Glitter addio (in parte)

Il 17 ottobre 2023, nell’Unione europea è entrato in vigore il regolamento 2055/2023 che modifica il regolamento REACH limitando l’uso di microparticelle di polimeri sintetiche.

Il Regolamento (UE) 2055/2023, entrato in vigore il 17 ottobre scorso, ha modificato l’allegato XVII del Regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH) aggiungendo una nuova voce (la 78) e due nuove appendici (la 15 e 16), che limitano le microparticelle di polimeri sintetici (microplastiche), indicando le regole per dimostrare la degradabilità e la solubilità dei polimeri.

La nuova normativa vieta progressivamente la vendita di microplastiche in quanto tali e di prodotti che le contengono intenzionalmente e che le liberano quando utilizzati. Costituite da frammenti di plastica di dimensioni estremamente ridotte, tra le microplastiche rientrano glitter, brillantini e microsfere incorporati in prodotti quali ad esempio le superfici sportive artificiali, i cosmetici, i detersivi o anche i giocattoli.

La restrizione riguarda tutte le particelle di polimeri sintetici aggiunte intenzionalmente ai prodotti, di dimensioni inferiori a 5mm, inorganiche, insolubili e resistenti alla biodegradazione. La nuova regolamentazione specifica altresì che esse non devono essere immesse sul mercato come sostanze in sé o, se le microparticelle polimeriche sintetiche sono presenti per conferire una caratteristica ricercata, in miscele in una concentrazione pari o superiore allo 0,01% in peso.

Sono invece esclusi dal divieto i prodotti che contengono microplastiche ma non le rilasciano durante l’impiego (come i materiali da costruzione), i prodotti utilizzati nei siti industriali, i prodotti già regolamentate da altre normative europee (alimenti, mangimi, farmaci) e i prodotti in cui le microplastiche non sono state aggiunte di proposito ma sono presenti involontariamente (fanghi, compost).

Sono previste specifiche deroghe a tali restrizioni, dettagliate nel testo del regolamento. La Commissione ha altresì già pubblicato alcuni chiarimenti ed entro fine anno metterà a disposizione anche un documento di Q&A.

Danimarca: nuovo regolamento sugli imballaggi

La normativa sulla responsabilità estesa del produttore per la filiera degli imballaggi sarà pienamente operativa in Danimarca a partire dal 1° gennaio 2025. Tuttavia, l’obbligo di registrare e stimare le quantità di imballaggi immessi sul mercato sussisterà già a partire da gennaio 2024.

L’obbligo di registrazione incombe alle aziende che immettono per la prima volta imballaggi sul mercato danese. Oltre ai produttori danesi, la misura tocca quindi anche gli importatori, gli acquirenti-riempitori di imballaggi vuoti e i commercianti online stranieri. Le aziende che non dispongono di un numero di partita IVA danese devono nominare un rappresentante autorizzato in loco.

La registrazione va effettuata entro il 31 marzo 2024 presso il Registro dei produttori DPA (Dansk Producentansvar) tramite un sistema collettivo, indicando le categorie di imballaggio e la tipologia di materiale e specificando i quantitativi di imballaggi (in kg) che si prevede di immettere sul mercato danese nel 2024.

Il commercio con l’estero richiede misure rafforzate di dovuta diligenza

Le tensioni geopolitiche e le nuove alleanze tra Stati che ne derivano mettono a dura prova le aziende ticinesi, che si trovano ad operare in un contesto poco trasparente e sempre più complesso. Urge per loro dotarsi di misure rigorose di due diligence per evitare il coinvolgimento, anche involontario, in pratiche di elusione.

Diverse nazioni, tra cui la Svizzera, hanno imposto misure restrittive senza precedenti in risposta alla guerra della Russia contro l’Ucraina. Le esportazioni di determinati prodotti verso alcuni Paesi dell’Asia centrale sono aumentate notevolmente, alimentando il sospetto dell’aggiramento – volontario o involontario – delle sanzioni. Dal canto suo, la Russia ha messo in atto sistemi e tecniche sempre più elaborati per aggirare queste misure e dotarsi dei beni di cui necessita. Questo è un esempio pratico del quadro generale in cui sta attualmente operando buona parte delle aziende del nostro territorio attive a livello internazionale. In un contesto sanzionatorio e commerciale sempre più complesso, la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti) si preme di sensibilizzare gli attori in gioco in materia di due diligence rafforzata.

