a cura di Alessio del Grande
Con questo contributo, cerchiamo di capire quali siano le basi su cui poggia il successo della “Swissness”, intesa non solo a livello giuridico, ma nell’ampia accezione del termine, ossia come modo di fare impresa svizzero, che già racchiude in sé la capacità di adattamento e la creatività che ha permesso al nostro tessuto di reinventarsi.

Nella sua allocuzione per il Primo Agosto, il Cancelliere della Confederazione Walter Thurnherr, parlando sul praticello del Grütli, ricordava il valore storico e simbolico del Patto del 1291, ma avvedutamente sottolineava che la specificità elvetica, ossia la storia del successo politico ed economico del Paese, è nata nel XIX secolo. Quando la Svizzera si è dotata di una costituzione moderna e un mercato unico con l’abolizione delle dogane fra i Cantoni e l’unificazione di pesi e misure. Assieme al principio della neutralità, che risparmierà alla Confederazione l’immane tragedia di due guerre mondiali, sono queste le basi che faranno di un piccolo Stato del tutto privo di materie prime, una potenza economica grazie all’ingegno imprenditoriale e al lavoro della sua popolazione. Da anni ormai la Svizzera è giudicata tra le Nazioni più innovative del mondo. Anche l’ultima graduatoria del Centro per la ricerca economica europea, che ha analizzato 35 Stati, piazza la Svizzera al primo posto nella classifica internazionale dell’innovazione. In rapporto al numero di abitanti è tra i Paesi che vanta più brevetti, i più alti indici di competitività e, inoltre, nel 2016 ha confermato l’ottava posizione nel Nation Brands Index, che misura la reputazione che hanno nel mondo 50 Paesi di ogni continente. La storia di questo successo è racchiusa nella parola “Swissness”, un marchio oggi protetto dalla legge che regola il “Made in Switzerland”.
La Cc-Ti approfondirà, nell’abito delle attività previste per il Centenario (riassunte ed illustrate sul nostro sito) questo tema, con un evento dedicato nel corso dell’autunno.
Il successo della Swissness
Sui mercati internazionali Swissness è sinonimo di qualità, precisione, affidabilità e innovazione. Evoca l’immagine di un sistema-Paese stabile, efficiente, agile nel reagire alle crisi e aperto al mondo. Swissness non è, dunque, soltanto un marchio commerciale che, stando alle stime federali, genera di per sé stesso un plusvalore di 5,8 miliardi all’anno, è soprattutto una cultura e uno stile imprenditoriale che contraddistinguono il fare impresa in Svizzera. Non si spiega se non con questo forte spirito imprenditoriale (di gran lunga superiore alla media europea secondo il Global Entrepreneurship Monitor), il fatto che una Nazione di appena 8,5 milioni di abitanti vanti oltre 300mila piccole e medie imprese, un’incredibile presenza di multinazionali, una potente, e sempre invidiata, piazza finanziaria, una fitta rete di centri di ricerca di eccellenza mondiale con il più alto tasso di trasferimento di tecnologia al sistema produttivo.
È questa solida cultura d’intraprendere, così connaturata alle tradizioni del Paese, che ha permesso alle aziende elvetiche di reggere le ripetute crisi economiche di quest’ultimo decennio e, dal gennaio del 2015, di sostenere anche i pesanti contraccolpi dell’abolizione della soglia minima del cambio tra franco ed euro. Situazioni di crisi trasformate dalla determinazione degli imprenditori in nuove opportunità di crescita. Investendo ancora nell’innovazione, nonostante i margini ridotti di autofinanziamento a causa del franco forte, razionalizzando e ottimizzando i processi produttivi, cercando nuovi sbocchi di mercato e nuovi fornitori. E le esportazioni rossocrociate sono riprese a volare, toccando nel primo semestre di questo anno livelli record.
Per i nostri imprenditori, la Swissness è la cultura d’impresa consapevole verso apertura ed innovazione.
Una vera cultura d’impresa
Per i nostri imprenditori, Swissness è una cultura d’impresa consapevole che per misurarsi con il mondo è necessario aprirsi verso esso e che per primeggiare bisogna restare sempre tra i migliori. È la profonda convinzione che la competitività non la si conquista una volta per tutte, che essa è, invece, un traguardo che si sposta continuamente in avanti. È l’orgoglio di fare sempre e meglio, d’innovare per proporre nuovi prodotti e servizi e guadagnarsi il meritato riconoscimento dei mercati. Un’etica del lavoro radicata su un territorio vissuto non come spazio chiuso, ma quale luogo necessariamente aperto allo scambio di esperienze, saperi e competenze. È quella cultura del rischio e della responsabilità che al pretendere antepone l’intraprendere. Ma la fortuna della Swissness è saldamente ancorata anche ad un ordinamento liberale che ha riconosciuto e tutelato la libertà d’impresa e le opportunità d’impiego per tutti grazie ad un mercato del lavoro flessibile. Si è alimentata con la pace del lavoro e il dialogo tra le parti sociali, rifuggendo, però, da ogni tentazione corporativistica. Si è sviluppata attingendo ad un sistema formativo che gli altri Paesi ci invidiano, sebbene sia giunto il momento di ricalibrarlo sulle grandi trasformazioni indotte dall’economia digitale. E in un Paese che guadagna un franco su due commerciando con l’estero, è prosperata sulla vocazione cosmopolita della Svizzera che ha attirato qui lavoratori, ingegni e talenti da ogni parte del mondo. La Swissness ha anche beneficiato di una stabilità politica che ha sempre rassicurato gli imprenditori e di un rigore nella gestione del bilancio nazionale che può vantare un rapporto tra debito pubblico e PIL del 32,6%, rispetto all’83,6% della media europea. Un Paese, quindi, con i conti in ordine, non costretto, come accade altrove, a spremere cittadini e imprese per rassestare le casse pubbliche con un fisco da rapina.
Orientati al successo: Swissness è sinonimo di qualità, precisione, affidabilità e innovazione.
