Il controllo dell’export per software, tecnologie e servizi

Per esportare i cosiddetti beni a duplice impiego, che possono essere utilizzati sia per scopi militari sia civili, le aziende devono rispettare i requisiti di legge in materia di controllo delle esportazioni e, in alcuni casi, richiedere licenze di esportazione. Tuttavia, un numero sempre maggiore di imprese esporta software, tecnologie e servizi: queste esportazioni immateriali sono soggette agli stessi controlli delle esportazioni dei beni fisici, ma i trasferimenti di dati tramite cloud e Internet sono molto più difficili da controllare, sia dalle aziende stesse sia parte del legislatore. Inoltre, nella rete, i confini geografici si confondono e non è facile individuare la giurisdizione competente. Come procedere al meglio?

In base al principio della responsabilità individuale, l’azienda deve effettuare le opportune verifiche assicurandosi che la gestione delle offerte e dei servizi digitali avvenga nel rispetto della normativa vigente. Ciò significa essenzialmente di essere in grado di rispondere alle quattro domande “cosa?”, “chi?”, “dove?”, “a che scopo?”:

  • cosa si intende esportare: il software, la tecnologia o il servizio figura in un elenco di beni di cui è limitata o vietata l’esportazione?
  • chi è coinvolto: le parti coinvolte figurano in un elenco di persone fisiche e/o giuridiche sanzionate?
  • dove si vuole esportare: il Paese di destino è sottoposto a sanzioni o embarghi?
  • a che scopo: come viene impiegato il bene (in ambito civile vs. in ambito militare)?

Le sfide del controllo delle esportazioni di tecnologia immateriale sono illustrate più nel dettaglio in una guida realizzata dall’Istituto Svizzero per l’Imprenditoria (SIFE) della Scuola universitaria professionale dei Grigioni nell’ambito di un progetto innosuisse. La guida Exportkontrolle von digitalen Angeboten (PDF, 1 MB, 27.06.2023) è disponibile attualmente solo in lingua tedesca ed è stata pubblicata a fine giugno 2023 anche sul sito web della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), nella pagina dedicata ai moduli e alle istruzioni per l’export di prodotti industriali e beni militari speciali.

Sulla base di un caso pratico, gli autori della guida hanno identificato e analizzato sei aree problematiche, mettendone in evidenza i fattori di influenza e delineando possibili opzioni di intervento, vedi misure di controllo appropriate: la classificazione di tecnologia e software, la ricerca e lo sviluppo, l’erogazione di servizi informatici in rete (cloud computing), l’e-commerce, i servizi intelligenti (smart services) e, infine, la formazione, l’istruzione e l’assistenza al cliente.

Gli autori hanno anche realizzato una checklist, che riunisce le domande chiave da porsi nell’ambito del controllo di esportazioni immateriali. Per praticità le abbiamo tradotte e sono riportate di seguito:

  • i processi sono adeguati alle normative vigenti in materia di controllo delle esportazioni e vengono regolarmente riveduti?
  • tutti i dipendenti coinvolti direttamente o indirettamente nelle attività di esportazione sono sensibilizzati sul controllo delle esportazioni?
  • nella valutazione dei casi aziendali vengono poste le quattro domande chiave “cosa?”, “chi?”, “dove?”, “a che scopo?”?
  • la tecnologia e il software vengono valutati utilizzando le tre fasi di raccolta delle informazioni, classificazione e rischio?
  • vengono prese in considerazione le sanzioni e gli embarghi contro individui, aziende e Paesi per ogni esportazione?
  • la legge statunitense sul controllo delle esportazioni viene presa in considerazione quando si esporta tecnologia o software?
  • viene utilizzata tecnologia statunitense?
  • qual è la percentuale di tecnologia statunitense nella tecnologia o nel software in questione?
  • la tecnologia o il software sono sviluppati da team di sviluppo globali?
  • vengono utilizzati componenti open source nello sviluppo della tecnologia o del software?
  • vengono prese in considerazione le 19 sfide potenziali (vedi pag. 57) quando si esportano offerte immateriali?
  • il software offerto ha una funzione di crittografia?
  • come avviene il trasferimento delle conoscenze relative alla tecnologia, all’utilizzo e agli aggiornamenti della tecnologia o del software?
  • l’accesso ai dati controllati è conforme alle norme di accesso corrette?
  • come si presenta la mappa del server e quali autorizzazioni hanno i vari gruppi di utenti?
  • come avviene l’archiviazione e lo scambio dei dati in azienda?
  • come viene regolato l’accesso all’offerta o all’assortimento nel commercio elettronico?