Violare le sanzioni, anche inconsapevolmente, può avere conseguenze gravi, tra cui multe, perdita di reputazione e restrizioni commerciali. Tuttavia, non è semplice districarsi tra le leggi e i regolamenti in vigore.

All’interno delle catene del valore, oggigiorno globali, il “solo” saper comprendere e gestire i confini dei regolamenti sanzionatori rappresenta una sfida pratica non da poco. La complessità di tali catene rende oggi la due diligence un passaggio cruciale per garantire la conformità. Vediamo perché:

  • interconnessione globale: le catene del valore globali coinvolgono spesso numerose aziende, fornitori e partner in tutto il mondo. Questa interconnessione può rendere difficile tracciare l’origine di tutti i componenti e i flussi finanziari all’interno di una catena del valore, il che aumenta il rischio di violazioni delle sanzioni;
  • responsabilità condivisa: le aziende coinvolte in catene del valore globali sono spesso responsabili congiuntamente per le azioni all’interno della catena. Pertanto, se una parte della catena viola le sanzioni internazionali, le altre parti potrebbero essere coinvolte o potrebbero trarne vantaggio involontariamente;
  • sanzioni in evoluzione: le sanzioni internazionali possono cambiare nel tempo e possono variare da paese a paese. Mantenere una due diligence costante e aggiornata è essenziale per essere consapevoli delle nuove restrizioni o dei cambiamenti nelle regolamentazioni;
  • rischio di reputazione: le aziende che ignorano le sanzioni internazionali o che sono coinvolte in violazioni rischiano di subire danni significativi alla loro reputazione. La due diligence aiuta a evitare queste situazioni, proteggendo l’immagine e il marchio dell’azienda;
  • rischio legale ed economico: le violazioni delle sanzioni internazionali possono comportare gravi conseguenze legali ed economiche, tra cui multe e restrizioni commerciali. La due diligence può aiutare a mitigare questi rischi attraverso l’identificazione e la gestione dei potenziali problemi.

Che si tratti di operare all’interno di catene del valore globali o di effettuare delle “semplici” operazioni di importazione o di esportazione, spetta a ciascuna azienda sviluppare, implementare e aggiornare regolarmente un programma di conformità alle sanzioni che rifletta il loro modello di business, le aree geografiche in cui operano, le specificità e la valutazione dei rischi relativi a clienti e partner commerciali e, se del caso, al personale. È però anche vero che la proliferazione e la complessità delle sanzioni internazionali (talvolta anche di portata extraterritoriale) evidenzia sempre più come i programmi interni di conformità alle sanzioni spesso si limitino all’azione di far passare i nomi dei potenziali partner commerciali in motori di ricerca automatici o nelle banche dati governative. Tutto ciò, oggi come oggi, non è più sufficiente: per affrontare con successo le nuove sfide, le aziende coinvolte nel commercio internazionale dovrebbero implementare processi rigorosi di due diligence, che includano non solo la verifica di clienti e partner commerciali, ma anche il monitoraggio costante e completo delle transazioni finanziarie e commerciali, riducendo così il rischio, anche involontario, di favorire operazioni illecite: richieste inattese di beni sensibili provenienti da aziende (neocostituite) con sede in Paesi facilitatori di meccanismi di elusione delle sanzioni, schemi finanziari complessi e ingiustificati, mezzi di trasporto o percorsi inusuali o ancora una documentazione non conforme dovrebbero infatti far scattare immediatamente un campanello di allarme (nel gergo “red flags”).

È in questo senso che si esprime la Commissione europea in una nota di orientamento per gli operatori comunitari pubblicata ad inizio settembre sul suo sito web e volta a fornire linee guida sulla due diligence da adottare al fine di individuare, valutare e tutelarsi da possibili rischi di elusione delle sanzioni. Una nota che può certamente servire anche alle aziende ticinesi. La Cc-Ti è a disposizione per continuare a supportare le aziende del territorio a operare sui mercati internazionali con coscienza di causa.

