Non ingabbiamo l’economia

Qualche tempo fa è stato presentato un atto parlamentare a livello federale che si prefigge di proteggere l’economia svizzera con controlli degli investimenti. Il Consiglio federale, lo scorso 25 agosto 2021, ha definito i parametri che potrebbero essere utili per un controllo degli investimenti esteri, confermando però la sua già nota riluttanza a introdurre regole particolari. Entro fine marzo 2022 verrà posto in consultazione un progetto. Ma perché il Consiglio federale è contrario a una regolamentazione troppo restrittiva degli investimenti esteri?

Il motivo è presto detto. Una politica aperta nei confronti degli investimenti esteri è essenziale per la nostra economia e, di riflesso, per tutta la popolazione elvetica. Ciò permette infatti l’afflusso di capitali e competenze che permettono alle aziende di rimanere competitive, creare valore e mantenere i posti di lavoro. Occorre quindi grande prudenza prima di introdurre limiti troppo restrittivi, in un quadro legislativo già abbastanza severo. L’obiettivo dei controlli deve rimanere limitato a rischi e minacce per l’ordine pubblico o la sicurezza derivanti dall’acquisizione di imprese svizzere da parte di investitori esteri e particolare attenzione va a rilevamenti di aziende da parte di enti statali o parastatali esteri, che potrebbero anche portare a distorsioni della concorrenza.
Il Consiglio federale probabilmente si muoverà nel senso di prevedere una notifica e un’autorizzazione per le acquisizioni di imprese svizzere da parte di enti statali o parastatali esteri, limitando
invece questa procedura solo ad alcuni settori in caso di acquirenti privati. La SECO sarà l’autorità designata a gestire queste procedure.

Qualche anno fa avevamo già evidenziato uno studio di Avenir-Suisse (https://bit.ly/2YJjfps), che rilevava come le imprese elvetiche non dovessero essere ulteriormente protette da acquisizioni da parte di ditte estere. Anche un chiaro approfondimento di economiesuisse fornisce elementi molto utili per capire la tematica in tutte le sue sfaccettature (https://bit.ly/3DDgOE6). È chiaro che la discussione politica verta soprattutto sulla fame di acquisizione cinese, che preoccupa non poco.
A volte anche a ragione. Un “player” dai mezzi quasi illimitati può effettivamente distorcere la concorrenza oppure accaparrarsi di aziende che sono strategiche per il Paese perché fornitrici di servizi molto particolari e non sostituibili. Pensiamo alla delicatezza della questione della sicurezza informatica e di chi fornisce servizi di questo tipo.

Non va però dimenticato che vi sono già parecchi strumenti legali utilizzabili, come il diritto di espropriazione dello Stato per ragioni di sicurezza nazionale, oppure leggi puntuali nel settore immobiliare, borsistico e della concorrenza, con il controllo delle fusioni nel contesto della legge federale sui cartelli. La Svizzera in taluni ambiti è già più restrittiva di altri Paesi europei come la Germania, la Svezia e la Gran Bretagna (malgrado la Brexit).
Inoltre, va rilevato che la stragrande maggioranza degli investimenti in Svizzera ha origine nel mondo occidentale, ossia Stati Uniti, Canada e Unione Europea, tanto che circa l’80% dei capitali esteri in Svizzera ha questa provenienza. Senza dimenticare che gli investimenti diretti esteri garantiscono quasi mezzo milione di posti di lavoro in Svizzera.

Nello stesso contesto non va dimenticato il movimento inverso degli investimenti, cioè dalla Svizzera verso l’estero, perché la Svizzera esporta non soltanto beni industriali e servizi, ma anche importanti quantità di capitali, soprattutto sotto forma di investimenti diretti. Si tratta di decine di miliardi investiti da grandi aziende ma anche da molte PMI, che complessivamente occupano quasi 2 milioni di persone all’estero, con importanti ricadute in termini di crescita delle nostre aziende site in territorio elvetico e quindi di grande beneficio per la Svizzera.

Il mondo cambia ed è giusto riflettere sull’adattamento degli strumenti legali oggi esistenti. Nello specifico sarebbe però un errore fatale adottare un regime troppo rigido che ostacolerebbe i flussi di investimenti verso la Svizzera, perché questo, nel gioco della reciprocità, frenerebbe di riflesso anche la possibilità di investimenti elvetici all’estero. Inoltre, vi è un elemento a cui occorre sempre prestare attenzione, cioè che è ormai difficile trovare aziende puramente svizzere al 100%, malgrado l’immagine, la qualità e l’affidabilità siano ancora molto di stampo nazionale.
Alcuni marchi storici come Ricola, Läderach e Victorinox rimangono saldamente in mano svizzera. Pochi sanno però che la mitica Ovomaltina è in mani britanniche, l’altrettanto mitico Toblerone appartiene a un’azienda americana, mentre la Feldschlösschen è danese e la Valser è di proprietà della Coca-Cola. Senza dimenticare un pezzo di cultura svizzera come l’Aromat che è di proprietà olandese. Eppure, il carattere elvetico non è sparito, perché chi investe in questi prodotti investe in un pacchetto, fatto di qualità riconosciuta in tutto il mondo, di un modo di lavorare preciso e affidabile, per cui non vi è alcun interesse a stravolgere queste caratteristiche.

Quindi nuove regole vanno studiate, ma sempre con il tipico pragmatismo elvetico, anche perché la complessità delle strutture economiche e finanziarie oggi rende sempre più difficile stabilire a tavolino in maniera esatta certe situazioni di proprietà delle aziende e quindi l’esatta nazione di origine di determinati investimenti. Occorrerà come sempre equilibrio per trovare una via efficace
che tuteli gli interessi superiori senza ingabbiare inutilmente un’economia che deve giocoforza essere aperta per sopravvivere.

Discorso del Presidente Andrea Gehri in occasione della 104esima AGO Cc-Ti

Ecco la versione integrale del discorso pronunciato dal Presidente Andrea Gehri alla nostra 104esima Assemblea Generale Ordinaria, tenutasi il 15.10.2021 presso l’Espocentro di Bellinzona.

Carissimi associati,
Egregi Rappresentanti delle Associazioni di categoria,
Cari ospiti, gentili signore ed egregi signori,

a nome della Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino, in rappresentanza delle 47 associazioni affiliate, dei 1’000 soci individuali, dei 135000 ca. posti di lavoro e delle 18 Camere di commercio e dell’industria svizzere vi porgo il più cordiale benvenuto alla nostra 104esima Assemblea generale ordinaria.

È con una certa emozione che affronto la mia prima assemblea generale ordinaria da Presidente in carica. Un anno turbolento per i motivi che tutti conosciamo, che ha posto le imprese di fronte a sfide epocali, mai vissute prima d’ora dalla nostra generazione.

Alcune vinte, altre sono ancora in corso, ma un fatto è inconfutabile! Sono fiero di rappresentare un mondo imprenditoriale sano e dinamico, che sa affrontare ogni situazione in modo costruttivo, anche e soprattutto dinnanzi alle difficoltà.

  • Un Cantone e un’economia forti e da promuovere

Ticino terra d’artisti si diceva una volta. Ticino terra di imprenditori dico io.

Sì perché, malgrado le cassandre che si ostinano, più per calcolo politico che sulla base di fatti concreti, a definire la nostra economia debole, nel confronto nazionale dimostriamo sempre doti di resilienza e solidità. Una realtà ormai da più di vent’anni. Chi afferma il contrario offende pesantemente le migliaia di imprenditori e imprese che, con i loro dipendenti, lavorano duramente ogni giorno per contribuire al benessere del cantone, “tirando la carretta”, facendo sacrifici, creando, innovando e favorendo la crescita economica del nostro Cantone.

Purtroppo, il malcostume di considerare esemplari alcuni casi di furfanti senza scrupoli continua a fare breccia e questo è clamorosamente controproducente in un periodo in cui occorrerebbe fare fronte unito per promuovere ancora di più il nostro territorio, contribuendo anche ad attirare eccellenze che favoriscanola nostra crescita economica, culturale e sociale.

La Svizzera e il Ticino si sono distinti da altri paesi per la gestione ponderata degli ultimi difficili periodi e questo messaggio non è passato inosservato anche all’estero, tanto che l’interesse per il nostro cantone ha conosciuto un chiaro rilancio, quasi insperato.

Lodevoli sono gli forzi di promozione territoriale attuati dal Cantone, se pensiamo all’adesione alla Greater Zurich Area, ad esempio, e la Camera di commercio e dell’industria, nello spirito di collaborazione che da sempre la contraddistingue, si è prodigata senza chiedere nulla in cambio, semplicemente e unicamente per la ferma convinzione nella causa.

Un apporto che intendiamo rafforzare ulteriormente, nell’ottica di una collaborazione pubblico-privato che coinvolga anche altri attori come, per esempio, i comuni.

