Prix SVC Svizzera italiana 2022

Tecnomec SA di Stabio si è aggiudicata il Prix SVC Svizzera italiana 2022, nell’evento del 18 maggio 2022. Anche la Cc-Ti è rappresentata nella giuria del Prix SVC Svizzera italiana, nella persona del Direttore Luca Albertoni.

Da sin.: Marzio Grassi, Presidente della giuria del Prix SVC Svizzera italiana; Iarno Mapelli, Direttore di Tecnomec SA e Andreas Gerber, Presidente SVC

Iarno Mapelli, Direttore di Tecnomec SA, ha preso in consegna il 18.5.2022 l’ambito primo premio del Prix SVC Svizzera italiana 2022.
L’azienda fondata nel 1981 è attiva nell’industria della meccanica di precisione, con un parco macchine costantemente all’avanguardia. Ha la sua sede a Stabio e dà lavoro a 70 persone. Il secondo premio è andato alla Jetpharma SA e al suo membro del Consiglio d’Amministrazione Stefano Martinoli, mentre R. Audemars SA e il suo CEO Mirko Audemars si sono aggiudicati il terzo posto. I premi speciali sono stati attribuiti ad Agriloro SA con Jacques Perler, Direttore, Campofelice SA con Simone Patelli, Direttore e Fontana Print SA con Ruben Fontana, Direttore.

Enorme successo per la nona edizione del Prix SVC Svizzera italiana

Il Prix SVC è ormai diventato un appuntamento importante e atteso nella Svizzera italiana. Quest’anno quasi 1’000 persone del mondo economico, politico, accademico e culturale si sono incontrati al Palazzo dei Congressi di Lugano per assistere alla cerimonia di consegna del premio. Marzio Grassi, Presidente della giuria del Prix SVC Svizzera italiana, durante la laudatio ha così motivato la scelta del vincitore: “Ognuna delle sei finaliste avrebbe meritato di vincere. Alla fine, la giuria ha deciso di premiare Tecnomec, un ottimo esempio di azienda di famiglia, contraddistinta da un forte spirito imprenditoriale e da un orientamento all’innovazione e all’eccellenza. Radicata sul territorio, investe costantemente nella crescita dell’azienda e nei propri collaboratori”. Il Direttore Iarno Mapelli ha ritirato il primo premio consistente in un viaggio per imprenditori offerto da Credit Suisse e in un buono esclusivo, offerto da SUPSI, del valore di CHF 12’500 per seguire uno o più corsi di formazione continua SUPSI.

Secondo posto per Jetpharma SA e terzo posto per R. Audemars SA

Jetpharma SA, nata nel 1986 con sede a Balerna, si è aggiudicata il 2° premio. L’azienda offre servizi di micronizzazione per conto terzi. L’azienda è oggi uno dei pochi global players e dispone di una tecnologia proprietaria. Il premio ritirato da Stefano Martinoli, membro del CdA, è offerto da Ernst & Young e consiste nella partecipazione – con un accompagnatore – a un viaggio-studio o all’Entrepreneur of the Year Congress.
Il terzo premio è andato ad R. Audemars SA di Lamone-Cadempino. Grazie alle competenze maturate in oltre 120 anni nel settore orologiero svizzero, l’impresa di famiglia nata nel 1898, si è sviluppata in altri mercati, cooperando con produttori globali di dispositivi medici, che oggi rappresentano il suo mercato principale. Mirko Audemars, CEO, ha ritirato il premio offerto da Swisscom e consistente in un buono per la partecipazione a uno degli esclusivi appuntamenti promossi e sostenuti da Swisscom.

Premio speciale per tre aziende con ottime prestazioni

Le finaliste Agriloro SA, Campofelice SA e Fontana Print SA hanno ricevuto un premio speciale da Emil Frey, consistente in un buono del valore di CHF 3000 che può essere utilizzato presso le filiali Emil Frey.

Obiettivo: riconoscere e far conoscere le realtà imprenditoriali eccellenti

L’attività più conosciuta dello Swiss Venture Club è il Prix SVC che viene assegnato in ciascuna delle otto regioni in Svizzera. Andreas Gerber, presidente dello Swiss Venture Club, rimarca: “Il Prix SVC dà visibilità alle imprese di successo, spesso sconosciute al grande pubblico. Sono aziende che contribuiscono ogni giorno a rafforzare la piazza economica e il nostro Paese, creando valore aggiunto. Inoltre, mantengono e creano nuovi posti di lavoro e formano apprendisti e praticanti. Sono “perle nascoste” della nostra economia e rappresentano un modello da seguire per la prossima generazione”.

La giuria del Prix SVC Svizzera italiana

Il Prix SVC fa affidamento su una giuria composta da noti esponenti della scena economica del Cantone. Ne fanno parte Marzio Grassi, presidente, Luca Albertoni, Lorenza Bernasconi, Erico Bertoli, Beatrice Fasana, Carlo Hildenbrand, Daniele Lotti, Michele Masdonati, Roberto Pesare, Giambattista Ravano, Stefano Rizzi e Lino Terlizzi.
La data del prossimo Prix SVC Svizzera italiana – alla sua decima edizione – è già stata fissata: mercoledì 15 maggio 2024.

Lo Swiss Venture Club (SVC) è una piattaforma per il networking imprenditoriale, attiva a livello regionale e nazionale, indipendente e non orientata al profitto, con solidi partenariati in ambito economico, scientifico, mediatico, politico e culturale. Lo Swiss Venture Club propone ai suoi membri, che sono più di 3000 in tutta la Svizzera, diverse attività come il Prix SVC, e anche impulsi imprenditoriali e opportunità di networking. Lo SVC crea valore aggiunto per le PMI e opportunità d’affari per i propri associati. Lo SVC è stato fondato nel 2003 e può contare sul sostegno dei suoi partner d’oro Credit Suisse, Emil Frey, EY, Swisscom e La Mobiliare, come pure sul prezioso contributo di numerosi sponsor e sostenitori.
Il Prix SVC Svizzera italiana è stato assegnato per la prima volta nel 2006 e rappresenta l’attività più importante nella nostra regione. Esso è nato per premiare l’imprenditorialità e dare visibilità a imprenditori e imprese eccellenti. Nel 2019 il 1° premio è stato consegnato ad Alberto Belloli, comproprietario di Belloli SA.

Cerimonia di consegna dei diplomi del Master of Advanced Studies in Fashion Innovation

Si è svolta martedì 17 maggio la cerimonia di conferimento dei titoli del Master of Advanced Studies in Fashion Innovation. Ticinomoda e SUPSI rinnovano l’accordo di collaborazione e proseguiranno insieme il proprio impegno per la formazione dei professionisti attivi nel settore moda in Ticino.

Assemblea annuale Ticinomoda del 17.5.2022. Nella foto i premiati del Master of Advanced Studies in Fashion Innovation, con Marina Masoni, Presidente; Giorgio Delpiano, Vice Presidente; Alberto Riva, Segretario e ViceDirettore Cc-Ti ed Emanuele Carpanzano, Direttore Ricerca, sviluppo e trasferimento della conoscenza SUPSI. © Ti-Press / Pablo Gianinazzi/copyright free

Si è svolta martedì 17 maggio presso l’hotel Villa Principe Leopoldo di Lugano, in concomitanza con l’assemblea generale ordinaria di Ticinomoda, la cerimonia di consegna dei diplomi del Master of Advanced Studies in Fashion Innovation, percorso di formazione continua erogato da SUPSI e Ticinomoda con l’obiettivo di accrescere le competenze del personale attivo nel settore moda in Ticino.
Sono sette i diplomati che hanno terminato il percorso e conseguito il Master: Claudia Bianchi, Federica Bogni, Paola Frigerio, Moira Gambardella, Fabrizio Giacon, Patrizia Toniolo, Giulio Vismara.