Link utili:
Guidance for EU operators: implementing enhanced due diligence to shield against Russia sanctions circumvention (PDF, settembre 2023)

Convenzione PEM riveduta: norme transitorie per Bosnia-Erzegovina

Nell’ambito dell’accordo di libero scambio tra l’AELS e la Bosnia-Erzegovina, le regole di origine transitorie sono state introdotte con effetto retroattivo dal 1° settembre 2023.

Tramite circolare R-30 (PDF) del 1° ottobre 2023, l’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) comunica l’applicazione retroattiva delle norme transitorie a partire dal 1° settembre 2023 e istruisce in merito al possibile riesame delle importazioni dalla Bosnia-Erzegovina a partire da tale data, con l’eventuale rimborso dei dazi all’importazione.

Nel quadro del sistema di cumulo paneuromediterraneo dell’origine (Convenzione PEM), vige un cumulo diagonale tra la Svizzera/AELS e molti Paesi del libero scambio. La recente revisione della Convenzione, tuttavia, non ha fatto l’unanimità: se alcuni Stati rifiutano ancora il testo, altri hanno invece deciso di applicare transitoriamente su base bilaterale le regole rivedute. La Matrix Euro-Med (PDF) dell’UDSC illustra quali accordi di libero scambio consentono il cumulo con l’applicazione delle norme transitorie. Per quanto riguarda la Svizzera, le norme transitorie si applicano già ai seguenti accordi:

  • Svizzera-Unione europea (dal 01.09.2021)
  • Associazione europea di libero scambio (AELS) (dal 01.11.2021)
  • AELS-Albania e AELS-Serbia (dal 01.01.2022)
  • AELS-Macedonia e AELS-Montenegro (dal 01.04.2022)
  • NOVITÀ: AELS-Bosnia ed Erzegovina (dal 01.09.2023).

Per ulteriori ragguagli sull’origine preferenziale (definizione di prodotto originario, regole d’origine, cumulo, prove) si invita a consultare il dossier Cc-Ti dedicato all’Origine preferenziale o a contattare il servizio Commercio internazionale.

Altri link utili:
https://www.cc-ti.ch/abolizione-dazi-industriali-cosa-significa-concretamente/

Abolizione dei dazi industriali: cosa significa concretamente

Tra poco meno di tre mesi, il 1° gennaio 2024, la Svizzera abolirà i dazi sui prodotti industriali e allo stesso tempo snellirà la sua tariffa doganale. A partire da tale data i prodotti industriali potranno essere importati in franchigia doganale anche senza prova dell’origine preferenziale. In alcuni casi, tuttavia, tale prova dovrà comunque essere richiesta e presentata.

A partire dal 1° gennaio 2024, la Svizzera abolirà i dazi sui prodotti industriali. Questa novità interessa quasi tutte le merci dei capitoli 25-97 della tariffa doganale (Tares), ad esclusione di alcuni prodotti dei capitoli 35 e 38, classificati come prodotti agricoli.

Cosa significa concretamente?

Diciamo innanzitutto che l’abolizione dei dazi industriali non comporta un adeguamento dei processi di sdoganamento: rimane quindi in vigore l’obbligo della dichiarazione d’importazione, compresa la corretta dichiarazione della voce di tariffa doganale dei prodotti. E a proposito di voce tariffale, ecco la prima novità.

Semplificazione della tariffa doganale svizzera per i prodotti industriali

Il 1° gennaio le attuali 9114 voci tariffarie svizzere (Tares) saranno ridotte a 7511. L’attuale suddivisione (minuziosa per consentire la riscossione di dazi differenziati sui prodotti industriali) verrà semplificata: fatte salve alcune eccezioni, le ultime due cifre delle otto cifre delle voci di tariffa svizzere saranno sostituite con “00”. Tabelle excel con la struttura tariffaria valida dal 1° gennaio 2024 e la lista di concordanza (2022 vs 2024) sono già disponibili sul sito web dell’UDSC a questa pagina. Alcuni documenti saranno aggiornati successivamente, a seguito di modifiche di altre ordinanze.

COSA FARE
Analizzate la nuova struttura tariffaria, adottandola per tempo affinché le vostre dichiarazioni doganali possano continuare a essere accettate dal sistema e-dec o da Passar a partire da gennaio 2024.

Eventuali informazioni tariffarie vincolanti (ITV) interessate dalla semplificazione della struttura della tariffa doganale continueranno a essere riconosciute valide dall’UDSC entro il proprio periodo di validità (max. 6 anni).