Link utili:

La vostra prossima formazione in materia di controllo delle esportazioni:
Export control Dual-Use goods, sanctions, embargoes
martedì 11 settembre 2023, in modalità virtuale

11° pacchetto di sanzioni UE alla Russia

L’Unione europea ha adottato l’undicesimo pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia, con nuovi divieti e l’introduzione di un nuovo strumento antielusione.

L’11° pacchetto di sanzioni europee è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale L159I del 23 giugno scorso, entrando in vigore il giorno successivo. Esso si compone di tre regolamenti (2023/1214, 2023/1215, 2023/1216) e due decisioni (2023/1217, 2013/1218), che ampliano le misure precedentemente adottate con nuove restrizioni di carattere soggettivo e merceologico.

Tra queste ultime figurano (elenco non esaustivo):

  • l’ampliamento dell’elenco di beni e tecnologie che possono contribuire al rafforzamento militare e tecnologico della Russia, allo sviluppo del suo settore della difesa e della sicurezza o dei suoi sistemi militari,
  • l’ampliamento dei beni atti a contribuire al rafforzamento delle capacità industriali del Paese;
  • la restrizione all’esportazione di numerosi beni di lusso a prescindere dal loro valore (prima ristretti all’esportazione solo se superavano determinate soglie);
  • limitazioni all’import di nuove categorie di beni siderurgici e di beni che generano introiti significativi per la Russia.

Confindustria ha realizzato una nota informativa con il commento delle principali novità.

La Svizzera ha già ripreso le misure a carattere soggettivo (sanzioni finanziarie e restrizioni di viaggio) e sta lavorando su quelle a carattere merceologico (il Consiglio federale dovrebbe pronunciarsi in merito entro fine agosto). Nell’attesa dell’implementazione elvetica, si possono già segnalare nuovi obblighi per le aziende svizzere che vendono prodotti siderurgici ad aziende europee: infatti, parallelamente alla conferma del divieto di importare o acquistare, a partire dal 30 settembre 2023 (*), direttamente o indirettamente, determinati prodotti siderurgici che sono sottoposti a trasformazione in un Paese terzo e incorporano prodotti siderurgici originari della Russia, è introdotto l’obbligo per l’importatore europeo di presentare, all’atto dell’importazione, la prova attestante il Paese di origine dei fattori produttivi siderurgici impiegati per la trasformazione del prodotto importato (cfr. regolamento (UE) n. 833/2014, art. 3 octies, par. 1, lett. d – modificato dal regolamento (UE) 2023/1214). A partire da tale data, i fornitori svizzeri, e più in generale esteri, saranno quindi chiamati a fornire un documento attestante il non utilizzo di fattori produttivi di origine russa rispettivamente il Paese d’origine degli stessi.

I prodotti siderurgici toccati da questa misura sono identificati con le voci di tariffa seguenti (cfr. Allegato XVII del regolamento 833/2014, modificato da ultimo dal regolamento 2023/1214): 7206, 7207, 7208, 7209, 7210, 7211, 7212, 7213, 7214, 7215, 7216, 7217, 7218, 7219, 7220, 7221, 7222, 7223, 7224, 7225, 7226, 7227, 7228, 7229, 7301, 7302, 7303, 7304, 7305, 7306, 7307, 7308, 7309, 7310, 7311, 7312, 7313, 7314, 7315, 7316, 7317, 7318, 7319, 7320, 7321, 7322, 7323, 7324, 7325, 7326

(*) Il divieto si applica a decorrere dal 1° aprile 2024 per la voce di tariffa 7207.11 e dal 1° ottobre 2024 per le voci 7207.1210 e 7224.90.

