Elezioni cantonali 2019

In vista delle prossime elezioni cantonali del 7 aprile 2019, vogliamo presentarvi i due candidati appartenenti alla nostra associazione mantello: Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti, candidata PLRT al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio e Michele Rossi, Delegato alle Relazioni esterne Cc-Ti, candidato PPD al Consiglio di Stato.

In questo modo teniamo a ribadire l’importanza di un rafforzamento della rappresentanza del mondo economico a livello istituzionale.

Vi presentiamo di seguito le loro opinioni su temi di diversa natura, così da conoscerli meglio ed approfondire alcune questioni di primaria rilevanza.

Cristina Maderni

Michele Rossi

 

 

 

Se questa è politica

Vi proponiamo l’opinione di Michele Rossi, Delegato alle Relazioni esterne Cc-Ti e candidato PPD al Consiglio di Stato

Lo scorso 27 gennaio Lugano ha celebrato il giorno della memoria con la messa in scena dell’opera teatrale “Destinatario sconosciuto”, tratta dal romanzo omonimo di Katherine Kressmann-Taylor. È una pièce di breve durata, essenziale, pungente, che mette in risalto in modo spaventosamente lucido il degrado della società tedesca che negli anni ’30 ha poi permesso l’ascesa al potere di Hitler in una società all’interno della quale le garanzie offerte da un sistema democratico, dalle istituzioni e dalla legge, sono progressivamente diminuite e per alcuni gruppi di persone, come purtroppo sappiamo, sono scomparse del tutto. Il risultato fu quello di una società volutamente spaccata, in cui i capibranco canalizzavano le rabbie e le frustrazioni della gente già provata da una gravissima crisi economica, verso presunti nemici e colpevoli designati a priori. Questa società della rabbia e della frustrazione indotte, ha generato il peggior disastro che la storia dell’uomo abbia mai conosciuto. Ed è quindi giusto ricordare a tutti e regolarmente, che queste cose sono successe davvero e che senza le dovute precauzioni, potrebbero anche ripetersi.

Una delle precauzioni più efficaci contro il possibile degrado di una collettività è lo stato di diritto: una conquista fondamentale della nostra società. Rappresenta l’alternativa all’esercizio arbitrario del potere. Protegge tutti noi da chi comanda. Mette dei limiti agli abusi. Permette di accedere ai tribunali per chiedere protezione. Garantisce la stabilità e la prevedibilità della nostra organizzazione. Nel nostro sistema la Costituzione federale all’articolo 5 recita in modo inequivocabile “Il diritto è fondamento e limite dell’attività dello Stato”. Non può esserci stato fuori dalla legge. Detto così sembra quasi scontato. La nostra generazione è nata e vive in uno stato di diritto e non ha conosciuto altri sistemi. Sistemi tristemente alternativi che però sono esistiti, anche nel mondo occidentale (basta leggere i libri di storia) e attualmente esistono e danno mostra di sé, in altri continenti.

In queste settimane alcuni politici ticinesi si sono occupati pubblicamente di questioni giudiziarie. Mi riferisco al caso del terrorista Lojacono Baragiola e dell’ex funzionario cantonale condannato per reati sessuali. Entrambi hanno commesso fatti gravissimi e assolutamente riprovevoli. Per questa ragione è giusto che nei loro confronti la legge venga applicata in tutta la sua severità. A volte la legge può, per vari motivi, sembrare non sufficiente. In tal caso, come hanno indicato alcuni politici, se ne può proporre una modifica, seguendo le procedure e i tempi previsti dal nostro ordinamento democratico. Questa, indubbiamente, è una via praticabile.

Altri per contro, sempre all’interno del mondo politico nostrano, hanno reagito denunciando la presunta inettitudine del nostro sistema giudiziario chiedendo l’adozione di provvedimenti immediati e non previsti dalla legge in vigore, ma di grande impatto mediatico. Proposte dettate dalle emozioni negative e dalla volontà di far presa sull’opinione pubblica. Ora, stiamo ben attenti a non scardinare un pilastro fondamentale del nostro vivere in comune. Non apriamo un lucchetto sapientemente ideato dalla nostra civiltà per evitare che l’inciviltà collettiva possa ripetersi oggi come allora. Lo stato di diritto serve a tutti. L’alternativa è il caos, con il degrado che ne consegue. Son cose che i più anziani tra di noi hanno già vissuto in passato. E non mi sembra che nonostante l’imminenza delle elezioni, le ricordino come un’alternativa valida..