Ai diversi moduli che compongono il percorso formativo (CAS – Certificati di studi avanzati) hanno partecipato oltre cinquanta professionisti attivi nel settore moda in Ticino.
Sviluppato congiuntamente da SUPSI e Ticinomoda, il Master è stato lanciato nel 2019 a seguito di un intenso e proficuo dialogo tra i partner e le aziende del settore moda. Un percorso biennale il cui obiettivo principale è quello di allineare le competenze dei professionisti alle esigenze di un settore dinamico e in continua evoluzione che richiede la capacità di gestire processi di innovazione sempre più dinamici con efficacia, cogliendo al meglio le opportunità derivanti dalle nuove tecnologie digitali. Il percorso di studi mira altresì ad offre una prospettiva interdisciplinare relativa alle sfide della innovazione sostenibile nel settore della moda.

Marina Masoni, Presidente di Ticinomoda, ha dichiarato: «La collaborazione con SUPSI ci permette di supportare le aziende nei percorsi di crescita e valorizzazione del proprio personale e dei giovani talenti per garantire le migliori prospettive del settore moda in Ticino».
Dal canto suo Emanuele Carpanzano, Direttore Ricerca, sviluppo e trasferimento della conoscenza SUPSI, ha spiegato: «È per noi importante la collaborazione diretta con le aziende e l’associazione di riferimento del settore moda in Ticino per sviluppare insieme percorsi efficaci di innovazione e trasferimento della conoscenza tramite progettualità ed iniziative congiunte volte a generare ricadute positive sul territorio».

La collaborazione tra Ticinomoda e SUPSI proseguirà anche in futuro: la rinnovata intesa tra i partner ha dato vita alla seconda edizione del Master il cui inizio è previsto nel mese di gennaio 2023 con un programma ulteriormente rinnovato in termini di contenuti e modalità dell’offerta formativa, al fine di accrescere ulteriormente il valore aggiunto e l’attrattività della proposta.

Altre info: Ticinomoda.chMaster of Advanced Studies in Fashion Innovation

Il realista aggiusta le vele…

Il pessimista si lamenta del vento, l’ottimista aspetta che il vento cambi…

La pandemia e il terribile conflitto russo-ucraino hanno riproposto con forza, per forza, la nostra dipendenza da paesi non propriamente affidabili, per usare un eufemismo, o molto poco democratici, per essere più diretti. E dove si incontrano la scarsa affidabilità e l’assolutismo, ci si può purtroppo attendere di tutto. Quando sembrava che i motori dell’economia potessero tornare a girare a regime più alto (non ancora massimo) ecco arrivare un “mare di sabbia” a bloccare nuovamente molti ingranaggi. Con difficoltà che toccano trasversalmente tutti i settori economici e questo deve essere motivo di riflessione e preoccupazione. La scarsa reperibilità di materie prime, l’impennata dei loro prezzi, la questione energetica con rincari sostanziali costituiscono un mix di fattori che potrebbe rivelarsi micidiale se questa situazione dovesse protrarsi troppo a lungo.

Le materie prime

Le difficoltà di reperire materie prima erano già iniziate durante la pandemia, a causa delle restrizioni imposte in tutto il mondo. Dapprima problemi di vendita e distribuzione, poi di produzione con la ripresa della congiuntura e forti richieste da parte di Paesi molto grandi. Problemi e ritardi nelle forniture in tutto il pianeta terra sia per le materie prime che i prodotti intermedi che quelli finiti. Senza dimenticare altri problemi legati alla logistica e al trasporto, ad esempio, con tempi di attesa fino a tre settimane per scaricare le navi in attesa davanti ai porti principali. Con conseguente aumento dei costi e, quindi, dei prezzi. Il conflitto russo-ucraino ha ulteriormente acuito questi problemi. Perché? La risposta è ovvia, se pensiamo che, ad esempio l’argilla, essenziale per il mondo delle ceramiche proviene principalmente dal Donbass. Che il palladio (essenziale per i catalizzatori delle auto e nell’orologeria) è importato da Ucraina e Russia e non ne arriva più. Che i due paesi sono leader nella produzione di fertilizzanti, essenziali per l’agricoltura. Oppure che l’industria automobilistica e aerospaziale dipendono dal titanio russo, paese secondo produttore al mondo per ammoniaca, urea e potassio. Senza dimenticare che i già citati palladio e titanio, oltre al neon, sono essenziali per la produzione di microchip. Componente per la quale dipendiamo dall’Asia. Senza dimenticare che l’Ucraina è il granaio d’Europa e, sebbene la Svizzera non sia forse toccata in maniera diretta grazie alla sua politica agricola, rischia di subire contraccolpi indiretti della penuria e dei rincari che colpiscono altri paesi. Nel mentre l’acciaio non è di fatto più reperibile, per cui sia l’industria che le costruzioni sono in difficoltà e a medio termine certi cantieri dell’edilizia potrebbero fermarsi, analogamente a talune realtà produttive. È ovvio che in una situazione del genere i prezzi per l’acquisto delle materie prime siano diventati molto volatili, con mutazioni dalla sera al mattino imposte da chi detiene quel determinato bene. Non sono nemmeno rari i casi di navi bloccate in giro per il mondo, in attesa che venga chiarita se il carico rispetta le sanzioni in vigore contro la Russia. Nell’attesa, tale carico viene acquistato da qualche altro paese che non è vincolato alle sanzioni ed è irrimediabilmente perso. All’instabilità del conflitto, va aggiunto un altro fatto, cioè la forte dipendenza dalla Cina, paese certamente poco incline a fare concessioni e che nell’ambito della produzione mondiale detiene parti importantissime di materie prime e terre rare. Trovandosi quindi nella condizione di dettare molte condizioni e di influenzare pesantemente le condizioni di produzione mondiali.

Fra le materie importanti figurano ad esempio il 97.7 % di gallio fondamentale per la chimica, l’84.2 % del metallo pesante bismuto (con applicazioni per saldature e nella farmaceutica), il 70 % di magnesio, il 67.9 % di germanio (semimetallo con proprietà di semiconduttore), il 60 % di terre rare, il 57.1 % di titanio, il 57 % di alluminio, il 54 % di acciaio, il 2.9 % di bauxit (roccia, principale fonte per l’alluminio) e il 38.5 % di rame. Facilmente comprensibile, se da una parte è già abbastanza difficile creare delle scorte (vuoi per i costi, vuoi per lo spazio di stoccaggio, oltre alla reperibilità), dall’altra parte è complesso trovare alternative di approvvigionamento in paesi terzi. Per i cereali si era ad esempio ipotizzato di fare maggiormente capo al Canada e agli Stati Uniti, dimenticando tutti i discorsi sugli organismi geneticamente e taluni pesticidi proibiti dall’UE e dalla Svizzera.
Oppure cambiare distributori nell’ambito Medtech comporta ad esempio una serie di autorizzazioni che richiedono anni di lavoro. Insomma, all’apparenza si potrebbe pensare che basti rivolgersi a qualcun altro e la soluzione è trovata. La realtà è purtroppo molto diversa.