L’ultimo pacchetto sanzionatorio europeo vede anche

  • l’aggiunta della Svizzera nell’elenco dei “Paesi partner” dell’UE per quanto riguarda l’adozione di sanzioni nei confronti della Russia e quindi beneficiaria di alcune deroghe ai divieti introdotti dall’UE;
  • l’introduzione di un nuovo strumento antielusione, volto a vietare l’esportazione di specifiche categorie di beni e tecnologie verso determinati Paesi terzi che si dimostrano coinvolti nell’agevolazione dell’elusione delle sanzioni. L’allegato di riferimento, il nr. XXXIII, è attualmente vuoto ed è pensato come rimedio eccezionale e di ultima istanza qualora il dialogo tra l’UE e i Paesi terzi interessati non si rivelasse sufficiente.
  • l’introduzione del divieto di transito (salvo deroghe) – attraverso la Russia e destinati a Paesi terzi – di beni e tecnologie esportati dall’UE che possano contribuire al rafforzamento militare e tecnologico o allo sviluppo del settore della difesa o della sicurezza della Russia, così come di beni e tecnologie per uso nell’aviazione o nell’industria spaziale nonché́ di carboturbi e additivi per carburanti esportati. Nello specifico, è vietato il transito dei beni elencati negli allegati VII, XI e XX.

Altri link utili:
Russia: sanzioni e obblighi (aggiornamento) – Cc-Ti

In vigore il nuovo regolamento UE sulle macchine

Pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 29 giugno scorso, il nuovo regolamento europeo sulle macchine è ora entrato in vigore. Produttori, importatori e distributori di macchine avranno tempo fino a metà gennaio 2027 per conformarsi ai nuovi requisiti.

Nello specifico, il regolamento 2023/1230/UE relativo alle macchine (PDF) abrogherà la Direttiva macchine 2006/42/CE con effetto il 14 gennaio 2027 e sarà direttamente applicabile negli Stati membri: pertanto, a partire da tale data potranno essere immessi sul mercato unicamente i prodotti che soddisfano i requisiti della nuova regolamentazione.

Il regolamento 2023/1230/UE stabilisce i requisiti di sicurezza e di tutela della salute per la progettazione e la costruzione di macchine, prodotti correlati e quasi-macchine al fine di consentire la loro messa a disposizione sul mercato o la loro messa in servizio, garantendo al contempo un livello elevato di tutela della salute e di sicurezza delle persone, in particolare dei consumatori e degli utilizzatori professionali, e, ove opportuno, degli animali domestici nonché di tutela dei beni e, se del caso, dell’ambiente.

Tra le novità introdotte dal regolamento rispetto alla direttiva macchine si possono citare:

  • l’introduzione delle figure dell’importatore e del distributore, in aggiunta a quella del fabbricante, e la precisazione dei loro obblighi;
  • l’applicabilità del regolamento non solo alle macchine nuove, ma anche ai prodotti che hanno subito “modifiche sostanziali (effettuate con mezzi fisici o digitali dopo l’immissione sul mercato o la messa in servizio, non previste o pianificate dal fabbricante, che influenzano la sicurezza creando pericoli o aumentando il rischio esistente così da richiedere ripari, misure o dispositivi di protezione aggiuntivi), alle componenti digitali (compresi i software), ai sistemi che utilizzano tecnologie di intelligenza artificiale;
  • il software che svolge funzioni di sicurezza è inteso come componente di sicurezza e come tale, se immesso sul mercato separatamente, deve sottostare alla marcatura CE; se utilizzato per la cybersecurity (incl. protezione contro la corruzione) deve essere munito di adeguata certificazione;
  • la dichiarazione CE di conformità diventa dichiarazione di conformità UE e deve riunire/menzionare tutti gli atti giuridici dell’UE applicabili al prodotto;
  • l’elenco dei prodotti ad alto rischio di cui all’allegato IV della direttiva 2006/42/CE è rimasto invariato, se non per l’aggiunta dei componenti di sicurezza con comportamento autoevolutivo e le macchine che incorporano sistemi con comportamento autoevolutivo, e figura ora nell’allegato I;
  • le istruzioni e altra documentazione pertinente possono essere forniti in formato digitale, in tal caso sarà necessario indicare sulla macchina o sul prodotto correlato (o eventualmente sull’imballaggio o su un documento di accompagnamento) come accedervi e presentarle in un formato che possa essere scaricato e stampato o salvato su un dispositivo elettronico, così come metterle a disposizione online durante il ciclo di vita previsto della macchina e per almeno 10 anni dall’immissione sul mercato della stessa o, se richiesto al momento dell’acquisto, fornirle gratuitamente in formato cartaceo entro un mese.