Una deriva pericolosa
Molti di questi vantaggi e valori su cui è cresciuto il nostro Paese, oggi sono rimessi in discussione da una deriva istituzionale e culturale che minaccia pesantemente la libertà economica, diritto riconosciuto dalla Magna Carta sin dal 1874 quando era definito “libertà di commercio e d’industria”. L’eccesso di leggi, regolamenti e vincoli amministrativi, la burocrazia ipertrofica che, dalla produzione ai servizi, ha ormai colonizzato qualsiasi attività, lo statalismo pervasivo, l’assistenzialismo, la frenesia redistributiva e, non da ultimo, un diffuso populismo che ha contagiato buona parte del Paese con il virus del protezionismo e dell’isolazionismo, stanno mettendo a dura prova il nostro sistema economico e le fondamenta stessa della libera concorrenza su cui esso si è retto sino ad oggi. È stato lo stesso Consigliere federale Schneider-Ammann a ricordare, pochi mesi fa, che la sola Confederazione produce ogni anno 140 pagine di nuove leggi e, secondo l’Unione Svizzera delle Arti e Mestieri, questa furia regolamentatrice costa alle PMI, le piccole e medie imprese, circa 60 miliardi di franchi all’anno, ossia quasi il 10% del PIL nazionale. E alle normative federali andrebbero aggiunte quelle cantonali e comunali. Uno studio di UBS, già nel 2014 calcolava che in quell’ultimo decennio la raccolta ordinaria del diritto si era arricchita di 12mila pagine solo a livello federale, raggiungendo 66mila pagine di leggi; nello stesso anno il Forum economico mondiale avvertiva che la burocrazia statale era uno dei principali problemi per le aziende in Svizzera. Un altro studio del Credit Suisse, nel 2015 certificava che per una PMI su tre l’ostacolo maggiore agli investimenti erano le eccessive regolamentazioni. Un regolamentarismo forsennato a cui si è spesso accompagnato un uso distorto degli istituti della democrazia diretta: da sinistra per sollecitare ulteriormente l’interventismo statale e per redistribuire la ricchezza senza preoccuparsi di come produrla e accrescerla; da destra per fomentare campagne contro gli stranieri, erigendo vincoli e barriere che stanno ingessando il mercato del lavoro, con grave pregiudizio per l’autonomia delle imprese e la libertà economica. Una profonda regressione che stravolge il DNA di un Paese cresciuto su un ordinamento liberale e che rischia di scoraggiare l’impegno e lo spirito innovativo degli imprenditori che hanno portato la Swissness a primeggiare sui mercati mondiali.
Il dossier sulla Swissness quale cultura d’impresa è pubblicato sull’edizione di settembre di Ticino Business. Esso si compone di 4 articoli:
Swissness: la forza di una cultura d’impresa e di uno stile imprenditoriale
Conoscere meglio le disposizioni legali sulla Swissness
Il successo svizzero fra tradizione e sfide nuove
Campanello d’allarme per la Svizzera
Con grandi eventi e cultura una svolta decisiva in Ticino
/in Comunicazione e mediaTesto a cura di Alessio del Grande
Nell’anno di grazia 2017, forse, il Ticino riuscirà a liberarsi dall’immagine di Cantone sonnacchioso e lamentoso. Almeno sul piano della cultura e dei grandi eventi. Da Lugano a Locarno, favorita anche da un’incoraggiante ripresa del turismo, si è chiusa questa estate una fortunata stagione culturale, con spettacoli e rassegne che hanno richiamato centinaia di migliaia di persone. Una svolta che potrebbe segnare un decisivo cambio di passo per la politica culturale, grazie ad un’offerta di eventi che ha generato pure un importante indotto economico. Sicuramente valutabile in decine e decine di milioni di franchi, sebbene manchino ancora stime precise. È la sonora smentita di quella rozza opinione secondo cui con “la cultura non si mangia”, quando essa si sta, invece, rivelando, un potente propulsore non solo per la crescita sociale e civile, ma anche per quella economica.
A Lugano già nel 2016 il LAC ha proposto sette esposizioni e oltre 200 spettacoli, tra musica e teatro, mentre il Museo d’Arte ha accolto più di 100mila visitatori. Se la mostra su Paul Signac ha registrato 50mila visitatori, per l’anno prossimo si annunciano le due esposizioni dedicate a Picasso e Magritte, che contribuiranno a consolidare la presenza di Lugano sulla scena culturale internazionale attirando altre decine di migliaia di visitatori. Nella città dell’Estival Jazz, la settima edizione di LongLake Festival in 35 giorni ha offerto ben 500 eventi che hanno richiamato 350mila persone e innescato un milione di contatti online. Un open air urbano che ha saputo coinvolgere le più diverse fasce di pubblico, confermando anche una forte attrattività turistica.
A Locarno per le nove serate in Piazza Grande di Moon&Stars sono stati venduti più di 65mila biglietti, a cui vanno aggiunti i 35mila ospiti di Food&Music Street, intelligente novità introdotta quest’anno, a cui sono stati offerti una cinquantina di concerti gratuiti. Una manifestazione che è “linfa vitale per il turismo”, ha ricordato il Sindaco di Locarno Alain Scherrer. Basti pensare che l’esibizione dei Jamiroquai, diffusa in streaming, ha registrato 4,5 milioni di utenti. Con la musica del gruppo britannico, a viaggiare per il mondo c’era anche l’immagine di Locarno.
E c’è il Festival del Film che ha festeggiato la sua 70esima edizione con l’apertura della Casa del cinema – che dovrebbe diventare il polo ticinese dell’audiovisivo – e una crescita dell’8%, raggiungendo in 11 giorni i 174mila spettatori. Già nel 2005 uno studio dell’Università della Svizzera Italiana, aveva stimato in 22-23 milioni le ricadute economiche della rassegna cinematografica per la regione. Tanto per farsi un’idea, da sola lo scorso anno la Ticino Film Commission ha creato un indotto di 1,6 milioni. Pure il Festival ha ampliato le sue proposte con iniziative collaterali d’intrattenimento e con Locarno Experience, un doppio posizionamento che qualifica la manifestazione tra i “Top Event” della Svizzera. Da Lugano a Locarno si è affermato un concetto di offerta a largo spettro che si rivolge a tutti: alle fasce popolari così come a quanti sono più attenti ai specifici contenuti culturali. E ciò che serve per suscitare interesse e fare immagine. Eventi e cultura non sono, dunque, un lusso, bensì un investimento capace di richiamare un pubblico internazionale e di rilanciare il Cantone tra le destinazioni turistiche estive dell’Europa. Sempre che il Ticino sappia disintossicarsi da quelle acide polemiche che si sono viste col “caso Verzasca”.
Conoscere meglio le disposizioni legali sulla Swissness
/in Internazionale, TematicheIl 1° gennaio di quest’anno è entrata in vigore la nuova Legge Federale che regola lo “swiss made”, la cosiddetta Swissness. Abbiamo riassunto alcuni dettagli utili inerenti questa normativa.
L’obiettivo della Swissness, nell’ambito della Legge federale sulla protezione dei marchi e delle indicazioni di provenienza (Legge sulla protezione dei marchi, LPM), entrata in vigore il primo gennaio scorso, era quello di consolidare il valore della designazione “svizzera” nel contesto dei mercati internazionali, dato che tale designazione è importante per la vendita di prodotti e servizi elvetici.
