L’accordo di partenariato economico (CEPA) tra gli Stati dell’Associazione europea di libero scambio (AELS) e l’Indonesia è entrato in vigore il 1° novembre 2021, migliorando in modo significativo l’accesso al mercato e la certezza giuridica per le PMI svizzere. Il presente articolo si focalizza sull’applicazione pratica del CEPA per quanto riguarda lo scambio di merci.
Giacarta è la capitale e la principale città dell’Indonesia
Scambio di merci: i vantaggi
La Svizzera accorda l’accesso in franchigia doganale ai prodotti industriali indonesiani. Le concessioni accordate nel settore agricolo corrispondono sostanzialmente a quelle di altri accordi di libero scambio.
Tutti i principali settori di esportazione svizzeri beneficiano dell’accordo; questo vale sia per il settore agricolo sia per l’industria. Nel primo caso, l’Indonesia ha eliminato sin da subito, o lo farà entro termini transitori fino a cinque anni, i dazi sul latte e i prodotti del latte; per lo yogurt il termine di abolizione è di nove anni, mentre i dazi su caffè, cioccolata e biscotti verranno eliminati entro dodici anni. Il settore industriale svizzero ha invece ottenuto le seguenti concessioni: nell’industria chimico-farmaceutica praticamente tutti i dazi sono stati eliminati o lo saranno entro termini transitori che variano fino a nove anni; nel settore tessile non vi è un’abolizione generale dei dazi, ma a seconda degli ambiti vi è un libero accesso al mercato con termini di abolizione che variano da cinque a dodici anni; salvo poche eccezioni, i dazi sui macchinari sono stati completamente eliminati con l’entrata in vigore dell’accordo o lo saranno entro termini transitori che variano da cinque a dodici anni; infine i dazi sugli orologi sono stati eliminati con l’entrata in vigore dell’accordo o lo saranno entro termini transitori che variano da cinque a nove anni. Allo scadere dei termini previsti per l’abolizione dei dazi, la Svizzera potrà esportare in Indonesia il 98 % dei suoi prodotti in franchigia doganale.
Le principali disposizioni in materia di origine
le disposizioni in materia di origine e le lavorazioni e trasformazioni necessarie per l’ottenimento dell’origine preferenziale sono elencate nell’allegato I dell’accordo e sono reperibili anche nella direttiva R-30 “Accordi di libero scambio, preferenze doganali e origine delle merci” dell’Amministrazione federale delle dogane. Con l’entrata in vigore del CEPA, l’Indonesia non beneficia più delle preferenze doganali secondo il sistema di preferenze generalizzate per Paesi in sviluppo;
l’accordo prevede il cumulo dei prodotti originari tra gli Stati dell’AELS e l’Indonesia. Non è ammesso il cumulo con merci di altri partner di libero scambio;
l’accordo prevede la regola di non modificazione: i prodotti esportati non devono subire alcuna lavorazione o trasformazione non ammessa e devono rimanere permanentemente sotto controllo doganale. È ammesso il trasbordo e/o il frazionamento di invii (splitting-up) in Stati terzi;
come prova dell’origine vale esclusivamente la dichiarazione d’origine (Allegato I, art. 12). Essa può essere allestita dall’esportatore, indipendentemente dal valore della merce. Il certificato di circolazione EUR1 non è ammesso.
La dichiarazione d’origine deve essere allestita esclusivamente in inglese ed avere il seguente tenore:
la procedura di controllo a posteriori prevede un termine di tre mesi (prorogabile di ulteriori tre mesi) per rispondere alle domande di controllo e per presentare i giustificativi. Le tempistiche sono brevi, gli esportatori devono pertanto prepararsi adeguatamente;
l’importazione preferenziale di olio di palma e olio di palmisti è soggetta, oltre alla dichiarazione d’origine, anche a una prova di sostenibilità e a un’autorizzazione preferenziale rilasciata dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO) precedentemente alla prima importazione, con attribuzione di un numero di autorizzazione;
le merci originarie che, al momento dell’entrata in vigore dell’accordo, si trovano in transito oppure in custodia temporanea in un deposito doganale o in una zona franca possono tuttavia beneficiare dell’imposizione all’aliquota preferenziale nel quadro dell’accordo. In questo caso, fino al 28 febbraio 2022 sussiste la possibilità di presentare una dichiarazione d’origine allestita nel Paese d’esportazione dopo l’entrata in vigore dell’Accordo nonché documenti che comprovano il trasporto diretto.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-11-09 13:58:162022-06-22 15:04:49In vigore l’accordo di partenariato economico (CEPA) tra AELS e Indonesia
Aziende più automatizzate e robotizzate per ottimizzare linee produttive, costi e competitività, più prossimità con clienti finali, catene di approvvigionamento più corte ma più sicure e controllabili. Sono gli elementi distintivi del reshoring, ovvero la rilocalizzazione in patria di produzioni, o parte di esse, che erano state trasferite all’estero. Un fenomeno di cui si è cominciato a parlare nel 2008, a ridosso della grande crisi finanziaria, ma che oggi potrebbe assumere maggiore consistenza alla luce della tempesta perfetta che si è abbattuta sull’economia mondiale con il coronavirus.
Nuovi equilibri
Due anni di pandemia hanno messo a dura prova le global value chains, già sfibrate dai dazi e dalle barriere protezionistiche di una guerra commerciale a scena aperta che aveva bruscamente frenato gli scambi internazionali. La diffusione del virus, inceppando l’economia di tutti i Paesi avanzati, ha evidenziato l’importanza e le criticità delle supply chain mondiali. Le lunghe catene di approvvigionamento sono state messe sotto stress da una ripresa asimmetrica, tra Asia e Occidente, che ha ingolfato l’intero sistema di produzione e distribuzione delle merci, facendo impennare i costi dei trasporti.
A inasprire il quadro delle nuove tensioni geopolitiche, nel quale la Cina va dismettendo il ruolo di fabbrica mondiale a basso costo per proiettarsi in quello di super potenza a tutti gli effetti, sono arrivati la crisi delle materie prime e lo shock energetico. I prezzi di petrolio, gas e carbone hanno raggiunto livelli record, ridestando ovunque le spinte inflazionistiche. Difficoltà negli approvvigionamenti, linee produttive ferme o che lavorano a scartamento ridotto e numerosi Paesi occidentali, tra cui la Svizzera come ha avvertito il consigliere federale Guy Parmelin, che rischiano il blackout. Gli equilibri su cui si sono retti sinora la produzione e il commercio mondiali sono divenuti instabili.
Cambia la mappa della divisione internazionale del lavoro e per l’economia, già alle prese con la complessità della trasformazione digitale e gli ingenti costi di una transizione ecologica programmata avventatamente più sulla base delle emozioni che dei fatti, si aprono scenari inediti. Scenari che impongono ripensamenti anche nelle scelte d’investimento e di allocazione delle risorse.
Si ritorna casa?
È in questa prospettiva che il backshoring, il ritorno in patria delle attività produttive, e il nearshoring, il rientro in un Paese limitrofo, potrebbero diventare un’opzione concreta. Gli Stati Uniti fanno ad esempio capo al Messico, mentre i paesi del Vecchio Continente si rivolgono verso l’Est europeo o il Nordafrica, magari più cari dei paesi asiatici, ma appunto più vicini e quindi più “accessibili” per puntuali fasi di produzione. Tuttavia, malgrado le molte speranze riposte in evoluzioni che portino a un rimpatrio delle attività, gli studi internazionali non hanno ancora registrato numeri tali da rilevare una vera e propria tendenza verso il ritorno a casa delle imprese. Anche in Svizzera si sono avuti pochi casi di backshoring, più frequente invece quelli del rientro in Stati vicini, come Romania o Polonia, di alcune fasi produttive che erano state delocalizzate in Asia. Il caso più conosciuto è quello della Wander, che ha riportato in Svizzera la produzione dell’Ovomaltina da spalmare sul pane. Adidas ha fatto la stessa cosa in Germania per alcuni suoi modelli di scarpe, ma va detto che, in generale, in termini di posti di lavoro il “fenomeno” (se così si può chiamare) resta molto contenuto.
Se la tecnologia permette di produrre a costi che ridiventano interessanti, d’altra parte non vi è grande necessità di maggiorare la forza lavoro umana. Magari più qualificata, questo certamente, ma non dal punto di vista numerico.
Anche se va rimarcato l’effetto di creazione di posti di lavoro legato al fatto che attività nuove, seppur limitate, attirino altre aziende e si approvvigionano di attrezzature e prestazioni di servizi in loco.
Stimolare il rimpatrio?
Leggermente diversa è la situazione quando il reshoring è incoraggiato con sovvenzioni dichiarate, o più meno “nascoste”, da alcuni Stati che, con una strategia protezionistica, vorrebbero garantirsi l’autonomia e l’indipendenza per alcune produzioni. Ci ha provato negli USA, con poco successo, il presidente Trump, ci sta tentando la Francia di Macron per alcuni prodotti farmaceutici, mentre in Giappone il governo ha stanziato 2,2 miliardi di dollari per riportare in patria imprese che si erano trasferite in Cina.
Da un punto di vista elvetico, questo approccio però è considerato, poco “svizzero”. Come indicato qualche tempo fa dalla Seco, il Consiglio federale non è incline a una politica industriale aggressiva, ma si predilige la scelta di garantire condizioni generali che possano essere interessanti per tutte le aziende per “fare impresa”, per fare in modo che l’economia “se la cavi da sola”. Scelta che a corto termine può magari metterci in posizione di debolezza verso la concorrenza sempre più agguerrita di molti altri paesi, ma che probabilmente, sul lungo termine è più pagante e soprattutto va a beneficio di tutti i settori, senza distinzioni fra grandi e piccole aziende.
Elemento importante perché finora si è rilevato piuttosto un rimpatrio di piccole e medie imprese, emigrate soprattutto per ragioni di costi, mentre le grandi aziende sono più restìe a spostarsi. Avantutto per i tempi spesso molto lunghi del trasferimento di un’attività (spesso calcolato in termini di numerosi anni) e per la necessità di ammortizzare investimenti magari molto importanti in siti di produzione non abbandonabili in tempi brevi. Inoltre, le grandi aziende prediligono spesso paesi vicini a quelli che sono i mercati di destinazione dei loro prodotti.
Assicurarsi l’autosufficienza in diversi settori economici e non solo in quelli tradizionalmente ritenuti strategici, può indurre a politiche aggressive di “recupero” delle aziende. Non sono mancate negli ultimi anni misure protezionistiche che tendono anche al controllo preventivo su acquisizioni e fusioni da parte di investitori stranieri, nuovi dazi sui prodotti esteri e barriere doganali. Strategie che, inevitabilmente, irrigidiscono le dinamiche del libero mercato, generando inefficienze e costi aggiuntivi per la collettività e che riducono anche per tutte le altre imprese la possibilità di acquisire vantaggi competitivi attraverso una migliore allocazione dei fattori produttivi lungo le catene del valore globale. Ma l’esercizio è più complesso di quanti molti credono, perché il mondo e l’economia sono a tal punto interconnessi e interdipendenti che scegliere di ritornare non succede dall’oggi al domani. In realtà si apre solo un altro ciclo con la riconfigurazione delle supply chain globali e il consolidarsi delle supply network, con nuovi assetti nella divisione internazionale del lavoro e nel commercio mondiale che si rafforzerà in alcune aree regionali attraverso catene del valore che si svilupperanno anche a medio e corto raggio.
Le ragioni del reshoring
“Reshoring di Stato” a parte, sotto la pressione dell’incertezza e dell’instabilità odierne sono tante le ragioni che possono indurre un’impresa a rientrare in patria: difficoltà nell’approvvigionamento e nelle forniture, tempi di consegna troppo lunghi, vantaggio reputazionale sui mercati internazionali con un autentico “Made in…” , problemi di qualità, elevati costi logistici, ostacoli doganali, minore dispersione del know-how, più prossimità per reagire rapidamente alla domanda dei consumatori, maggiore sicurezza coi fornitori locali, produzioni che richiedono manodopera sempre più qualificata (non sempre reperibile nei Paesi dove costa meno), sensibilità ambientale, digitalizzazione che oggi permette di mantenere e rafforzare i contatti anche con i mercati più lontani, e, non da ultimo, la necessità di ridurre i rischi nel caso di nuove emergenze mondiali. Ma, come visto in precedenza, tra i fattori determinanti del reshoring ci sono soprattutto l’automazione e la robotica che aumentano la produttività e riducono il costo del lavoro, mentre laddove prima costava molto meno ora va rincarando.
Nel giro di quindici anni appena, il prezzo dei robot industriali è sceso da 70mila a 15mila dollari, dunque alla portata pure delle piccole aziende, l’automazione è ancora più sofisticata, precisa, e l’intelligenza artificiale riesce a sovrintendere i processi produttivi più complessi. Non per nulla è emersa anche la tesi di tassare i robot, discussa anche nel quadro della nostra Assemblea generale dello scorso 15 ottobre 2021 con il noto fiscalista ginevrino Xavier Oberson. Tema molto complesso dal punto di vista giuridico e pratico e che suscita numerose perplessità anche per le difficoltà che potrebbe creare nell’ambito dell’innovazione.
Ma sarebbe sbagliato ignorarlo, perché nel contesto dei profondi e rapidi cambiamenti portati dalla tecnologia e dall’intelligenza artificiale, sarà quasi inevitabile anche affrontare gli adattamenti dei sistemi fiscali, togliendo ad esempio determinate imposte che stanno diventando obsolete o che non avranno più la stessa giustificazione. Come l’imposta sulla sostanza che la Svizzera mantiene, nonostante sia ormai poco diffusa a livello internazionale.
Chi spera nel tramonto o nella forte limitazione degli scambi internazionali non deve però farsi troppe illusioni. Il “reshoring” non significa un ripiegamento esclusivo nei confini domestici, rinunciando all’internazionalizzazione che è spesso un fattore decisivo per la crescita delle imprese e del sistema economico. Si resta competitivi se si resta nelle reti globali della produzione che permettono di acquisire le risorse migliori, le tecnologie più avanzate, gli approvvigionamenti più convenienti e di raggiungere più facilmente i mercati di riferimento. Dunque, se si vuole favorire, anche nel nostro Paese, la rilocalizzazione aziendale, senza scadere in deleterie pratiche protezionistiche, serve “rinverdire” l’approccio elvetico summenzionato, cioè la cura delle spesso menzionate condizioni quadro. Sembrano banalità, ma una fiscalità leggera, infrastrutture e formazione al passo con i tempi, regole e burocrazia meno vessatorie per la libertà economica sono elementi-chiave per potersi giocare anche la sfida di un rimpatrio di talune attività. Così come l’accoglienza di idee e persone in una buona collaborazione fra pubblico e privato e un dialogo più costruttivo tra le parti sociali sono fondamentali per ogni insediamento. Questa è la base non solo per cercare di richiamare in Svizzera talune attività, ma anche per evitare che ne partano delle altre.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-11-02 06:25:002021-10-29 10:27:29Pronti a tornare a casa?
Lo scorso 19 ottobre, in un webinar dedicato, la Cc-Ti ha trattato il tema della nuova la legge federale sulla protezione dei dati (LPD). Ad intervenire quale relatore esperto è stato Gianni Cattaneo, Avv., LL. M., Cattaneo Bionda Mazzucchelli Studio legale e notarile, dopo un breve saluto da parte di Lisa Pantini, Responsabile delle relazioni con i soci della Cc-Ti.
La nuova LPD è stata adottata dall’Assemblea federale il 25 settembre 2020, dopo un lungo periodo di gestazione. L’esatta data di entrata in vigore non è ancora stata decretata, realisticamente si prevede però che essa sarà fissata nel secondo semestre 2022 o per l’inizio di gennaio 2023. Essa si prefigge di proteggere la personalità e i diritti fondamentali delle persone fisiche, i cui dati personali sono oggetto di trattamento da parte di privati e organi federali. Lo scopo è quello di creare una società digitale sicura, efficiente e non discriminatoria.
I principi generali cardine alla base della nuova LPD sono la liceità (tramite il supporto di un motivo giustificativo riconosciuto, quale la legge, il consenso o l’interesse preponderante pubblico o privato), la buona fede, la proporzionalità, la sicurezza, la finalità, l’esattezza e la privacy by design e by default. Essi vanno considerati e applicati da ogni azienda nello svolgimento di qualsiasi operazione in relazione a dati personali ordinari o degni di particolare protezione.
