L’opinione di Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti
Qualche mese fa ho avuto l’onore di presentare le strutture economiche ticinesi ai delegati di un’importante associazione nazionale, quella dell’industria tessile, che si è riunita per l’assemblea generale a Lugano. Ho cercato di dare qualche indicazione sul Ticino economico, realtà poco conosciuta oltre Gottardo. Penso però che possa essere utile ricordare qualche punto anche ad uso dei ticinesi, poiché ho l’impressione che nel dibattito pubblico si parli troppo spesso senza conoscere la realtà economica del territorio e limitandosi a formule vuote come “capannoni” o tirando in ballo la minoranza di chi non rispetta le regole.
Può essere sorprendente e taluni tendono a negarlo perché il catastrofismo è purtroppo molto più pagante, ma da alcuni anni il Ticino non è più il parente povero della Confederazione. E non mi riferisco solo alle statistiche sulla disoccupazione, che ogni mese creano puntualmente polemiche, ma soprattutto alle tendenze economiche generali. Il Ticino è un cantone dinamico, che se la gioca con le altre regioni elvetiche. Seguiamo da anni l’andamento elvetico, come emerge dai costanti confronti che effettuiamo con i colleghi della Svizzera tedesca e della Svizzera romanda. Non siamo paragonabili a Zurigo in cifre assolute, ma le dinamiche, in proporzioni più ridotte, non sono dissimili. I motivi sono molti, ma uno è sicuramente il fatto che l’economia ticinese ha una struttura molto diversificata, il che costituisce a mio avviso un’innegabile forza. Non è del resto casuale che negli ultimi anni il Ticino abbia resistito abbastanza bene alle varie crisi e si sia mantenuto nella media nazionale dal punto di vista economico generale, malgrado dal 2008 vi siano state tre importanti crisi (una finanziaria e due legate al cambio franco-euro. La capacità di reazione e di adattamento del mondo imprenditoriale ticinese, purtroppo sottovalutata perché non meritevole di slogan paganti elettoralmente, è un fatto che deve assolutamente essere sottolineato. Penso che determinate reazioni ostili verso l’economia e di natura sbagliata, se pensiamo a talune regole nuove introdotte a livello cantonale negli ultimi mesi, siano dovute anche a una misconoscenza della realtà economica cantonale. Ad esempio non sono certo che molti sappiano che, per quanto riguarda il prodotto interno lordo (PIL), il maggiore settore cantonale è l’industria, con una parte di circa il 22%. Molto di più di settori di regola immediatamente identificati con il Ticino e penso in particolar modo al settore finanziario in senso lato e a quello del turismo. La piazza finanziaria (con le assicurazioni), rappresenta circa il 17,5% del PIL, il commercio l’11,2%, l’edilizia il 6,6% e il settore turistico il 10,5%. Vero che poi vi sono altri parametri come il numero di occupati, il gettito fiscale ecc, eppure questa vocazione industriale del nostro cantone non può essere semplicemente ignorata, benché è chiaro che ogni settore è fondamentale e contribuisce appunto a creare quell’economia diversificata di cui dicevo prima. E’ un peccato che tale elemento sia poco noto, perché ridurre definire genericamente come “capannoni” eccellenze mondiali nell’ambito farmaceutico (che il settore più grande dell’ambito industriale), dell’industria meccanica e elettronica, dell’alimentare e della moda significa porre le basi per una discussione pubblica e politica falsata, ideale per preparare il terreno di decisioni avulse dalla realtà. Ignorando elementi-chiave della forza economica ticinese. Anche perché gli ambiti industriali citati sono stati decisivi per promuovere l’internazionalizzazione della nostra economia, sviluppando un nuovo potenziale che ha portato negli ultimi venti anni ad aumentare in modo considerevole il volume delle esportazioni, passato da 3,1 miliardi di franchi nel 1995 a 8,2 miliardi nel 2010, con tendenza all’incremento. Il Ticino è così diventato un territorio rilevante a livello internazionale e questo non ha solo risvolti negativi come taluni vorrebbero far credere, parlando solo e genericamente di dumping salariale, devastazione del territorio (i “famigerati “capannoni”), traffico. ecc. Come per ogni territorio che si sviluppa, vi sono problemi di crescita, dovuti a questioni infrastrutturali, istituzionali, ecc. che vanno senza dubbio risolti attraverso il confronto, ma ragionato e senza caccia alle streghe. Perché il benessere fa comodo a tutti, compresi quelli che lo criticano salvo poi esigere sempre più ricchezza da distribuire, senza pensare che questa ricchezza in qualche modo va creata. Mettendo qualche paletto, ma va comunque dapprima creata, altrimenti non vi è granché da distribuire.
Purtroppo, presi come siamo dalle discussioni che vertono attorno all’Italia, si tende a dimenticare che negli anni la „nazionalità“ delle aziende presenti in Ticino è sempre più variegata (Germania, Francia, Stati Uniti., Gran Bretagna ecc.), senza dimenticare le industrie confederate insediate sul nostro territorio in varie forme. Non è del resto un caso che ci si preoccupi della reazione italiana negativa verso la clausola di salvaguardia proposto dal Ticino per l’applicazione dell’articolo costituzionale che dovrà regolare l’immigrazione, dimenticando che dobbiamo negoziare con l’Unione europea e non con l’Italia su questo tema. La prossimità territoriale con il vicino meridionale porta a sottovalutare il fatto tutta l’Unione europea svolge un ruolo importante per le nostre relazioni commerciali, perché il portafoglio di clienti delle industrie esportatrici va ben oltre le relazioni con l’Italia. Non a caso stanno diventando sempre più rilevanti mercati come la Russia, il Kazakistan e la Turchia, che non potranno mai sostituire l’Unione europea, ma che rappresentano opportunità di business alternative comunque interessanti per i nostri numeri, destinati prioritariamente a coprire nicchie di mercato con prodotti di alta qualità. All’insegna di uno Swissness reale e non burocratico. In quest’ottica, non è nemmeno casuale che nell’ambito del commercio di materie prime il Ticino svolga un ruolo fondamentale a livello mondiale con Ginevra e Zugo. Ma l’impronta internazionale non deve far dimenticare l’importanza delle relazioni confederali, sia sul piano politico che su quello economico. La centralità delle relazioni con il resto della Svizzera è fuori discussione. Se sul versante politico essa è chiara, lo è molto meno, purtroppo, su quello economico. Come già rilevato in precedenza, la presenza di aziende confederate in Ticino è assai rilevante e molte aziende ticinesi lavorano a stretto contatto con altre imprese svizzere, per cui il nord assume un ruolo fondamentale in particolare per le realtà produttive. Sia per i contatti diretti (fornitori, clienti) che per l’esportazione, visto che il principale aeroporto di riferimento è quello di Zurigo e non Milano, come taluni potrebbero pensare. E’ quindi assolutamente logico che ci siamo sempre battuti e continueremo a farlo per la complementarietà dei mezzi di traporto, perché un vettore non esclude un altro e ferrovia, strada e anche aereo devono convivere perché imprescindibili per un’economia dinamica, fortemente legata alle dinamiche nazionali e internazionali.