Nel settembre 2015 il Consiglio Federale ha adottato la Swissness, che è poi entrata in vigore ad inizio 2017. I nuovi criteri puntano sul miglioramento dell’indicazione di provenienza «Svizzera» e della croce svizzera a livello nazionale e agevolano l’attuazione del diritto all’estero. Il tutto ha un duplice intento: preservare il valore della Swissness e combatterne gli abusi.
Il valore economico della Swissness è innegabile e molto elevato, portando numerosi vantaggi competitivi alle aziende che ne fanno uso, occorreva però una chiara normativa che ne regolasse l’uso e prevenisse gli abusi, sia in ambito nazionale che internazionale. Si devono dunque rispettare vari criteri legati alla provenienza di prodotti e servizi, così come l’uso della croce svizzera. La legge prevede dei criteri precisi per determinare la natura svizzera di un prodotto o servizio elvetico. Questi criteri regolano non solo l’uso di un’indicazione di provenienza sull’imballaggio di un prodotto, o per un servizio, ma valgono in egual misura per l’ambito della pubblicità.
Per i prodotti industriali 2 condizioni cumulative devono essere adempiute per poter utilizzare lo “Swiss Made”: almeno il 60% del costo totale deve essere generato in Svizzera e l’attività che ha dato al prodotto le sue caratteristiche essenziali deve svolgersi in Svizzera (ad esempio l’assemblaggio di un macchinario). Nel calcolo dei costi totali occorre tener conto anche dei costi relativi alla ricerca e sviluppo.
Per le derrate alimentari, sono 2 le condizioni cumulative che devono essere adempiute: almeno l’80% del peso delle materie prime o degli ingredienti che le compongono devono provenire dalla Svizzera. Per il latte ed i prodotti lattieri questa proporzione arriva fino al 100% e la trasformazione che ha conferito al prodotto le sue caratteristiche essenziali deve svolgersi in Svizzera (ad esempio la trasformazione del latte in formaggio). La legislazione prevede diverse eccezioni al criterio dell’80%, al fine di tener conto delle realtà di cui devono tenere le industrie trasformando le materie prime, che spesso non sono reperibili in Svizzera. Per le prestazioni di servizio, la sede dell’azienda deve essere in Svizzera e la società deve essere realmente amministrata dalla Svizzera. Attenzione a non confondere le regole della “Swissness” (basate sulla proprietà intellettuale) e le regole sull’origine della merce (diritto doganale). Si tratta di regole diverse, i cui criteri non collimano.
Utilizzo della croce svizzera
La croce svizzera può essere utilizzata, come era in passato, per i servizi svizzeri, e anche per i prodotti svizzeri, a condizione ovviamente che rispettino tutte le condizioni legali.
Domande in merito a questo tema? Vi segnaliamo innanzitutto il recente dossier tematico dedicato alla Swissness.
Potete sempre contattarci per informazioni sull’applicazione della normativa “Swissness”: Tel. +41 91 911 51 11, info@cc-ti.ch
Cuba: nuova terra di sbarco per le aziende elvetiche?
/in Appuntamenti, Eventi e missioni, Eventi PaeseLe opportunità commerciali dell’isola sotto la lente il prossimo 2 ottobre
La Repubblica di Cuba è un arcipelago circondato dal mar dei Caraibi, il golfo del Messico, e l’Oceano Atlantico ed è divisa in 16 province. Alleato con l’Unione Sovietica durante la guerra fredda, il Paese affrontò una grave recessione economica dopo il ritiro delle sovvenzioni sovietiche del valore di 4-6 miliardi di dollari. Negli anni a seguire, la Cina è diventata la sua maggiore alleata internazionale, con rapporti multilaterali eccellenti.
L’economia cubana è pianificata, di stampo socialista e la quasi totalità dei mezzi di produzione appartengono alla Stato. La principale fonte di crescita del PIL è il settore terziario, che rappresenta ben il 74,5%, mentre il settore primario solo il 5%, e il settore secondario il 20,5%. La grande percentuale del settore terziario è dovuta in particolare al turismo, che contribuisce al 40% delle entrate della nazione.
Per quanto riguarda i rapporti con la Svizzera, i due Paesi hanno stipulato accordi in materia di promozione e protezione degli investimenti, commercio, trasporti aerei e trasferimento dei condannati. Fino alla ripresa delle relazioni diplomatiche tra Cuba e gli Stati Uniti, la Svizzera ha giocato un ruolo di tramite, rappresentando gli interessi degli Stati Uniti a Cuba (1961) e di Cuba negli Stati Uniti (1991). Le relazioni commerciali, piuttosto modeste, sono promosse dalla Camera di commercio e dell’industria svizzero-cubana. Nel 2016 la Svizzera ha importato merci per un valore di 33,3 milioni CHF, tra cui essenzialmente prodotti agricoli, mentre le esportazioni sono state pari a 17,6 milioni CHF e hanno riguardato principalmente prodotti stampati, plastici e chimici, nonché macchinari e strumenti di precisione.
Durante l’incontro in programma il 2 ottobre, i partecipanti verranno sensibilizzati sulla situazione economica di Cuba, sulle opportunità d’affari nonché sulle problematiche commerciali più ricorrenti. Inoltre, grazie alla collaborazione con Switzerland Global Enterprise, vi è la possibilità di fissare dei colloqui individuali per una consulenza mirata durante la giornata.
Marco Passalia, vice direttore e responsabile Servizio Export Cc-Ti
Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Reinserimento professionale: una nuova intesa per facilitare il rientro sul posto di lavoro
/in Risorse umane, TematicheAnche la Cc-Ti, da sempre attenta alle questioni sociali nell’ambito lavorativo, ha sottoscritto quest’intesa volta a mantenere i posti di lavoro per persone in difficoltà ed a facilitare il reinserimento professionale nel mondo del lavoro. Si tratta di temi sensibili che ci stanno molto a cuore, come lo dimostra, ad esempio, il premio Agiamo Insieme, che organizziamo annualmente con l’Ufficio delle Assicurazioni Sociali, valorizzando le imprese che si distinguono nel reinserimento professionale dei collaboratori che hanno subito un danno alla salute.