È inoltre necessario adempiere ai seguenti obblighi: informare le persone interessate circa i trattamenti svolti dall’impresa (o delegati a terzi) fornendo tutte le indicazioni previste dalla legge; munirsi di un apposito registro in cui repertoriare le attività (quali dati vengono trattati, da chi, come, dove, per quale scopo, chi ne è destinatario e sulla base di quale motivo giustificativo avviene il processo); svolgere valutazioni d’impatto sulla protezione dei dati personali per i trattamenti a rischio accresciuto e, ove necessario, effettuare la consultazione preventiva dell’Incaricato federale; notificare all’Incaricato federale le violazioni della sicurezza dei dati in situazioni di probabile pericolo ingente e alla persona coinvolta su ordine di quest’ultimo o se richiesto per la sua protezione; e, infine, non trasferire, salvo particolari eccezioni, dati verso Stati privi di una legislazione adeguata di protezione dei dati.
La nuova LPD non prevede l’obbligatorietà in Svizzera (diversamente dal resto d’Europa) della figura del Data Protection Officer (DPO) nel settore privato, ma la sua eventuale nomina comporta l’esclusione dell’obbligo di consultazione preventiva dell’Incaricato federale in presenza di trattamenti a rischio elevato.
Data la complessità della questione è essenziale sensibilizzare e formare i dipendenti in maniera adeguata sui rischi, sui diritti e sugli oneri di ciascuno in materia di protezione dei dati personali, nonché sulle responsabilità collegate, considerando anche la diffusione di situazioni straordinarie come quella del telelavoro. Decisivo per la buona riuscita della trasformazione anche lo sviluppo di un piano d’azione preciso ed efficiente che spazia dalla creazione di un team di progetto autorevole supportato dalla Direzione e dal CdA, alla determinazione di un programma di lavoro con relativo scadenziario in base alle risorse disponibili, agli obiettivi e alle priorità d’intervento.
Il termine di entrata in vigore è ancora lontano (ipotesi: gennaio 2023). Alcune aziende potrebbero commettere l’errore di rinviare la questione del trattamento dati tenere presente la complessità degli adempimenti, delle fasi tecniche per la loro attuazione e del fatto che la nuova LPD non prevede un periodo di adattamento dopo la sua introduzione. È perciò di primaria importanza sfruttare i prossimi mesi per avviare, senza indugio, il processo di messa a norma, trattandosi di una revisione complessa che avrà un notevole impatto sulla società e le imprese.
A tal proposito la Cc-Ti organizza regolarmente dei corsi di formazione (dove l’Avv. Gianni Cattaneo interviene quale relatore) chiamati “Nuova legge sulla protezione dei dati personali: un Action Plan per trovarsi pronti in tempo utile”. Questi percorsi formativi – riproposti regolarmente – sono pensati per fornire gli strumenti concreti alle PMI per arrivare all’entrata in vigore della LPD in modo efficiente.Per accedere all’offerta formativa Cc-Ti è possibile cliccare su questo link.
Infine, contrariamente al diritto europeo, che prevede pesanti sanzioni amministrative pecuniarie a carico delle società, il diritto svizzero opta per la responsabilizzazione dei membri del Consiglio di Amministrazione e/o manager in quanto detentori del potere decisionale. Essi saranno ritenuti penalmente perseguibili per le violazioni intenzionali della LPD imputabili alle loro aziende, tra cui la mancata implementazione degli standard minimi di sicurezza (con multe fino a CHF 250’000.-).
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-10-28 07:48:262021-10-28 07:48:27Per una società digitale sicura
Qualche tempo fa è stato presentato un atto parlamentare a livello federale che si prefigge di proteggere l’economia svizzera con controlli degli investimenti. Il Consiglio federale, lo scorso 25 agosto 2021, ha definito i parametri che potrebbero essere utili per un controllo degli investimenti esteri, confermando però la sua già nota riluttanza a introdurre regole particolari. Entro fine marzo 2022 verrà posto in consultazione un progetto. Ma perché il Consiglio federale è contrario a una regolamentazione troppo restrittiva degli investimenti esteri?
Il motivo è presto detto. Una politica aperta nei confronti degli investimenti esteri è essenziale per la nostra economia e, di riflesso, per tutta la popolazione elvetica. Ciò permette infatti l’afflusso di capitali e competenze che permettono alle aziende di rimanere competitive, creare valore e mantenere i posti di lavoro. Occorre quindi grande prudenza prima di introdurre limiti troppo restrittivi, in un quadro legislativo già abbastanza severo. L’obiettivo dei controlli deve rimanere limitato a rischi e minacce per l’ordine pubblico o la sicurezza derivanti dall’acquisizione di imprese svizzere da parte di investitori esteri e particolare attenzione va a rilevamenti di aziende da parte di enti statali o parastatali esteri, che potrebbero anche portare a distorsioni della concorrenza. Il Consiglio federale probabilmente si muoverà nel senso di prevedere una notifica e un’autorizzazione per le acquisizioni di imprese svizzere da parte di enti statali o parastatali esteri, limitando invece questa procedura solo ad alcuni settori in caso di acquirenti privati. La SECO sarà l’autorità designata a gestire queste procedure.
Qualche anno fa avevamo già evidenziato uno studio di Avenir-Suisse (https://bit.ly/2YJjfps), che rilevava come le imprese elvetiche non dovessero essere ulteriormente protette da acquisizioni da parte di ditte estere. Anche un chiaro approfondimento di economiesuisse fornisce elementi molto utili per capire la tematica in tutte le sue sfaccettature (https://bit.ly/3DDgOE6). È chiaro che la discussione politica verta soprattutto sulla fame di acquisizione cinese, che preoccupa non poco. A volte anche a ragione. Un “player” dai mezzi quasi illimitati può effettivamente distorcere la concorrenza oppure accaparrarsi di aziende che sono strategiche per il Paese perché fornitrici di servizi molto particolari e non sostituibili. Pensiamo alla delicatezza della questione della sicurezza informatica e di chi fornisce servizi di questo tipo.
Non va però dimenticato che vi sono già parecchi strumenti legali utilizzabili, come il diritto di espropriazione dello Stato per ragioni di sicurezza nazionale, oppure leggi puntuali nel settore immobiliare, borsistico e della concorrenza, con il controllo delle fusioni nel contesto della legge federale sui cartelli. La Svizzera in taluni ambiti è già più restrittiva di altri Paesi europei come la Germania, la Svezia e la Gran Bretagna (malgrado la Brexit). Inoltre, va rilevato che la stragrande maggioranza degli investimenti in Svizzera ha origine nel mondo occidentale, ossia Stati Uniti, Canada e Unione Europea, tanto che circa l’80% dei capitali esteri in Svizzera ha questa provenienza. Senza dimenticare che gli investimenti diretti esteri garantiscono quasi mezzo milione di posti di lavoro in Svizzera.
Nello stesso contesto non va dimenticato il movimento inverso degli investimenti, cioè dalla Svizzera verso l’estero, perché la Svizzera esporta non soltanto beni industriali e servizi, ma anche importanti quantità di capitali, soprattutto sotto forma di investimenti diretti. Si tratta di decine di miliardi investiti da grandi aziende ma anche da molte PMI, che complessivamente occupano quasi 2 milioni di persone all’estero, con importanti ricadute in termini di crescita delle nostre aziende site in territorio elvetico e quindi di grande beneficio per la Svizzera.
Il mondo cambia ed è giusto riflettere sull’adattamento degli strumenti legali oggi esistenti. Nello specifico sarebbe però un errore fatale adottare un regime troppo rigido che ostacolerebbe i flussi di investimenti verso la Svizzera, perché questo, nel gioco della reciprocità, frenerebbe di riflesso anche la possibilità di investimenti elvetici all’estero. Inoltre, vi è un elemento a cui occorre sempre prestare attenzione, cioè che è ormai difficile trovare aziende puramente svizzere al 100%, malgrado l’immagine, la qualità e l’affidabilità siano ancora molto di stampo nazionale. Alcuni marchi storici come Ricola, Läderach e Victorinox rimangono saldamente in mano svizzera. Pochi sanno però che la mitica Ovomaltina è in mani britanniche, l’altrettanto mitico Toblerone appartiene a un’azienda americana, mentre la Feldschlösschen è danese e la Valser è di proprietà della Coca-Cola. Senza dimenticare un pezzo di cultura svizzera come l’Aromat che è di proprietà olandese. Eppure, il carattere elvetico non è sparito, perché chi investe in questi prodotti investe in un pacchetto, fatto di qualità riconosciuta in tutto il mondo, di un modo di lavorare preciso e affidabile, per cui non vi è alcun interesse a stravolgere queste caratteristiche.
Quindi nuove regole vanno studiate, ma sempre con il tipico pragmatismo elvetico, anche perché la complessità delle strutture economiche e finanziarie oggi rende sempre più difficile stabilire a tavolino in maniera esatta certe situazioni di proprietà delle aziende e quindi l’esatta nazione di origine di determinati investimenti. Occorrerà come sempre equilibrio per trovare una via efficace che tuteli gli interessi superiori senza ingabbiare inutilmente un’economia che deve giocoforza essere aperta per sopravvivere.
Ecco la versione integrale del discorso pronunciato dal Presidente Andrea Gehri alla nostra 104esima Assemblea Generale Ordinaria, tenutasi il 15.10.2021 presso l’Espocentro di Bellinzona.
Carissimi associati, Egregi Rappresentanti delle Associazioni di categoria, Cari ospiti, gentili signore ed egregi signori,
a nome della Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino, in rappresentanza delle 47 associazioni affiliate, dei 1’000 soci individuali, dei 135000 ca. posti di lavoro e delle 18 Camere di commercio e dell’industria svizzere vi porgo il più cordiale benvenuto alla nostra 104esima Assemblea generale ordinaria.
È con una certa emozione che affronto la mia prima assemblea generale ordinaria da Presidente in carica. Un anno turbolento per i motivi che tutti conosciamo, che ha posto le imprese di fronte a sfide epocali, mai vissute prima d’ora dalla nostra generazione.
Alcune vinte, altre sono ancora in corso, ma un fatto è inconfutabile! Sono fiero di rappresentare un mondo imprenditoriale sano e dinamico, che sa affrontare ogni situazione in modo costruttivo, anche e soprattutto dinnanzi alle difficoltà.
Un Cantone e un’economia forti e da promuovere
Ticino terra d’artisti si diceva una volta. Ticino terra di imprenditori dico io.
Sì perché, malgrado le cassandre che si ostinano, più per calcolo politico che sulla base di fatti concreti, a definire la nostra economia debole, nel confronto nazionale dimostriamo sempre doti di resilienza e solidità. Una realtà ormai da più di vent’anni. Chi afferma il contrario offende pesantemente le migliaia di imprenditori e imprese che, con i loro dipendenti, lavorano duramente ogni giorno per contribuire al benessere del cantone, “tirando la carretta”, facendo sacrifici, creando, innovando e favorendo la crescita economica del nostro Cantone.
Purtroppo, il malcostume di considerare esemplari alcuni casi di furfanti senza scrupoli continua a fare breccia e questo è clamorosamente controproducente in un periodo in cui occorrerebbe fare fronte unito per promuovere ancora di più il nostro territorio, contribuendo anche ad attirare eccellenze che favoriscanola nostra crescita economica, culturale e sociale.
La Svizzera e il Ticino si sono distinti da altri paesi per la gestione ponderata degli ultimi difficili periodi e questo messaggio non è passato inosservato anche all’estero, tanto che l’interesse per il nostro cantone ha conosciuto un chiaro rilancio, quasi insperato.
Lodevoli sono gli forzi di promozione territoriale attuati dal Cantone, se pensiamo all’adesione alla Greater Zurich Area, ad esempio, e la Camera di commercio e dell’industria, nello spirito di collaborazione che da sempre la contraddistingue, si è prodigata senza chiedere nulla in cambio, semplicemente e unicamente per la ferma convinzione nella causa.
Un apporto che intendiamo rafforzare ulteriormente, nell’ottica di una collaborazione pubblico-privato che coinvolga anche altri attori come, per esempio, i comuni.
Differenti azioni sono già previste, ma occorre affrontare un discorso sistemico, affinché vi sia una strategia concreta e promozione quotidiana, accompagnando e affiancando in questa via, in primis, chi già si trova sul nostro territorio.
Si tratta in sostanza di concretizzare il principio del Ticino come Terra di accoglienza, concetto purtroppo smarrito nei tempi più recenti. Per far ciò bisogna che qualcuno se ne occupi concretamente in prima persona; essere accoglienti, ospitali ed essere di sostegno significa dimostrare interesse, efficienza e uno Stato attento alle esigenze dei cittadini, delle persone e delle imprese!
Assurde cacce alle streghe per allontanare figure imprenditoriali che potrebbero contribuire alla ricchezza del nostro cantone materialmente e immaterialmente, non hanno nulla a che vedere con la legittima e sacrosanta lotta agli abusi. Un atteggiamento scostante in questo senso crea danni di immagine e sostanza gravissimi per il cantone. Purtroppo, ce ne renderemo conto quando sarà troppo tardi.
No ad aumenti di imposte e applicazione senza indugi della riforma fiscale
In questo contesto, dobbiamo affermare con decisione che la riforma fiscale già approvata da Parlamento e popolo deve essere applicata senza indugi perché essenziale per mantenere alto il livello competitivo delle nostre aziende e del Ticino. Che, tra l’altro, si troverà, grazie anche a questa riforma, perfettamente in linea con quelle che saranno verosimilmente le nuove regole internazionali.
Indugiare su questo punto sarebbe fatale e ingiustificato, anche perché la riforma sociale che accompagnava quella fiscale è già entrata in vigore e le aziende già stanno contribuendo in modo sostanziale con le nuove deduzioni frutto del compromesso concluso a suo tempo. Farle pagare, ma negare loro la riduzione dell’aliquota sugli utili sarebbe una beffa ingiusta e senza alcun motivo plausibile.
E’ evidente inoltre, che non possiamo assolutamente accettare la riforma proposta recentemente dal Partito socialista, di un presunto piano di rilancio del cantone, l’ennesimo e basato essenzialmente, e chi aveva dubbi ?, su aumenti di imposta generalizzati.
Rappresenta l’esatto contrario di quanto l’economia necessita e quindi, di riflesso, la nostra cittadinanza. Non va dimenticato che i mezzi finanziari prima di essere redistribuiti vanno innanzitutto prodotti e questo è tutt’altro che scontato.
Prevedere una spesa supplementare di 230 milioni per lo Stato non è lungimirante ma soprattutto non ha senso finanziare ulteriori piani sociali attraverso l’aumento delle imposte, tanto più che la metà sarebbero raccolti, ahimè!, con l’aumento dei valori di stima (circa 100 milioni), andando a gravare anche su tantissimi piccoli proprietari di immobili.
Per contro sarebbe auspicabile promuovere finalmente un’analisi sui margini di risparmio nella gestione corrente dello Stato, e ve ne sono! Le aziende sono abituate a fare questi conti e un po’ di sana gestione aziendale non farebbe male, qualche volta, anche al Cantone. Giocare facile mettendo sempre le mani nelle tasche del contribuente non è più accettabile.
Una trasformazione digitale effettiva e non solo a parole
Mai come oggi è necessario equilibrare giudizi e comportamenti. Lo spirito di accoglienza, delle idee, delle persone, deve essere un principio imprescindibile per affrontare gli ostacoli che la vita quotidiana ci pone davanti. La trasformazione digitale è uno di questi, ma non solo!
Di urgente attualità sono anche i prezzi e la carenza delle materie prime, dalla potenziale carica inflazionistica, ma soprattutto in grado di sovvertire molti modelli di business che sembravano essersi finalmente consolidati.
Senza dimenticare le preoccupazioni in tema di approvvigionamento energetico, seriamente compromesso dopo l’abbandono di un Accordo quadro con l’Unione europea che, almeno su questo punto avrebbe permesso di fare chiarezza e di garantirci maggiore tranquillità.
Oggi invece ci troviamo a ripensare a un negoziato difficile, con paesi molto energivori e che certamente utilizzeranno le risorse per le proprie esigenze, sicuramente prima di condividerle con altri.
Non è certo il nostro piccolo Ticino a poter cambiare queste dinamiche e ne siamo consapevoli. Tuttavia, il Cantone può assumersi un importante ruolo di sostegno nel costante sforzo dei nostri tanti imprenditori di adattarsi alle continue mutevoli situazioni, anche alle più difficili.
Cogliere i benefici della quarta rivoluzione industriale non porta solo le aziende a dover ripensare il proprio ruolo, bensì impone anche all’ente pubblico un approccio più moderno, in linea con la sua funzione di essere al servizio e al fianco delle cittadine e dei cittadini.
Se nell’ambito dell’innovazione si può constatare un importante, ovviamente sempre migliorabile, sostegno da parte dello Stato nel quadro della relativa legge, nell’ambito digitale l’impressione è che vi sia un netto ritardo. Questo se pensiamo, specialmente, ai servizi o all’offerta di formazione per “le professioni del futuro”.
Siamo d’accordo che il privato può e deve fare la sua parte e anche nelle attività della Camera sono proposti differenziati programmi di formazione continua, dalla comunicazione al marketing, dalla gestione delle risorse umane al diritto, dalla contabilità alle “soft skills”.