Tutto bene quindi? Sarebbe troppo bello, ma mi piace avantutto sottolineare i nostri punti di forza. Vi sono ovviamente, come per tutti i paesi del mondo, anche alcuni punti deboli. Anche se, lo ribadisco, le principali preoccupazioni del Ticino oggi non sono dissimili da quelle delle altre regioni svizzere, in primis il franco forte che crea qualche problema di competitività, oppure l’imminente riforma III dell’imposizione delle imprese, che prospetta per il sistema fiscale cambiamenti epocali e non gestibili con facilità (o faciloneria…). Poi ci sono ovviamente tutte le questioni molto tematizzate e oggetto di continue discussioni legate ai frontalieri, ai padroncini, al dumping salariale, che vanno affrontate con serietà e senza isterismi. La Cc-Ti ha sempre dato il suo contributo in quest’ottica, sostenendo ad esempio il rafforzamento dei controlli a tutela di lavoratrici e lavoratori ma anche della stragrande maggioranza delle aziende oneste. E su questa linea intendiamo continuare a operare, senza farci dare lezioni da chi inveisce quotidianamente contro i frontalieri salvo poi occuparne senza ritegno nell’azienda in cui lavora. Se non riusciamo a recuperare un po’ di capacità di analisi e di discussione, sarà inevitabile creare ulteriori difficoltà invece di risolvere i problemi.
Sarebbe peccato scavare ulteriormente il solco che diventa sempre più grande fra le tentazioni di ripiegamento verso le questioni interne e un’economia sempre più caratterizzata da relazioni nazionali e internazionali. E’ solo con il giusto equilibrio fra legittime preoccupazioni per il territorio (mobilità, pianificazione, immigrazione, ecc.) e l’apertura a orizzonti più ampi che si può pensare di rimanere competitivi e quindi un cantone prospero. Eccessi in un senso o nell’altro non sono paganti. Vale per l’imprenditoria ma anche per la politica. Fra chi sogna l’autarchia e chi non ha sensibilità verso la realtà in cui opera c’è un mare molto ampio (costituito non solo da imprese) che agogna questo equilibrio. Sarebbe peccato se il cantone che gioca un ruolo fondamentale sul più importante asse-sud-nord in Europa fosse un “ostacolo” alle relazioni nazionali e internazionali. Vi sono oggettivamente ragioni che giustificano lo scetticismo verso l’UE in particolare o qualche critica alla Confederazione, ma non si può vivere di sole percezioni. Legittime e rispettabili, ma non sempre corrispondenti alla realtà dei fatti. E che il Ticino, lavorando in modo serio e articolato, ottenga udienza anche laddove molte decisioni vengono prese (Berna in particolare), è dimostrato da molti esempi. Visto che su taluni temi addirittura siamo precursori, cerchiamo di sfruttare al meglio. Fare di necessità virtù, si è soliti dire. Mi sembra particolarmente azzeccato.
Visibilità e networking
/in Marketing e Vendita, TematicheAttraverso i nostri canali (online e stampati) dedicati, la Cc-Ti sostiene e divulga news, eventi e progetti delle imprese affiliate.
Da sempre la Cc-Ti diffonde, tra le altre notizie ed informazioni di stretta attualità, anche le novità legate alla vita associativa. Con quasi 1’000 membri individuali e 43 associazioni di categoria a noi affiliate, rappresentiamo l’economia ticinese e ci rende orgogliosi poter dar spazio alle storie di successo, agli eventi ed ai nuovi traguardi dei nostri associati.
Per ogni nostro associato è fondamentale restare in contatto con il proprio pubblico target e stabilire nuove stimolanti relazioni con potenziali partner d’affari, facendo networking e promuovendo la propria attività, sfruttando appieno ogni potenziale.
La nostra rete di contatti è la risposta alle vostre specifiche esigenze: il networking che la Cc-Ti offre ai propri soci è multicanale e differenziato. Si passa dalle possibilità d’incontro durante i momenti più informali dopo gli eventi, ai business lunch, ai corsi di formazione frequentati dagli associati, ecc.
La Cc-Ti è sempre attenta alle tendenze in atto nel mondo della comunicazione, per questo affianca ai tradizionali media stampati di cui è editore o co-redattore anche i nuovi canali di comunicazione, per la propria attualità (siamo presenti sui principali social network; per restare aggiornati sulle attività della Cc-Ti, in modo semplice e veloce, basta seguirci sui nostri canali social) e anche per valorizzare le attività delle aziende ticinesi.
La Cc-Ti svolge queste attività principalmente attraverso due canali di comunicazione:
Per maggiori informazioni su queste opportunità gratuite offerte a tutti i nostri soci,
potete contattare la Signora Lisa Pantini allo +41 91 911 51 32 o via e-mail a pantini@cc-ti.ch.
Siamo a vostra completa disposizione.