Le miniere del Cile cercano il supporto della svizzera per una maggiore sostenibilità

Il settore minerario cileno, che vale miliardi, vuole diventare più verde: ottime opportunità per i fornitori svizzeri di energia, acqua, rifiuti, mobilità e automazione. A cosa devono prestare attenzione le aziende svizzere al momento dell’ingresso sul mercato?

Il piccolo Paese sudamericano è un attore di importanza mondiale nel settore minerario. Nel 2017, oltre 200’000 dipendenti del settore hanno generato un fatturato di oltre 30 miliardi di franchi. Oltre al rame, dove il Cile è il leader assoluto con quasi il 30% della produzione mondiale, si estraggono anche litio, molibdeno, oro, argento, piombo, zinco e ferro. Dopo diversi anni difficili, con prezzi bassi delle materie prime, investitori cauti e aggiustamenti strutturali, lo scorso anno l’umore del settore è migliorato significativamente – anche perché tendenze globali come l’elettromobilità stanno avendo un impatto positivo sul clima degli investimenti.

Previsti investimenti di 60 miliardi di franchi

Per rimanere competitive a livello internazionale, le aziende si concentrano sull’aumento della produttività, ma soprattutto sulla sostenibilità. L’aumento dei prezzi delle materie prime consente all’industria di portare avanti i propri progetti di ricerca e sviluppo e di acquistare soluzioni all’estero. Sono previsti investimenti per circa 60 miliardi di franchi.

La produzione sostenibile garantisce una maggiore competitività per i clienti globali

Le innovazioni dell’industria cleantech in settori come l’energia, l’acqua, i rifiuti, la mobilità o l’automazione non riducono unicamente l’impatto ambientale, ma anche i costi di produzione dei gestori delle miniere, dove la domanda di carburanti è enorme. Allo stesso tempo, le aziende produttrici di materie prime soddisfano le crescenti richieste dei loro clienti, come Nestlé e Apple, che vogliono offrire prodotti il più possibile rispettosi del clima, attraverso una produzione più sostenibile.   ….continua a leggere

Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©

Imparare lavorando grazie all’apprendistato

Invecchiamento della popolazione, pensionamento della generazione dei baby boomers e un clima politico che non favorisce, di certo, l’arrivo di lavoratori dall’estero, e non solo di personale qualificato, di cui il nostro sistema produttivo ha invece bisogno. Problemi che possono avere ripercussioni pesanti sulla crescita economica.  Ne abbiamo parlato con Mauro Dell’Ambrogio, già Segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione.

Imparare lavorando, grazie all’apprendistato.

“Con più pensionati, meno lavoratori e risparmi non remunerati, crollano lo Stato sociale e il sistema pensionistico, non solo la crescita economica” sottolinea Mauro Dell’Ambrogio, ex Segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione. “L’immigrazione non va combattuta- precisa- ma selezionata: sì a imprenditori e specialisti in grado di mantenerci al top della concorrenza mondiale, no a chi non si integra e non produce. Questa cinica necessità non contraddice misurati atteggiamenti di solidarietà, anche globale: una civiltà tesa solo al benessere materiale, magari mal ripartito, senza altri valori non sopravvive”.

Da anni si lamenta nel nostro Paese la mancanza di manodopera qualificata, un deficit evidenziato anche in Ticino dall’ultima inchiesta congiunturale della Cc-Ti. Come risolvere questo problema?

“Dipende dal settore. Rafforzare l’offerta di formazione, riqualificare (ad es. nel settore informatico), trattenere o far tornare sul mercato del lavoro (come il personale femminile nelle cure). Prestigio e condizioni di lavoro hanno pure effetto su vocazioni e disponibilità, in una società nella quale nessuno deve lavorare per sopravvivere, ma talento e volontà richiesti superano quelli disponibili. Importare è inevitabile per i lavori che i residenti non amano o non hanno il talento per fare. Nelle professioni regolamentate si può anche esaminare se i requisiti d’accesso non siano troppo selettivi”.