Esempio di accorpamento / semplificazione tariffale e azzeramento dazi dal 01.01.2024

Dal 1° gennaio 2024 il capitolo 7226 si ridurrà a 6 singole voci:

ATTENZIONE
L’abolizione dei dazi industriali non vi esonererà dal pagamento di tributi suppletivi (altri tributi all’importazione quali ad esempio l’imposta sugli oli minerali, la tassa d’incentivazione sui composti organici volatili, ecc.) o dai disposti di natura non doganale.

Esempio di MANCATO accorpamento / semplificazione tariffale legato ai TRIBUTI SUPPLETORI

La voce 2909.6010 è assoggettata all’imposta sugli oli minerali, la voce 2909.6090 non lo è. I dazi all’importazione vengono azzerati in entrambi i casi:

Origine e prove dell’origine

Poiché con l’abolizione dei dazi doganali sui prodotti industriali va a cadere il vantaggio competitivo dettato dagli accordi di libero scambio, si sollevano importanti questioni sull’esigenza o meno di continuare a richiedere le prove documentali dell’origine preferenziale (CCM o dichiarazione d’origine su fattura).

Già oggi le aziende interessate devono presentare una prova dell’origine precedente valida o, in alternativa, una decisione d’imposizione con indicazione dell’aliquota preferenziale se all’esportazione della merce in questione intendono rilasciare una prova dell’origine (cfr. Circolare D30, Semplificazione in materia di prove dell’origine precedenti). Questa pratica non cambierà con l’abolizione dei dazi industriali: per quanto riguarda l’importazione di merci o di materie prime che saranno trasformate in Svizzera e poi riesportate, occorre pertanto chiarire se al momento dell’esportazione sarà applicato o meno un cumulo dell’origine. Chi intende farlo deve poter contare anche in futuro, all’importazione della merce in questione, sulle prove dell’origine precedenti rilasciate dal proprio fornitore.

ATTENZIONE
La prova dell’origine preferenziale resta necessaria se una merce originaria di un Paese partner di libero scambio

  • deve essere riesportata allo stato immutato con prova dell’origine
  • deve essere utilizzata in Svizzera come materiale per il cumulo (p. es. per essere installata in un macchinario che viene esportato con prova dell’origine).

COSA FARE

  • fate in modo che i vostri fornitori esteri continuino a fornire prove dell’origine valide, se le necessitate per la (ri)esportazione;
  • istruite i vostri fornitori di servizi di sdoganamento se all’importazione desiderate un’imposizione all’aliquota preferenziale.

Si ricorda infine che i giustificativi devono essere conservati almeno per tre anni dal rilascio della prova dell’origine all’esportazione, nel caso dell’ALS con la Corea del Sud per cinque anni. Si segnala infine che dal 1° gennaio 2024, dopo l’imposizione, le prove dell’origine all’importazione possono essere conservate in formato digitale.

Schema riassuntivo

Fonte: SECO

Il vostro contatto in Cc-Ti per ulteriori ragguagli:
Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35,
zurfluh@cc-ti.ch

Link utili

Accordi di libero scambio: formazione

Nell’ambito della formazione puntuale si segnala il seguente corso:

Accordi di libero scambio e origine preferenziale
martedì 23 gennaio 2024 (tutto il giorno) e mercoledì 24 gennaio 2024 (la mattina) in presenza c/o Cc-Ti, Lugano

Carbon tax europea (CBAM): avviata la fase transitoria

Il 1° ottobre sono scattati i primi obblighi previsti dal regolamento che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) e, in sostanza, una tassa sul carbonio.

Come anticipato nel nostro articolo La carbon tax europea è realtà, lo scorso 1° ottobre ha preso l’avvio la prima fase del meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere dell’UE (Carbon adjustment mechanism, CBAM), che obbliga gli importatori di sei settori industriali ad alta intensità di carbonio a comunicare alle autorità europee le emissioni di carbonio dei prodotti importati da Stati terzi e, indirettamente, gli esportatori extra-UE a fornire tali dati ai loro business partner europei.

