Incoterms® 2020: anche in una pratica App

Con il rilascio della nuova versione delle clausole di resa, la Camera di commercio internazionale (ICC) promuove anche una pratica applicazione per smartphone.

L’App Incoterms 2020 è a disposizione sui principali store:  Apple App Store e Google Play

Rimanere connessi digitalmente agli strumenti di business che utilizziamo quotidianamente è più importante che mai, specialmente per chi lavora nel commercio con l’estero. Anche restare aggiornati sulle ultime novità è essenziale per poter portare avanti la propria attività con successo.  

Una delle principali novità di questo anno è sicuramente la pubblicazione delle nuove clausole Incoterms® 2020. Malgrado abbiate seguito i corsi della Cc-Ti o acquistato il libro “Incoterms 2020”, può sempre rimanere un dubbio sulle regole di resa. Ecco quindi che anche la Camera di commercio internazionale (ICC) ha voluto aiutare gli imprenditori fornendo una App da scaricare sul proprio cellulare, utile a colmare i dubbi che possono sorgere in un momento di distrazione. Anche in viaggio quindi è sempre pratico e veloce consultare le obbligazioni del compratore o del venditore in una determinata regola, oppure ripassare la nuova clausola DPU.

L’App fornisce i seguenti servizi:

  • Breve descrizione delle 11 regole Incoterms®
  • Aiuta a comprendere quale termine commerciale includere nei contratti di vendita, a seconda del modo di trasporto: aereo, ferroviario, stradale, marittimo o una loro combinazione
  • Aggiorna sulle novità della ICC  

Ricordiamo che gli Incoterms® 2020 aiutano gli importatori e gli esportatori di tutto il mondo a comprendere le proprie responsabilità ed evitare costosi equivoci. Le regole formano il linguaggio delle transazioni di vendita internazionali e contribuiscono a rafforzare la fiducia nel nostro sistema commerciale globale.

La Cc-Ti, oltre a fornire consulenze ai propri associati, promuove anche corsi di formazione sulle clausole Incoterms®. Il prossimo appuntamento è in programma il 1° aprile e le iscrizioni sono già aperte!

Opposizione al trasferimento aziendale: una disdetta contrattuale?

Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli!

Il codice delle obbligazioni prevede (art. 333) che in caso di trasferimento di un’azienda i contratti di lavoro in essere passano automaticamente e con tutti i diritti e gli obblighi all’acquirente, a meno che il lavoratore non vi si opponga. Il passaggio dei rapporti di lavoro avviene in contemporanea al trasferimento aziendale.

Per trasferimento di azienda si intende ad esempio la relativa vendita, donazione o permuta oppure una fusione o una scissione di più aziende. Per contro il semplice trasferimento di un pacchetto, minoritario o maggioritario, di azioni non rientra del campo di applicazione dell’art. 333 CO.

La legge prevede l’obbligo di informare tempestivamente la rappresentanza dei lavoratori sul motivo del trasferimento e sulle relative conseguenze. Nel caso in cui fossero previste misure concrete i lavoratori vanno preventivamente consultati.

Ora, cosa significa che il lavoratore si può opporre al trasferimento? Deve dare la disdetta? O è il datore di lavoro che, preso atto dell’opposizione, deve agire con un licenziamento ordinario? Niente di tutto questo. La fine del contratto è una conseguenza legale dell’opposizione. Il dipendente entro un congruo termine deve quindi manifestare la sua volontà di non volere acconsentire al trasferimento del suo contratto. La dottrina ritiene che un termine di un mese, di regola, possa essere adeguato. Se il lavoratore non dovesse reagire entro questo congruo termine si reputa che il trasferimento sia stato tacitamente accettato. In caso di opposizione il contratto termina comunque entro il termine di disdetta legale (anche se non si tratta di disdetta). Infine, non trattandosi di una disdetta, il lavoratore che si oppone al trasferimento non è tutelato dalle disposizioni contro le disdette abusive o date in tempo inopportuno (artt. 336 ss. CO).

Adeguamenti salariali CNL 2020

Un’informativa sulle modifiche salariali relative ai contratti normali di lavoro.

