Segui la corrente

Con il motto “Segui la corrente” l’Ufficio federale dell’energia (UFE) ha lanciato nelle scorse settimane una campagna di sensibilizzazione e informazione sulla mobilità individuale elettrica. Attualmente, a livello svizzero, il 16.3% delle auto di nuova immatricolazione sono BEV (Battery Electric Vehicles – veicolo elettrico alimentato a batteria). In Ticino la percentuale è ancora bassa: nel primo trimestre del 2021 è del 10.65%. Secondo un sondaggio svolto dal TCS, oltre la metà degli intervistati ha dichiarato che in futuro, quando avrà la necessità di sostituire la sua automobile, valuterà “con grande probabilità” o “con una certa probabilità” l’acquisto di un’automobile a propulsione elettrica (BEV).

L’impennata dei prezzi dei carburanti fossili che abbiamo registrato nelle scorse settimane ha spinto in maniera decisiva la popolazione a valutare con decisione il passaggio all’energia elettrica come fonte di approvvigionamento per la mobilità e per il riscaldamento delle abitazioni. Benzina e diesel con prezzi alla colonna che superano, in alcuni giorni anche abbondantemente, i CHF 2.00 al litro spaventano gli automobilisti. D’altra parte, con ogni probabilità, dovremo attenderci un incremento del prezzo al kWh della corrente elettrica. Questo però, almeno per quanto riguarda la mobilità elettrica, sarà più difficile da valutare. Se quando facciamo il pieno di carburante della nostra auto a benzina ci rendiamo subito conto che quanto pagato alla cassa o con la tessera è sensibilmente maggiore a quanto pagato fino allo scorso anno. Per la corrente elettrica necessaria a ricaricare l’automobile elettrica, il costo sarà inglobato nella bolletta dell’elettricità domestica o aziendale e quindi più difficile da quantificare e quindi meno impressionante. La domanda che oggi molti di noi si pongono è: cosa succederà nel prossimo futuro con il prezzo dei carburanti fossili?

Oggi è difficile fare delle previsioni affidabili. In queste ultime settimane abbiamo visto come eventi eccezionali e inaspettati possono modificare in brevissimo tempo situazioni che erano piuttosto stabili. In ogni caso è chiaro che a medio e lungo termine il prezzo dei carburanti tradizionali sia destinato a salire piuttosto che scendere, questo principalmente per una chiara diminuzione dei giacimenti di petrolio o comunque per un aumento dei costi causati dalla maggior difficoltà di estrazione.

Un’alternativa a questi carburanti fossili, oltre naturalmente all’energia elettrica, ci viene data dai carburanti sintetici o e-carburanti. Oggi questi ultimi sono ancora in fase sperimentale o hanno dei costi di produzione molto elevati (vedi per esempio la produzione dell’idrogeno). Un giorno però, grazie al progresso tecnologico, alla produzione su larga scala e all’aumento del costo dei carburanti tradizionali, il costo degli e-carburanti sarà sicuramente concorrenziale e permetterà ancora l’utilizzo di automobili con motori a combustione interna (ICEV – Internal Combustion Engine Vehicle – Veicoli con motore a combustione interna). Dal punto di vista ambientale questi nuovi e-carburanti saranno pure assolutamente sostenibili in quanto verranno prodotti grazie ad energia rinnovabile e prelevando ad esempio la CO2 dall’ambiente. Un progetto pilota, sostenuto da Porsche, è attualmente in fase di sviluppo in Cile dove, grazie alle condizioni climatiche, l’energia elettrica necessaria alla produzione verrà prodotta grazie alle turbine eoliche (la Patagonia cilena è una regione molto ventosa).

Ma torniamo a oggi. La mobilità elettrica, sebbene in crescita, è ancora assai limitata se confrontata al parco circolante di autovetture. Siamo ancora ad una percentuale abbondantemente inferiore all’uno percento. I timori degli automobilisti, con questo tipo di propulsione, sono diversi: la scarsa autonomia, il tempo necessario a ricaricare le batterie e la durata nel tempo delle stesse. Con una buona informazione e consulenza ognuno di questi dubbi può essere fugato. Con il progetto “Segui la corrente” l’UFE fornisce una consulenza di base e cerca di rispondere ad alcune domande. Ad esempio la domanda sull’autonomia. A questo proposito sul sito di svizzera energia troviamo la seguente risposta: il tragitto medio percorso giornalmente dagli svizzeri per recarsi dal domicilio al posto di lavoro è di 30/40 chilometri. L’autonomia di un’automobile BEV oggi varia dai 200 ai 600 chilometri. Su questo punto, si può tranquillamente affermare che l’autonomia delle vetture elettriche a batteria è più che sufficiente (addirittura abbondante) per i tragitti quotidiani casa – lavoro. Se poi saltuariamente utilizziamo l’auto per viaggi più lunghi, ci si deve solo organizzare prima del viaggio e pianificare una pausa caffè con ricarica della batteria presso una colonnina pubblica che sicuramente possiamo trovare lungo il percorso.

In Svizzera esistono oltre 5’000 stazioni di ricarica pubbliche. E quanto tempo impieghiamo per caricare la batteria della nostra BEV? Anche in questo caso abbiamo due situazioni ben distinte. La quotidianità per gli spostamenti casa – lavoro e il viaggio più lungo fatto saltuariamente. Per gli spostamenti giornalieri nessun problema, basta che la sera quando rientriamo dal lavoro colleghiamo l’automobile alla colonnina di ricarica privata, tempo impiegato 30 secondi, e al mattino seguente ci ritroviamo la batteria sufficientemente carica per percorrere quei 30/40 chilometri del percorso casa – lavoro. La ricarica infatti avviene in tutta tranquillità durante la notte. Per i viaggi più lunghi, che necessitano una ricarica intermedia, possiamo sfruttare la pausa caffè presso una stazione di servizio e in mezz’ora avere sufficiente energia per continuare il viaggio.
Utilizzare un’automobile a trazione elettrica non è quindi assolutamente un problema, è solo una questione di imparare a capirne il funzionamento.

Info: Segui la corrente – scegliere l’elettromobilità in modo consapevole

L’era della carriera a mosaico

Nella vita professionale, il trend attuale si sta allontanando da uno sviluppo lineare. Sempre più carriere progrediscono in modo altamente individuale.

Per coloro che inseguivano un sogno di carriera verticale, il mestiere non veniva modificato, veniva arricchito dall’esperienza e dalla formazione per raggiungere i vertici aziendali, passo dopo passo, diventando, spesso, un dirigente nell’azienda, ma solo in finale del proprio percorso lavorativo.