Contro il dumping salariale, per le libertà
/in Comunicazione e mediaL’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti
Fra qualche giorno voteremo su vari temi, sia a livello federale che cantonale, che potrebbero portare a profondi cambiamenti, a mio avviso negativi, in molti ambiti cruciali della struttura elvetica. Dall’AVS all’energia, passando per il mercato cantonale del lavoro.
Ritengo utile spendere ancora qualche parola sull’iniziativa “Basta con il dumping salariale il Ticino”, che si prefigge l’adozione degli “invidiabili” modelli italiano o francese (con tutto il rispetto per queste grandi nazioni), fatti di norme rigidissime, cultura del sospetto, controlli a tappeto anche laddove non necessario e cose del genere. Azzerando di fatto non solo la libertà economica e imprenditoriale sancita dall’articolo 27 della Costituzione federale, bensì annichilendo di fatto anche il partenariato sociale in nome di uno sproporzionato statalismo. Poco importa che livelli salariali bassi non siano sinomimo di dumping, tutto fa brodo. Sia chiaro, la lotta agli abusi va combattuta senza riserve e il mondo imprenditoriale serio ha sempre “giocato il gioco”, dimostrandosi collaborativo e responsabile. Risulta pertanto urtante che l’iniziativa in questione proponga modelli che hanno ampiamante dimostrato di non funzionare, sia in termini di sviluppo economico che di controlli e di prevenzione tout court. Ottenendo addirittura effetti contrari a quelli auspicati. Affossare il modello elvetico, che funziona, per meri calcoli di bottega e qualche simpatia totalitaria sarebbe assolutamente fuori luogo. Chi sgarra va punito, nelle adeguate sedi civili, penali e amministrative, su questo non si discute. Ma fare il processo alle intenzioni e sanzionare a priori i datori di lavoro è assolutamente sproprozionato e non coerente con le altre libertà costituzionali che permettono, giustamente, a politici, gionalisti, sindacalisti ecc. di sbagliare nell’esercizio delle loro libertà. Diritto che non sarebbe più riconosciuto a chi crea posti di lavoro e ricchezza del paese. Surreale. La libertà imprenditoriale non può essere „vigilata“ o condizionata, a meno che si creda ciecamente nell’economia pianificata e nelle virtù taumaturgiche dello Stato che decide a priori chi è bravo e chi è cattivo. Non a caso nel dibattito concernente la votazione si parla comunque sempre della cattiva economia privata, quando l’economia ha una parte pubblica e parapubblica non da poco e che non sempre fa la figura di prima della classe ineccepibile quale datore di lavoro. E’ normale che sia così, la componente umana è decisiva in ogni settore e considerando che siamo tutti fallibili nessuno è esente da pecche. Come dimostrano anche alcuni casi che hanno coinvolto ambienti politici e sindacali a livello nazionale negli scorsi giorni, all’insegna del “predico bene ma razzolo molto, ma molto male”. Le contrapposizioni strumentali e le formule facili sono oggi paganti alle urne ma terribilmente riduttive. E’ quindi decisamente preferibile il controprogetto all’iniziativa „Basta con il dumping salariale in Ticino”. Esso mira infatti a rafforzare il partenariato sociale e prevede un aumento dei controlli, sacrosanto e sempre sostenuto dal mondo imprenditoriale perché commisurato alle esigenze che emergono dall’osservazione del mercato del lavoro e non stabilito in modo forfettario. Quindi decisamente più efficace. A tutela di equilibri fragili, dipendenti da tanti fattori e non figli delle semplificazioni che taluni politici amano tanto, dimenticando la visione del sistema. L’iniziativa „Basta con il dumping salariale in Ticino” va pertanto rigettata, mentre va sostenuto il relativo controprogetto.
Anche il Brasile adotta i Carnet ATA
/in Internazionale, TematicheA partire dallo scorso luglio anche il Brasile, uno dei Paesi più protezionisti al mondo, ha approvato l’utilizzo del Carnet ATA, il documento doganale per l’ammissione temporanea di beni. Si tratta del primo Paese membro del Mercosur, il mercato comune dell’America meridionale, ad aver aderito al sistema ATA. La notizia era giunta proprio a poche settimane dall’inizio delle Olimpiadi di Rio. Grazie a questa novità, numerose squadre sportive provenienti da tutto il mondo hanno potuto portare in Brasile le loro attrezzature beneficiando dell’ammissione temporanea e, quindi, non pagando eventuali dazi all’importazione.
Ad oggi sono 75 i Paesi che hanno aderito alla Convezione di Istanbul, ultimi in ordine di tempo possiamo citare l’Indonesia (2015) e l’Albania (2013). Ricordiamo che il Carnet ATA (Admission temporaire/Temporary admission) è un documento doganale internazionale che consente l’importazione temporanea di merci nei Paesi non comunitari aderenti alla convenzione ATA, senza dover depositare diritti e tasse. Il Carnet ATA ha una validità di 12 mesi. Entro il termine di scadenza, la merce deve essere reimportata nel Paese di partenza ed il documento deve essere restituito alla Camera di Commercio emittente. Questo documento può essere richiesto per campioni commerciali, attrezzatura necessaria allo svolgimento della propria professione, merci da esporre presso fiere, manifestazioni commerciali, manifestazioni sportive, ecc. Il Carnet ATA non copre né i prodotti deperibili o di consumo (come ad esempio bottiglie di vino destinate ad una degustazione) né le merci destinate ad operazioni di trasformazione o riparazione. Inoltre, materiali professionali specifici sono esclusi dalla Convenzione, come ad esempio quelli necessari all’esecuzione di lavori in ambito edile (pensiamo alle gru o alle betoniere).