La Commissione tripartita in materia di libera circolazione delle persone ha pubblicato sul Foglio ufficiale no.102/2019 del 20 dicembre 2019 gli adeguamenti salariali 2020 dei contratti normali di lavoro (CNL).

I CNL ex-art. 360a CO decretati dal Consiglio di Stato su proposta della Commissione tripartita prevedono un adeguamento agli eventuali aumenti salariali decisi dalle parti dei rispettivi CCL di riferimento oppure, laddove non vi è un CCL di riferimento, l’adeguamento al rincaro in funzione dell’evoluzione su base annua dell’indice nazionale dei prezzi al consumo (IPC del mese di novembre).

In breve, dal 1° gennaio 2020:

  • sono stati adeguati, in base all’aumento deciso dalle parti contraenti del CCL per gli impiegati di commercio nell’economia ticinese, i minimi salariali orari previsti dagli 11 contratti normali di lavoro (CNL) attualmente in vigore per la professione di impiegato/a di commercio, con un aumento da 19.85 a 20.06 franchi per un impiegato generico, da 21.45 a 21.67 franchi per un impiegato operativo e da 24.40 a 24.64 franchi per un impiegato responsabile;
  • è stato adeguato ai nuovi minimi del rispettivo contratto collettivo di riferimento (CCL Swissmem) anche il CNL per il settore della fabbricazione di macchinari e apparecchiature, con l’aumento da 21.10 a 21.25 franchi per il personale non qualificato e da 22.95 a 23.12 per il personale qualificato;
  • il CNL per gli operatori di call center è stato adeguato in base agli adeguamenti decisi dalle parti contraenti del CCL Contact e Call center con l’aumento da 19.25 a 19.62 per il livello 1, da 20.90 a 21.30 per il livello 2 e da 23.90 a 24.38 per il livello 3;
  • per quanto riguarda il settore dell’informatica, i minimi delle 3 categorie salariali degli informatici previsti nel CNL sono stati adeguati in linea con gli aumenti previsti per le tre categorie di impiegati di commercio, ossia da 19.85 a 20.06 franchi per la categoria a, da 21.45 a 21.67 franchi per la categoria b e da 24.40 a 24.64 franchi per la categoria c.

Non essendosi verificato un rincaro su base annua nell’indice nazionale dei prezzi al consumo (IPC novembre) non vi è invece stato nessun adeguamento dei salari minimi per i rimanenti CNL.

Nuova Legge cantonale sulle Aperture dei Negozi (LAN)

Da inizio gennaio 2020 il settore del commercio al dettaglio dispone di nuove regolamentazioni.

Il 1° gennaio sono entrati in vigore la Legge cantonale sulle Aperture dei Negozi (LAN) e il Contratto Collettivo di Lavoro per il settore della vendita, dichiarato di forza obbligatoria. Per la gestione del CCL è stata istituita una Commissione paritetica, la cui sede è a Lamone.

La legge si applica a tutti i negozi ed esercizi di vendita.

È considerato negozio ai sensi della legge ogni locale o impianto accessibile al pubblico e utilizzato per la vendita al dettaglio di prodotti di ogni genere, compresi gli stand di vendita, le strutture mobili o i commerci che si trovano all’interno dei locali di un’impresa di genere diverso o di un appartamento.

Basi legali

Le principali disposizioni

Il quadro normativo regola in particolare:

  • L’orario di apertura e di chiusura dei negozi in tutto il Cantone
    – dal lunedì al venerdì tra le ore 06.00 e le ore 19.00,
    – il giovedì tra le ore 06.00 e le ore 21.00,
    – il sabato tra le ore 06.00 e le ore 18.30.
  • Il principio della chiusura domenicale e festiva dei negozi.
  • La possibilità di chiedere deroghe puntuali agli orari di apertura nei giorni feriali, nelle domeniche e giorni festivi, in occasione di esposizioni, manifestazioni culturali, sportive o popolari, inaugurazioni, ricorrenze e anniversari.