Ma una strategia digitale vera e propria da parte dello Stato non la si intravvede ancora, al di là dei lodevoli progetti individuali realizzati dai singoli dipartimenti.
In relazione a questo mi permetto di ricordare che nel 2019 è stata presentata al Consiglio di Stato un’interpellanza interpartitica con la puntuale richiesta, sull’esempio di quanto fatto a livello federale, di alleggerire il carico amministrativo gravante sulle imprese attraverso la semplificazione delle procedure di raccolta dati e l’eliminazione dei doppioni. Ciò per evitare che alle aziende venissero richiesti a più riprese gli stessi documenti. Il Consiglio di Stato si era detto non solo pienamente convinto dell’utilità di tale azione, ma aveva anche espresso la volontà di introdurla nelle misure da attuare nell’ambito del programma legislativo 2019-2023.
Lo scopo era quello di proporre misure concrete che, grazie ai vantaggi offerti dalla tecnologia, permettessero di agevolare i processi burocratici in favore non solo delle imprese ticinesi, ma anche dei privati, così come dei servizi statali stessi.
Da verificare se questo nuovo approccio tecnologico abbia nel frattempo avuto luogo. Saremmo delusi se alle intenzioni non avessero fatto seguito anche i fatti.
Concretamente, lo sviluppo di un coordinamento sarebbe, ad esempio, utile nel contesto dei cosiddetti “fallimenti a catena”. Invece di ipotizzare improbabili modifiche legislative, sebbene a livello federale qualcosa si stia muovendo, lo scambio di informazioni fra i vari dipartimenti permetterebbe di individuare con più facilità i furbetti, come del resto avviene già in altri cantoni.
Coordinarsi andrebbe certamente a snellire quelle procedure che rendono la giustizia civile e amministrativa un po’ macchinosa, con tempi non più sostenibili. Le aziende sane, e sono la gran parte, chiedono una giustizia efficiente, aggiornata e tempestiva, condizione quadro fondamentale per progredire.
Talune prassi vanno ripensate
Invochiamo spesso un’azione sull’aggravio burocratico a costo di risultare ridondanti. Purtroppo, si tratta di una realtà che si ripete incessantemente, figlia di un contesto sempre più complesso, ma forse anche non abbastanza audace.
Voglio spiegarmi: le leggi, spesso già complesse nella loro messa in vigore (un riferimento a quella sul salario minimo cantonale non è per nulla casuale), restano spesso in vigore senza che se ne sia mai valutato l’impatto, l’utilità e l’adeguatezza. Chiedere che, analogamente a quanto avviene per molte leggi federali, vi sia dopo un certo numero di anni una procedura di valutazione sugli effetti di una base legale non è quindi sproporzionato. In una realtà in cui taluni chiedono la modifica di una legge ancora prima che essa venga applicata (anche qui il salario minimo cantonale è un riferimento non casuale), non dovrebbe essere scandaloso fare uno sforzo per una verifica ex post. Del resto, a livello federale si sta elaborando una legge che obblighi a verificare e ponderare gli effetti degli atti normativi sulle aziende, le PMI in particolare. Potrebbe apparire surreale che, proprio noi paladini della de-burocratizzazione, invochiamo una legge per verificare le leggi, ma tant’è, se serve…
Riteniamo sarebbe molto più di facile attuazione, a volte, ripensare alla stessa prassi delle Autorità e in tal senso potrebbero essere utili decisioni prima politiche e solo poi legislative. Abbiamo più volte tematizzato che nell’ambito dei permessi degli stranieri si constatava una certa rigidità, in certi casi opinabile, come poi sancito anche dal Tribunale federale. L’auspicio è che una giusta e mirata battaglia contro gli abusi non debba contribuire ad accrescere un contesto generalizzato di sospetto che non favorirebbe la crescita economica del nostro territorio.
Anche in ambito fiscale rileviamo prassi penalizzanti verso i contribuenti e aziende. Un esempio è quello della stima del valore aziendale, legata all’ormai ben nota Circolare 26 emessa dalla Confederazione, con un’interpretazione inflessibile che mette in difficoltà molti imprenditori.
Un altro esempio è la presunzione che l’utile imponibile di un’azienda cresca in maniera lineare, costringendo l’imprenditore, così come altri contribuenti, a dimostrare di non essere “colpevole”, invertendo quindi il principio sacrosanto che deve essere l’autorità a dimostrare che il contribuente ha dichiarato troppo poco e non il contrario. Spesso la risposta a questa contestazione è laconica: “se non è soddisfatto faccia reclamo”. Poco conforme allo Stato di diritto e a un rapporto sano fra Stato e cittadino. Il cittadino è il cliente e il cliente rappresenta in qualsiasi azienda nell’economia privata il bene più prezioso!
Stesso ritornello, ripetuto anche per la prassi fiscale ingiustificatamente severa riguardo le deduzioni per la manutenzione degli immobili, nella quale la maggior parte degli interventi vengono considerati migliorativi e quindi non deducibili se non in casi di manifesta fatiscenza delle strutture. Un’attitudine che va in netto contrasto con le necessità di sostenere la trasformazione ecologica e gli sforzi rivolti alla sostenibilità. Riteniamo sarebbe auspicabile incentivare ulteriormente il risanamento degli immobili, ottimizzando il vantaggio fiscale per gli investimenti e rendendo attrattivi gli interventi di risanamento. Ne beneficerebbero tutti, l’economia attraverso l’effetto virtuoso e circolare che investimenti di tale portata possono generare e lo Stato che, di riflesso, raccoglierebbe attraverso le imposte il frutto virtuoso creato a livello economico.
Dulcis in fundo, i proprietari contribuirebbero a elevare la qualità del parco immobiliare e l’immagine stessa del nostro paese. Anche l’occhio vuole la sua parte!
Abbiamo cercato di evidenziare alcune modalità d’applicazione, modi di interpretare e applicare le regole che, troppo spesso, si discostano dagli intendimenti e finalità pensate all’introduzione delle stesse.
Chiediamo pertanto all’autorità politica uno sforzo per intervenire su queste e altre prassi che inficiano alla base il rapporto con lo Stato, creano un clima di diffidenza nocivo per tutti.
Un atteggiamento di diffidenza e contrarietà a prescindere è inammissibile. Non è puntando indistintamente il dito contro tutti che si tutelano gli interessi elvetici e ticinesi, bensì riconoscendo al partenariato Stato – cittadino il giusto valore e rispetto. Uniamoci, facciamo squadra, e ricostruiamo il rapporto di fiducia di un tempo, che ha contraddistinto e reso invidiabile la Svizzera, senza preconcetti o chiusure aprioristiche. La persona deve tornare ad essere considerata il cliente con la C maiuscola dello Stato, questo è l’approccio che auspichiamo!
Altrimenti inutile sorprendersi se seri investitori ripartono o scelgono altre destinazioni. Un peccato!
Non si tratta solo di questioni finanziarie o di opportunità, ma anche di libertà imprenditoriale, sancita espressamente nell’articolo 27 della Costituzione federale e pilastro portante per lo sviluppo e la prosperità del Ticino e della Svizzera intera. Diritto da noi sempre fermamente difeso ed elemento cardine della nostra missione, non un privilegio per approfittatori, ma caposaldo per il benessere generale.
Con queste considerazioni non vogliamo accodarci alle tante sterili polemiche e nemmeno favorire in qualsiasi modo chi intende eludere le nostre leggi, tutt’altro.
Sollecitiamo un adattamento concreto al contesto attuale e la possibilità per le nostre aziende di operare in modo ottimale, attraverso sostegno e flessibilità nel rispetto delle regole e nell’interesse di tutti. Si tratta quindi di realizzare un cambio di mentalità e di approccio.
La Camera è come sempre disposta e propensa alla collaborazione costruttiva con le autorità. Mettiamo a fattore comune le nostre competenze, le nostre esperienze, le nostre idee e ambizioni e, poi, passiamo dalle parole ai fatti. Uniamo le idee, sviluppiamole assieme e sosteniamole con convinzione!
Il momento giusto è adesso e il Ticino, oltre ad essere terra d’artisti è anche terra d’imprenditori che chiedono di poter lavorare, prosperare e collaborare alla creazione della ricchezza del nostro territorio.
Il momento giusto è adesso!
Prima di concludere il mio intervento all’odierna assemblea generale ordinaria della Camera di Commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino vorrei ringraziare tutti i collaboratori che compongono e rappresentano la Camera e che con passione, dedizione e impegno svolgono quotidianamente un lavoro encomiabile a sostegno delle nostre aziende e dell’economia in Ticino.
In particolare, il Direttore Luca Albertoni che, con la sua squadra, si impegna a garantire una moltitudine di servizi essenziali per gli associati e costanti relazioni costruttive con il mondo istituzionale. Un lavoro talvolta oscuro e dietro le quinte, ma assolutamente fondamentale per lo sviluppo di condizioni quadro sostenibili per la nostra economia.
Non dimentico il supporto e l’importante lavoro svolto da tutto l’Ufficio Presidenziale, dalla nostra Vicepresidente Cristina Maderni, che in questo primo anno mi hanno affiancato e sostenuto nella mia presidenza, GRAZIE DI CUORE!
Concludo ringraziando la mia famiglia che mi accompagna quale persona, imprenditore e Presidente e tutti voi convenuti oggi a Bellinzona.
La vostra presenza è testimonianza di quanto sia apprezzato e importante continuare a lavorare per un Ticino economico forte ed unito.
Crediamoci!
Grazie per l’attenzione e buon proseguimento di serata.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2021/10/ART21-gehri-2021.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-10-15 19:02:002021-10-15 12:09:46Discorso del Presidente Andrea Gehri in occasione della 104esima AGO Cc-Ti
La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) ha tenuto oggi, 15 ottobre 2021, presso l’Espocentro di Bellinzona, la sua 104esima Assemblea Generale Ordinaria.
Alla presenza di circa 300 partecipanti (numero chiuso per scelta di protocollo interno di sicurezza) si è svolta con successo la 104esima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti, osservando strettamente le regole sanitarie, analogamente all’edizione 2020 che aveva potuto tenersi malgrado condizioni difficili e restrittive, senza, fortunatamente, alcuna conseguenza per la salute dei partecipanti. Ad intervenire, a seguito dei lavori assembleari, sono stati il Presidente Cc-Ti, Andrea Gehri, il Consigliere di Stato Christian Vitta e il Direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, unitamente al CEO Swisscom, Urs Schäppi, e l’avvocato e noto fiscalista ginevrino Xavier Oberson in merito a possibili riforme del sistema fiscale per tenere conto dell’evoluzione tecnologica e della robotizzazione in particolare.
La necessità di lavorare uniti e nella stessa direzione
Il Presidente Andrea Gehri ha sottolineato come l’economia ticinese si sia dimostrata molto resiliente anche in questi ultimi periodi difficili, reggendo il colpo degli effetti della pandemia, in linea con quanto occorso nel resto della Svizzera. Permangono le difficoltà per taluni settori, ma nel suo insieme l’economia ha reagito in maniera positiva. Preoccupano, oltre alle incertezze sanitarie, soprattutto le difficoltà legate alla reperibilità delle materie prime e al loro rincaro che sta già incidendo in maniera pesante sulle aziende e che toccherà tutti i cittadini. Inoltre, i rincari nel settore energetico sono importanti e sembrano al momento incontrollabili, il che potrebbe alimentare una pericolosa evoluzione inflazionistica.
In un contesto del genere, è importante che tutti gli attori cantonali operino nella stessa direzione, per promuovere il nostro territorio e attirare importanti investimenti, garantendo quindi anche condizioni interessanti per il mondo imprenditoriale. Anche per questo motivo è assolutamente fondamentale evitare aumenti di imposte e applicare in maniera decisa, definitiva e secondo i tempi stabiliti la riforma fiscale in vigore dal 1° gennaio 2020, approvata dal Parlamento e dal popolo. Ridurre l’aliquota sugli utili delle persone giuridiche dall’8% al 5% dal 1° gennaio 2025 è essenziale per mantenere il Ticino competitivo, nell’interesse di tutti. Un passo fondamentale verso la modernizzazione del nostro sistema fiscale. Andrea Gehri ha poi anche lanciato un appello alle Autorità Cantonali affinché talune prassi amministrative che si sono consolidate nel tempo ma che si sono rivelate troppo rigide, vengano riviste in tempi brevissimi.
Nuovi servizi della Cc-Ti, automazione e fiscalità
I lavori assembleari sono proseguiti con l’intervento del Direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, che ha evidenziato in particolare due importanti novità nell’ambito dei servizi offerti dalla Cc-Ti ai propri associati. La creazione di un servizio “Commercio internazionale”, che va ad ampliare le consulenze alle aziende anche in ambito di import (mentre fino a oggi l’attività di consulenza era limitata all’export). Si tratta della prima Camera di commercio e dell’industria in Svizzera che amplia in questa direzione il suo campo di attività. La seconda novità è la creazione di una Scuola dell’export che partirà a primavera 2022. È un’emanazione della Swiss School for International Business di Zurigo, di proprietà di alcune Camere di commercio e dell’industria, fra le quali anche quella ticinese (SSIB – Swiss School for International Business / Export & Import). I corsi, finora svolti solo in tedesco, saranno offerti in Ticino in italiano e con la possibilità di sostenere proprio in italiano gli esami riconosciuti dalla Confederazione. Si tratta di un tassello, di natura interamente privata e senza alcun contributo statale, e certamente un’occasione importante per accrescere le competenze del personale residente in Ticino in ambito internazionale.
Luca Albertoni ha poi dialogato con il noto avvocato e professore di diritto fiscale Xavier Oberson su possibili riforme del sistema fiscale nell’ottica dell’evoluzione tecnologica che pervade ormai tutti i settori. Oberson ha invitato a riflettere sull’eventualità di introdurre una tassa per i robot, togliendo altri fardelli fiscali. Dalla discussione sono comunque emersi molteplici interrogativi da risolvere, a partire dalla definizione dell’automazione, passando per i processi che potrebbero essere imposti, sino ai rischi di frenare le spinte innovative. Il tema merita certamente uno studio e un’osservazione puntuale, anche se, a oggi, si tratta soprattutto di ragionare e ottimizzare i sistemi fiscali esistenti piuttosto che decidere su nuove forme di imposizione.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2021/10/ART21-104AGO.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-10-15 18:01:002021-10-26 15:04:59NO ad aumenti di imposte, applicazione senza indugi della riforma fiscale, nuovi servizi della Cc-Ti
Questa sera l’Ambasciatrice di Svizzera in Italia, Malta e San Marino Monika Schmutz Kirgöz, assieme al consigliere d’Ambasciata Gregorio Bernasconi, capo della sezione economia e politiche settoriali, ha incontrato esponenti dell’economia cantonale presso la Camera di Commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino, nell’ambito di una visita di cortesia.
In questo contesto è stato possibile uno scambio di vedute sui principali dossier economici che riguardano le relazioni bilaterali. In particolar modo sono stati affrontati i temi dei servizi finanziari e del telelavoro dei frontalieri.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2021/10/ART21-ambasciatrice.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-10-13 18:14:192021-10-13 18:14:19La Cc-Ti incontra Monika Schmutz Kirgöz, Ambasciatrice di Svizzera in Italia, Malta e San Marino
Venerdì 15 ottobre 2021 si terrà a Bellinzona la 104esima Assemblea generale ordinaria della Cc-Ti. Tradizionale occasione per fare il punto sulla situazione economica e illustrare il lavoro svolto durante l’anno, così come i progetti futuri in ambito politico e di servizi agli associati. Sarà anche un momento di riflessione sul primo anno di presidenza di Andrea Gehri, che si è ritrovato alla testa dell’associazione mantello ticinese in un periodo particolarmente difficile per tutti, compresa ovviamente l’economia. Anche se, come preferisce sottolineare il Presidente, “la fase di maggiore incertezza per la diffusione del Coronavirus è stata precedente alla mia presidenza. Se penso alla primavera 2020 con tutto il Paese fermo per il lockdown, ebbene da allora abbiamo sicuramente imparato a convivere e contrastare meglio la propagazione del virus. L’economia svizzera e anche quella ticinese hanno retto bene, forse anche meglio di quanto ci si potesse aspettare. Questo sicuramente grazie al sistema svizzero che ha dato prova di grande efficienza e pragmatismo, con doti di ponderazione non comuni nell’affrontare quella che a tutti gli effetti si è cristallizzata in una crisi globale. Ma anche grazie alla grande flessibilità e capacità di adattamento del mondo imprenditoriale. Il connubio pubblico/privato ha dimostrato di funzionare in maniera efficace quando si lavora compatti in una sola direzione”.
Da Presidente della Cc-Ti e da imprenditore quali sono state le difficoltà maggiori che ha dovuto affrontare?