Questo modello lineare è ancora relativamente forte nelle nostre abitudini lavorative, ma bisogna sottolineare che era frutto di un’altra percezione: uno sviluppo economico stabile e prevedibile.

Nuove tipologie professionali

Secondo un recente rapporto del World Economic Forum, l’automazione sostituirà circa 85 milioni di lavori manuali in tutto il mondo entro il 2025. Ma, allo stesso tempo secondo la stima, la digitalizzazione dovrebbe creare 97 milioni di nuovi posti di lavoro nei prossimi dieci anni. Oggi molti di questi profili professionali non hanno ancora una definizione precisa identificativa. Secondo il Work Trend Index di Microsoft, circa il 40% della forza lavoro globale nel 2021 sta pensando di lasciare il lavoro attuale o l’hanno già fatto. I motivi più ricorrenti: un lavoro divenuto noioso o un desiderio di cambiamento “rivoluzionario”.

Le competenze sono trasferibili

Un esempio chiaro è quello di un operatore di call center in ambito sociale, la cui carriera è stata citata come esempio in un rapporto pubblicitario del 2017 di JP Morgan Chase, la più grande banca americana. Questo collaboratore viene fortuitamente ascoltato da una sua superiore in grado mentre conduce una conversazione più “ricca” di quanto avrebbe richiesto un normale protocollo. L’ impegno e l’empatia sono evidenti e quindi gli chiede se non avesse mai pensato di entrare in politica. La risposta è no, ma la proposta non lascia indifferente il dipendente che, anche se proviene da una formazione commerciale, decide di affrontare una nuova sfida che si rivelerà vincente: ora lavora per alcuni esponenti politici e cura le loro campagne elettorali.

Il fattore interessante e costante anche per tante altre realtà professionali è l’utilizzo di abilità parallele alla propria professione di base, coniugando cultura e soft skill (come vengono chiamate ora) e trasferirle adattandole/aggiungendole/coltivandole da un settore all’altro. Si tratta quindi di sviluppare delle competenze generali e di perseguire la propria idea guida.

Cinque modelli di carriera

Esistono modelli base delle nuove traiettorie di carriera? Martin J. Eppler, Professore di Communications Management all’Università di San Gallo, parla di diversi percorsi tipici dell’era moderna.

  • In contrasto con la carriera che si sviluppa tradizionalmente e che può essere rappresentata dall’immagine di una scala, vi è il modello di riorientamento radicale. Viene raffigurato da una freccia che si piega in una direzione completamente diversa.
  • La “carriera a montagne russe”. Questo è rappresentato da una freccia fortemente oscillante, che illustra gli alti e i bassi in rapporto anche ai cambiamenti di settore.
  • “Tornare a ciò che piace” è particolarmente interessante. Qui la freccia si piega, ma non in una direzione completamente opposta, perché è rivolta a ciò che è già conosciuto e praticato.
  • “Late bloomer”: la freccia corre piatta per un lungo periodo prima di salire verticalmente, similmente alla classica carriera lineare.
  • Il burnout: questa rappresenta l’altra faccia della medaglia. Una carriera che assorbe troppe energie o una grave gestione delle stesse.

Il modello delle montagne russe è quello più riscontrato.

Alla ricerca di persone con carriera non lineare, a “mosaico”

La conferenza Career Relaunch di quest’anno all’Università di San Gallo ha mostrato quanto segue sulla base di uno studio dell’agenzia di reclutamento Adecco e dell’Università di Zurigo: la carenza di lavoratori qualificati sta diventando acuta, anche se la pandemia potrebbe aver, in realtà, rallentato il flusso di lavoratori da un posto di lavoro all’altro. Ma si può avere successo presentando una carriera a mosaico? Un tale curriculum può porre dei dubbi ai potenziali datori di lavoro? Le grandi aziende svizzere del settore farmaceutico, delle assicurazioni o della consulenza sono orientate diversamente dal passato, prendendo sempre più in considerazione persone con carriere non lineari. La loro versatilità formative, di ambizione o pratiche rappresenta un valore aggiunto e può fare la differenza nei colloqui. Il solo curriculum tradizionale sta passando in secondo piano.

Le persone con carriere non lineari contribuiscono fattivamente alla ricchezza dei diversi modi di pensare e di operare. Aumentano la flessibilità e l’adattabilità nei reparti di una ditta. La soddisfazione personale e la possibilità di poter coniugare vita professionale con vita privata ha preso una dimensione fondamentale nelle scelte delle persone. Anche per questo, molte aziende, motivano e appoggiano i propri dipendenti con servizi aziendali atti a sostenere i propri collaboratori e agevolarli nelle proprie esigenze e passioni. Il Welfare appunto!

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Le notizie della Cc-Ti: abbiamo raggruppato i nostri interventi sui media e alcuni articoli economici d’interesse.


Aprile 2022

Marzo 2022

Febbraio 2022

Gennaio 2022


Rileggi alcuni dei nostri interventi sui media del 2021

Export controls e sanzioni: l’extraterritorialità delle leggi USA

I provvedimenti recentemente adottati dalla comunità internazionale nei confronti della Russia ci forniscono l’occasione di passare brevemente in rassegna il sistema sanzionatorio e di controllo delle esportazioni degli Stati Uniti, la cui portata extraterritoriale è molto spesso sottovalutata dalle aziende estere che riesportano articoli di origine americana o li inglobano nei loro prodotti, per poi esportare questi ultimi verso altri mercati.

Negli Stati Uniti, il sistema sanzionatorio e di controllo delle esportazioni si basa su tre aree:

  • le sanzioni, di competenza dell’OFAC
  • le International Traffic in Arms Regulations (ITAR), adottate dal Dipartimento di Stato e applicate ai prodotti militari / della difesa
  • le Export Administration Regulations (EAR), adottate dal Dipartimento del Commercio e applicate ai prodotti commerciali che possono avere uso anche in ambito militare (“dual use”).

Queste tre aree possono, in un modo o nell’altro, toccare e influenzare le attività delle aziende svizzere che operano (anche) con gli Stati Uniti. È compito delle stesse svolgere le opportune verifiche con riferimento ai partner commerciali, alla classificazione doganale dei prodotti importati, lavorati e/o esportati nonché ai servizi acquisiti rispettivamente forniti.

Le sanzioni

Il sistema americano prevede sia sanzioni primarie sia secondarie: le prime vengono applicate direttamente in quanto il soggetto giuridico o la componente di un determinato prodotto è legata alla giurisdizione statunitense; le seconde sono invece sanzioni che possono essere imposte a società non statunitensi che intrattengono determinate attività commerciali con il Paese oggetto di restrizioni. Le sanzioni, così come gli embarghi, sono implementate e fatte rispettare dall’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del Dipartimento del Tesoro ed hanno una componente extraterritoriale. Il programma sanzionatorio americano può essere visionato su Sanctions Programs and Country Information | U.S. Department of the Treasury e Other OFAC Sanctions Lists | U.S. Department of the Treasury.

