Focus sulla SERV

Siete produttori svizzeri ed esportate in tutto il mondo, ma c’è il rischio che non riusciate a consegnare la vostra merce o che la vostra produzione non venga pagata? Non siete in grado di finanziare i costi di produzione con mezzi propri oppure i costi gravano sulla vostra liquidità? Queste alcune delle numerose domande che le aziende esportatrici ticinesi spesso si pongono.

La SERV, l’assicurazione svizzera contro i rischi all’esportazione, supporta le aziende esportatrici fornendo sicurezza sui rischi politici, così come sul trasferimento e il pagamento delle merci. Fornisce inoltre liquidità grazie a una copertura assicurativa per i prestiti sul capitale e controgaranzie per gli obblighi contrattuali.

Come assicurarsi?

Per la stipulazione di un’assicurazione SERV non è richiesto un volume minimo né in termini di dimensioni dell’impresa, né in termini di ordini acquisiti. Il presupposto, invece, è che l’esportatore richiedente abbia sede in Svizzera e che l’operazione di esportazione abbia un adeguato valore aggiunto per la Svizzera.

Come sottolineato da Verena Utzinger – Senior Relationship Manager della SERV – durante il Networking Business Breakfast dell’11 marzo, avendo accesso a una protezione finanziaria accurata, a una liquidità maggiore nella supply chain le aziende esportatrici possono incrementare il loro business e acquisire così una forte competitività sul mercato internazionale. I settori che utilizzano maggiormente i servizi della SERV sono le aziende attive nel campo energetico, dell’industria meccanica, dell’industria farmaceutica, dell’elettronica, del tessile ma anche dei software.

Chi è la SERV?

Secondo i suoi statuti, come ente di diritto pubblico della Confederazione, la SERV ha l’obbligo di essere economicamente sostenibile e non riceve alcun sussidio dalla Confederazione. Si finanzia infatti attraverso le sue stesse entrate e con la sua assicurazione, contribuisce alla competitività internazionale dell’economia svizzera e garantisce ogni anno esportazioni per un volume di miliardi di franchi, garantendo la conservazione di posti di lavoro in Svizzera sia nell’economia dell’esportazione che nei settori dell’indotto.

 

Per saperne di più sulla SERV contattate Valentina Rossi, responsabile del Servizio Export Cc-Ti oppure scaricate la presentazione di Verena Utzinger, Senior Relationship Manager, SERV.

Obbligo di annuncio di posti vacanti: costi assunti dalla Confederazione?

L’8 marzo 2019 il Consiglio federale ha preso atto del rapporto sui risultati della consultazione concernente la legge federale sulla partecipazione ai costi dei Cantoni per il controllo dell’obbligo di annunciare i posti vacanti. Ha adottato il relativo disegno di legge e il messaggio e li ha sottoposti al Parlamento. 

La nuova legge porrà le basi legali per una partecipazione finanziaria della Confederazione ai costi di controllo cantonali. Inoltre, conferirà al Consiglio federale la competenza di adottare se necessario disposizioni esecutive quanto al tipo e alla portata dei controlli.

L’attuazione dell’obbligo di annunciare i posti vacanti e di svolgere i relativi controlli è di competenza dei Cantoni. Considerata la rilevanza nazionale di un’applicazione sistematica di tale obbligo, la Confederazione ha accolto la richiesta dei Cantoni e intende partecipare ai costi di controllo. Una sua partecipazione finanziaria presuppone però una base legale. Per la fase iniziale di attuazione dell’obbligo di annunciare i posti vacanti (dal 1° luglio 2018 al 31 dicembre 2019) non esiste una base legale e non è pertanto possibile una partecipazione finanziaria da parte della Confederazione.

La nuova legge, il cui disegno è stato ora adottato dal Consiglio federale e sottoposto per approvazione al Parlamento, dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2020. Al Consiglio federale va inoltre attribuita la competenza di emanare disposizioni esecutive sul tipo e sulla portata dei controlli. La Conferenza dei Direttori Cantonali dell’Economia pubblica (CDEP) e l’Associazione degli uffici svizzeri del lavoro raccoglieranno esperienze nei Cantoni sull’attuazione dell’obbligo di annunciare i posti vacanti e sul controllo del suo rispetto. Su tale base il DEFR (SECO) elaborerà entro il primo semestre 2019 un piano e un progetto di ordinanza, che idealmente dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2020, contemporaneamente alla legge. In tale ambito si dovrà tener conto delle molteplici modalità di controllo esistenti e della concorrenza che ne deriva al fine di trovare le migliori soluzioni.

