Conosco la corretta voce di tariffa doganale dei miei prodotti?

Per le aziende esportatrici è fondamentale conoscere i dazi doganali all’importazione in un Paese estero. Alfine di avere tutte le informazioni corrette bisogna però conoscere due elementi importantissimi: l’origine della merce (che non tratteremo in questo articolo ma di cui abbiamo già ampiamente dato spazio) e la corretta voce di tariffa doganale (VT). Proprio quest’ultima è al centro di questo breve testo – nonché argomento centrale di un corso in agenda il prossimo 17 maggio – poiché non conoscere il codice doganale della merce può generare tutta una serie di problematiche a catena, ovvero dazi sbagliati o, peggio ancora, origine della merce non corretta. Inoltre la classificazione tariffaria permette di conoscere anche eventuali misure commerciali (ad es. contingenti), norme di sicurezza o formalità fitosanitarie o sanitarie, divieti o embarghi.

Il sistema armonizzato

La tariffa doganale si basa sull’accordo internazionale del “Sistema Armonizzato” (SA), attualmente in uso in quasi tutti i Paesi del Mondo. Ciò significa che tutti i Paesi utilizzano una medesima nomenclatura doganale, armonizzando le prime sei cifre a livello mondiale. Il SA suddivide a “blocchi” la tariffa doganale, scomponendo la cifra in sezioni, capitoli e sotto-capitoli.

Le piattaforme online

Tares è la piattaforma online messa a disposizione dall’Amministrazione Federale delle Dogane (AFD) dove si possono trovare tutte le voci di tariffa con pratiche ricerche di testo ma anche direttamente di codici doganali.

Ben sapendo che le voci di tariffa doganale possono essere differenti nei Paesi esteri, Mendel Online, una piattaforma messa gratuitamente a disposizione alle aziende svizzere da Switzerland Global Enterprise, permette di effettuare ricerche accurate delle VT in tutto il mondo. È una banca dati che sfruttata nel modo corretto permette di fornire tutta una serie di informazioni fondamentali per le aziende esportatrici, come ad esempio le regole dell’origine.

Per informazioni doganali sui paesi dell’UE si può invece utilizzare la TARIC (tariffa doganale integrata dell’Unione europea) che fornisce dati precisi sulle tariffe doganali dei singoli Stati membri.

Per saperne di più

Il Servizio Export della Cc-Ti in maniera complementare rispetto al ruolo dell’Amministrazione federale delle Dogane, aiuta le aziende affiliate alle necessarie ricerche dei tributi e delle voci di tariffa doganali. Siamo quindi a disposizione per ulteriori approfondimenti in merito come per le consulenze export generali dedicate agli affiliati Cc-Ti.

Servizio Export Cc-Ti

Serve più innovazione istituzionale

L’opinione del Direttore Cc-Ti, Luca Albertoni

Per sfruttare l’enorme potenzialità della digitalizzazione, per la Svizzera è d’importanza cruciale, adottare al più presto la tecnologia 5G. Si tratta di una tecnologia che aumenterà notevolmente le prestazioni della telefonia mobile, moltiplicando i volumi dei dati gestibili e accelerando i tempi di reazione di tutto il sistema alla nuova potenza delle comunicazioni.

Purtroppo, in questo campo siamo in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, poiché il nostro attuale quadro normativo non permette di introdurre rapidamente le reti mobili di quinta generazione e di sfruttare, dunque, già adesso le enormi possibilità che esse offrono per l’economia e per la società. Questo ritardo è la chiara dimostrazione che la necessità di stare al passo con l’incessante evoluzione tecnologica, non richiede solo adeguati investimenti nelle infrastrutture e nella formazione per l’acquisizione di nuove competenze, ma impone anche una forte innovazione istituzionale e culturale. Che può nascere solo da una comune consapevolezza, a livello politico, economico e sociale, delle grandi trasformazioni che stanno investendo la produzione, i consumi e il nostro stile di vita. Serve, insomma, un approccio innovativo nella scelta degli investimenti, nella politica della formazione scolastica e professionale, così come nella legislazione sociale e nel diritto del lavoro, che oggi sembrano ancora ingabbiati negli schemi novecenteschi della vecchia società industriale.

Alla luce di tutto ciò acquistano maggiore rilevanza l’esigenza del dialogo tra le parti sociali, senza arroccamenti ideologici, la discussione costante con lo Stato e il confronto costruttivo nel dibattito pubblico, su cui come Cc-Ti insistiamo da tempo. Ma la capacità d’innovare dei nostri imprenditori, per essere soggetti attivi e non passivi dalla rivoluzione digitale, è strettamente legata alla libertà d’impresa. Se quest’ultima viene limitata, come purtroppo sta accadendo oggi, con un eccesso di regolamentazioni e di burocrazia, si rischia di pregiudicare la crescita e lo sviluppo del nostro Paese.