Differenti azioni sono già previste, ma occorre affrontare un discorso sistemico, affinché vi sia una strategia concreta e promozione quotidiana, accompagnando e affiancando in questa via, in primis, chi già si trova sul nostro territorio.

Si tratta in sostanza di concretizzare il principio del Ticino come Terra di accoglienza, concetto purtroppo smarrito nei tempi più recenti. Per far ciò bisogna che qualcuno se ne occupi concretamente in prima persona; essere accoglienti, ospitali ed essere di sostegno significa dimostrare interesse, efficienza e uno Stato attento alle esigenze dei cittadini, delle persone e delle imprese!

Assurde cacce alle streghe per allontanare figure imprenditoriali che potrebbero contribuire alla ricchezza del nostro cantone materialmente e immaterialmente, non hanno nulla a che vedere con la legittima e sacrosanta lotta agli abusi. Un atteggiamento scostante in questo senso crea danni di immagine e sostanza gravissimi per il cantone. Purtroppo, ce ne renderemo conto quando sarà troppo tardi.

  • No ad aumenti di imposte e applicazione senza indugi della riforma fiscale

In questo contesto, dobbiamo affermare con decisione che la riforma fiscale già approvata da Parlamento e popolo deve essere applicata senza indugi perché essenziale per mantenere alto il livello competitivo delle nostre aziende e del Ticino. Che, tra l’altro, si troverà, grazie anche a questa riforma, perfettamente in linea con quelle che saranno verosimilmente le nuove regole internazionali.

Indugiare su questo punto sarebbe fatale e ingiustificato, anche perché la riforma sociale che accompagnava quella fiscale è già entrata in vigore e le aziende già stanno contribuendo in modo sostanziale con le nuove deduzioni frutto del compromesso concluso a suo tempo. Farle pagare, ma negare loro la riduzione dell’aliquota sugli utili sarebbe una beffa ingiusta e senza alcun motivo plausibile.

E’ evidente inoltre, che non possiamo assolutamente accettare la riforma proposta recentemente dal Partito socialista, di un presunto piano di rilancio del cantone, l’ennesimo e basato essenzialmente, e chi aveva dubbi ?, su aumenti di imposta generalizzati.

Rappresenta l’esatto contrario di quanto l’economia necessita e quindi, di riflesso, la nostra cittadinanza. Non va dimenticato che i mezzi finanziari prima di essere redistribuiti vanno innanzitutto prodotti e questo è tutt’altro che scontato.

Prevedere una spesa supplementare di 230 milioni per lo Stato non è lungimirante ma soprattutto non ha senso finanziare ulteriori piani sociali attraverso l’aumento delle imposte, tanto più che la metà sarebbero raccolti, ahimè!, con l’aumento dei valori di stima (circa 100 milioni), andando a gravare anche su tantissimi piccoli proprietari di immobili.

Per contro sarebbe auspicabile promuovere finalmente un’analisi sui margini di risparmio nella gestione corrente dello Stato, e ve ne sono! Le aziende sono abituate a fare questi conti e un po’ di sana gestione aziendale non farebbe male, qualche volta, anche al Cantone. Giocare facile mettendo sempre le mani nelle tasche del contribuente non è più accettabile.

  • Una trasformazione digitale effettiva e non solo a parole

Mai come oggi è necessario equilibrare giudizi e comportamenti. Lo spirito di accoglienza, delle idee, delle persone, deve essere un principio imprescindibile per affrontare gli ostacoli che la vita quotidiana ci pone davanti. La trasformazione digitale è uno di questi, ma non solo!

Di urgente attualità sono anche i prezzi e la carenza delle materie prime, dalla potenziale carica inflazionistica, ma soprattutto in grado di sovvertire molti modelli di business che sembravano essersi finalmente consolidati.

Senza dimenticare le preoccupazioni in tema di approvvigionamento energetico, seriamente compromesso dopo l’abbandono di un Accordo quadro con l’Unione europea che, almeno su questo punto avrebbe permesso di fare chiarezza e di garantirci maggiore tranquillità.

Oggi invece ci troviamo a ripensare a un negoziato difficile, con paesi molto energivori e che certamente utilizzeranno le risorse per le proprie esigenze, sicuramente prima di condividerle con altri.

Non è certo il nostro piccolo Ticino a poter cambiare queste dinamiche e ne siamo consapevoli. Tuttavia, il Cantone può assumersi un importante ruolo di sostegno nel costante sforzo dei nostri tanti imprenditori di adattarsi alle continue mutevoli situazioni, anche alle più difficili.

Cogliere i benefici della quarta rivoluzione industriale non porta solo le aziende a dover ripensare il proprio ruolo, bensì impone anche all’ente pubblico un approccio più moderno, in linea con la sua funzione di essere al servizio e al fianco delle cittadine e dei cittadini.

Se nell’ambito dell’innovazione si può constatare un importante, ovviamente sempre migliorabile, sostegno da parte dello Stato nel quadro della relativa legge, nell’ambito digitale l’impressione è che vi sia un netto ritardo. Questo se pensiamo, specialmente, ai servizi o all’offerta di formazione per “le professioni del futuro”.

Siamo d’accordo che il privato può e deve fare la sua parte e anche nelle attività della Camera sono proposti differenziati programmi di formazione continua, dalla comunicazione al marketing, dalla gestione delle risorse umane al diritto, dalla contabilità alle “soft skills”.

Ma una strategia digitale vera e propria da parte dello Stato non la si intravvede ancora, al di là dei lodevoli progetti individuali realizzati dai singoli dipartimenti.

In relazione a questo mi permetto di ricordare che nel 2019 è stata presentata al Consiglio di Stato un’interpellanza interpartitica con la puntuale richiesta, sull’esempio di quanto fatto a livello federale, di alleggerire il carico amministrativo gravante sulle imprese attraverso la semplificazione delle procedure di raccolta dati e l’eliminazione dei doppioni. Ciò per evitare che alle aziende venissero richiesti a più riprese gli stessi documenti. Il Consiglio di Stato si era detto non solo pienamente convinto dell’utilità di tale azione, ma aveva anche espresso la volontà di introdurla nelle misure da attuare nell’ambito del programma legislativo 2019-2023.

Lo scopo era quello di proporre misure concrete che, grazie ai vantaggi offerti dalla tecnologia, permettessero di agevolare i processi burocratici in favore non solo delle imprese ticinesi, ma anche dei privati, così come dei servizi statali stessi.

Da verificare se questo nuovo approccio tecnologico abbia nel frattempo avuto luogo. Saremmo delusi se alle intenzioni non avessero fatto seguito anche i fatti.

Concretamente, lo sviluppo di un coordinamento sarebbe, ad esempio, utile nel contesto dei cosiddetti “fallimenti a catena”. Invece di ipotizzare improbabili modifiche legislative, sebbene a livello federale qualcosa si stia muovendo, lo scambio di informazioni fra i vari dipartimenti permetterebbe di individuare con più facilità i furbetti, come del resto avviene già in altri cantoni.

Coordinarsi andrebbe certamente a snellire quelle procedure che rendono la giustizia civile e amministrativa un po’ macchinosa, con tempi non più sostenibili. Le aziende sane, e sono la gran parte, chiedono una giustizia efficiente, aggiornata e tempestiva, condizione quadro fondamentale per progredire.

  • Talune prassi vanno ripensate

Invochiamo spesso un’azione sull’aggravio burocratico a costo di risultare ridondanti. Purtroppo, si tratta di una realtà che si ripete incessantemente, figlia di un contesto sempre più complesso, ma forse anche non abbastanza audace.

Voglio spiegarmi: le leggi, spesso già complesse nella loro messa in vigore (un riferimento a quella sul salario minimo cantonale non è per nulla casuale), restano spesso in vigore senza che se ne sia mai valutato l’impatto, l’utilità e l’adeguatezza. Chiedere che, analogamente a quanto avviene per molte leggi federali, vi sia dopo un certo numero di anni una procedura di valutazione sugli effetti di una base legale non è quindi sproporzionato. In una realtà in cui taluni chiedono la modifica di una legge ancora prima che essa venga applicata (anche qui il salario minimo cantonale è un riferimento non casuale), non dovrebbe essere scandaloso fare uno sforzo per una verifica ex post. Del resto, a livello federale si sta elaborando una legge che obblighi a verificare e ponderare gli effetti degli atti normativi sulle aziende, le PMI in particolare. Potrebbe apparire surreale che, proprio noi paladini della de-burocratizzazione, invochiamo una legge per verificare le leggi, ma tant’è, se serve…

Riteniamo sarebbe molto più di facile attuazione, a volte, ripensare alla stessa prassi delle Autorità e in tal senso potrebbero essere utili decisioni prima politiche e solo poi legislative. Abbiamo più volte tematizzato che nell’ambito dei permessi degli stranieri si constatava una certa rigidità, in certi casi opinabile, come poi sancito anche dal Tribunale federale. L’auspicio è che una giusta e mirata battaglia contro gli abusi non debba contribuire ad accrescere un contesto generalizzato di sospetto che non favorirebbe la crescita economica del nostro territorio.