Ci sono stati e ci sono tuttora settori economici che, più di altri, hanno sofferto e soffrono ancora per determinate limitazioni e misure di prevenzione che, per quanto parziali, sono fonte di preoccupazioni. Se prendiamo, ad esempio, i comparti della ristorazione, della cultura, dello sport, dei viaggi, della metalmeccanica legata all’esportazione, ebbene queste attività risentono fortemente del clima d’incertezza generale che regna tuttora.
La pandemia ha avuto un impatto pesante sul nostro sistema produttivo, ma grazie ai piani di sostegno della Confederazione, del Cantone e alla tenacia dei nostri imprenditori non ci sono stati gli effetti catastrofici che si erano temuti in un primo momento. Pericolo scampato?
La Svizzera ha dimostrato ancora una volta di saper affrontare problemi e situazioni di gravità globale con grande tempismo, straordinaria efficacia e impareggiabile concretezza. Le misure varate da Confederazione e Cantoni, in particolare il credito COVID-19 alle imprese che ha consentito di accedere a liquidità immediata senza intralci burocratici entro 24 ore attraverso la semplice richiesta via e-mail, ha costituito una prova di efficienza senza eguali al mondo. Questa misura straordinaria, che ha permesso alle aziende di salvaguardare la liquidità e quindi la capacità di operare, unita all’indennità per lavoro ridotto che ha scongiurato il pericolo di licenziamenti di massa, sono state risposte concrete, dirette e incisive a sostegno della nostra economia. La resilienza dimostrata, poi, agli imprenditori svizzeri, figlia certamente di una cultura imprenditoriale sana, di solida tradizione e basata su nobili principi economici, per cui l’impresa risulta essere il mezzo ideale per diffondere ricchezza nel Paese, ha certamente contribuito ad evitare le conseguenze catastrofiche temute. Il pericolo di una crisi ancora più grave sembrerebbe per ora scongiurato; tuttavia, siamo interconnessi con il mondo e le ripercussioni di avvenimenti negativi di portata internazionale possono rendere fragili e ulteriormente incerte le attuali previsioni.
Rincari delle materie prime e gravi scompensi nelle catene di approvvigionamento, la ripresa stenta a stabilizzarsi. Come vede la situazione nel medio e lungo periodo?
Si tratta di conseguenze dirette della diffusione del Coronavirus a livello planetario che hanno colpito duramente realtà strategiche essenziali per la distribuzione, la lavorazione e il trasporto delle materie prime nel mondo. Durante la prima e seconda ondata pandemica i colossi e le multinazionali che distribuiscono le principali materie prime hanno ridotto enormemente le loro capacità produttive e distributive, causando l’effetto ‘collo di bottiglia’ che viviamo tuttora. L’economia, soprattutto in Cina, Asia e USA è ripartita vigorosamente, accaparrandosi, prima di altri Paesi, tutte le risorse rimaste sul mercato, causando di conseguenza una penuria di materiali mai vissuta prima d’ora, oltre a rincari senza precedenti. Stiamo, quindi, soffrendo enormemente, in particolare in Europa dove l’approvvigionamento di materie prime risulta tuttora molto difficoltoso e con costi alle stelle. In proiezione futura si spera in un graduale ritorno alla normalità che, comunque, sarà diversa da quella precedente e che, secondo gli esperti, non interverrà prima del secondo semestre 2022. I rincari di alcune materie rimarranno e contribuiranno verosimilmente ad accentuare la spirale inflazionistica.
Sia nel recente studio di UBS sulla competitività che in quello del Credit Suisse sulla qualità della localizzazione, il Ticino si è ritrovato quasi in fondo alle rispettive classifiche. Questa retrocessione è riconducibile a dei deficit infrastrutturali (fiscalità, collegamenti, formazione, invecchiamento della popolazione) oppure ad un indebolimento dell’economia cantonale?
Per poter essere classificati come Cantone virtuoso in materia di competitività e, aggiungo, di attrattività verso potenziali investitori e aziende da attirare sul nostro territorio, necessitiamo decisamente di un’inversione di pensiero e di approccio verso l’economia in generale. È innegabile che la fiscalità poco allettante del nostro Cantone costituisca una penalizzazione notevole che non favorisce la localizzazione sul territorio di realtà imprenditoriali di rilievo. Non solo, ma pure a livello di infrastrutture, di trasporti e di transito abbiamo deficit che concorrono in modo determinante a scoraggiare un’eventuale localizzazione in Ticino. L’istruzione e la possibilità di reperire sul territorio profili professionali funzionali all’economia è un altro criterio fondamentale di scelta che ogni imprenditore analizza accuratamente. Abbiamo sicuramente la necessità di finalizzare una formazione più aderente alle realtà economiche locali, ma soprattutto verso quelle nuove professioni che si stanno affacciando sulla scena produttiva. Penso, in particolare, alle professioni legate all’accresciuta necessità di digitalizzazione, con cui saremo confrontati tutti nel prossimo futuro, a discipline legate alle nuove tecnologie, all’intelligenza artificiale e alla biotecnologia. Dobbiamo saper cogliere le mutazioni e le tendenze economiche attuali, e tradurle in opportunità per le future generazioni.
Le nostre imprese sono in grado di sostenere questa svolta? E il sistema politico, in generale, è consapevole delle radicali trasformazioni a cui stiamo andando incontro?
Abbiamo compreso l’importanza di doverci confrontare con le nuove tecnologie e all’avanzata poderosa della digitalizzazione anche nella vita quotidiana. La concorrenzialità delle nostre imprese sarà messa alla prova e misurata attraverso la capacità di adattamento e di implementazione di tutta una serie di misure orientate su un indirizzo più tecnologico e digitale, indipendentemente dal ramo d’attività. Dal sistema politico ci attendiamo che supporti questi cambiamenti strutturali col sostegno diretto degli incentivi all’innovazione, e che funga da esempio adottando analoghi principi anche dell’amministrazione pubblica.
Il piano di rilancio post-pandemico è una delle priorità nell’agenda politica ticinese, ma il dibattito tra i partiti si è già riavvitato sull’eterno dilemma tra fiscalità e socialità. Pensa che si riuscirà a trovare un punto di equilibrio? Cosa bisogna fare per garantire al Cantone una crescita stabile e duratura?
Il pericolo che la pandemia possa costituire la scusa per rimandare alle calende greche la riforma fiscale in Ticino è reale e mi spaventa. Sarebbe un autogol clamoroso che renderebbe il nostro tessuto economico ancora più vulnerabile e che allontanerebbe ulteriormente determinati attori della nostra economia, interessati o già presenti nel nostro Paese, verso localizzazioni più attrattive. Dovremo finalmente riuscire a far comprendere che per poter difendere la socialità e favorire la distribuzione della ricchezza dobbiamo saperla creare prima di tutto. Penalizzare il tessuto economico con politiche di aggravi e, come in questo caso, rimandare una riforma fiscale determinante per favorire la crescita economica, rappresenterebbe un passo nella direzione opposta a quella auspicata. La crescita del Cantone passerà attraverso politiche fiscali attrattive, investimenti mirati nelle infrastrutture per migliorare percorrenze e spostamenti, attraverso una formazione e un’istruzione di prim’ordine aderenti alla realtà, incentivando politiche di trasformazione ecologiche nell’ambito delle costruzioni e in tutti quei settori che saranno confrontati con mutati criteri di sostenibilità.
Un bilancio e un auspicio in qualità di Presidente della Cc-Ti?
Semplicemente un’esperienza straordinaria che mi ha permesso di conoscere il Ticino imprenditoriale nei suoi molteplici contesti e attività diversificate. Persone che lottano per costruire, non senza fatica, ogni giorno il futuro di questo Cantone. Proprio questa diversificazione e la presenza di assolute eccellenze sul nostro territorio costituiscono quella ricchezza del Cantone che dobbiamo assolutamente valorizzare e preservare da posizioni contrarie e di ostacolo per una crescita armoniosa delle nostre imprese. La mia lunga esperienza d’imprenditore, e uomo-artigiano, mi ha portato vicino ad ogni realtà comprendendone le dinamiche in modo, direi, “personale”. Mi considero ancora in una fase di apprendimento e perciò mantengo alta la curiosità e l’interesse nel voler conoscere di più le realtà e l’affascinate mondo economico ticinese. La speranza per il prossimo futuro è quella poter accantonare le preoccupazioni incessanti legate alla pandemia e finalmente concentrarci e occuparci di temi propositivi per favorire la crescita, l’imprenditorialità e contribuire a determinare condizioni quadro migliori per la nostra economia.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/10/ART20-andrea-gheri-orizz.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-10-12 06:18:002021-10-12 10:35:23Il primo anno di Andrea Gehri alla Presidenza della Cc-Ti
La contabilità, insieme alla gestione finanziaria di un’azienda, rappresenta uno dei punti chiave nella progettazione strategica e monetaria delle diverse attività a livello economico. Se ad essa allineiamo il progresso tecnologico, emergono nuove e interessanti opportunità. Quali?
Abbiamo risposto a questa domanda nel webinar del 5 ottobre scorso, organizzato dalla Cc-Ti, a cui è intervenuto John Muschietti, Direttore Fidigit SA, introdotto da Lisa Pantini, Responsabile Relazioni con i soci Cc-Ti.
Dal 1400…
La nascita della contabilità si fa risalire a Frà Luca Bartolomeo de Pacioli, frate e matematico italiano che nel quindicesimo secolo, pubblicò per primo un lavoro sulla partita doppia, pilastro fondamentale del sistema contabile contemporaneo. L’evoluzione del sistema contabile nel tempo è illustrata nel grafico sottostante, che evidenzia le principali operazioni (imputazione, calcolazione e visualizzazione) e i relativi cambiamenti.
… fino ad oggi
Parlando di contabilità digitale si fa inevitabilmente riferimento alla moltitudine di interconnessioni esistenti fra le diverse sezioni di un’azienda. Esistono procedure e strumenti che possono andare a sostenere i processi rendendoli più snelli.
Possiamo citare, ad esempio: lo sviluppo dei pagamenti e l’avvento della fattura QR, che entro un anno sostituirà la polizza di versamento PVR, in attesa dell’adozione definitiva dell’e-bill. In merito all’archiviazione delle fatture è oggigiorno possibile ricorrere ad archivi digitali a norma di legge che permettono di risparmiare spazio e costi. L’“Employee self-service”, il cosiddetto portale dei dipendenti, consente di eseguire una pluralità di operazioni, tra cui il rilevamento ore, la manutenzione anagrafica e la visualizzazione dei differenti dossier. Grazie al supporto dell’intelligenza artificiale, la registrazione delle spese può avvenire in tempo reale, da remoto e in modo totalmente automatico tramite smartphone. Le stesse condizioni valgono anche anche per l’electronic banking, che facilita lo svolgimento delle procedure dal proprio gestionale. Servendosi di strumenti di Business Intelligence, i dati disponibili sui dispositivi possono essere visualizzati velocemente e in panoramica, per meglio comprendere le proprie attività e conseguentemente adottare strategie mirate. Lo standard xBRL – non ancora utilizzato in Svizzera a differenza che in altri Paesi come, per esempio, la Germania – ha la funzione di automatizzare l’interazione fra la reportistica aziendale e le sue controparti.
Le possibilità per digitalizzare i processi interni alle aziende sono numerose e diversificate, occorre quindi iniziare a valutarle per tempo, dato il repentino progresso tecnologico. Un partner affidabile e su cui contare per una consulenza mirata è la buona strada da cui iniziare.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-10-07 11:05:402021-10-07 13:20:59La contabilità digitale è un’opportunità da cogliere per le PMI
Abbiamo intervistato Matteo Togninalli, Chief Operating Officer di Visium SA
La parola a Matteo Togninalli, figlio del nostro territorio e, ormai, imprenditore di successo nel mondo. Come è nato questo percorso? Un sogno partito alla grande già dal Ticino? Una passione da sempre?
Da sempre, mi sono appassionato per le scienze e la tecnologia. Al momento del liceo, ho cominciato ad interessarmi all’imprenditoria: era infatti uno dei migliori modi per facilmente diffondere nuovi progressi tecnici. Questa realizzazione fu anche il motivo che mi ha spinto verso il politecnico. La passione per le startup è poi sbocciata ai primi contatti con il mondo universitario, dopo aver partecipato a vari eventi sul campus. Fondare e far crescere una ditta è quindi diventata un’evidenza e sapevo che sarebbe stato il mio percorso dopo gli studi.
“Rendere l’Intelligenza Artificiale accessibile a tutti”, visione e/o missione della sua azienda?
Matteo Togninalli
Esattamente, Visium sviluppa programmi di intelligenza artificiale su misura per le imprese. Dal mio primo contatto con questa tecnologia, mi sono reso conto del suo enorme potenziale per gran parte delle attività economiche. Il problema è che, fino al 2016, rimaneva principalmente nelle mani delle grandi industrie internet (GAFAM) o dei laboratori universitari. Quando, durante una cena a Zurigo, Alen mi ha parlato della sua idea di renderla accessibile al resto delle imprese attraverso servizi e prodotti, mi sono immediatamente entusiasmato. Abbiamo quindi cominciato a lavorare su Visium, con l’obiettivo di creare un nuovo attore svizzero ed europeo che possa rispondere a questo bisogno sempre più marcato.
Quali i percorsi di ricerca e i successi che l’hanno resa più soddisfatto e creato sempre nuovi entusiasmi?
Il percorso di studi è stato senz’altro un momento meraviglioso. L’EPFL mi ha offerto la possibilità di soggiornare a due riprese negli Stati Uniti, dove, oltre che a legare amicizie per la vita, ho potuto osservare e prendere ispirazione dalla mentalità “can-do” americana, specie nel mondo imprenditore. Svolgere la mia tesi di master a Stanford, nel cuore della Silicon Valley, è stata la più grande opportunità che ho avuto e mi ha fortemente marcato, in particolare per le mie avventure imprenditori. In seguito, durante il dottorato, l’ETHZ mi ha permesso di viaggiare a grandi conferenze di machine learning attraverso il mondo, dove ho potuto scambiare idee con brillanti ricercatori e prendere ispirazioni per nuovi approcci tecnici. Ultimamente, poter capire le specificità di diverse industrie grazie ai progetti con i nostri clienti è affascinante. Sono quindi le discussioni e gli scambi con altre persone che mi ispirano e continuano a farlo: c’è così tanto da imparare!
Sinergie con grandi aziende e sinergie con piccole aziende. Come progettare a misura, tenendo conto del costo dell’investimento e traducendolo in successo. Quali parametri di analisi dovrebbe affrontare un’azienda per verificare la propria posizione sul mercato? A chi si rivolge Visium?
Investire in progetti di intelligenza artificiale porta sempre dei ritorni. Noi li classifichiamo in ritorno misurabile (il valore aggiunto economico), ritorno strategico (benefici legati agli obiettivi strategici e competitivi della ditta) e il ritorno in capacità (legato alla maturità tecnologica e IA dell’impresa). Anche se a volte i ritorni economici di un progetto di IA non appaiono da subito, gli altri benefici sono sempre sinonimi di progresso immediato per la ditta. Da Visium, abbiamo cominciato a lavorare con piccole e medie imprese e ora accompagniamo principalmente grandi multinazionali per imperativi di crescita. Il nostro obiettivo essendo di democratizzare l’accesso all’IA, stiamo reinvestendo i benefici per sviluppare una serie di prodotti generali e finanziariamente accessibili a tutte le imprese. Per esempio, stiamo per lanciare SalesHunter, un programma che permette ai rappresentanti di vendita di sapere quali prodotti raccomandare ai loro clienti per aumentare le loro vendite.
Dal Ticino, all’America, a Zurigo per formare un team vincente. Quali consigli e caratteristiche per i nuovi imprenditori del futuro? I know-how per questo settore? Come scegliere i compagni di viaggio (soci, collaboratori, …)?
Lanciare una ditta nel mondo informatico non è mai stato così semplice e poco costoso: le risorse abbondano e ci sono migliaia di buone idee. Quello che ci vuole, è il coraggio di lanciarsi. E spesso, è molto più facile trovare questo coraggio quando non si è soli. Sono infatti immensamente grato ad Alen e Timon, con cui continuiamo a motivarci dopo quasi 4 anni, perché sarebbe impossibile altrimenti. Quello che conta per un buon cofondatore, è trovare persone che hanno la stessa etica del lavoro e la convinzione di potercela fare, possibilmente con talenti complementari. Per i collaboratori invece, è molto importante ingaggiare persone che credano nella visione ditta e che non si scoraggeranno alle prime difficoltà. Da noi, questa qualità prevale sulle altre al momento di scegliere i candidati.
Visium è ubicata presso l’Innovation Park a Losanna e presso il Technopark a Zurigo; e mira a raggiungere i 100 collaboratori entro il 2022. Quale panorama si immagina ancora per la vostra azienda?