 

Gratifica o benefici in natura: quali riflessioni fare?

In una storia di forte competizione economica, il rafforzamento della motivazione e dello sviluppo dei team aziendali è diventato una priorità. Il riconoscimento del lavoro svolto in modo individuale o di gruppo può diventare un fattore chiave per il successo del business.

L’incentivo è apparso nei paesi anglosassoni negli anni 90. Questo metodo consente ai datori di lavoro di motivare i propri collaboratori principalmente in due modi:

  • da un lato, la motivazione di “essere”, che permette di creare una coesione nella squadra e di fare leva sull’atteggiamento dei collaboratori;
  • d’altra parte, la motivazione del “fare”, che volge a migliorare le prestazioni singole e di gruppo.

In entrambi i casi, i dipendenti ricevono una contropartita che mira a gratificarli e a incentivare la loro voglia di fare e collaborare al meglio (ad esempio seminari, formazione supplementare, viaggi o regali).

È necessario rammentare una sola condizione perché questi metodi si rivelino realmente efficaci:

l’azienda deve premiare durante un periodo di crescita, perché il premio è un acceleratore di performance.
Assolutamente da sconsigliare in caso quindi, ad esempio, di un piano sociale.

Proviamo a fare chiarezza.

La gratifica o il bonus

 Per definizione, la gratifica è un premio straordinario pagato in aggiunta al salario. Potrebbe essere accordata come ricompensa per un lavoro già fornito e concluso o come incoraggiamento per il lavoro futuro.

L’ammontare della gratifica dipende, in linea di principio, dalla volontà del datore di lavoro.

Secondo l’art. 322d al 1 CO la gratifica è una retribuzione eccezionale che il datore di lavoro accorda in aggiunta al salario e in determinate occasioni, come Natale o a fine anno contabile.

Concetto opposto quando parliamo di bonus, il cui ammontare è determinato in anticipo dalle parti o dipende da criteri oggettivi convenzionalmente predeterminati, come l’ammontare della cifra d’affari art. 322aCO.

La partecipazione al risultato viene considerata come una componente del salario (si differenzia ancora dalla provvigione – art. 322bCO- in quanto si riferisce al risultato globale dell’azienda, mentre la provvigione è una remunerazione fissata in base ai risultati personali dal lavoratore).

Esistono comunque circostanze per le quali la gratifica può divenire anch’essa parte integrante del salario e quindi dovuta; questo accade se il carattere facoltativo di questo versamento viene a decadere e il datore di lavoro, di anno in anno, concede puntualmente la gratifica.

Nella misura in qui perde la propria caratteristica opzionale, entra a fare parte delle voci di salario (da ricordare che la gratifica non deve eccedere di principio dal 10% del salario fisso).

Per qualificare invece il bonus e la gratifica è necessario interpretare le volontà delle parti.

Prima di tutto, è necessario stabilire se il bonus è determinato (rispettivamente determinabile) o indeterminato (rispettivamente indeterminabile).

  • Se il bonus è determinato o determinabile, il dipendente ha diritto a questo bonus. La remunerazione è oggettivamente determinabile quando non dipende più dal giudizio del datore di lavoro.
  • Questo è il caso in cui il dipendente ha diritto a una parte dell’utile o del fatturato o altrimenti partecipa al risultato aziendale (articolo 322a CO). Il datore di lavoro deve quindi mantenere il suo versamento, pagando al dipendente la remunerazione concordata (elemento essenziale del contratto di lavoro) e il bonus deve essere considerato come un elemento attivo (variabile) del salario.
    L’obbligo (contrattuale) del datore di lavoro di pagare al suo dipendente questa remunerazione fissa (o oggettivamente determinabile) può venire regolamentata da subito (all’inizio del rapporto di lavoro, all’interno del contratto stipulato tra le parti) o accordata in un secondo tempo, durante il decorrere del rapporto contrattuale di lavoro.

Un bonus può anche essere soggetto a decadere: in particolare, non è dovuto (pro rata  temporis), in caso di cessazione del rapporto di lavoro prima della circostanza che dà    luogo al suo pagamento, a meno che non si abbia concordato diversamente (art. 322 D, paragrafo 2, CO).

  • Se il bonus non è determinato o oggettivamente non determinabile, il dipendente generalmente non ha alcun diritto: la remunerazione dipende dalla buona volontà del datore di lavoro e il bonus viene allora qualificato come gratifica. Questo è il caso in cui la quota non è fissata in anticipo, ma dipende principalmente dal margine di manovra del datore di lavoro.

Quando la quota non è determinata o oggettivamente determinabile, deve essere definita e qualificata come gratifica.

La gratifica può diventare un diritto?