Anche in ambito fiscale rileviamo prassi penalizzanti verso i contribuenti e aziende. Un esempio è quello della stima del valore aziendale, legata all’ormai ben nota Circolare 26 emessa dalla Confederazione, con un’interpretazione inflessibile che mette in difficoltà molti imprenditori.

Un altro esempio è la presunzione che l’utile imponibile di un’azienda cresca in maniera lineare, costringendo l’imprenditore, così come altri contribuenti, a dimostrare di non essere “colpevole”, invertendo quindi il principio sacrosanto che deve essere l’autorità a dimostrare che il contribuente ha dichiarato troppo poco e non il contrario. Spesso la risposta a questa contestazione è laconica: “se non è soddisfatto faccia reclamo”. Poco conforme allo Stato di diritto e a un rapporto sano fra Stato e cittadino. Il cittadino è il cliente e il cliente rappresenta in qualsiasi azienda nell’economia privata il bene più prezioso!

Stesso ritornello, ripetuto anche per la prassi fiscale ingiustificatamente severa riguardo le deduzioni per la manutenzione degli immobili, nella quale la maggior parte degli interventi vengono considerati migliorativi e quindi non deducibili se non in casi di manifesta fatiscenza delle strutture. Un’attitudine che va in netto contrasto con le necessità di sostenere la trasformazione ecologica e gli sforzi rivolti alla sostenibilità. Riteniamo sarebbe auspicabile incentivare ulteriormente il risanamento degli immobili, ottimizzando il vantaggio fiscale per gli investimenti e rendendo attrattivi gli interventi di risanamento. Ne beneficerebbero tutti, l’economia attraverso l’effetto virtuoso e circolare che investimenti di tale portata possono generare e lo Stato che, di riflesso, raccoglierebbe attraverso le imposte il frutto virtuoso creato a livello economico.

Dulcis in fundo, i proprietari contribuirebbero a elevare la qualità del parco immobiliare e l’immagine stessa del nostro paese. Anche l’occhio vuole la sua parte!

Abbiamo cercato di evidenziare alcune modalità d’applicazione, modi di interpretare e applicare le regole che, troppo spesso, si discostano dagli intendimenti e finalità pensate all’introduzione delle stesse.

Chiediamo pertanto all’autorità politica uno sforzo per intervenire su queste e altre prassi che inficiano alla base il rapporto con lo Stato, creano un clima di diffidenza nocivo per tutti.

Un atteggiamento di diffidenza e contrarietà a prescindere è inammissibile. Non è puntando indistintamente il dito contro tutti che si tutelano gli interessi elvetici e ticinesi, bensì riconoscendo al partenariato Stato – cittadino il giusto valore e rispetto. Uniamoci, facciamo squadra, e ricostruiamo il rapporto di fiducia di un tempo, che ha contraddistinto e reso invidiabile la Svizzera, senza preconcetti o chiusure aprioristiche. La persona deve tornare ad essere considerata il cliente con la C maiuscola dello Stato, questo è l’approccio che auspichiamo!

Altrimenti inutile sorprendersi se seri investitori ripartono o scelgono altre destinazioni. Un peccato!

Non si tratta solo di questioni finanziarie o di opportunità, ma anche di libertà imprenditoriale, sancita espressamente nell’articolo 27 della Costituzione federale e pilastro portante per lo sviluppo e la prosperità del Ticino e della Svizzera intera. Diritto da noi sempre fermamente difeso ed elemento cardine della nostra missione, non un privilegio per approfittatori, ma caposaldo per il benessere generale.

Con queste considerazioni non vogliamo accodarci alle tante sterili polemiche e nemmeno favorire in qualsiasi modo chi intende eludere le nostre leggi, tutt’altro.

Sollecitiamo un adattamento concreto al contesto attuale e la possibilità per le nostre aziende di operare in modo ottimale, attraverso sostegno e flessibilità nel rispetto delle regole e nell’interesse di tutti. Si tratta quindi di realizzare un cambio di mentalità e di approccio.

La Camera è come sempre disposta e propensa alla collaborazione costruttiva con le autorità. Mettiamo a fattore comune le nostre competenze, le nostre esperienze, le nostre idee e ambizioni e, poi, passiamo dalle parole ai fatti. Uniamo le idee, sviluppiamole assieme e sosteniamole con convinzione!

Il momento giusto è adesso e il Ticino, oltre ad essere terra d’artisti è anche terra d’imprenditori che chiedono di poter lavorare, prosperare e collaborare alla creazione della ricchezza del nostro territorio.

Il momento giusto è adesso!

Prima di concludere il mio intervento all’odierna assemblea generale ordinaria della Camera di Commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino vorrei ringraziare tutti i collaboratori che compongono e rappresentano la Camera e che con passione, dedizione e impegno svolgono quotidianamente un lavoro encomiabile a sostegno delle nostre aziende e dell’economia in Ticino.

In particolare, il Direttore Luca Albertoni che, con la sua squadra, si impegna a garantire una moltitudine di servizi essenziali per gli associati e costanti relazioni costruttive con il mondo istituzionale. Un lavoro talvolta oscuro e dietro le quinte, ma assolutamente fondamentale per lo sviluppo di condizioni quadro sostenibili per la nostra economia.

Non dimentico il supporto e l’importante lavoro svolto da tutto l’Ufficio Presidenziale, dalla nostra Vicepresidente Cristina Maderni, che in questo primo anno mi hanno affiancato e sostenuto nella mia presidenza, GRAZIE DI CUORE!

Concludo ringraziando la mia famiglia che mi accompagna quale persona, imprenditore e Presidente e tutti voi convenuti oggi a Bellinzona.

La vostra presenza è testimonianza di quanto sia apprezzato e importante continuare a lavorare per un Ticino economico forte ed unito.

Crediamoci!

Grazie per l’attenzione e buon proseguimento di serata.

NO ad aumenti di imposte, applicazione senza indugi della riforma fiscale, nuovi servizi della Cc-Ti

La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) ha tenuto oggi, 15 ottobre 2021, presso l’Espocentro di Bellinzona, la sua 104esima Assemblea Generale Ordinaria. 

Alla presenza di circa 300 partecipanti (numero chiuso per scelta di protocollo interno di sicurezza) si è svolta con successo la 104esima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti, osservando strettamente le regole sanitarie, analogamente all’edizione 2020 che aveva potuto tenersi malgrado condizioni difficili e restrittive, senza, fortunatamente, alcuna conseguenza per la salute dei partecipanti.
Ad intervenire, a seguito dei lavori assembleari, sono stati il Presidente Cc-Ti, Andrea Gehri, il Consigliere di Stato Christian Vitta e il Direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, unitamente al CEO Swisscom, Urs Schäppi, e l’avvocato e noto fiscalista ginevrino Xavier Oberson in merito a possibili riforme del sistema fiscale per tenere conto dell’evoluzione tecnologica e della robotizzazione in particolare.

La necessità di lavorare uniti e nella stessa direzione

Il Presidente Andrea Gehri ha sottolineato come l’economia ticinese si sia dimostrata molto resiliente anche in questi ultimi periodi difficili, reggendo il colpo degli effetti della pandemia, in linea con quanto occorso nel resto della Svizzera. Permangono le difficoltà per taluni settori, ma nel suo insieme l’economia ha reagito in maniera positiva.
Preoccupano, oltre alle incertezze sanitarie, soprattutto le difficoltà legate alla reperibilità delle materie prime e al loro rincaro che sta già incidendo in maniera pesante sulle aziende e che toccherà tutti i cittadini.
Inoltre, i rincari nel settore energetico sono importanti e sembrano al momento incontrollabili, il che potrebbe alimentare una pericolosa evoluzione inflazionistica.

In un contesto del genere, è importante che tutti gli attori cantonali operino nella stessa direzione, per promuovere il nostro territorio e attirare importanti investimenti, garantendo quindi anche condizioni interessanti per il mondo imprenditoriale. Anche per questo motivo è assolutamente fondamentale evitare aumenti di imposte e applicare in maniera decisa, definitiva e secondo i tempi stabiliti la riforma fiscale in vigore dal 1° gennaio 2020, approvata dal Parlamento e dal popolo.
Ridurre l’aliquota sugli utili delle persone giuridiche dall’8% al 5% dal 1° gennaio 2025 è essenziale per mantenere il Ticino competitivo, nell’interesse di tutti. Un passo fondamentale verso la modernizzazione del nostro sistema fiscale.
Andrea Gehri ha poi anche lanciato un appello alle Autorità Cantonali affinché talune prassi amministrative che si sono consolidate nel tempo ma che si sono rivelate troppo rigide, vengano riviste in tempi brevissimi.