Il servizio Export della Cc-Ti rilascia quotidianamente numerosi Carnet ATA sia ad aziende sia a privati che necessitano di attraversare le frontiere con merce che poi ritornerà in Svizzera senza subire nessuna modifica. Questo documento doganale è parte di una catena internazionale garante degli eventuali tributi doganali richiesti che è gestita dalla WCF (World Chambers Federation). La Cc-Ti, come i suoi istituti gemelli nel mondo, ha la funzione di garante nei confronti della propria Amministrazione doganale ed è tenuta ad anticipare alle Autorità doganali le somme che si rendessero necessarie pagare per irregolarità riscontrate nell’utilizzo dei Carnet. Al fine di proteggersi da eventuali rischi a suo carico, al momento del rilascio del documento di ammissione temporanea, la Cc-Ti richiede quindi a sua volta una garanzia. Alla chiusura del Carnet ATA ed in assenza di irregolarità, la Cc-Ti provvede naturalmente a sbloccare tale cauzione. Il Carnet ATA può essere richiesto attraverso il sito internet www.ataswiss.ch. È necessario registrarsi. A registrazione avvenuta si procede alla compilazione del formulario elettronico e all’inoltro dei documenti doganali. Il tutto si svolge nella massima semplicità e celerità del servizio Export della Cc-Ti: previa la ricezione della garanzia, il rilascio del documento avviene infatti entro le 24 ore.
Infine, una curiosità statistica: a livello internazionale, la Svizzera si situa al secondo posto dopo la Germania tra i Paesi che utilizzano maggiormente i Carnet ATA. I dati del 2014 indicano che sono stati emessi 28’598 documenti per l’esportazione temporanea per un totale di oltre 4 milioni di dollari di valore delle merci[1].
Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Marco Passalia, vice direttore e responsabile Export Cc-Ti
[1] Cfr: www.iccwbo.org/WorkArea/DownloadAsset.aspx?id=19327359757
Scarica il PDF dell’articolo
Per maggiori informazioni contattare il Servizio Export della Cc-Ti (export@cc-ti.ch)
oppure consultare la piattaforma online Ataswiss che consente di compilare le domande di Carnet ATA via Internet: www.ataswiss.ch
Votazioni del 25 settembre: la posizione della Cc-Ti
/in Comunicazione e mediaVotazioni federali
La Cc-Ti esprime due NO all’iniziativa AVS+ e all’iniziativa sull’efficienza energetica.
La Cc-Ti considera gli strumenti proposti dalle due iniziative inadatti alla risoluzione dei problemi che si pongono in questi ambiti.
SÌ per contro alla nuova legge sulle attività informative (risp. NO al referendum lanciato contro la legge).
La Cc-Ti ritiene che con questa nuova legge vi sia un giusto rafforzamento delle competenze delle autorità federali, nell’interesse della sicurezza del paese e quindi anche della stabilità economica.
Votazioni cantonali
1. “Prima i nostri” e controprogetto – No a entrambi perché c’è già l’art. 121a della Costituzione federale
La Cc-Ti ritiene che nessuna delle due proposte vada sostenuta. Al di là della condivisione di alcuni principi e facendo astrazione delle discussioni sull’applicabilità di quanto proposto, si ritiene che sia sufficiente un’applicazione dell’articolo 121a della Costituzione federale, adottato dal popolo svizzero lo scorso 9 febbraio 2014. La Cc-Ti, pur essendosi schierata a suo tempo contro l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, già dal 10 febbraio 2014 ha chiaramente chiesto di procedere con l’applicazione di detto articolo costituzionale entro il previsto termine di tre anni per garantire regole certe, indispensabili per l’economia. Dato che tale disposizione è di diritto superiore rispetto alla costituzione cantonale e che prevede, tra l’altro, la priorità alla manodopera indigena e i contingenti per tutti gli stranieri per combattere il dumping salariale tenendo conto degli interessi generali dell’economia, non si ritiene siano necessarie ulteriori regole. Inoltre, nuove regole la cui applicazione appare incerta potrebbero complicare ulteriormente il già non facile ma finora efficace iter della proposta ticinese di clausola di salvaguardia per poter applicare l’art 121a della Costituzione federale. Proposta, è opportuno ricordarlo, sostenuta da tutto il governo cantonale e adottata qualche giorno fa dalla Conferenza dei governi cantonali. Questa è la priorità su cui è indispensabile lavorare e altre proposte non sono al momento necessarie.
2. Basta con il dumping salariale in Ticino – No all’iniziativa, Sì al controprogetto
La Cc-Ti si è sempre schierata contro il dumping salariale, che costituisce anche un fattore di concorrenza sleale nei confronti della stragrande maggioranza delle aziende che operano in maniera corretta. La Cc-Ti si è anche sempre adoperata ai fini del rafforzamento dei controlli e della valorizzazione del partenariato sociale. Elemento quest’ultimo che sarebbe cancellato dall’iniziativa lanciata dall’MPS che è chiaramente liberticida e segue logiche di stampo sovietico da economia pianificata, rendendo inutile qualsiasi concertazione fra le parti sociali. L’iniziativa va pertanto respinta, anche perché creerebbe una burocrazia pesantissima per le aziende, lo Stato e quindi anche i contribuenti, senza risolvere alcun problema, perché le strutture rigide a cui ci si ispira hanno dimostrato, anche in paesi a noi vicini, di creare più problemi di quanti ne possano risolvere.
La Cc-Ti non si oppone invece al controprogetto, che ha il pregio di migliorare il coordinamento degli enti preposti ai controlli del mercato del lavoro, aumentandone quindi l’efficacia. Anche le misure previste per il potenziamento delle attività di controllo sono condivisibili, così come il sostegno alla professionalizzazione e al potenziamento delle Commissioni paritetiche, cardine imprescindibile del partenariato sociale.
Lugano, 31 agosto 2016
Per approfondire il tema votazioni la Cc-Ti ha pubblicato un dossier su Ticino Business di settembre. Al suo interno interessanti contributi di diverse personalità del Cantone.
Per leggerle, scarica qui il PDF.
Oltre gli slogan
/in Comunicazione e mediaL’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti
L’estate sta volgendo al termine, ma come, prevedibile, il clima politico resta rovente. Anche il relativo torpore dei mesi più caldi non è servito a rasserenare gli animi per tentare di abbozzare qualche discussione costruttiva e non basata su continue polemiche.