La Svizzera vanta un sistema di formazione duale invidiato dagli altri Paesi, questo modello sarà anche in futuro la strategia vincente o bisognerà in qualche modo migliorarlo?“

Migliorarlo si può sempre, ma attenzione a non stravolgerlo, come ogni tanto si rischia di fare dando più peso alla parte scolastica che a quella aziendale. All’estero lo si è fatto con risultati catastrofici”.

Lei si è dimostrato alquanto scettico sulla proposta del DECS di prolungare l’obbligo scolastico sino a 18 anni. C’è il rischio di parcheggiare a scuola per altri tre anni i ragazzi? Con quali misure si potrebbe favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro?

“Il DECS parla di obbligo di formazione, non scolastico. Ciò è giusto. Ho dubbi sull’obbligo. Non solo la scuola, ma anche il lavoro medesimo è strumento principe di formazione e quindi di successive possibilità di inserimento. Le esperienze all’estero dimostrano che ritardando l’entrata nel mondo del lavoro si ha non solo un minor successo d’inserimento, ma anche una maggiore discriminazione sociale: in Svizzera l’apprendistato apre ogni tipo di carriera, anche a chi è d’origine sociale sfavorita; altrove fra i tanti che studiano trova posto chi ha radici sociali privilegiate”.

Accordo commerciale tra Svizzera e Regno Unito

Svizzera e Regno Unito assicurano le reciproche relazioni economiche e commerciali anche dopo l’uscita britannica dall’Unione Europea («Brexit»). L’11 febbraio 2019 il Consigliere federale Guy Parmelin e il ministro del commercio britannico Liam Fox hanno firmato a Berna un accordo commerciale bilaterale.

Grazie all’accordo commerciale sottoscritto oggi da Svizzera e Regno Unito, i diritti e gli obblighi economici e commerciali derivanti dagli accordi elvetici con l’Unione europea (UE) resteranno in vigore tra i due Paesi contraenti. Questo nuovo accordo si prefigge di porre le basi per il proseguimento di buone relazioni bilaterali economiche e commerciali con il Regno Unito anche dopo la sua uscita dall’UE.

L’accordo è stato concluso nel quadro della strategia «Mind the Gap» del Consiglio federale. Riproduce gran parte degli accordi commerciali stipulati con l’UE e che attualmente disciplinano le relazioni tra Svizzera e Regno Unito: l’accordo di libero scambio del 1972, l’accordo sui mercati pubblici, l’accordo sulla lotta alla frode, una parte dell’accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità e l’accordo agricolo del 1999. Pur essendo accordi diversi, mirano tutti a ridurre o eliminare le barriere commerciali e le discriminazioni negli scambi economici.

Alcuni accordi tra Svizzera e UE si basano sull’armonizzazione o il riconoscimento dell’equivalenza delle norme bilaterali (p. es. l’accordo del 2009 sulla facilitazione e la sicurezza doganali, alcuni settori dell’accordo agricolo – tra cui l’allegato che costituisce il cosiddetto «accordo veterinario» – e alcune parti dell’accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità) e in questa fase non possono essere riprodotti interamente.

Inoltre Svizzera, Regno Unito e Principato del Liechtenstein oggi hanno sottoscritto un accordo aggiuntivo per includere il territorio del Liechtenstein nel campo d’applicazione delle disposizioni pertinenti dell’accordo commerciale: ciò in virtù dell’unione doganale vigente tra Svizzera e Liechtenstein.

Gli accordi firmati oggi entreranno in vigore quando quelli tra Svizzera e UE non varranno più per le relazioni tra Svizzera e Regno Unito. Se la fase di transizione prevista per l’uscita britannica dall’UE iniziasse il 30 marzo 2019, gli accordi bilaterali tra Svizzera e UE rimarrebbero applicabili anche alle relazioni tra Svizzera e Regno Unito. In quel caso gli accordi servirebbero come base per le relazioni economiche e commerciali tra Svizzera e Regno Unito dopo la fine della fase transitoria. Diversamente, se il Regno Unito lasciasse l’UE senza raggiungere un’intesa il 29 marzo prossimo, l’accordo verrebbe applicato a titolo provvisorio a partire dal 30 marzo 2019.