Sanzioni primarie e secondarie

Le sanzioni primarie sono sanzioni imposte direttamente contro Paesi, organizzazioni e/o individui che il governo americano ritiene colpevoli di crimini internazionali o che lavorano contro gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Esse si applicano generalmente a tutte le transazioni che hanno un nesso con la giurisdizione degli Stati Uniti e devono essere rispettate da “US persons” (“persone statunitensi”), ovvero da cittadini statunitensi o residenti permanenti, entità organizzate negli Stati Uniti (comprese le filiali straniere) e chiunque si trovi negli Stati Uniti (incluse le filiali statunitensi di entità straniere e individui che si trovano fisicamente negli Stati Uniti). Alcuni programmi di sanzioni si applicano altresì alle filiali non statunitensi di persone statunitensi. Le sanzioni primarie riguardano anche le transazioni processate attraverso il sistema finanziario degli Stati Uniti così come qualsiasi transazione in dollari USA. Nella pratica, persone ed entità collegate agli USA devono quindi verificare che i loro clienti non figurino nella lista degli Specially Designated Nationals (SDN). Per agevolare l’analisi, l’OFAC ha approntato un motore di ricerca.

Le sanzioni secondarie si rivolgono specificamente a “non-US persons” (“persone non statunitensi”) e sono volte a impedire a terzi di avere attività commerciali con Paesi oggetto delle sanzioni americane. Più in generale, le sanzioni secondarie sono destinate a rafforzare gli effetti delle sanzioni primarie e a proteggere gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Esse hanno generalmente come obiettivo determinati settori economici (es. settore oil & gas) e/o transazioni con SDN del Paese sanzionato. Le persone non statunitensi possono continuare a operare nei Paesi oggetto di sanzioni secondarie purché evitino le parti e i settori vietati. Tra le misure punitive per il mancato rispetto delle sanzioni secondarie figurano vari livelli di esclusione dal mercato statunitense, quali il divieto di fare affari con il Paese o restrizioni di accesso al suo sistema finanziario. Nella pratica, il rischio principale per le persone che violano le sanzioni secondarie è di essere aggiunte alla lista SDN. Le banche che violano le disposizioni OFAC sostenendo attività finanziarie e/o commerciali oggetto di divieto possono ad esempio vedersi negare la possibilità di avere conti di corrispondenza e conti di passaggio e di negoziare valute in contropartita con dollari.

Sanzioni globali e selettive

Le sanzioni possono essere globali (“comprehensive”) o selettive (“targeted”):

  • le sanzioni globali proibiscono alle persone statunitensi di effettuare qualsiasi transazione in/con un territorio specifico, indipendentemente dal fatto che un SDN sia coinvolto o meno. Trattasi nella pratica degli embarghi. Attualmente, i Paesi e regioni oggetto di sanzioni globali da parte USA sono: Corea del Nord, Cuba, Iran, Siria nonché le regioni ucraine di Crimea, Donetsk e Luhansk;
  • le sanzioni selettive mirano invece a specifiche attività o ambiti.

La regola del 50%

Qualsiasi persona giuridica posseduta al 50% o più da uno o più SDN è trattata come un SDN, cfr. 401 | U.S. Department of the Treasury. In generale, un’entità controllata (ma non posseduta al 50% o più) da una o più persone bloccate non è considerata automaticamente bloccata ai sensi della regola del 50%.

Controlli export

Il processo di controllo delle esportazioni degli Stati Uniti coinvolge due serie di regolamenti: le International Traffic in Arms Regulations (ITAR) e le Export Administration Regulations (EAR). Le regolamentazioni ITAR e EAR impongono requisiti di licenza per talune esportazioni e riesportazioni e possono toccare anche prodotti esteri rispettivamente aziende estere.

Traffic in Arms Regulations (ITAR)

La normativa ITAR è stata sviluppata sotto la giurisdizione del Dipartimento di Stato. L’autorità competente è il Directorate of Defense Trade Controls (DDTC). L’ITAR controlla gli articoli, i servizi e i dati tecnici designati come articoli per la difesa o servizi di difesa. Questi figurano nella U.S. Munitions List (USML)e necessitano diun’autorizzazione all’esportazione da parte del Dipartimento di Stato. Gli articoli per la difesa o i servizi di difesa statunitensi sono sempre soggetti all’ITAR, anche se sono stati incorporati in prodotti esteri (§ 123.9 ITAR).

Export Administration Regulations (EAR)

Le Export Administration Regulations (EAR) regolamentano gli articoli e le tecnologie considerate a “duplice impiego”, ossia adatti sia all’impiego nel settore civile sia a quello militare. L’autorità competente è il Bureau of Industry and Security (BIS) del Dipartimento del Commercio. Gli articoli toccati dall’EAR possono essere beni tangibili, quali ad esempio armi ed esplosivi, oppure intangibili, quali software, tecnologie e dati.

I beni che richiedono una licenza all’esportazione da parte del BIS sono elencati nella Commerce Control List (CCL) (per comodità vedasi anche l’indice analitico). Tali articoli sono identificati da un Export Control Classification Number (ECCN), ovvero un codice alfanumerico che descrive il prodotto e i requisiti che devono essere rispettati per il rilascio della licenza all’esportazione (caratteristiche tecniche del prodotto, destinazione, uso finale e utilizzatore finale). Alcuni articoli, pur rientrando nell’ambito delle EAR, non sono specificamente controllati per l’esportazione e non sono elencati nella CCL. Si tratta generalmente di beni di consumo a bassa tecnologia e classificati come EAR99. Anche se gli articoli EAR99 possono generalmente essere esportati senza una licenza, gli esportatori devono comunque eseguire un’attenta due diligence per assicurarsi che tali beni non siano destinati a Paesi sottoposti ad embargo o a sanzioni, a utenti finali proibiti (lista SDN), o destinati ad un uso finale proibito.