L’Istituto delle assicurazioni sociali del Dipartimento della sanità e della socialità con l’Ufficio AI, le associazioni economiche, l’Ordine dei medici e l’agenzia Suva del Cantone Ticino collaborano strettamente per facilitare il più possibile il reinserimento professionale delle persone inabili al lavoro. A garanzia di un intervento efficace hanno definito alcuni principi che sono stati presentati il 1° giugno scorso a Vezia in occasione di una tavola rotonda, alla quale ha partecipato anche il Direttore del Dipartimento della sanità e della socialità Paolo Beltraminelli. Con la propria firma, si impegnano a rispettare tali principi e a collaborare per offrire ai lavoratori colpiti da malattia o infortunio un rapido e sicuro reinserimento nel processo lavorativo. Alcune ricerche dimostrano che dopo un’incapacità lavorativa di sei mesi le probabilità di reinserimento sono circa dimezzate. Per questo è fondamentale che le persone malate o infortunate ricevano un’assistenza tempestiva dal proprio contesto socio-professionale, al fine di rientrare in azienda nel più breve tempo possibile. L’obiettivo è ridurre le assenze dal lavoro e i costi della salute grazie a un accordo di collaborazione a cui hanno aderito le associazioni mantello del Canton Ticino, ovvero la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), l’Associazione Industrie Ticinesi (AITI), l’Ordine dei medici (OMCT), la Società Svizzera Impresari Costruttori (SSIC-TI) nonché l’Ufficio AI Ticino e l’agenzia Suva Bellinzona. Le parti coinvolte nel progetto sottoscrivono un accordo di collaborazione vincolante, già siglato da due datori di lavoro operanti in settori diversi (FFS e Migros Ticino).
La comunicazione tra le parti è decisiva
Un’incapacità al lavoro comporta problemi non solo per il datore di lavoro, ma anche per i medici curanti e l’assicurazione sociale competente. Il datore di lavoro desidera avere informazioni il più possibile trasparenti circa il rientro dell’infortunato; d’altro canto, i medici curanti spesso non conoscono a sufficienza le condizioni di lavoro del paziente per poter stabilire il grado di incapacità al lavoro. Per questo la comunicazione tra le parti è fondamentale per ridurre i giorni di assenza di una persona. Come afferma l’Avv. Monica Maestri, Capo dell’ufficio cantonale dell’assicurazione invalidità, «il dialogo tra il medico curante e il datore di lavoro è decisivo per il rientro del lavoratore sul posto di lavoro. Spesso le difficoltà sono dovute ad una mancanza di informazioni e hanno come conseguenza la lunga inattività del paziente. Conoscendo il medico curante la situazione reale lavorativa della persona infortunata e possibili alternative professionali offerte dall’azienda, egli può valutare al meglio la capacità lavorativa del proprio paziente e favorirne il reinserimento».
I principi definiscono l’ambito della collaborazione
La documentazione elaborata congiuntamente descrive gli ambiti essenziali della collaborazione. Ad esempio, specifica in dettaglio quali informazioni riportare sul certificato di incapacità lavorativa, come determinare l’incapacità al lavoro nella pratica o quali informazioni supplementari si possono fornire al datore di lavoro in aggiunta al certificato di incapacità lavorativa. Con la propria firma, i soggetti coinvolti si impegnano a rispettare i principi stabiliti durante il lavoro quotidiano. Si può così presupporre che la collaborazione tra le parti interessate contribuirà a ridurre l’insorgere di malintesi e, quindi, il numero di assenze. «Lo spirito dell’accordo è proprio quello di sburocratizzare il processo di reinserimento di una persona infortunata o malata. Questo è possibile grazie ad una comunicazione diretta tra medico curante e datore di lavoro che si effettua nell’interesse del paziente, ma sempre nel rispetto dei ruoli di ognuno. Lo scopo finale è quello di evitare la cronicizzazione per preservare forze lavorative che sono la prima risorsa di un’impresa in modo da contenere costi sociali che si riverserebbero comunque sulle aziende», spiega Roberto Dotti, Direttore della Suva Bellinzona.
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Il Signor Gianluca Pagani è a vostra disposizione (Tel. 091 911 51 11).
Specialista della gestione PMI: un corso fatto su misura per le nostre associazioni
/in Appuntamenti, Scuola managerialeDialogo tra associazioni di categoria e Cc-Ti nell’ambito della formazione, una sinergia vincente
Lo specialista in gestione di PMI può assumere la conduzione operativa di tutti gli ambiti di una piccola azienda (PMI) dell’artigianato del suo settore professionale. Può anche essere occupato in qualità di quadro in un’azienda di media grandezza. Questa formazione professionale è un elemento fondamentale del sistema educativo, poiché è orientata alle esigenze del mercato del lavoro e della società, con modelli personalizzati, flessibili e innovativi. La formazione professionale anticipa le tendenze e si aggiorna offrendo contenuti moderni e indirizzati alle competenze e alle nuove tecnologie, che permettono di essere al passo coi tempi.
La Cc-Ti in collaborazione con l’IFCAM (Istituto Svizzero per la Formazione di Capi Azienda) coordina e organizza la formazione professionale e la formazione professionale continua nell’area della gestione aziendale con il suo corso principale “Specialista della gestione PMI”, con riconoscimento del certificato federale FIP (Formazione Imprenditori Professionali PMI Svizzera), che attesta la formazione e il Diploma con attestato federale.
In Ticino solo la Cc-Ti può offrire questo riconoscimento federale, proprio grazie alla collaborazione con l’IFCAM.
Il corso “Specialista della gestione PMI” è costituito da 7 moduli: Gestione d’impresa, Leadership, comunicazione, gestione del personale, Organizzazione, Contabilità, Marketing, pubbliche relazioni, rapporti con fornitori e la clientela, Diritto per la gestione d’impresa per le PMI, Modulo interdisciplinare.
Con questo corso si intende promuovere e migliorare l’immagine della singola categoria professionale, ampliando il bacino di utenza, in particolare aumentando il numero di addetti del ramo formati che intraprendono corsi di formazione continua. La Cc-Ti si prefigge sviluppare la consapevolezza ed il riconoscimento del livello qualitativo della formazione offerto presso i professionisti del settore.
Sull’onda di alcune iniziative degli ultimi mesi, numerose associazioni professionali ci hanno sollecitato ad organizzare corsi di gestione aziendale. Trattandosi prevalentemente di associazioni socie della Cc-Ti, vogliamo coinvolgere tutte le associazioni in merito ad una possibile collaborazione per corsi da tenere nei centri di formazione professionale ubicati Gordola e Canobbio.
