i soli dati necessari per raggiungere gli scopi previsti dal servizio dell’operatore (vedi ev. anche: la pseudonimizzazione è una tecnica che consiste nel conservare i dati in una forma che impedisce l’identificazione del soggetto senza l’utilizzo di informazioni aggiuntive).
I cookies che facilitano l’uso di un sito web, l’accesso e la qualità del servizio di un negozio online o i cookies utilizzati per l’analisi del sito web sono, in linea di principio, legalmente ammissibili. Se la valutazione della prevalenza degli interessi in gioco fosse a favore dell’utente, i cookies in questione dovrebbero essere utilizzati solo previo consenso dell’interessato.
Moduli di contatto
Tutti i moduli di contatto su un sito web o per un negozio online devono essere protetti (ad esempio tramite il blocco SSL: il termine SSL -sigla per “Secure Socket Layers”- indica una tecnica che si usa per criptare e autentificare il traffico dati in rete, garantendola trasmissione sicura dei dati tra browser e server web su un sito. Soprattutto nell’e-commerce, dove vengono trasmessi dati protetti e sensibili, l’uso di un certificato SSL, o meglio della sua versione più recente TLS -“Transport Layer Security”- è imprescindibile.) . Lo stesso vale per i moduli utilizzati a fini di ordinazioni o registrazioni (ad esempio, per inserire l’indirizzo di fatturazione e consegna), per un possibile modulo di richiesta online, per abbonamenti a newsletter e per le altre forme che sono oggetto di una raccolta di dati personali.
I dati personali che non sono essenziali non dovrebbero essere raccolti “inutilmente”. Ciò può quindi essere evitato definendo opportunamente i campi obbligatori richiesti nei moduli.
Ottenere il consenso
Quando si richiede il consenso dell’utente al trattamento dei dati personali (ad es. per l’invio di una newsletter), l’utente deve essere informato in modo trasparente e chiaro sulla modalità e la finalità della raccolta e dell’utilizzo dei dati richiesti.
L’utente dovrà poi accettare il trattamento previsto per i suoi dati personali e indicare chiaramente il proprio consenso al riguardo (ad esempio, facendo clic su una casella prevista a tale scopo. Un semplice “opt-out” non è sufficiente. Opt-out: nell’ambito dell’email marketing, è l’opzione di rinuncia con cui l’utente iscritto ad una mailing list chiede l’interruzione dell’invio di e-mail informative o promozionali.
Un tipico esempio di opt-out è l’impresa che invia un messaggio al consumatore per un primo contatto, offrendogli la possibilità di rifiutare l’invio di ulteriori messaggi; in mancanza di tale rifiuto, e in virtù di una sorta di consenso tacito, l’impresa può continuare ad inviare comunicazioni commerciali all’utente, fino a quando egli non dichiarerà esplicitamente di non essere interessato). L’operatore del sito web o del negozio online deve essere sempre in grado di attestare il consenso dell’utente. L’utente ha anche il diritto di opporsi e deve essere informato di questo suo diritto.
RGPD in Svizzera: dichiarazione sulla privacy
L’informativa sulla privacy deve essere scritta in un linguaggio comprensibile, chiaro, semplice e nella/e lingua/e in uso. L’informativa sulla privacy deve contenere anche le informazioni dettagliate di cui all’art. 13 RGPD (Articolo 13, EU RGPD, “Informazioni da fornire qualora i dati personali siano raccolti presso l’interessato”). L’operatore deve, nel contesto dell’informativa sulla privacy, trattare esplicitamente tutti i vari ambiti coinvolti, raccolta e trattamento dei dati personali in relazione ai moduli di contatto, alla registrazione / account cliente, cookie e plug-in dei social media, nonché argomenti relativi a newsletter, processi di verifica del credito, hosting di siti web, ecc..
Verifica della solvibilità
Come regola generale, è generalmente ammesso un controllo della solvibilità laddove quest’ultima sia necessaria per la conclusione di un contratto. Sempre preponderante la valutazione degli interessi coinvolti: gli interessi legittimi dell’operatore per verificare la solvibilità dell’utente devono essere prioritari sugli interessi della protezione dei dati dell’utente.
Se si propone il metodo di pagamento “acquisto con fattura”, è ammissibile un controllo del credito e non è necessario aver ottenuto il consenso preliminare dell’utente per farlo. La verifica del credito deve tuttavia aver luogo solo dopo aver la selezione del metodo di pagamento e non prima.
Se si scelgono i metodi di pagamento “pagamento anticipato”, “con carta di credito” (PayPal incluso) o qualsiasi altro metodo simile, il controllo del credito non è considerato necessario per la conclusione del contratto. Se, tuttavia, si desidera verificare la solvibilità dell’utente, è necessario ottenerne un esplicito consenso. Un controllo del credito per la gestione attiva del metodo di pagamento scelto dall’utente senza il consenso dell’utente stesso è altrimenti illegale.
Plugin dei social media
Poiché l’utente non può validamente acconsentire all’uso dei plugin dei social media, è consigliabile rinunciare al loro uso o ricorrere a soluzioni alternative come l’uso di “Shariff” (Social-Media-Buttons rispettoso della legislazione sulla protezione dei dati).
Utilizzo di fornitori di servizi esterni
Se l’operatore di un sito web o di un negozio online collabora con fornitori di servizi esterni per il trattamento di dati personali, l’operatore e il fornitore di servizi esterni devono concludere un accordo per la protezione dei dati trattati.
È necessario rispettare i requisiti stabiliti nel GDPR in materia di “Accordo sul trattamento dei dati”. Tutti gli accordi esistenti con fornitori di servizi esterni devono essere sottoposti a screening per determinare se soddisfano i requisiti del GDPR in Svizzera. In caso contrario, gli accordi esistenti devono essere riformulati di conseguenza. Quando si trasferiscono dati personali a un fornitore di servizi di paesi terzi (Stati membri al di fuori dell’UE e del SEE), è necessario rispettare condizioni di ammissibilità stabilite dal GDPR in Svizzera.
Obbligo di nominare un responsabile della protezione dei dati
I gestori di siti web o negozi online devono assicurarsi di rispettare sia il GDPR, sia la legislazione nazionale del Paese dell’UE sull’obbligo di nominare un delegato alla protezione dati. Solo le persone con qualifiche professionali e conoscenze tecniche adatte a tale posizione possono essere designate come responsabili della protezione dei dati. La nomina di un responsabile esterno della protezione dei dati è tuttavia possibile.
Il responsabile della protezione dei dati è il primo punto di contatto per l’autorità di controllo. Il RGPD contiene anche un elenco di compiti assegnati al responsabile della protezione dei dati.
Questo articolo di controllo ha lo scopo di aiutare e indirizzare la gestione di un utilizzo del sito web in modo legalmente sicuro. Tuttavia, in alcuni casi potrebbe rendersi necessaria una consulenza tecnica e legale mirata. Dal momento che la legislazione e la giurisprudenza si evolvono a pari passo con questo ampio e complesso tema, consigliamo la massima prudenza.
Fonte: WEKA, RGPD en Suisse: Check-list, 5.9.2019
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