Secondo il Regolamento (UE) 2023/956 che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), le merci di origine non preferenziale svizzera non sottostanno al CBAM. La situazione è però diversa per le aziende svizzere che esportano nell’UE merci di origine terza: in questa prima fase e fino al 31 dicembre 2025 esse devono comunicare trimestralmente all’importatore europeo o, se l’importatore è stabilito al di fuori dell’UE, al suo rappresentante doganale indiretto

  • i quantitativi di merci importate
  • le emissioni dirette
  • le emissioni indirette (limitatamente al cemento e ai fertilizzanti)
  • il prezzo del CO2 pagato all’estero.

A tal proposito, la Commissione europea ha messo a disposizione un modello di comunicazione CBAM (file excel, 1.19 MB) per la richiesta dei dati ai fornitori (cfr. allegato IV del Regolamento di esecuzione (UE) 2023/1773 del 17 agosto 2023).

Per quanto riguarda il calcolo delle emissioni incorporate e per tutta la durata del periodo transitorio, il regolamento di esecuzione prevede un sistema flessibile: fino al 31 dicembre 2024 sarà infatti possibile fare riscorso a differenti modalità di rendicontazione (art. 4). La rendicontazione basata su valori di default potrà però essere impiegata solo fino al 31 luglio 2024. A partire dal 1° gennaio 2025 saranno invece accettati solo i metodi di rendicontazione completa (art. 4 par. 1).

Essendovi ancora molti punti aperti, la Commissione europea sta gradualmente mettendo a disposizione documenti e video utili, tra cui:

Da ultimo, ma non meno importante, la Commissione europea ha attivato il portale di identificazione per accedere al Registro transitorio CBAM e presentare le relazioni CBAM trimestrali e ha anche pubblicato una lista provvisoria (e ancora incompleta) delle autorità degli Stati membri competenti in merito all’implementazione del CBAM.


Il vostro contatto in Cc-Ti per ulteriori ragguagli:
Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch

Nuovo anno fiscale, tasse di sdoganamento in aumento negli USA

L’autorità doganale americana CBP ha annunciato l’aumento delle tasse di sdoganamento dal 1° ottobre 2023.

La U.S. Customs and Border Protection (CBP), ovvero l’autorità doganale USA, ha annunciato i seguenti adeguamenti della Merchandise Processing Fee (MPF), la tassa riscossa sulle importazioni, e di altre tasse in coincidenza con il nuovo anno fiscale, ossia a partire dal 1° ottobre 2023:

  • l’importo minimo della MPF per le spedizioni di valore superiore a 2’500 dollari (ingresso formale) passerà a 31.67 dollari e l’importo massimo salirà a 614.35 dollari. L’aliquota ad valorem resterà invece invariata allo 0.3464%;
  • la nuova tariffa per l’ingresso/ il rilascio informale (spedizioni sotto i 2’500 dollari) sarà di 2.53 dollari;
  • la sovrattassa per l’entrata/il rilascio manuale passerà invece a 3.80 dollari.

Per ulteriori ragguagli: Federal Register: COBRA Fees to be Adjusted for Inflation in Fiscal Year 2024 CBP Dec. 23-08

Conservazione digitale delle prove dell’origine all’import

Dal 1° gennaio 2024 sarà consentita la conservazione delle prove dell’origine all’importazione in formato digitale.

Le prove dell’origine che servono per un’imposizione all’aliquota preferenziale all’importazione devono attualmente essere custodite in formato cartaceo originale.

Secondo quanto comunicato dall’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) il 3 agosto scorso, dal 1° gennaio 2024, dopo l’imposizione sarà consentita la conservazione di copie, anche in forma digitale, dei documenti. Durante il periodo di conservazione, tali prove dell’origine (o le relative copie) dovranno poter essere presentate, su richiesta, all’UDSC.

Questo NON si applicherà alle prove dell’origine per imposizioni all’aliquota preferenziale precedenti il 1° gennaio 2024, che dovranno continuare ad essere archiviate in formato cartaceo originale. E ciò anche se il periodo di conservazione andrà oltre la data sopra indicata.

Link utili:

Prodotti siderurgici trasformati e sanzioni contro la Russia: quale prova dell’origine?