Quale trasformazione energetica?

In questo contesto confuso e nervoso, anche la questione dell’approvvigionamento energetico diventa evidentemente centrale. Si parla ormai da tempo di trasformazione energetica. Alle belle parole e agli obiettivi sicuramente condivisi, di virare su energie pulite, fanno da contraltare diversi fatti che non si possono ignorare. Oggi più che mai.
La richiesta di energia elettrica è in costante aumento e la sostituzione delle attuali fonti di energia con energie rinnovabili porta ad una penuria perché senza l’energia nucleare mancherà circa 1/3 della produzione nazionale di energia.
In Svizzera le principali fonti di energia sono quelle idroelettriche e nucleari. Con la volontà di abolire quest’ultime, le prime non saranno in grado di soddisfare il fabbisogno, soprattutto in inverno. La parola “razionamento” ormai non è più un tabù, anche perché i paesi UE da cui tradizionalmente importiamo (in primis Francia, Germania e Italia) sono attanagliati dagli stessi problemi legati all’abbandono del nucleare (salvo la Francia, che però deve fermare molti impianti per necessità di rinnovo) e la decarbonizzazione.
Se pensiamo che questi paesi hanno ora grandi problemi legati alla fornitura di gas russo, che entro entro il 2025 il 70% della produzione elettrica europea dovrà essere destinata agli scambi all’interno dell’UE e che non abbiamo raggiunto un accordo istituzionale con l’UE sul tema energetico, l’allarme è motivato. Gli Stati dell’Ue penseranno, come è legittimo che sia, dapprima ai loro interessi, poi, se resta qualcosa, sarà condivisa qualche fornitura con la Svizzera. Realtà nuda e cruda ma plausibile. Il conflitto russo-ucraino ha portato a un’impennata dei prezzi e le forniture sono incerte, per quanto riguarda soprattutto il gas.

La Svizzera non può influenzare i prezzi di mercato stabiliti in Europa, ma può operare sui costi aggiuntivi e di questo sarebbe bene tenere conto. Come già abbiamo avuto modo di sottolineare più volte, la politica energetica deve assolutamente puntare su più vettori, senza alcun tabù. Compreso il nucleare.
Inutile vendere l’illusione che in quattro e quattr’otto si sarebbe ricoperto il paese di pale eoliche, pannelli solari e altre energie cosiddette pulite, conquistando l’indipendenza energetica e dando un benessere accessibile e pulito a tutti. Applausi da ogni dove, osanna quasi unanime per questa soluzione semplice semplice, in teoria poco costosa e altamente redditizia. La realtà è purtroppo un’altra.

Non che le energie alternative non vadano promosse, anzi. Ma, come sempre, ci vuole equilibrio e questo è totalmente mancato nella discussione pubblica degli ultimi anni. Ma perché la transizione energetica è più difficile di quanto si pensasse e come mai vi è un parallelo importante, proprio dal punto di vista climatico, con la trasformazione digitale? Andiamo con ordine. Già nel 2017 la Banca mondiale, ovviamente ignorata, aveva attirato l’attenzione sul fatto che la transizione energetica richiedesse l’utilizzo di molti metalli, fra cui parecchi metalli rari (e torniamo in parte al discorso delle materie prime precedente). In un interessante saggio del 2018, “La guerre des métaux rares”, un giornalista francese, Guillaume Pitron, aveva pure attirato l’attenzione su questo rischio. In effetti, l’abbandono del carbone e comunque delle energie fossili richiede un numero elevato di minerali e di metalli per costruire impianti eolici, pannelli solari, batterie di stoccaggio per l’energia, ecc. Prevedibile quindi attendersi un aumento della domanda di acciaio, alluminio, argento, rame, piombo, litio, manganese, nickel e zinco, così come di terre rare dai nomi esotici ma dall’importanza fondamentale come l’indio (importante per gli schermi LED, i collettori solari, i termometri, i transistor ad esempio, il molibdeno (usato come lega del ferro e negli impianti elettrici) e il neodimio (usato ad esempio per la produzione di auricolari e i magneti di ogni tipo). Sono solo alcuni esempi. Abbiamo visto in precedenza che uno dei problemi è il fatto che molti di questi elementi sono in mano cinese, con tutti i rischi del caso. Ma, ancora peggio, l’estrazione di molte di queste materie è tutt’altro che pulita ed ecologica. Anzi, ha un effetto devastante sull’ambiente, creando quindi il paradosso che le tanto decantata energia pulita in realtà poggia su basi tutt’altro che pulite ecologicamente parlando.

Un altro paradosso è che queste nuove tecnologie contengono, nei processi di fabbricazione, più risorse naturali rispetto alle centrali a energia fossile tradizionali. Quindi per produrre la stessa quantità di elettricità d’origine rinnovabile necessitiamo, paradossalmente, di molti più metalli. Ma torniamo al legame fra trasformazione energetica e digitale. La risposta è abbastanza facile e già qualche mese fa l’avevamo trattata. Un sistema completamente rinnovato di produzione e gestione dell’energia non può prescindere da sofisticati sistemi legati alla trasformazione digitale. Strumenti digitali però che non sono neutri dal punto di vista delle emissioni di CO2 (v. il nostro approfondimento di qualche mese fa, www.cc-ti.ch/energia-tra-sapere-e-conoscere).
Se a questo aggiungiamo una certa schizofrenia di chi vuole energia pulita, salvo poi opporvisi quando gli piantano una pala eolica davanti casa, ecco che tutto diventa difficile. Un caso emblematico si è prodotto qualche mese fa nel Giura bernese, quando un raro esemplare di aquila reale è stato decapitato da una pala eolica. Lo sfortunato pennuto, imprudentemente sceso a quota troppo bassa, è stato subito eretto a paladino della malvagità e ingordigia umana. Surreale è però il fatto che chi si era battuto per le pale eoliche contro il cattivo nucleare, è intervenuto dopo l’incidente per chiedere di togliere le pale eoliche e metterle altrove. Come se fossero pezzi di Lego modificabili a piacimento. Follia amara. Anche se temo che della povera aquila reale non importerebbe più nulla se d’un tratto pigiando l’interruttore della luce non vi fosse alcun effetto. Dietro le belle parole dei paladini dell’oltranzismo ideologico alla “Greta Thunberg ”, vi è sempre un’altra correlata realtà che non si può e non si deve sottovalutare. Oggi più che mai è richiesto pragmatismo e apertura mentale, non rigidi approcci ideologici. Pena il rischio di farsi molto male non solo a livello di costi ma anche nella vita pratica di tutti i giorni. Dubito che molti gongoleranno quando non vi sarà più abbastanza energia per ricaricare il proprio prezioso telefonino…

Riflettiamoci ora che siamo “solo” in ritardo, prima che sia troppo tardi e lasciamo perdere i “tuttologi ” che profetizzano la fine del mondo entro tre anni, ma non per colpa loro.