In virtù dell’obbligo di annunciare i posti vacanti, i datori di lavoro sono tenuti a segnalare agli uffici regionali di collocamento (URC) i posti vacanti nei generi di professioni in cui il tasso di disoccupazione è di almeno l’8 per cento (5 per cento dal 2020), prima di pubblicarli su altre piattaforme. Durante cinque giorni feriali le persone in cerca d’impiego iscritte presso un URC hanno un accesso esclusivo ai posti annunciati. Beneficiano così di un vantaggio in confronto a tutti gli altri candidati perché possono informarsi e candidarsi in anticipo. Lo scopo dell’obbligo di annunciare i posti vacanti è di valorizzare meglio il potenziale di manodopera locale.

Fonte: DEFR

A quest’argomento sono stati dedicati due Networking Business Breakfast che hanno affrontato la tematica nel mese di giugno e a novembre. Inoltre il Servizio Giuridico della Cc-Ti è volentieri a disposizione dei soci per consulenze diverse.

Carenza di manodopera qualificata: che fare?

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti sulle difficoltà a reperire manodopera qualificata

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Controlli sì, ma…

L’opinione di Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti, Presidente Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino, Presidente FTAF e candidata PLRT al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio

Della burocrazia e del suo potenziale asfissiante per l’economia si parla spesso, ma taluni sembrano considerarlo un concetto vuoto e puramente teorico. eppure il delirio di regolamentazioni e di controlli a tappeto su ogni attività aziendale è una realtà ben presente. A scanso di equivoci, i controlli ci stanno, ci mancherebbe altro e non avendo nulla da nascondere ben vengano gli strumenti utili a stanare i comportamenti fraudolenti. Ma questo non deve comportare che di fatto si impedisca alle aziende di svolgere il loro lavoro, che, è bene ricordarlo, è finalizzato alla creazione della ricchezza che molti sono abili soprattutto a distribuire. Ritengo quindi più che fondata l’esigenza di giungere alla creazione di uno sportello unico o quantomeno a un coordinamento preciso di tutti i controlli. Si tratterebbe non solo di una scelta di equilibrio ma anche e soprattutto di efficienza dell’attività statale. Avs, iva, verifiche fiscali generali, imposta alla fonte, ispettorato del lavoro, ufficio dell’igiene, commissioni paritetiche, tra non molto i controlli sulle possibili disparità salariali tra uomo e donna e chi più ne ha più ne metta. Un corollario di interventi degni di ben altri sistemi politici molto diversi dal modello elvetico e che sembrano non bastare mai. Certamente necessari ma con parecchi effetti negativi se slegati fra loro, sia per gli ostacoli posti alle aziende sia per il poco razionale utilizzo dei mezzi pubblici.

Ma è così difficile coordinare tutte queste attività? Secondo me no. Nel settore privato vi sono casi illuminanti di diverse certificazioni rilasciate da un unico ente che rappresenta tutti e che può applicare i diversi metri di valutazione per ogni certificazione attribuita. È ovvio che i molteplici controlli esistenti rispondono a basi legali diverse e quindi partono da presupposti differenti, con competenze sparpagliate fra Confederazione e Cantoni. Ma lo scopo finale è quello della verifica del rispetto di regole che sono fondamentalmente note a tutti (legge sul lavoro, assicurazioni sociali ecc.), spesso strettamente legate tra loro, per cui un coordinamento dovrebbe essere possibile, anche in termini di scambio di dati fra i diversi uffici dell’amministrazione. La sacrosanta protezione dei dati non sarebbe rimessa in discussione, visto che si tratterebbe in fin dei conti di portare le unità amministrative a una condivisione delle informazioni di base per operare in maniera coordinata.