La gratifica può perdere la propria caratteristica di facoltatività nel momento in cui il datore di lavoro, senza riserve, la versa per 3 anni consecutivi:

la gratifica diviene, allora, tacitamente obbligatoria e il collaboratore può pretenderne il pagamento come parte integrante del salario.

Attenzione quindi: una somma, il cui importo e la scadenza sono fissati in anticipo o dipendono
dall’adempimento di determinate condizioni, non potrà essere considerata come gratifica, ma sarà un elemento salariale.

Come deve comportarsi il datore di lavoro?

 Per impedire che la gratifica venga convertita in un elemento salariale, il datore di lavoro deve dichiarare espressamente che tale importo viene pagato a sua discrezione e che questo pagamento può interrompersi in qualsiasi momento.

Si consiglia vivamente di rinnovare questa riserva in occasione di ogni pagamento.

Tuttavia, anche se reintegrata sistematicamente, tale riserva può diventare inefficace se si dimostra puramente formale o nel caso in cui il datore di lavoro dimostri, con il suo comportamento, che il versamento viene effettuato a prescindere da agenti interni o esterni.
Il Tribunale federale ha precisato, per esempio, che una gratifica retribuita sistematicamente per dieci anni consecutivi può vincolare il datore di lavoro al dipendente.

Se il datore di lavoro paga la gratifica ogni anno, compresi gli anni in cui avrebbe avuto un motivo oggettivo per non riconoscerla al dipendente, come ad es. la cifra d’affari in calo, il dipendente ha il diritto di credere che la gratifica gli è dovuta.

Sebbene sia accompagnata da una riserva, la gratifica assume dunque comunque un carattere obbligatorio.

Benefici in natura e fisco

Attualmente, i datori di lavoro sono pieni di immaginazione quando si tratta di motivare e premiare i propri dipendenti. In effetti, metodi alternativi di ricompensa e fidelizzazione sono diffusi, specialmente all’interno delle multinazionali.

Vengono integrati, ad es., sistemi di accumulo punti che danno diritto a buoni sconto per attività rilassanti, abbonamenti sportivi, regali materiali (ad es. orologi di marca), percentuali di sconto per l’acquisto di merci e così via..

I benefici in natura si sono decisamente dimostrati efficaci in termini di motivazione e fidelizzazione dei dipendenti.

Sebbene questi vantaggi particolari non siano, in linea di principio, considerati come una voce salariale dal diritto del lavoro, sarà invece più difficile sfuggire alla qualifica di “reddito”
da un punto di vista fiscale.

Secondo le direttive per la stesura del certificato di salario e del certificato della Cassa pensione, rilasciato dalla Conferenza svizzera delle imposte (CSI) e dall’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), tutti i benefici che il datore di lavoro fornisce al dipendente sono, in linea di principio, tassabili e devono essere dichiarati sul certificato di salario.

Tuttavia, per ragioni pratiche, alcuni elementi sfuggono a questo principio. Alcuni benefici offerti dal datore di lavoro non devono essere necessariamente dichiarati.

Ciò vale per doni di valore inferiore a CHF 500 per particolari occasioni (compleanno, Natale, ecc…), abbonamenti FFS a metà tariffa rilasciati gratuitamente, biglietti di ingresso a manifestazioni culturali, sportive (di un valore pari o inferiore a CHF 500/a evento) e altri casi speciali.

Se si considera una concessione di prestazioni in natura, si deve considerare il fatto che, in generale, questi benefici dovranno essere inclusi nella dichiarazione stipendio del dipendente e saranno pertanto imponibili.

Concludendo

Pertanto, seppur encomiabile qualsiasi gesto del datore di lavoro per condividere con i propri collaboratori la propria realtà aziendale, è auspicabile riflettere anticipatamente sullo scopo e la durata di quanto si propone quando si imposta un sistema di benefici. Il datore di lavoro deve tenere presente che la linea tra la stessa gratifica e la voce definitiva salariale è sottile.

Social selling e LinkedIn

Testo a cura di Massimo Fiorani

Si parla spesso di e-commerce e di scelte per il consumatore. In pochi però si soffermano sull’importanza di internet e dei Social Media per imprenditori, manager e venditori. Per la prima volta al giorno d’oggi, i consumatori sono tecnologicamente più avanti, nel pensiero e nella pratica, rispetto ai venditori, costretti ad aggiornarsi per non lasciarsi scappare importanti occasioni di business. Gli strumenti per generare contatti, fare business e vendere infatti ci sono.

Il Social Selling

Si tratta del il più importante strumento che identifica l’uso delle nuove metodologie da parte di venditori o professionisti per identificare, qualificare e fissare appuntamenti con i potenziali clienti. Più di tutti i social network, è LinkedIn che ha saputo sviluppare il Social Selling, offrendo ai professionisti gli strumenti e le opportunità per creare una rete di contatti valida e remunerativa.