Adesione del Vietnam al sistema ATA dal 01.05.2022

Dal 1° maggio 2022 il Vietnam accetta il Carnet ATA nell’ambito della Convenzione di Istanbul relativa all’ammissione temporanea di merci

Si fa notare che:

  • il Carnet ATA è accettato unicamente per mostre, fiere e congressi o eventi simili
  • il Carnet ATA non è accettato per il traffico postale
  • il Carnet ATA non è accettato per il transito
  • il Carnet ATA deve essere compilato in lingua inglese (la dogana vietnamita si riserva il diritto di richiedere una traduzione in lingua vietnamita qualora fosse compilato in un’altra lingua)
  • l’importazione o la riesportazione di lotti frazionati non è accettata. Tuttavia, l’importazione parziale del materiale che figura sulla lista generale del Carnet è accettata, a condizione che tutti gli articoli siano riesportati in un unico viaggio
  • il Carnet ATA è accettato da tutte le dogane vietnamite durante il loro orario di apertura.

Per informazioni sull’utilizzo del Carnet ATA: Carnet ATA – Cc-Ti.

L’Ufficio Legalizzazioni della Cc-Ti resta a disposizione per ulteriori ragguagli.

Anche nel 2022, Agiamo Insieme

Lo scorso 10 maggio si è tenuta la cerimonia di premiazione delle aziende che si sono distinte per il reinserimento professionale di persone che hanno subito un danno alla loro salute.

Anche quest’anno “Agiamo Insieme” ha potuto valorizzare il lato umano delle aziende ticinesi.

Trattasi di un appuntamento annuale, organizzato da Cc-Ti e Ufficio AI, dove si racconta il percorso di reinserimento nei posti di lavoro delle persone lese nella loro salute. Si celebrano, attraverso testimonianze e filmati (non senza emozioni), i successi delle aziende e dei propri collaboratori che, con rimarchevole impegno in ambito professionale, evidenziano quanto la collaborazione fra Stato ed economia sia forte, attiva e vincente.

L’evento si è tenuto il 10 maggio 2022 presso il Teatro Sociale di Bellinzona, con la partecipazione dei Consiglieri di Stato Raffaele De Rosa e Christian Vitta.
Sono intervenuti: Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti; Monica Maestri, Capoufficio AI; e Sergio Montorfani, Direttore IAS.

Le premiazioni sono state accompagnate da performances dall’attrice Laura Curino, dedicate alle storie delle aziende che si sono distinte.

Le aziende premiate:
Autors SA, Bioggio
– Gehri Rivestimenti SA, Porza
– Municipio di Mendrisio


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Sul nostro canale Youtube potete rivivere tutte le storie!

Esclusione assicurativa del “rischio COVID-19”

Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.

È prassi comune che le aziende si assicurino contro determinati rischi atti a compromettere la loro attività economica e quindi la redditività. I rischi più comunemente noti sono ad esempio gli incendi, le inondazioni, le interruzioni tecniche, … Ma il pericolo può giungere anche dal settore sanitario, rischio che abbiamo purtroppo imparato a conoscere direttamente negli ultimi anni.
Proprio per questa ragione vi sono, da tempo, assicurazioni che intervengono con specifiche e mirate coperture in caso di interruzione dell’esercizio aziendale che, se protratto nel tempo, può comportare addirittura il rischio di chiusura definitiva dell’attività.

Di regola in tali polizze vengono indicati in modo dettagliato i rischi concreti che sono coperti e quelli invece esplicitamente esclusi. Lo scorso gennaio il Tribunale federale ha emanato una sentenza proprio su questo tema. In concreto si è trattato di un ristorante che nel 2020 aveva dovuto chiudere i battenti per ordine del Consiglio federale, nell’ambito delle misure decise per contrastare la pandemia in corso. La chiusura temporanea aveva evidentemente comportato un’importante perdita di fatturato per l’esercizio pubblico in questione. Il ristorante disponeva però di una polizza assicurativa aziendale, precedentemente conclusa, che garantiva la perdita di guadagno a causa di epidemia. La citata polizza assicurativa escludeva però esplicitamente dai rischi inclusi nella copertura i danni causati da agenti patogeni per i quali valevano i livelli nazionali di pandemia 5 o 6 dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS). L’OMS classifica, infatti, le situazioni in differenti livelli crescenti di pandemia a dipendenza dalla specifica gravità della situazione.

In prima battuta il Tribunale federale ha innanzitutto ricordato che una clausola di esclusione di determinati livelli pandemici non è insolita e che, se pattuita in modo chiaro ed inequivocabile, come nella fattispecie in oggetto, è valida ed applicabile. In tal senso e su dette basi, l’azienda non poteva non immaginare che i rischi più gravi a livello pandemico fossero esclusi dalla copertura. Poco importa che al momento in cui venne conclusa la polizza il sistema dei livelli dell’OMS non corrispondesse all’ultima versione. Le parti potevano in effetti riconoscere lo scopo della clausola, ovvero quello di escludere le situazioni più gravi. Inoltre nessuno, nel corso della procedura giudiziaria, ha contestato il fatto che la pandemia da Covid19 corrispondesse ai livelli 5 e 6 della precedente scala utilizzata dall’OMS.

In conclusione, il Tribunale federale ha quindi deciso che il ristorante non aveva nessun diritto di pretendere la copertura della perdita di guadagno da parte dell’assicurazione.

Sentenza 4A_330/2021

in·no·va·zió·ne

L’innovazione esiste da sempre. Ogni periodo storico continua a perseguire la costante di essere più innovativo del precedente, indipendente dalla portata del suo apporto. È innovativo tutto ciò che si modifica con una chiara missione (non sempre in meglio).

Le aziende, e tra queste soprattutto le PMI, devono permanentemente adattare i suoi prodotti o servizi e crearne di nuovi per poter restare al meglio sul mercato. E questo ha, inevitabilmente, un impatto anche sulla struttura dell’azienda, che deve anche essere sempre modificata e adattata. La pandemia l’ha dimostrato chiaramente.

Quattro tipi di innovazione basilari

L’innovazione avviene in aree molto diversificate e in numerose modalità diverse. L’Oslo Innovation Handbook, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) aggiorna continuamente questi parametri, insieme all’Ufficio Statistico dell’UE (Eurostat), offrendo un buon orientamento. Parla di innovazione in termini di prodotto, processi, organizzazione e marketing. Secondo l’Handbook, i termini innovazione di prodotto e innovazione di processo esistono dagli anni ‘40. Termini come marketing e innovazione organizzativa, invece, si sono affermati solo una decina di anni fa. Ad essi si aggiungono alcuni termini che sono emersi con la crescente digitalizzazione.