L’introduzione di deroghe di legge:

  • per determinati negozi nei giorni feriali tra le ore 06.00 e le ore 22.30.
  • per l’apertura generalizzata dei negozi tra le ore 10.00 e le ore 18.00 per un massimo di tre domeniche all’anno, nelle domeniche che precedono il Natale dopo l’Immacolata, definite annualmente dal DFE.
  • per l’apertura generalizzata dei negozi tra le ore 10.00 e le ore 18.00 nelle feste infrasettimanali non parificate alla domenica, escluso il primo maggio.
  • per determinati negozi durante le domeniche e nei giorni festivi ufficiali tra le ore 06.00 e le ore 22.30.
Per maggiori informazioni il Segretariato di Federcommercio è a disposizione. Altri utili riferimenti sul sito dell’Ispettorato del lavoro del Canton Ticino, all’indirizzo www.ti.ch/negozi

Testo tratto da www.ti.ch/negozi

Novità 2020: il tasso di contribuzione dell’AVS è stato adeguato

Dal 1° gennaio 2020 il tasso di contribuzione dell’AVS è stato aumentato di 0.3 punti percentuali.

Informiamo le aziende che a seguito dell’entrata in vigore della Legge federale concernente la riforma fiscale e il finanziamento dell’AVS (RFFA) – sempre dal 1° gennaio – , il Consiglio Federale ha deciso di aumentare il tasso di contribuzione dell’AVS. Questo fattopermetterà all’AVS di registrare annualmente entrate supplementari pari a 2 miliardi di franchi, contribuendo in misura importante alla garanzia delle rendite.

I contributi AVS/AI/IPG a carico dei salariati e dei datori di lavoro passeranno dal 10,25 al 10,55 percento (ossia dal 5,125 al 5,275 % per ciascuna delle parti). Per quanto concerne i lavoratori indipendenti, il contributo minimo AVS/AI/IPG passerà dal 5,196 al 5,344 per cento, mentre quello massimo dal 9,65 al 9,95 per cento. Il tasso di contribuzione AVS/AI delle persone esercitanti un’attività lucrativa che si sono affiliate all’assicurazione facoltativa passerà dal 9,8 al 10,1 percento.

Maggiori informazioni al seguente link del sito della Confederazione oppure contattando il nostro Servizio giuridico.

Obbligo di annunciare i posti vacanti: novità dal 2020

Vi proponiamo maggiori dettagli sull’aggiornamento dal 1° gennaio 2020.

Dal 1° gennaio 2020 il valore soglia per l’assoggettamento all’obbligo di annuncio sarà abbassato al tasso di disoccupazione medio del 5% come previsto per legge. I generi di professione assoggettati sono determinati in base alla nuova nomenclatura svizzera delle professioni.

Cliccando qui, è possibile trovare maggiori informazioni.

L’elenco dei generi di professioni soggetti all’obbligo di annuncio per il 2020 è consultabile su www.lavoro.swiss.

Necessitate di maggiori informazioni? Il nostro Servizio giuridico è sempre a disposizione degli associati per maggiori dettagli.

Prendersi una pausa

Ci sono collaboratori che anelano un attimo di pausa, altri invece che preferiscono “tirare dritto” e finire prima. Cosa rispondere?

Partiamo da alcune indicazioni di base. La settimana lavorativa per i singoli lavoratori non può eccedere i 6 giorni. I 6 giorni lavorativi nei giorni feriali da lunedì a sabato sono seguiti dal giorno di riposo settimanale. Quest’ultimo deve comprendere la durata di 24 ore della domenica e un tempo di riposo giornaliero di 11 ore.
I lavoratori chiamati a prestare lavoro domenicale, conformemente all’art. 21 OLL 1, non possono essere impiegati per più di 6 gironi consecutivi.
Non vi è nessun obbligo di ripartire le ore di lavoro dei singoli lavoratori in modo uniforme sull’arco della settimana lavorativa. Queste possono anche essere concentrate in singoli giorni lavorativi, sempreché siano osservate le prescrizioni sulla durata massima della giornata lavorativa nonché sulla durata del lavoro e del riposo.
È considerato posto di lavoro ai sensi della legge sul lavoro qualsiasi luogo nell’azienda o fuori della stessa ove il lavoratore deve rimanere per eseguire il lavoro assegnatogli. Un veicolo o tutti gli altri mezzi di trasporto ai sensi dell’articolo 13,2 e 15,2 OLL 1 sono di conseguenza considerati posti di lavoro, ma evidentemente non locali di pausa.