I certificati di esame CE del tipo rilasciati conformemente alla direttiva 2006/42/CE rimangono validi fino alla loro scadenza.

Nel caso di macchine o prodotti provenienti da Stati terzi, l’importatore è tenuto a garantire la loro conformità ai requisiti del regolamento macchine. Nella fattispecie, deve assicurarsi che siano state eseguite le procedure di valutazione della conformità, che la marcatura CE sia apposta e che la documentazione tecnica sia predisposta. Deve altresì tenere copia della dichiarazione di conformità UE a disposizione delle autorità di vigilanza del mercato per almeno 10 anni. Le sue coordinate (denominazione commerciale, marchi, indirizzo postale, sito internet, indirizzo di posta elettronica…) devono figurare sulla macchina o sul prodotto oppure sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento.

Il vostro contatto in Cc-Ti per ulteriori ragguagli:
Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35,
zurfluh@cc-ti.ch

Entrata in vigore del nuovo Accordo Svizzera-Italia sulla fiscalità dei frontalieri

INFORMATIVA

In questi giorni è avvenuta la formale notifica da Roma a Berna necessaria all’entrata in vigore del nuovo Accordo firmato dalla Svizzera con l’Italia sulla fiscalità dei frontalieri.

Di conseguenza, come comunicato dalle autorità federali, il nuovo Accordo è entrato in vigore il 17 luglio 2023.

Ciò significa che a partire dal 18 luglio 2023 ogni persona che richiedesse il permesso G dal punto di vista fiscale verrà imposta in base al nuovo regime, che verrà applicato dal 1° gennaio 2024.
 
Qui trovate ulteriori informazioni.



Cina: il sistema delle apostille si applicherà dal 7 novembre

Con l’adesione della Cina alla Convenzione dell’Aja sulle apostille, dal 7 dicembre 2022 i documenti pubblici non dovranno più essere legalizzati presso la rappresentanza del Paese bensì apostillati.

Di regola, i documenti pubblici civili e commerciali emessi in un Paese (es. atto notarile, estratto del casellario giudiziale, estratto del registro di commercio) non sono esecutivi/applicabili in un secondo Paese se prima non sono stati autenticati – o “legalizzati” – dalla rappresentanza diplomatico-consolare di questo Paese. La “Convenzione che sopprime la legalizzazione degli atti pubblici esteri”, più comunemente nota come “Convenzione dell’Aja sulle Apostille” riduce la procedura di autenticazione dei documenti stranieri pubblici ad una sola formalità: l’emissione di una postilla (o “apostille”) da parte di un’autorità nello Stato nel quale l’atto pubblico è stato rilasciato. In Ticino l’autorità di riferimento è la Cancelleria dello Stato, per il tramite del Servizio di accoglienza e d’ordine; per gli altri Cantoni vedasi l’elenco delle autorità cantonali (pdf).

Lo scorso 8 marzo 2023 l’ambasciatore cinese nei Paesi Bassi ha presentato lo strumento di adesione della Cina alla Convenzione dell’Aja sulle Apostille, che entrerà in vigore il 7 novembre 2023: a partire da tale data i documenti ufficiali non dovranno più essere legalizzati, bensì apostillati.

La Svizzera ha aderito alla Convenzione dell’Aja nel 1973. All’adesione della Cina a novembre 2023 seguirà quella del Canada a gennaio 2024. Il numero di Stati contrenti la Convenzione salirà così a 125. L’elenco completo è visionabile qui.

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Sicurezza generale dei prodotti: nuovo regolamento UE

L’UE si è dotata di un nuovo regolamento sulla sicurezza generale dei prodotti. Entrato in vigore il 12 giugno 2023, esso si applicherà a decorrere dal 13 dicembre 2024 abrogando di fatto la direttiva attualmente in vigore in materia (2001/95/CE).

Il nuovo Regolamento UE 2023/988 relativo alla sicurezza generale dei prodotti modifica il regolamento (UE) n. 1025/2012 e la direttiva (UE) 2020/1828 e abroga le direttive 2001/95/CE e 87/357/CEE. Gli Stati membri avranno 18 mesi di tempo per attuare le nuove norme sulla sicurezza generale dei prodotti.