Gli esempi non mancano, dalle ormai inevitabili e mensili risse verbali sui dati della disoccupazione, alle difficoltà di applicazione di leggi imposte frettolosamente e senza le necessarie verifiche di applicabilità, per giungere ai dibattiti (si fa per dire…) sugli oggetti in votazione a livello federale e cantonale il prossimo 25 settembre. Lungi da me voler rilanciare questioni polemiche, perché vi sono già abbastanza attori che operano in tal senso e continuo a prediligere la discussione anche dura ma che sia basata su fatti reali e non solo su slogan o attacchi personali. Mi rendo conto che si tratta oggi probabilmente di un atteggiamento desueto, ma provo comunque a dare qualche stimolo di riflessione in tal senso.
Sulle cifre riguardanti la disoccupazione rilevo ad esempio che, se queste sono taroccate, ciò riguarda tutta la Svizzera e non solo il Ticino, visto che vengono stabilite a livello nazionale. Inoltre, i dati SECO e ILO sono per natura differenti perché poggiano non solo su sistemi di rilevamento ma anche su parametri diversi, quindi non sono paragonabili direttamente. Che le percentuali siano diverse è quindi ovvio, ma questo vale appunto a livello nazionale. Anche la percezione che vi sia un travaso diretto fra disoccupazione e assistenza pubblica ha qualche innegabile fondamento, tuttavia è un tema che non può essere affrontato in modo superficiale perché i due strumenti poggiano su premesse molto diverse, a partire dalla definizione anche quantitativa dei beneficiari. Queste cose vanno dette, ai fini di una discussione costruttiva, senza assolutamente negare che vi siano situazioni molto difficili, che vanno affrontate e risolte perché ogni caso di disoccupazione o assistenza è di troppo. E anche l’economia vuole fare la sua parte, perché non è nell’interesse della stragrande maggioranza degli imprenditori creare tensioni sociali che costano in termini finanziari e che creano un clima generale ostile al fare impresa. Sarebbe autolesionistico.
Detto questo, lascio valutazioni più tecniche agli esperti, ma il fatto che non ci si confronti con gli elementi citati dimostra quanto nel nostro cantone sia diventato difficile ammettere che, dal punto di vista economico generale, seguiamo l’andamento del resto della Svizzera. Al di là delle cifre sulla disoccupazione, i vari indicatori da diversi anni confermano puntualmente che il Ticino ha un’economia dinamica che è appunto in linea con quanto avviene a livello nazionale. Poi è ovvio che vi siano cantoni con i quali in termini assoluti non possiamo competere per ovvie ragioni, ma non possiamo lamentarci più di altri. Ne deduco quindi semplicemente che è più pagante dire che tutto va male. Peccato. Perché questo poi origina anche l’adozione di misure come la tassa di collegamento o la LIA senza valutarne in modo approfondito la portata e si rischia di creare danni, senza risolvere quelli che sono ritenuti i problemi alla base delle nuove disposizioni legali.
A scanso di equivoci, non mi interessa molto se nello specifico delle leggi citate le responsabilità siano del parlamento, del governo o di chi altro. Rilevo solo che l’adozione frettolosa di strumenti poco idonei non è priva di conseguenze e di questo andrebbe tenuto conto, anche nell’ottica delle prossime votazioni di settembre e di quelle che seguiranno.
Il Ticino sconosciuto
/in Comunicazione e mediaL’opinione di Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti
Qualche mese fa ho avuto l’onore di presentare le strutture economiche ticinesi ai delegati di un’importante associazione nazionale, quella dell’industria tessile, che si è riunita per l’assemblea generale a Lugano. Ho cercato di dare qualche indicazione sul Ticino economico, realtà poco conosciuta oltre Gottardo. Penso però che possa essere utile ricordare qualche punto anche ad uso dei ticinesi, poiché ho l’impressione che nel dibattito pubblico si parli troppo spesso senza conoscere la realtà economica del territorio e limitandosi a formule vuote come “capannoni” o tirando in ballo la minoranza di chi non rispetta le regole.
Può essere sorprendente e taluni tendono a negarlo perché il catastrofismo è purtroppo molto più pagante, ma da alcuni anni il Ticino non è più il parente povero della Confederazione. E non mi riferisco solo alle statistiche sulla disoccupazione, che ogni mese creano puntualmente polemiche, ma soprattutto alle tendenze economiche generali. Il Ticino è un cantone dinamico, che se la gioca con le altre regioni elvetiche. Seguiamo da anni l’andamento elvetico, come emerge dai costanti confronti che effettuiamo con i colleghi della Svizzera tedesca e della Svizzera romanda. Non siamo paragonabili a Zurigo in cifre assolute, ma le dinamiche, in proporzioni più ridotte, non sono dissimili. I motivi sono molti, ma uno è sicuramente il fatto che l’economia ticinese ha una struttura molto diversificata, il che costituisce a mio avviso un’innegabile forza. Non è del resto casuale che negli ultimi anni il Ticino abbia resistito abbastanza bene alle varie crisi e si sia mantenuto nella media nazionale dal punto di vista economico generale, malgrado dal 2008 vi siano state tre importanti crisi (una finanziaria e due legate al cambio franco-euro. La capacità di reazione e di adattamento del mondo imprenditoriale ticinese, purtroppo sottovalutata perché non meritevole di slogan paganti elettoralmente, è un fatto che deve assolutamente essere sottolineato. Penso che determinate reazioni ostili verso l’economia e di natura sbagliata, se pensiamo a talune regole nuove introdotte a livello cantonale negli ultimi mesi, siano dovute anche a una misconoscenza della realtà economica cantonale. Ad esempio non sono certo che molti sappiano che, per quanto riguarda il prodotto interno lordo (PIL), il maggiore settore cantonale è l’industria, con una parte di circa il 22%. Molto di più di settori di regola immediatamente identificati con il Ticino e penso in particolar modo al settore finanziario