Secondo le EAR, “una merce prodotta all’estero che incorpora merci controllate di origine statunitense, una merce prodotta all’estero ed abbinata ad un software controllato di origine statunitense, un software prodotto all’estero che contiene un software controllato di origine statunitense e una tecnologia prodotta all’estero che contiene tecnologia controllata di origine statunitense” possono essere assoggettati alle EAR (cfr. “Scope of Export Administration Regulations” del BIS, § 734.3 (3)). In generale l’assoggettamento dipende dalla percentuale di valore del contenuto controllato di origine statunitense nel prodotto straniero. Fa stato la cosiddetta regola de minimis del contenuto: fatte salvo alcune eccezioni particolarmente sensibili, per le quali questa regola non può essere applicata (“no deminimis level”), le merci statunitensi classificate come sensibili possono in linea di principio essere incorporate in un prodotto d’esportazione o utilizzate nella sua fabbricazione fino a una quota di valore del 25% senza che questo prodotto sia necessariamente soggetto a licenza. Questa soglia è ridotta al 10% per articoli a destinazione dei Paesi del gruppo E:1 (attualmente Iran, Siria e Corea del Nord) e del gruppo di paesi E:2 (attualmente solo Cuba) (cfr. Supplement No. 2 di EAR Part 734 e Supplement No. 1 di EAR Part 740). L’EAR opera inoltre una distinzione tra esportazione (“export”, § 734.13), riesportazione (“reexport”, § 734.14) e rilascio (“release”, § 734.15).
Per aiutare le aziende estere a determinare se un articolo prodotto e situato al di fuori degli Stati Uniti è soggetto all’EAR, il BIS mette a disposizione il De minimis & Direct Product Rules Decision Tool nonché una breve guida riassuntiva.

Da ultimo, ma non meno importante, articoli stranieri che sono il prodotto diretto di una tecnologia, un software o un impianto americano oppure di una componente principale di un impianto realizzato con una tecnologia o un software americano possono essere soggetti all’EAR se soddisfano le condizioni della cosiddetta regola per prodotti esteri diretti (foreign-direct product (FDP) rule” o“General Prohibition Three”, cfr. § 732.2 (f) e §736.2(b)(3) dell’EAR). Prodotti diretti che sono soggetti all’EAR possono necessitare di una licenza per essere esportati dall’estero o riesportati in determinati Paesi.


Disclaimer: la panoramica qui sopra fornita è a scopo esclusivamente informativo e non ha presunzione di esaustività e completezza.

Pareggiamo i conti senza aumenti d’imposta

L’opinione di Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti

Sono tre semplici domande quelle che noi tutti dovremmo porci votando il 15 maggio sul decreto legislativo “per il pareggio del conto economico del Cantone entro il 31 dicembre 2025, con misure di contenimento della spesa e senza riversamento di oneri sui Comuni”. È giusto risanare le finanze pubbliche cercando di spendere con più oculatezza i soldi dei contribuenti, invece di gravare questi ultimi con aumenti di tasse e imposte? È giusto bloccare la perversa spirale per cui da anni le uscite dello Stato sono quasi sempre superiori alle sue entrate? È giusto che il Cantone  abbia i conti in ordine, non spendendo più di quanto incassa, avendo così le risorse necessarie per sostenere le sfide da cui dipende la crescita economica e sociale del Paese?

Noi pensiamo che sia giusto e possibile un maggiore senso di responsabilità su come usare i soldi dei cittadini e delle imprese, che sia anche moralmente doveroso per non gravare i nostri figli e nipoti con un debito ingente non fatto da loro, né per loro.

La sinistra, dopo aver promosso il referendum, ha scatenato una campagna di terrorismo psicologico contro questo decreto, agitando lo spauracchio di una “macelleria sociale”: meno impiegati pubblici e meno servizi per i cittadini, meno personale e meno cure negli ospedali, nelle case per anziani e per l’assistenza a domicilio, meno dipendenti negli asili nido e nei centri extrascolastici, trasporti pubblici più cari e meno collegamenti con le zone periferiche, meno fondi per l’Usi e la Supsi. Niente di tutto questo è vero! Nessun taglio alle prestazioni e agli aiuti di chi ha bisogno avrà luogo! “Contenere” la spesa non significa tagliare, ma solo rallentarne una crescita che è ormai diventata sempre più veloce e troppo sbilanciata rispetto alle entrate.

Nonostante che le manovre di rientro degli anni scorsi siano riuscite a riportare in equilibrio i conti pre-pandemici dello Stato, per le finanze cantonali permane una situazione di estrema fragilità.  La spesa per i dipendenti pubblici, per il funzionamento della macchina dello Stato e per i sussidi (le tre voci su cui si dovrebbe intervenire con misure di contenimento) in dieci anni è aumentata di oltre il 30% (+709 milioni).  Mentre nel 2020 i contribuenti ticinesi hanno sborsato 1156 milioni di imposte, ossia 364 milioni in più di quanto pagavano nel 2010, a cui si aggiungono altri 63 milioni in più di tasse e balzelli vari rispetto ad un decennio fa. Il risultato è che oggi il Ticino è in fondo alla classifica intercantonale sulla competitività fiscale e ai primi posti invece per le finanze traballanti.

L’impatto della pandemia sui conti pubblici ha messo in luce questa condizione di squilibrio strutturale, che sarà ulteriormente acuita dal rallentamento economico causato dal rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime. In una fase così difficile come quella attuale, pensare di risanare le finanze, non contenendo la spesa, ma aumentando le imposte per cittadini e aziende, come vorrebbe la sinistra, significherebbe spingere il Paese verso un declino senza ritorno.

ASTAG – Associazione svizzera dei trasportatori stradali Sez. Ticino

Di cosa si occupa ASTAG:

Con 3 928 membri ripartiti in 18 sezioni e 15 gruppi speciali, l’Associazione Svizzera dei trasportatori stradali ASTAG è il portavoce del trasporto di merci e persone su strada. Al fine di creare le migliori condizioni quadro possibili per il settore in Svizzera, ASTAG sostiene i suoi membri con un forte impegno a livello politico e con una vasta offerta di servizi.

ASTAG è l’unica organizzazione che rappresenta senza riserve gli interessi del trasporto stradale. Più efficace è il sostegno (rappresentatività in numero di soci) all’interno del settore, maggiori saranno le possibilità di essere ascoltati e presi sul serio da politica, autorità e media. Ogni singolo membro contribuisce pertanto alla credibilità dell’associazione (idea di solidarietà). Il compito principale consiste nel rappresentare gli interessi a ogni livello dello

Stato, dalla Confederazione ai Cantoni fino ai Comuni. Tramite la International Road Transport Union (IRU) e le associazioni partner di tutta Europa, ASTAG è attiva persino a livello internazionale. Grazie a un consiglio consultivo parlamentare formato dai membri del Consiglio

nazionale e del Consiglio degli Stati di tutti i partiti, ASTAG e di conseguenza il settore possono contare su un ampio sostegno. ASTAG ha quale compito principale quello di garantire l’approvvigionamento del paese e si batte per una pari dignità dei mezzi di trasporto. I membri ASTAG garantiscono attraverso i propri mezzi la raccolta dei rifiuti, il trasporto degli alimentari, del latte, degli animali, dei combustibili, delle medicine, dell’ossigeno negli ospedali, lo spurgo delle canalizzazioni, lo sgombero della neve e tanto altro ancora. Inoltre, in modo complementare al trasporto pubblico, trasportano persone, scolari e invalidi. Quindi una realtà ben diversa rispetto all’immaginario collettivo del “Tir” che ingombra le nostre strade.