Nuovi servizi della Cc-Ti, automazione e fiscalità

I lavori assembleari sono proseguiti con l’intervento del Direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, che ha evidenziato in particolare due importanti novità nell’ambito dei servizi offerti dalla Cc-Ti ai propri associati.
La creazione di un servizio “Commercio internazionale”, che va ad ampliare le consulenze alle aziende anche in ambito di import (mentre fino a oggi l’attività di consulenza era limitata all’export). Si tratta della prima Camera di commercio e dell’industria in Svizzera che amplia in questa direzione il suo campo di attività.
La seconda novità è la creazione di una Scuola dell’export che partirà a primavera 2022. È un’emanazione della Swiss School for International Business di Zurigo, di proprietà di alcune Camere di commercio e dell’industria, fra le quali anche quella ticinese (SSIB – Swiss School for International Business / Export & Import). I corsi, finora svolti solo in tedesco, saranno offerti in Ticino in italiano e con la possibilità di sostenere proprio in italiano gli esami riconosciuti dalla Confederazione.
Si tratta di un tassello, di natura interamente privata e senza alcun contributo statale, e certamente un’occasione importante per accrescere le competenze del personale residente in Ticino in ambito internazionale.

Luca Albertoni ha poi dialogato con il noto avvocato e professore di diritto fiscale Xavier Oberson su possibili riforme del sistema fiscale nell’ottica dell’evoluzione tecnologica che pervade ormai tutti i settori.
Oberson ha invitato a riflettere sull’eventualità di introdurre una tassa per i robot, togliendo altri fardelli fiscali. Dalla discussione sono comunque emersi molteplici interrogativi da risolvere, a partire dalla definizione dell’automazione, passando per i processi che potrebbero essere imposti, sino ai rischi di frenare le spinte innovative. Il tema merita certamente uno studio e un’osservazione puntuale, anche se, a oggi, si tratta soprattutto di ragionare e ottimizzare i sistemi fiscali esistenti piuttosto che decidere su nuove forme di imposizione.


La Cc-Ti ringrazia i partner dell’evento: EFG Bank e Swisscom.


L’evento nei media

Stampa e portali online

Imprenditori decisi a lavorare per un Ticino forte e unito – CdT, 16.10.2021
Le riforme fiscali non si fermino – LaRegione, 16.10.2021
104esima assemblea: NO ad aumenti di imposte, applicazione senza indugi della riforma fiscale, nuovi servizi della Cc-Ti – etcinforma, 15.10.2021
‘Il riformismo fiscale non deve essere rallentato’ – laregione.ch, 15.10.2021
Camera di commercio riunita in assemblea – tio.ch, 15.10.2021
“Riforma fiscale, senza indugi” – rsi.ch, 15.10.2021
«Imprenditori decisi a lavorare per un Ticino forte e unito» – cdt.ch, 15.10.2021
«Riforma fiscale, senza indugi» – bluewin.ch, 15.10.2021
Camera di Commercio in assemblea: lanciate alcune novità – liberatv.ch, 15.10.2021

Servizi audio e video

(RSI Il Quotidiano/RSI Telegiornale/Teleticino Ticinonews/RSI Cronache della svizzera italiana/Radio Ticino)


Rileggi


Rivedi

La Cc-Ti incontra Monika Schmutz Kirgöz, Ambasciatrice di Svizzera in Italia, Malta e San Marino

Comunicato stampa Cc-Ti


Questa sera l’Ambasciatrice di Svizzera in Italia, Malta e San Marino Monika Schmutz Kirgöz, assieme al consigliere d’Ambasciata Gregorio Bernasconi, capo della sezione economia e politiche settoriali, ha incontrato esponenti dell’economia cantonale presso la Camera di Commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino, nell’ambito di una visita di cortesia.

In questo contesto è stato possibile uno scambio di vedute sui principali dossier economici che riguardano le relazioni bilaterali. In particolar modo sono stati affrontati i temi dei servizi finanziari e del  telelavoro dei frontalieri.

Il primo anno di Andrea Gehri alla Presidenza della Cc-Ti

Intervista con Andrea Gehri, Presidente Cc-Ti

Venerdì 15 ottobre 2021 si terrà a Bellinzona la 104esima Assemblea generale ordinaria della Cc-Ti. Tradizionale occasione per fare il punto sulla situazione economica e illustrare il lavoro svolto
durante l’anno, così come i progetti futuri in ambito politico e di servizi agli associati. Sarà anche un momento di riflessione sul primo anno di presidenza di Andrea Gehri, che si è ritrovato alla testa dell’associazione mantello ticinese in un periodo particolarmente difficile per tutti, compresa ovviamente l’economia. Anche se, come preferisce sottolineare il Presidente, “la fase di maggiore incertezza per la diffusione del Coronavirus è stata precedente alla mia presidenza. Se penso alla primavera 2020 con tutto il Paese fermo per il lockdown, ebbene da allora abbiamo sicuramente imparato a convivere e contrastare meglio la propagazione del virus. L’economia svizzera e anche quella ticinese hanno retto bene, forse anche meglio di quanto ci si potesse aspettare. Questo sicuramente grazie al sistema svizzero che ha dato prova di grande efficienza e pragmatismo, con doti di ponderazione non comuni nell’affrontare quella che a tutti gli effetti si è cristallizzata in una crisi globale. Ma anche grazie alla grande flessibilità e capacità di adattamento del mondo imprenditoriale. Il connubio pubblico/privato ha dimostrato di funzionare in maniera efficace quando si lavora compatti in una sola direzione”.

Da Presidente della Cc-Ti e da imprenditore quali sono state le difficoltà maggiori che ha dovuto affrontare?

Ci sono stati e ci sono tuttora settori economici che, più di altri, hanno sofferto e soffrono ancora per determinate limitazioni e misure di prevenzione che, per quanto parziali, sono fonte di preoccupazioni. Se prendiamo, ad esempio, i comparti della ristorazione, della cultura, dello sport, dei viaggi, della metalmeccanica legata all’esportazione, ebbene queste attività risentono fortemente del clima d’incertezza generale che regna tuttora.

La pandemia ha avuto un impatto pesante sul nostro sistema produttivo, ma grazie ai piani di sostegno della Confederazione, del Cantone e alla tenacia dei nostri imprenditori non ci sono stati gli effetti catastrofici che si erano temuti in un primo momento. Pericolo scampato?

La Svizzera ha dimostrato ancora una volta di saper affrontare problemi e situazioni di gravità globale con grande tempismo, straordinaria efficacia e impareggiabile concretezza. Le misure varate da Confederazione e Cantoni, in particolare il credito COVID-19 alle imprese che ha consentito di accedere a liquidità immediata senza intralci burocratici entro 24 ore attraverso la semplice richiesta via e-mail, ha costituito una prova di efficienza senza eguali al mondo. Questa misura straordinaria, che ha permesso alle aziende di salvaguardare la liquidità e quindi la capacità di operare, unita all’indennità per lavoro ridotto che ha scongiurato il pericolo di licenziamenti di massa, sono state risposte concrete, dirette e incisive a sostegno della nostra economia. La resilienza dimostrata, poi, agli imprenditori svizzeri, figlia certamente di una cultura imprenditoriale sana, di solida tradizione e basata su nobili principi economici, per cui l’impresa risulta essere il mezzo ideale per diffondere ricchezza nel Paese, ha certamente contribuito ad evitare le conseguenze catastrofiche temute. Il pericolo di una crisi ancora più grave sembrerebbe per ora scongiurato; tuttavia, siamo interconnessi con il mondo e le ripercussioni di avvenimenti negativi di portata internazionale possono rendere fragili e ulteriormente incerte le attuali previsioni.

Rincari delle materie prime e gravi scompensi nelle catene di approvvigionamento, la ripresa stenta a stabilizzarsi. Come vede la situazione nel medio e lungo periodo?

Si tratta di conseguenze dirette della diffusione del Coronavirus a livello planetario che hanno colpito duramente realtà strategiche essenziali per la distribuzione, la lavorazione e il trasporto delle materie prime nel mondo. Durante la prima e seconda ondata pandemica i colossi e le multinazionali che distribuiscono le principali materie prime hanno ridotto enormemente le loro capacità produttive e distributive, causando l’effetto ‘collo di bottiglia’ che viviamo tuttora. L’economia, soprattutto in Cina, Asia e USA è ripartita vigorosamente, accaparrandosi, prima di altri Paesi, tutte le risorse rimaste sul mercato, causando di conseguenza una penuria di materiali mai vissuta prima d’ora, oltre a rincari senza precedenti. Stiamo, quindi, soffrendo enormemente, in particolare in Europa dove l’approvvigionamento di materie prime risulta tuttora molto difficoltoso e con costi alle stelle. In proiezione futura si spera in un graduale ritorno alla normalità che, comunque, sarà diversa da quella precedente e che, secondo gli esperti, non interverrà prima del secondo semestre 2022. I rincari di alcune materie rimarranno e contribuiranno verosimilmente ad accentuare la spirale inflazionistica.