Con la sua strategia «Mind the Gap», il Consiglio federale si prefigge di mantenere per quanto possibile anche dopo la Brexit i diritti e gli obblighi vigenti nei rapporti con il Regno Unito ed eventualmente, in alcuni settori, estenderli. A questo scopo Svizzera e Regno Unito hanno già sottoscritto accordi in materia di trasporto su strada, trasporto aereo e assicurazioni. Nel dicembre del 2018 il Consiglio federale ha anche approvato un accordo con il Regno Unito inerente ai diritti dei cittadini.

 

Comunicato stampa tratto dal portale delle news della Confederazione Svizzera

Interessato ad approfondire il tema? Necessiti di una consulenza? Il Servizio Export della Cc-Ti è a disposizione!

Innovare le strategie d’impresa con il web marketing

Come gestire la comunicazione aziendale e le strategie per divenire più efficienti con i nuovi strumenti di comunicazione? Ne abbiamo parlato nel Networking Business Breakfast (NBB) dell’11 febbraio

Sala gremita – sinonimo di grande interesse per il tema – per il secondo appuntamento con gli NBB della Cc-Ti. La comunicazione sta assumendo un ruolo sempre più strategico e centrale nella gestione aziendale. In un’epoca di grandi mutamenti tecnologici,  i nuovi strumenti di comunicazione rappresentano dunque una risorsa a cui attingere per innovare.

Dopo il saluto introduttivo di Cassia Casagrande, Responsabile comunicazione ed eventi Cc-Ti, la parola è passata al relatore principale: Fabio Angotti, CEO & Founder di SNDS, che ha sottolineato come il paradigma comunicativo stia cambiando e come si debba essere aperti e attivi verso il cambiamento.

Una pianificazione imprenditoriale

Angotti, nella sua relazione, ha evidenziato l’importanza di una visone imprenditoriale per le aziende, cercando di focalizzare la propria strategia sul vantaggio competitivo che si possiede e su quello che si riesce a fare e produrre in modo ottimale, differenziandosi dai competitor. Una volta individuata questa nicchia, è possibile poi partire con delle campagne promozionali sul web, utilizzando gli strumenti moderni, al fine di monetizzare le campagne che si andranno a progettare.

Sul territorio cantonale occorre pianificare al meglio una campagna promozionale web che dia i frutti giusti, in quanto i volumi di traffico spesso sono bassi ed il territorio è piccolo. Identificando però le giuste risorse ed avendo chiara la propria strategia imprenditoriale, tutto è più semplice e chiaro.

Google e Facebook

Sono stati presentati due semplici strumenti attraverso i quali si può ottimizzare la presenza sul web, attraverso Google – quale motore di ricerca – e Facebook – quale social network. Sono diversi i meccanismi che stanno alla base dei due strumenti: su Google si cercano parole chiave, Facebook è un aggregatore di informazioni e persone, dove non si fa solo business, ma ci si ritrova anche per diletto.
Data questa grande differenza di partenza, è fondamentale diversificare la presenza su essi con informazioni e campagne ad hoc.
Entrambi gli strumenti permettono di targetizzare e indirizzare la comunicazione attraverso filtri e pubblici di riferimento diversi, ma in modo diverso:

  • Google utilizza parole chiave e lavora con la geolocalizzazione, è quindi imperativo possedere un sito di qualità e con contenuti ben strutturati, identificando parole chiave pertinenti
  • per le inserzioni su Facebook occorre partire dalla costruzione della ‘community’ di fan, ossia le persone interessate al prodotto dell’azienda, e poi produrre contenuti periodici a cui gli utenti metteranno ‘like’.

Determinante però per l’utilizzo di qualsiasi strumento è la strategia aziendale che sta alla base della comunicazione.

Interessato a continuare ad approfondire il tema? Lo faremo con un corso di formazione puntuale dal titolo «Strategia d’impresa per il web marketing». Si tratta di un ciclo formativo completo composto da 6 moduli, frequentabili anche separatamente, che si svolgerà dal 13 marzo al 22 maggio 2019. Contattaci per maggiori dettagli!

