Lo scorso 21 giugno 2022, in concomitanza con la prima visita ufficiale nella città di Lugano dell’Ambasciatore del Vietnam in Svizzera Phung The Long e su iniziativa del Gruppo Fidinam, della stessa Città di Lugano e della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), si è tenuto un evento volto a presentare alle PMI ticinesi i vantaggi e le opportunità che il “Paese dei draghi” offre agli investitori stranieri.
Dopo i saluti iniziali da parte degli organizzatori e un breve intervento dell’Ambasciatore Phung The Long, si è entrati nel vivo dell’evento con l’intervento di Phuong Thao Bui, Managing Director di Fidinam (Vietnam) Ltd, che ha innanzitutto illustrato come la sua posizione strategica nel cuore del sud-est asiatico, la scena politica stabile, l’ampia forza lavoro dai costi competitivi e l’apertura agli investimenti diretti (IDE) rendano il Vietnam una promettente destinazione in cui investire o avviare un’attività. Esperta di diritto fiscale e societario, l’avvocatessa Bui ha in seguito presentato gli incentivi offerti agli investitori esteri, i settori di interesse, il funzionamento del sistema di tassazione, il processo di costituzione di un’azienda e i costi del lavoro.
A testimoniare l’interesse nei confronti del “Paese dei draghi” la presenza in sala di una trentina di imprenditori e dirigenti d’impresa ticinesi.
La Nazione sta infatti emergendo quale valida alternativa per lo spostamento delle catene di approvvigionamento globale anche grazie alla sua ampia rete di accordi di libero scambio (ALS), tra cui accordi di nuova generazione quali l’Accordo globale e progressivo per il partenariato transpacifico (CPTPP), l’ALS con l’Unione europea, l’ALS con il Regno Unito e, più di recente, l’Accordo di partenariato economico globale regionale (RCEP): tutti accordi, questi, che aprono a chi è presente in Vietnam l’accesso a importanti mercati di sbocco e di approvvigionamento. La Svizzera sta attualmente negoziando un ALS con il Vietnam nel quadro dell’Associazione europea di libero scambio (AELS).
Gli imprenditori interessati ad approfondire l’argomento posso trovare maggiori informazioni su come avviare una presenza in Vietnam sul sito web di Fidinam Group, a questa pagina, dove è anche possibile scaricare la relativa Business Guide.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/ART22-Vietnam-retrospettiva-evento.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-06-22 14:20:412022-07-04 09:30:34Vietnam: vivo interesse da parte delle aziende ticinesi
L’Ufficio dell’ispettorato del lavoro ha svolto accertamenti in oltre 1’600 aziende attive in tutti i settori dell’economia ticinese. Solo in rari casi (3%) è stata riscontrata un’infrazione.
Dall’entrata in vigore della legge sul salario minimo (LSM) ad inizio 2021, i servizi della Divisione dell’economia hanno svolto un intenso e capillare lavoro di formazione e informazione in collaborazione con la Camera di commercioe le principali associazioni di categoria con lo scopo di facilitare le aziende nell’applicazione della nuova legge.
In vista dell’applicazione concreta del salario minimo a partire da dicembre 2021, nel corso dell’autunno dello scorso anno la Commissione tripartita in materia di libera circolazione delle persone (CT) ha quindi elaborato e approvato una nuova strategia di controllo del mercato del lavoro con lo scopo di verificare il rispetto della LSM e nel contempo constatare l’eventuale presenza di dumping salariale settoriale e accertare il rispetto dei Contratti normali di lavoro (CNL).
I controlli vengono svolti a campione in tutti i settori economici. In alcuni comparti, ritenuti più sensibili o che presentavano un numero statisticamente elevato di salari bassi, la quota di datori di lavoro verificati è più importante. Un ruolo fondamentale nella strategia di controllo è giocato anche dalle segnalazioni, alle quali viene puntualmente dato seguito. Il mancato rispetto della LSM è perlopiù da ricondurre a errori di calcolo. La quasi totalità dei datori di lavoro ha reintegrato la differenza dovuta.
Solo in 7 casi la sanzione supera i 2’000 franchi (la multa è calcolata in base alla differenza tra il salario dovuto secondo la LSM e il salario effettivamente versato). Sulle circa 50 infrazioni riscontrate, più di 30 riguardano datori di lavoro oggetto di segnalazioni puntuali.
È possibile segnalare una presunta violazione della LSM alla pagina internet: www.ti.ch/abusi-salariali.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2022-06-22 10:59:002022-06-22 10:59:00L’esito dei primi controlli eseguiti mette in evidenza un sostanziale rispetto della legge sul salario minimo
Costi più alti e difficoltà nell’approvvigionamento. L’allarme lanciato qualche settimana fa da ElCom, la Commissione federale dell’energia elettrica, non lascia spazio a dubbi. La guerra russo-ucraina ha destabilizzato ulteriormente il mercato dell’energia, spingendo al rialzo il prezzo mondiale del petrolio e del gas. Un clima di pesante incertezza ha smorzato l’ottimismo nella tanto sperata ripresa economica nell’Europa del dopo pandemia.
Nel giro di pochi mesi si è passati dai proclami solenni contro i combustibili fossili alla corsa per il loro accaparramento, alimentandone l’escalation dei costi.
Per sostituire le forniture russe di gas e petrolio ci si deve rivolgere ad altri Stati retti, purtroppo, da governi instabili o da autocrati che non danno grandi garanzie di affidabilità sul medio e lungo termine. Una ricerca volutamente miope di nuove pericolose dipendenze, le cui possibili conseguenze si potranno valutare nella loro interezza solo in futuro.
Nonostante l’inevitabile “fame planetaria” di combustibili fossili, e l’emergenza che ne deriva, non sembra concedere tregua la “verde” corsa simultanea. Nel pieno della tempesta energetica l’Europarlamento ha deciso di porre fine alla vendita di auto a benzina e diesel nel 2035. I Verdi svizzeri, per non essere da meno, hanno annunciato un’iniziativa per mettere al bando i motori termici addirittura nel 2025. Un iper-attivismo ecologista che potrebbe avere effetti devastanti per l’economia e la società.
Eppure, l’attuale crisi energetica globale mostra chiaramente che il problema della transizione green, condiviso e condivisibile sul principio, dovrebbe venire affrontato con molto più pragmatismo.
Una scelta avventata
La decisione dell’Europarlamento deve ancora passare all’esame del Consiglio europeo e al vaglio degli Stati membri, e vogliamo pensare prevalga il buon senso. I costi di una scelta avventata si scaricheranno inevitabilmente sui ceti medi, sulle fasce a basso reddito e sulle imprese.
Persone e imprese che hanno adottato ormai da tempo, per quanto nelle proprie possibilità, priorità di sostenibilità non di poco conto. L’accusa d’indifferenza, spesso, non ascolta il grido d’emergenza.
Tra industria dell’automobile e indotto, ci sono in gioco, in tutta Europa, Svizzera compresa, centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ma non solo. Oggi il 70% delle batterie necessarie alle auto elettriche arrivano dall’Asia. Da sola la Cina copre il 45% del mercato, mentre nel Vecchio Continente la produzione di questi accumulatori sta muovendo ora i primi passi, vista anche la forte dipendenza dall’estero per le relative materie necessarie. Pertanto, ancora per molto tempo non ci sarà una sufficiente autonomia strategica.
La rincorsa ossessiva all’elettrificazione automobilistica sembra non riconoscere il fatto che non è possibile sostituire dall’oggi al domani i combustibili fossili. Che anche accelerando all’inverosimile con le fonti rinnovabili, queste da sole non saranno in grado di produrre una quantità tale di elettricità in grado di muovere i trasporti, pubblici e privati, e di riscaldare tutti gli edifici, di fare fronte alle crescenti e, spesso legittime, richieste della nostra società. Inoltre, per lo stoccaggio di questa energia servirà un mastodontico, e costosissimo, piano di infrastrutture che non si può realizzare nel giro di pochi anni.
Realismo e fattibilità
Uno sguardo attento e lungimirante deve indirizzarsi verso le fonti rinnovabili e il loro sviluppo. Questo è innegabile e non a caso, stiamo spingendo intensamente e unitamente al Dipartimento cantonale del territorio, la diffusione di impianti fotovoltaici per le imprese che dispongono di grandi superfici su tetti e facciate.
Infatti, il mondo delle imprese per primo è convinto della necessità della tutela dell’ambiente. Non per nulla l’industria svizzera già nel 2020 ha ridotto le sue emissioni del 15%, rispetto al 1990, raggiungendo gli obiettivi climatici stabiliti. Negli altri settori si sono progressivamente implementate con successo misure per migliorare l’efficienza energetica e ridurre l’impatto delle attività produttive. C’è la consapevolezza che la crescita futura non può dipendere così fortemente dai combustibili fossili, che è necessario puntare su vettori alternativi.
Il passaggio all’energia verde non può però prescindere da un’analisi oggettiva e da un confronto serio, senza distorsioni ideologiche, su fattibilità, costi, efficienza, tempi ed effetti economico-sociali di una transizione che è molto più problematica di quanto non lasci intendere.