Va innanzitutto detto che il regolamento si applicherà ai prodotti non sottoposti a disposizioni specifiche UE in materia di sicurezza dei prodotti (prodotti non armonizzati). Per quanto riguarda i prodotti soggetti a requisiti di sicurezza prescritti dall’UE (prodotti armonizzati), esso esplicherà i suoi effetti unicamente sugli aspetti e i rischi o categorie di rischi non soggetti a tali requisiti.

Il regolamento non si applicherà a:

  • i medicinali per uso umano o veterinario
  • gli alimenti
  • i mangimi
  • le piante e gli animali vivi, gli organismi geneticamente modificati, i microorganismi geneticamente modificati a impiego confinato, i prodotti di piante ed animali collegati direttamente alla loro futura riproduzione
  • i sottoprodotti e i prodotti derivati di origine animale
  • i prodotti fitosanitari
  • le attrezzature su cui i consumatori circolano o viaggiano se tali attrezzature sono gestite direttamente da un prestatore di servizi nel contesto della prestazione di un servizio di trasporto e non sono gestite dai consumatori stessi
  • gli aeromobili
  • gli oggetti d’antiquariato.

Per quanto riguarda lo stato dei prodotti: il regolamento si applicherà sia ai nuovi prodotti sia ai prodotti usati, riparati o ricondizionati immessi o messi a disposizione sul mercato.

Tra le novità introdotte dal regolamento UE 2023/988 rispetto alla direttiva 2001/95/CE si possono citare:

  • l’estensione della definizione di prodotto a “qualsiasi articolo, interconnesso o meno ad altri articoli”
  • maggiori obblighi per gli operatori economici (fabbricante, importatore, distributore)
  • maggiori poteri alle autorità di vigilanza del mercato
  • obblighi chiari per i marketplace online.

I marketplace online dovranno registrarsi sul portale “Safety Gate”, il sistema di allarme rapido per i prodotti pericolosi (ex RAPEX). Essi dovranno anche designare un punto di contatto unico per le comunicazioni ai consumatori e per la comunicazione con le autorità di vigilanza del mercato degli Stati membri ed ogni altra autorità competente in relazione alla sicurezza dei prodotti, in particolare per quanto riguarda la notifica di ordini di rimozione di prodotti pericolosi. Le autorità di vigilanza del mercato potranno imporre ai marketplace online di rimuovere i prodotti pericolosi dalle loro piattaforme o di disabilitarne l’accesso

In caso di richiamo di un prodotto, i consumatori avranno diritto alla riparazione, sostituzione o al rimborso, e potranno scegliere tra almeno due di queste opzioni.

Agli operatori economici incomberà l’obbligo di immettere o mettere a disposizione sul mercato solo prodotti sicuri e a tale scopo di effettuare un’analisi interna dei rischi e redigere una documentazione tecnica contenente almeno una descrizione generale del prodotto e delle sue caratteristiche essenziali pertinenti per valutarne la sicurezza. Essi dovranno anche avere una persona responsabile dei prodotti venduti online e offline che garantisca la disponibilità di documentazione tecnica (aggiornata e tenuta a disposizione delle autorità di vigilanza del mercato per un periodo di 10 anni dalla data in cui il prodotto è immesso sul mercato), istruzioni e informazioni sulla sicurezza.

I fabbricanti garantiranno che sui loro prodotti sia apposto un numero di tipo, lotto, serie o altro elemento, che ne consenta l’identificazione e che sia facilmente visibile e leggibile per i consumatori, oppure, se le dimensioni o la natura del prodotto non lo consentiranno, che le informazioni prescritte siano riportate sull’imballaggio o su un documento di accompagnamento del prodotto.

I prodotti provenienti da paesi non UE potranno essere immessi sul mercato unionale solo se un operatore economico stabilito nell’UE si assume la responsabilità della loro sicurezza.


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Servizi digitali e a distanza in Egitto: nuovi obblighi IVA per i fornitori non residenti

Tramite decreto ministeriale, l’Egitto ha introdotto nuove linee guida relative all’IVA per i servizi digitali e altri servizi a distanza prestati da fornitori non residenti a clienti egiziani.