Accordo fiscale, le buone intenzioni non bastano più

L’opinione di Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti, Presidente Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino, Presidente FTAF e candidata PLRT al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio

L’accordo del 2015 fra Svizzera e Italia intende regolare, fra gli altri argomenti, anche la tassazione dei frontalieri. Il prelievo non oscillerebbe più fra l’8 e il 12%, come previsto dai patti del 1974. Farebbero invece fede le aliquote italiane, notoriamente meno vantaggiose per il contribuente; solo una parte del gettito addizionale resterebbe però in Svizzera. Attuare subito questo accordo porterebbe evidenti benefici ad entrambe le controparti. All’Italia, che potrebbe incassare fra 300 e 400 milioni di euro l’anno in più, entrate verosimilmente utili viste le attuali dinamiche del bilancio statale. Alla Svizzera, e ancor più al Ticino, che vedrebbe ridurre le pressioni create al mercato del lavoro da un sistema che  oggi incoraggia il lavoratore italiano a diventare frontaliero, anche quando dovesse accettare remunerazioni da dumping. E allora, perché nulla si muove? Come è possibile che il Governo italiano non si sappia imporre sugli interessi locali dei Comuni che oggi beneficiano dei ristorni, esemplificati dalle recenti dichiarazioni del presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Alessandro Fermi, contrario alla ratifica dell’accordo? E quali sono le armi in mano al Consiglio federale, che in passato ha ceduto merci di scambio e quindi potere contrattuale e che oggi deve basare la propria azione principalmente sul senso di responsabilità della controparte? Queste domande sono nella testa di un numero sempre maggiore di ticinesi, di cittadini moderati, che rispettano il valore del lavoro di tutti, quindi anche dei frontalieri, ma che ancora una volta restano sorpresi nel veder procrastinare ogni soluzione al mese di giugno. Noi ticinesi sappiamo che attuare i contenuti dell’accordo fiscale del 2015 ricopre grande importanza per l’economia del Cantone, in particolare in materia di tassazione dei frontalieri e di accesso al mercato italiano per gli intermediari finanziari. Il primo tema è, come visto, cruciale, va risolto per ristabilire equilibrio nel mercato del lavoro, riducendo il rischio di dumping salariale. La libera prestazione di servizi finanziari, che costituisce il secondo tema, ha anch’essa valenza strategica,  va rapidamente affrontata per consentire agli operatori finanziari e bancari ticinesi di competere sul mercato italiano in assenza di costose sovrastrutture. Certo, la trattativa è di competenza federale e il consigliere Ignazio Cassis, che ora la conduce, ha la nostra piena fiducia. La negoziazione è però in una situazione di apparente stallo. È quindi in conflitto con l’urgenza di attuare l’accordo fiscale, sia nella sua interezza, sia con riferimento al solo sistema di imposizione dei frontalieri. Al fine di tutelare i nostri interessi, dobbiamo oggi muovere le acque e segnalare a Berna, come a Roma, l’urgenza di una soluzione definitiva. Sono questi i motivi per cui condivido e sostengo la recente mozione
PLR, volta a rompere gli indugi chiedendo al Consiglio di Stato di chinarsi sull’ipotesi di una disdetta unilaterale dell’accordo del 1974, di coordinarsi con la deputazione alle Camere federali per richiedere una compensazione finanziaria, nel caso che il Consiglio federale confermi le proprie posizioni di attesa. Dopo
tre anni di tira e molla, è questo il mezzo per sollecitare risultati concreti e non più solo buone intenzioni.

Visita in Ticino dell’Ambasciatore degli Stati Uniti in Svizzera e Liechtenstein

Il 6 e 7 febbraio 2019 si è svolta la visita in Ticino dell’Ambasciatore degli Stati Uniti in Svizzera e Liechtenstein, S.E. Edward McMullen.

Nella foto, la delegazione in visita alla Faulhaber Minimotor, accompagnata, per la Cc-Ti dal Direttore Luca Albertoni e Chiara Crivelli, Head of the International Desk.

Grazie ad un intenso programma, coordinato dalla Cc-Ti, l’Ambasciatore S.E. Edward McMullen ha avuto modo di incontrare rappresentanti delle istituzioni cantonali – il 7 febbraio si è infatti intrattenuto con il Presidente del Consiglio di Stato, Claudio Zali – e diversi attori dell’economia ticinese.