Con un po’ di buona volontà e malgrado la necessità di prestare attenzione a talune regole non derogabili quando si tratta di protezione della personalità, la cosa sarebbe fattibile. Non voglio pensare che il sistema dei controlli sia gonfiato artificialmente per alimentare una burocrazia che forse fa comodo ad alcuni. Preferisco pensare che sia il frutto di un contesto sempre più complesso, nel quale ogni tanto si perde la visione d’insieme. Per questo, fermarsi ogni tanto a riflettere può essere utile.

Polonia: grandi investimenti nella lotta contro lo smog

La Polonia è il Paese con il più alto livello di inquinamento atmosferico nell’UE. Nell’ambito del nuovo programma “Aria pulita”, saranno spesi circa 27 miliardi di franchi svizzeri per sostenere le economie domestiche private nella ristrutturazione termica e nell’installazione di nuovi impianti di riscaldamento per migliorare la qualità dell’aria: eccellenti opportunità di esportazione per le aziende svizzere del settore cleantech.

Polonia – il Paese con il più alto livello di inquinamento atmosferico nell’Unione europea

Secondo una recente classifica dell’Organizzazione mondiale della sanità, sette delle dieci città dell’UE con i più alti livelli di inquinamento atmosferico si trovano in Polonia. Inoltre, la classifica delle 50 città dell’UE con la peggiore qualità dell’aria comprende 36 città polacche. La situazione allarmante è dovuta principalmente ai sistemi di riscaldamento. Łukasz Lepiarczyk, amministratore delegato di Hoval in Polonia, sottolinea: “Circa il 50% del mercato della fornitura di calore è servito da società di energia termica che producono energia principalmente con combustibili solidi. Queste aziende sono tenute a soddisfare elevati standard ambientali e pertanto investono consapevolmente in soluzioni moderne nei settori della combustione e della filtrazione dei gas di scarico. Lo smog è causato principalmente dalla restante parte del mercato del riscaldamento: impianti di produzione non modernizzati e case unifamiliari.”

In forni obsoleti e caldaie a combustibile solido, i combustibili di scarto e di bassa qualità sono spesso ancora utilizzati per il riscaldamento. Si stima che circa l’80% dei 5,5 milioni di case unifamiliari in Polonia sono riscaldate da stufe e caldaie a combustibile solido obsolete. Circa 150.000 di queste caldaie venivano vendute annualmente, prima dell’introduzione del divieto nel 2018.

Sebbene la qualità dell’aria sia da tempo un problema, solo negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza della popolazione. Oggi, ogni previsione meteorologica include informazioni sull’attuale livello di sostanze inquinanti nell’aria. Se i valori sono elevati, le autorità regionali a volte consentono l’uso gratuito dei trasporti pubblici e invitano i bambini e gli anziani a non uscire. Inoltre, il famigerato superamento degli standard di qualità dell’aria in Polonia è una violazione delle norme UE.   ….continua a leggere

Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©

Protezione del clima ed efficienza energetica: dall’economia per l’economia

L’Agenzia dell’energia per l’economia (AEnEC) in collaborazione con Cc-Ti e AITI è lieta di invitarvi a questa conferenza che si terrà Martedì 26 marzo 2019, dalle ore 17.00, presso l’Hotel de la Paix

Programma

  • Dalle 16.30 Caffè di benvenuto

 

  • 17.00 Saluto e benvenuto
    Stefano Modenini, Direttore Associazione Industrie Ticinese (AITI)

 

  • 17.15 Una collaborazione pubblico-privato vincente
    Claudio Zali, Consigliere di Stato, Direttore del Dipartimento del territorio

 

  • 17.30 L’AEnEC: visione e missioni
    Jacqueline Jacob, Direttrice AEnEC

 

  • 17.40 I modelli dell’AEnEC: coniugare economia e ambiente
    Walter Bisang, Consulente AEnEC nella Svizzera italiana

 

  • 18.00 Investire nell’ambiente e risparmiare risorse è possibile
    Glauco Martinetti, Direttore Rapelli SA Bruno Guidotti, Direttore Forbo-Giubiasco SA

 

  • 18.20 Conclusioni
    Luca Albertoni, Direttore Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti)

 

Al termine Aperitivo

Per ulteriori informazioni, è possibile scaricare il flyer informativo. Per iscrizioni compilare il formulario al seguente link web entro il 22 marzo.