Per poter procedere con proposte concrete sulle quali basare delle possibili collaborazioni, è necessario che Roberto Klaus e Gianluca Pagani, Responsabili per il contatto diretto con le associazioni di categoria affiliate, negli ormai quotidiani scambi con le varie associazioni, definiscano eventuali offerte sulla base di richieste formulate dalle associazioni stesse e poi ne gestiscano l’attuazione, di concerto con IFCAM. In questo modo si può verificare la fattibilità dell’operazione, nello specifico con un’assunzione di responsabilità maggiore verso le associazioni, che esternano le proprie aspettative e necessità, nonché un numero di partecipanti congruo, con un dialogo franco con la Cc-Ti. La visione che della Cc-Ti è orientata ai seguenti obiettivi: Crescita delle nostre aziende/Swissness nella conduzione aziendale/Sostenibilità quale strumento aziendale in un mercato libero.
Dialogo Cc-Ti – Associazioni professionali. Un esempio relativo alla formazione è nato con la FPCE – Formazione professionale continua nel ramo elettrico, per il quale la Cc-Ti ha strutturato proprio il corso “Specialista della gestione PMI”, in accordo con l’IFCAM, che partirà a Gordola nella primavera del 2018. Sulla foto, da sinistra: Roberto Klaus; Giorgio De Lorenzi, Presidente del Comitato FPCE e Gianluca Pagani
Invitiamo associazioni ed aziende a rivolgersi direttamente a nostri responsabili per i dettagli: Roberto Klaus, e Gianluca Pagani.
Il Ticino all’Expo 2017 di Astana
/in Appuntamenti, Eventi e missioni, Missioni economicheSi è tenuta il 6 settembre 2017 l’apertura delle giornate ticinesi al Padiglione Svizzero di Expo 2017 Astana, in Kazakistan, che si chiuderanno l’8 settembre. Il progetto Green power from Southern Switzerland, prevede un programma volto a sottolineare l’importanza delle green energy per la nostra regione e sviluppare le relazioni tra Cc-Ti, LCTA, Città di Lugano, Ticino e il Kazakistan. Ciò è stato possibile grazie agli interventi e alle presentazioni di diverse aziende ticinesi attive a livello nazionale e internazionale nell’ambito delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica e della sostenibilità.
In questo contesto, la Città di Lugano, la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) e la Lugano Commodity Trading Association (LCTA) hanno deciso di prendere parte ad Expo 2017 Astana coordinando l’organizzazione di alcune giornate dedicate al Ticino, con il supporto dell’Ambasciata svizzera in Kazakistan e il contributo del Cantone che, da parte sua, ha firmato lo scorso 11 agosto ad Astana un accordo di cooperazione con la regione di Almaty.
L’innovazione nell’energia
Il programma degli eventi è incentrato sul tema dell’innovazione nel settore dell’energia e alla tavola rotonda di avvio ha partecipato – oltre ai rappresentanti della Città, di CC-Ti, di LCTA e delle aziende ticinesi – il Segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione Mauro Dell’Ambrogio, in rappresentanza della Confederazione.
“La presenza di Lugano è in linea con la strategia di internazionalizzazione della nostra piazza economica e della nostra Città. Nuove opportunità e nuovi contatti per creare valore in un ambito, quello dell’energia, dove le nostre aziende, ma anche i nostri istituti accademici, hanno parecchio da dire”, ha dichiarato il Sindaco di Lugano, Marco Borradori.
Marco Passalia, Vicedirettore della Cc-Ti ha rilevato: “Cinque realtà ticinesi attive nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica hanno partecipato a questa piattaforma internazionale che ha permesso di proiettare le competenze del piccolo Ticino a livello globale, facilitando così l’accesso a nuovi mercati”.
La delegazione a Expo 2017 al completo
Un mercato in espansione
Il Kazakistan non è una nuova meta per la Città di Lugano e la Camera di commercio. La Cc-TI, infatti, già nel 2015 ha organizzato una prima missione ad Almaty e Astana, seguita nel 2016 da un secondo viaggio con una folta delegazione ticinese. In questa occasione anche la Città di Lugano aveva segnato la propria presenza siglando un importante Memorandum di collaborazione con la Città di Almaty, con lo scopo di sviluppare le relazioni in ambito economico, turistico e commerciale.
Con l’accordo firmato il 21 gennaio 2016 in presenza del Primo Ministro kazako, Karim Massimov, la Confederazione Svizzera è stata una delle prime nazioni a confermare la sua partecipazione ad Expo 2017 Astana. L’esposizione internazionale settoriale, dal tema Future Energy, ha aperto i battenti ad Astana, capitale del Kazakistan, lo scorso 10 giugno e terminerà il 10 settembre prossimo. I Paesi ospiti, tramite i loro progetti, sono stati invitati a riflettere sul tema delle nuove fonti di energia, su sfide cruciali di interesse mondiale, come la riduzione delle emissioni di CO2, l’efficienza e l’approvvigionamento energetico. In totale, oltre 120 paesi e una decina di organizzazioni internazionali hanno aderito all’evento. Presenza Svizzera, l’organo federale responsabile della promozione dell’immagine della Svizzera all’estero, ha realizzato il padiglione svizzero Flower Power, con una mostra interattiva sul know-how e sulla forza innovativa della Svizzera negli ambiti dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili.
Swissness: la forza di una cultura d’impresa e di uno stile imprenditoriale – dossier tematico
/in Innovazione, Tematichea cura di Alessio del Grande
Con questo contributo, cerchiamo di capire quali siano le basi su cui poggia il successo della “Swissness”, intesa non solo a livello giuridico, ma nell’ampia accezione del termine, ossia come modo di fare impresa svizzero, che già racchiude in sé la capacità di adattamento e la creatività che ha permesso al nostro tessuto di reinventarsi.
Nella sua allocuzione per il Primo Agosto, il Cancelliere della Confederazione Walter Thurnherr, parlando sul praticello del Grütli, ricordava il valore storico e simbolico del Patto del 1291, ma avvedutamente sottolineava che la specificità elvetica, ossia la storia del successo politico ed economico del Paese, è nata nel XIX secolo. Quando la Svizzera si è dotata di una costituzione moderna e un mercato unico con l’abolizione delle dogane fra i Cantoni e l’unificazione di pesi e misure. Assieme al principio della neutralità, che risparmierà alla Confederazione l’immane tragedia di due guerre mondiali, sono queste le basi che faranno di un piccolo Stato del tutto privo di materie prime, una potenza economica grazie all’ingegno imprenditoriale e al lavoro della sua popolazione. Da anni ormai la Svizzera è giudicata tra le Nazioni più innovative del mondo. Anche l’ultima graduatoria del Centro per la ricerca economica europea, che ha analizzato 35 Stati, piazza la Svizzera al primo posto nella classifica internazionale dell’innovazione. In rapporto al numero di abitanti è tra i Paesi che vanta più brevetti, i più alti indici di competitività e, inoltre, nel 2016 ha confermato l’ottava posizione nel Nation Brands Index, che misura la reputazione che hanno nel mondo 50 Paesi di ogni continente. La storia di questo successo è racchiusa nella parola “Swissness”, un marchio oggi protetto dalla legge che regola il “Made in Switzerland”.