Il Social Selling su LinkedIn è lo strumento più potente per poter attrarre i clienti o cercarli con azioni mirate, quasi da “cecchini”.

Una giusta strategia su LinkedIn – oltre ad un sapiente uso dei tool messi a disposizione – porta a raggiungere i nostri obiettivi commerciali e di business in generale. Molti imprenditori hanno finora snobbato LinkedIn – o al più ne hanno limitato l’utilizzo – poiché hanno sempre identificato questo Social Media come un contenitore di Curriculum Vitae ed un generatore di stalking da parte di candidati a posti di lavoro. Invece LinkedIn ha voluto dare un taglio a questo cliché e da strumento per persone in cerca di lavoro è diventato distributore di opportunità di business pronte ad essere colte: vi si trovano migliaia di profili professionali, e quindi potenziali clienti, ci sono già: sta all’imprenditore capire se vuole giocare la partita.

LinkedIn in Ticino

Oggi in Ticino LinkedIn ha superato i 71’000 iscritti, una quota enorme in un territorio che conta 354’000 abitanti.

In pochi click è possibile raggiungere oltre 500’000’000 di professionisti in tutto il mondo rimanendo nel proprio ufficio.

In conclusione possiamo affermare che LinkedIn ha rivoluzionato il mondo del Business, del Sales Management e della Lead Generation.

Una volta c’era l’agente di commercio con la sua ventiquattrore, tanti viaggi e spese di albergo.  Oggi c’è LinkedIn, che permette a manager, imprenditori e dirigenti di contattare i prospect di loro interesse, costruire la propria rete professionale ed abbattere costi di viaggio e rappresentanza. Tutto in pochi click!

 

Massimo Fiorani
Certified Social Selling Trainer Execus- LinkedIn partner

Clublab
via Serafino Balestra 7
6900 Lugano
www.clublab.ch

Seguiranno in autunno molte proposte formative puntuali sull’argomento comunicazione e digitalizzazione, che stiamo programmando.

Guardiamo con più fiducia al nostro Paese

L’opinione del Presidente Cc-Ti, Glauco Martinetti

“Il Ticino non è più il figliolo problematico della Svizzera”, scriveva qualche settimana fa la Neue Zürcher Zeitung, commentando i brillanti risultati della nostra economia rilevati nel recente studio di Bak Economics. Il prestigioso istituto ha difatti sottolineato “uno sviluppo economico con un andamento particolarmente dinamico” del Cantone, evidenziando peraltro molti fattori positivi. Tra questi il notevole aumento del PIL pro capite, una crescita della produttività che si è allineata alla media nazionale e una forte espansione dell’occupazione che dal 2005 al 2016 ha registrato un aumento del 24%. Un sistema produttivo che ha ottenuto spesso performances superiori a quelle ottenute nel resto della Svizzera e in altri Paesi europei.

Come Camera di commercio e dell’industria non possiamo che essere soddisfatti di questi risultati e orgogliosi degli sforzi intrapresi in questi anni dei nostri imprenditori per restare competitivi, nonostante non pochi ostacoli. Ciò non significa assolutamente sottovalutare alcune criticità di questa crescita, talune distorsioni del mercato del lavoro o le difficoltà ancora presenti in certi settori. Anzi, non possiamo che ribadire la nostra volontà di affrontare e risolvere questi problemi assieme agli altri partner sociali e alle Istituzioni, attraverso un dialogo costante e un confronto costruttivo, com’è sempre stato nella tradizione della nostra associazione.

Ma siamo altresì convinti che oggi possiamo, e dobbiamo, guardare con più fiducia e ottimismo alla nostra economia ticinese. Con quella fiducia e ottimismo di cui ha bisogno tutto il Paese e con cui ora si guarda, invece, da oltre Gottardo alle potenzialità del Ticino. Come hanno ben messo in luce recenti analisi dedicate al nostro Cantone, la decisione di UBS d’insediare a Manno il suo nuovo polo tecnologico e l’adesione del Ticino alla Greater Zurich Area, la più grande piattaforma svizzera di marketing territoriale. Riconoscimenti che segnalano un forte apprezzamento per l’affidabilità e la solidità della nostra economia, ma che purtroppo non pare siano stati recepiti in Ticino in tutta la loro importanza.

Ritrovate i risultati dello studio BAK Economics direttamente qui.

SÌ alla “Riforma fiscale e sociale”

In vista della votazione cantonale del 29 aprile 2018, la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) raccomanda di votare un chiaro SÌ alla “Riforma fiscale e sociale”.

La Cc-Ti sostiene la Riforma fiscale e sociale, giustamente definita un “patto sociale”, che prevede l’introduzione di un pacchetto a doppia struttura tra misure fiscali e misure sociali a beneficio delle famiglie, dei contribuenti e delle aziende.