Diversificazione e complementarità
Il febbraio scorso uno studio del Laboratorio federale EMPA e dell’EPFL, il Politecnico federale di Losanna, ha dimostrato che è irrealistico pensare di coprire il fabbisogno energetico della Svizzera ricorrendo alle sole fonti rinnovabili. Smentendo, di fatto, anche la strategia del Consiglio federale che vorrebbe raggiungere per questa via la neutralità climatica entro la metà secolo.
Lo studio ha preso in considerazione tre scenari basati sul fotovoltaico (perché meno discontinuo dell’eolico) e sull’ipotesi della sostituzione del nucleare con la chiusura delle 4 centrali nucleari attualmente in funzione entro il 2050: totale elettrificazione del sistema energetico, dalla mobilità al riscaldamento degli edifici, uso dell’idrogeno e carburanti sintetici.
In tutte le tre varianti sarebbero necessarie una spropositata superficie solare pro capite, da 3 sino a 12 volte l’estensione dei tetti disponibili in Svizzera, e adeguate batterie di accumulo giorno-notte che, a dipendenza dello scenario, vanno da 26 kWh sino a 109 kWh a persona.
Nella variante dell’elettrificazione totale servirebbero per lo stoccaggio, estate-inverno, delle grandi centrali di pompaggio, l’equivalente cioè di tredici bacini dalle dimensioni della Grande Dixence nel Vallese, che con i suoi 285 metri è la diga più alta d’Europa. Non disponiamo di valli capaci di ospitare simili infrastrutture.
Per immagazzinare l’idrogeno si dovrebbero invece impiegare caverne pari a 25 volte il tunnel di base del San Gottardo.
Infine, per rifornire tutto il Paese con i carburanti sintetici da elettricità verde (che andrebbero comunque generosamente sussidiati perché costerebbero molto di più di quelli a combustione), il 4,5% della Svizzera dovrebbe essere ricoperto di cellule solari. Supportate con batterie di accumulo da 109 kWh pro capite. I costi energetici annui triplicherebbero: dagli attuali 3’000 a 9’600 franchi a persona.
In definitiva lo studio EMPA-EPFL è la dimostrazione scientifica che una strategia energetica vincente deve basarsi sulla diversificazione e la complementarità delle diverse fonti, nucleare compreso, solo così si riusciranno a raggiungere un buon livello di autonomia energetica, di sicurezza nell’approvvigionamento e un prezzo sostenibile.
E senza dimenticare che in futuro non si potrà fare a meno di una logistica energetica globale, per sfruttare le enormi potenzialità del fotovoltaico laddove la radiazione solare è così elevata da ridurre drasticamente i costi di produzione sia per l’idrogeno che per i combustibili sintetici.
Stando ai calcoli di ElCom, nel 2023 le aziende con un consumo annuo di 150mila chilowattora pagheranno 6’000 franchi in più (IVA esclusa); per una famiglia con un consumo medio di 4’500 chilowattora l’aumento sarà di circa 180 franchi all’anno. Secondo altri analisti, i rincari potrebbero essere molto più consistenti. Nuovi costi e sacrifici per famiglie e imprese.
Che sarà un “inverno da brivido”, sia per gli aumenti delle tariffe sia per la paura di non avere sufficiente energia per tutti, lo ha confermato la recente assemblea dell’Azienda elettrica ticinese. In Svizzera le riserve idriche, a causa della siccità, sono ai minimi storici, con volumi del 30% inferiori rispetto alla media pluriennale. L’Europa si ritrova invece ai livelli minimi con le riserve di gas. Insomma, per il nostro Paese che da 20 anni importa energia durante l’inverno, potrebbe diventare anche problematico un apporto dall’estero. Con le forniture russe che si ridurranno progressivamente e una costante crescita del fabbisogno energetico, gli Stati vicini non potranno garantire la condivisione delle risorse.
Come ha ricordato Giovanni Leonardi, Presidente di AET, abbiamo a che fare con un sistema elettrico che ha più di un secolo, ma dovremmo trasformarlo radicalmente nel giro di appena 25 anni per raggiungere la neutralità climatica nel 2050. Più che una transizione ecologica, che implica un processo graduale, ben ponderato e con esiti equi per tutti, si sta imponendo un cambio di paradigma troppo veloce e radicale per non creare pericolosi scompensi.
Purtroppo, la classe politica non pare ponderare con la necessaria cautela le conseguenze che la crisi energetica e i forti rincari avranno certamente per le famiglie e le imprese in termini di costi vivi e d’incertezza. Un “domino” di grande malessere.
È ormai più che un fondato timore, che gli effetti più gravi della guerra in Ucraina si debbano ancora manifestare nella loro complessità, che si stia sottovalutando, come è stato per l’inflazione, l’impatto di un conflitto che sta già ripensando i precedenti assetti geopolitici.
Con pesanti ripercussioni sui sistemi economici dei Paesi europei, che erano già in difficoltà per l’aumento delle materie prime e le strozzature nelle catene internazionali degli approvvigionamenti.
Un confronto deve essere serio
Non possiamo permetterci di escludere a priori una fonte d’energia che ha comunque un ruolo importante, cioè il nucleare.
Sarebbe oltremodo rischioso spegnere le nostre centrali nucleari entro il 2035, come si vorrebbe da più parti. Anche investendo massicciamente nelle energie rinnovabili non si riuscirebbe a compensare un ammanco di 22 miliardi di chilowattora di elettricità all’anno. Senza dimenticare l’opzione futura del nucleare di nuova generazione.
Una fonte complementare costante e affidabile, che è stata riconosciuta nella tassonomia verde dalla Commissione europea come una tecnologia pulita per la fase di transizione ecologica.
Svizzera e Germania sono stati gli unici Paesi a rinunciare al nucleare a cui invece si ricorre intensamente in molti altri Stati che stanno anche potenziando i loro impianti. Attualmente in tutto il mondo sono in attività 441 centrali nucleari, altre 171 sono in fase di costruzione o di progettazione, di cui una quarantina in Cina, 17 in Russia e 20 in India. Negli Usa, oltre a prolungare di una ventina d’anni l’esercizio degli attuali reattori, si sta investendo nel nucleare di quarta generazione. In Francia, che conta già 56 centrali nucleari, ne verranno realizzate altre 14, puntando soprattutto sugli “small modular reactors”, i mini reattori atomici più sicuri, meno costosi e realizzabili in tempi brevi.
Oltre che in Gran Bretagna e in Finlandia, persino nel Giappone di Fukushima si costruiscono nuove centrali, mentre da noi, proprio a seguito di quell’incidente vige il divieto di realizzarne di nuove. Ma distanza di 11 anni da quella tragedia, e tenuto conto dei grandi progressi tecnologici registrati nel frattempo in questo settore, sarebbe ragionevole rivedere la discussione sui rischi reali e sulle opportunità che offre oggi il nucleare. Come vettore complementare per un’energia pulita, sicura, potenzialmente inesauribile e a prezzo sostenibile. Per conciliare la difficoltà energetica del pianeta e la sostenibilità, sono del resto allo studio alternative sostenibili per lo sfruttamento veicolato delle “vecchie” fonti energetiche. In Svizzera una start-up sta sviluppando un nuovo tipo di reattore nucleare che utilizza il torio invece dell’uranio.
Un successo della linea “verde” e sostenibile per tutti deve ancora continuare a essere complementare.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/ART22-Enegia-e-demagogia.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2022-06-21 07:22:002022-06-20 11:22:41Energia e Demagogia
Modifica della struttura tariffaria dei servizi della Cc-Tiinerenti ai documenti d’esportazione e delle direttive amministrative concernenti l’Ordinanza sull’attestazione non preferenziale delle merci a partire dal 1° luglio 2022.
Come ben sapete, per conto del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR), la nostra Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti), rilascia certificazioni di origine non preferenziale soggette a tassa.
Su richiesta della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) e della Sorveglianza dei prezzi (SPr), la struttura tariffaria è stata riveduta, armonizzata a livello svizzero e semplificata. Le nuove tariffe della Cc-Ti valide a partire dal 1° luglio 2022 possono essere scaricate a fondo pagina.
Vi segnaliamo inoltre l’entrata in vigore dei seguenti provvedimenti previsti dalle direttive amministrative:
Dichiarazione a lungo termine per l’origine non preferenziale ai sensi degli artt. 59-61 del Codice doganale dell’Unione (CDU) A partire dal 1° luglio 2022 saranno accettate dichiarazioni a lungo termine provenienti non solo dalla Germania ma da tutta l’UE, purché certificate da una Camera di commercio estera competente o da un’autorità analoga.
Aumento a CHF 2’000 dell’obbligo di presentazione della prova dell’origine per le merci (criterio di origine G): A partire dal 1° luglio 2022, l’attuale prassi di rinunciare alle prove dell’origine per le merci di valore non superiore a CHF 1’000 per articolo e per linea tariffale sarà modificata: essa passerà a CHF 2’000 per articolo e per linea tariffale. Il richiedente è tenuto a conservare le prove dell’origine valide e a presentarle su richiesta.
Il Servizio legalizzazioni della Cc-Ti resta a disposizione per eventuali chiarimenti (tel. 091 911 51 23/29, e-mail internazionale@cc-ti.ch).