La Cc-Ti approfondirà, nell’abito delle attività previste per il Centenario (riassunte ed illustrate sul nostro sito) questo tema, con un evento dedicato nel corso dell’autunno.
Il successo della Swissness
Sui mercati internazionali Swissness è sinonimo di qualità, precisione, affidabilità e innovazione. Evoca l’immagine di un sistema-Paese stabile, efficiente, agile nel reagire alle crisi e aperto al mondo. Swissness non è, dunque, soltanto un marchio commerciale che, stando alle stime federali, genera di per sé stesso un plusvalore di 5,8 miliardi all’anno, è soprattutto una cultura e uno stile imprenditoriale che contraddistinguono il fare impresa in Svizzera. Non si spiega se non con questo forte spirito imprenditoriale (di gran lunga superiore alla media europea secondo il Global Entrepreneurship Monitor), il fatto che una Nazione di appena 8,5 milioni di abitanti vanti oltre 300mila piccole e medie imprese, un’incredibile presenza di multinazionali, una potente, e sempre invidiata, piazza finanziaria, una fitta rete di centri di ricerca di eccellenza mondiale con il più alto tasso di trasferimento di tecnologia al sistema produttivo.
È questa solida cultura d’intraprendere, così connaturata alle tradizioni del Paese, che ha permesso alle aziende elvetiche di reggere le ripetute crisi economiche di quest’ultimo decennio e, dal gennaio del 2015, di sostenere anche i pesanti contraccolpi dell’abolizione della soglia minima del cambio tra franco ed euro. Situazioni di crisi trasformate dalla determinazione degli imprenditori in nuove opportunità di crescita. Investendo ancora nell’innovazione, nonostante i margini ridotti di autofinanziamento a causa del franco forte, razionalizzando e ottimizzando i processi produttivi, cercando nuovi sbocchi di mercato e nuovi fornitori. E le esportazioni rossocrociate sono riprese a volare, toccando nel primo semestre di questo anno livelli record.
Una vera cultura d’impresa
Una deriva pericolosa
Molti di questi vantaggi e valori su cui è cresciuto il nostro Paese, oggi sono rimessi in discussione da una deriva istituzionale e culturale che minaccia pesantemente la libertà economica, diritto riconosciuto dalla Magna Carta sin dal 1874 quando era definito “libertà di commercio e d’industria”. L’eccesso di leggi, regolamenti e vincoli amministrativi, la burocrazia ipertrofica che, dalla produzione ai servizi, ha ormai colonizzato qualsiasi attività, lo statalismo pervasivo, l’assistenzialismo, la frenesia redistributiva e, non da ultimo, un diffuso populismo che ha contagiato buona parte del Paese con il virus del protezionismo e dell’isolazionismo, stanno mettendo a dura prova il nostro sistema economico e le fondamenta stessa della libera concorrenza su cui esso si è retto sino ad oggi. È stato lo stesso Consigliere federale Schneider-Ammann a ricordare, pochi mesi fa, che la sola Confederazione produce ogni anno 140 pagine di nuove leggi e, secondo l’Unione Svizzera delle Arti e Mestieri, questa furia regolamentatrice costa alle PMI, le piccole e medie imprese, circa 60 miliardi di franchi all’anno, ossia quasi il 10% del PIL nazionale. E alle normative federali andrebbero aggiunte quelle cantonali e comunali. Uno studio di UBS, già nel 2014 calcolava che in quell’ultimo decennio la raccolta ordinaria del diritto si era arricchita di 12mila pagine solo a livello federale, raggiungendo 66mila pagine di leggi; nello stesso anno il Forum economico mondiale avvertiva che la burocrazia statale era uno dei principali problemi per le aziende in Svizzera. Un altro studio del Credit Suisse, nel 2015 certificava che per una PMI su tre l’ostacolo maggiore agli investimenti erano le eccessive regolamentazioni. Un regolamentarismo forsennato a cui si è spesso accompagnato un uso distorto degli istituti della democrazia diretta: da sinistra per sollecitare ulteriormente l’interventismo statale e per redistribuire la ricchezza senza preoccuparsi di come produrla e accrescerla; da destra per fomentare campagne contro gli stranieri, erigendo vincoli e barriere che stanno ingessando il mercato del lavoro, con grave pregiudizio per l’autonomia delle imprese e la libertà economica. Una profonda regressione che stravolge il DNA di un Paese cresciuto su un ordinamento liberale e che rischia di scoraggiare l’impegno e lo spirito innovativo degli imprenditori che hanno portato la Swissness a primeggiare sui mercati mondiali.
Il dossier sulla Swissness quale cultura d’impresa è pubblicato sull’edizione di settembre di Ticino Business. Esso si compone di 4 articoli:
Swissness: la forza di una cultura d’impresa e di uno stile imprenditoriale
Conoscere meglio le disposizioni legali sulla Swissness
Il successo svizzero fra tradizione e sfide nuove
Campanello d’allarme per la Svizzera
Professionisti di serie A…rtigianato
/in Comunicazione e mediadi Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti
Eccovi una riflessione sul comparto dell’artigianato nell’economia odierna.
In occasione della ricorrenza del 2017 per la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), che segna il traguardo del 100° anno di attività, diamo spazio alla presentazione dei vari comparti economici. Il Ticino è caratterizzato da un tessuto economico molto diversificato e per questo solido. La sottolineatura delle molte situazioni positive che si trovano sul nostro territorio è doverosa per chi, come la Cc-Ti, è chiamata a tutelare gli interessi di tutta l’economia. In quest’ottica, l’edilizia e l’artigianato, per storia e tradizione ma anche per le importanti evoluzioni degli anni più recenti, hanno un ruolo molto importante per la stabilità del sistema, perché comprende di regola aziende molto radicate sul territorio. Analogamente a tutti gli altri settori economici, l’artigianato merita la giusta considerazione. Purtroppo, troppo spesso a torto, le aziende in Ticino in generale sono considerate a basso valore aggiunto in molti settori, tra cui anche l’artigianato, sfortunatamente. Nel confronto quotidiano con le imprese, ci si può invece facilmente rendere conto che la realtà è ben diversa e quelli che con faciloneria e con le pericolose semplificazioni tanto in voga oggi vengono considerati di scarso valore (o, peggio, disonesti), sono in realtà imprescindibili per il funzionamento del Cantone. E l’artigianato in quest’ottica non fa eccezione.