Sul piano fiscale, la riforma, in linea con quella che sarà la prossima riforma a livello federale, permetterà di migliorare il posizionamento del nostro Cantone nella classifica nazionale a livello di attrattività fiscale. È un dato di fatto, attualmente il Ticino occupa il 22° posto, grazie a queste misure raggiungerebbe il 16° posto. La concorrenza fiscale intercantonale è al giorno d’oggi innegabile. È necessario quindi andare a consolidare il substrato fiscale, che è poi ciò che permette di garantire il finanziamento delle prestazioni pubbliche.

La riforma si inserisce inoltre nella strategia cantonale a favore delle start-up innovative, il cui obiettivo è quello di rendere il Ticino un luogo attrattivo per la nascita e la crescita di questa categoria di giovani aziende. Le nuove misure fiscali contribuiscono infatti a favorire gli investimenti in questo settore con conseguente creazione di nuovi posti di lavoro qualificati, in particolare per le giovani generazioni.

Per quanto riguarda le misure sociali, è importante sottolineare che saranno assunte interamente dalle aziende.

In una società e in un contesto nazionale e internazionale in costante evoluzione, è primordiale che l’ente pubblico rinnovi il nostro sistema, sia sul piano sociale, che fiscale. La riforma fiscale e sociale permette proprio questo. Non va, inoltre, dimenticato che la riforma è stata approvata da oltre il 70% dei parlamentari, compresa una buona parte della sinistra (e dalla maggior parte degli enti sociali e sindacali).

Per questi motivi, la Cc-Ti raccomanda di sostenere la Riforma fiscale e sociale in votazione il prossimo 29 aprile.

Social media: attenzione a cosa dite!

Facebook, LinkedIn e piattaforme social: attenzione a come vi comportate!

“Un computer su ogni scrivania e uno in ogni casa”: questa era l’idea che ispirava l’attività di Microsoft a metà degli anni ’70.

Ma quando i dipendenti rivelano informazioni sui social network o usano le piattaforme in modo improprio?

In Svizzera, i comportamenti inadeguati dei dipendenti e la criminalità economica sono i principali rischi che devono affrontare le aziende. La quantità di danni causati da casi di frode e abuso raggiunge diversi miliardi. Inoltre, perdita di reputazione e fiducia sono incommensurabili per le aziende.

La legge parla chiaro

Come per i blog, la creazione e l’uso dei social network è una libertà di espressione, ai sensi dell’articolo 16 della Costituzione federale. Tutti hanno il diritto di formulare, esprimere e diffondere liberamente il proprio pensiero.

Nel diritto del lavoro, questa libertà è limitata da alcuni obblighi contrattuali del dipendente nei confronti del suo datore di lavoro.

Calunnie, discorsi diffamatori, offensivi o minacciosi contro l’ambiente di lavoro, i quadri, i colleghi di lavoro e l’azienda, resi pubblici o pubblicati sui social network possono costituire reato penale, punibile quindi ai sensi del codice penale.

Conformemente all’art. 321a cpv. 1 CO, sotto obbligo di fedeltà la legge intende l’obbligo del lavoratore, di salvaguardare con fedeltà gli interessi legittimi del datore di lavoro. L’obbligo di fedeltà è soprattutto un obbligo di non fare: detto in modo semplificato, il lavoratore deve omettere qualsiasi cosa che potrebbe danneggiare economicamente il datore di lavoro.

Correttezza reciproca

Il dovere di diligenza e fedeltà, sancito dall’articolo 321a capoverso 1 del Codice delle obbligazioni, obbliga i dipendenti ad astenersi da qualsiasi comportamento che possa pregiudicare gli interessi legittimi, economici o altro, del proprio datore di lavoro.

Il lavoratore è tenuto ad astenersi assolutamente dal provocare intenzionalmente danno d’immagine e di reputazione al suo datore di lavoro.
Quando si utilizzano i social network, il dipendente deve responsabilizzarsi e astenersi dall’associare il proprio datore di lavoro a commenti, immagini o altro che potrebbero danneggiare la reputazione aziendale, ma anche il personale stesso dell’azienda.

Allo stesso modo, resta inteso che il datore di lavoro è tenuto a proteggere la personalità, la salute e l’integrità personale dei suoi dipendenti. Questo obbligo deriva dalle sezioni 6 della legge sul lavoro e 328 del Codice delle obbligazioni.

Dovere di riservatezza

L’uso dei social network nasconde anche altri rischi, come la divulgazione di informazioni riservate.

Immaginiamo il CEO di un’azienda che s’imbatte sui piani dei suoi nuovi prototipi esposti sulla pagina di LinkedIn del suo manager R&D o un Account Manager che rivela pubblicamente informazioni personali sui clienti del proprio datore di lavoro.
Nel diritto del lavoro, per tutta la durata del contratto, ma anche dopo la fine del rapporto di lavoro, il dipendente è soggetto ad un obbligo di riservatezza (sezione 321a (4) CO).