Scarica le nuove tariffe valide a partire dal 01.07.2022
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/ART22A-adeguamento-tariffe-leg.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-06-20 08:00:002022-06-30 10:12:46Adeguamento tariffe Servizio legalizzazioni
Nel 2020, grazie agli accordi di libero scambio le aziende svizzere hanno risparmiato circa 2.3 miliardi di franchi svizzeri in dazi doganali sulle merci importate. È quanto si evince da un rapporto pubblicato congiuntamente dalla SECO e dall’AELS.
La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) e l’Associazione europea di libero scambio (AELS) hanno pubblicato un’analisi dettagliata dell’impatto degli accordi di libero scambio (ALS) attualmente in vigore. Essa analizza i risparmi tariffari di cui hanno beneficiato le aziende svizzere grazie a tali accordi.
Secondo il rapporto, nel 2020 le aziende svizzere hanno realizzato risparmi sulle importazioni in Svizzera per un totale di 2.27 miliardi di franchi, una somma corrispondente all’82.9% dei risparmi ipoteticamente possibili. Il tasso di utilizzo degli ALS è stato del 68.1%. I maggiori risparmi sono stati realizzati nei settori della plastica (227 milioni di franchi), delle automobili (142 milioni) e dei macchinari (73 milioni).
Nella sola Unione europea (UE), principale partner commerciale del nostro Paese, i risparmi si sono attestati a 1.96 miliardi di franchi, pari all’89.4% dei risparmi possibili. Anche in questo caso i principali beneficiari sono stati i settori della plastica (207 milioni di franchi), delle automobili (118 milioni) e dei macchinari (62 milioni).
Si ricorda che lo scopo primario degli ALS è essenzialmente di facilitare gli scambi tra due o più Paesi riducendo o eliminando gli ostacoli migliorando altresì la competitività delle aziende. Anche se il contenuto degli ALS si è evoluto negli anni, l’abbattimento dei dazi doganali resta un elemento centrale. I Paesi partner di un ALS si concedono reciprocamente queste agevolazioni (e non le accordano ad altri Paesi) ed è per questo motivo che ogni accordo è circoscritto ai prodotti originari dei Paesi partner dello stesso, per i quali definisce le regole d’origine specifiche da rispettare. Solo se queste regole sono soddisfatte, e se le merci sono scortate da una prova dell’origine valida, l’esenzione o l’agevolazione in materia di dazi viene concessa. In ambito doganale si parla di “preferenze tariffali” e dunque di “origine preferenziale”. Nella fattispecie, se un’azienda svizzera intende beneficiare di un’agevolazione nel Paese di destinazione, deve comprovare l’origine svizzera della propria merce. Per maggiori ragguagli sul tema si rinvia all’articolo del 17 marzo 2022 “L’origine non è sempre origine”.
I risparmi di cui sopra sono stati resi possibili grazie alla rete molto sviluppata di ALS che conta, oltre alla Convenzione AELS (Associazione europea di libero scambio) e all’ALS con l’UE, ben 33 accordi di libero scambio con 43 Paesi partner.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/ART22-monitoraggio-ALS-1.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-06-17 10:08:092022-06-27 09:33:54Risparmi miliardari grazie al libero scambio
Il secondo appuntamento di un ciclo di eventi organizzati dal Dipartimento del territorio e dalla Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino, si è tenuto il 14 giugno a Manno.
Con una media annuale di oltre 2’000 ore di sole a Lugano, la “Sonnenstube” Cantone Ticino supera di gran lunga il resto delle regioni di pianura del nostro paese. Hic et nunc, direbbero i latinisti. È adesso il momento, non domani! È questo il messaggio principale lanciato dal Consigliere di Stato Claudio Zali durante il secondo incontro “Solare? Ora!” organizzato dal Dipartimento del territorio in collaborazione con la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino tenutosi oggi a Manno. In Ticino, gli edifici di tipo industriale, artigianale e commerciale che dispongono di un tetto di almeno 300 m2 e che godono di una buona/ottima insolazione sono circa 13 mila. Se su ogni tetto venissero installati dei pannelli fotovoltaici si riuscirebbe a produrre circa un terzo dell’energia elettrica attualmente consumata in Ticino. Un risultato che permetterebbe al Cantone di essere molto più indipendente nella produzione di energia elettrica e maggiormente rispettoso dell’ambiente.
Nel Luganese la disponibilità di tetti di medie/grandi dimensioni e le condizioni di insolazione sono molto favorevoli: un terzo del fabbisogno di energia elettrica potrebbe essere prodotto con l’ausilio di pannelli fotovoltaici installati sugli edifici che dispongono di un tetto di almeno 500 mq di superficie.
L’incontro di oggi ha dato la possibilità a imprenditori e rappresentanti delle aziende ubicate nel Luganese di raccogliere diverse informazioni sull’iter procedurale e tecnico da seguire qualora si volesse dar seguito all’installazione di pannelli fotovoltaici. Due buone pratiche sono state presentate dal CEO della Gehri SA, Signor Andrea Gehri e dal CEO di AIL Signor Andrea Prati. Gehri, che è anche Presidente della Cc-Ti, ha evidenziato un bilancio economico ed ambientale positivo da quando la sua azienda si è munita di pannelli fotovoltaici. Andrea Prati di AIL ha invece messo in guardia gli imprenditori sull’incerto futuro dei prezzi energetici. Prezzi che in base alle attuali previsioni subiranno un importante crescita nei prossimi anni. Scegliere la via dell’energia solare permetterà a molti imprenditori di “dormire sonni” più tranquilli dal profilo energetico.
Il Cantone c’è e gli incentivi non mancano. Per esempio un impianto di pannelli fotovoltaici da 70 kW che costerebbe circa 115’000 franchi, verrebbe finanziato nella misura di circa 35’000 franchi sia dalla Confederazione sia dal Cantone. Il costo dell’investimento sarebbe inoltre ammortizzato in otto anni: se l’impianto ha una durata di circa 25 anni ciò significa che per 17 anni l’azienda otterrebbe soltanto dei ricavi.
Nel suo intervento il sindaco di Manno Giorgio Rossi ha evidenziato la politica energetica che i Comuni di Agno, Boggio e Manno stanno portando avanti insieme da diversi anni. Buoni i risultati finora ottenuti: 176 impianti fotovoltaici installati per una potenza totale di 4’562 kWp.
All’evento è intervenuto anche il Direttore della Cc-Ti Luca Albertoni.
Il terzo incontro sarà rivolto alle aziende del Sopraceneri a data da stabilire.
La guerra in Ucraina e la pandemia hanno compromesso massicciamente le supply chain e la situazione si è acutizzata con le recenti misure di contenimento del virus introdotte dalla Cina. Una cosa può aiutare: la digitalizzazione.
La “trasformazione digitale” è da anni un grande tema dell’economia. Per rimanere competitivi è necessario focalizzare gli investimenti digitali in risposta alle esigenze in continua evoluzione dei clienti. Molte aziende in tutto il mondo hanno già avviato la digitalizzazione della loro struttura, ma la pandemia ha evidenziato chiaramente la necessità di ulteriori sviluppi.
Come se ciò non bastasse, la guerra in Ucraina sta causando nuove massicce interruzioni delle supply chain internazionali. Le aziende sono quindi chiamate a prendere provvedimenti per disinnescare la situazione. Un mezzo efficace è sicuramente quello di individuare partnership commerciali alternative, cercando nuovi fornitori, mercati o clienti alternativi così come nuovi fornitori di servizi di trasporto e logistica.
Trasparenza della supply chain
Una vera soluzione a lungo termine, tuttavia, si trova soprattutto nella trasparenza: quanto più un’azienda è a conoscenza della disponibilità, delle condizioni e della posizione delle merci ordinate, tanto più tempestivamente può reagire a nuovi rischi e ad eventi imprevisti.
Il vero mezzo per aumentare realmente la trasparenza della catena di approvvigionamento è la digitalizzazione, che consente la trasmissione in tempo reale e la registrazione automatica delle informazioni relative allo stato delle consegne. Gli algoritmi predittivi supportano la pianificazione e il controllo delle catene di approvvigionamento o, nel caso di eventuali deviazioni dai propri piani, l’identificazione e l’implementazione di alternative.
Pertanto, le tecnologie più familiari di altri settori devono essere applicate anche alla logistica: parliamo di big data e predictive analytics nonché di algoritmi per il machine learning e l’intelligenza artificiale al fine di costruire modelli predittivi capaci di ottimizzare produzione e distribuzione o di prevedere disservizi lungo la filiera (con la possibilità di intervenire tempestivamente per prevenirli), di realtà virtuale e atavar digitali non solo per la simulazione di crisi ma anche quale strumento per la formazione o per abilitare interventi di manutenzione da remoto, di robot da magazzino e di sistemi automatizzati per i processi di stoccaggio, così come di interfacce di programmazione di applicazioni (API) per la condivisione delle informazioni raccolte con i vari partner della filiera. In questo contesto, e a garanzia della sicurezza, dell’inalterabilità e dell’univocità delle informazioni, ad acquisire sempre maggiore strategicità è la blockchain, che permette altresì di tracciare la trasformazione e il trasporto di materie prime, lavorati e prodotti finiti lungo tutta la supply chain.
Per consentire questo tipo di collegamento in rete, la tecnologia dei sensori è di fondamentale importanza. Solo grazie ad essa è possibile registrare e trasmettere la posizione, lo stato, i movimenti e persino il rumore delle merci: questa è la base per l’applicazione dell’Internet delle cose (IoT). Per essere efficiente, l’elaborazione di questa immensa quantità di dati dei sensori deve essere effettuata dal cloud computing.