in senso lato e a quello del turismo. La piazza finanziaria (con le assicurazioni), rappresenta circa il 17,5% del PIL, il commercio l’11,2%, l’edilizia il 6,6% e il settore turistico il 10,5%. Vero che poi vi sono altri parametri come il numero di occupati, il gettito fiscale ecc, eppure questa vocazione industriale del nostro cantone non può essere semplicemente ignorata, benché è chiaro che ogni settore è fondamentale e contribuisce appunto a creare quell’economia diversificata di cui dicevo prima. E’ un peccato che tale elemento sia poco noto, perché ridurre definire genericamente come “capannoni” eccellenze mondiali nell’ambito farmaceutico (che il settore più grande dell’ambito industriale), dell’industria meccanica e elettronica, dell’alimentare e della moda significa porre le basi per una discussione pubblica e politica falsata, ideale per preparare il terreno di decisioni avulse dalla realtà. Ignorando elementi-chiave della forza economica ticinese. Anche perché gli ambiti industriali citati sono stati decisivi per promuovere l’internazionalizzazione della nostra economia, sviluppando un nuovo potenziale che ha portato negli ultimi venti anni ad aumentare in modo considerevole il volume delle esportazioni, passato da 3,1 miliardi di franchi nel 1995 a 8,2 miliardi nel 2010, con tendenza all’incremento. Il Ticino è così diventato un territorio rilevante a livello internazionale e questo non ha solo risvolti negativi come taluni vorrebbero far credere, parlando solo e genericamente di dumping salariale, devastazione del territorio (i “famigerati “capannoni”), traffico. ecc. Come per ogni territorio che si sviluppa, vi sono problemi di crescita, dovuti a questioni infrastrutturali, istituzionali, ecc. che vanno senza dubbio risolti attraverso il confronto, ma ragionato e senza caccia alle streghe. Perché il benessere fa comodo a tutti, compresi quelli che lo criticano salvo poi esigere sempre più ricchezza da distribuire, senza pensare che questa ricchezza in qualche modo va creata. Mettendo qualche paletto, ma va comunque dapprima creata, altrimenti non vi è granché da distribuire.
Purtroppo, presi come siamo dalle discussioni che vertono attorno all’Italia, si tende a dimenticare che negli anni la „nazionalità“ delle aziende presenti in Ticino è sempre più variegata (Germania, Francia, Stati Uniti., Gran Bretagna ecc.), senza dimenticare le industrie confederate insediate sul nostro territorio in varie forme. Non è del resto un caso che ci si preoccupi della reazione italiana negativa verso la clausola di salvaguardia proposto dal Ticino per l’applicazione dell’articolo costituzionale che dovrà regolare l’immigrazione, dimenticando che dobbiamo negoziare con l’Unione europea e non con l’Italia su questo tema. La prossimità territoriale con il vicino meridionale porta a sottovalutare il fatto tutta l’Unione europea svolge un ruolo importante per le nostre relazioni commerciali, perché il portafoglio di clienti delle industrie esportatrici va ben oltre le relazioni con l’Italia. Non a caso stanno diventando sempre più rilevanti mercati come la Russia, il Kazakistan e la Turchia, che non potranno mai sostituire l’Unione europea, ma che rappresentano opportunità di business alternative comunque interessanti per i nostri numeri, destinati prioritariamente a coprire nicchie di mercato con prodotti di alta qualità. All’insegna di uno Swissness reale e non burocratico. In quest’ottica, non è nemmeno casuale che nell’ambito del commercio di materie prime il Ticino svolga un ruolo fondamentale a livello mondiale con Ginevra e Zugo. Ma l’impronta internazionale non deve far dimenticare l’importanza delle relazioni confederali, sia sul piano politico che su quello economico. La centralità delle relazioni con il resto della Svizzera è fuori discussione. Se sul versante politico essa è chiara, lo è molto meno, purtroppo, su quello economico. Come già rilevato in precedenza, la presenza di aziende confederate in Ticino è assai rilevante e molte aziende ticinesi lavorano a stretto contatto con altre imprese svizzere, per cui il nord assume un ruolo fondamentale in particolare per le realtà produttive. Sia per i contatti diretti (fornitori, clienti) che per l’esportazione, visto che il principale aeroporto di riferimento è quello di Zurigo e non Milano, come taluni potrebbero pensare. E’ quindi assolutamente logico che ci siamo sempre battuti e continueremo a farlo per la complementarietà dei mezzi di traporto, perché un vettore non esclude un altro e ferrovia, strada e anche aereo devono convivere perché imprescindibili per un’economia dinamica, fortemente legata alle dinamiche nazionali e internazionali.
Tutto bene quindi? Sarebbe troppo bello, ma mi piace avantutto sottolineare i nostri punti di forza. Vi sono ovviamente, come per tutti i paesi del mondo, anche alcuni punti deboli. Anche se, lo ribadisco, le principali preoccupazioni del Ticino oggi non sono dissimili da quelle delle altre regioni svizzere, in primis il franco forte che crea qualche problema di competitività, oppure l’imminente riforma III dell’imposizione delle imprese, che prospetta per il sistema fiscale cambiamenti epocali e non gestibili con facilità (o faciloneria…). Poi ci sono ovviamente tutte le questioni molto tematizzate e oggetto di continue discussioni legate ai frontalieri, ai padroncini, al dumping salariale, che vanno affrontate con serietà e senza isterismi. La Cc-Ti ha sempre dato il suo contributo in quest’ottica, sostenendo ad esempio il rafforzamento dei controlli a tutela di lavoratrici e lavoratori ma anche della stragrande maggioranza delle aziende oneste. E su questa linea intendiamo continuare a operare, senza farci dare lezioni da chi inveisce quotidianamente contro i frontalieri salvo poi occuparne senza ritegno nell’azienda in cui lavora. Se non riusciamo a recuperare un po’ di capacità di analisi e di discussione, sarà inevitabile creare ulteriori difficoltà invece di risolvere i problemi.