Vantaggi per i membri:

  • ASTAG: piattaforma per il networking e la cura dei contatti
  • Rappresentanza efficace degli interessi delle imprese di trasporto
  • Influenza tempestiva e proattiva dell’ASTAG su tutti i temi di rilievo
  • Partecipazione e dialogo
  • Azione mediatica mirata
  • Aggiornamenti regolari sulle tendenze e sui temi attuali
  • Cura dell’immagine del settore

Traguardi raggiunti:

  • Sicurezza di investimento per TTPCP
  • periodo minimo di 7 anni per la permanenza della norma EURO più recente (nella categoria di tassa migliore)
  • Proroga reiterata dei « declassamenti » tramite il periodo minimo
  • SÌ alla votazione popolare sulla galleria di risanamento del San Gottardo (28 febbraio 2016)
  • Decongestionamento e incremento delle capacità sulla rete stradale svizzera
  • Mantenimento del divieto di cabotaggio
  • Estensione delle scadenze dei controlli periodici per i veicoli pesanti impiegati nel trasporto interno (16 novembre 2016)
  • Incremento a 19,5 tonnellate del peso per le vetture a 2 assi (5 aprile 2017)
  • Approvazione da parte del Consiglio nazionale di un’iniziativa per una revoca differenziata della licenza di condurre (4 giugno 2019)

Alcune cifre del 2021, che verranno pubblicate nel rapporto annuale di ASTAG:

Generale:

– 3 incontri con il Consiglio Federale per proteggere gli interessi dei membri.

– 21 newsletter sul tema del coronavirus esclusivamente per i membri

– 49’808 utenti sulla piattaforma www.str-online.ch

 Formazione professionale:

– 36’000 e quindi il 44% in più di pagine viste da www.profis-on-tour.ch rispetto al 2020

– 3600 giri di camion con i visitatori ai Truck Days nel Museo dei Trasporti di Lucerna

– 370 studenti hanno deciso di intraprendere un apprendistato nel settore dei trasporti stradali nell’estate del 2022. (KV Settore Trasporti, Specialista del trasporto su strada EBA o EFZ e Tecnico di drenaggio EBA o EFZ).

Di questi, 275 hanno intrapreso la formazione professionale di base EFZ, specialista del trasporto su strada.

Cambi di carriera:

– 2914 persone hanno sostenuto l’esame CZV all’ASTAG e possono così entrare nel settore direttamente o lateralmente come autisti.

– 624 soldati (autisti) hanno sostenuto l’esame CZV. Per la prima volta, molti hanno approfittato dell’opportunità di ottenere un secondo punto d’appoggio professionale.

Ulteriore formazione:

– Circa 6773 tonnellate di CO2 sono state risparmiate grazie ai corsi EcoDrive di ASTAG.

– In 1.133 corsi, 14.091 partecipanti hanno completato un corso di perfezionamento CZV. Di questi, 2.754 hanno completato la formazione ADR.

– Il 96% ha valutato la qualità della formazione come buona o molto buona.

Trasferimento traffico merci su rotaia:

 Nel 2017 ASTAG e le FFS hanno siglato un accordo per migliorare le sinergie nel trasporto di merci, intitolato “Co-modalità anziché concorrenza: per un traffico merci forte in Svizzera”.

Il documento è stato voluto dall’ex Presidente di ASTAG Svizzera, Adrian Amstutz, e Andreas Meyer delle FFS. L’alleanza tra camionisti è ferrovieri chiedeva congiuntamente lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto, il mantenimento degli standard sociali e il divieto di cabotaggio.

L’idea era quella di rafforzare la collaborazione tra strada e ferrovia per soddisfare le crescenti esigenze dei clienti.

Affinché in Svizzera venga garantito un traffico merci sostenibile nel lungo periodo, entrambi i partner hanno compiuto grandi sforzi imprenditoriali per promuovere il trasporto combinato. Entro il 2040 l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale ARE prevede un aumento delle tonnellate-chilometro rispetto al 2010 del 45% su rotaia e del 33% su strada. La causa principale di questa impennata è la crescita economica e demografica.

L’insufficienza della struttura di trasporto è stata la molla che ha spinto i due partner a cercare una collaborazione, a lavorare insieme per risolvere i problemi strutturali di strada e ferrovia. A distanza di 5 anni da questo accordo, e con un nuovo Presidente Centrale, Thierry Burkart, ASTAG rimane convinta che la co-modalità sia la strategia migliore per ottimizzare in modo efficiente le risorse nel trasporto merci.

Inquinamento:

ASTAG e i suoi membri si impegnano da anni per trasporti il più possibile rispettosi del clima e dell’ambiente con camion, pullman e taxi. Grazie a una modernizzazione più coerente delle flotte di veicoli, il settore già oggi viaggia in tutta sicurezza e in modo ecologico.

Ora segue la prossima fase: entro il 2030 si prevede di ridurre in maniera significativa e a lungo termine del 50 per cento rispetto al 1990 le emissioni di CO₂ dei trasporti su strada!

Questo è l’obiettivo dichiarato della risoluzione sul clima dell’ASTAG del 2020, adottata a stragrande maggioranza dall’assemblea dei delegati dell’associazione.

L’ASTAG agisce così in conformità all’Accordo sul clima di Parigi e alla strategia climatica del Consiglio federale: «we go green!»

L’ASTAG e i suoi membri puntano su misure efficaci ad un costo ragionevole. Si tratta di valutare, a seconda dell’azienda, cosa ha senso e cosa no.

L’attuazione della risoluzione sul clima è volontaria. Ogni membro dell’ASTAG decide autonomamente se può prendersi l’impegno e se sì, in quale misura rispetto alla risoluzione.

L’importante è però che il maggior numero di membri possibile partecipi secondo le proprie possibilità. Siamo fermamente convinti che il modo migliore in assoluto sia quello di essere proattivi ed efficaci anziché aspettare le disposizioni statali – anziché poi «dover fare» ciò che la politica impone, che sia utile o meno.

Tramite un formulario ogni socio può dichiarare le sue misure per ridurre le emissioni di CO2 nei rispettivi ambiti (SCOPE 1/2/3) e inviarlo ad ASTAG.