Tramite Decreto ministeriale n. 160 per l’anno 2023 (in arabo), a fine marzo 2023 il Ministero delle finanze egiziano (MoF) ha introdotto nuove linee guida per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) ai servizi digitali e ad altri servizi a distanza forniti da non residenti. Secondo quanto comunicato dall’Autorità fiscale egiziana (Egyptian Tax Authority, ETA), le linee guida (in inglese) delineano gli obblighi in materia di IVA per i venditori non residenti che forniscono servizi digitali e a distanza a clienti commerciali e privati in Egitto attraverso varie piattaforme, tra cui siti web, negozi di social media e applicazioni. Le linee guida sono entrate in vigore il 22 giugno 2023.

Tutti i fornitori stranieri che forniscono servizi digitali e a distanza a clienti in Egitto devono pagare l’IVA in Egitto. Per servizi a distanza si intendono tutti i servizi per i quali non è necessario un collegamento tra la sede fisica del destinatario e il luogo di esecuzione fisica. Ciò include servizi quali la fornitura di contenuti digitali, la fornitura online di giochi, applicazioni, software, progettazione di siti web e servizi editoriali, nonché servizi legali, contabili o di consulenza. Per contro, la prenotazione di servizi alberghieri, i servizi di ristorazione, di catering, di fisioterapia e i servizi di trasporto passeggeri non rientrano nella definizione di servizi a distanza.

È operata una distinzione tra i servizi forniti a contribuenti registrati (B2B) e quelli forniti a consumatori non registrati (B2C):

  • nel primo caso si applica il meccanismo del reverse charge (inversione contabile), dove la società cliente egiziana è debitrice dell’IVA;
  • nel secondo caso, gli obblighi in materia di IVA variano a seconda che i servizi a distanza siano resi tramite il portale o l’applicazione del venditore non residente o tramite una piattaforma di distribuzione elettronica (EDP). Se il fornitore straniero fornisce i servizi tramite il proprio portale o la propria applicazione, dovrà assoggettarsi all’IVA e metterla in fattura; se invece li fornisce tramite una piattaforma elettronica di distribuzione (EPD), allora sarà quest’ultima a doversi registrare e applicare l’IVA.

L’aliquota IVA standard è del 14%. Tuttavia, per i servizi professionali e di consulenza si applica un’aliquota IVA ridotta del 10%.

La registrazione ai fini dell’IVA avviene nell’ambito del “meccanismo di registrazione semplificato” creando un account sul sito web dell’ETA (cfr istruzioni per la creazione di un account. La soglia di fatturato per la registrazione semplificata è di 500’000 sterline egiziane su un periodo di 12 mesi, salvo per i servizi professionali e di consulenza: in questo caso la registrazione è obbligatoria indipendentemente dal fatturato. Una volta registrati, i fornitori di servizi e le EDP non residenti possono presentare dichiarazioni semplificate e pagare l’IVA dovuta. Se cessano di svolgere attività imponibili in Egitto possono richiedere la cancellazione della registrazione.


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Stipulato l’accordo di libero scambio con la Moldova

Il 27 giugno 2023 il consigliere federale Guy Parmelin ha firmato a nome della Svizzera l’accordo tra gli Stati dell’AELS e la Repubblica di Moldova. La Svizzera prosegue così la sua collaudata politica liberoscambista, rafforzando la competitività della sua economia.

Con la conclusione dell’ALS con Moldova la Svizzera prosegue la sua collaudata politica liberoscambista, rafforzando così la competitività dell’economia svizzera. In parallelo proseguono anche il sostegno alle riforme economiche e l’integrazione della Moldova nelle strutture della cooperazione economica a livello europeo e internazionale.

Il volume degli scambi commerciali tra la Svizzera e la Moldova (oltre 50 milioni di franchi nel 2022) racchiude un ulteriore potenziale di sviluppo. Ora però l’ALS assicura un ampio accesso al mercato, migliorando il quadro giuridico e la capacità di pianificazione degli operatori economici svizzeri.

Fonte: DEFR – Comunicato stampa

Proprietà intellettuale e sostenibilità

L’idea di sviluppo sostenibile, per sua natura intrinseca, essendo un concetto estremamente complesso e sfaccettato, ha riflessi anche nell’ambito dei diritti di proprietà intellettuale, spingendo la loro evoluzione verso una sempre maggiore ecocompatibilità delle opere dell’ingegno.