Il 5G è di grande importanza
Lo sviluppo verso catene di fornitura digitalizzate può essere notevolmente accelerato dall’introduzione del 5G. Questa potente rete mobile, che esiste dal 2019, consente una trasmissione dei dati significativamente più veloce. Ciò è di particolare importanza per l’IoT, perché i dati possono circolare più rapidamente non solo all’interno dell’azienda, ma anche e soprattutto all’interno dell’intera catena di approvvigionamento.
Secondo il Diplomatic Council, un think tank delle Nazioni Unite, il successo della digitalizzazione della supply chain di Tesla potrebbe servire da modello: il produttore di auto elettriche ha infatti reso il suo software così flessibile di fronte alla crisi globale dei chip che le auto con chip diversi e altri componenti più grandi possono essere prodotte ad hoc a seconda della disponibilità del materiale.
Allo stesso tempo, il think tank delle Nazioni Unite avverte che le carenze globali di approvvigionamento e di materiali continueranno ad aumentare. È probabile che si verifichi una carenza dei prodotti più semplici, come alcune viti o parti in plastica, con conseguenti difficoltà per ampi settori dell’ingegneria meccanica e dell’impiantistica. Senza una digitalizzazione coerente, queste sfide non potranno essere superate.
In sostanza, con la guerra in Ucraina, le sanzioni internazionali nei confronti della Russia e la politica “zero Covid” della Cina, l’economia mondiale si trova ora in una sorta di recessione a collo di bottiglia.
Blocchi in Cina, IA e realtà virtuale
La Cina è un importante fornitore di chip, alluminio, prodotti chimici e materie prime come le terre rare e dispone del principale snodo planetario delle navi portacontainer (Shanghai). La sua politica di isolamento e di chiusure regionali hanno esacerbato le strozzature esistenti, congestionato il già trafficato scalo marittimo e in sostanza scatenato una nuova ondata di caos sulle catene di approvvigionamento a livello globale. Se la situazione dovesse persistere e si dovessero verificare ulteriori blocchi regionali, importanti supply chain internazionali potrebbero essere paralizzate.
È proprio in questo contesto che possono entrare in gioco le tecnologie dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale: grazie all’analisi dei big data corrispondenti, è possibile anticipare le tendenze e simulare possibili scenari non solo su come si svilupperà la crisi, ma anche allo scopo di prevedere la domanda e di conseguenza adeguare l’allocazione degli asset. Così facendo, le aziende avranno a disposizione piani d’azione alternativi e saranno in grado di ottimizzare i vari processi che alimentano la filiera.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/ART22-Digitalizzare-arginare-recessione.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-06-07 08:00:002022-06-22 10:41:25Digitalizzare per arginare la recessione a collo di bottiglia
Il 1° agosto 2021 è entrata in vigore in Germania la nuova legge sulla trasparenza e l’informazione finanziaria sul riciclaggio di denaro, che obbliga le società tedesche a comunicare i propri titolari effettivi al Registro per la trasparenza. Tale obbligo di iscrizione non riguarda solo le nuove società, ma anche quelle esistenti. Per queste ultime è stato previsto un periodo di transizione: per le società anonime il termine è scaduto il 31 marzo scorso, mentre per le società a responsabilità esso scade il 30 giugno prossimo.
Nell’ambito della lotta antiriciclaggio, a giugno 2021 il legislatore tedesco ha adottato la legge sul registro per la trasparenza e le informazioni finanziarie sul riciclaggio di denaro (Transparenzregister- und Finanzinformationsgesetz Geldwäsche, TraFinG Gw), entrata in vigore il 1° agosto dello stesso anno. Un elemento centrale di questa legge è il concetto di trasparenza totale: le società sono infatti obbligate a comunicare i loro beneficiari effettivi al Registro della trasparenza.
L’obbligo d’iscrizione grava principalmente sull’Amministratore della società o, per essere più precisi, sulla persona fisica che esercita un potere effettivo di controllo sulla società (wirtschaftliche Berechtigter). Trattasi nella fattispecie di colui o colei che, direttamente o indirettamente, detiene più del 25% del capitale sociale o dei diritti di voto o esercita un controllo assimilabile alle opzioni precedenti.
Le informazioni che occorre fornire al Registro sono:
nome e cognome
data di nascita
luogo di residenza
modalità ed entità del controllo esercitato
tutte le cittadinanze.
Se l’obbligo di comunicazione dei titolari effettivi per le società anonime, le società europee o le società in accomandita per azioni è scaduto il 31 marzo scorso, le società a garanzia limitata, le cooperative, le cooperative europee e i partenariati hanno ancora tempo fino al 30 giugno 2022. Per tutti gli altri casi il termine è il 31 dicembre 2022. In caso di mancata registrazione, la pena pecuniaria può arrivare sino a 150’000 euro.
L’iscrizione nel Registro per la trasparenza va effettuata per via elettronica su www.transparenzregister.de ed è gratuita. Alle aziende verrà tuttavia addebitata una tassa annuale per la tenuta del registro della trasparenza (per l’anno 2022: EUR 20.80).
L’Ufficio amministrativo federale tedesco (Bundesverwaltungsamt, BVA) ha riunito le domande poste più di frequente (e le relative risposte) in un documento di FAQ (in tedesco).
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/ART22-Germania-notifica-titolari.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-06-02 08:00:002022-06-22 15:00:05Germania: notifica dei titolari effettivi delle società
Dal 1° marzo 2022, salvo alcune eccezioni, le spedizioni verso l’Egitto devono obbligatoriamente essere coperte con lettera di credito.
Inizialmente dal 22 febbraio 2022, poi confermato dal 1° marzo 2022, non è più consentito importare merci in Egitto utilizzando il sistema CAD (cash against documents, ovvero l’incasso documentario): la Banca centrale egiziana (CBE) ha infatti istituito l’obbligo per le banche egiziane di utilizzare esclusivamente il credito documentario.
Sono consentite le seguenti eccezioni:
importazioni effettuate da filiali di società estere e loro controllate con sede in Egitto per acquisti dalla casa madre;
importazioni di prodotti alimentari e sanitari, tra cui medicinali e principi attivi necessari alla produzione locale degli stessi, te, carne, pollame, pesce, grano, olio, latte in polvere, latte artificiale per neonati, lenticchie, burro, mais;
importazioni di valore inferiore a USD 5’000.- o equivalente;
spedizioni effettuate per posta e corriere;
transazioni tra aziende nelle zone franche e aziende egiziane, se la transazione riguarda il mercato egiziano ed è condotta in valuta locale (sterline egiziane, EGP);
importazioni per uso privato per le quali è utilizzato il modulo 6;
consegne in garanzia;
importazioni di linee di produzione, pezzi di ricambio e simili per uso speciale, per le quali è utilizzato il modulo 6.
Per l’importazione di talune categorie di merci (cfr. questo documento non ufficiale), non viene emessa alcuna lettera di credito senza la preventiva autorizzazione della Banca Centrale.
Successivamente all’entrata in vigore della normativa, ulteriori deroghe sono state annunciate, come ad esempio l’utilizzo del CAD per le importazioni (solo da parte di importatori egiziani qualificati come “produttori”) di “input di produzione e di materie prime” (cfr. comunicazione del 10 maggio 2022 del portavoce del Presidente Sisi). Tali deroghe tuttavia non risultano essere (ancora) confermate ufficialmente.
Poiché, come evidenziato poc’anzi, la lista delle eccezioni è soggetta a modifiche, si consiglia di chiarire bene con i propri partner egiziani se vi sono ulteriori aggiornamenti in merito ai prodotti, come avviene la gestione del credito documentario in tutte le sue fasi e quali documenti vengono effettivamente richiesti.
Salvo eccezioni, l’importazione in Algeria di beni destinati alla rivendita in stato inalterato è ora soggetta alla verifica della mancata disponibilità di tali prodotti sul mercato locale e alla presentazione di un documento rilasciato da ALGEX, l’Agenzia nazionale per la promozione del commercio estero.
L’Algeria ha inasprito l’accesso al mercato dei prodotti esteri: dal 25 aprile 2022, infatti, solo i prodotti non disponibili sul mercato locale potranno essere importati.
Secondo quanto comunicato il 24 aprile 2022 dall’Associazione algerina delle banche e degli istituti finanziari (ABEF) ai direttori delle banche e degli istituti finanziari algerini, il Ministero algerino del commercio e della promozione delle esportazioni ha attivato una piattaforma elettronica per il prodotto nazionale: interattiva e accessibile a tutti i settori e operatori economici, la piattaforma Cartographie Nationale du Produit Algérien deve essere obbligatoriamente consultata dall’azienda importatrice prima di effettuare qualsiasi operazione di importazione di merci destinate alla rivendita in stato immutato e assicurarsi che i prodotti importati non siano già presenti sul mercato locale.
Dopo aver consultato la piattaforma, l’importatore deve imperativamente richiedere il relativo documento all’Agenzia nazionale per la promozione del commercio estero (ALGEX). Tale documento è necessario per ottenere la domiciliazione presso le banche commerciali algerine e quindi per l’importazione.
I provvedimenti sono parte di un processo avviato dall’Algeria per “regolamentare e razionalizzare le importazioni” e spingere gli operatori algerini all’acquisto di beni e prodotti locali.