Dopo aver dichiarato le loro misure di CO2, i soci ricevono l’approvazione e l’autorizzazione ad utilizzare il logo “we go green!”. ASTAG usa le misure di CO2 dichiarate solo per scopi interni – per valutazioni/statistiche e come misura di comunicazione (storie di successo).

Traffico in Ticino:

In particolare: pag. 8 à confronto trasporto persone e merci

                        Pag. 10 à chilometri percorsi nel trasporto persone e merci

                        Pag. 12 à situazione a livello regionale

                        Pag. 22 à andamento del traffico merci pesante

Trasporto e logistica:

Come giustamente ha osservato, trasporto e logistica sono due realtà interdipendenti, la cui funzionalità per forza di cose dipende inestricabilmente dal buon andamento, dal coordinamento e dall’organizzazione di entrambe.

Al suo interno ASTAG ha organizzato diversi gruppi professionali a sostegno dei soci. Questi gruppi, formati a loro volta da membri ASTAG, mettono a disposizione la propria esperienza e le proprie competenze per rispondere a domande specifiche di alcuni settori.

Tra i gruppi professionali emerge quello “Logistica di settore”: composta da 8 diversi gruppi di settore, questa struttura è in grado di affrontare in maniera flessibile i diversi problemi specifici. In tal modo vengono in larga misura garantite la competenza e l’attualità. Il gruppo ha sede a Zurigo e ha come presidente il sig. Christian Rusterholz.

Un altro aspetto che evidenza la vicinanza di ASTAG con la logistica è l’organizzazione del corso di Specialista dei trasporti e della logistica, con certificato federale di capacità. Il corso è rivolto ai professionisti con attestato federale di capacità (AFC) di autista di veicoli pesanti, o conducenti di autocarro, o impiegati di commercio nel ramo dei trasporti, ma anche a professionisti con pluriennale esperienza nel settore. La formazione, della durata di 3 semestri, offre ampie prospettive di carriera, in quanto c’è carenza di specialisti e quadri qualificati.

Indotto economico dei trasporti:

Dal 2001 ad oggi il settore dell’autotrasporto ha versato nelle casse della Confederazione circa 25 miliardi di franchi.

Annualmente versa 1.5 Miliardi, solo di tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni. Questo senza le tasse sui carburanti, quelle di circolazione, ecc. ecc.

Se pensiamo all’indotto economico globale generato in Svizzera, a spanne direi oltre i 5 miliardi di franchi.

Futuro dei trasporti:

Il futuro dei trasporti sarà, a nostro avviso, sempre più una combinazione di mezzi di trasporto. Gomma e rotaia saranno sempre più complementari e tra i grandi centri nuovi ed interessanti progetti per lo spostamento sotterraneo delle merci stanno nascendo.

A causa della conformazione geografica del nostro paese, la distribuzione all’ultimo miglio sarà, almeno per il prossimo futuro, sempre legata alla gomma.

Dati di contatto: ASTAG Sezione Ticino, Via Santa Maria 27, 6596 Gordola, ticino@astag.ch

Commercio estero: 1° trimestre 2022 da record

Il commercio estero svizzero è cresciuto anche nel primo trimestre del 2022, segnando nuovi record: le esportazioni sono aumentate dell’1,2% attestandosi a 65,4 miliardi di franchi, mentre le importazioni hanno registrato un incremento di ben 6,7% raggiungendo quota 56,7 miliardi di franchi. La bilancia commerciale ha chiuso con un’eccedenza di 8,7 miliardi di franchi, nuovamente in calo rispetto al trimestre precedente.

Il maggior contributo alla crescita dell’export è dato dagli orologi (+5,3% o +306 milioni di franchi), seguiti dai metalli (+6,3% o +231 milioni), dal settore dei macchinari e dell’elettronica (+2,4%; +190 milioni) e dagli strumenti di precisione (+4,2% o +181 milioni). I quattro settori hanno così confermato il dinamismo dei trimestri precedenti. Al contrario, le vendite di prodotti chimici e farmaceutici sono scese leggermente (-0,7% o -247 milioni). Anche la gioielleria ha subito una battuta d’arresto (-10,8% o -337 milioni).

A livello geografico, le esportazioni verso il Nord America e l’Asia sono cresciute allo stesso ritmo, ovvero a +3,7% o +492 milioni di franchi rispettivamente +3,6% o +489 milioni di franchi. Le prime sono state trascinate dal settore farmaceutico a destinazione del mercato USA. Cina e Giappone si sono invece confermati quali principali mercati di sbocco in Asia. Le esportazioni verso l’Europa sono stagnate a 37,5 miliardi di franchi (rafforzandosi però in Slovenia, Germania e Italia).

Eccezion fatta per la gioielleria (-15,1%), il tessile, l’abbigliamento e le calzature (-3,7%) nonché gli strumenti di precisione (-0,5%), tutti gli altri settori hanno visto aumentare le loro importazioni. Il contributo maggiore è dato dai prodotti energetici, che sono aumentati di 1,8 miliardi di franchi. Tuttavia, questo aumento è dovuto esclusivamente all’aumento dei prezzi e non a un aumento dei volumi (+0,8%). Hanno brillato anche i prodotti chimico-farmaceutici, che hanno segnato un incremento dell’11,8% (+1,7 miliardi di franchi). I metalli hanno confermato il trend positivo degli ultimi sette trimestri segnando +4,2% (+187 milioni).

A livello geografico sono incrementate le importazioni dall’Europa (+10,9%) e dal Nord America (+9,4%), con vari Paesi che hanno registrato aumenti a due cifre (Germania, Slovenia, Austria, Irlanda e Stati Uniti). Hanno invece ristagnato gli arrivi dall’Asia (+0,4%), in particolare quelli dalla Cina, che si è sviluppata ad un livello simile al trimestre precedente (+0,2%).


Fonte: Primo trimestre 2022: il commercio estero registra record su record (admin.ch)

AIPCT – Associazione Ticinese delle Imprese di Pulizia e Facility Services

Parliamo dell’anno in cui la nazionale elvetica arriva alle semifinali mondiali, è l’anno i cui fummo confrontati con una catastrofe invernale e l’anno in cui la Svizzera entrò come membro dell’International Holocaust Remembrance Aliance. Fu proprio in questo periodo, che nel nostro piccolo Ticino, a giugno, nacque AIPCT.

L’associazione Ticinese delle Imprese di Pulizie e Facility Services del Cantone Ticino vide la luce nel 1998 gli obiettivi degli allora promotori erano quelli di mettere un po’di ordine in un mondo senza o con poche gerarchie.

Allora si trattava di tentare di industrializzare un servizio considerato di poco valore che però in quegli anni cominciava a diventare economicamente attraente non solo a livello finanziario ma anche e soprattutto a favore dell’occupazione.