Vogliamo rendere Visium un vero attore internazionale nel mondo dell’IA. Sarebbe l’occasione perfetta di rimettere la Svizzera e l’Europa sulla mappa mondiale dell’IA e delle tecnologie dell’informazione, attualmente dominata dagli Stati Uniti e dalla Cina. Per fare questo, spingiamo lo sviluppo dei nostri prodotti, più facilmente esportabili, e stiamo iniziando altre collaborazioni a livello europeo.
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In vigore l’accordo di partenariato economico (CEPA) tra AELS e Indonesia
/in Dogana, Internazionale, TematicheL’accordo di partenariato economico (CEPA) tra gli Stati dell’Associazione europea di libero scambio (AELS) e l’Indonesia è entrato in vigore il 1° novembre 2021, migliorando in modo significativo l’accesso al mercato e la certezza giuridica per le PMI svizzere. Il presente articolo si focalizza sull’applicazione pratica del CEPA per quanto riguarda lo scambio di merci.
Scambio di merci: i vantaggi
La Svizzera accorda l’accesso in franchigia doganale ai prodotti industriali indonesiani. Le concessioni accordate nel settore agricolo corrispondono sostanzialmente a quelle di altri accordi di libero scambio.
Tutti i principali settori di esportazione svizzeri beneficiano dell’accordo; questo vale sia per il settore agricolo sia per l’industria. Nel primo caso, l’Indonesia ha eliminato sin da subito, o lo farà entro termini transitori fino a cinque anni, i dazi sul latte e i prodotti del latte; per lo yogurt il termine di abolizione è di nove anni, mentre i dazi su caffè, cioccolata e biscotti verranno eliminati entro dodici anni. Il settore industriale svizzero ha invece ottenuto le seguenti concessioni: nell’industria chimico-farmaceutica praticamente tutti i dazi sono stati eliminati o lo saranno entro termini transitori che variano fino a nove anni; nel settore tessile non vi è un’abolizione generale dei dazi, ma a seconda degli ambiti vi è un libero accesso al mercato con termini di abolizione che variano da cinque a dodici anni; salvo poche eccezioni, i dazi sui macchinari sono stati completamente eliminati con l’entrata in vigore dell’accordo o lo saranno entro termini transitori che variano da cinque a dodici anni; infine i dazi sugli orologi sono stati eliminati con l’entrata in vigore dell’accordo o lo saranno entro termini transitori che variano da cinque a nove anni. Allo scadere dei termini previsti per l’abolizione dei dazi, la Svizzera potrà esportare in Indonesia il 98 % dei suoi prodotti in franchigia doganale.
Le principali disposizioni in materia di origine
La dichiarazione d’origine deve essere allestita esclusivamente in inglese ed avere il seguente tenore:
Altri ambiti
La scheda informativa “Accordo di partenariato economico completo AELS-Indonesia” del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR) fornisce ampi ragguagli sui contenuti del CEPA nei seguenti ambiti:
Pronti a tornare a casa?
/in Comunicazione e mediaIl rientro delle aziende trasferite all’estero, tra aspirazioni e realtà
Aziende più automatizzate e robotizzate per ottimizzare linee produttive, costi e competitività, più prossimità con clienti finali, catene di approvvigionamento più corte ma più sicure e controllabili. Sono gli elementi distintivi del reshoring, ovvero la rilocalizzazione in patria di produzioni, o parte di esse, che erano state trasferite all’estero. Un fenomeno di cui si è cominciato a parlare nel 2008, a ridosso della grande crisi finanziaria, ma che oggi potrebbe assumere maggiore consistenza alla luce della tempesta perfetta che si è abbattuta sull’economia mondiale con il coronavirus.
Nuovi equilibri
Due anni di pandemia hanno messo a dura prova le global value chains, già sfibrate dai dazi e dalle barriere protezionistiche di una guerra commerciale a scena aperta che aveva bruscamente frenato gli scambi internazionali. La diffusione del virus, inceppando l’economia di tutti i Paesi avanzati, ha evidenziato l’importanza e le criticità delle supply chain mondiali. Le lunghe catene di approvvigionamento sono state messe sotto stress da una ripresa asimmetrica, tra Asia e Occidente, che ha ingolfato l’intero sistema di produzione e distribuzione delle merci, facendo impennare i costi dei trasporti.
A inasprire il quadro delle nuove tensioni geopolitiche, nel quale la Cina va dismettendo il ruolo di fabbrica mondiale a basso costo per proiettarsi in quello di super potenza a tutti gli effetti, sono arrivati la crisi delle materie prime e lo shock energetico. I prezzi di petrolio, gas e carbone hanno raggiunto livelli record, ridestando ovunque le spinte inflazionistiche. Difficoltà negli approvvigionamenti, linee produttive ferme o che lavorano a scartamento ridotto e numerosi Paesi occidentali, tra cui la Svizzera come ha avvertito il consigliere federale Guy Parmelin, che rischiano il blackout. Gli equilibri su cui si sono retti sinora la produzione e il commercio mondiali sono divenuti instabili.
Cambia la mappa della divisione internazionale del lavoro e per l’economia, già alle prese con la complessità della trasformazione digitale e gli ingenti costi di una transizione ecologica programmata avventatamente più sulla base delle emozioni che dei fatti, si aprono scenari inediti. Scenari che impongono ripensamenti anche nelle scelte d’investimento e di allocazione delle risorse.
Si ritorna casa?
È in questa prospettiva che il backshoring, il ritorno in patria delle attività produttive, e il nearshoring, il rientro in un Paese limitrofo, potrebbero diventare un’opzione concreta. Gli Stati Uniti fanno ad esempio capo al Messico, mentre i paesi del Vecchio Continente si rivolgono verso l’Est europeo o il Nordafrica, magari più cari dei paesi asiatici, ma appunto più vicini e quindi più “accessibili” per puntuali fasi di produzione. Tuttavia, malgrado le molte speranze riposte in evoluzioni che portino a un rimpatrio delle attività, gli studi internazionali non hanno ancora registrato numeri tali da rilevare una vera e propria tendenza verso il ritorno a casa delle imprese. Anche in Svizzera si sono avuti pochi casi di backshoring, più frequente invece quelli del rientro in Stati vicini, come Romania o Polonia, di alcune fasi produttive che erano state delocalizzate in Asia. Il caso più conosciuto è quello della Wander, che ha riportato in Svizzera la produzione dell’Ovomaltina da spalmare sul pane. Adidas ha fatto la stessa cosa in Germania per alcuni suoi modelli di scarpe, ma va detto che, in generale, in termini di posti di lavoro il “fenomeno” (se così si può chiamare) resta molto contenuto.
Se la tecnologia permette di produrre a costi che ridiventano interessanti, d’altra parte non vi è grande necessità di maggiorare la forza lavoro umana. Magari più qualificata, questo certamente, ma non dal punto di vista numerico.
Anche se va rimarcato l’effetto di creazione di posti di lavoro legato al fatto che attività nuove, seppur limitate, attirino altre aziende e si approvvigionano di attrezzature e prestazioni di servizi in loco.
Stimolare il rimpatrio?
Leggermente diversa è la situazione quando il reshoring è incoraggiato con sovvenzioni dichiarate, o più meno “nascoste”, da alcuni Stati che, con una strategia protezionistica, vorrebbero garantirsi l’autonomia e l’indipendenza per alcune produzioni. Ci ha provato negli USA, con poco successo, il presidente Trump, ci sta tentando la Francia di Macron per alcuni prodotti farmaceutici, mentre in Giappone il governo ha stanziato 2,2 miliardi di dollari per riportare in patria imprese che si erano trasferite in Cina.
Da un punto di vista elvetico, questo approccio però è considerato, poco “svizzero”. Come indicato qualche tempo fa dalla Seco, il Consiglio federale non è incline a una politica industriale aggressiva, ma si predilige la scelta di garantire condizioni generali che possano essere interessanti per tutte le aziende per “fare impresa”, per fare in modo che l’economia “se la cavi da sola”. Scelta che a corto termine può magari metterci in posizione di debolezza verso la concorrenza sempre più agguerrita di molti altri paesi, ma che probabilmente, sul lungo termine è più pagante e soprattutto va a beneficio di tutti i settori, senza distinzioni fra grandi e piccole aziende.
Elemento importante perché finora si è rilevato piuttosto un rimpatrio di piccole e medie imprese, emigrate soprattutto per ragioni di costi, mentre le grandi aziende sono più restìe a spostarsi. Avantutto per i tempi spesso molto lunghi del trasferimento di un’attività (spesso calcolato in termini di numerosi anni) e per la necessità di ammortizzare investimenti magari molto importanti in siti di produzione non abbandonabili in tempi brevi. Inoltre, le grandi aziende prediligono spesso paesi vicini a quelli che sono i mercati di destinazione dei loro prodotti.
Assicurarsi l’autosufficienza in diversi settori economici e non solo in quelli tradizionalmente ritenuti strategici, può indurre a politiche aggressive di “recupero” delle aziende. Non sono mancate negli ultimi anni misure protezionistiche che tendono anche al controllo preventivo su acquisizioni e fusioni da parte di investitori stranieri, nuovi dazi sui prodotti esteri e barriere doganali. Strategie che, inevitabilmente, irrigidiscono le dinamiche del libero mercato, generando inefficienze e costi aggiuntivi per la collettività e che riducono anche per tutte le altre imprese la possibilità di acquisire vantaggi competitivi attraverso una migliore allocazione dei fattori produttivi lungo le catene del valore globale. Ma l’esercizio è più complesso di quanti molti credono, perché il mondo e l’economia sono a tal punto interconnessi e interdipendenti che scegliere di ritornare non succede dall’oggi al domani. In realtà si apre solo un altro ciclo con la riconfigurazione delle supply chain globali e il consolidarsi delle supply network, con nuovi assetti nella divisione internazionale del lavoro e nel commercio mondiale che si rafforzerà in alcune aree regionali attraverso catene del valore che si svilupperanno anche a medio e corto raggio.
Le ragioni del reshoring
“Reshoring di Stato” a parte, sotto la pressione dell’incertezza e dell’instabilità odierne sono tante le ragioni che possono indurre un’impresa a rientrare in patria: difficoltà nell’approvvigionamento e nelle forniture, tempi di consegna troppo lunghi, vantaggio reputazionale sui mercati internazionali con un autentico “Made in…” , problemi di qualità, elevati costi logistici, ostacoli doganali, minore dispersione del know-how, più prossimità per reagire rapidamente alla domanda dei consumatori, maggiore sicurezza coi fornitori locali, produzioni che richiedono manodopera sempre più qualificata (non sempre reperibile nei Paesi dove costa meno), sensibilità ambientale, digitalizzazione che oggi permette di mantenere e rafforzare i contatti anche con i mercati più lontani, e, non da ultimo, la necessità di ridurre i rischi nel caso di nuove emergenze mondiali. Ma, come visto in precedenza, tra i fattori determinanti del reshoring ci sono soprattutto l’automazione e la robotica che aumentano la produttività e riducono il costo del lavoro, mentre laddove prima costava molto meno ora va rincarando.
Nel giro di quindici anni appena, il prezzo dei robot industriali è sceso da 70mila a 15mila dollari, dunque alla portata pure delle piccole aziende, l’automazione è ancora più sofisticata, precisa, e l’intelligenza artificiale riesce a sovrintendere i processi produttivi più complessi. Non per nulla è emersa anche la tesi di tassare i robot, discussa anche nel quadro della nostra Assemblea generale dello scorso 15 ottobre 2021 con il noto fiscalista ginevrino Xavier Oberson. Tema molto complesso dal punto di vista giuridico e pratico e che suscita numerose perplessità anche per le difficoltà che potrebbe creare nell’ambito dell’innovazione.
Ma sarebbe sbagliato ignorarlo, perché nel contesto dei profondi e rapidi cambiamenti portati dalla tecnologia e dall’intelligenza artificiale, sarà quasi inevitabile anche affrontare gli adattamenti dei sistemi fiscali, togliendo ad esempio determinate imposte che stanno diventando obsolete o che non avranno più la stessa giustificazione. Come l’imposta sulla sostanza che la Svizzera mantiene, nonostante sia ormai poco diffusa a livello internazionale.
Chi spera nel tramonto o nella forte limitazione degli scambi internazionali non deve però farsi troppe illusioni. Il “reshoring” non significa un ripiegamento esclusivo nei confini domestici, rinunciando all’internazionalizzazione che è spesso un fattore decisivo per la crescita delle imprese e del sistema economico. Si resta competitivi se si resta nelle reti globali della produzione che permettono di acquisire le risorse migliori, le tecnologie più avanzate, gli approvvigionamenti più convenienti e di raggiungere più facilmente i mercati di riferimento. Dunque, se si vuole favorire, anche nel nostro Paese, la rilocalizzazione aziendale, senza scadere in deleterie pratiche protezionistiche, serve “rinverdire” l’approccio elvetico summenzionato, cioè la cura delle spesso menzionate condizioni quadro. Sembrano banalità, ma una fiscalità leggera, infrastrutture e formazione al passo con i tempi, regole e burocrazia meno vessatorie per la libertà economica sono elementi-chiave per potersi giocare anche la sfida di un rimpatrio di talune attività. Così come l’accoglienza di idee e persone in una buona collaborazione fra pubblico e privato e un dialogo più costruttivo tra le parti sociali sono fondamentali per ogni insediamento. Questa è la base non solo per cercare di richiamare in Svizzera talune attività, ma anche per evitare che ne partano delle altre.
Per una società digitale sicura
/in Diritto, TematicheLa nuova Legge federale sulla protezione dei dati
Lo scorso 19 ottobre, in un webinar dedicato, la Cc-Ti ha trattato il tema della nuova la legge federale sulla protezione dei dati (LPD).
Ad intervenire quale relatore esperto è stato Gianni Cattaneo, Avv., LL. M., Cattaneo Bionda Mazzucchelli Studio legale e notarile, dopo un breve saluto da parte di Lisa Pantini, Responsabile delle relazioni con i soci della Cc-Ti.
La nuova LPD è stata adottata dall’Assemblea federale il 25 settembre 2020, dopo un lungo periodo di gestazione. L’esatta data di entrata in vigore non è ancora stata decretata, realisticamente si prevede però che essa sarà fissata nel secondo semestre 2022 o per l’inizio di gennaio 2023.
Essa si prefigge di proteggere la personalità e i diritti fondamentali delle persone fisiche, i cui dati personali sono oggetto di trattamento da parte di privati e organi federali. Lo scopo è quello di creare una società digitale sicura, efficiente e non discriminatoria.
I principi generali cardine alla base della nuova LPD sono la liceità (tramite il supporto di un motivo giustificativo riconosciuto, quale la legge, il consenso o l’interesse preponderante pubblico o privato), la buona fede, la proporzionalità, la sicurezza, la finalità, l’esattezza e la privacy by design e by default. Essi vanno considerati e applicati da ogni azienda nello svolgimento di qualsiasi operazione in relazione a dati personali ordinari o degni di particolare protezione.
È inoltre necessario adempiere ai seguenti obblighi: informare le persone interessate circa i trattamenti svolti dall’impresa (o delegati a terzi) fornendo tutte le indicazioni previste dalla legge; munirsi di un apposito registro in cui repertoriare le attività (quali dati vengono trattati, da chi, come, dove, per quale scopo, chi ne è destinatario e sulla base di quale motivo giustificativo avviene il processo); svolgere valutazioni d’impatto sulla protezione dei dati personali per i trattamenti a rischio accresciuto e, ove necessario, effettuare la consultazione preventiva dell’Incaricato federale; notificare all’Incaricato federale le violazioni della sicurezza dei dati in situazioni di probabile pericolo ingente e alla persona coinvolta su ordine di quest’ultimo o se richiesto per la sua protezione; e, infine, non trasferire, salvo particolari eccezioni, dati verso Stati privi di una legislazione adeguata di protezione dei dati.
La nuova LPD non prevede l’obbligatorietà in Svizzera (diversamente dal resto d’Europa) della figura del Data Protection Officer (DPO) nel settore privato, ma la sua eventuale nomina comporta l’esclusione dell’obbligo di consultazione preventiva dell’Incaricato federale in presenza di trattamenti a rischio elevato.
Data la complessità della questione è essenziale sensibilizzare e formare i dipendenti in maniera adeguata sui rischi, sui diritti e sugli oneri di ciascuno in materia di protezione dei dati personali, nonché sulle responsabilità collegate, considerando anche la diffusione di situazioni straordinarie come quella del telelavoro. Decisivo per la buona riuscita della trasformazione anche lo sviluppo di un piano d’azione preciso ed efficiente che spazia dalla creazione di un team di progetto autorevole supportato dalla Direzione e dal CdA, alla determinazione di un programma di lavoro con relativo scadenziario in base alle risorse disponibili, agli obiettivi e alle priorità d’intervento.