Basti pensare alle enorme evoluzioni che i vari mestieri dell’artigianato hanno conosciuto nel corso degli ultimi anni. Mestieri storici come l’elettricista, il falegname, il piastrellista, il muratore, il panettiere, ecc. richiedono oggi un grado di specializzazione molto elevato. Sono mestieri e saperi antichi che oggi intrecciano tradizione con modernità ed innovazione. L’immagine magari un po’ “romantica” che vedeva la bottega del panettiere, ad esempio, piena di farina e dove si produce “solo” il pane, non corrisponde più alla realtà. Senza dimenticare che proprio i panettieri, come tante altre categorie artigianali, formano un numero consistente di apprendisti. Non sono più “unicamente” artigiani, ma oggi più che mai, esperti, professionisti specializzati che lavorano secondo processi e con strumenti innovativi. Assistiamo infatti a un’integrazione di due elementi sempre più imprescindibili: il valore intrinseco del lavoro definito “manuale” e l’innovazione combinata anche con la digitalizzazione. Lo confermano del resto i dati della nostra inchiesta congiunturale annuale condotta presso i nostri associati: la digitalizzazione alle imprese ticinesi, comprese quelle artigianali, non fa paura. Anzi è un motivo di ulteriore specializzazione nella ricerca di opportunità per aggiornarsi e fare fronte in modo efficace e soprattutto con la qualità a una concorrenza sempre più agguerrita. Le cifre dell’edilizia e dell’artigianato del resto parlano chiaro: 3’300 aziende attive, con un indotto di oltre 2 miliardi di franchi, ossia ben il 7,5% del PIL ticinese, occupando circa 19’000 dipendenti. Accennavo prima alla formazione: un punto focale per tutte le aziende, viste le numerose trasformazioni a cui assistiamo. Le associazioni di categoria artigianale si impegnano per la formazione di base e continua, il che rappresenta un valore inestimabile per la nostra economia. Non è quindi sbagliato affermare che professioni a volte neglette svolgono in realtà un ruolo primordiale che andrebbe tenuto nella giusta considerazione. Sarebbe magari giusto tenerne conto prima di dare giudizi affrettati.
Lungo il filo della storia dentro l’economia: 100 anni di Cc-Ti
/in Comunicazione e mediaVi presentiamo una riflessione sul nostro traguardo, le attività ad esso legate ed i progetti che abbiamo in serbo, previsti da settembre in poi, che sottolineano il nostro anniversario.
Una data storica
Il 21 gennaio 1917, era una domenica, fu costituita a Lugano, da parte dell’Assemblea dell’Associazione commerciale Industriale del Canton Ticino, la Camera di commercio. Erano presenti 62 membri. Da quel momento l’attività della nostra associazione si è confrontata con la vita sociale, congiunturale, economica e storica del territorio ticinese, passando dalla Seconda Guerra Mondiale, al boom degli anni ‘50/’60, alle crisi degli anni Novanta, ecc.. La storia, quella insegnata sui banchi di scuola e vissuta dalle aziende nel XX secolo, la conosciamo tutti. Per la nostra associazione si tratta di un lasso temporale molto particolare: nel 2017, quest’anno, cade il Centenario dalla nostra fondazione. 100 anni durante i quali la Cc-Ti, attraverso iniziative, prese di posizione, confronti, informazioni alle aziende, pubblicazioni, eventi, ecc. è sempre evoluta, mantenendo però un punto fermo e ben focalizzato: la tutela e il benessere degli associati (aziende ed associazioni padronali) quale principale obiettivo.
Lavoro e passione per le aziende ed associazioni di categoria affiliate
La Cc-Ti è stata un’ottima interprete dei principali avvenimenti che hanno caratterizzato un lungo periodo, dimostrandosi una struttura solida e di successo, con una finalità che nel tempo non è mai mutata, anzi, ha garantito la prosperità del Cantone: il benessere del tessuto aziendale, con la garanzia del rispetto della libertà economica. Quest’ultima è iscritta anche nella Magna Charta federale (all’articolo 27 della Costituzione svizzera, che ricordiamolo, recita 1. La libertà economica è garantita. 2. Essa include in particolare la libera scelta della professione, il libero accesso a un’attività economica privata e il suo libero esercizio), per cui ci siamo sempre battuti. Nel nostro Cantone sono così insediate ottime realtà imprenditoriali e operano associazioni professionali con una lunga tradizione alle spalle. Il sistema associativo svizzero rappresenta un unicum a livello mondiale, invidiatoci da molti.
Oggi possiamo dunque contare su oltre 1’000 aziende e 43 associazioni padronali affiliate alla Cc-Ti, che raffigurano tutta l’economia ticinese. L’evoluzione, dalla fondazione del 21 gennaio 1917 con 62 membri ad oggi, è stata costante.
Rappresentiamo delle eccellenze e non imprenditori senza scrupoli. L’immagine tendenziosa che purtroppo spesso viene portata agli occhi dell’opinione pubblica non corrisponde alla realtà. In quest’anno così peculiare per noi abbiamo agito e agiamo per il contrasto all’immagine negativa delle del tessuto economico ticinese con fatti, dati, immagini e progetti che fanno prendere coscienza alla popolazione e agli opinion leader della realtà concreta dei fatti, ridando la giusta dimensione e immagine, ossia positiva, propositiva ed umanizzata, al mondo imprenditoriale ticinese.
Un altro messaggio per noi fondamentale è quella di confermare il nostro ruolo, con una prospettiva quale nostra associazione mantello di tutta l’economia, mantenendo l’accento su tematiche trasversali a tutti i settori economici, fornendo supporto e consulenza a temi più specifici, su richiesta degli associati. Durante il 2017 abbiamo intensificato la comunicazione a 360°, con percorsi eventistici, formativi e mediatici ad hoc.
Tematiche trasversali e lavoro comune
Abbiamo identificato 4 macro aree di importanza strategica inerenti tematiche di base per l’economia ticinese e l’attività quotidiana delle ditte, con cui ci si confronta: l’internazionalizzazione, la digitalizzazione, la responsabilità sociale delle aziende e la swissness (intesa nella sua accezione più larga come modo di fare impresa svizzero, che già racchiude in sé la capacità di adattamento e la creatività che ha permesso al nostro tessuto di reinventarsi).