L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, in modo molto ambizioso, ha fissato ben 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (per un maggiore approfondimento in proposito si rimanda qui), annoverando obiettivi solo apparentemente eterogenei, volti a plasmare una maggiore responsabilità e attenzione in termini sociali, ambientali ed economici; tali propositi, nei fatti, sono collegati tra di loro da un fil rouge che li annoda gli uni agli altri a doppio filo, nell’ottica di operare in maniera resiliente con l’ecosistema del pianeta.

In questo grande, grandissimo disegno, tutti gli attori (che potremmo definire anche stakeholder, nel senso più ampio ed inclusivo di portatori, responsabili e consapevoli, di interessi coinvolti nelle più variegate iniziative o progetti), dalle aziende più grandi alle microimprese, consumatori finali inclusi ovviamente – che dispongono di un potere formidabile quando determinati obiettivi vengono compresi e fatti propri – possono non solo fare la loro parte, bensì contribuire in modo determinante diffondendo comportamenti e stili sostenibili.

Ma cosa è, e cosa significa in termini pratici la sostenibilità? E che rapporto ha tale idea con la proprietà intellettuale (l’insieme dei diritti legali volti ad assicurare la tutela delle creazioni delle mente umana in campo scientifico, industriale e artistico), di cui sia privati che aziende possono essere titolari?

In primis, per cercare di dare una risposta più compiuta possibile al primo quesito che ci poniamo, è più corretto declinare il concetto di sostenibilità nei diversi modi in cui essa si può concretare; si può parlare, infatti, di Sostenibilità ambientale (responsabilità di utilizzo delle risorse), di Sostenibilità economica (capacità di generare reddito e lavoro) e di Sostenibilità sociale (sicurezza, salute, giustizia e ricchezza).

L’idea di sostenibilità, ovvero parlare di sviluppo sostenibile, è un concetto che ha una natura complessa, con diverse interpretazioni che dipendono anche dai diversi periodici storici; tuttavia, la definizione universalmente riconosciuta risale al 1987 e si trova nel cosiddetto Rapporto Brundtland (un documento prodotto dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, istituita da una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, presieduta dalla politica e medica norvegese Gro Harlem Brundtland) – dal titolo “Our common future” – il quale pone l’attenzione sui principi di equità intergenerazionale e intragenerazionale. Il rapporto identifica per la prima volta la sostenibilità come la condizione di uno sviluppo in grado di “assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.

Già, riuscire a soddisfare integralmente i propri bisogni economici e sociali, ma senza compromettere le generazioni future o complicare la loro esistenza e, nondimeno, senza sfruttare in modo scriteriato ed irresponsabile l’ecosistema terrestre, anzi, assecondare le ancestrali regole che lo governano da migliaia di anni.

Apparentemente, tutti noi accettiamo una sfida immane, di proporzioni ciclopiche, la quale tuttavia va affrontata scomponendo i vari problemi (prendendo spunto dal metodo scientifico), decostruendoli in maniera da tale da perseguire una demoltiplicazione ed un contenimento, ed al contempo di comprendere meglio i singoli meccanismi e le situazioni all’origine dei cambiamenti, che oggi non è più possibile ignorare o, ancor peggio, minimizzare o negare.

Certamente, una risposta alla seconda domanda che ci si era posti, ovvero che correlazione c’è tra proprietà intellettuale e sostenibilità, è data dal fatto che una protezione adeguata ed aggiornata delle diverse opere dell’ingegno funge da volano per l’innovazione. In questo modo si stimolano gli investimenti virtuosi, volti a migliorare la gestione delle risorse e le condizioni quadro complessive che hanno un diretto impatto sulle attività umane e sull’ambiente; si pongono infatti le premesse per un ciclo di rinnovamento non soltanto efficiente, ma anche sostenibile, sul modello della triplice suddivisione del concetto di sostenibilità descritto in precedenza.

Il recente studio “Green EU trade marks” condotto dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), pubblicato nel febbraio 2023 (quale aggiornamento di un precedente lavoro pubblicato nel 2021), ha voluto verificare e valutare se la maggiore attenzione tra il pubblico dei titolari di domande/registrazioni di marchi europei, tra i responsabili delle politiche per i cambiamenti climatici e il degrado ambientale, si rispecchiasse nelle domande/registrazioni di marchio dell’Unione europea.