Deve astenersi dall’utilizzare, rivelare o sottintendere su Internet qualsiasi informazione confidenziale, della quale è venuto a conoscenza durante il suo servizio, a proposito del suo datore di lavoro, sulla produzione, gli affari o sui clienti, ecc. .

Il datore di lavoro può cautelarsi e prendere posizione

Quando il datore di lavoro subisce un danno, può e deve imperativamente esigere la cancellazione definitiva, completa e immediata di tutte le informazioni pubblicate dal dipendente.

Se quest’ultimo non procede alla cancellazione richiesta, il datore di lavoro potrà avvalersi di un’azione legale per la cessazione dell’infrazione (articolo 28a del codice civile).
A seconda della gravità del danno causato al datore di lavoro, queste divulgazioni illecite o improprie di dati possono anche essere un motivo legittimo di licenziamento, anche immediato. L’immediato licenziamento di un manager che denigrava il suo datore di lavoro con i clienti è stato accettato dal Tribunale Federale.

Il controllo dell’utilizzo di Internet e della messaggistica privata è autorizzato quando viene previsto nel regolamento aziendale. Il tipo di controllo eseguito deve, in ogni caso, rispettare il principio di proporzionalità.

Attenzione: Per quanto riguarda la supervisione dei lavoratori, è vietato utilizzare sistemi di controllo progettati per monitorare il comportamento dei dipendenti nel loro lavoro (articolo 26 dell’ordinanza 3 sul diritto del lavoro, di seguito OLT3). Con sistemi di monitoraggio e controllo, si intendono tutti i tipi di dispositivi tecnici (ottici, acustici ed elettronici) atti a registrare e controllare le attività e i comportamenti dei lavoratori.
È consentita una sorveglianza che non abbia scopo di controllo e giudizio sui dipendenti e sul loro lavoro, ma con un obiettivo diverso, come la sicurezza dell’azienda e dei propri collaboratori.

Come comportarsi, come prevenire

Al fine di prevenire gli abusi sui social network il datore di lavoro deve elaborare delle apposite direttive legate all’utilizzo dei canali social network privati e professionali (art 321 d CO.) e inglobarle nel “Regolamento aziendale”, sin dall’inizio del rapporto lavorativo.

Le regole decise dal datore di lavoro devono e possono, di regola, indirizzarsi solo all’ambito professionale del collaboratore e quindi, del suo comportamento all’interno della sfera lavorativa. Solo a titolo eccezionale e per evidenti ragioni correlate al proprio ruolo o ambito lavorativo, il datore di lavoro può prevedere regole che incorporano anche la sfera privata.

Il datore di lavoro può disciplinare un divieto di tutte quelle pubblicazioni che potrebbero lenire la sua reputazione, l’onore, l’immagine propria e quella dei propri collaboratori aziendali. Proibire, senza eccezioni, la divulgazione sotto qualsiasi forma di tutti i dati confidenziali resi noti nell’ambito professionale.

Il datore di lavoro preciserà esplicitamente le sanzioni previste per il collaboratore che viola suddette direttive.

Prevenire meglio che curare – Integrity Management

Purtroppo gli scandali segnano le aziende anche se risolti e accantonati da anni. Le aziende hanno un grande interesse nel prendere rapidamente coscienza dei possibili casi di abuso e nel garantire che le informazioni corrispondenti non siano pubblicate. Più velocemente reagiscono, più basso è il rischio di danni o minore sarà il danno stesso.

Su questo tema, I risultati del “Global Economy Crime Survey 2014” confermano che in Svizzera il 36% dei crimini è stato scoperto a seguito di segnalazioni interne.

La creazione di un sistema indipendente, professionale e anonimo rappresenta quindi una misura efficace in termini di organizzazione al fine di identificare il prima possibile le operazioni discutibili e pericolose nelle aziende.
Negli ultimi 15 anni, molte società attive a livello internazionale hanno istituito questi centri di annunci. Secondo uno studio del 2011, quasi tutte le 20 maggiori società quotate in Svizzera dispongono di un sistema di allarme rapido; la maggior parte consente anche annunci anonimi.

Nel 2013 il Consiglio federale ha presentato al Parlamento proposte di revisione parziale del diritto del lavoro volte a migliorare la protezione dei dipendenti che segnalano abusi. La base giuridica si basa sul principio di una “cascata” di annunci secondo i quali, gli abusi devono prima essere annunciati internamente. Solo quando il datore di lavoro non avrà preso nessuna misura entro 60 giorni o se quanto segnalato e appurato risulta chiaramente insufficiente a chiarire i fatti, sarà reso possibile un annuncio alle autorità esterne.