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Vietnam: vivo interesse da parte delle aziende ticinesi
/in Internazionale, Tematiche, VariaLo scorso 21 giugno 2022, in concomitanza con la prima visita ufficiale nella città di Lugano dell’Ambasciatore del Vietnam in Svizzera Phung The Long e su iniziativa del Gruppo Fidinam, della stessa Città di Lugano e della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), si è tenuto un evento volto a presentare alle PMI ticinesi i vantaggi e le opportunità che il “Paese dei draghi” offre agli investitori stranieri.
Dopo i saluti iniziali da parte degli organizzatori e un breve intervento dell’Ambasciatore Phung The Long, si è entrati nel vivo dell’evento con l’intervento di Phuong Thao Bui, Managing Director di Fidinam (Vietnam) Ltd, che ha innanzitutto illustrato come la sua posizione strategica nel cuore del sud-est asiatico, la scena politica stabile, l’ampia forza lavoro dai costi competitivi e l’apertura agli investimenti diretti (IDE) rendano il Vietnam una promettente destinazione in cui investire o avviare un’attività. Esperta di diritto fiscale e societario, l’avvocatessa Bui ha in seguito presentato gli incentivi offerti agli investitori esteri, i settori di interesse, il funzionamento del sistema di tassazione, il processo di costituzione di un’azienda e i costi del lavoro.
A testimoniare l’interesse nei confronti del “Paese dei draghi” la presenza in sala di una trentina di imprenditori e dirigenti d’impresa ticinesi.
La Nazione sta infatti emergendo quale valida alternativa per lo spostamento delle catene di approvvigionamento globale anche grazie alla sua ampia rete di accordi di libero scambio (ALS), tra cui accordi di nuova generazione quali l’Accordo globale e progressivo per il partenariato transpacifico (CPTPP), l’ALS con l’Unione europea, l’ALS con il Regno Unito e, più di recente, l’Accordo di partenariato economico globale regionale (RCEP): tutti accordi, questi, che aprono a chi è presente in Vietnam l’accesso a importanti mercati di sbocco e di approvvigionamento. La Svizzera sta attualmente negoziando un ALS con il Vietnam nel quadro dell’Associazione europea di libero scambio (AELS).
Gli imprenditori interessati ad approfondire l’argomento posso trovare maggiori informazioni su come avviare una presenza in Vietnam sul sito web di Fidinam Group, a questa pagina, dove è anche possibile scaricare la relativa Business Guide.
L’esito dei primi controlli eseguiti mette in evidenza un sostanziale rispetto della legge sul salario minimo
/in Comunicazione e mediaL’Ufficio dell’ispettorato del lavoro ha svolto accertamenti in oltre 1’600 aziende attive in tutti i settori dell’economia ticinese. Solo in rari casi (3%) è stata riscontrata un’infrazione.
Dall’entrata in vigore della legge sul salario minimo (LSM) ad inizio 2021, i servizi della Divisione dell’economia hanno svolto un intenso e capillare lavoro di formazione e informazione in collaborazione con la Camera di commercio e le principali associazioni di categoria con lo scopo di facilitare le aziende nell’applicazione della nuova legge.
In vista dell’applicazione concreta del salario minimo a partire da dicembre 2021, nel corso dell’autunno dello scorso anno la Commissione tripartita in materia di libera circolazione delle persone (CT) ha quindi elaborato e approvato una nuova strategia di controllo del mercato del lavoro con lo scopo di verificare il rispetto della LSM e nel contempo constatare l’eventuale presenza di dumping salariale settoriale e accertare il rispetto dei Contratti normali di lavoro (CNL).
I controlli vengono svolti a campione in tutti i settori economici. In alcuni comparti, ritenuti più sensibili o che presentavano un numero statisticamente elevato di salari bassi, la quota di datori di lavoro verificati è più importante. Un ruolo fondamentale nella strategia di controllo è giocato anche dalle segnalazioni, alle quali viene puntualmente dato seguito. Il mancato rispetto della LSM è perlopiù da ricondurre a errori di calcolo. La quasi totalità dei datori di lavoro ha reintegrato la differenza dovuta.
Solo in 7 casi la sanzione supera i 2’000 franchi (la multa è calcolata in base alla differenza tra il salario dovuto secondo la LSM e il salario effettivamente versato). Sulle circa 50 infrazioni riscontrate, più di 30 riguardano datori di lavoro oggetto di segnalazioni puntuali.
È possibile segnalare una presunta violazione della LSM alla pagina internet: www.ti.ch/abusi-salariali.
Energia e Demagogia
/in Comunicazione e mediaUna società, molte fonti di approvvigionamento
Costi più alti e difficoltà nell’approvvigionamento. L’allarme lanciato qualche settimana fa da ElCom, la Commissione federale dell’energia elettrica, non lascia spazio a dubbi. La guerra russo-ucraina ha destabilizzato ulteriormente il mercato dell’energia, spingendo al rialzo il prezzo mondiale del petrolio e del gas. Un clima di pesante incertezza ha smorzato l’ottimismo nella tanto sperata ripresa economica nell’Europa del dopo pandemia.
Nel giro di pochi mesi si è passati dai proclami solenni contro i combustibili fossili alla corsa per il loro accaparramento, alimentandone l’escalation dei costi.
Per sostituire le forniture russe di gas e petrolio ci si deve rivolgere ad altri Stati retti, purtroppo, da governi instabili o da autocrati che non danno grandi garanzie di affidabilità sul medio e lungo termine. Una ricerca volutamente miope di nuove pericolose dipendenze, le cui possibili conseguenze si potranno valutare nella loro interezza solo in futuro.
Nonostante l’inevitabile “fame planetaria” di combustibili fossili, e l’emergenza che ne deriva, non sembra concedere tregua la “verde” corsa simultanea. Nel pieno della tempesta energetica l’Europarlamento ha deciso di porre fine alla vendita di auto a benzina e diesel nel 2035. I Verdi svizzeri, per non essere da meno, hanno annunciato un’iniziativa per mettere al bando i motori termici addirittura nel 2025. Un iper-attivismo ecologista che potrebbe avere effetti devastanti per l’economia e la società.
Eppure, l’attuale crisi energetica globale mostra chiaramente che il problema della transizione green, condiviso e condivisibile sul principio, dovrebbe venire affrontato con molto più pragmatismo.
Una scelta avventata
La decisione dell’Europarlamento deve ancora passare all’esame del Consiglio europeo e al vaglio degli Stati membri, e vogliamo pensare prevalga il buon senso. I costi di una scelta avventata si scaricheranno inevitabilmente sui ceti medi, sulle fasce a basso reddito e sulle imprese.
Persone e imprese che hanno adottato ormai da tempo, per quanto nelle proprie possibilità, priorità di sostenibilità non di poco conto. L’accusa d’indifferenza, spesso, non ascolta il grido d’emergenza.
Tra industria dell’automobile e indotto, ci sono in gioco, in tutta Europa, Svizzera compresa, centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ma non solo. Oggi il 70% delle batterie necessarie alle auto elettriche arrivano dall’Asia. Da sola la Cina copre il 45% del mercato, mentre nel Vecchio Continente la produzione di questi accumulatori sta muovendo ora i primi passi, vista anche la forte dipendenza dall’estero per le relative materie necessarie. Pertanto, ancora per molto tempo non ci sarà una sufficiente autonomia strategica.
La rincorsa ossessiva all’elettrificazione automobilistica sembra non riconoscere il fatto che non è possibile sostituire dall’oggi al domani i combustibili fossili. Che anche accelerando all’inverosimile con le fonti rinnovabili, queste da sole non saranno in grado di produrre una quantità tale di elettricità in grado di muovere i trasporti, pubblici e privati, e di riscaldare tutti gli edifici, di fare fronte alle crescenti e, spesso legittime, richieste della nostra società. Inoltre, per lo stoccaggio di questa energia servirà un mastodontico, e costosissimo, piano di infrastrutture che non si può realizzare nel giro di pochi anni.
Realismo e fattibilità
Uno sguardo attento e lungimirante deve indirizzarsi verso le fonti rinnovabili e il loro sviluppo. Questo è innegabile e non a caso, stiamo spingendo intensamente e unitamente al Dipartimento cantonale del territorio, la diffusione di impianti fotovoltaici per le imprese che dispongono di grandi superfici su tetti e facciate.
Infatti, il mondo delle imprese per primo è convinto della necessità della tutela dell’ambiente. Non per nulla l’industria svizzera già nel 2020 ha ridotto le sue emissioni del 15%, rispetto al 1990, raggiungendo gli obiettivi climatici stabiliti. Negli altri settori si sono progressivamente implementate con successo misure per migliorare l’efficienza energetica e ridurre l’impatto delle attività produttive. C’è la consapevolezza che la crescita futura non può dipendere così fortemente dai combustibili fossili, che è necessario puntare su vettori alternativi.
Il passaggio all’energia verde non può però prescindere da un’analisi oggettiva e da un confronto serio, senza distorsioni ideologiche, su fattibilità, costi, efficienza, tempi ed effetti economico-sociali di una transizione che è molto più problematica di quanto non lasci intendere.