Sia nel recente studio di UBS sulla competitività che in quello del Credit Suisse sulla qualità della localizzazione, il Ticino si è ritrovato quasi in fondo alle rispettive classifiche. Questa retrocessione è riconducibile a dei deficit infrastrutturali (fiscalità, collegamenti, formazione, invecchiamento della popolazione) oppure ad un indebolimento dell’economia cantonale?

Per poter essere classificati come Cantone virtuoso in materia di competitività e, aggiungo, di attrattività verso potenziali investitori e aziende da attirare sul nostro territorio, necessitiamo decisamente di un’inversione di pensiero e di approccio verso l’economia in generale. È innegabile che la fiscalità poco allettante del nostro Cantone costituisca una penalizzazione notevole che non favorisce la localizzazione sul territorio di realtà imprenditoriali di rilievo. Non solo, ma pure a livello di infrastrutture, di trasporti e di transito abbiamo deficit che concorrono in modo determinante a scoraggiare un’eventuale localizzazione in Ticino. L’istruzione e la possibilità di reperire sul territorio profili professionali funzionali all’economia è un altro criterio fondamentale di scelta che ogni imprenditore analizza accuratamente. Abbiamo sicuramente la necessità di finalizzare una formazione più aderente alle realtà economiche locali, ma soprattutto verso quelle nuove professioni che si stanno affacciando sulla scena produttiva. Penso, in particolare, alle professioni legate all’accresciuta necessità di digitalizzazione, con cui saremo confrontati tutti nel prossimo futuro, a discipline legate alle nuove tecnologie, all’intelligenza artificiale e alla biotecnologia. Dobbiamo saper cogliere le mutazioni e le tendenze economiche attuali, e tradurle in opportunità per le future generazioni.

Le nostre imprese sono in grado di sostenere questa svolta? E il sistema politico, in generale, è consapevole delle radicali trasformazioni a cui stiamo andando incontro?

Abbiamo compreso l’importanza di doverci confrontare con le nuove tecnologie e all’avanzata poderosa della digitalizzazione anche nella vita quotidiana. La concorrenzialità delle nostre imprese sarà messa alla prova e misurata attraverso la capacità di adattamento e di implementazione di tutta una serie di misure orientate su un indirizzo più tecnologico e digitale, indipendentemente dal ramo d’attività. Dal sistema politico ci attendiamo che supporti questi cambiamenti strutturali col sostegno diretto degli incentivi all’innovazione, e che funga da esempio adottando analoghi principi anche dell’amministrazione pubblica.

Il piano di rilancio post-pandemico è una delle priorità nell’agenda politica ticinese, ma il dibattito tra i partiti si è già riavvitato sull’eterno dilemma tra fiscalità e socialità. Pensa che si riuscirà a trovare un punto di equilibrio? Cosa bisogna fare per garantire al Cantone una crescita stabile e duratura?

Il pericolo che la pandemia possa costituire la scusa per rimandare alle calende greche la riforma fiscale in Ticino è reale e mi spaventa. Sarebbe un autogol clamoroso che renderebbe il nostro tessuto economico ancora più vulnerabile e che allontanerebbe ulteriormente determinati attori della nostra economia, interessati o già presenti nel nostro Paese, verso localizzazioni più attrattive. Dovremo finalmente riuscire a far comprendere che per poter difendere la socialità e favorire la distribuzione della ricchezza dobbiamo saperla creare prima di tutto. Penalizzare il tessuto economico con politiche di aggravi e, come in questo caso, rimandare una riforma fiscale determinante per favorire la crescita economica, rappresenterebbe un passo nella direzione opposta a quella auspicata. La crescita del Cantone passerà attraverso politiche fiscali attrattive, investimenti mirati nelle infrastrutture per migliorare percorrenze e spostamenti, attraverso una formazione e un’istruzione di prim’ordine aderenti alla realtà, incentivando politiche di trasformazione ecologiche nell’ambito delle costruzioni e in tutti quei settori che saranno confrontati con mutati criteri di sostenibilità.

Un bilancio e un auspicio in qualità di Presidente della Cc-Ti?

Semplicemente un’esperienza straordinaria che mi ha permesso di conoscere il Ticino imprenditoriale nei suoi molteplici contesti e attività diversificate. Persone che lottano per costruire, non senza fatica, ogni giorno il futuro di questo Cantone. Proprio questa diversificazione e la presenza di assolute eccellenze sul nostro territorio costituiscono quella ricchezza del Cantone che dobbiamo assolutamente valorizzare e preservare da posizioni contrarie e di ostacolo per una crescita armoniosa delle nostre imprese. La mia lunga esperienza d’imprenditore, e uomo-artigiano, mi ha portato vicino ad ogni realtà comprendendone le dinamiche in modo, direi, “personale”. Mi considero ancora in una fase di apprendimento e perciò mantengo alta la curiosità e l’interesse nel voler conoscere di più le realtà e l’affascinate mondo economico ticinese. La speranza per il prossimo futuro è quella poter accantonare le preoccupazioni incessanti legate alla pandemia e finalmente concentrarci e occuparci di temi propositivi per favorire la crescita, l’imprenditorialità e contribuire a determinare condizioni quadro migliori per la nostra economia.

La contabilità digitale è un’opportunità da cogliere per le PMI

La contabilità, insieme alla gestione finanziaria di un’azienda, rappresenta uno dei punti chiave nella progettazione strategica e monetaria delle diverse attività a livello economico. Se ad essa allineiamo il progresso tecnologico, emergono nuove e interessanti opportunità. Quali?

Abbiamo risposto a questa domanda nel webinar del 5 ottobre scorso, organizzato dalla Cc-Ti, a cui è intervenuto John Muschietti, Direttore Fidigit SA, introdotto da Lisa Pantini, Responsabile Relazioni con i soci Cc-Ti.

Dal 1400…

La nascita della contabilità si fa risalire a Frà Luca Bartolomeo de Pacioli, frate e matematico italiano che nel quindicesimo secolo, pubblicò per primo un lavoro sulla partita doppia, pilastro fondamentale del sistema contabile contemporaneo.
L’evoluzione del sistema contabile nel tempo è illustrata nel grafico sottostante, che evidenzia le principali operazioni (imputazione, calcolazione e visualizzazione) e i relativi cambiamenti.

… fino ad oggi

Parlando di contabilità digitale si fa inevitabilmente riferimento alla moltitudine di interconnessioni esistenti fra le diverse sezioni di un’azienda. Esistono procedure e strumenti che possono andare a sostenere i processi rendendoli più snelli.

Possiamo citare, ad esempio: lo sviluppo dei pagamenti e l’avvento della fattura QR, che entro un anno sostituirà la polizza di versamento PVR, in attesa dell’adozione definitiva dell’e-bill.
In merito all’archiviazione delle fatture è oggigiorno possibile ricorrere ad archivi digitali a norma di legge che permettono di risparmiare spazio e costi.
L’“Employee self-service”, il cosiddetto portale dei dipendenti, consente di eseguire una pluralità di operazioni, tra cui il rilevamento ore, la manutenzione anagrafica e la visualizzazione dei differenti dossier.
Grazie al supporto dell’intelligenza artificiale, la registrazione delle spese può avvenire in tempo reale, da remoto e in modo totalmente automatico tramite smartphone. Le stesse condizioni valgono anche anche per l’electronic banking, che facilita lo svolgimento delle procedure dal proprio gestionale.
Servendosi di strumenti di Business Intelligence, i dati disponibili sui dispositivi possono essere visualizzati velocemente e in panoramica, per meglio comprendere le proprie attività e conseguentemente adottare strategie mirate.
Lo standard xBRL – non ancora utilizzato in Svizzera a differenza che in altri Paesi come, per esempio, la Germania – ha la funzione di automatizzare l’interazione fra la reportistica aziendale e le sue controparti.

Le possibilità per digitalizzare i processi interni alle aziende sono numerose e diversificate, occorre quindi iniziare a valutarle per tempo, dato il repentino progresso tecnologico. Un partner affidabile e su cui contare per una consulenza mirata è la buona strada da cui iniziare.


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Dal Ticino all’Intelligenza Artificiale: ecco Visium

Abbiamo intervistato Matteo Togninalli, Chief Operating Officer di Visium SA

La parola a Matteo Togninalli, figlio del nostro territorio e, ormai, imprenditore di successo nel mondo. Come è nato questo percorso? Un sogno partito alla grande già dal Ticino? Una passione da sempre?