Nell’ambito delle misure restrittive contro la Russia vige, tra gli altri un divieto di acquisto, importazione e trasporto di prodotti siderurgici provenienti dalla Federazione russa o originari della stessa. A partire dal 30 settembre tale divieto è esteso ai prodotti che, sottoposti a trasformazione in un Paese terzo, incorporano prodotti siderurgici provenienti dalla Federazione Russa o originari della stessa. Si pone ora la questione dell’individuazione dei documenti a comprova dell’origine di tali fattori produttivi.

Conformemente all’art. 14a cpv. 2 dell’ordinanza che istituisce misure restrittive nei confronti della Russia, dal 30 settembre sono vietati l’importazione, il trasporto e l’acquisto dei prodotti siderurgici di cui all’allegato 17 che sono stati sottoposti a trasformazione in un Paese terzo e incorporano prodotti siderurgici provenienti dalla Federazione Russa o originari della stessa. Il cpv. 4 dell’art. 14a specifica che tale divieto non si applica all’acquisto dei beni che rientrano nei contingenti di importazione stabiliti dall’Unione europea, né all’importazione, al transito e al trasporto in e attraverso la Svizzera di tali beni, a condizione che all’atto dell’importazione in Svizzera sia apportata la prova attestante il Paese di origine dei fattori produttivi siderurgici impiegati per la trasformazione dei beni in un Paese terzo.

Le note interpretative delle sanzioni, che la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha aggiornato il 1° settembre e il 15 settembre(*), chiariscono quali documenti devono essere prodotti per attestare il Paese di origine del ferro o dell’acciaio utilizzati come fattori produttivi:

a) per i prodotti semilavorati: il certificato di prova (mill test certificate), che contiene il nome dell’azienda in cui avviene la produzione, il nome del Paese in cui è avvenuta la fusione (cfr. numero di fusione) e la classificazione del prodotto nella sottovoce (voce di tariffa doganale a sei cifre);

b) per i prodotti finiti: il certificato o i certificati di prova contenenti le seguenti informazioni
i. il nome del Paese e dell’azienda in cui è avvenuta la fusione (cfr. numero di fusione) e la classificazione del prodotto nella sottovoce (voce di tariffa doganale a sei cifre); e
ii. il nome del Paese e il nome dell’azienda in cui, eventualmente, sono state effettuate le seguenti lavorazioni:
1. laminazione a caldo
2. laminazione a freddo
3. rivestimento metallico a caldo
4. rivestimento metallico elettrolitico
5. rivestimento organico
6. Saldatura
7. perforazione/estrusione
8. stampaggio/laminazione
9. saldatura ERW/SAW/HFI/laser.

In aggiunta ai documenti summenzionati, possono essere riconosciuti quali elementi di prova idonei anche le fatture, le bolle di consegna, i certificati di qualità, le dichiarazioni a lungo termine dei fornitori, la documentazione relativa al calcolo e alla produzione, i documenti doganali del Paese esportatore, la corrispondenza commerciale, le descrizioni dei prodotti, le dichiarazioni del produttore o le clausole di esclusione nei contratti di acquisto, che comprovano l’origine non russa dei prodotti intermedi. La responsabilità della correttezza e veridicità delle informazioni contenute nei certificati di prova è dell’importatore.

In caso di importazioni dall’UE di prodotti siderurgici, non è richiesta alcuna prova. In caso di importazione diretta da un Paese terzo, al momento dell’importazione di prodotti siderurgici di cui all’allegato 17 che sono stati lavorati in un Paese terzo deve essere disponibile una prova, da presentare su richiesta alle autorità di esecuzione. In caso di dubbi le autorità di esecuzione possono richiedere ulteriori prove, ad esempio certificati di prova separati per le diverse fasi di trasformazione subite dal prodotto. Tutti i certificati devono essere coerenti tra loro.

Poiché i prodotti delle voci di tariffa doganale 7207.11, 7207.1210 e 7224.90 sono prodotti semilavorati, secondo le disposizioni sanzionatorie in vigore

  • per le merci realizzate utilizzando i fattori produttivi della voce di tariffa doganale 7207.11 il divieto si applica dal 1° aprile 2024;
  • per le merci realizzate utilizzando i fattori produttivi delle voci di tariffa doganale 7207.1210 o 7224.90 il divieto si applica dal 1° ottobre 2024.

Ergo: fino alle date sopra indicate la Federazione Russa può figurare sul certificato di prova come nome del Paese in cui è avvenuta la fusione (cfr. numero di fusione).