Tale studio (svolto tramite un algoritmo espressamente sviluppato a tale scopo), finalizzato a tracciare domande/registrazioni di marchio dell’Unione europea che, a livello merceologico, rivendicano prodotti/servizi dotati di caratteristiche di sostenibilità o legati alla protezione dell’ambiente (le macro categorie investigate sono state le seguenti: produzione di energia, trasporti, conservazione dell’energia, riuso/riciclo di prodotti, controllo dell’inquinamento, gestione dei rifiuti, agricoltura, consapevolezza ambientale e cambiamento climatico), ha rilevato come vi sia un interesse cresciuto esponenzialmente negli anni verso prodotti/servizi ad alto contenuto “verde”; basti un solo dato, nel 1996, il primo anno di operatività dell’EUIPO, i marchi europei cosiddetti “green” ammontavano a 1’588 unità, venticinque anni dopo, nel solo anno 2021, il numero degli stessi marchi “green” ha raggiunto la ragguardevole cifra di quasi 19’000 unità.

Il trend di interesse non si è dimostrato da meno anche nel campo dei brevetti d’invenzione; nel 2013 l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (WIPO), che ha sede a Ginevra, ha lanciato la piattaforma WIPO GREEN, un marketplace globale nato per agevolare lo scambio e la diffusione di tecnologie sostenibili, che mette a disposizione dati, servizi di network ed esempi di progetti concretamente applicati, monitorati, e che si sono evoluti nel tempo; anche per quanto riguarda le tecnologie brevettate, si ritorna a parlare di sostenibilità, in quanto il capito 34 della Agenda 21 (il programma di azione della Nazioni Unite adottato a conclusione della conferenza di Rio de Janeiro nel 1992), definisce come “green technologies” le tecnologie che: “proteggono l’ambiente, sono meno inquinanti, utilizzano tutte le risorse in modo più sostenibile, riciclano una quantità maggiore di rifiuti e prodotti e gestiscono i rifiuti residui in modo più accettabile rispetto alle tecnologie che sostituiscono”.

A conclusione di questa breve galoppata attraverso un tema, quello della sostenibilità, che è trasversale a tantissimi ambiti, ivi incluso quello della proprietà intellettuale, e che sarà fondamentale per superare le cosiddette sfide globali (basti pensare, fra le diverse tematiche attuali, alla gestione delle risorse idriche o all’agricoltura di precisione, che possono essere validamente coadiuvate dallo studio e dallo sviluppo di tecnologie innovative guidate da modelli meteorologici e climatologici), si nota come il ciclo di sviluppo delle opere dell’ingegno assomigli sempre più ai cicli osservabili nella natura, un processo in continuo divenire, solo apparentemente statico, sempre alla ricerca del perfezionamento meritevole di vincere la sfida del progresso.


Articolo a cura di Hermann Padovani, M. ZARDI & Co. S.A., info@zardi.ch, www.zardi.ch

Regali a partner commerciali esteri

Nell’era della globalizzazione e dei flussi di merci globali, quasi nessuno pensa al fatto che spedire per posta un regalo ad un partner commerciale estero o metterlo nel proprio bagaglio in occasione di un viaggio d’affari potrebbe causare problemi in dogana. Informatevi per tempo!

Non tutti i Paesi hanno regole specifiche ai regali, che spesso devono quindi essere sdoganati come normali merci commerciali, con relativo iter burocratico e dispendio di tempo. La situazione può persino diventare spiacevole se, nel caso dell’invio di un pacco, il destinatario è costretto a sbrigare personalmente le formalità doganali e pagare dei dazi all’importazione. Da ultimo, ma non meno importante, nella scelta di un regalo appropriato e rispettoso è opportuno tener conto anche di eventuali aspetti culturali.

La Camera di commercio e dell’industria di Heilbronn-Franken in collaborazione con le Camere di commercio tedesche all’estero (AHK) ha riunito sul suo sito web le normative doganali e le peculiarità culturali da rispettare in oltre una trentina di Paesi per quanto attiene all’invio o alla presa con sé di regali commerciali all’estero. Le informazioni, chiare e concise, sono disponibili in tedesco o tedesco/inglese (ma facilmente traducibili tramite traduttore automatico) alla seguente pagina: Geschenke über die Grenze – IHK Heilbronn-Franken