 

Perché le leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni sono rilevanti per le aziende svizzere

Pur essendo molto favorevoli alle esportazioni, gli Stati Uniti controllano come e verso quali Paesi i loro prodotti sono direttamente o indirettamente esportati. Di conseguenza, si consiglia alle aziende svizzere (e ad altre aziende non statunitensi) di prestare attenzione alle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni, anche per la riesportazione di merci o componenti di origine statunitense.

Le leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni che si applicano a beni, software e tecnologia hanno un’ampia portata extraterritoriale e il governo degli Stati Uniti cerca di penalizzare le aziende e gli individui che violano queste leggi, indipendentemente da dove si trovino. L’applicazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni sarà ancora più ampia con l’aggiunta di “tecnologie emergenti e fondamentali” all’elenco dei prodotti controllati (autorizzato dall’Export Control Reform Act del 2018).

Vi sono molte ragioni per le quali gli Stati Uniti controllano le esportazioni: dalla lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo, alla non proliferazione nucleare e al controllo delle armi chimiche e biologiche, alle questioni di politica estera e di stabilità regionale, alle considerazioni sulla sicurezza nazionale. Diversi dipartimenti e agenzie statunitensi sono coinvolti nel controllo delle esportazioni. Le tre autorità principali sono:

  • Department of State’s Directorate of Defense Trade Controls (DDTC, Dipartimento di Stato della Direzione dei controlli del commercio della difesa), è responsabile dell’applicazione e dell’esecuzione delle International Traffic in Arms Regulations (ITAR, regolamentazioni sul traffico internazionale di armi);
  • Department of Commerce’s Bureau of Industry and Security (BIS, Ufficio dell’industria e della sicurezza del Ministero del commercio), responsabile dell’attuazione e dell’applicazione delle Export Administration Regulations (EAR, regolamenti dell’Amministrazione delle esportazioni);
  • Department of the Treasury’s Office of Foreign Assets Control (OFAC, Ufficio per il controllo dei beni esteri presso il Dipartimento del Tesoro), che amministra e applica gli embarghi e le sanzioni statunitensi nei confronti di determinati Paesi e individui.

Regolamenti sull’amministrazione delle esportazioni (EAR)

L’ITAR riguarda gli articoli della difesa, i servizi di difesa e i relativi dati tecnici. Gli articoli soggetti all’EAR comprendono invece gli articoli civili, gli articoli con applicazioni sia civili che militari e gli articoli utilizzati esclusivamente per applicazioni militari, ma che non ne garantiscono il controllo ai sensi dell’ITAR, ossia gli articoli militari meno sensibili (si noti inoltre che nel 2013 alcuni articoli sono stati spostati dall’ITAR all’EAR). Il presente articolo si concentra sull’EAR  ….continua a leggere

Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©

Visibilità per i soci Cc-Ti

Numerose possibilità di promozione: ecco un breve prontuario per sfruttare appieno il potenziale dato dall’affiliazione alla Cc-Ti.

Per le i soci vi sono diverse proposte per incrementare la propria visibilità. Una delle possibilità è quella di approfittare dei veicoli informativi della Cc-Ti, con delle inserzioni pubblicitarie ad hoc. In relazione alla raccolta pubblicitaria, abbiamo designato quale partner l’azienda MediaTI Marketing SA di Manno, che rappresenta il nostro unico interlocutore per tutti i canali Cc-Ti. Conoscete i diversi strumenti multicanale per promuovere le vostre attività e raggiungere ancora più pubblici target selezionati?

Proposte interessanti

  • Ticino Business: la rivista economica per eccellenza, ha una tiratura di 3’000 copie, e viene distribuita alle aziende ed associazioni di categoria, ad una selezione di media e alle istituzioni ticinesi. Si tratta di un bacino di lettori selezionato, rappresentativo dell’economia e delle autorità ticinesi e degli opinion leader del tessuto imprenditoriale nostrano.
  • il dépliant semestrale delle attività: che racchiude in un pratico formato A5 tutta l’essenza della Cc-Ti (eventi, missioni economiche e formazione). La tiratura è di 5’500 copie e viene distribuito non solo agli associati diretti, ma anche alle aziende affiliate a diverse associazioni di categoria nostre socie, nonché ad altri interessati.