Innovazione di prodotto

Poiché l’innovazione del prodotto è al centro di tutta l’attività economica, la maggior parte dei sottotipi si sviluppa in questo ambito. Il rinnovamento o l’invenzione di materiali, i servizi o processi tecnici è probabilmente la forma più conosciuta di innovazione. Il primo sottogruppo è formato da innovazioni radicali. Si tratta di nuove idee e invenzioni che creano nuovi mercati e, spesso, sono relativamente rischiose. A questo contesto appartiene la forma specifica di innovazione dirompente: un prodotto completamente
nuovo irrompe su mercati consolidati o addirittura li fa scomparire. Un esempio potrebbe essere l’automobile, che più di cento anni fa ha causato la fine graduale dei costruttori di carrozze e del relativo mestiere di cocchiere. L’auto elettrica, d’altra parte, è un’innovazione radicale ma preservante per l’industria automobilistica. Tuttavia, si rivela “scomoda” per l’industria petrolifera. Molto più comuni in termini di prodotti sono le innovazioni incrementali: rappresentano l’ulteriore sviluppo e l’ottimizzazione di prodotti, servizi o modelli già esistenti e conosciuti. Questi adattamenti servono spesso a ridurre i costi, ottimizzare i benefici per i clienti o riposizionare l’azienda sul mercato. Questa area di innovazione è generalmente la più utilizzata e perseguita. Un tipo speciale di innovazione di prodotto coinvolge sviluppi parziali che rientrano nel termine innovazione delle prestazioni: nuove idee sono sviluppate per mercati o bisogni conosciuti. Questo si traduce in prodotti con nuove funzioni e caratteristiche nonché talvolta con un nuovo gruppo di target. Queste innovazioni sono sviluppate dall’azienda stessa o acquistate tramite brevetto o licenza. Molte innovazioni tecniche della digitalizzazione si trovano qui. Esempi di innovazione delle prestazioni sono i seguenti: la già citata auto elettrica, i telefoni cellulari al posto dei telefoni fissi, gli smartphone al posto dei “vecchi” telefoni cellulari, una nuova varietà nella gamma di un produttore di birra, le nuove scarpe da corsa di una marca di articoli sportivi che possono essere personalizzate per mezzo di programmi digitali e stampanti 3D, un nuovo shampoo con una formula di prestazioni migliorata o computer portatili che hanno una costruzione particolarmente robusta. Le innovazioni di prodotto si verificano anche quando un’idea o un prodotto esistente crea mercati d’uso completamente nuovi. Tali innovazioni applicative sono naturalmente più rare. Un esempio potrebbe essere il sempre popolare “Post-it”: è nato dallo sviluppo di un adesivo che, contro ogni aspettativa, purtroppo, ma poi per fortuna, si staccava troppo rapidamente.

Innovazione di processo

Quando si tratta di migliorare i processi interni, si parla di innovazione di processo. I processi di produzione, i sistemi e altre procedure operative vengono cambiati, riprogettati ottimizzati in modo innovativo attraverso l’introduzione delle nuove tecnologie. L’obiettivo è quello di organizzare il processo aziendale in un modo meglio spendibile commercialmente, orientato al cliente, più veloce, più flessibile e più sicuro. I miglioramenti orientati al processo possono essere innovazioni tecniche, come per esempio, l’incollaggio invece dell’avvitamento nella produzione di automobili, risparmiando peso e costi. Nel caso delle innovazioni organizzative, si possono annotare semplificazioni, ad esempio, quando le fatture cartacee vengono sostituite da fatture elettroniche, risparmiando così tempo e costi di spedizione. Questo si applica generalmente alle attività amministrative come le prenotazioni, le transazioni bancarie o la conclusione di contratti, che possono essere fatte più rapidamente online o tramite smartphone. Anche i processi logistici come la vendita e la distribuzione o i processi della catena di approvvigionamento sono notevolmente facilitati dai processi online.

Innovazione organizzativa

Fortemente legata all’innovazione di processo è l’innovazione organizzativa o strutturale. Da un lato, l’attenzione è rivolta all’introduzione di nuovi metodi nei processi aziendali: un esempio sono misure pensate per decentrare le decisioni o la creazione di un’organizzazione di gestione dei progetti più efficace. Lo scopo di questo tipo di innovazione è quindi quello di rendere più performante il lavoro e la cooperazione dei propri dipendenti. Ma si tratta anche di nuove forme di organizzazione del lavoro e di relazioni esterne con altre aziende o istituzioni. Le parole chiave qui sarebbero alleanze, accordi di cooperazione o integrazione dei fornitori.

Innovazione di marketing e del mercato

Al giorno d’oggi, la digitalizzazione e la globalizzazione portano a cambiamenti di mercato sempre più rapidi e frequenti. Pertanto, diventa sempre più importante integrare questi sviluppi anche in termini di comunicazione. I consumatori di solito non esitano a lungo a notare e attivare nuovi modi di comunicazione nonché di acquisto. E’ necessario introdurre metodi di marketing e di vendita che si differenziano da tutti i concorrenti. Particolare attenzione deve essere anche dedicata al design dei prodotti e alle tecniche pubblicitarie che mutano in modo veloce e costante. Lo stesso per sempre nuovi canali di distribuzione e forme di politica dei prezzi. Questo tipo di innovazione orientata al marketing si appaia all’innovazione di mercato.

Innovazione sociale e innovazione agile

La variante dell’innovazione sociale si orienta sull’area HR di un’azienda. Da un lato, si tratta di cambiamenti per quanto riguarda l’atmosfera di lavoro e la creazione di condizioni di lavoro sicure e adatte ai bisogni delle persone. Le innovazioni che sono descritte con il termine “sviluppo delle risorse umane” rafforzano la realizzazione di programmi formazione differenziati e puntuali. L’obiettivo è quello di adottare programmi di qualificazione o di riqualifica per i dipendenti e fidelizzarli. Allo stesso tempo agevolarli nel concetto lavoro-privato o soddisfazione personale. L’innovazione agile si lega, spesso, all’innovazione sociale: si prefigge di rispondere ai cambiamenti implementando parallelamente tecnologia e area personale.

in·no·va·zió·ne

Sono infinite le varietà di innovazione che possiamo rappresentare o considerare, ma con un’unica costante: l’innovazione non si ferma mai e si interconnette con tutte le sue declinazioni.

Il congedo sabbatico

Il concetto di “congedo sabbatico” è sempre più diffuso in Svizzera. Il datore di lavoro beneficia del ritorno al lavoro di dipendenti riposati e motivati. Di norma, il rapporto di lavoro è sospeso durante il periodo sabbatico, il che significa che il reddito e l’obbligo di contribuzione agli istituti assicurativi e pensionistici vengono meno.

Ciò influisce sulla copertura assicurativa e sulla pensione del dipendente. Mentre gli anni sabbatici pagati non sono quasi un problema, gli anni sabbatici non pagati pongono sempre problemi legali per il datore di lavoro. Questo articolo si occupa quindi degli obblighi del datore di lavoro in termini di congedo sabbatico non retribuito, con particolare attenzione agli enti previdenziali competenti. È possibile che durante il periodo di congedo sabbatico il datore di lavoro accetti di versare lo stipendio per intero o in parte. Ma non è affatto tenuto a pagare, né a concedere l’aspettativa che il dipendente richiede. Spetta sempre al datore di lavoro decidere, in base alla policy aziendale. Non si maturano ulteriori ferie e non sia ha neanche diritto a una parte della tredicesima.

Situazione iniziale

Accordo
Il congedo sabbatico ha lo scopo semplicemente di “sospendere” e non di interrompere i rapporti di lavoro. Il datore di lavoro dovrebbe annotare i dettagli in un contratto con il dipendente come le date, la durata e le conseguenze in termini di assicurazione sociale per motivi probatori.

Il periodo di congedo non retribuito è un periodo protetto?
Art. 335c172

La cessazione del rapporto di lavoro può essere pronunciata durante il congedo non retribuito. I principali obblighi contrattuali di entrambe le parti (es. pagamento della retribuzione contro prestazione di lavoro) sono sospesi durante il periodo sabbatico, ma resta il contratto di lavoro per gli altri diritti e doveri. Di conseguenza, il licenziamento può essere pronunciato anche durante il congedo non retribuito.