Nell’ambito del programma economico, S.E. McMullen ha dapprima visitato l’azienda Tamborini Vini a Lamone, importante impresa familiare nata nel 1944 e gestita dal 1969 da Claudio Tamborini, ora alla terza generazione con la figlia Valentina Tamborini e il nipote Mattia Bernardoni Tamborini.

In seguito l’Ambasciatore si è recato alla Faulhaber Minimotor a Croglio, uno dei maggiori fornitori nell’ambito della tecnologia di azionamento in miniatura e micro ad alta precisione. Il CEO, Karl Faulhaber rappresenta la terza generazione della famiglia fondatrice. Proprio la Faulhaber Minimotor ha fornito dei micromotori per la sonda Insight della NASA arrivata su Marte nel novembre 2018.

Il programma è continuato con la visita alla Rivopharm di Manno, attiva nello sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti farmaceutici generici a livello globale. In seguito la delegazione è stata accolta presso il “Tecnopolo Ticino” dai rappresentanti della Fondazione AGIRE: il Presidente Giambattista Ravano, il Vicepresidente Stefano Rizzi e il Direttore Lorenzo Ambrosini. In questa occasione l’Ambasciatore ha avuto modo di incontrare la startup “DAC System SA”, che, fondata nel 2013, fornisce sistemi di monitoraggio di alta qualità.

È seguito l’incontro con il Direttore dell’ Istituto Dalle Molle di Studi sull’Intelligenza Artificiale (IDSIA), Luca Gambardella, con la visita del laboratorio di robotica mobile e volante. Le attività dell’IDSIA spaziano dalla ricerca fondamentale a quella applicata, con importanti ricadute anche in Ticino. IDSIA è conosciuta a livello internazionale per la sua attività di Deep Learning, Data Mining, Ottimizzazione e Robotica Collettiva.

A chiudere il programma, vi è stato un momento di scambio informale in presenza dei Consiglieri nazionali Marco Chiesa, Presidente della Deputazione ticinese alle Camere federali, e Rocco Cattaneo, nonché di rappresentanti del mondo economico ticinese.

Scopo della visita dell’Ambasciatore McMullen era di rafforzare le relazioni con il nostro Cantone, conoscere meglio la realtà economica locale e favorire gli scambi e le collaborazioni in ambito economico, come pure nella ricerca e sviluppo. Le aziende e gli istituti visitati sono vere e proprie punte di diamante della nostra realtà e sono una chiara dimostrazione che anche il Ticino svolge un ruolo importante in Svizzera nel contesto dell’innovazione e dello sviluppo tecnologico.

Svizzera e Stati Uniti, relazioni bilaterali

Gli Stati Uniti d’America e la Svizzera condividono una lunga storia di relazioni diplomatiche e commerciali. Condividendo valori simili, ad esempio in materia di democrazia, Stato di diritto o rispetto dei diritti umani, la Svizzera e gli Stati Uniti instaurano sin dal 19° secolo rapporti d’amicizia. La Svizzera apre i primi consolati a Washington e New York già nel 1822, ai quali fa seguito 60 anni più tardi nel 1882, a Washington, la prima ambasciata al di fuori dell’Europa.

Dal punto di vista degli scambi economici, gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di esportazione della Svizzera, oltre a essere un importante centro per la formazione e la ricerca. Gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale più importante della Svizzera in termini di esportazioni (dati SECO: 36,3 miliardi di CHF, 12,3% delle esportazioni totali nel 2017) – principalmente prodotti farmaceutici, orologi, strumenti di precisione, macchinari – e importazioni (dati SECO: 21,3 miliardi di CHF, 8,0% delle importazioni totali nel 2017), soprattutto metalli e pietre preziose e prodotti farmaceutici. Per gli Stati Uniti, la Svizzera è al 17 ° posto nel 2017 come mercato per le esportazioni e al 15° in termini di import.

Per quanto riguarda gli investimenti diretti, con un capitale di 310 miliardi USD nel 2016, la Svizzera è il sesto investitore straniero negli Stati Uniti, mentre gli Stati Uniti sono il principale Paese di provenienza degli investimenti diretti esteri in Svizzera (300 miliardi USD).

Negli Stati Uniti hanno sede oltre 500 imprese svizzere che generano ogni anno all’incirca mezzo milione di impieghi diretti.

Vuoi avere maggiori informazioni sull’International Desk Cc-Ti? Contattaci, saremo lieti di rispondere ad ogni sollecitazione!