Sarebbe peccato scavare ulteriormente il solco che diventa sempre più grande fra le tentazioni di ripiegamento verso le questioni interne e un’economia sempre più caratterizzata da relazioni nazionali e internazionali. E’ solo con il giusto equilibrio fra legittime preoccupazioni per il territorio (mobilità, pianificazione, immigrazione, ecc.) e l’apertura a orizzonti più ampi che si può pensare di rimanere competitivi e quindi un cantone prospero. Eccessi in un senso o nell’altro non sono paganti. Vale per l’imprenditoria ma anche per la politica. Fra chi sogna l’autarchia e chi non ha sensibilità verso la realtà in cui opera c’è un mare molto ampio (costituito non solo da imprese) che agogna questo equilibrio. Sarebbe peccato se il cantone che gioca un ruolo fondamentale sul più importante asse-sud-nord in Europa fosse un “ostacolo” alle relazioni nazionali e internazionali. Vi sono oggettivamente ragioni che giustificano lo scetticismo verso l’UE in particolare o qualche critica alla Confederazione, ma non si può vivere di sole percezioni. Legittime e rispettabili, ma non sempre corrispondenti alla realtà dei fatti. E che il Ticino, lavorando in modo serio e articolato, ottenga udienza anche laddove molte decisioni vengono prese (Berna in particolare), è dimostrato da molti esempi. Visto che su taluni temi addirittura siamo precursori, cerchiamo di sfruttare al meglio. Fare di necessità virtù, si è soliti dire. Mi sembra particolarmente azzeccato.
Partecipate all’inchiesta congiunturale!
/in Appuntamenti, Eventi e missioni, Eventi statisticiInchiesta congiunturale d’autunno 2016/2017 – Rispondete online!
Cari soci,
l’inchiesta congiunturale condotta in collaborazione con le Camere di commercio e dell’industria della Svizzera latina è ora online. Ogni socio della Cc-ti ha ricevuto via posta un formulario cartaceo per la compilazione di questa inchiesta, la quale è ormai divenuta per noi un importante strumento indicativo della congiuntura.
Siamo arrivati all’ottava edizione, clicca qui per vedere le inchieste e i risultati degli anni passati.
Ogni vostra risposta ci è preziosa per fornirvi dei dati quanto più attendibili!
Potete partecipare anche online
www.enquetecci.ch
Trasporti ed infrastrutture di domani: dossier tematico
/in Sostenibilità, TematicheSiamo tutti coscienti dei cambiamenti in atto a livello infrastrutturale ma non abbiamo ancora toccato con mano i nuovi, molteplici benefici. La terra sotto i nostri piedi si muove, un fermento positivo dove le nuove infrastrutture daranno un impulso notevole alla nostra regione. Non esisterà più il Ticino delle città ma diventeremo una “Città-Ticino”. Scoprite questo e tanto altro nel nuovo approfondimento della Cc-Ti sul tema mobilità ed infrastrutture, scaricando il pdf qui.
Tassa di collegamento: informazioni utili
/in Comunicazione e mediaQui di seguito un sunto delle informazioni essenziali (ad oggi in nostro possesso) sull’applicazione della tassa di collegamento, fornite dall’Amministrazione federale e confermate dall’Amministrazione cantonale e gentilmente riassunte da AITI.
I principali punti
Alcuni esempi pratici
a) Il datore di lavoro prende interamente a carico la tassa e il dipendente usufruisce del parcheggio a titolo gratuito.
–> L’importo della tassa non soggiace all’IVA e tale prestazione non va inserita nel certificato di salario.
b) Il datore di lavoro prende a carico parte della tassa e riversa al dipendente solo una parte di essa.
–> La parte riversata al dipendente (ad esempio Fr. 1.00 al giorno) soggiace all’IVA all’aliquota normale dell’8%, e il dipendente dovrà quindi pagare Fr. 1.08 al giorno (su base annua: Fr. 1.08 x 250 = Fr. 270.00). L’importo potrà essere superiore se la settimana lavorativa è di 6 giorni (300 giorni l’anno) oppure di 7 giorni (360 giorni l’anno).
Tale importo non va inserito nel certificato di salario.
c) Il datore di lavoro riversa interamente la tassa di collegamento al dipendente
–> tale tassa soggiace all’IVA all’aliquota normale dell’8% e quindi il dipendente dovrà pagare Fr. 3.50 al giorno + IVA = Fr. 3.78 (su base annua: 3.78 x 250 = Fr. 945.00). L’importo potrà essere superiore se la settimana lavorativa è di 6 giorni (300 giorni l’anno) oppure di 7 giorni (360 giorni l’anno).
Tale importo non va inserito nel certificato di salario.
Informazione sulla dichiarazione IVA della tassa di collegamento e alle registrazioni contabili
Partiamo dall’assunto che le aziende decidano di riversare la tassa (tutta o in parte) ai propri collaboratori, facendo loro firmare un accordo e trattenendo l’importo (Fr. 3.50/giorno + 8% di IVA) dal salario netto.
Per quanto riguarda l’imposta sul valore aggiunto (art. 40, cpv. 1 lett c. della LIVA), la controprestazione va dichiarata nel rendiconto fiscale del periodo in cui tale controprestazione è incassata (in caso di prestazioni senza emissione di fattura).
Anche per quanto riguarda la contabilità, non vi è obbligo di emettere una fattura, ma consigliamo di stilare un dettaglio riepilogativo che possa velocemente far risalire a quanto corrisposto dai dipendenti (tassa + IVA) e quanto dall’azienda (parcheggi per clienti e/o ospiti, parcheggi non utilizzati, ecc.).
In questo modo si avrà sempre un documento da mettere a disposizione delle varie autorità di controllo (Uffici di revisione, funzionari federali e cantonali, ecc.). Vi consigliamo in ogni caso di voler verificare presso il vostro organo di revisione.