Networking tradizionale e digitale

Inoltre vi ricordiamo le opportunità di networking, che sta alla base dello sviluppo dei business e nel quale crediamo molto. Sfruttare la rete Cc-Ti, composta da partner selezionati, relatori autorevoli e specializzati, aziende che rappresentano i numerosi comparti economici ticinesi, un team Cc-Ti competente e a disposizione dei soci, è possibile in ogni momento d’incontro, sia esso un evento, una missione economica o un corso di formazione (puntuale o della Scuola manageriale). Oltre a ciò è stata integrata la parte ‘digitale‘, con la possibilità di sinergie online e dirette su Facebook e nel gruppo LinkedIn. Infine attraverso la rubrica “Vita dei soci” sulla rivista economica della Cc-Ti, Ticino Business, è possibile scoprire interessanti realtà, a noi affiliate.

Siamo a vostra completa disposizione per informazioni maggiori e più dettagliate. Contattateci senza esitare!

Una delle economie più forti al mondo

Grande interesse per il Canada con un evento e una missione economica.

Il Canada è uno dei Paesi con l’economia tra le più forti e solide del mondo. Negli ultimi anni il governo ha allentato la stretta sul bilancio per consentire un’espansione della spesa pubblica, in particolare investimenti in infrastrutture, e stimolare l’economia, che nel 2017-18 si è in effetti rafforzata.

L’interesse della Cc-Ti e di SGE verso questo Paese è duplice: da un lato, il 13 marzo, sarà organizzato un evento-Paese durante il quale verranno presentate le principali opportunità d’affari in questo mercato, come anche la sua situazione macroeconomica, i rischi commerciali e le problematiche legate alla proprietà intellettuale. Alla conferenza interverrà anche l’ambasciatrice canadese in Svizzera Susan Bincoletto.

Seguirà, dal 27 aprile al 4 maggio 2019, una missione economica volta a scoprire le possibilità concrete di business in loco. Il programma dettagliato – con possibilità di organizzare incontri B2B – si snoda tra Toronto e Montréal. Oltre ad incontri istituzionali, sarà data la possibilità alle aziende interessate di visitare fiere settoriali. Canada e Svizzera sono legati da importanti relazioni, basti ricordare che sia in termini di scambi bilaterali che di investimenti diretti, il Canada è il secondo partner economico più importante del nostro Paese nelle Americhe.

Nel 2017 la Svizzera ha importato merci per un valore di 1,3 miliardi di franchi, mentre le esportazioni in Canada, principalmente composte da prodotti farmaceutici, hanno raggiunto quota 3,5 miliardi di franchi. In quanto membro del G7 e del G20, il Canada svolge un ruolo  importante per la Svizzera, in particolare in materia di finanza internazionale e questioni fiscali. Le due nazioni sono infine molto simili: entrambe hanno  economie aperte e orientate al mercato che incoraggiano il commercio e gli investimenti. Il loro commercio bilaterale è stato regolamentato nel 2009 da un accordo di libero scambio concluso, da parte Svizzera, nell’ambito dell’Associazione europea di libero scambio.

Articolo a cura di
Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana e
Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti

Il servizio Export della Cc-Ti e S-GE sono a vostra disposizione per consulenze in ambito di esportazioni.
Contatti email: Servizio Export Cc-Ti e S-GE

Bring your own device in azienda

Come viene regolato l’utilizzo a scopo professionale di apparecchi elettronici del dipendente sul posto di lavoro?

Cassia Casagrande, Stefano Fornara e Alex Domeniconi

Oggigiorno il dipendente lavora spesso utilizzando il proprio cellulare o pc portatile (acquistato con i propri mezzi), sia sul luogo di lavoro sia a casa. Come si regola l’uso a scopo professionale di dispositivi personali? Si tratta di un fenomeno globale, definito “bring your own device (BYOD)”, che sta prendendo sempre più piede soprattutto per quanto concerne i cellulari. I vantaggi sono evidenti: si va da una maggiore mobilità e produttività da parte del dipendente, che si sente più coinvolto ed ha una familiarità maggiore con il proprio ‘device’, a minori costi in termini di dispositivi per l’azienda.