Da ultimo, ma non meno importante, se la Federazione Russa è indicata come il Paese in cui sono state effettuate le altre lavorazioni (p. es. laminazione a caldo, laminazione a freddo), l’importazione o l’acquisto dei prodotti non sono consentiti.

(*) La modifica del 15 settembre fa seguito al rilascio, il 12 settembre, di nuove FAQ da parte della Commissione europea sugli strumenti di prova utilizzabili (cfr. domanda 11) e alla pubblicazione di una nota da parte delle dogane tedesche “Einfuhrverbot für Eisen- und Stahlerzeugnisse” – Zoll.de).

Vietnam: regioni economiche chiave, zone economiche e parchi industriali

Negli ultimi due decenni il Vietnam ha registrato un rapido e notevole sviluppo economico e la sua crescita economica annuale lo ha reso una destinazione promettente per molti investitori locali e internazionali. Le regioni economiche chiave, le zone economiche e i parchi industriali costituiscono un posizionamento ideale per chi desidera avviare operazioni nel Paese. Vediamoli più nel dettaglio.

Il Vietnam come piattaforma per l’industria manifatturiera

Tra i fattori alla base del progresso del Paese vi sono un sistema politico stabile, una forza lavoro giovane e dinamica, un costo del lavoro competitivo e una classe media in crescita. Inoltre, la recente necessità di diversificare le proprie catene di approvvigionamento nell’ambito della strategia Cina+1 (o semplicemente nell’ambito dei propri piani di espansione in Asia) ha spinto molte aziende a diversificare (o ad aprire) i propri siti in Vietnam. Per una panoramica della situazione macroeconomica del Paese del 2022 si veda qui.

In questo clima favorevole, le aree economiche predisposte dal governo vietnamita giocano un ruolo fondamentale, in quanto hanno la capacità di attrarre un crescente numero di investimenti diretti esteri (IDE). In queste aree, infatti, gli IDE possono beneficiare di molteplici vantaggi, tra cui incentivi fiscali, esenzione dai dazi all’importazione, esenzione dal o riduzione del canone d’affitto dei terreni, possibilità di ammortamento accelerato.

Definizione dei termini

Quando si parla di stabilimenti di produzione, sono molti i termini utilizzati e questo può talvolta generare confusione. A tal proposito, in questo articolo ci proponiamo di fare un po’ di chiarezza.

A titolo introduttivo, il Vietnam utilizza i seguenti termini: Key Economic Region (KER), ovvero “regione economica chiave”, Economic Zone (EZ), ovvero “zona economica”, e Industrial Park (IP), ovvero “parco industriale”. Mentre non esiste una definizione legale per le KER, in quanto si riferiscono meramente a delle regioni geografiche, le EZ e gli IP hanno un proprio quadro giuridico.

De facto, le KER sono regioni geografiche in cui il governo mira ad attrarre grandi investimenti, appunto promuovendo la creazione di EZ e IP al loro interno. Concettualmente, le EZ e i IP differiscono per i settori che promuovono e per gli incentivi che offrono.

Le regioni economiche (KER)

Le KER principali da considerare sono quattro: Nord, Centro, Sud e Delta del Mekong.

La regione economica chiave del Nord (NKER)

Questa regione comprende sette province, tra cui Hanoi, Hai Phong, Quang Ninh, Vinh Phuc, Bac Ninh, Hai Dong e Hung Yen e rappresenta un importante centro economico per l’economia settentrionale. La sua vicinanza alla Cina la rende la prima alternativa nell’ambito della strategia Cina+1 e nel 2022 ha contribuito per il 33,86% al PIL nazionale e per il 34,67% agli afflussi di IDE. Relativamente ai settori di alta attrattiva, la regione è particolarmente riconosciuta per l’industria manufatturiera, il settore high-tech e ambientale, ed è sede di grandi marchi come Apple, Samsung, Microsoft, Canon, Goertek Vina Science and Technology.