La pausa è un tema ricorrente e fonte di discussione, o meglio, d’interpretazione. Il collaboratore ritiene, spesso, di poter gestire questo tempo a suo piacimento, magari senza fermarsi per finire in anticipo la propria giornata. Il datore di lavoro ha un’idea ben precisa, spesso diversa, in merito alla concessione e all’utilizzo del “tempo aziendale”.

La base dalla quale partire è necessariamente la regolamentazione legale che varia notevolmente da settore a settore. La legge ci aiuta a identificare una prima linea (Legge sul lavoro e ordinanze 1 e 2 della SECO):

 Sezione 2: Pause e periodi di riposo  Art. 18 Pause (art. 15 e 6 cpv. 2 LL)

1 Le pause possono essere stabilite in modo uniforme o differenziato per i singoli lavoratori o gruppi di lavoratori.
2 Le pause devono essere fissate in modo da dividere a metà il tempo di lavoro. Un periodo di lavoro di una durata superiore a cinque ore e mezzo prima o dopo una pausa dà diritto a pause supplementari conformemente all’articolo 15 della legge.
3 Le pause di una durata superiore a mezz’ora possono essere frazionate.
4 Nel caso di orari di lavoro flessibili, la durata delle pause è calcolata sulla base della media della durata giornaliera del lavoro.5 È posto di lavoro ai sensi dell’articolo 15 capoverso 2 della legge, qualsiasi luogo nell’azienda o fuori dell’azienda, ove il lavoratore deve stare per eseguire il lavoro assegnatogli.

Ai sensi delle indicazioni sulla legge del lavoro, si recita quanto segue:

“Ai sensi del diritto del lavoro, qualsiasi interruzione del lavoro che consenta al lavoratore di riposare e mangiare ha validità come pausa”. Le interruzioni del lavoro dovute a problemi tecnici che, quindi per loro natura, non contemplano il riposo non sono considerate una “pausa”. Alla stessa stregua i tempi concessi all’inizio e alla fine di un turno di lavoro non possono essere considerate pause in senso stretto.          

Possiamo quindi riassumere asserendo che non possiamo valutare una qualsiasi interruzione del lavoro una pausa (v. Legge sul lavoro).
È buona abitudine che i datori di lavoro consultino i lavoratori o i loro rappresentanti in azienda in merito alla regolamentazione delle pause prima che queste siano fissate in modo definitivo.
Le pause possono essere fissate in modo uniforme a un determinato orario per l’intera azienda, o in modo differenziato per singoli lavoratori o gruppi di lavoratori.

Cosa ci indica il diritto del lavoro

La legge sul lavoro prevede norme molto concise su questo tema. Resta inteso che i lavoratori hanno diritto a fare delle pause.        
Le pause servono a nutrirsi e a riposarsi, perciò devono essere fissate in modo da dividere a metà le durate del lavoro (indicate nell’articolo 15 LL).
Anche se la pausa principale dura più a lungo di quanto prescritto dalla legge (es. pausa di mezzogiorno di un’ora tra le 12.00 e le 13.00) un periodo di lavoro di una durate superiore a cinque ore e mezzo prima o dopo questa pausa dà diritto a pause supplementari conformemente all’articolo 15 della legge.

Tempo secondo le indicazioni di legge:

  • un quarto d’ora, se la giornata lavorativa dura più di cinque ore e mezza;
  • mezz’ora, se la giornata lavorativa dura più di sette ore;
  • un’ora, se la giornata lavorativa dura più di nove ore.