Riassumiamo e rendiamo attenti

Divulgare informazioni confidenziali, danneggiare l’immagine o ledere in qualsiasi modo all’integrità della propria azienda e al proprio datore di lavoro è considerata una violazione contrattuale grave e il collaboratore può andare in contro a sanzioni che comprendono il licenziamento, il licenziamento in tronco o il perseguimento penale.

Il comportamento scorretto dei dipendenti e il crimine economico costituiscono un rischio considerevole per l’azienda e in Svizzera causano ogni anno miliardi di danni. Un sistema di annunci può essere considerato un importante strumento di gestione e di aiuto per la prevenzione delle azioni dolose degli stakeholder.

Lo spirito vincente nel fare impresa

Internazionalizzazione delle imprese e Swissness sono le due facce di una  stessa medaglia: la costante ricerca della qualità, su tutta la filiera produttiva, che ha reso famoso il “Made in Switzerland” nel mondo. Qualità, innovazione e passione imprenditoriale connotano il “successo svizzero di fare impresa”, a cui sarà dedicata la Giornata dell’export, organizzata dalla Cc-Ti, il 26 aprile al Grand Hotel Villa  Castagnola di Lugano.

La Swissness è qualcosa che va ben  al di là della legge sulla protezione  del marchio elvetico, entrata in vigore nel 2017. È una filosofia aziendale che tende al miglioramento continuo, grazie ad un’attitudine mentale improntata  all’apertura, allo scambio di  competenze ed esperienze e, per  questo, dotata di una spiccata sensibilità  per le mutevoli esigenze del  mercato. È il sapere combinare l’efficacia con l’efficienza, “per fare le cose giuste e farle bene”, come insegnava l’economista Peter Drucker.
Una dimensione del saper fare che con la “Swissness delle menti” investe anche la cultura, la sensibilità e la genialità artistica, di cui è un brillante esempio la fama internazionale di Daniele Finzi Pasca, ospite d’eccezione di questa Giornata dell’export.
Un artista che con la sua compagnia teatrale ha saputo coniugare creatività e imprenditorialità, portando sul palcoscenico del mondo l’estro svizzero. Anche nel campo culturale c’è, dunque, quell’ethos imprenditoriale che ha fatto dello “Swiss made” il sinonimo mondiale di affidabilità, precisione e qualità, che ha portato il nostro Paese ai vertici delle classifiche dell’innovazione e della competitività. Una visione particolare del fare impresa che affonda le sue radici nella storia stessa della Svizzera che, priva di materie prime, ha trovato nella materia grigia, nell’infaticabile sforzo competitivo degli imprenditori, nel loro profondo legame col territorio e con i propri collaboratori, la sua più preziosa risorsa naturale. In un piccolo Paese che vanta una massiccia presenza di multinazionali e un fitto tessuto di PMI, qualità e innovazione nascono spesso dall’ibridazione tra l’industria avanzata e minuscole aziende che hanno conservato quel “saper creare” delle vecchie imprese artigianali, ottenendo così una flessibilità che riesce a calibrarsi con dinamismo sui repentini cambiamenti del mercato. È questa “svizzeritudine” che fa anche da propellente all’internazionalizzazione delle imprese ticinesi e alle loro esportazioni. Ciò ha permesso, negli ultimi anni, al nostro sistema produttivo di reagire tempestivamente alle crisi che riducevano margini di guadagno e quote di mercato, assicurandosi quella qualità che oggi lo ha portato a risultati superiori alla media nazionale e persino a quelli di altri Paesi.
Il Ticino per la sua collocazione geografica di cerniera tra Sud e Nord Europa, per i suoi centri di ricerca di eccellenza mondiale, per l’industria di punta e un 42% di PMI che sono anche aziende esportatrici, ha un’inclinazione naturale verso l’internazionalizzazione della sua economia.

Una vocazione su cui si concentra l’impegno della Cc-Ti che, in collaborazione con Switzerland Global Enterprise (S-GE), sostiene le aziende nella ricerca di nuovi mercati e di nuovi modelli di business. Con gli eventi Paese e le missioni economiche all’estero per far conoscere alle imprese nuovi sbocchi per le esportazioni, con consulenze e percorsi formativi mirati per affrontare anche mercati poco conosciuti. L’export ticinese è in ripresa, con volumi che superano il dato ufficiale dei 6,3 miliardi di franchi all’anno, poiché molte industrie non esportano direttamente, ma da “terzisti” forniscono componenti per prodotti che vengono poi esportati dalle imprese di oltre Gottardo. Le aziende sotto la pressione del franco forte e della recessione che ha investito l’Italia, principale partner commerciale sino a pochi anni fa, hanno saputo diversificare i mercati di riferimento. Se nel 2006 il 22% dell’export era destinato all’Italia, nel 2016 si è scesi al 17%. Oggi il flusso di merci e servizi verso gli altri Paesi europei è salito al 39%, con gli USA ha toccato il 22% e il 16% con l’Asia. Come ricorda Valentina Rossi, Responsabile del Servizio export della Cc-Ti, “la diversificazione dei mercati significa anche più opportunità di business e una nuova crescita imprenditoriale”.