Diversificazione e complementarità
Il febbraio scorso uno studio del Laboratorio federale EMPA e dell’EPFL, il Politecnico federale di Losanna, ha dimostrato che è irrealistico pensare di coprire il fabbisogno energetico della Svizzera ricorrendo alle sole fonti rinnovabili. Smentendo, di fatto, anche la strategia del Consiglio federale che vorrebbe raggiungere per questa via la neutralità climatica entro la metà secolo.
Lo studio ha preso in considerazione tre scenari basati sul fotovoltaico (perché meno discontinuo dell’eolico) e sull’ipotesi della sostituzione del nucleare con la chiusura delle 4 centrali nucleari attualmente in funzione entro il 2050: totale elettrificazione del sistema energetico, dalla mobilità al riscaldamento degli edifici, uso dell’idrogeno e carburanti sintetici.
In tutte le tre varianti sarebbero necessarie una spropositata superficie solare pro capite, da 3 sino a 12 volte l’estensione dei tetti disponibili in Svizzera, e adeguate batterie di accumulo giorno-notte che, a dipendenza dello scenario, vanno da 26 kWh sino a 109 kWh a persona.
Nella variante dell’elettrificazione totale servirebbero per lo stoccaggio, estate-inverno, delle grandi centrali di pompaggio, l’equivalente cioè di tredici bacini dalle dimensioni della Grande Dixence nel Vallese, che con i suoi 285 metri è la diga più alta d’Europa. Non disponiamo di valli capaci di ospitare simili infrastrutture.
Per immagazzinare l’idrogeno si dovrebbero invece impiegare caverne pari a 25 volte il tunnel di base del San Gottardo.
Infine, per rifornire tutto il Paese con i carburanti sintetici da elettricità verde (che andrebbero comunque generosamente sussidiati perché costerebbero molto di più di quelli a combustione), il 4,5% della Svizzera dovrebbe essere ricoperto di cellule solari. Supportate con batterie di accumulo da 109 kWh pro capite. I costi energetici annui triplicherebbero: dagli attuali 3’000 a 9’600 franchi a persona.
In definitiva lo studio EMPA-EPFL è la dimostrazione scientifica che una strategia energetica vincente deve basarsi sulla diversificazione e la complementarità delle diverse fonti, nucleare compreso, solo così si riusciranno a raggiungere un buon livello di autonomia energetica, di sicurezza nell’approvvigionamento e un prezzo sostenibile.
E senza dimenticare che in futuro non si potrà fare a meno di una logistica energetica globale, per sfruttare le enormi potenzialità del fotovoltaico laddove la radiazione solare è così elevata da ridurre drasticamente i costi di produzione sia per l’idrogeno che per i combustibili sintetici.
Stando ai calcoli di ElCom, nel 2023 le aziende con un consumo annuo di 150mila chilowattora pagheranno 6’000 franchi in più (IVA esclusa); per una famiglia con un consumo medio di 4’500 chilowattora l’aumento sarà di circa 180 franchi all’anno. Secondo altri analisti, i rincari potrebbero essere molto più consistenti. Nuovi costi e sacrifici per famiglie e imprese.
Che sarà un “inverno da brivido”, sia per gli aumenti delle tariffe sia per la paura di non avere sufficiente energia per tutti, lo ha confermato la recente assemblea dell’Azienda elettrica ticinese. In Svizzera le riserve idriche, a causa della siccità, sono ai minimi storici, con volumi del 30% inferiori rispetto alla media pluriennale. L’Europa si ritrova invece ai livelli minimi con le riserve di gas. Insomma, per il nostro Paese che da 20 anni importa energia durante l’inverno, potrebbe diventare anche problematico un apporto dall’estero. Con le forniture russe che si ridurranno progressivamente e una costante crescita del fabbisogno energetico, gli Stati vicini non potranno garantire la condivisione delle risorse.
Come ha ricordato Giovanni Leonardi, Presidente di AET, abbiamo a che fare con un sistema elettrico che ha più di un secolo, ma dovremmo trasformarlo radicalmente nel giro di appena 25 anni per raggiungere la neutralità climatica nel 2050. Più che una transizione ecologica, che implica un processo graduale, ben ponderato e con esiti equi per tutti, si sta imponendo un cambio di paradigma troppo veloce e radicale per non creare pericolosi scompensi.
Purtroppo, la classe politica non pare ponderare con la necessaria cautela le conseguenze che la crisi energetica e i forti rincari avranno certamente per le famiglie e le imprese in termini di costi vivi e d’incertezza. Un “domino” di grande malessere.
È ormai più che un fondato timore, che gli effetti più gravi della guerra in Ucraina si debbano ancora manifestare nella loro complessità, che si stia sottovalutando, come è stato per l’inflazione, l’impatto di un conflitto che sta già ripensando i precedenti assetti geopolitici.
Con pesanti ripercussioni sui sistemi economici dei Paesi europei, che erano già in difficoltà per l’aumento delle materie prime e le strozzature nelle catene internazionali degli approvvigionamenti.
Un confronto deve essere serio
Non possiamo permetterci di escludere a priori una fonte d’energia che ha comunque un ruolo importante, cioè il nucleare.
Sarebbe oltremodo rischioso spegnere le nostre centrali nucleari entro il 2035, come si vorrebbe da più parti. Anche investendo massicciamente nelle energie rinnovabili non si riuscirebbe a compensare un ammanco di 22 miliardi di chilowattora di elettricità all’anno. Senza dimenticare l’opzione futura del nucleare di nuova generazione.
Una fonte complementare costante e affidabile, che è stata riconosciuta nella tassonomia verde dalla Commissione europea come una tecnologia pulita per la fase di transizione ecologica.
Svizzera e Germania sono stati gli unici Paesi a rinunciare al nucleare a cui invece si ricorre intensamente in molti altri Stati che stanno anche potenziando i loro impianti. Attualmente in tutto il mondo sono in attività 441 centrali nucleari, altre 171 sono in fase di costruzione o di progettazione, di cui una quarantina in Cina, 17 in Russia e 20 in India. Negli Usa, oltre a prolungare di una ventina d’anni l’esercizio degli attuali reattori, si sta investendo nel nucleare di quarta generazione. In Francia, che conta già 56 centrali nucleari, ne verranno realizzate altre 14, puntando soprattutto sugli “small modular reactors”, i mini reattori atomici più sicuri, meno costosi e realizzabili in tempi brevi.
Oltre che in Gran Bretagna e in Finlandia, persino nel Giappone di Fukushima si costruiscono nuove centrali, mentre da noi, proprio a seguito di quell’incidente vige il divieto di realizzarne di nuove. Ma distanza di 11 anni da quella tragedia, e tenuto conto dei grandi progressi tecnologici registrati nel frattempo in questo settore, sarebbe ragionevole rivedere la discussione sui rischi reali e sulle opportunità che offre oggi il nucleare. Come vettore complementare per un’energia pulita, sicura, potenzialmente inesauribile e a prezzo sostenibile. Per conciliare la difficoltà energetica del pianeta e la sostenibilità, sono del resto allo studio alternative sostenibili per lo sfruttamento veicolato delle “vecchie” fonti energetiche. In Svizzera una start-up sta sviluppando un nuovo tipo di reattore nucleare che utilizza il torio invece dell’uranio.
Un successo della linea “verde” e sostenibile per tutti deve ancora continuare a essere complementare.
Adeguamento tariffe Servizio legalizzazioni
/in Internazionale, Tematiche, VariaModifica della struttura tariffaria dei servizi della Cc-Ti inerenti ai documenti d’esportazione e delle direttive amministrative concernenti l’Ordinanza sull’attestazione non preferenziale delle merci a partire dal 1° luglio 2022.
Come ben sapete, per conto del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR), la nostra Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti), rilascia certificazioni di origine non preferenziale soggette a tassa.
Su richiesta della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) e della Sorveglianza dei prezzi (SPr), la struttura tariffaria è stata riveduta, armonizzata a livello svizzero e semplificata. Le nuove tariffe della Cc-Ti valide a partire dal 1° luglio 2022 possono essere scaricate a fondo pagina.
Vi segnaliamo inoltre l’entrata in vigore dei seguenti provvedimenti previsti dalle direttive amministrative:
A partire dal 1° luglio 2022 saranno accettate dichiarazioni a lungo termine provenienti non solo dalla Germania ma da tutta l’UE, purché certificate da una Camera di commercio estera competente o da un’autorità analoga.
A partire dal 1° luglio 2022, l’attuale prassi di rinunciare alle prove dell’origine per le merci di valore non superiore a CHF 1’000 per articolo e per linea tariffale sarà modificata: essa passerà a CHF 2’000 per articolo e per linea tariffale. Il richiedente è tenuto a conservare le prove dell’origine valide e a presentarle su richiesta.
Il Servizio legalizzazioni della Cc-Ti resta a disposizione per eventuali chiarimenti (tel. 091 911 51 23/29, e-mail internazionale@cc-ti.ch).
Scarica le nuove tariffe valide a partire dal 01.07.2022
Risparmi miliardari grazie al libero scambio
/in Dogana, Internazionale, TematicheNel 2020, grazie agli accordi di libero scambio le aziende svizzere hanno risparmiato circa 2.3 miliardi di franchi svizzeri in dazi doganali sulle merci importate. È quanto si evince da un rapporto pubblicato congiuntamente dalla SECO e dall’AELS.