Solo le pause di una durata superiore a mezz’ora possono essere frazionate. Questa mezz’ora rappresenta il tempo minimo necessario per potersi nutrire e riposare se il lavoro giornaliero dura più di 7 ore.È dato accertato che più pause brevi permettono di riposarsi meglio di una sola pausa lunga (. art. 17°cpv. 2LL). In generale: Nel caso di orari di lavoro flessibili, nei quali la durata giornaliera del lavoro può essere compresa fra meno di sette ore a più di nove ore, la durata della pausa principale è calcolata sulla base della media della durata giornaliera del lavoro convenuta. Anche in questo caso vale la disposizione secondo cui un periodo di lavoro di una durata superiore a 5 ore e mezzo da diritto a una pausa di un quarto d’ora.

Le pause non sono orario di lavoro

Il tempo di pausa, in generale, non conta come orario di lavoro. Le pause non dovrebbero essere pagate. Tuttavia, ci sono eccezioni: quando i lavoratori semplicemente non possono lasciare il luogo di lavoro (art. 15, 2 LL). Qualsiasi luogo in cui il lavoratore deve essere in grado di svolgere il lavoro affidatogli, all’interno o all’esterno del luogo di lavoro, è considerato un luogo di lavoro (art. 18, 5 OLL). Questo è il caso, ad esempio, quando è necessario garantire la permanenza del telefono. Il tempo ad esso dedicato viene quindi conteggiato come orario di lavoro e deve essere compensato.

Pausa sigaretta

Il datore di lavoro è libero di concedere o meno ai propri dipendenti pause supplementari, ad esempio le pause per il fumo di sigarette. I lavoratori che desiderano fare brevi pause per questo scopo devono compensare questo periodo: le pause sigaretta non vengono conteggiate come orario di lavoro.
Si consiglia pertanto di impostarlo in modo trasparente e dall’inizio. Questa concessione può anche portare rapidamente a tensioni e discussioni se, per esempio, i non fumatori si sentono discriminati da questo “favore”.

Riposo giornaliero

È necessario rispettare i requisiti di riposo giornaliero contenuti nel diritto del lavoro, ma essere anche attenti alle diverse esigenze dei nostri collaboratori a dipendenza della funzione e del tipo di lavoro assegnato.
Le interruzioni sono formalmente prescritte dalla legge e, a seconda della durata degli impegni, il datore di lavoro deve concedere almeno un’interruzione al minimo come prescritto dalla legge. Il datore di lavoro deve anche assicurarsi che i suoi dipendenti prendano le loro pause. Pause, di regola, non prevalgono come orario di lavoro e non dovrebbero essere, in orario normale, compensate.
Anche colazioni e pause pomeridiane non vengono conteggiate come orario di lavoro.
Sebbene i lavoratori debbano normalmente compensare le pause caffè, la maggior parte dei datori di lavoro concede loro volontariamente questo tempo come libero, senza richiedere alcun compenso per l’orario di lavoro.
Questa è un’ottima idea che contribuisce alla buona atmosfera del clima lavorativo.
Questo atteggiamento di “complicità” con i propri dipendenti non dovrebbe mai essere trascurato ed è il cemento di tutti i buoni rapporti di lavoro.

Fonti: SECO, Indicazioni relative alla legge sul lavoro e alle ordinanze 1 e 2 
WEKA, “Temps de pause: ni plus, ni moins”, 7.8.19

Narrare il business

Non si tratta di narrare una favola. Raccontare delle storie per vendere, fare pubblicità e consolidare l’immagine di un servizio o un prodotto è una tendenza già in uso nel mondo della comunicazione.

A tutti noi è già successo di venir coinvolti da quelle campagne pubblicitarie che ci suscitano un’emozione, l’identificazione con i nostri ricordi d’infanzia o con esperienze vissute. Il vedere uno spot televisivo, un video più o meno lungo su Youtube, sui social network, ma anche un’immagine su una rivista, può farci vivere un’esperienza che resterà impressa nella nostra mente. Riuscire a coinvolgerci, ad arrivarci, con una storia, un’esperienza o un’emozione.

Queste dinamiche, dal lato aziendale, si riassumono con il termine storytelling (ossia raccontare storie), un processo che è diventato uno strumento di marketing sempre più utilizzato.