Un contatto diretto con il Servizio Export Cc-Ti
Valentina Rossi, Responsabile del Servizio Export Cc-Ti ed il suo team sono a disposizione per maggiori informazioni.
L’attualità targata Cc-Ti
Leggete le ultime news sui diversi canali: sito web, newsletter, Ticino Business, social media, e sul dépliant delle attività Cc-Ti.

Dazi su acciaio e alluminio negli USA: linee guida per le aziende svizzere

Gli USA hanno reso noto che, a partire dal 23 marzo 2018, sono stati introdotti nel Paese nuovi dazi all’importazione del 25% per determinati prodotti in acciaio e del 10% per determinati prodotti in alluminio. Le importazioni in Canada, Messico e nell’Unione europea sono, per il momento, escluse dai nuovi dazi. Come scrive la Segreteria di Stato dell’economia SECO sul sito web della Confederazione, le aziende con filiali statunitensi possono richiedere l’esenzione.

In linea di principio i nuovi dazi introdotti dagli USA, per ragioni di sicurezza nazionale, riguardano diversi prodotti in acciaio e in alluminio. Ciononostante la Casa Bianca ha incaricato il Ministero del commercio statunitense di sviluppare la procedura per escludere alcuni prodotti dall’applicazione di queste misure. I dettagli della procedura, nonché i formulari sono disponibili sul sito: U.S. Department of Commerce Announces Steel and Aluminium Tariff Exclusion Process.

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Il futuro passa anche dall’export

Una riflessione di Valentina Rossi, Responsabile del Servizio Export Cc-Ti

Gli scambi commerciali sono per l’economia uno dei punti chiave di successo. Le aziende ticinesi sono fortemente orientate all’internazionalizzazione e trovano nella Cc-Ti un partner affidabile su cui contare per sostenere, a diversi livelli, le loro attività.
L’economia svizzera è in crescita, l’export è una delle punte di diamante quale generatore di benessere e ricchezza; realtà confermata anche recentemente da diversi studi, tra cui quello di BAK Economics.
Quale Cc-Ti proponiamo diverse occasioni – declinate in differenti modalità – per sottolineare l’importanza di avere un  territorio ricco di aziende esportatrici. Ricordiamo infatti che gli svizzeri guadagnano due franchi su cinque grazie a un’economia esterna di successo. Nell’approcciare nuovi mercati l’imprenditore ticinese ha un vantaggio competitivo interessante dalla sua parte: possiede la “Swissness” intesa – nella sua più ampia accezione – quale modo di fare impresa. Questo significa essere riconosciuti per qualità, precisione, affidabilità e innovazione. Valori tipicamente svizzeri che sui mercati internazionali fanno sicuramente la differenza. Una solida cultura d’impresa che si contraddistingue per l’apertura e la ricerca del miglioramento è quello che caratterizza le aziende esportatrici ticinesi. Della Swissness e del modo di fare impresa svizzero avremo la possibilità di discuterne giovedì 26 aprile alla tradizionale ‘Giornata dell’export’. Durante la conferenza ospiteremo alcuni imprenditori ticinesi attivi internazionalmente che ci racconteranno la loro esperienza nell’aprirsi a nuovi mercati e a portare nel mondo lo spirito imprenditoriale elvetico. Quest’ultimo si declina nei diversi ambiti, dall’impresa produttrice a quella che offre servizi e prodotti non tangibili ma che celano intrinsecamente il marchio svizzero, come è caso di opere artistiche, quali la creazione di spettacoli e pièces teatrali che permettono la trasmissione di emozioni e messaggi importanti. Proprio per valorizzare anche questo aspetto, la Giornata dell’export ospiterà Daniele Finzi Pasca, artista ticinese riconosciuto internazionalmente e che ha saputo testimoniare la  solidità e la trasversalità del cosiddetto “Swissness delle menti”.
A sottolineare l’importanza dell’export elvetico, la Cc-Ti propone inoltre una trasmissione televisiva nata dalla collaborazione con Teleticino e giunta alla sua terza edizione. Si tratta di ‘Oltre i confini’, in onda dal 17 aprile ogni martedì alle 19.15 durante la quale – tramite brevi interviste a imprenditori ticinesi – emergono le peculiarità dell’economia reale, quella fatta di impresa e di persone che dedicano i propri sforzi a creare benessere e produttività al nostro cantone. Vi aspettiamo, non mancate!