Vi ricordiamo inoltre che la tassa di collegamento è entrata in vigore il 1. agosto 2016
Molte aziende ci interpellano per sapere se gli annunciati ricorsi al Tribunale federale contro l’introduzione della tassa di collegamento ne bloccheranno l’entrata in vigore dal 1. agosto 2016. I ricorrenti chiederanno certamente l’effetto sospensivo. Tuttavia, la risposta esaustiva dipende molto dalle sentenze del Tribunale federale sui ricorsi. Nel caso in cui i ricorsi al TF dovessero prevalere, la tassa di collegamento, almeno nella forma proposta dalla legge sui trasporti pubblici e dal regolamento della tassa medesima, non sarà prelevata. Al contrario, qualora i ricorsi venissero respinti dal TF la tassa di collegamento sarà prelevata dal 1. agosto 2016, dunque retroattivamente. Proprio per questa ragione le aziende devono considerare nel proprio budget la spesa della tassa di collegamento, nel peggiore dei casi dal 1. agosto 2016.
Nel caso in cui l’azienda decidesse di ribaltare parzialmente o completamente la tassa di collegamento sui propri collaboratori, le associazioni economiche ticinesi consigliano di far pagare la tassa già dal 1. agosto 2016. Evidentemente qualora la tassa non entrasse in vigore per decisione del TF gli importi richiesti al collaboratore andranno restituiti. Se le imprese non agissero in questo modo e i ricorsi contro la tassa di collegamento fossero bocciati, le aziende si troverebbero nella condizione di richiedere a ogni dipendente che usufruisce del posteggio auto un contributo globale di quasi 1’000 franchi l’anno. Una somma difficilmente sostenibile se richiesta in un colpo solo.
Come far pagare la tassa ai propri collaboratori?
A questo proposito AITI ha preparato una comunicazione (v. allegato “Comunicazione ai dipendenti”) che potete utilizzare verso i collaboratori o da cui potete prendere ispirazione per procedere a far pagare completamente o solo parzialmente la tassa di collegamento. Vi rendiamo attenti sul fatto che il pagamento della tassa di collegamento non può essere portato in detrazione del salario lordo.
Scaricate la lettera di presentazione sulla tassa di collegamento dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC)
Scaricate la lettera esempio – da inviare al vostro interno
SOLAS: maggiori standard di sicurezza per le navi
/in Internazionale, TematicheLa sicurezza della navigazione per la salvaguardia della vita umana in mare sembra un tema astratto per una nazione senza sbocco sul mare, come è il caso della Svizzera. Non va però dimenticato che il nostro Paese dispone di una flotta navale mercantile e che la sicurezza della navigazione è comunque una problematica fondamentale per l’export e il settore delle spedizioni. Con un breve excursus storico, ricordiamo che è dall’inizio del secolo scorso – dopo disastri marittimi importanti, come quello del Titanic nel 1914 – che si è sentita la necessità di creare una regolamentazione a livello internazionale che sopperisse alle carenze tecniche a favore del bene comune. È così quindi che nacque la Convenzione SOLAS, Safety Of Life At Sea, un testo per la salvaguardia della vita in mare, che venne, negli anni, continuamente aggiornato grazie alla creazione dell’Organizzazione internazionale marittima (IMO). Questo accordo ha ufficializzato l’impegno di quasi tutti gli Stati del mondo a far rispettare norme minime di sicurezza alle proprie navi: paratie stagne ed ignifughe anche orizzontalmente per tutto lo scafo; strumenti per la salvaguardia della vita umana in mare; mezzi di prevenzione e spegnimento degli incendi; radiotelegrafo a bordo e funzionante. La Convenzione SOLAS nelle sue forme successive è generalmente considerata come la più importante di tutti i trattati internazionali in materia di sicurezza delle navi mercantili.
Le novità del 2016
Lo spunto storico ci fa tornare ai giorni nostri per presentare l’ultimo aggiornamento della SOLAS, entrato in vigore il 1 luglio 2016 (con un periodo transitorio di 3 mesi), che inserisce l’obbligo di dichiarare la massa lorda verificata (l’accertamento del “gross weight”, definito semplicemente come “VGM”, Verified Gross Mass) di ogni container prima del carico a bordo della nave. Il responsabile di tale verifica del peso del container è lo spedizioniere (“shipper”) indicato sulla polizza di carico. Il dato della VGM e i dettagli della spedizione devono essere comunicati tramite un documento redatto su carta intestata, allegando la ricevuta della pesatura. Queste informazioni dovranno essere trasmesse con sufficiente anticipo rispetto all’imbarco per la preparazione e l’attuazione del piano di stivaggio nave nel rispetto dei tempi. Il dato VGM dovrà poi essere conservato, da tutte le parti coinvolte (shipper, nave, terminalista), fino allo sbarco del singolo container e, comunque, per almeno 3 mesi. Riguardo alle tolleranze, tenendo conto anche che “svariati carichi trasportati in container possono subire modifiche naturali della loro massa dal momento del confezionamento e pesatura al momento della consegna”, il livello di tolleranza è fissato in più o meno il 3% del valore scritto sul certificato.
È da sottolineare che senza questa “pesatura anticipata”, il vettore marittimo dovrà rifiutare il container ma questo problema può essere risolto, nel caso in cui vi sia dell’apparecchiatura certificata, pesando il container confezionato direttamente al porto. Il vettore inoltre non avrà nessun obbligo di verifica circa la correttezza della pesatura. Tutto è quindi in mano allo spedizioniere che può comunque delegare a un soggetto terzo la responsabilità di certificare il peso del container.
La ratio della nuova norma è quindi quella di ampliare gli standard di sicurezza, evitando così problemi di sbilanciamento durante la navigazione, di stabilità durante le fasi di carico e scarico dei container nonché di un non corretto o improprio “lashing and securing” della merce a bordo. Per realizzare tale obiettivo si è quindi deciso di anticipare gli strumenti preventivi ad un momento precedente la fase di imbarco, ponendo un maggiore onere di cooperazione in capo allo “shipper”.
Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Marco Passalia, Responsabile Servizio Export Cc-Ti
Scarica il PDF dell’articolo