Narrare una storia che coinvolga il cliente finale (B2C, ma anche B2B) e parli dei servizi aziendali e/o promuova un prodotto è una forma di scrittura creativa, che porta il pubblico a vivere ancora maggiormente l’azienda (o il prodotto), poiché lo fa entrare in un mondo a sé, incrementando la ‘brand awarness’. Al contempo veicola visioni e missioni aziendali toccando aspetti emotivi.

Obiettivi

Non solo far vivere un’esperienza e far conoscere ancora di più l’essenza aziendale al pubblico: lo storytelling permette di comunicare a diversi livelli. Innanzitutto occorre definire una strategia di comunicazione e marketing che definisca chiaramente gli obiettivi, i modi e i tempi della desiderata visibilità aziendale. In seguito è possibile determinare diverse misure e strumenti atti a centrare l’obiettivo/gli obiettivi della strategia. Lo storytelling è un ottimo mezzo, che permette non solo di coinvolgere il pubblico nelle dinamiche dell’impresa, ma può anche persuadere, informare, motivare ed emozionare.

Senza limiti

Si tratta di uno strumento definito solo per alcuni ambiti settoriali? Altrimenti detto: lo storytelling è adattabile a tutti i contesti? Essenzialmente sì. Occorre qualche accorgimento nella definizione dei testi e della storia. Lì sono racchiuse le competenze dello storyteller, ossia della persona che – all’interno del team dell’azienda – si occuperà dello scrivere la storia, definire personaggi, contenuti, ecc..

Pianificazione necessaria

Quali sono dunque gli elementi su cui ci si basa? Nel definire un racconto è possibile collegarsi al modello narrativo delle favole oppure partire da zero, avendo però in chiaro gli elementi che compongono la linea narrativa di un racconto (genere, target, contesto, obiettivo, personaggi/voce narrante, stile, ecc.), costruendo una struttura che risponda a quelle che in inglese si definiscono le ‘5w +1h (What? Why? Who? Where? When? How?)’, ossia un testo in un vi siano gli elementi che rispondono a queste domande “chi/cosa/come/dove/quando e perché”.

Raccontare storie è divenuto un modo di pensare e di interpretare, diffondendo idee.

La Cc-Ti propone un corso di formazione puntuale sul tema il prossimo 24 marzo 2020, intitolato “Corporate storytelling: strategie di marketing e comunicazione“. Le iscrizioni sono aperte!

La sicurezza è questione di “intelligence”

Ogni giorno siamo sempre più connessi (consciamente o inconsciamente) nel cyber spazio e a Internet. Ogni ambito della nostra vita (la sfera professionale, privata e pubblica) interagisce sempre più, in qualche modo, con il cyber spazio. E con la sicurezza come la mettiamo?

Anche lo stesso cyber spazio che dal mondo virtuale si sta espandendo in quello reale, interagisce con la nostra vita. L’avvento della tecnologia 5G, l’utilizzo sempre più diffuso del protocollo IPV6 (con cui potremmo letteralmente connettere in rete ogni singolo filo d’erba di questo pianeta) e l’utilizzo sempre più massivo degli IoT (Internet of Things) cambieranno il paradigma di “perimetro di sicurezza” fino ad ora conosciuto ed accresceranno in maniera inimmaginabile (ad esempio attraverso i Big Data) la presenza dei nostri dati, anche sensibili, in rete.

Nuove forme di minacce derivanti dalla manipolazione di questi dati. Sarà questa la nuova sfida che la sicurezza delle informazioni dovrà affrontare e che non potrà essere più combattuta solo con i classici strumenti di sicurezza come firewall, antivirus, ecc.. Sarà invece necessario introdurre strumenti in grado di garantire l’affidabilità delle fonti, la certezza delle informazioni, contrastare le rappresentazioni di realtà alternative plausibili ma non veritiere create grazie all’eccesso di informazioni in rete sempre più utilizzate da algoritmi basati sull’intelligenza artificiale.