Da sempre, mi sono appassionato per le scienze e la tecnologia. Al momento del liceo, ho cominciato ad interessarmi all’imprenditoria: era infatti uno dei migliori modi per facilmente diffondere nuovi progressi tecnici. Questa realizzazione fu anche il motivo che mi ha spinto verso il politecnico. La passione per le startup è poi sbocciata ai primi contatti con il mondo universitario, dopo aver partecipato a vari eventi sul campus. Fondare e far crescere una ditta è quindi diventata un’evidenza e sapevo che sarebbe stato il mio percorso dopo gli studi.

“Rendere l’Intelligenza Artificiale accessibile a tutti”, visione e/o missione della sua azienda?

Matteo Togninalli

Esattamente, Visium sviluppa programmi di intelligenza artificiale su misura per le imprese. Dal mio primo contatto con questa tecnologia, mi sono reso conto del suo enorme potenziale per gran parte delle attività economiche. Il problema è che, fino al 2016, rimaneva principalmente nelle mani delle grandi industrie internet (GAFAM) o dei laboratori universitari. Quando, durante una cena a Zurigo, Alen mi ha parlato della sua idea di renderla accessibile al resto delle imprese attraverso servizi e prodotti, mi sono immediatamente entusiasmato. Abbiamo quindi cominciato a lavorare su Visium, con l’obiettivo di creare un nuovo attore svizzero ed europeo che possa rispondere a questo bisogno sempre più marcato.

Quali i percorsi di ricerca e i successi che l’hanno resa più soddisfatto e creato sempre nuovi entusiasmi?

Il percorso di studi è stato senz’altro un momento meraviglioso. L’EPFL mi ha offerto la possibilità di soggiornare a due riprese negli Stati Uniti, dove, oltre che a legare amicizie per la vita, ho potuto osservare e prendere ispirazione dalla mentalità “can-do” americana, specie nel mondo imprenditore. Svolgere la mia tesi di master a Stanford, nel cuore della Silicon Valley, è stata la più grande opportunità che ho avuto e mi ha fortemente marcato, in particolare per le mie avventure imprenditori. In seguito, durante il dottorato, l’ETHZ mi ha permesso di viaggiare a grandi conferenze di machine learning attraverso il mondo, dove ho potuto scambiare idee con brillanti ricercatori e prendere ispirazioni per nuovi approcci tecnici. Ultimamente, poter capire le specificità di diverse industrie grazie ai progetti con i nostri clienti è affascinante. Sono quindi le discussioni e gli scambi con altre persone che mi ispirano e continuano a farlo: c’è così tanto da imparare!

Sinergie con grandi aziende e sinergie con piccole aziende. Come progettare a misura, tenendo conto del costo dell’investimento e traducendolo in successo. Quali parametri di analisi dovrebbe affrontare un’azienda per verificare la propria posizione sul mercato? A chi si rivolge Visium?

Investire in progetti di intelligenza artificiale porta sempre dei ritorni. Noi li classifichiamo in ritorno misurabile (il valore aggiunto economico), ritorno strategico (benefici legati agli obiettivi strategici e competitivi della ditta) e il ritorno in capacità (legato alla maturità tecnologica e IA dell’impresa). Anche se a volte i ritorni economici di un progetto di IA non appaiono da subito, gli altri benefici sono sempre sinonimi di progresso immediato per la ditta. Da Visium, abbiamo cominciato a lavorare con piccole e medie imprese e ora accompagniamo principalmente grandi multinazionali per imperativi di crescita. Il nostro obiettivo essendo di democratizzare l’accesso all’IA, stiamo reinvestendo i benefici per sviluppare una serie di prodotti generali e finanziariamente accessibili a tutte le imprese. Per esempio, stiamo per lanciare SalesHunter, un programma che permette ai rappresentanti di vendita di sapere quali prodotti raccomandare ai loro clienti per aumentare le loro vendite.

Dal Ticino, all’America, a Zurigo per formare un team vincente. Quali consigli e caratteristiche per i nuovi imprenditori del futuro? I know-how per questo settore? Come scegliere i compagni di viaggio (soci, collaboratori, …)?

Lanciare una ditta nel mondo informatico non è mai stato così semplice e poco costoso: le risorse abbondano e ci sono migliaia di buone idee. Quello che ci vuole, è il coraggio di lanciarsi. E spesso, è molto più facile trovare questo coraggio quando non si è soli. Sono infatti immensamente grato ad Alen e Timon, con cui continuiamo a motivarci dopo quasi 4 anni, perché sarebbe impossibile altrimenti. Quello che conta per un buon cofondatore, è trovare persone che hanno la stessa etica del lavoro e la convinzione di potercela fare, possibilmente con talenti complementari. Per i collaboratori invece, è molto importante ingaggiare persone che credano nella visione ditta e che non si scoraggeranno alle prime difficoltà. Da noi, questa qualità prevale sulle altre al momento di scegliere i candidati.

Visium è ubicata presso l’Innovation Park a Losanna e presso il Technopark a Zurigo; e mira a raggiungere i 100 collaboratori entro il 2022. Quale panorama si immagina ancora per la vostra azienda?

Vogliamo rendere Visium un vero attore internazionale nel mondo dell’IA. Sarebbe l’occasione perfetta di rimettere la Svizzera e l’Europa sulla mappa mondiale dell’IA e delle tecnologie dell’informazione, attualmente dominata dagli Stati Uniti e dalla Cina. Per fare questo, spingiamo lo sviluppo dei nostri prodotti, più facilmente esportabili, e stiamo iniziando altre collaborazioni a livello europeo.

Fuori e dentro casa: una giornata “smart”

Il neologismo Internet delle cose (IoT, acronimo dell’inglese “Internet of things”) fa riferimento all’estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti. Concetto che, fino a poco tempo fa, poteva apparire la trama avvincente di un film futuristico, oggi è invece una realtà concreta in continua evoluzione.
Cosa significa – nello specifico – vivere una giornata smart?

Possiamo incrementare le prestazioni e usufruire delle possibilità offerte dai diversi strumenti che abbiamo in uso, ottimizzando i consumi e permettendo l’integrazione di diverse funzioni interessanti che rendono la nostra vita, più “vita”.
Stare a casa, spostarsi, essere in azienda, sulla strada, in città o in un altro Paese… abbiamo oggi la possibilità di gestire al meglio i nostri progetti e i nostri itinerari.

Abbiamo riflettuto su questo tema e sulle sue numerose sfaccettature durante il webinar del 29 settembre scorso, organizzato dalla Cc-Ti in collaborazione con Swisscom, a cui sono intervenuti Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti; Carmen Lüthi, Formatrice Swisscom Academy; Massimo Redigolo, Head of sales autoSense e Marco Doninelli, Direttore UPSA Ticino.

Nella quotidianità…

Con l’espressione “casa smart” si fa riferimento ad un’abitazione interconnessa, il cui scopo è rendere più facile, piacevole e sicura la vita di chi vi abita.

Grazie ad una singola applicazione per smartphone e alla rete di dispositivi connessi al router tramite WiFi capaci di raccogliere, analizzare e condividere determinate informazioni è per esempio possibile accendere/spegnere luci e apparecchi elettronici, attivare e controllare impianti di sicurezza, monitorare e interagire con il proprio animale domestico, il tutto automaticamente o a distanza in qualsiasi momento con un semplice click.

…per gli spostamenti in auto

La tecnologia (come quella di Swisscom) non si limita però esclusivamente al pacchetto “smart home”, ma con la collaborazione di autoSense (ad esempio) si passa al mondo delle quattro ruote.

autoSense, infatti, fornisce i dati necessari per la creazione di una serie di servizi e vantaggi a favore degli automobilisti. Tra questi, per esempio, la possibilità di usufruire all’interno della vettura della stessa funzione WiFi di cui disponiamo a casa (senza più dover ricorrere all’attivazione dell’Hotspots), la facoltà di gestire in autonomia un diario di bordo digitale o quella di restare in contatto 7/24 con il proprio garage di fiducia che è a conoscenza di tutte le informazioni utili riguardo al veicolo anche in caso di soccorso.
In associazione con l’app Easypark, disponibile in tutta Europa e in 600 città svizzere, è inoltre possibile pagare il parcheggio con il cellulare soltanto per il tempo di sosta realmente sfruttato.

Focus sul settore automobilistico

Rispetto a qualche anno fa la scelta dell’automobile in merito all’aspetto della produzione si è notevolmente ampliata: non più solo benzina o diesel ma anche gas, ibride mild, full o plug-in ed elettriche a batteria o idrogeno. I fattori determinati da considerare al momento dell’acquisto sono molteplici come, per esempio, il numero di km percorsi giornalmente, la possibilità di cui si dispone per fare rifornimento e l’importo che si è pronti a spendere.