Vi sono però alcune caratteristiche a livello giuridico che è bene tenere in considerazione.

L’articolo 327 cpv. 1 CO indica che «Salvo accordo o uso contrario, il datore di lavoro deve fornire al lavoratore gli utensili e il materiale di cui ha bisogno per il lavoro». Da qui si deduce che il BYOD non è obbligatorio e non può essere imposto. L’articolo 327 cpv. 2 CO prosegue dicendo che «Se, d’intesa con il datore di lavoro, il lavoratore mette a disposizione utensili o materiale per l’esecuzione del lavoro, egli deve essere adeguatamente indennizzato, salvo accordo o uso contrario»: vediamo dunque come questa pratica sia facoltativa e debba essere oggetto di un accordo (datore di lavoro e collaboratore) tra le parti, anche se spesso quest’ultimo è tacito.

Costi e responsabilità

A livello di costi, l’acquisto del ‘device’ deve essere – almeno i parte – a carico del dipendente, altrimenti cadrebbe il discorso del BYOD, così come i costi sostenuti per l’abbonamento di riparazione e legati all’utilizzo andrebbero suddivisi proporzionalmente (in riferimento all’articolo 327 a del CO).
Cosa succede in caso di utilizzi impropri del ‘device’? Quali sono le responsabilità? Ve ne è una civile, da parte del datore di lavoro in caso di danneggiamento del dispositivo nel contesto dell’attività lavorativa, ma anche del dipendente in caso venissero causati dei danni al datore di lavoro (un esempio potrebbe essere, banalmente, l’uso del telefono da parte di bambini, che accidentalmente commettono un’azione involontaria che causa un problema).

La protezione dei dati

Altro grande capitolo in tema di BYOD è la protezione dei dati, a cui occorre prestare attenzione. Come tutelarla? Vi è una difficoltà tecnica e logica nel separare  dati professionali e personali, i rischi sono quelli che dati professionali divengano accessibili a terzi, o vi sia una perdita o un abuso. L’art. 7 cpv. 1 della Legge sulla Protezione dei Dati afferma che «I dati personali devono essere protetti contro ogni trattamento non autorizzato, mediante provvedimenti tecnici ed organizzativi appropriati». In questo caso la responsabilità ricade sul detentore della collezione di dati. È bene dunque che il datore di lavoro premunisca le necessarie misure di protezione per i dati commerciali/aziendali e, al contempo, tuteli anche la sfera privata del dipendente.

Una conclusione

La Legge sul lavoro regola il tempo di lavoro e di riposo, e prevede che il dipendente debba essere tutelato con misure di protezione della sua salute. I confini tra tempo di lavoro e tempo libero/luogo di lavoro e abitazione propria sono sempre più labili. Il consiglio è quello di prevedere delle direttive interne chiare, che regolino e disciplinino l’utilizzo del BYOD. Esso deve far parte di una strategia aziendale globale, con una pianificazione e un accordo bilaterale.

Sempre aggiornati con la Cc-Ti

La tematica trattata è di estrema attualità. Vi abbiamo dedicato un evento il 25 febbraio a cui hanno partecipato una trentina di partecipanti. I relatori sono stati Cassia Casagrande, Responsabile Comunicazione ed Eventi Cc-Ti; Alex Domeniconi, Avv. dr. iur., associato presso Walder Wyss SA, Lugano e Stefano Fornara, Avv., CAS in civil litigation, counsel presso Walder Wyss SA, Lugano.

Il Servizio giuridico della Cc-Ti è sempre a disposizione degli associati per domande e consulenze diverse.

Dato il grande interesse ad esplorare in modo più approfondito la tematica la Cc-Ti proporrà due corsi di formazione inerenti il diritto del lavoro, che saranno tenuti rispettivamente dall’Avv. Alex Domeniconi e dall’Avv. Stefano Fornara: “I contratti di lavoro atipici” – 8 maggio e “L’uso di Internet, della posta elettronica e dei social media sul posto di lavoro”– 17 maggio.