Il termine di entrata in vigore è ancora lontano (ipotesi: gennaio 2023). Alcune aziende potrebbero commettere l’errore di rinviare la questione del trattamento dati tenere presente la complessità degli adempimenti, delle fasi tecniche per la loro attuazione e del fatto che la nuova LPD non prevede un periodo di adattamento dopo la sua introduzione.
È perciò di primaria importanza sfruttare i prossimi mesi per avviare, senza indugio, il processo di messa a norma, trattandosi di una revisione complessa che avrà un notevole impatto sulla società e le imprese.
A tal proposito la Cc-Ti organizza regolarmente dei corsi di formazione (dove l’Avv. Gianni Cattaneo interviene quale relatore) chiamati “Nuova legge sulla protezione dei dati personali: un Action Plan per trovarsi pronti in tempo utile”. Questi percorsi formativi – riproposti regolarmente – sono pensati per fornire gli strumenti concreti alle PMI per arrivare all’entrata in vigore della LPD in modo efficiente. Per accedere all’offerta formativa Cc-Ti è possibile cliccare su questo link.
Infine, contrariamente al diritto europeo, che prevede pesanti sanzioni amministrative pecuniarie a carico delle società, il diritto svizzero opta per la responsabilizzazione dei membri del Consiglio di Amministrazione e/o manager in quanto detentori del potere decisionale. Essi saranno ritenuti penalmente perseguibili per le violazioni intenzionali della LPD imputabili alle loro aziende, tra cui la mancata implementazione degli standard minimi di sicurezza (con multe fino a CHF 250’000.-).
Non ingabbiamo l’economia
/in Internazionale, Tematiche, VariaQualche tempo fa è stato presentato un atto parlamentare a livello federale che si prefigge di proteggere l’economia svizzera con controlli degli investimenti. Il Consiglio federale, lo scorso 25 agosto 2021, ha definito i parametri che potrebbero essere utili per un controllo degli investimenti esteri, confermando però la sua già nota riluttanza a introdurre regole particolari. Entro fine marzo 2022 verrà posto in consultazione un progetto. Ma perché il Consiglio federale è contrario a una regolamentazione troppo restrittiva degli investimenti esteri?
Il motivo è presto detto. Una politica aperta nei confronti degli investimenti esteri è essenziale per la nostra economia e, di riflesso, per tutta la popolazione elvetica. Ciò permette infatti l’afflusso di capitali e competenze che permettono alle aziende di rimanere competitive, creare valore e mantenere i posti di lavoro. Occorre quindi grande prudenza prima di introdurre limiti troppo restrittivi, in un quadro legislativo già abbastanza severo. L’obiettivo dei controlli deve rimanere limitato a rischi e minacce per l’ordine pubblico o la sicurezza derivanti dall’acquisizione di imprese svizzere da parte di investitori esteri e particolare attenzione va a rilevamenti di aziende da parte di enti statali o parastatali esteri, che potrebbero anche portare a distorsioni della concorrenza.
Il Consiglio federale probabilmente si muoverà nel senso di prevedere una notifica e un’autorizzazione per le acquisizioni di imprese svizzere da parte di enti statali o parastatali esteri, limitando
invece questa procedura solo ad alcuni settori in caso di acquirenti privati. La SECO sarà l’autorità designata a gestire queste procedure.
Qualche anno fa avevamo già evidenziato uno studio di Avenir-Suisse (https://bit.ly/2YJjfps), che rilevava come le imprese elvetiche non dovessero essere ulteriormente protette da acquisizioni da parte di ditte estere. Anche un chiaro approfondimento di economiesuisse fornisce elementi molto utili per capire la tematica in tutte le sue sfaccettature (https://bit.ly/3DDgOE6). È chiaro che la discussione politica verta soprattutto sulla fame di acquisizione cinese, che preoccupa non poco.
A volte anche a ragione. Un “player” dai mezzi quasi illimitati può effettivamente distorcere la concorrenza oppure accaparrarsi di aziende che sono strategiche per il Paese perché fornitrici di servizi molto particolari e non sostituibili. Pensiamo alla delicatezza della questione della sicurezza informatica e di chi fornisce servizi di questo tipo.
Non va però dimenticato che vi sono già parecchi strumenti legali utilizzabili, come il diritto di espropriazione dello Stato per ragioni di sicurezza nazionale, oppure leggi puntuali nel settore immobiliare, borsistico e della concorrenza, con il controllo delle fusioni nel contesto della legge federale sui cartelli. La Svizzera in taluni ambiti è già più restrittiva di altri Paesi europei come la Germania, la Svezia e la Gran Bretagna (malgrado la Brexit).
Inoltre, va rilevato che la stragrande maggioranza degli investimenti in Svizzera ha origine nel mondo occidentale, ossia Stati Uniti, Canada e Unione Europea, tanto che circa l’80% dei capitali esteri in Svizzera ha questa provenienza. Senza dimenticare che gli investimenti diretti esteri garantiscono quasi mezzo milione di posti di lavoro in Svizzera.
Nello stesso contesto non va dimenticato il movimento inverso degli investimenti, cioè dalla Svizzera verso l’estero, perché la Svizzera esporta non soltanto beni industriali e servizi, ma anche importanti quantità di capitali, soprattutto sotto forma di investimenti diretti. Si tratta di decine di miliardi investiti da grandi aziende ma anche da molte PMI, che complessivamente occupano quasi 2 milioni di persone all’estero, con importanti ricadute in termini di crescita delle nostre aziende site in territorio elvetico e quindi di grande beneficio per la Svizzera.
Il mondo cambia ed è giusto riflettere sull’adattamento degli strumenti legali oggi esistenti. Nello specifico sarebbe però un errore fatale adottare un regime troppo rigido che ostacolerebbe i flussi di investimenti verso la Svizzera, perché questo, nel gioco della reciprocità, frenerebbe di riflesso anche la possibilità di investimenti elvetici all’estero. Inoltre, vi è un elemento a cui occorre sempre prestare attenzione, cioè che è ormai difficile trovare aziende puramente svizzere al 100%, malgrado l’immagine, la qualità e l’affidabilità siano ancora molto di stampo nazionale.
Alcuni marchi storici come Ricola, Läderach e Victorinox rimangono saldamente in mano svizzera. Pochi sanno però che la mitica Ovomaltina è in mani britanniche, l’altrettanto mitico Toblerone appartiene a un’azienda americana, mentre la Feldschlösschen è danese e la Valser è di proprietà della Coca-Cola. Senza dimenticare un pezzo di cultura svizzera come l’Aromat che è di proprietà olandese. Eppure, il carattere elvetico non è sparito, perché chi investe in questi prodotti investe in un pacchetto, fatto di qualità riconosciuta in tutto il mondo, di un modo di lavorare preciso e affidabile, per cui non vi è alcun interesse a stravolgere queste caratteristiche.
Quindi nuove regole vanno studiate, ma sempre con il tipico pragmatismo elvetico, anche perché la complessità delle strutture economiche e finanziarie oggi rende sempre più difficile stabilire a tavolino in maniera esatta certe situazioni di proprietà delle aziende e quindi l’esatta nazione di origine di determinati investimenti. Occorrerà come sempre equilibrio per trovare una via efficace
che tuteli gli interessi superiori senza ingabbiare inutilmente un’economia che deve giocoforza essere aperta per sopravvivere.
Discorso del Presidente Andrea Gehri in occasione della 104esima AGO Cc-Ti
/in Appuntamenti, Assemblea Generale Ordinaria, Eventi e missioniEcco la versione integrale del discorso pronunciato dal Presidente Andrea Gehri alla nostra 104esima Assemblea Generale Ordinaria, tenutasi il 15.10.2021 presso l’Espocentro di Bellinzona.
Carissimi associati,
Egregi Rappresentanti delle Associazioni di categoria,
Cari ospiti, gentili signore ed egregi signori,
a nome della Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino, in rappresentanza delle 47 associazioni affiliate, dei 1’000 soci individuali, dei 135000 ca. posti di lavoro e delle 18 Camere di commercio e dell’industria svizzere vi porgo il più cordiale benvenuto alla nostra 104esima Assemblea generale ordinaria.
È con una certa emozione che affronto la mia prima assemblea generale ordinaria da Presidente in carica. Un anno turbolento per i motivi che tutti conosciamo, che ha posto le imprese di fronte a sfide epocali, mai vissute prima d’ora dalla nostra generazione.
Alcune vinte, altre sono ancora in corso, ma un fatto è inconfutabile! Sono fiero di rappresentare un mondo imprenditoriale sano e dinamico, che sa affrontare ogni situazione in modo costruttivo, anche e soprattutto dinnanzi alle difficoltà.
Ticino terra d’artisti si diceva una volta. Ticino terra di imprenditori dico io.
Sì perché, malgrado le cassandre che si ostinano, più per calcolo politico che sulla base di fatti concreti, a definire la nostra economia debole, nel confronto nazionale dimostriamo sempre doti di resilienza e solidità. Una realtà ormai da più di vent’anni. Chi afferma il contrario offende pesantemente le migliaia di imprenditori e imprese che, con i loro dipendenti, lavorano duramente ogni giorno per contribuire al benessere del cantone, “tirando la carretta”, facendo sacrifici, creando, innovando e favorendo la crescita economica del nostro Cantone.
Purtroppo, il malcostume di considerare esemplari alcuni casi di furfanti senza scrupoli continua a fare breccia e questo è clamorosamente controproducente in un periodo in cui occorrerebbe fare fronte unito per promuovere ancora di più il nostro territorio, contribuendo anche ad attirare eccellenze che favoriscanola nostra crescita economica, culturale e sociale.
La Svizzera e il Ticino si sono distinti da altri paesi per la gestione ponderata degli ultimi difficili periodi e questo messaggio non è passato inosservato anche all’estero, tanto che l’interesse per il nostro cantone ha conosciuto un chiaro rilancio, quasi insperato.
Lodevoli sono gli forzi di promozione territoriale attuati dal Cantone, se pensiamo all’adesione alla Greater Zurich Area, ad esempio, e la Camera di commercio e dell’industria, nello spirito di collaborazione che da sempre la contraddistingue, si è prodigata senza chiedere nulla in cambio, semplicemente e unicamente per la ferma convinzione nella causa.
Un apporto che intendiamo rafforzare ulteriormente, nell’ottica di una collaborazione pubblico-privato che coinvolga anche altri attori come, per esempio, i comuni.
Differenti azioni sono già previste, ma occorre affrontare un discorso sistemico, affinché vi sia una strategia concreta e promozione quotidiana, accompagnando e affiancando in questa via, in primis, chi già si trova sul nostro territorio.
Si tratta in sostanza di concretizzare il principio del Ticino come Terra di accoglienza, concetto purtroppo smarrito nei tempi più recenti. Per far ciò bisogna che qualcuno se ne occupi concretamente in prima persona; essere accoglienti, ospitali ed essere di sostegno significa dimostrare interesse, efficienza e uno Stato attento alle esigenze dei cittadini, delle persone e delle imprese!
Assurde cacce alle streghe per allontanare figure imprenditoriali che potrebbero contribuire alla ricchezza del nostro cantone materialmente e immaterialmente, non hanno nulla a che vedere con la legittima e sacrosanta lotta agli abusi. Un atteggiamento scostante in questo senso crea danni di immagine e sostanza gravissimi per il cantone. Purtroppo, ce ne renderemo conto quando sarà troppo tardi.
In questo contesto, dobbiamo affermare con decisione che la riforma fiscale già approvata da Parlamento e popolo deve essere applicata senza indugi perché essenziale per mantenere alto il livello competitivo delle nostre aziende e del Ticino. Che, tra l’altro, si troverà, grazie anche a questa riforma, perfettamente in linea con quelle che saranno verosimilmente le nuove regole internazionali.
Indugiare su questo punto sarebbe fatale e ingiustificato, anche perché la riforma sociale che accompagnava quella fiscale è già entrata in vigore e le aziende già stanno contribuendo in modo sostanziale con le nuove deduzioni frutto del compromesso concluso a suo tempo. Farle pagare, ma negare loro la riduzione dell’aliquota sugli utili sarebbe una beffa ingiusta e senza alcun motivo plausibile.
E’ evidente inoltre, che non possiamo assolutamente accettare la riforma proposta recentemente dal Partito socialista, di un presunto piano di rilancio del cantone, l’ennesimo e basato essenzialmente, e chi aveva dubbi ?, su aumenti di imposta generalizzati.
Rappresenta l’esatto contrario di quanto l’economia necessita e quindi, di riflesso, la nostra cittadinanza. Non va dimenticato che i mezzi finanziari prima di essere redistribuiti vanno innanzitutto prodotti e questo è tutt’altro che scontato.
Prevedere una spesa supplementare di 230 milioni per lo Stato non è lungimirante ma soprattutto non ha senso finanziare ulteriori piani sociali attraverso l’aumento delle imposte, tanto più che la metà sarebbero raccolti, ahimè!, con l’aumento dei valori di stima (circa 100 milioni), andando a gravare anche su tantissimi piccoli proprietari di immobili.
Per contro sarebbe auspicabile promuovere finalmente un’analisi sui margini di risparmio nella gestione corrente dello Stato, e ve ne sono! Le aziende sono abituate a fare questi conti e un po’ di sana gestione aziendale non farebbe male, qualche volta, anche al Cantone. Giocare facile mettendo sempre le mani nelle tasche del contribuente non è più accettabile.
Mai come oggi è necessario equilibrare giudizi e comportamenti. Lo spirito di accoglienza, delle idee, delle persone, deve essere un principio imprescindibile per affrontare gli ostacoli che la vita quotidiana ci pone davanti. La trasformazione digitale è uno di questi, ma non solo!
Di urgente attualità sono anche i prezzi e la carenza delle materie prime, dalla potenziale carica inflazionistica, ma soprattutto in grado di sovvertire molti modelli di business che sembravano essersi finalmente consolidati.
Senza dimenticare le preoccupazioni in tema di approvvigionamento energetico, seriamente compromesso dopo l’abbandono di un Accordo quadro con l’Unione europea che, almeno su questo punto avrebbe permesso di fare chiarezza e di garantirci maggiore tranquillità.
Oggi invece ci troviamo a ripensare a un negoziato difficile, con paesi molto energivori e che certamente utilizzeranno le risorse per le proprie esigenze, sicuramente prima di condividerle con altri.
Non è certo il nostro piccolo Ticino a poter cambiare queste dinamiche e ne siamo consapevoli. Tuttavia, il Cantone può assumersi un importante ruolo di sostegno nel costante sforzo dei nostri tanti imprenditori di adattarsi alle continue mutevoli situazioni, anche alle più difficili.
Cogliere i benefici della quarta rivoluzione industriale non porta solo le aziende a dover ripensare il proprio ruolo, bensì impone anche all’ente pubblico un approccio più moderno, in linea con la sua funzione di essere al servizio e al fianco delle cittadine e dei cittadini.
Se nell’ambito dell’innovazione si può constatare un importante, ovviamente sempre migliorabile, sostegno da parte dello Stato nel quadro della relativa legge, nell’ambito digitale l’impressione è che vi sia un netto ritardo. Questo se pensiamo, specialmente, ai servizi o all’offerta di formazione per “le professioni del futuro”.
Siamo d’accordo che il privato può e deve fare la sua parte e anche nelle attività della Camera sono proposti differenziati programmi di formazione continua, dalla comunicazione al marketing, dalla gestione delle risorse umane al diritto, dalla contabilità alle “soft skills”.
Ma una strategia digitale vera e propria da parte dello Stato non la si intravvede ancora, al di là dei lodevoli progetti individuali realizzati dai singoli dipartimenti.
In relazione a questo mi permetto di ricordare che nel 2019 è stata presentata al Consiglio di Stato un’interpellanza interpartitica con la puntuale richiesta, sull’esempio di quanto fatto a livello federale, di alleggerire il carico amministrativo gravante sulle imprese attraverso la semplificazione delle procedure di raccolta dati e l’eliminazione dei doppioni. Ciò per evitare che alle aziende venissero richiesti a più riprese gli stessi documenti. Il Consiglio di Stato si era detto non solo pienamente convinto dell’utilità di tale azione, ma aveva anche espresso la volontà di introdurla nelle misure da attuare nell’ambito del programma legislativo 2019-2023.
Lo scopo era quello di proporre misure concrete che, grazie ai vantaggi offerti dalla tecnologia, permettessero di agevolare i processi burocratici in favore non solo delle imprese ticinesi, ma anche dei privati, così come dei servizi statali stessi.
Da verificare se questo nuovo approccio tecnologico abbia nel frattempo avuto luogo. Saremmo delusi se alle intenzioni non avessero fatto seguito anche i fatti.
Concretamente, lo sviluppo di un coordinamento sarebbe, ad esempio, utile nel contesto dei cosiddetti “fallimenti a catena”. Invece di ipotizzare improbabili modifiche legislative, sebbene a livello federale qualcosa si stia muovendo, lo scambio di informazioni fra i vari dipartimenti permetterebbe di individuare con più facilità i furbetti, come del resto avviene già in altri cantoni.