Grande attenzione per un’economia dinamica

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

Come ormai da tradizione, l’anno della Cc-Ti si è aperto con la presentazione dell’inchiesta congiunturale condotta presso i nostri soci, coordinata con le Camere di commercio e dell’industria di Ginevra, Neuchâtel e Vaud e Friborgo.

Senza sorprese, almeno per chi conosce il nostro tessuto economico cantonale, i risultati che ne sono emersi sono nuovamente di segno positivo, come da diversi anni a questa parte. Le spiegazioni di questa situazione le diamo e le abbiamo date in esteso in altri contributi, per cui non intendo qui dilungarmi oltre. Conforta però il fatto che gli indicatori positivi e il quadro di stabilità che ne emerge siano frutto di una ferma volontà di investire sul territorio e di migliorare costantemente le competenze aziendali e la competitività sul mercato interno e su quelli esteri. Questo malgrado le note tensioni nel contesto internazionale e qualche rissa di troppo sul fronte interno. Di questo dovrebbero prendere atto tutti. Certo, il sistema non è perfetto, perché di sistemi perfetti non ne esistono ed è sacrosanto ragionare sui correttivi effettivamente necessari. Ma senza voler smontare un sistema che ha dimostrato di funzionare. Il fatto che emergano dati che ci pongono per esempio sul livello dell’Arco Lemanico, regione incontestabilmente dominante in termini di sviluppo economico, dovrebbe suggerire maggiore prudenza quando si parla del Ticino come di un cantone disastrato. In questa sede tengo però soprattutto a sottolineare come la Cc-Ti sia in prima linea per cercare di fornire alle aziende le informazioni e le formazioni (puntuali e di lunga durata) che permettano di reggere il confronto con un contesto di concorrenza sempre più agguerrita. Le risposte delle aziende in termini di sempre più assidua partecipazione alla vita camerale è la migliore testimonianza che la strada è quella giusta. Facilitare l’accesso a tutto quanto può far crescere le aziende in termini di competenze generali e specifiche resta il nostro obiettivo principale anche per i prossimi anni.

Formati a livello globale

In quest’intervista con Christoph Wild, CEO Argor-Heraeus SA, capiamo meglio le necessità dell’industria sui temi dell’esigenza di personale specializzato, come pure del contesto internazionale in cui Argor-Heraeus SA opera. 

Per l’industria è fondamentale poter contare su personale specializzato. Come occorre agire nell’incentivare i giovani nello scegliere le professioni tecniche?

La risposta va cercata a livello sistemico affinché tutti gli attori coinvolti – aziende, enti formativi, istituzioni e associazioni di categoria – contribuiscano a rendere l’industria più attrattiva. Un ruolo importante è giocato dall’orientamento professionale, ma ritengo che ciò sia solo la punta dell’iceberg. Tutti dovrebbero contribuire mettendosi a disposizione, manifestando le proprie necessità e promuovendo l’industria come un settore ricco di opportunità. Nel nostro piccolo collaboriamo da tempo con SUPSI in questo senso: negli anni abbiamo accolto molti studenti presso la nostra sede affinché potessero vedere da vicino quello che è il nostro lavoro e ogni anno consegniamo un premio per il migliore lavoro di diploma tra gli studenti del Master in Engineering. Un premio che vuole valorizzare i giovani di talento e al tempo stesso a fare capire ai ragazzi come le loro competenze possono essere impiegate.

Come affronta oggi il vostro comparto (nello specifico la vostra azienda) le sfide legate all’internazionalizzazione?

La maggiore sfida legata all’ambito internazionale per il nostro settore riguarda la definizione di un contesto di riferimento chiaro e condiviso che permetta di garantire che il metallo prezioso venga estratto nel pieno rispetto dell’ambiente e delle comunità locali. In tal senso la parola chiave è collaborazione. Lavoriamo con organismi sovranazionali, Governi e associazioni di settore per la definizione di linee guida, standard, regolamenti e best practice viepiù stringenti affinché il nostro settore diventi sempre più trasparente e responsabile. Svolgiamo anche un lavoro di sensibilizzazione verso i partner lungo la filiera rispetto all’importanza, anche meramente economica, di operare secondo determinati standard.