Oggigiorno l’elettronica non è più solo al servizio della meccanica nel processo di costruzione dei veicoli ma anche nell’ideazione e progettazione dei software.
E se è vero che al momento la vendita online di vetture rimane poco diffusa a causa della complessità del processo di configurazione, essa verrà agevolata in misura sempre maggiore dalla tendenza a costruire autoveicoli forniti di tutto (sensori, sistemi elettronici, ecc.) con la possibilità per l’acquirente di comprare e attivare comodamente dal proprio domicilio tramite un portatile i servizi che desidera.

La vettura interconnessa

Molteplici sono le applicazioni che attualmente abbiamo a disposizione per gestire da remoto l’automobile. Esse ci consentono di localizzare in qualsiasi momento la vettura, di controllarne lo stato (olio, freni, pneumatici, livello batteria, ecc.) ed eventuali malfunzionamenti (con la relativa organizzazione di servizi di manutenzione) così come di inviare a distanza dei comandi. Si stanno inoltre sviluppando delle app che permetteranno di fare diagnosi a lungo raggio (sulla base, per esempio, dei rumori prodotti dal veicolo) o valutazioni immediate di danni in caso di incidente. Si prevede poi che entro i prossimi due anni lo smartphone rimpiazzerà la chiave di accensione e che in un futuro prossimo l’automobile elettrica fungerà da accumulatore di energia per l’economia domestica. Riguardo al raggiungimento del livello sei della guida autonoma si stima invece – anche in virtù di ragioni giuridiche oltre che tecniche – un’attesa di ancora una ventina d’anni.

Informazioni utili da condividere nelle riflessioni strategiche anche per una PMI o un’azienda che deve gestire il proprio parco veicoli.

Una questione di energia

La necessità dell’approvvigionamento energetico è oggi un argomento da tenere in considerazione.
L’energia serve ad alimentare gli strumenti che utilizziamo nella nostra quotidianità (a livello professionale e personale), resi sempre più performanti ed efficaci, grazie al progresso tecnologico.
Occorre dunque che le discussioni sulle tematiche dell’energia siano condotte con riflessioni che inglobino le diverse forme di produzioni energetiche possibili, senza dimenticare il contesto.


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Le criptovalute al servizio dell’imprenditore

Non ci sono più dubbi che le criptovalute, le valute digitali emesse tramite la tecnologia blockchain, sono un fenomeno destinato a rimanere nel tempo.

In sempre più Paesi i legislatori hanno sancito le regole per l’emissione e la custodia di criptovalute; imprese del calibro di Tesla, Square e Space X hanno pubblicamente annunciato di detenere bitcoin nelle loro tesorerie e praticamente tutti gli Stati si stanno preparando all’emissione delle Central Banks Digital Currencies, ovvero le criptovalute emesse dalle banche centrali. In questo contesto sempre più imprenditori stanno scoprendo l’uso delle criptovalute per la propria attività. In questo contributo vogliamo spiegare come, anche grazie a degli esempi concreti.

Pagamento in criptovalute

Il numero di società che accettano pagamento in criptovalute continua a crescere, anche in Svizzera. Non vi è soltanto il Cantone Ticino, che ad aprile ha deciso di lanciare un progetto pilota per l’accettazione di pagamenti in bitcoin, ma anche imprese storiche, come il Grand Hotel Dolder di Zurigo, i colossi dell’e-commerce quali Digitec e Galaxus, casse malati come Atupri, rivenditori di automobili del calibro di Kessel fino ad arrivare a bar, ristoranti, macellerie, fioristi e persino studi legali. Il motivo di questa decisione è semplice: il pagamento in criptovalute è immediato e con (potenziali) costi minori rispetto a quelli generati da sistemi quali PayPal o le carte di credito, con la rosea prospettiva di abbassare ulteriormente questi costi grazie ai prossimi accorgimenti tecnici, che permetteranno anche di ridurre il consumo energetico di queste valute. Inoltre, vi sono sempre più persone che hanno una parte importante del loro patrimonio in criptovaluta e preferiscono “spendere” direttamente queste valute invece di doverle prima cambiare in denaro con corso legale. Offrire il pagamento in critpovalute permette dunque di attrarre un nuovo tipo di clientela.

Gamification del rapporto con il cliente

La gamification è quel processo che utilizza meccanismi tipici del gioco per rendere gli utenti o i potenziali clienti partecipi delle attività dell’impresa e interessarli ai servizi offerti. Tramite un token (così è chiamata una criptovaluta emessa da un terzo) un’impresa può creare un processo di gamification con il suo potenziale cliente per invogliarlo a utilizzare i propri servizi. Ad esempio, Yuh, la piattaforma finanziaria creata in joint venture da Swissquote e Postfinance, usa un token chiamato Swissqoin per remunerare le azioni svolte da propri utenti (un pagamento, un investimento, l’introduzione di nuovi clienti). Più il cliente è attivo, maggiore è il numero di token che riceve. I token sono comunque limitati in numero e dunque gli utenti più attivi avranno un vantaggio maggiore rispetto agli altri. Per dare un valore al token la società investe parte dei suoi ricavi nello Swissqoin, generando così un guadagno per i suoi utenti. Un altro esempio dell’uso dei token è quello della Città di Lugano con il LVGA token. Invece di concedere uno sconto ai titolari della Lugano Card, come fatto in passato, la città paga l’importo dello sconto in LVGA token, di fatto un token coperto in rapporto 1:1 con il franco. L’interesse della città di Lugano per questa pratica? In questo modo i vantaggi concessi ai detentori della Lugano Card possono essere spesi solo all’interno del circuito e non, ad esempio, all’estero. Questi sono solo due esempi, ma se ne possono immaginare a centinaia.

Corporate governance e finanziamento dell’impresa

La maggiore innovazione portata dalle criptovalute è probabilmente la possibilità di tokenizzare le azioni della propria società (dunque invece di avere le azioni in formato cartaceo possederle in formato digitale). La grande innovazione è la possibilità di automatizzare tutto il processo di governance dell’impresa (votazioni in assemblea, aumenti di capitale sociale, ecc..). Già oggi esistono diverse piattaforme che permettono alle società di digitalizzare la propria governace, permettendo non soltanto un risparmio di tempo, ma anche una maggiore certezza e garanzia delle decisioni prese, che sono registrate sulla blockchain, conferendo agli azionisti e agli organi un portale che permette di avere una visione generale sulle attività svolte dalla società fornendo un’importante trasparenza sulla governance societaria. Le azioni tokenizzate permettono poi alla società di raccogliere capitali tramite i mercati decentralizzati, delle vere e proprie borse gestite non da persone ma da algoritmi, che ne garantiscono il corretto funzionamento. La differenza tra questo tipo di quotazione e quella tradizione risiede nell’enorme risparmio di tempo e denaro che la quotazione in un mercato decentralizzato richiede. Se solo società ben strutturate e disposte a spendere centinaia di migliaia di franchi possono permettersi di entrare nella borsa ordinaria, la quotazione alle borse decentralizzate è alla portata di tutti e necessità solo della pubblicazione di un adeguato prospetto. Non vi sono spese da pagare, poiché si usa un algoritmo e non una borsa regolata, e non è necessario l’intervento di una banca d’affari, concedendo così a tutti la possibilità di quotare le proprie azioni e finanziare la propria impresa. È la democratizzazione della finanza, che è uno degli scopi del movimento legato alle criptovalute. Si tratta chiaramente di un mercato ancora giovane, con i rischi tipici di questa tecnologia, ma che con una liquidità di 140 miliardi di dollari non ha nulla da invidiare ai mercati tradizionali.

Automatizzazione dei processi

Le criptovalute sono considerate le valute di Internet perché sono completamente digitali e permettono, con estrema facilità e senza necessità di una conoscenza tecnica particolare, di automatizzare i processi aziendali. Questo aspetto delle criptovalute è ancora forse poco visibile, ma molto promettente. I primi esperimenti sono stati fatti con il pagamento da parte senza la necessità di un intervento umano. Ad esempio, se un aereo atterra in ritardo, l’informazione è trasmessa in automatico ad uno smart contract (una regola codificata nella blockcain) che gestisce i pagamenti dovuti a lle persone coinvolte. Un altro esempio è quello del frigorifero intelligente in grado di rilevare che il latte è finito e che ora potrà anche comprarlo autonomamente effettuando il pagamento tramite criptovalute e farlo consegnare a casa. I processi di automatizzazione con le criptovalute sono enormi, quando (non se!) tutti i pagamenti avverranno tramite la tecnologia della blockchain ricordiamo che gli Stati stanno emettendo le loro criptovalute e che pertanto questo fatto sarà reale) si potranno sviluppare algoritmi che in automatico e praticamente in tempo reale eseguiranno la contabilità, la revisione, le dichiarazioni fiscali e tanti altri oneri dell’impresa. Insomma, la blockchain e le criptovalute potranno veramente semplificare di molto la burocrazia che oggi attanaglia gli imprenditori.