La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) e l’Associazione europea di libero scambio (AELS) hanno pubblicato un’analisi dettagliata dell’impatto degli accordi di libero scambio (ALS) attualmente in vigore. Essa analizza i risparmi tariffari di cui hanno beneficiato le aziende svizzere grazie a tali accordi.
Secondo il rapporto, nel 2020 le aziende svizzere hanno realizzato risparmi sulle importazioni in Svizzera per un totale di 2.27 miliardi di franchi, una somma corrispondente all’82.9% dei risparmi ipoteticamente possibili. Il tasso di utilizzo degli ALS è stato del 68.1%. I maggiori risparmi sono stati realizzati nei settori della plastica (227 milioni di franchi), delle automobili (142 milioni) e dei macchinari (73 milioni).
Nella sola Unione europea (UE), principale partner commerciale del nostro Paese, i risparmi si sono attestati a 1.96 miliardi di franchi, pari all’89.4% dei risparmi possibili. Anche in questo caso i principali beneficiari sono stati i settori della plastica (207 milioni di franchi), delle automobili (118 milioni) e dei macchinari (62 milioni).
Si ricorda che lo scopo primario degli ALS è essenzialmente di facilitare gli scambi tra due o più Paesi riducendo o eliminando gli ostacoli migliorando altresì la competitività delle aziende. Anche se il contenuto degli ALS si è evoluto negli anni, l’abbattimento dei dazi doganali resta un elemento centrale. I Paesi partner di un ALS si concedono reciprocamente queste agevolazioni (e non le accordano ad altri Paesi) ed è per questo motivo che ogni accordo è circoscritto ai prodotti originari dei Paesi partner dello stesso, per i quali definisce le regole d’origine specifiche da rispettare. Solo se queste regole sono soddisfatte, e se le merci sono scortate da una prova dell’origine valida, l’esenzione o l’agevolazione in materia di dazi viene concessa. In ambito doganale si parla di “preferenze tariffali” e dunque di “origine preferenziale”. Nella fattispecie, se un’azienda svizzera intende beneficiare di un’agevolazione nel Paese di destinazione, deve comprovare l’origine svizzera della propria merce. Per maggiori ragguagli sul tema si rinvia all’articolo del 17 marzo 2022 “L’origine non è sempre origine”.
I risparmi di cui sopra sono stati resi possibili grazie alla rete molto sviluppata di ALS che conta, oltre alla Convenzione AELS (Associazione europea di libero scambio) e all’ALS con l’UE, ben 33 accordi di libero scambio con 43 Paesi partner.
Fonte: Comunicato stampa della SECO del 15.06.2022 – Monitoraggio degli ALS: risparmi tariffari miliardari grazie agli accordi di libero scambio (admin.ch)
“Solare Ora” nel Luganese
/in Appuntamenti, Eventi co-organizzati, Eventi e missioniIl secondo appuntamento di un ciclo di eventi organizzati dal Dipartimento del territorio e dalla Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino, si è tenuto il 14 giugno a Manno.
Con una media annuale di oltre 2’000 ore di sole a Lugano, la “Sonnenstube” Cantone Ticino supera di gran lunga il resto delle regioni di pianura del nostro paese.
Hic et nunc, direbbero i latinisti. È adesso il momento, non domani! È questo il messaggio principale lanciato dal Consigliere di Stato Claudio Zali durante il secondo incontro “Solare? Ora!” organizzato dal Dipartimento del territorio in collaborazione con la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino tenutosi oggi a Manno.
In Ticino, gli edifici di tipo industriale, artigianale e commerciale che dispongono di un tetto di almeno 300 m2 e che godono di una buona/ottima insolazione sono circa 13 mila. Se su ogni tetto venissero installati dei pannelli fotovoltaici si riuscirebbe a produrre circa un terzo dell’energia elettrica attualmente consumata in Ticino. Un risultato che permetterebbe al Cantone di essere molto più indipendente nella produzione di energia elettrica e maggiormente rispettoso dell’ambiente.
Nel Luganese la disponibilità di tetti di medie/grandi dimensioni e le condizioni di insolazione sono molto favorevoli: un terzo del fabbisogno di energia elettrica potrebbe essere prodotto con l’ausilio di pannelli fotovoltaici installati sugli edifici che dispongono di un tetto di almeno 500 mq di superficie.
L’incontro di oggi ha dato la possibilità a imprenditori e rappresentanti delle aziende ubicate nel Luganese di raccogliere diverse informazioni sull’iter procedurale e tecnico da seguire qualora si volesse dar seguito all’installazione di pannelli fotovoltaici. Due buone pratiche sono state presentate dal CEO della Gehri SA, Signor Andrea Gehri e dal CEO di AIL Signor Andrea Prati. Gehri, che è anche Presidente della Cc-Ti, ha evidenziato un bilancio economico ed ambientale positivo da quando la sua azienda si è munita di pannelli fotovoltaici. Andrea Prati di AIL ha invece messo in guardia gli imprenditori sull’incerto futuro dei prezzi energetici. Prezzi che in base alle attuali previsioni subiranno un importante crescita nei prossimi anni. Scegliere la via dell’energia solare permetterà a molti imprenditori di “dormire sonni” più tranquilli dal profilo energetico.
Il Cantone c’è e gli incentivi non mancano. Per esempio un impianto di pannelli fotovoltaici da 70 kW che costerebbe circa 115’000 franchi, verrebbe finanziato nella misura di circa 35’000 franchi sia dalla Confederazione sia dal Cantone. Il costo dell’investimento sarebbe inoltre ammortizzato in otto anni: se l’impianto ha una durata di circa 25 anni ciò significa che per 17 anni l’azienda otterrebbe soltanto dei ricavi.
Nel suo intervento il sindaco di Manno Giorgio Rossi ha evidenziato la politica energetica che i Comuni di Agno, Boggio e Manno stanno portando avanti insieme da diversi anni. Buoni i risultati finora ottenuti: 176 impianti fotovoltaici installati per una potenza totale di 4’562 kWp.
All’evento è intervenuto anche il Direttore della Cc-Ti Luca Albertoni.
Il terzo incontro sarà rivolto alle aziende del Sopraceneri a data da stabilire.
DOCUMENTI UTILI: – presentazione powerpoint
Digitalizzare per arginare la recessione a collo di bottiglia
/in Digitalizzazione, Internazionale, Tematiche, VariaLa guerra in Ucraina e la pandemia hanno compromesso massicciamente le supply chain e la situazione si è acutizzata con le recenti misure di contenimento del virus introdotte dalla Cina. Una cosa può aiutare: la digitalizzazione.
La “trasformazione digitale” è da anni un grande tema dell’economia. Per rimanere competitivi è necessario focalizzare gli investimenti digitali in risposta alle esigenze in continua evoluzione dei clienti. Molte aziende in tutto il mondo hanno già avviato la digitalizzazione della loro struttura, ma la pandemia ha evidenziato chiaramente la necessità di ulteriori sviluppi.
Come se ciò non bastasse, la guerra in Ucraina sta causando nuove massicce interruzioni delle supply chain internazionali. Le aziende sono quindi chiamate a prendere provvedimenti per disinnescare la situazione. Un mezzo efficace è sicuramente quello di individuare partnership commerciali alternative, cercando nuovi fornitori, mercati o clienti alternativi così come nuovi fornitori di servizi di trasporto e logistica.
Trasparenza della supply chain
Una vera soluzione a lungo termine, tuttavia, si trova soprattutto nella trasparenza: quanto più un’azienda è a conoscenza della disponibilità, delle condizioni e della posizione delle merci ordinate, tanto più tempestivamente può reagire a nuovi rischi e ad eventi imprevisti.
Il vero mezzo per aumentare realmente la trasparenza della catena di approvvigionamento è la digitalizzazione, che consente la trasmissione in tempo reale e la registrazione automatica delle informazioni relative allo stato delle consegne. Gli algoritmi predittivi supportano la pianificazione e il controllo delle catene di approvvigionamento o, nel caso di eventuali deviazioni dai propri piani, l’identificazione e l’implementazione di alternative.
Pertanto, le tecnologie più familiari di altri settori devono essere applicate anche alla logistica: parliamo di big data e predictive analytics nonché di algoritmi per il machine learning e l’intelligenza artificiale al fine di costruire modelli predittivi capaci di ottimizzare produzione e distribuzione o di prevedere disservizi lungo la filiera (con la possibilità di intervenire tempestivamente per prevenirli), di realtà virtuale e atavar digitali non solo per la simulazione di crisi ma anche quale strumento per la formazione o per abilitare interventi di manutenzione da remoto, di robot da magazzino e di sistemi automatizzati per i processi di stoccaggio, così come di interfacce di programmazione di applicazioni (API) per la condivisione delle informazioni raccolte con i vari partner della filiera. In questo contesto, e a garanzia della sicurezza, dell’inalterabilità e dell’univocità delle informazioni, ad acquisire sempre maggiore strategicità è la blockchain, che permette altresì di tracciare la trasformazione e il trasporto di materie prime, lavorati e prodotti finiti lungo tutta la supply chain.
Per consentire questo tipo di collegamento in rete, la tecnologia dei sensori è di fondamentale importanza. Solo grazie ad essa è possibile registrare e trasmettere la posizione, lo stato, i movimenti e persino il rumore delle merci: questa è la base per l’applicazione dell’Internet delle cose (IoT). Per essere efficiente, l’elaborazione di questa immensa quantità di dati dei sensori deve essere effettuata dal cloud computing.