Attenzione:
Ma occorre invece verificare se è stato consegnato in conformità con le norme di legge e qual è l’inizio del periodo di risoluzione in tal caso. A seconda della data di notifica, ci si deve interrogare sull’inizio del periodo di preavviso. Deve dare alla persona licenziata il tempo di cercare un nuovo lavoro. La lettera di licenziamento è stata inviata dal datore di lavoro con la consapevolezza dell’assenza, per esempio dalla propria abitazione o dal Paese. Potrebbe, il collaboratore, solo venirne a conoscenza al suo ritorno e non avere tempo ragionevole per cercare un nuovo lavoro prima di quella data. Poiché il datore di lavoro ne è a conoscenza, il termine di preavviso dovrebbe decorrere solo dalla fine del congedo non retribuito. Il rapporto di lavoro prosegue quindi durante il periodo di preavviso per i mesi di disdetta e il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione per il lavoro svolto in tale periodo.

Pronunciando un licenziamento durante il congedo sabbatico di un dipendente, il datore di lavoro eviterebbe di pagare lo stipendio durante il periodo di preavviso e la certezza data di ritrovare il proprio posto di lavoro al termine, sono motivi di litigio molto spesso riconosciuti e il licenziamento può essere ritenuto abusivo.

Obbligo di informazione

In tema di copertura assicurativa, il flusso di informazioni si svolge in due fasi: nella prima fase, l’assicurato è tenuto ad informare il datore di lavoro; in secondo luogo, il datore di lavoro è tenuto a informare il lavoratore dei diritti che può vantare presso un istituto di previdenza o una compagnia di assicurazioni. Se il datore di lavoro non adempie al suo dovere di informazione, può subire conseguenze: se è certo che il lavoratore avrebbe, ad esempio, esteso un’ulteriore aggiuntiva assicurazione contro gli infortuni non professionali per la durata del congedo sabbatico avrà la stessa valenza allo stesso modo come se il datore di lavoro avesse stipulato questa assicurazione in caso di infortunio. In altre parole, il datore di lavoro sarà finanziariamente responsabile delle perdite subite dal lavoratore. Lo stesso vale se il datore di lavoro ha fornito informazioni false o incomplete. Per motivi di prova, si raccomanda pertanto di fornire per iscritto informazioni sufficientemente precise sulla copertura assicurativa o sulle possibilità di prosecuzione della stessa durante il congedo sabbatico, idealmente con una ricevuta di ricezione e comprensione da parte del dipendente, al fine di prevenire eventuali difficoltà riscontrabili nel caso di controversia.

Assicurazione infortuni non professionale

Il dovere alla continuazione del pagamento del salario da parte del datore di lavoro cessa dall’inizio del congedo sabbatico per l’intero periodo. La copertura assicurativa contro gli infortuni, invece, scade (solo) il 31° giorno dopo il quale cessa il diritto alla corresponsione della metà dello stipendio.

Per beneficiare della copertura assicurativa durante il congedo sabbatico, il lavoratore ha la possibilità di stipulare un’assicurazione convenzionale presso l’assicuratore del datore di lavoro per un massimo di 6 mesi. Unitamente alla proroga della copertura di 31 giorni, questa concede una copertura per 7 mesi dopo la scadenza del diritto allo stipendio. Tuttavia, un congedo sabbatico raramente dura più di 7 mesi. I premi devono essere pagati dal lavoratore entro la fine del periodo di 31 giorni di estensione della copertura, pena la decadenza dalla possibilità di stipulare un’assicurazione convenzionale. In alternativa a questa assicurazione convenzionale, l’assicurazione contro gli infortuni può essere inclusa nell’assicurazione sanitaria del dipendente. I dipendenti part-time il cui orario di lavoro settimanale è inferiore alle 8 ore non beneficiano della possibilità di stipulare un’assicurazione convenzionale. Se il lavoratore è impossibilitato a lavorare al termine del congedo sabbatico, viene ripristinato il diritto alla continuazione del pagamento della retribuzione da parte del datore di lavoro. Lo stesso vale per l’indennità giornaliera dell’assicurazione contro gli infortuni se l’infortunio è avvenuto durante la copertura integrativa di 31 giorni o se è stata stipulata un’assicurazione convenzionale con l’assicuratore entro 180 giorni dall’inizio del congedo sabbatico.

Consigli pratici: il datore di lavoro deve informare immediatamente per iscritto il lavoratore della possibilità di stipulare un’assicurazione convenzionale all’inizio del congedo sabbatico. Trascorso il termine di 31 giorni, il lavoratore non potrà più beneficiare dell’assicurazione convenzionale.

Assicurazione indennità giornaliera in caso di malattia

Durante il periodo del congedo sabbatico il lavoratore non ha più diritto alla prosecuzione del pagamento della retribuzione da parte del datore di lavoro né alle prestazioni dell’indennità giornaliera in caso di malattia. Se è stata concordata la data di rientro al lavoro e in tale data il lavoratore è impossibilitato a lavorare per malattia, viene ripristinato l’obbligo di continuare a pagare la retribuzione. Se il datore di lavoro ha stipulato un’assicurazione collettiva d’indennità giornaliera di malattia per i propri dipendenti, è possibile continuare la copertura assicurativa durante il periodo sabbatico. Di norma, in caso di malattia esiste il diritto al trasferimento all’assicurazione l’indennità giornaliera individuale. I premi sono a carico del lavoratore. I dettagli possono essere trovati nelle disposizioni della rispettiva polizza assicurativa. A seconda dell’assicuratore, il diritto al passaggio all’assicurazione individuale deve essere esercitato entro 30-90 giorni dall’uscita dall’assicurazione collettiva per l’indennità giornaliera di malattia. Se il datore di lavoro non informa il lavoratore di tale termine, può essere ritenuto responsabile per i danni. Il datore di lavoro è inoltre tenuto a informare il lavoratore di eventuali limitazioni alle prestazioni assicurative.

2° pilastro

Mentre la regolamentazione del primo pilastro è uniforme, le condizioni del secondo pilastro dipendono dall’istituto di previdenza del datore di lavoro. Per legge, la copertura assicurativa per invalidità e decesso termina un mese dopo l’ultimo pagamento dello stipendio. A seconda delle disposizioni dell’istituto di previdenza, durante il congedo sabbatico può essere assicurata la prosecuzione della copertura previdenziale, ovvero la copertura assicurativa in caso di decesso o invalidità continua senza interruzione e possono continuare a essere versati anche i contributi. La questione di chi paga i contributi è chiarita nel regolamento: a seconda dei casi, il datore di lavoro e il lavoratore continuano a versare i contributi al fondo pensione come prima oppure i contributi possono essere interamente a carico del datore di lavoro. Se, invece, non è prevista la prosecuzione dell’assicurazione, decorso il termine legale di un mese di copertura non è più prevista alcuna tutela in caso di decesso o invalidità.

Consiglio pratico: il datore di lavoro è obbligato a informare la cassa pensione dell’imminente congedo sabbatico. Le compagnie di assicurazione mettono a disposizione online i moduli di comunicazione. Questi devono essere presentati alla cassa pensione il prima possibile.