L’economia del domani sarà sempre più digitale e le criptovalute avranno un grande ruolo da giocare. Per questo è importante che ogni impresa capisca da subito il loro funzionamento e colga al più presto la potenzialità di questa nuova tecnologia.


Articolo a cura di Lars Schlichting, Avvocato, LL.M., Partner Kellerhals Carrard Lugano SA

Tassare i robot?

I robot esistono da una quarantina d’anni, ma solo con l’inizio di questo secolo sono diventati una presenza sempre più diffusa nell’industria e nei servizi. Una realtà che, come succede con tutte le n nuove tecnologie, attrae e spaventa, sollevando timori, in particolare, per i suoi effetti sull’occupazione.

Paure amplificate a dismisura da un’insidiosa tecnofobia che lascia del tutto in ombra i vantaggi dell’automazione sia per le aziende che per i dipendenti, aprendo la strada a proposte che penalizzerebbero l’innovazione, invece d’incoraggiarla. Una visione allarmistica nella quale il ricorso intensivo alla robotica sostituirà progressivamente i lavoratori, creando un esercito di nuovi disoccupati. Di conseguenza diminuiranno anche le entrate fiscali per lo Stato. Dunque, non potendo più tassare questi lavoratori si dovrebbero tassare i robot, per assicurare un adeguato gettito fiscale in grado di finanziare i sistemi previdenziali e i piani d’intervento per aiutare e reinserire nel mondo del lavoro chi ha perso l’impiego.

Una soluzione sostenuta per primo da Bill Gates, il fondatore di Microsoft, rilanciata a Bruxelles dalla deputata socialista Mady Delvaux, ma bocciata dall’Europarlamento, riproposta in Francia dall’ex Ministro del PS Benoît Hamon e dettagliatamente argomentata in Svizzera nel saggio “Taxer les robots – Aider l’économie à s’adapter à l’usage de l’intelligence artificielle” di Xavier Oberson, Avvocato, Professore e fiscalista ginevrino (ospite alla prossima 104esima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti del 15 ottobre 2021).

Xavier Oberson suggerisce di tassare uno stipendio “teorico” per l’utilizzo di un robot che corrisponda al salario che l’azienda avrebbe pagato ad un dipendente. Un po’ sul modello del valore locativo che tassa un canone d’affitto teorico. Così, dal profilo delle entrate fiscali, non ci sarebbe differenza alcuna tra l’ assumere un lavoratore o impiegare un robot. Quello che a prima vista sembrerebbe “l’uovo di Colombo” della nuova fiscalità ai tempi della trasformazione digitale, è una soluzione controproducente.

Innanzitutto, bisogna sgomberare il campo dalla falsa credenza secondo cui i robot si “mangiano i posti di lavoro”. È vero piuttosto il contrario. Numerosi studi hanno ampliamente documentato che i Paesi dove più diffusi sono i robot, ad esempio Giappone, Corea e Germania, sono quelli che hanno un tasso di disoccupazione tendenzialmente più basso. Ciò che si registra invece come una costante in questi Paesi è un aumento della qualificazione necessaria per l’impiego. L’utilizzo massiccio della robotica ha, difatti, creato nuove mansioni e nuove figure professionali, anche nel nostro Paese che conta una media di 146 robot industriali ogni 10mila dipendenti, per un totale che l’anno scorso ha toccato le 422mila unità installate.

Queste macchine tecnologicamente avanzate, impiegate nelle imprese per ottimizzare e velocizzare i processi produttivi, contribuiscono, in definitiva, alla creazione di valore che viene già tassato in quanto reddito da capitale. E all’imposte dirette si aggiunge l’IVA, che viene prelevata sull’insieme del valore creato, compreso quello generato dalla robotica. Un’imposta supplementare significherebbe tassare direttamente la tecnologia, ostacolando e scoraggiando di fatto quell’innovazione che salvaguarda la competitività delle aziende. È come se in passato si fossero tassati i telai meccanici, le seghe elettriche, le ruspe o i trattori perché eliminavano posti di lavoro, senza considerare i benefici produttivi, sociali e occupazionali che ne sono poi derivati. Qualcuno ha giustamente ricordato che se negli anni ‘80 si fossero tassati i pc e i loro software, che hanno cancellato in tutto il mondo decine di milioni di impieghi, si sarebbe sicuramente frenato lo sviluppo dell’informatica e, probabilmente, anche la Microsoft di Bill Gates non sarebbe quella che è oggi.

Un equivoco sul digitale

L’idea di un’imposta specifica su queste macchine intelligenti s’inscrive nella storia di una frenesia impositiva che ha già visto proporre tasse sulle e-mail, su Internet o sulle microtransazioni finanziare, in poche parole sull’uso del digitale nella produzione di merci e servizi. Ma oggi con sistemi economici sempre più informatizzati, interconnessi e interdipendenti è arduo persino distinguere o tracciare dei confini netti tra l’economia digitale e quella tradizionale. Anzi, autorevoli studiosi sostengono che siamo già entrati nell’era post-digitale. Un’epoca in cui il “digitale” non è più solo un vantaggio competitivo, ma il requisito minimo per poter restare sul mercato, dove le fortune di un’azienda dipenderanno dalla capacità di utilizzare una molteplicità di tecnologie diversificate.

La robotica è un elemento centrale di questo “requisito minimo, ed è un settore in forte espansione. L’International Federation of Robotics ha calcolato un tasso di crescita esponenziale dei robot negli ultimi sei anni, con punte del più 30% di vendite nel 2017 a livello mondiale, rispetto all’anno precedente, per poi stabilizzarsi su un incremento annuo del 6% che dovrebbe mantenersi sino al 2030. Tentare di rallentare questo trend, usando il freno fiscale, significherebbe inceppare quel progresso tecnologico che permette di creare nuova ricchezza di cui beneficia tutta la società.
È ormai assodato che robotica e automazione accrescono la produttività delle imprese e la loro competitività internazionale. È solo grazie a questa maggiore creazione di valore che si possono ben retribuire i dipendenti, offrire nuovi posti di lavoro e contribuire alla prosperità generale. Solo garantendo, e non mortificando con nuove imposte, l’efficienza economica e la competitività delle aziende, non diminuiranno la produzione di ricchezza né le entrate fiscali per lo Stato.

Vantaggi, più che svantaggi

L’utilizzazione della robotica presenta numerosi vantaggi di cui beneficiano non solo le aziende ma anche i lavoratori. Innanzitutto, l’accresciuta competitività di un’economia rappresenta un notevole a tout soprattutto per quei Paesi, come la Svizzera, dove i costi del lavoro e degli altri oneri aziendali sono molto elevati, offrendo una risorsa risolutiva agli imprenditori per non essere costretti a delocalizzare all’estero, là dove i costi sono di gran lunga inferiori, produzione, know-how e impieghi. In secondo luogo, la presenza dei robot migliora la sicurezza e l’ergonomia sui posti di lavoro, aiutando o sostituendo del tutto i dipendenti nelle operazioni più faticose, ripetitive o pericolose. Sgravare la manodopera da questi compiti, significa liberare intelligenza produttiva, riorientando competenze ed esperienza professionale verso più avanzate e gratificanti funzioni. Non per nulla oggi si parla di “intelligenza collaborativa” tra uomo e macchine, non solo per aumentare le performances aziendali, ma come fine di un progresso tecnologico che non si sviluppa per sostituirsi all’uomo, quanto piuttosto per potenziare le sue capacità.

Un’evoluzione che con l’affermarsi del digitale e dell’intelligenza artificiale, vede nel propagarsi della “cobotica” (la robotica collaborativa) il suo sbocco naturale. Secondo un recente report di Morgan Stanley, la robotica collaborativa, che attualmente copre appena il 5% all’anno delle installazioni a livello globale, nel giro di un decennio arriverà al 17%, grazie al progressivo perfezionamento e alla riduzione dei prezzi una volta superato lo stadio di sviluppo iniziale. I cobot di nuova generazione poco ingombranti, progettati proprio per affiancare l’uomo nel lavoro, facili da installare e dal costo contenuto, sono ora accessibili anche alle piccole imprese.

Per l’economia si sta aprendo davvero la frontiera del post-digitale che richiederà condizioni quadro più avanzate per il mercato del lavoro, l’innovazione, la fiscalità, la formazione, la ricerca e le infrastrutture. Saranno queste condizioni quadro, e non le tasse, a far sì che lo sviluppo tecnologico non distrugga lavoro, e generi invece più ricchezza, nuovi impieghi e nuove professionalità.