Coordinarsi andrebbe certamente a snellire quelle procedure che rendono la giustizia civile e amministrativa un po’ macchinosa, con tempi non più sostenibili. Le aziende sane, e sono la gran parte, chiedono una giustizia efficiente, aggiornata e tempestiva, condizione quadro fondamentale per progredire.
Invochiamo spesso un’azione sull’aggravio burocratico a costo di risultare ridondanti. Purtroppo, si tratta di una realtà che si ripete incessantemente, figlia di un contesto sempre più complesso, ma forse anche non abbastanza audace.
Voglio spiegarmi: le leggi, spesso già complesse nella loro messa in vigore (un riferimento a quella sul salario minimo cantonale non è per nulla casuale), restano spesso in vigore senza che se ne sia mai valutato l’impatto, l’utilità e l’adeguatezza. Chiedere che, analogamente a quanto avviene per molte leggi federali, vi sia dopo un certo numero di anni una procedura di valutazione sugli effetti di una base legale non è quindi sproporzionato. In una realtà in cui taluni chiedono la modifica di una legge ancora prima che essa venga applicata (anche qui il salario minimo cantonale è un riferimento non casuale), non dovrebbe essere scandaloso fare uno sforzo per una verifica ex post. Del resto, a livello federale si sta elaborando una legge che obblighi a verificare e ponderare gli effetti degli atti normativi sulle aziende, le PMI in particolare. Potrebbe apparire surreale che, proprio noi paladini della de-burocratizzazione, invochiamo una legge per verificare le leggi, ma tant’è, se serve…
Riteniamo sarebbe molto più di facile attuazione, a volte, ripensare alla stessa prassi delle Autorità e in tal senso potrebbero essere utili decisioni prima politiche e solo poi legislative. Abbiamo più volte tematizzato che nell’ambito dei permessi degli stranieri si constatava una certa rigidità, in certi casi opinabile, come poi sancito anche dal Tribunale federale. L’auspicio è che una giusta e mirata battaglia contro gli abusi non debba contribuire ad accrescere un contesto generalizzato di sospetto che non favorirebbe la crescita economica del nostro territorio.
Anche in ambito fiscale rileviamo prassi penalizzanti verso i contribuenti e aziende. Un esempio è quello della stima del valore aziendale, legata all’ormai ben nota Circolare 26 emessa dalla Confederazione, con un’interpretazione inflessibile che mette in difficoltà molti imprenditori.
Un altro esempio è la presunzione che l’utile imponibile di un’azienda cresca in maniera lineare, costringendo l’imprenditore, così come altri contribuenti, a dimostrare di non essere “colpevole”, invertendo quindi il principio sacrosanto che deve essere l’autorità a dimostrare che il contribuente ha dichiarato troppo poco e non il contrario. Spesso la risposta a questa contestazione è laconica: “se non è soddisfatto faccia reclamo”. Poco conforme allo Stato di diritto e a un rapporto sano fra Stato e cittadino. Il cittadino è il cliente e il cliente rappresenta in qualsiasi azienda nell’economia privata il bene più prezioso!
Stesso ritornello, ripetuto anche per la prassi fiscale ingiustificatamente severa riguardo le deduzioni per la manutenzione degli immobili, nella quale la maggior parte degli interventi vengono considerati migliorativi e quindi non deducibili se non in casi di manifesta fatiscenza delle strutture. Un’attitudine che va in netto contrasto con le necessità di sostenere la trasformazione ecologica e gli sforzi rivolti alla sostenibilità. Riteniamo sarebbe auspicabile incentivare ulteriormente il risanamento degli immobili, ottimizzando il vantaggio fiscale per gli investimenti e rendendo attrattivi gli interventi di risanamento. Ne beneficerebbero tutti, l’economia attraverso l’effetto virtuoso e circolare che investimenti di tale portata possono generare e lo Stato che, di riflesso, raccoglierebbe attraverso le imposte il frutto virtuoso creato a livello economico.
Dulcis in fundo, i proprietari contribuirebbero a elevare la qualità del parco immobiliare e l’immagine stessa del nostro paese. Anche l’occhio vuole la sua parte!
Abbiamo cercato di evidenziare alcune modalità d’applicazione, modi di interpretare e applicare le regole che, troppo spesso, si discostano dagli intendimenti e finalità pensate all’introduzione delle stesse.
Chiediamo pertanto all’autorità politica uno sforzo per intervenire su queste e altre prassi che inficiano alla base il rapporto con lo Stato, creano un clima di diffidenza nocivo per tutti.
Un atteggiamento di diffidenza e contrarietà a prescindere è inammissibile. Non è puntando indistintamente il dito contro tutti che si tutelano gli interessi elvetici e ticinesi, bensì riconoscendo al partenariato Stato – cittadino il giusto valore e rispetto. Uniamoci, facciamo squadra, e ricostruiamo il rapporto di fiducia di un tempo, che ha contraddistinto e reso invidiabile la Svizzera, senza preconcetti o chiusure aprioristiche. La persona deve tornare ad essere considerata il cliente con la C maiuscola dello Stato, questo è l’approccio che auspichiamo!
Altrimenti inutile sorprendersi se seri investitori ripartono o scelgono altre destinazioni. Un peccato!
Non si tratta solo di questioni finanziarie o di opportunità, ma anche di libertà imprenditoriale, sancita espressamente nell’articolo 27 della Costituzione federale e pilastro portante per lo sviluppo e la prosperità del Ticino e della Svizzera intera. Diritto da noi sempre fermamente difeso ed elemento cardine della nostra missione, non un privilegio per approfittatori, ma caposaldo per il benessere generale.
Con queste considerazioni non vogliamo accodarci alle tante sterili polemiche e nemmeno favorire in qualsiasi modo chi intende eludere le nostre leggi, tutt’altro.
Sollecitiamo un adattamento concreto al contesto attuale e la possibilità per le nostre aziende di operare in modo ottimale, attraverso sostegno e flessibilità nel rispetto delle regole e nell’interesse di tutti. Si tratta quindi di realizzare un cambio di mentalità e di approccio.
La Camera è come sempre disposta e propensa alla collaborazione costruttiva con le autorità. Mettiamo a fattore comune le nostre competenze, le nostre esperienze, le nostre idee e ambizioni e, poi, passiamo dalle parole ai fatti. Uniamo le idee, sviluppiamole assieme e sosteniamole con convinzione!
Il momento giusto è adesso e il Ticino, oltre ad essere terra d’artisti è anche terra d’imprenditori che chiedono di poter lavorare, prosperare e collaborare alla creazione della ricchezza del nostro territorio.
Il momento giusto è adesso!
Prima di concludere il mio intervento all’odierna assemblea generale ordinaria della Camera di Commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino vorrei ringraziare tutti i collaboratori che compongono e rappresentano la Camera e che con passione, dedizione e impegno svolgono quotidianamente un lavoro encomiabile a sostegno delle nostre aziende e dell’economia in Ticino.
In particolare, il Direttore Luca Albertoni che, con la sua squadra, si impegna a garantire una moltitudine di servizi essenziali per gli associati e costanti relazioni costruttive con il mondo istituzionale. Un lavoro talvolta oscuro e dietro le quinte, ma assolutamente fondamentale per lo sviluppo di condizioni quadro sostenibili per la nostra economia.
Non dimentico il supporto e l’importante lavoro svolto da tutto l’Ufficio Presidenziale, dalla nostra Vicepresidente Cristina Maderni, che in questo primo anno mi hanno affiancato e sostenuto nella mia presidenza, GRAZIE DI CUORE!
Concludo ringraziando la mia famiglia che mi accompagna quale persona, imprenditore e Presidente e tutti voi convenuti oggi a Bellinzona.
La vostra presenza è testimonianza di quanto sia apprezzato e importante continuare a lavorare per un Ticino economico forte ed unito.
Crediamoci!
Grazie per l’attenzione e buon proseguimento di serata.
NO ad aumenti di imposte, applicazione senza indugi della riforma fiscale, nuovi servizi della Cc-Ti
/in Appuntamenti, Assemblea Generale Ordinaria, Eventi e missioniLa Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) ha tenuto oggi, 15 ottobre 2021, presso l’Espocentro di Bellinzona, la sua 104esima Assemblea Generale Ordinaria.
Alla presenza di circa 300 partecipanti (numero chiuso per scelta di protocollo interno di sicurezza) si è svolta con successo la 104esima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti, osservando strettamente le regole sanitarie, analogamente all’edizione 2020 che aveva potuto tenersi malgrado condizioni difficili e restrittive, senza, fortunatamente, alcuna conseguenza per la salute dei partecipanti.
Ad intervenire, a seguito dei lavori assembleari, sono stati il Presidente Cc-Ti, Andrea Gehri, il Consigliere di Stato Christian Vitta e il Direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, unitamente al CEO Swisscom, Urs Schäppi, e l’avvocato e noto fiscalista ginevrino Xavier Oberson in merito a possibili riforme del sistema fiscale per tenere conto dell’evoluzione tecnologica e della robotizzazione in particolare.
La necessità di lavorare uniti e nella stessa direzione
Il Presidente Andrea Gehri ha sottolineato come l’economia ticinese si sia dimostrata molto resiliente anche in questi ultimi periodi difficili, reggendo il colpo degli effetti della pandemia, in linea con quanto occorso nel resto della Svizzera. Permangono le difficoltà per taluni settori, ma nel suo insieme l’economia ha reagito in maniera positiva.
Preoccupano, oltre alle incertezze sanitarie, soprattutto le difficoltà legate alla reperibilità delle materie prime e al loro rincaro che sta già incidendo in maniera pesante sulle aziende e che toccherà tutti i cittadini.
Inoltre, i rincari nel settore energetico sono importanti e sembrano al momento incontrollabili, il che potrebbe alimentare una pericolosa evoluzione inflazionistica.
In un contesto del genere, è importante che tutti gli attori cantonali operino nella stessa direzione, per promuovere il nostro territorio e attirare importanti investimenti, garantendo quindi anche condizioni interessanti per il mondo imprenditoriale. Anche per questo motivo è assolutamente fondamentale evitare aumenti di imposte e applicare in maniera decisa, definitiva e secondo i tempi stabiliti la riforma fiscale in vigore dal 1° gennaio 2020, approvata dal Parlamento e dal popolo.
Ridurre l’aliquota sugli utili delle persone giuridiche dall’8% al 5% dal 1° gennaio 2025 è essenziale per mantenere il Ticino competitivo, nell’interesse di tutti. Un passo fondamentale verso la modernizzazione del nostro sistema fiscale.
Andrea Gehri ha poi anche lanciato un appello alle Autorità Cantonali affinché talune prassi amministrative che si sono consolidate nel tempo ma che si sono rivelate troppo rigide, vengano riviste in tempi brevissimi.
Nuovi servizi della Cc-Ti, automazione e fiscalità
I lavori assembleari sono proseguiti con l’intervento del Direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, che ha evidenziato in particolare due importanti novità nell’ambito dei servizi offerti dalla Cc-Ti ai propri associati.
La creazione di un servizio “Commercio internazionale”, che va ad ampliare le consulenze alle aziende anche in ambito di import (mentre fino a oggi l’attività di consulenza era limitata all’export). Si tratta della prima Camera di commercio e dell’industria in Svizzera che amplia in questa direzione il suo campo di attività.
La seconda novità è la creazione di una Scuola dell’export che partirà a primavera 2022. È un’emanazione della Swiss School for International Business di Zurigo, di proprietà di alcune Camere di commercio e dell’industria, fra le quali anche quella ticinese (SSIB – Swiss School for International Business / Export & Import). I corsi, finora svolti solo in tedesco, saranno offerti in Ticino in italiano e con la possibilità di sostenere proprio in italiano gli esami riconosciuti dalla Confederazione.
Si tratta di un tassello, di natura interamente privata e senza alcun contributo statale, e certamente un’occasione importante per accrescere le competenze del personale residente in Ticino in ambito internazionale.
Luca Albertoni ha poi dialogato con il noto avvocato e professore di diritto fiscale Xavier Oberson su possibili riforme del sistema fiscale nell’ottica dell’evoluzione tecnologica che pervade ormai tutti i settori.
Oberson ha invitato a riflettere sull’eventualità di introdurre una tassa per i robot, togliendo altri fardelli fiscali. Dalla discussione sono comunque emersi molteplici interrogativi da risolvere, a partire dalla definizione dell’automazione, passando per i processi che potrebbero essere imposti, sino ai rischi di frenare le spinte innovative. Il tema merita certamente uno studio e un’osservazione puntuale, anche se, a oggi, si tratta soprattutto di ragionare e ottimizzare i sistemi fiscali esistenti piuttosto che decidere su nuove forme di imposizione.
La Cc-Ti ringrazia i partner dell’evento: EFG Bank e Swisscom.
L’evento nei media
Stampa e portali online
Imprenditori decisi a lavorare per un Ticino forte e unito – CdT, 16.10.2021
Le riforme fiscali non si fermino – LaRegione, 16.10.2021
104esima assemblea: NO ad aumenti di imposte, applicazione senza indugi della riforma fiscale, nuovi servizi della Cc-Ti – etcinforma, 15.10.2021
‘Il riformismo fiscale non deve essere rallentato’ – laregione.ch, 15.10.2021
Camera di commercio riunita in assemblea – tio.ch, 15.10.2021
“Riforma fiscale, senza indugi” – rsi.ch, 15.10.2021
«Imprenditori decisi a lavorare per un Ticino forte e unito» – cdt.ch, 15.10.2021
«Riforma fiscale, senza indugi» – bluewin.ch, 15.10.2021
Camera di Commercio in assemblea: lanciate alcune novità – liberatv.ch, 15.10.2021
Servizi audio e video
(RSI Il Quotidiano/RSI Telegiornale/Teleticino Ticinonews/RSI Cronache della svizzera italiana/Radio Ticino)
Rileggi
Rivedi
La Cc-Ti incontra Monika Schmutz Kirgöz, Ambasciatrice di Svizzera in Italia, Malta e San Marino
/in Comunicazione e mediaComunicato stampa Cc-Ti
Questa sera l’Ambasciatrice di Svizzera in Italia, Malta e San Marino Monika Schmutz Kirgöz, assieme al consigliere d’Ambasciata Gregorio Bernasconi, capo della sezione economia e politiche settoriali, ha incontrato esponenti dell’economia cantonale presso la Camera di Commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino, nell’ambito di una visita di cortesia.
In questo contesto è stato possibile uno scambio di vedute sui principali dossier economici che riguardano le relazioni bilaterali. In particolar modo sono stati affrontati i temi dei servizi finanziari e del telelavoro dei frontalieri.
Il primo anno di Andrea Gehri alla Presidenza della Cc-Ti
/in Comunicazione e mediaIntervista con Andrea Gehri, Presidente Cc-Ti
Venerdì 15 ottobre 2021 si terrà a Bellinzona la 104esima Assemblea generale ordinaria della Cc-Ti. Tradizionale occasione per fare il punto sulla situazione economica e illustrare il lavoro svolto
durante l’anno, così come i progetti futuri in ambito politico e di servizi agli associati. Sarà anche un momento di riflessione sul primo anno di presidenza di Andrea Gehri, che si è ritrovato alla testa dell’associazione mantello ticinese in un periodo particolarmente difficile per tutti, compresa ovviamente l’economia. Anche se, come preferisce sottolineare il Presidente, “la fase di maggiore incertezza per la diffusione del Coronavirus è stata precedente alla mia presidenza. Se penso alla primavera 2020 con tutto il Paese fermo per il lockdown, ebbene da allora abbiamo sicuramente imparato a convivere e contrastare meglio la propagazione del virus. L’economia svizzera e anche quella ticinese hanno retto bene, forse anche meglio di quanto ci si potesse aspettare. Questo sicuramente grazie al sistema svizzero che ha dato prova di grande efficienza e pragmatismo, con doti di ponderazione non comuni nell’affrontare quella che a tutti gli effetti si è cristallizzata in una crisi globale. Ma anche grazie alla grande flessibilità e capacità di adattamento del mondo imprenditoriale. Il connubio pubblico/privato ha dimostrato di funzionare in maniera efficace quando si lavora compatti in una sola direzione”.
Da Presidente della Cc-Ti e da imprenditore quali sono state le difficoltà maggiori che ha dovuto affrontare?
Ci sono stati e ci sono tuttora settori economici che, più di altri, hanno sofferto e soffrono ancora per determinate limitazioni e misure di prevenzione che, per quanto parziali, sono fonte di preoccupazioni. Se prendiamo, ad esempio, i comparti della ristorazione, della cultura, dello sport, dei viaggi, della metalmeccanica legata all’esportazione, ebbene queste attività risentono fortemente del clima d’incertezza generale che regna tuttora.