1° pilastro (AVS)

Con l’inizio del periodo sabbatico il rapporto di lavoro è solo sospeso; pertanto, nessun annuncio dovrebbe essere fatto alla cassa AVS. Se il periodo sabbatico non si estende per un intero anno solare, non ci sono importanti conseguenze sulla rendita pensione AVS. Sebbene la perdita di stipendio riduca il reddito soggetto all’AVS, non comporta lacune contributive. Se il congedo sabbatico si estende su un intero anno solare, ciò significa che il dipendente viene considerato inattivo durante il periodo del congedo sabbatico e deve dunque versare i cosiddetti contributi AVS per persone senza reddito. In caso contrario, ci saranno delle lacune nei contributi, che ridurranno la pensione di vecchiaia. Tale divario non può essere colmato in seguito, nemmeno con contributi AVS molto elevati; quindi, deve essere evitato a tutti i costi.

Nota: è contestato l’obbligo del datore di lavoro di informare in materia di 1° pilastro sulle conseguenze del congedo sabbatico, che, come spiegato, vale per la cassa pensione nonché per l’assicurazione contro gli infortuni e l’indennità giornaliera in caso di malattia. Contrariamente alle suddette assicurazioni, il fatto che i regolamenti della copertura AVS siano chiari e strutturati argomentano in modo inequivocabile. Tuttavia, si consiglia al datore di lavoro di informare il dipendente se il periodo sabbatico è di un anno o più lungo o (nel caso di un anno sabbatico più breve ma con reddito basso) se c’è il rischio di inadempienza contributiva.

Assegni familiari
Il godimento di un congedo non pagato è rilevante ai fini del salario e influisce quindi sul diritto agli assegni familiari. Nel caso di un congedo non pagato gli assegni familiari vengono ancora erogati nel mese in corso e per i tre mesi successivi, se:

• viene comunque raggiunto un salario annuale di CHF 7’170
• dopo il congedo non pagato si riprende il lavoro presso lo stesso datore di lavoro.

Cosa succede al termine del mese in corso e dei tre mesi successivi? Il diritto agli assegni familiari decade. L’altro genitore deve richiedere al proprio datore di lavoro la presentazione di una nuova richiesta di assegni familiari alla rispettiva cassa d’assegni familiari.


Conclusione


Un congedo sabbatico pone problemi legali al datore di lavoro in termini di obblighi di informazione così come la cessazione del rapporto di lavoro – soprattutto perché disposizioni legali diverse si applicano ai diversi istituti di previdenza sociale. Si consiglia pertanto ai datori di lavoro di adempiere agli obblighi di legge di informare il dipendente per iscritto e di chiedergli di firmare i documenti presentati. In caso di congedo sabbatico, una corrispondente lettera informativa dovrebbe essere assolutamente la norma per evitare ulteriori oneri finanziari evitabili.


Fonte: Weka, 01/02/2022, Melda Semi

Produzione responsabile: un must

Produrre in modo responsabile e sostenibile significa far fronte a diverse sfide della realtà economica ambientale, compreso il cambiamento climatico generato dal modello dell’economia lineare, e agire su diverse aree quali l’eco-concezione del prodotto, l’utilizzo laddove possibile di energie rinnovabili e la minimizzazione degli scarti di produzione. Tutti obiettivi che coinvolgono concretamente l’azienda e i suoi stakeholder.

Secondo diversi sondaggi internazionali, clienti e dipendenti favoriscono le aziende che agiscono in modo responsabile dal punto di vista ambientale e sociale e sempre più investitori vogliono investire in aziende considerate sostenibili. Aderendo a pratiche commerciali sostenibili, le aziende non solo si impegnano verso i propri stakeholder, ottenendo una reputazione positiva ai loro occhi, ma possono anche aumentare la loro fedeltà al brand. La sostenibilità sta infatti incidendo maggiormente sulle decisioni di acquisto in tutto il mondo e si configura sempre di più sia come opportunità sia come driver per l’innovazione.

La CSR quale fattore di competitività

L’impegno a favore della sostenibilità si inserisce nella responsabilità sociale di un’impresa (corporate social responsibility, CSR), che è a sua volta un fattore di competitività rilevante, preferenziale e talvolta persino indispensabile, per molte aziende. La Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino sta dedicando molte risorse a questo tema, tanto da aver sviluppato, con il supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE), un modello online di rapporto di sostenibilità, che – tra l’altro – garantisce alle PMI anche un vantaggio nella partecipazione ad appalti pubblici.

Più in generale, il rapporto di sostenibilità è un documento sempre più utile e diffuso, che raccoglie le buone pratiche messe in atto da un’azienda, permettendole di integrare le informazioni economiche con un rendiconto dell’impatto sociale e ambientale della sua attività.

Si scrive CSR, si legge economia circolare

L’economia circolare è un concetto che implica che è possibile produrre in modo diverso e soprattutto sostenibile. Ciò richiede tuttavia una trasformazione culturale e strutturale e necessità di risorse e impegno nell’innovazione in quanto presuppone un cambiamento di modello di business nonché un sistema produttivo e tecnologie di produzione in grado di rigenerare prodotti e servizi, minimizzare l’impatto sull’ambiente e massimizzare il beneficio sociale.

Immagine: rappresentazione schematica dell’economia circolare tratta da UFAM

Questo è più facile da dirsi che da farsi. In Svizzera, infatti, sono ancora diversi gli ostacoli che frenano lo sviluppo dell’economia circolare e impediscono un uso efficiente delle risorse. È quanto emerge da un rapporto sul tema adottato lo scorso 11 marzo 2022 dall’Amministrazione federale, che rileva anche che gli ostacoli sono raramente riconducibili a singole disposizioni o norme, bensì derivano spesso da un insieme complesso di direttive e disposizioni normative che si influenzano a vicenda. Il potenziale di miglioramento in questo senso è particolarmente elevato nei settori delle costruzioni e dell’agroalimentare. Nel settore delle costruzioni, ad esempio, diverse norme e schede esplicative non corrispondono più allo stato attuale della tecnica e non permettono di utilizzare in modo efficiente le risorse, ad esempio facendo uso di materiali rinnovabili o riciclabili. A volte però gli ostacoli derivano da decisioni prese in una situazione di emergenza: è il caso nel settore dell’alimentazione animale, sottoposto a una regolamentazione severa a seguito della crisi della mucca pazza. Le misure adottate hanno consentito di superare la crisi e di rafforzare la sicurezza alimentare, ma nel contempo limitano l’uso di determinati sottoprodotti animali. In generale poi, troppo cibo viene ancora sprecato. Anche la distribuzione di alimenti invenduti o destinati all’eliminazione a organizzazioni o persone certificate è soggetta a regole che non favoriscono la riduzione dello spreco alimentare. Nell’intento di rettificare questa situazione, il 6 aprile scorso il Consiglio federale ha adottato un piano d’azione contro lo spreco alimentare.