La regione economica chiave del Centro (CKER)

La CKER racchiude cinque province, tra cui Thua Thien Hue, Quang Nam, Quang Ngai, Binh Dinh e Da Nang. Essendo la regione con la più grande area portuale, offre un interessante potenziale per il trasporto marittimo e per il turismo. Nel 2022 ha rappresentato il 6,19% del PIL e l’1,92% degli afflussi di IDE. Rispetto alla regione settentrionale e a quella meridionale, la CKER è ancora in fase di sviluppo; tuttavia, molti progetti infrastrutturali sono in corso e molti altri sono in fase di pianificazione. In questo contesto, il governo sta attivamente promuovendo gli investimenti, soprattutto tramite incentivi fiscali. Grazie alle sue caratteristiche, in questa regione sono soprattutto presenti società attive nell’industria petrolifera e gas, nella logistica, nella costruzione navale e nel high-tech; mentre Xenia Tech, BB Group, Quantum Group rappresentano alcune delle aziende straniere situate nella regione.

La regione economica chiave del Sud (SKER)

Le province nella regione economica meridionale sono otto: Ho Chi Minh, Binh Duong, Ba Ria-Vung Tau, Dong Nai, Tay Ninh, Binh Phuoc, Long An, Tien Giang. La SKER è la sede del maggior numero di IP e di molti grandi gruppi di vendita al dettaglio, così come del maggior centro finanziario dell’intero Paese, Ho Chi Minh City. Sebbene la regione sia nota perlopiù per le sue capacità manifatturiere, questa ospita molte aziende internazionali in molteplici settori. Tra le principali multinazionali figurano Nike, Adidas, Lego, Coca Cola e Pandora. Relativamente ai dati del 2022, la regione ha contribuito per il 28,74% al PIL nazionale e ha attratto il 40,70% degli IDE totali.

La regione economica chiave del Delta del Mekong (MDKER)

La MDKER occupa una posizione geoeconomica importante al polo sud del Paese, al confine con il Mare Orientale, e comprende quattro province, tra cui Can Tho, An Giang, Kien Giang e Ca Mau. Il suo contributo al PIL nel 2022 è stato del 4,58%, mentre solo del 0,78% relativamente all’afflusso totale di IDE. Proprio per questo motivo, come per il CKER, il governo sta fortemente promuovendo questa regione offrendo interessanti incentivi e un clima commerciale favorevole. Particolare attenzione è rivolta ai progetti di economia digitale, biotecnologia e agricoltura high-tech, nonché ai progetti di sostenibilità ambientale. La regione è considerata un importante centro per la produzione di riso, e più in generale per l’agricoltura e la pesca, riuscendo così a contribuire in modo significativo alle esportazioni di prodotti agricoli e ittici del Paese. Tra i grandi marchi che hanno investito nella regione finora figurano DuPont, Bunge, Wilmar International e Cargill.

Le zone economiche (EZ)

Come già accennato, le EZ hanno l’obiettivo di attrarre investimenti e di promuovere lo sviluppo socio-economico all’interno delle KER. Si tratta di aree comprensive di attività industriali, commerciali e residenziali e sono spesso situate strategicamente vicino alle principali infrastrutture di trasporto. Esistono diverse tipologie di EZ, fra cui:

  • Zona economica costiera (Coastal EZ)
  • Zona economica di confine (Border-gate EZ)
  • Zone economiche speciali (Special EZ)

I parchi industriali (IP)

Come le EZ, gli IP sono stati istituiti all’interno delle KER con lo scopo di attrarre investimenti locali e stranieri. Gli IP riguardano principalmente la produzione industriale di prodotti e servizi e ne esistono di diversi tipi. Per citarne alcuni:

  • Zone di trasformazione per l’esportazione (Export Processing Zones)
  • Zone ad alta tecnologia (High-Technology Zones)
  • Zone eco-industriali (Eco-Industrial Zones)

Creare un’azienda manifatturiera in Vietnam

Quando si tratta di scegliere il luogo giusto per localizzare la propria produzione, i punti di partenza sono certamente il settore di riferimento e il modello di business. Ciononostante, non solo le leggi, le procedure amministrative e i costi possono variare da una regione all’altra, bensì anche le infrastrutture, gli incentivi agli investimenti e il clima ambientale. Pertanto, capire e trovare il giusto equilibrio tra l’azienda e l’area geografica è essenziale per il successo a lungo termine della produzione in Vietnam.

Autore e contatto:
Francesca Severoni
Fidinam (Vietnam) Company Limited
francesca.severoni@fidinam.ch
www.fidinam.com