Grazie agli eventi ed alla nostra comunicazione multicanale, abbiamo potuto strutturare e focalizzare l’attenzione eventistica, e quindi di approfondimento attorno ai quattro temi maggiori citati poc’anzi. Gli eventi in questione sono: “La giornata dell’export”, “L’economia del futuro è digitale”, “Responsabilità sociale delle aziende: un vantaggio competitivo”, che si sono tenuti nei primi 6 mesi del 2017 e di cui sul nostro sito www.cc-ti.ch trovate gli approfondimenti, e “Swissness: innovazione e creatività”, in programma in autunno. In questo senso, grazie ai nostri canali di comunicazione tradizionali (newsletter, social media, sito, Ticino Business), oltre che attraverso l’erogazione dei nostri normali servizi (proposte eventistiche e di formazione, consulenze in azienda, …) e la nostra attività tradizionale di lobby politica, abbiamo potuto insistere sui messaggi chiave identificati tramite comunicazioni ed informazione distinte.
Inoltre vista la collaborazione con il gruppo MediaTI (che comprende diversi mezzi di comunicazione quali tv – Teleticino –, quotidiani – Corriere del Ticino e Giornale del Popolo –, portali online – ticinonews.ch –) abbiamo potuto mediatizzare queste informazioni strutturandole differentemente, tematizzando i messaggi che sosteniamo, sfruttando appieno tutto il potenziale offerto.
Non da ultimo, volendo differenziare i canali di informazione per raggiungere pubblici diversi e coprire l’intera popolazione ticinese con i nostri messaggi, stiamo collaborando anche con LiberaTV e LaRegione, che rappresentano due organi d’informazione importanti.
Il tutto per arrivare ai pubblici d’interesse vasti in modo completo e variato, modulando le notizie in modo mirato.
Oltre i nostri confini
Durante il corso di quest’anno è proseguita pure la collaborazione sempre con MediaTI e Switzerland Global Enterprise (S-GE) per le brevi interviste ad imprenditori ticinesi in onda su Teleticino settimanalmente nell’ambito del progetto “Oltre i confini”.
Zoom in tv
Come presentato sul nostro sito, sono state girate 3 puntate speciali sui nostri 4 eventi principali del 2017, a copertura di essi. Un 4° appuntamento è in programma per l’evento sulla Swissness. Vi sarà anche una puntata speciale dedicata all’assemblea del Centenario, prevista il 20 ottobre, che simboleggerà il clou dei festeggiamenti.
Il 100° nella seconda parte del 2017: cosa ci aspetta? Dentro l’economia
Continueremo con gli approfondimenti, come fatto sinora, su differenti canali e attraverso mezzi diversi. Ci dedicheremo anche, in particolare, a degli speciali televisivi con “Dentro l’economia” in onda su Teleticino per 5 domeniche dal 17 settembre alle ore 18.30: una trasmissione ideata per far scoprire, attraverso materiali d’archivio, interviste e testimonianze i settori economici che la Cc-Ti rappresenta. Industria, servizi, commercio ed artigianato saranno i protagonisti di 4 delle 5 puntate di “Dentro l’economia”, permettendo al pubblico di scoprirli con un excursus storico settoriale, passando poi a interviste con ospiti che attraverso le loro esperienze professionali e in seno alle diverse associazioni di categoria, fanno emergere cifre e dati, risaltando anche il ruolo della Cc-Ti in questo contesto.
La puntata di domenica 15 ottobre sarà speciale perché dedicata alla storia della Cc-Ti: si ripercorreranno i cento anni attraverso materiali d’archivio e interviste in prima persona dei personaggi che hanno avuto e che hanno tuttora un ruolo attivo per la Cc-Ti.
Moltissime dunque le attività ancora in programma, a dimostrazione del reale valore del mondo imprenditoriale ticinese, che racconta un territorio propositivi, in cui la Cc-Ti è un attore principale, a sostegno del benessere aziendale e della difesa della libertà economica. Restate aggiornati sulle nostre attività attraverso il nostro sito internet e tramite la nostra newsletter.
I servizi: realtà trainante dell’economia ticinese
/in Comunicazione e mediadi Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti
Con questo testo si approfondisce il comparto del settore terziario in Ticino, che costituisce circa il 70% dei posti di lavoro dell’intera economia cantonale.
Continua il viaggio all’interno dei vari settori dell’economia ticinese nel quadro dei 100 anni della Cc-Ti. Questa volta l’attenzione è dedicata ai servizi. Il settore terziario ticinese conta oltre 27’000 aziende e 124’000 lavoratori a tempo pieno, il che costituisce circa il 70% dei posti di lavoro dell’intera economia cantonale. Cifre innegabilmente importanti per una realtà economica estremamente diversificata come quella ticinese. Purtroppo nella discussione pubblica questa varietà è troppo spesso ignorata, visto che è abbastanza usuale considerare il settore terziario come limitato ai servizi legati soprattutto al mondo finanziario, dimenticando tutto il resto, dal commercio ai servizi sanitari. Sarebbe opportuno tenerne conto, soprattutto quando si affrontano temi importanti e delicati come il frontalierato, perché il settore terziario racchiude in sé realtà aziendali diversissime fra loro, con competenze professionali molto ampie.
Inevitabile quindi che anche l’andamento del meta-settore sia di difficile lettura. Se pensiamo all’evoluzione degli ultimi anni, i dati ufficiali del Cantone indicano come vi sia stata una riduzione per il comparto dei servizi finanziari ed assicurativi sul valore aggiunto lordo, con una variazione nel 2014 da 2 a 1,9 miliardi di franchi circa. Questo nonostante l’ambito finanziario offra ben il 6,4% dei posti di lavoro dell’intera economia ticinese, una quota superiore a quella dello stesso ambito su scala nazionale (5,8%). Per un settore in profonda trasformazione, per le note evoluzioni a livello internazionale, ve ne sono altri in cui invece vi è stata una chiara progressione del valore aggiunto. Basti pensare all’importante sviluppo del commercio di materie prime, diventato un fattore fondamentale per il Ticino, sia dal punto di vista fiscale che occupazionale, perché sempre più orientato alla formazione e all’assunzione di personale residente in un contesto fortemente internazionalizzato. Parimenti, alle difficoltà numeriche conosciute dal commercio al dettaglio, fanno da contraltare le buone cifre del settore turistico e dell’albergheria in particolare nei mesi più recenti. Insomma, il settore terziario è indicativo della struttura economica cantonale, più resistente di altre regioni svizzere alle difficoltà proprio perché molto variegata. E non va dimenticato che, anche grazie alla digitalizzazione sempre più diffusa, si sta rafforzando notevolmente l’ambito dei servizi all’industria, che permette di svolgere alle nostre latitudini servizi di alta qualità concorrenziali nella realtà internazionale, perché non direttamente legati alla produzione. Un’ulteriore differenziazione che può portare novità interessanti per la nostra realtà.