Nel nostro Cantone però mancavano le basi per poter procedere ad un cambiamento radicale di atteggiamento verso un’attività tanto umile quanto necessaria.

L’AIPCT ed il suo comitato si sono adoperati per rendere la giusta dignità a questo settore.

Da subito una società molto attiva nella formazione, introducendo una collaborazione nel 1999 per l’organizzazione dei corsi di apprendistato per operatori di pulizia ordinari a manutentiva, corsi per pulitori di edifici Art.33 e corsi di perfezionamento relativi al settore.

A partire dal 2004 a tuttora l’associazione si prodiga perché il settore possa fregiarsi di un contratto collettivo e dopo alcuni anni di gestazione nel periodo 2007-2008 entra in vigore il primo CCL, firmato a titolo volontario da ben 9 associati AIPCT. Per giungere finalmente al traguardo: un CCL di forza obbligatoria che entra in vigore nel 2012.

La visione

Unire le forze per poter scegliere insieme la via e l’immagine che vogliamo dare a tutto l’impegno profuso ogni giorno in questa splendida professione.

La missione

L’Associazione deve impegnarsi quotidianamente a perseguire quegli obiettivi che sono fondamentali per una crescita professionale sana e strutturata di aziende e collaboratori e per poter far questo deve investire le sue energie nelle attività da cui non si può prescindere:

  • Formazione continua (istituzionale e mirata a seconda delle esigenze dei soci)
  • Miglioramento costante del CCL e dei suoi strumenti
  • Sostegno alle aziende associate sotto forma di consulenza
  • Contatti con autorità ed enti allo scopo di meglio profilare le attività dei propri associati
  • Promuovere le proprie attività presso tutte le aziende del settore
  • Sensibilizzare l’utente finale sulla professionalità di tutti gli attori

Questo al fine di contribuire alla costruzione di un mercato il più etico possibile per collaboratori e datori di lavoro.

È doveroso sottolineare che attualmente sono impiegati 3500 professionisti a fronte di 142 aziende attive sul nostro territorio, una professione dalle grandi opportunità che ad oggi purtroppo ancora non sono percepite da tutti. Un settore che subisce una grande violenza dell’immagine e della professionalità che rischia di depistare il cliente dalla qualità del servizio e dell’impegno delle aziende nel formare il proprio personale.

Le aziende associate all’AIPCT (https://www.aipct.ch/gli-associati/schede-associati-aipct.html), sono 20 ed impiegano 2000 persone, oltre il 57 % del totale dei collaboratori del settore.

È altrettanto doveroso ricordare che il comitato della nostra Associazione è di milizia ed è composto da:

Presidente Paolo Thoma (La Goccia SA)

Segretario Pierfranco Gabella (Smart Gorla SA)

Membri: Antonio Tettamanti (ex Smart Gorla SA), Mauro Valsangiacomo (Cabiancardi SA), Luca Bordin (Dosim SA), Biagio Antonio De Girolamo (Bouygues Energies & Services Svizzera SA)

Tanti traguardi sono stati raggiunti e molte sfide si profilano all’orizzonte:

  1. La nostra associazione sta lavorando alacremente per mettere a disposizione del settore un centro di formazione e di consulenza pensato per le necessità della nostra professione
  2. Un altro obiettivo fondamentale sarà poter, oltre che a collaboratori di milizia, poter far capo a dei professionisti (il primo piccolo passo è stato raggiunto introducendo una collaboratrice, all’80%, che è di sostegno a tutti i membri di comitato, periti, formatori ed istruttori)
  3. L’associazione si prefigge nei prossimi anni di avere un rappresentante proprio in seno alle maggiori organizzazioni economiche
  4. Il Ticino è ben rappresentato con due sui membri nell’associazione Nazionale Allpura, nel Comitato Nazionale per la prevenzione contro gli infortuni e le malattie e nelle varie commissioni federali per le revisioni dei percorsi formativi
Dati di contatto: 
AIPCT – Associazione Ticinese delle Imprese di Pulizia e Facility Services,
via Cattedrale 2, 6900 Lugano, info@aipct.ch, www.aipct.ch

La guerra in Ucraina aumenta il rischio di fame

La Russia e l’Ucraina insieme forniscono un quarto del fabbisogno mondiale di grano. La guerra tra i due Paesi fa salire alle stelle i prezzi di alcuni prodotti alimentari e ha conseguenze destabilizzanti per diversi Paesi del terzo mondo.

L’Ucraina è spesso chiamata il “granaio d’Europa”. In effetti, il grano vi cresce particolarmente bene perché questo grande Paese dell’Europa orientale ha una caratteristica geologica speciale: la maggior parte della rara ed estremamente fertile terra nera del mondo si trova sul suo territorio.

Secondo l’International Trade Centre di Ginevra, l’agenzia congiunta delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione mondiale del commercio, l’Ucraina è però solo il quinto esportatore mondiale di grano. La Russia figura infatti al primo posto, seguita da Stati Uniti, Canada e Francia. La Germania, a sua volta, è all’ottavo posto. De facto, quindi, l’Ucraina non è l’unico granaio europeo.

Insieme, Ucraina e Russia coprono un quarto della domanda mondiale di grano. E al momento, i due esportatori di grano sono fatalmente legati: a causa della guerra, infatti, i porti ucraini sul Mar Nero sono bloccati, con conseguente interruzione delle catene di approvvigionamento, mentre le sanzioni economiche imposte dalla comunità internazionale alla Russia hanno frenato massicciamente le esportazioni di grano da parte di quest’ultima.

Il prezzo del grano è il grande problema

La guerra in Ucraina non ha ancora causato una vera carenza di grano. Per ragioni di stagionalità, l’Ucraina e la Russia esportano la maggior parte del loro grano in estate e in autunno. Al momento, quindi, i loro clienti internazionali stanno attingendo alle loro scorte o comprano il grano altrove. Secondo l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), la produzione mondiale di grano è attualmente in calo, ma si stima che a medio termine sarà ancora di circa l’1% superiore alla media dell’anno scorso.

Ciò che attualmente pesa sul mercato internazionale del grano è tuttavia il prezzo. Secondo i dati della Deutsche Börse, dal nuovo anno il prezzo del grano è aumentato di quasi un terzo a circa 400 euro per tonnellata ed è praticamente raddoppiato dall’inizio del 2020. Per l’orzo si osserva più o meno lo stesso sviluppo, mentre il fertilizzante è diventato addirittura più costoso del 40%. Dato che il 15% del mais mondiale e più del 50% dell’olio di girasole provengono direttamente dall’Ucraina, anche questi prezzi sono in forte movimento. Per quanto riguarda l’orzo e il mais, a differenza del grano, da quando è iniziata la guerra in Ucraina, la FAO rileva una produzione globale significativamente più bassa rispetto all’anno scorso. Pertanto, altri grandi esportatori di cereali grezzi come l’Argentina, l’India e gli Stati Uniti stanno venendo alla luce.