Il 5G è di grande importanza
Lo sviluppo verso catene di fornitura digitalizzate può essere notevolmente accelerato dall’introduzione del 5G. Questa potente rete mobile, che esiste dal 2019, consente una trasmissione dei dati significativamente più veloce. Ciò è di particolare importanza per l’IoT, perché i dati possono circolare più rapidamente non solo all’interno dell’azienda, ma anche e soprattutto all’interno dell’intera catena di approvvigionamento.
Secondo il Diplomatic Council, un think tank delle Nazioni Unite, il successo della digitalizzazione della supply chain di Tesla potrebbe servire da modello: il produttore di auto elettriche ha infatti reso il suo software così flessibile di fronte alla crisi globale dei chip che le auto con chip diversi e altri componenti più grandi possono essere prodotte ad hoc a seconda della disponibilità del materiale.
Allo stesso tempo, il think tank delle Nazioni Unite avverte che le carenze globali di approvvigionamento e di materiali continueranno ad aumentare. È probabile che si verifichi una carenza dei prodotti più semplici, come alcune viti o parti in plastica, con conseguenti difficoltà per ampi settori dell’ingegneria meccanica e dell’impiantistica. Senza una digitalizzazione coerente, queste sfide non potranno essere superate.
In sostanza, con la guerra in Ucraina, le sanzioni internazionali nei confronti della Russia e la politica “zero Covid” della Cina, l’economia mondiale si trova ora in una sorta di recessione a collo di bottiglia.
Blocchi in Cina, IA e realtà virtuale
La Cina è un importante fornitore di chip, alluminio, prodotti chimici e materie prime come le terre rare e dispone del principale snodo planetario delle navi portacontainer (Shanghai). La sua politica di isolamento e di chiusure regionali hanno esacerbato le strozzature esistenti, congestionato il già trafficato scalo marittimo e in sostanza scatenato una nuova ondata di caos sulle catene di approvvigionamento a livello globale. Se la situazione dovesse persistere e si dovessero verificare ulteriori blocchi regionali, importanti supply chain internazionali potrebbero essere paralizzate.
È proprio in questo contesto che possono entrare in gioco le tecnologie dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale: grazie all’analisi dei big data corrispondenti, è possibile anticipare le tendenze e simulare possibili scenari non solo su come si svilupperà la crisi, ma anche allo scopo di prevedere la domanda e di conseguenza adeguare l’allocazione degli asset. Così facendo, le aziende avranno a disposizione piani d’azione alternativi e saranno in grado di ottimizzare i vari processi che alimentano la filiera.
Germania: notifica dei titolari effettivi delle società
/in Internazionale, Tematiche, VariaIl 1° agosto 2021 è entrata in vigore in Germania la nuova legge sulla trasparenza e l’informazione finanziaria sul riciclaggio di denaro, che obbliga le società tedesche a comunicare i propri titolari effettivi al Registro per la trasparenza. Tale obbligo di iscrizione non riguarda solo le nuove società, ma anche quelle esistenti. Per queste ultime è stato previsto un periodo di transizione: per le società anonime il termine è scaduto il 31 marzo scorso, mentre per le società a responsabilità esso scade il 30 giugno prossimo.
Nell’ambito della lotta antiriciclaggio, a giugno 2021 il legislatore tedesco ha adottato la legge sul registro per la trasparenza e le informazioni finanziarie sul riciclaggio di denaro (Transparenzregister- und Finanzinformationsgesetz Geldwäsche, TraFinG Gw), entrata in vigore il 1° agosto dello stesso anno. Un elemento centrale di questa legge è il concetto di trasparenza totale: le società sono infatti obbligate a comunicare i loro beneficiari effettivi al Registro della trasparenza.
L’obbligo d’iscrizione grava principalmente sull’Amministratore della società o, per essere più precisi, sulla persona fisica che esercita un potere effettivo di controllo sulla società (wirtschaftliche Berechtigter). Trattasi nella fattispecie di colui o colei che, direttamente o indirettamente, detiene più del 25% del capitale sociale o dei diritti di voto o esercita un controllo assimilabile alle opzioni precedenti.
Le informazioni che occorre fornire al Registro sono:
Se l’obbligo di comunicazione dei titolari effettivi per le società anonime, le società europee o le società in accomandita per azioni è scaduto il 31 marzo scorso, le società a garanzia limitata, le cooperative, le cooperative europee e i partenariati hanno ancora tempo fino al 30 giugno 2022. Per tutti gli altri casi il termine è il 31 dicembre 2022. In caso di mancata registrazione, la pena pecuniaria può arrivare sino a 150’000 euro.
L’iscrizione nel Registro per la trasparenza va effettuata per via elettronica su www.transparenzregister.de ed è gratuita. Alle aziende verrà tuttavia addebitata una tassa annuale per la tenuta del registro della trasparenza (per l’anno 2022: EUR 20.80).
L’Ufficio amministrativo federale tedesco (Bundesverwaltungsamt, BVA) ha riunito le domande poste più di frequente (e le relative risposte) in un documento di FAQ (in tedesco).
Egitto: credito documentario obbligatorio (aggiornamento)
/in Internazionale, Tematiche, VariaDal 1° marzo 2022, salvo alcune eccezioni, le spedizioni verso l’Egitto devono obbligatoriamente essere coperte con lettera di credito.
Inizialmente dal 22 febbraio 2022, poi confermato dal 1° marzo 2022, non è più consentito importare merci in Egitto utilizzando il sistema CAD (cash against documents, ovvero l’incasso documentario): la Banca centrale egiziana (CBE) ha infatti istituito l’obbligo per le banche egiziane di utilizzare esclusivamente il credito documentario.
Sono consentite le seguenti eccezioni:
Per l’importazione di talune categorie di merci (cfr. questo documento non ufficiale), non viene emessa alcuna lettera di credito senza la preventiva autorizzazione della Banca Centrale.
Successivamente all’entrata in vigore della normativa, ulteriori deroghe sono state annunciate, come ad esempio l’utilizzo del CAD per le importazioni (solo da parte di importatori egiziani qualificati come “produttori”) di “input di produzione e di materie prime” (cfr. comunicazione del 10 maggio 2022 del portavoce del Presidente Sisi). Tali deroghe tuttavia non risultano essere (ancora) confermate ufficialmente.
Poiché, come evidenziato poc’anzi, la lista delle eccezioni è soggetta a modifiche, si consiglia di chiarire bene con i propri partner egiziani se vi sono ulteriori aggiornamenti in merito ai prodotti, come avviene la gestione del credito documentario in tutte le sue fasi e quali documenti vengono effettivamente richiesti.
Per ulteriori approfondimenti: FAQs on CBE decision for LCs (ahk.de)
Fonte : Egypt – New guideline for import procedures | S-GE, ampliato/aggiornato dal Servizio Commercio internazionale Cc-Ti
Prima pubblicazione: 7 marzo 2022, aggiornato il 1° giugno 2022
Algeria: nuovo ostacolo all’import
/in Internazionale, Tematiche, VariaSalvo eccezioni, l’importazione in Algeria di beni destinati alla rivendita in stato inalterato è ora soggetta alla verifica della mancata disponibilità di tali prodotti sul mercato locale e alla presentazione di un documento rilasciato da ALGEX, l’Agenzia nazionale per la promozione del commercio estero.
L’Algeria ha inasprito l’accesso al mercato dei prodotti esteri: dal 25 aprile 2022, infatti, solo i prodotti non disponibili sul mercato locale potranno essere importati.
Secondo quanto comunicato il 24 aprile 2022 dall’Associazione algerina delle banche e degli istituti finanziari (ABEF) ai direttori delle banche e degli istituti finanziari algerini, il Ministero algerino del commercio e della promozione delle esportazioni ha attivato una piattaforma elettronica per il prodotto nazionale: interattiva e accessibile a tutti i settori e operatori economici, la piattaforma Cartographie Nationale du Produit Algérien deve essere obbligatoriamente consultata dall’azienda importatrice prima di effettuare qualsiasi operazione di importazione di merci destinate alla rivendita in stato immutato e assicurarsi che i prodotti importati non siano già presenti sul mercato locale.
Dopo aver consultato la piattaforma, l’importatore deve imperativamente richiedere il relativo documento all’Agenzia nazionale per la promozione del commercio estero (ALGEX). Tale documento è necessario per ottenere la domiciliazione presso le banche commerciali algerine e quindi per l’importazione.
I provvedimenti sono parte di un processo avviato dall’Algeria per “regolamentare e razionalizzare le importazioni” e spingere gli operatori algerini all’acquisto di beni e prodotti locali.
Secondo quanto comunicato successivamente dal Ministero algerino dell’industria farmaceutica (26 maggio 2022) e dal Ministero dell’agricoltura e dello sviluppo rurale (29 maggio 2022) sono esentati dall’obbligo di presentare il documento rilasciato da ALGEX sia gli importatori di prodotti farmaceutici e di dispositivi medici sia gli importatori di prodotti necessari all’attività agricola.
Documenti utili:
Fonte: ICE, Cc-Ti
Prima pubblicazione: 25 maggio 2022, aggiornato il 30 maggio 2022