La pandemia ha avuto un impatto pesante sul nostro sistema produttivo, ma grazie ai piani di sostegno della Confederazione, del Cantone e alla tenacia dei nostri imprenditori non ci sono stati gli effetti catastrofici che si erano temuti in un primo momento. Pericolo scampato?
La Svizzera ha dimostrato ancora una volta di saper affrontare problemi e situazioni di gravità globale con grande tempismo, straordinaria efficacia e impareggiabile concretezza. Le misure varate da Confederazione e Cantoni, in particolare il credito COVID-19 alle imprese che ha consentito di accedere a liquidità immediata senza intralci burocratici entro 24 ore attraverso la semplice richiesta via e-mail, ha costituito una prova di efficienza senza eguali al mondo. Questa misura straordinaria, che ha permesso alle aziende di salvaguardare la liquidità e quindi la capacità di operare, unita all’indennità per lavoro ridotto che ha scongiurato il pericolo di licenziamenti di massa, sono state risposte concrete, dirette e incisive a sostegno della nostra economia. La resilienza dimostrata, poi, agli imprenditori svizzeri, figlia certamente di una cultura imprenditoriale sana, di solida tradizione e basata su nobili principi economici, per cui l’impresa risulta essere il mezzo ideale per diffondere ricchezza nel Paese, ha certamente contribuito ad evitare le conseguenze catastrofiche temute. Il pericolo di una crisi ancora più grave sembrerebbe per ora scongiurato; tuttavia, siamo interconnessi con il mondo e le ripercussioni di avvenimenti negativi di portata internazionale possono rendere fragili e ulteriormente incerte le attuali previsioni.
Rincari delle materie prime e gravi scompensi nelle catene di approvvigionamento, la ripresa stenta a stabilizzarsi. Come vede la situazione nel medio e lungo periodo?
Si tratta di conseguenze dirette della diffusione del Coronavirus a livello planetario che hanno colpito duramente realtà strategiche essenziali per la distribuzione, la lavorazione e il trasporto delle materie prime nel mondo. Durante la prima e seconda ondata pandemica i colossi e le multinazionali che distribuiscono le principali materie prime hanno ridotto enormemente le loro capacità produttive e distributive, causando l’effetto ‘collo di bottiglia’ che viviamo tuttora. L’economia, soprattutto in Cina, Asia e USA è ripartita vigorosamente, accaparrandosi, prima di altri Paesi, tutte le risorse rimaste sul mercato, causando di conseguenza una penuria di materiali mai vissuta prima d’ora, oltre a rincari senza precedenti. Stiamo, quindi, soffrendo enormemente, in particolare in Europa dove l’approvvigionamento di materie prime risulta tuttora molto difficoltoso e con costi alle stelle. In proiezione futura si spera in un graduale ritorno alla normalità che, comunque, sarà diversa da quella precedente e che, secondo gli esperti, non interverrà prima del secondo semestre 2022. I rincari di alcune materie rimarranno e contribuiranno verosimilmente ad accentuare la spirale inflazionistica.
Sia nel recente studio di UBS sulla competitività che in quello del Credit Suisse sulla qualità della localizzazione, il Ticino si è ritrovato quasi in fondo alle rispettive classifiche. Questa retrocessione è riconducibile a dei deficit infrastrutturali (fiscalità, collegamenti, formazione, invecchiamento della popolazione) oppure ad un indebolimento dell’economia cantonale?
Per poter essere classificati come Cantone virtuoso in materia di competitività e, aggiungo, di attrattività verso potenziali investitori e aziende da attirare sul nostro territorio, necessitiamo decisamente di un’inversione di pensiero e di approccio verso l’economia in generale. È innegabile che la fiscalità poco allettante del nostro Cantone costituisca una penalizzazione notevole che non favorisce la localizzazione sul territorio di realtà imprenditoriali di rilievo. Non solo, ma pure a livello di infrastrutture, di trasporti e di transito abbiamo deficit che concorrono in modo determinante a scoraggiare un’eventuale localizzazione in Ticino. L’istruzione e la possibilità di reperire sul territorio profili professionali funzionali all’economia è un altro criterio fondamentale di scelta che ogni imprenditore analizza accuratamente. Abbiamo sicuramente la necessità di finalizzare una formazione più aderente alle realtà economiche locali, ma soprattutto verso quelle nuove professioni che si stanno affacciando sulla scena produttiva. Penso, in particolare, alle professioni legate all’accresciuta necessità di digitalizzazione, con cui saremo confrontati tutti nel prossimo futuro, a discipline legate alle nuove tecnologie, all’intelligenza artificiale e alla biotecnologia. Dobbiamo saper cogliere le mutazioni e le tendenze economiche attuali, e tradurle in opportunità per le future generazioni.
Le nostre imprese sono in grado di sostenere questa svolta? E il sistema politico, in generale, è consapevole delle radicali trasformazioni a cui stiamo andando incontro?
Abbiamo compreso l’importanza di doverci confrontare con le nuove tecnologie e all’avanzata poderosa della digitalizzazione anche nella vita quotidiana. La concorrenzialità delle nostre imprese sarà messa alla prova e misurata attraverso la capacità di adattamento e di implementazione di tutta una serie di misure orientate su un indirizzo più tecnologico e digitale, indipendentemente dal ramo d’attività. Dal sistema politico ci attendiamo che supporti questi cambiamenti strutturali col sostegno diretto degli incentivi all’innovazione, e che funga da esempio adottando analoghi principi anche dell’amministrazione pubblica.
Il piano di rilancio post-pandemico è una delle priorità nell’agenda politica ticinese, ma il dibattito tra i partiti si è già riavvitato sull’eterno dilemma tra fiscalità e socialità. Pensa che si riuscirà a trovare un punto di equilibrio? Cosa bisogna fare per garantire al Cantone una crescita stabile e duratura?
Il pericolo che la pandemia possa costituire la scusa per rimandare alle calende greche la riforma fiscale in Ticino è reale e mi spaventa. Sarebbe un autogol clamoroso che renderebbe il nostro tessuto economico ancora più vulnerabile e che allontanerebbe ulteriormente determinati attori della nostra economia, interessati o già presenti nel nostro Paese, verso localizzazioni più attrattive. Dovremo finalmente riuscire a far comprendere che per poter difendere la socialità e favorire la distribuzione della ricchezza dobbiamo saperla creare prima di tutto. Penalizzare il tessuto economico con politiche di aggravi e, come in questo caso, rimandare una riforma fiscale determinante per favorire la crescita economica, rappresenterebbe un passo nella direzione opposta a quella auspicata. La crescita del Cantone passerà attraverso politiche fiscali attrattive, investimenti mirati nelle infrastrutture per migliorare percorrenze e spostamenti, attraverso una formazione e un’istruzione di prim’ordine aderenti alla realtà, incentivando politiche di trasformazione ecologiche nell’ambito delle costruzioni e in tutti quei settori che saranno confrontati con mutati criteri di sostenibilità.
Un bilancio e un auspicio in qualità di Presidente della Cc-Ti?
Semplicemente un’esperienza straordinaria che mi ha permesso di conoscere il Ticino imprenditoriale nei suoi molteplici contesti e attività diversificate. Persone che lottano per costruire, non senza fatica, ogni giorno il futuro di questo Cantone. Proprio questa diversificazione e la presenza di assolute eccellenze sul nostro territorio costituiscono quella ricchezza del Cantone che dobbiamo assolutamente valorizzare e preservare da posizioni contrarie e di ostacolo per una crescita armoniosa delle nostre imprese. La mia lunga esperienza d’imprenditore, e uomo-artigiano, mi ha portato vicino ad ogni realtà comprendendone le dinamiche in modo, direi, “personale”. Mi considero ancora in una fase di apprendimento e perciò mantengo alta la curiosità e l’interesse nel voler conoscere di più le realtà e l’affascinate mondo economico ticinese. La speranza per il prossimo futuro è quella poter accantonare le preoccupazioni incessanti legate alla pandemia e finalmente concentrarci e occuparci di temi propositivi per favorire la crescita, l’imprenditorialità e contribuire a determinare condizioni quadro migliori per la nostra economia.
La contabilità digitale è un’opportunità da cogliere per le PMI
/in Appuntamenti, Finanza, Organizzazione, TematicheLa contabilità, insieme alla gestione finanziaria di un’azienda, rappresenta uno dei punti chiave nella progettazione strategica e monetaria delle diverse attività a livello economico. Se ad essa allineiamo il progresso tecnologico, emergono nuove e interessanti opportunità. Quali?
Abbiamo risposto a questa domanda nel webinar del 5 ottobre scorso, organizzato dalla Cc-Ti, a cui è intervenuto John Muschietti, Direttore Fidigit SA, introdotto da Lisa Pantini, Responsabile Relazioni con i soci Cc-Ti.
Dal 1400…
La nascita della contabilità si fa risalire a Frà Luca Bartolomeo de Pacioli, frate e matematico italiano che nel quindicesimo secolo, pubblicò per primo un lavoro sulla partita doppia, pilastro fondamentale del sistema contabile contemporaneo.
L’evoluzione del sistema contabile nel tempo è illustrata nel grafico sottostante, che evidenzia le principali operazioni (imputazione, calcolazione e visualizzazione) e i relativi cambiamenti.
… fino ad oggi
Parlando di contabilità digitale si fa inevitabilmente riferimento alla moltitudine di interconnessioni esistenti fra le diverse sezioni di un’azienda. Esistono procedure e strumenti che possono andare a sostenere i processi rendendoli più snelli.
Possiamo citare, ad esempio: lo sviluppo dei pagamenti e l’avvento della fattura QR, che entro un anno sostituirà la polizza di versamento PVR, in attesa dell’adozione definitiva dell’e-bill.
In merito all’archiviazione delle fatture è oggigiorno possibile ricorrere ad archivi digitali a norma di legge che permettono di risparmiare spazio e costi.
L’“Employee self-service”, il cosiddetto portale dei dipendenti, consente di eseguire una pluralità di operazioni, tra cui il rilevamento ore, la manutenzione anagrafica e la visualizzazione dei differenti dossier.
Grazie al supporto dell’intelligenza artificiale, la registrazione delle spese può avvenire in tempo reale, da remoto e in modo totalmente automatico tramite smartphone. Le stesse condizioni valgono anche anche per l’electronic banking, che facilita lo svolgimento delle procedure dal proprio gestionale.
Servendosi di strumenti di Business Intelligence, i dati disponibili sui dispositivi possono essere visualizzati velocemente e in panoramica, per meglio comprendere le proprie attività e conseguentemente adottare strategie mirate.
Lo standard xBRL – non ancora utilizzato in Svizzera a differenza che in altri Paesi come, per esempio, la Germania – ha la funzione di automatizzare l’interazione fra la reportistica aziendale e le sue controparti.
Le possibilità per digitalizzare i processi interni alle aziende sono numerose e diversificate, occorre quindi iniziare a valutarle per tempo, dato il repentino progresso tecnologico. Un partner affidabile e su cui contare per una consulenza mirata è la buona strada da cui iniziare.
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Dal Ticino all’Intelligenza Artificiale: ecco Visium
/in Digitalizzazione, TematicheAbbiamo intervistato Matteo Togninalli, Chief Operating Officer di Visium SA
La parola a Matteo Togninalli, figlio del nostro territorio e, ormai, imprenditore di successo nel mondo. Come è nato questo percorso? Un sogno partito alla grande già dal Ticino? Una passione da sempre?
Da sempre, mi sono appassionato per le scienze e la tecnologia. Al momento del liceo, ho cominciato ad interessarmi all’imprenditoria: era infatti uno dei migliori modi per facilmente diffondere nuovi progressi tecnici. Questa realizzazione fu anche il motivo che mi ha spinto verso il politecnico. La passione per le startup è poi sbocciata ai primi contatti con il mondo universitario, dopo aver partecipato a vari eventi sul campus. Fondare e far crescere una ditta è quindi diventata un’evidenza e sapevo che sarebbe stato il mio percorso dopo gli studi.
“Rendere l’Intelligenza Artificiale accessibile a tutti”, visione e/o missione della sua azienda?
Esattamente, Visium sviluppa programmi di intelligenza artificiale su misura per le imprese. Dal mio primo contatto con questa tecnologia, mi sono reso conto del suo enorme potenziale per gran parte delle attività economiche. Il problema è che, fino al 2016, rimaneva principalmente nelle mani delle grandi industrie internet (GAFAM) o dei laboratori universitari. Quando, durante una cena a Zurigo, Alen mi ha parlato della sua idea di renderla accessibile al resto delle imprese attraverso servizi e prodotti, mi sono immediatamente entusiasmato. Abbiamo quindi cominciato a lavorare su Visium, con l’obiettivo di creare un nuovo attore svizzero ed europeo che possa rispondere a questo bisogno sempre più marcato.
Quali i percorsi di ricerca e i successi che l’hanno resa più soddisfatto e creato sempre nuovi entusiasmi?
Il percorso di studi è stato senz’altro un momento meraviglioso. L’EPFL mi ha offerto la possibilità di soggiornare a due riprese negli Stati Uniti, dove, oltre che a legare amicizie per la vita, ho potuto osservare e prendere ispirazione dalla mentalità “can-do” americana, specie nel mondo imprenditore. Svolgere la mia tesi di master a Stanford, nel cuore della Silicon Valley, è stata la più grande opportunità che ho avuto e mi ha fortemente marcato, in particolare per le mie avventure imprenditori. In seguito, durante il dottorato, l’ETHZ mi ha permesso di viaggiare a grandi conferenze di machine learning attraverso il mondo, dove ho potuto scambiare idee con brillanti ricercatori e prendere ispirazioni per nuovi approcci tecnici. Ultimamente, poter capire le specificità di diverse industrie grazie ai progetti con i nostri clienti è affascinante. Sono quindi le discussioni e gli scambi con altre persone che mi ispirano e continuano a farlo: c’è così tanto da imparare!
Sinergie con grandi aziende e sinergie con piccole aziende. Come progettare a misura, tenendo conto del costo dell’investimento e traducendolo in successo. Quali parametri di analisi dovrebbe affrontare un’azienda per verificare la propria posizione sul mercato? A chi si rivolge Visium?
Investire in progetti di intelligenza artificiale porta sempre dei ritorni. Noi li classifichiamo in ritorno misurabile (il valore aggiunto economico), ritorno strategico (benefici legati agli obiettivi strategici e competitivi della ditta) e il ritorno in capacità (legato alla maturità tecnologica e IA dell’impresa). Anche se a volte i ritorni economici di un progetto di IA non appaiono da subito, gli altri benefici sono sempre sinonimi di progresso immediato per la ditta. Da Visium, abbiamo cominciato a lavorare con piccole e medie imprese e ora accompagniamo principalmente grandi multinazionali per imperativi di crescita. Il nostro obiettivo essendo di democratizzare l’accesso all’IA, stiamo reinvestendo i benefici per sviluppare una serie di prodotti generali e finanziariamente accessibili a tutte le imprese. Per esempio, stiamo per lanciare SalesHunter, un programma che permette ai rappresentanti di vendita di sapere quali prodotti raccomandare ai loro clienti per aumentare le loro vendite.
Dal Ticino, all’America, a Zurigo per formare un team vincente. Quali consigli e caratteristiche per i nuovi imprenditori del futuro? I know-how per questo settore? Come scegliere i compagni di viaggio (soci, collaboratori, …)?
Lanciare una ditta nel mondo informatico non è mai stato così semplice e poco costoso: le risorse abbondano e ci sono migliaia di buone idee. Quello che ci vuole, è il coraggio di lanciarsi. E spesso, è molto più facile trovare questo coraggio quando non si è soli. Sono infatti immensamente grato ad Alen e Timon, con cui continuiamo a motivarci dopo quasi 4 anni, perché sarebbe impossibile altrimenti. Quello che conta per un buon cofondatore, è trovare persone che hanno la stessa etica del lavoro e la convinzione di potercela fare, possibilmente con talenti complementari. Per i collaboratori invece, è molto importante ingaggiare persone che credano nella visione ditta e che non si scoraggeranno alle prime difficoltà. Da noi, questa qualità prevale sulle altre al momento di scegliere i candidati.
Visium è ubicata presso l’Innovation Park a Losanna e presso il Technopark a Zurigo; e mira a raggiungere i 100 collaboratori entro il 2022. Quale panorama si immagina ancora per la vostra azienda?
Vogliamo rendere Visium un vero attore internazionale nel mondo dell’IA. Sarebbe l’occasione perfetta di rimettere la Svizzera e l’Europa sulla mappa mondiale dell’IA e delle tecnologie dell’informazione, attualmente dominata dagli Stati Uniti e dalla Cina. Per fare questo, spingiamo lo sviluppo dei nostri prodotti, più facilmente esportabili, e stiamo iniziando altre collaborazioni a livello europeo.