I prezzi erano già alti prima della guerra

Tuttavia, i prezzi in generale erano già aumentati prima della guerra in Ucraina. Sono da biasimare i problemi logistici e le strozzature di approvvigionamento legate alla pandemia: secondo la FAO, alla fine di gennaio 2022 l’indice dei prezzi alimentari era quasi un quarto più alto dell’anno precedente. Questa tendenza è semplicemente esacerbata dalla guerra in Europa orientale.

Le vere vittime in questo momento sono alcuni Paesi del terzo mondo. Al primo posto c’è l’Egitto, che ottiene circa il 70% del suo grano dall’Ucraina e dalla Russia ed è il più grande consumatore al mondo di grano ucraino. Secondo un recente servizio della televisione svizzera SRF, il governo egiziano ha ridotto l’importante sussidio per il pane e la popolazione è ora costretta a pagare di più. Inoltre, il Paese sta facendo scorta di tutto il suo grano e non esporta più nulla nei Paesi dell’area sahariana, con conseguenze drammatiche per queste Nazioni.

Stando alle statistiche commerciali delle Nazioni Unite relative al 2020 gli altri principali importatori di grano sono Indonesia, Bangladesh, Pakistan, Turchia, Tunisia, Marocco e Libano. La situazione è particolarmente grave in Libano in quanto non può quasi immagazzinare il grano perché i grandi sili nel porto di Beirut sono stati distrutti durante un’esplosione nel 2020. Un ultimo, importante acquirente di grano proveniente dall’Europa orientale, dalla Russia nello specifico, è la Siria, già devastata dalla guerra civile, e il cui governo ha ora introdotto il razionamento del grano.

Anche l’Africa orientale importa molto grano

Poiché i porti del Mar Nero sono bloccati, molti Paesi invieranno navi da trasporto negli Stati Uniti e in Argentina, India e Australia per caricare grano e cereali secondari. Tuttavia, la FAO fa notare che queste opzioni alternative possono compensare solo parzialmente la perdita delle esportazioni provenienti dalla regione settentrionale del Mar Nero.

Anche l’Africa orientale, che ha un’elevata quota di importazione, deve accettare un forte aumento del prezzo del grano. In Kenya, Etiopia, Gibuti e Somalia diverse stagioni delle piogge non si sono concretizzate e i raccolti sono appassiti nei campi. Pertanto, il Programma alimentare mondiale (PAM) delle Nazioni Unite avverte del pericolo di carestia nei prossimi mesi. Insieme al grano, anche altri prodotti alimentari sono diventati più costosi e questo genererà grossi problemi per questi Paesi.

Le carestie e altre gravi crisi di approvvigionamento sono spesso accompagnate da rivolte, come si è potuto osservare in particolare nel Medio Oriente negli ultimi due decenni. Se i governi non accetteranno di accollarsi questo grosso peso sulle casse dello Stato e sovvenzioneranno sempre meno, il cibo si farà più caro e la popolazione ne risentirà. E questo a sua volta potrebbe portare a disordini e destabilizzazione politica.

La durata della guerra in Ucraina è cruciale

I grandi problemi devono quindi ancora arrivare e molto dipenderà dalla durata della guerra: in Ucraina non è ancora possibile prevedere quando e come potrà avvenire la semina del grano quest’anno, mentre per quanto riguarda la Russia, non è chiaro per quanto tempo resteranno in vigore le sanzioni.

Secondo il PAM, la guerra in Ucraina non sarà l’unica causa dei problemi che diverse grandi regioni del mondo dovranno affrontare tra qualche mese: alla guerra si sommano infatti diversi fattori, come il cambiamento climatico, la pandemia e i prezzi a spirale per il cibo e il carburante, aggravati dalle carenze di grano e fertilizzanti. Secondo l’Organizzazione, tutti questi fattori porteranno almeno 44 milioni di persone in 36 Paesi sulla soglia della fame.

International Coaching Federation (ICF) Svizzera

 

ICF offre un modello di competenze, un codice etico e un programma indipendente di credenziali allo scopo di stabilire standard di qualità e rafforzare la professionalità dei Coach: Associate Certified Coach ACC, Professional Certified Coach PCC e Master Certified Coach MCC.

ICF definisce il Coaching come una partnership con i clienti che, attraverso un processo creativo, stimola la riflessione, ispirandoli a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale. Grazie all’attività svolta dal coach, i clienti sono in grado di apprendere ed elaborare le tecniche e le strategie di azione che permetteranno loro di migliorare sia le performance sia la qualità della propria vita.

Considerando ogni cliente pieno di risorse, il Coaching si distingue da altre professioni di supporto. Nei processi di Coaching, sia con una persona singola sia con un team, si osserva la situazione di partenza, si definisce l’obiettivo specificando indicatori di risultato e ciò che il cliente è disposto a fare per raggiungerlo.

ICF è la più grande associazione di Coaching al mondo. In Svizzera il Comitato Direttivo, insieme alle sezioni locali, contribuisce allo sviluppo della professione sul territorio. Agli iscritti offre sia assistenza sia momenti formativi e di community building. Oltre agli appuntamenti di formazione continua per i professionisti del Coaching, l’associazione organizza attività divulgative per i non addetti ai lavori. Il programma degli eventi è accompagnato da iniziative globali e nazionali come il Prism Award che celebra le organizzazioni che investono nello sviluppo di una cultura del Coaching e la Settimana Internazionale del Coaching (ICW) quale piattaforma offerta ai membri per promuovere il Coaching al pubblico.

L’ICW è una celebrazione globale nata nel 1999 per promuovere l’impatto benefico del Coaching professionale ed il valore di lavorare con un coach professionista. Per i coach è un’occasione per diventare ambasciatori del Coaching secondo ICF. Durante questa settimana, il compito di ogni coach è quindi incoraggiare individui e organizzazioni a sperimentare il Coaching. In tutto il mondo ogni anno vengono organizzati una varietà di eventi quali webinar, conferenze, laboratori, tavole rotonde, dimostrazioni e sessioni pro bono di Coaching.

Dati di contatto: International Coaching Federation Svizzera, Romina Henle, Via Marietta Crivelli Torricelli 15, 6900 Lugano, T +41 78 662 09 71, romina.henle@coachingfederation.ch, www.coachingfederation.ch