L’Unione europea, dal canto suo, ha iniziato già da tempo la sua battaglia a favore dell’economia circolare, sfociata poi, il 30 marzo scorso, in un pacchetto di proposte presentato dalla Commissione europea volte a rendere quasi tutti i prodotti immessi sul mercato UE più rispettosi dell’ambiente, circolari ed efficienti dal punto di vista energetico durante l’intero ciclo di vita, dalla fase di progettazione fino all’uso quotidiano e il fine vita. Nella fattispecie, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento per rendere i prodotti sostenibili la norma nell’UE: tale proposta riguarda la progettazione, che genera fino all’80 % dell’impatto ambientale di un prodotto durante il suo ciclo di vita, e si applicherà praticamente a tutti i settori, eccezion fatta per i medicinali, i prodotti alimentari e i mangimi. La proposta stabilisce nuovi requisiti per rendere i prodotti più durevoli, affidabili, riutilizzabili, aggiornabili, riparabili, più facili da mantenere, rinnovare e riciclare nonché efficienti sotto il profilo energetico e delle risorse. Inoltre, i requisiti di informazione specifici del prodotto consentiranno ai consumatori di conoscere l’impatto ambientale dei loro acquisti: i prodotti regolamentati saranno infatti corredati da un cosiddetto passaporto digitale, che ne faciliterà la riparazione o il riciclaggio e agevolerà la tracciabilità delle sostanze lungo la catena di approvvigionamento. La proposta prevede anche misure volte ad arrestare la distruzione dei beni di consumo invenduti, accrescere il potenziale degli appalti pubblici verdi e incentivare i prodotti sostenibili.

Sempre il 30 marzo 2022, la Commissione ha presentato anche due nuove strategie settoriali: la prima per rendere, entro il 2030, i prodotti tessili più durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili nonché per contrastare la moda veloce (“fast fashion”), i rifiuti tessili e la distruzione dei tessili invenduti e garantire la disponibilità di servizi di riutilizzo e riparazione economicamente redditizi; la seconda per promuovere il mercato interno dei prodotti da costruzione, garantire che tali prodotti siano progettati e fabbricati in base allo stato dell’arte per essere più durevoli, riparabili, riciclabili e più facili da rifabbricare e, da ultimo ma non meno importante, che gli ambienti edificati realizzino gli obiettivi di sostenibilità e clima.

Le proposte della Commissione dovranno ora essere discusse dal Consiglio e dal Parlamento europeo.

Caso vuole che, proprio qualche giorno prima, in occasione di un evento tenutosi giovedì 24 marzo 2022, il direttore della Cc-Ti Luca Albertoni e la responsabile del servizio Commercio internazionale Monica Zurfluh, abbiano avuto l’opportunità di sentire di prima mano come l’azienda Geomagworld SA pensi e lavori in un’ottica di economia circolare e collabori con gli attori esistenti nel nostro Cantone in questo campo, come la SUPSI, per innovare e sviluppare nuovi prodotti che possano rispondere sempre di più agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 dell’ONU (Sustainable Development Goals SDGs). Sul nostro territorio vi sono ovviamente altri esempi virtuosi di aziende che stanno adottando pratiche circolari. La crisi climatica e la crisi della supply chain, iniziata con la pandemia e proseguita con la guerra in Ucraina e le sanzioni internazionali contro la Russia, dimostrano però che è necessario agire ora: gli sprechi vanno ridotti e l’utilizzo di materie prime e risorse vanno ottimizzati. Le aziende del nostro Paese che non l’hanno ancora fatto sono chiamate a trasformare al più presto il loro modello di business virando con decisione e consapevolezza verso una produzione responsabile. In relazione poi a quanto sta avvenendo nell’Unione europea con le nuove proposte della Commissione europea, la produzione responsabile è decisamente un must per quelle aziende che operano nel mercato unico se non vogliono precludersene l’entrata.

 

Link utile: Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Prodotti sostenibili: dall’eccezione alla regola

Nessun taglio, solo controllo dell’aumento della spesa

 Comunicato stampa su uno dei temi in votazione il 15 maggio 2022

Il prossimo 15 maggio 2022 il popolo ticinese è chiamato a votare sul decreto legislativo “per il pareggio del conto economico del Cantone entro il 31 dicembre 2025, con misure di contenimento della spesa e senza riversamento di oneri sui Comuni”.
Lo scopo del decreto, come chiaramente indicato nel testo in votazione, non è quello di tagliare prestazioni e penalizzare le fasce più deboli, tanto che non taglia alcuna spesa e non riduce alcun aiuto rispetto a quanto in vigore oggi con le attuali leggi.

Si tratta semplicemente di:

  • risanare le finanze pubbliche spendendo con più oculatezza i soldi dei contribuenti, senza aumentarne il carico fiscale;
  • bloccare il meccanismo che oggi porta lo Stato a spendere di più di quanto non incassi, utilizzando meglio le risorse necessarie per intervenire in modo mirato ed equilibrato laddove necessario.

Impiegare con maggiore senso di responsabilità le risorse messe a disposizione dello Stato dai cittadini e dalle imprese è un dovere anche verso le generazioni future.
La presunta “macelleria sociale” sbandierata dai referendisti è pura demagogia. Non vi saranno tagli nel sociale, nella sanità, nella formazione e in generale nei servizi al cittadino, settori per i quali la crescita della spesa è al contrario costante. Il contenimento della spesa non significa tagliare, ma solo rallentarne la crescita con un utilizzo più ponderato e oculato dei mezzi a disposizione. L’aumento incontrollato della spesa è spesso legato a decisioni politiche più dettate da un calcolo opportunistico che da reali necessità.
Le manovre di rientro degli anni scorsi sono riuscite a riportare in equilibrio i conti pre-pandemici dello Stato, ma la situazione delle finanze cantonali rimane fragile.
È un fatto però che oggi la spesa per i dipendenti pubblici, per il funzionamento della macchina dello Stato e per i sussidi (le tre voci che possono essere oggetto di misure di contenimento) in dieci anni è aumentata di oltre il 30%, in cifre: 709 milioni di franchi.
Anche per i contribuenti ticinesi rispetto al 2010 il carico fiscale è aumentato di 364 milioni di franchi in un decennio.
Senza dimenticare una voce spesso ignorata, cioè quella delle varie tasse (non le imposte), aumentate senza necessità di consultazione popolare e che sono lievitate di 63 milioni di franchi rispetto al 2010. Significativo è che le imposte pagate dai contribuenti ticinesi (senza tenere conto delle imprese) non basta per pagare i salari e i costi derivanti dai salari degli impiegati pubblici.

In questo contesto è più che ragionevole sostenere una proposta che mira a limitare l’aumento incontrollato della spesa, senza toccare le fasce più deboli e le necessità manifeste, che obbliga a utilizzare i soldi dei contribuenti solo per interventi necessari e che impedisce aumenti di imposte che colpirebbero in maniera importante le cittadine, i cittadini e le aziende.

Le strumentali accuse al mondo economico di avere sfruttato lo Stato durante la pandemia, tagliandone ora le risorse non ha alcun fondamento per tre motivi:

  • I crediti concessi alle aziende sono da rimborsare e non costituiscono regali;
  • Non sono stati regali nemmeno gli aiuti IPG e del lavoro ridotto, visto che si tratta di assicurazioni finanziate con i mezzi delle aziende e delle/dei dipendenti a tutela dei posti di lavoro;
  • I contributi a fondo perso sono andati a chi è stato costretto a chiudere per decisione dell’Autorità e si è trovato impedito per ordine superiore a esercitare la sua attività. Un’indennità più che dovuta.

Per questi motivi, le associazioni economiche sostengono il Sì al Decreto legislativo “per il pareggio del conto economico del Cantone entro il 31 dicembre 2025, con misure di contenimento della spesa e senza riversamento di oneri sui Comuni”, in votazione il prossimo 15 maggio 2022.