La “cyber intelligence” rappresenta la nuova frontiera della difesa digitale, permette di analizzare le nuove minacce con “occhi” diversi, di costruire strumenti trasversali in grado di correlare informazioni proveniente da vari ambiti (virtuale, fisico e umano-comportamentale) ed individuare minacce basate su artefatti di realtà alternative in cui gli utenti possono finire e rendersi così vulnerabili ad attacchi o manipolazioni.
Si pensi ad esempio al recente utilizzo della tecnologia “deepfake”, che grazie all’intelligenza artificiale permette con solo 18 secondi  di video in primo piano di un soggetto di riprodurlo in movenze ed espressioni, con la possibilità di clonare anche la sua voce in maniera del tutto credibile. Un esempio è quello dell’ex Presidente degli USA Barack Obama che in un video apparso su Youtube sembra parlare male dell’operato dell’attuale Presidente USA Donald Trump.

Il deepfake può essere usato per tanti scopi criminali gravissimi, nel mondo politico ma anche finanziario, la credibilità che attribuiamo alle immagini che vediamo riesce ingannare i nostri sensi. Il deepfake è un’evoluzione che rende ancora più deflagrante questo inganno, rendendo il problema del “phishing” fatto tramite mail o link ingannevole, un attacco obsoleto e primitivo. In un tale contesto, oltre a rendere più sicuro l’ecosistema digitale e culturalmente preparati gli utenti, necessitiamo di strumenti che possano controllare il web ed il deep web alla ricerca di tutte le informazioni riguardanti organizzazioni e cittadini, in grado di valutarne i potenziali rischi di utilizzo e , grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale, applicata alla cyber intelligence, predirli con debito anticipo.

L’applicazione pratica dell’intelligenza artificiale e le tecnologie connesse all’IoT ci stanno portando rapidamente agli albori di un ulteriore salto evolutivo digitale, che come tutte le innovazioni, oltre a portare indiscussi benefici porterà la necessità di maggiore consapevolezza  e sicurezza nel loro utilizzo, cose che  potremo soddisfare solo con un po’ di “intelligence”.  

Testo a cura di Lorenza Bernasconi, Partner Gruppo Sicurezza SA, Bironico

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Leggi il resoconto dell’evento del 26 novembre 2019, in cui è stato trattato anche il tema della sicurezza e dei deep fake

Il nostro Servizio giuridico per le aziende associate

Tra i differenti servizi che la Cc-Ti propone ai propri associati, quello giuridico offre alle aziende affiliate l’opportunità di usufruire di una assistenza puntuale su temi di natura giuridica, di regola legate all’ambito contrattualistico e del diritto del lavoro.

A seguito del crescente interesse per la consulenza giuridica dimostrata dai nostri  associati, per il 2020 abbiamo previsto di dare maggior tangibilità a questo  importante servizio.

Un contatto che consta di una prima valutazione della situazione con i relativi consigli da mettere in atto, un po’ come succede con il medico di famiglia in ambito sanitario. Qualora i problemi segnalati dovessero richiedere interventi più approfonditi o, addirittura, l’avvio di procedure giudiziarie, è da sempre nostra premura segnalare i nominativi di professionisti facenti parte della nostra rete di  contatti, sia in Svizzera che all’estero, affinché i nostri soci possano prevalersi di assistenza competente e confacente alle loro specifiche esigenze.

La Cc-Ti intende quindi identificarsi come riferimento autorevole in Ticino nel settore del diritto del lavoro, per le aziende o le associazioni di categoria associate, ma non solo. In tale prospettiva verranno maggiormente curati la comunicazione giuridica agli associati, come pure i momenti di incontro con le aziende su temi giuridici.

Vi ricordiamo che è già possibile nell’area soci consultare e scaricare articoli e pratiche schede di natura giuridica su differenti tematiche (diritto del lavoro, risorse umane, diritto commerciale, accordi bilaterali, proprietà intellettuale, fiscalità, assicurazioni sociali, ecc.).

Il nostro Servizio giuridico è diretto dall’Avv. Michele Rossi, delegato per le relazioni esterne per la Cc-Ti e pure docente all’Università dell’Insubria e alla SUPSI.