Vi proponiamo un’intervista a Michele Rossi, Delegato alle Relazioni esterne Cc-Ti e candidato PPD al Consiglio di Stato, apparsa sul Corriere del Ticino il 2 gennaio scorso sul tema di un accordo con l’UE, a cura di Giovanni Galli

Il Consiglio federale ha messo in consultazione fino al termine del mese di marzo il prodotto dei negoziati con l’UE per un accordo quadro istituzionale. La strada è comunque in salita, per non dire proibitiva. L’UDC e il PS, i due partiti più grossi, sono contrari. Quali la posta in gioco e le prospettive? Ne parliamo con Michele Rossi, addetto alle relazioni esterne della Cc-Ti.
Il Governo ha messo in consultazione il prodotto dei negoziati fino a fine marzo. Ha fatto bene o avrebbe dovuto tirare dritto, dicendo subito sì o no?
«Sul tema va fatta una premessa fondamentale. Gli accordi bilaterali in generale sono uno strumento, non un fine. Servono nella misura in cui ci fanno vivere meglio. Quelli in vigore permettono l’accesso della Svizzera al mercato europeo, senza alcun obbligo di adesione all’Unione europea e sono l’emblema del nostro pragmatismo nei rapporti con l’estero. Lo stesso vale anche nei riguardi di un accordo quadro. I rapporti con l’UE non vanno affrontati in modo ideologico: sempre contro o comunque a favore. Mentre per quanto riguarda la consultazione dei partiti e delle associazioni, essa fa parte del nostro sistema democratico. Non c’è alcun motivo per rinunciarvi, nemmeno quando trattiamo con Bruxelles».
Lei cosa si aspetta da questo nuovo giro di consultazioni? Ci sono forti resistenze. Pensa che potrà effettivamente cambiare qualcosa?
«Mi aspetto che proprio grazie alla consultazione si faccia finalmente una lista dei vantaggi e degli svantaggi che una firma o una non firma dell’accordo quadro avrebbe per la nostra realtà quotidiana. Sul piano economico e su quello politico. La consultazione deve permetterci di soppesare proprio questi aspetti in modo molto concreto. Perché il testo dell’accordo quadro, da solo, non ci dice nulla sugli effetti di un nostro “sì” o di un nostro “no”».
La presidente del PLR nazionale Petra Gössi ha detto che manca qualcosa sul documento: il cartellino del prezzo. Condivide?
«Certo e vado oltre. Il prezzo da solo non è sufficiente. Prima di concludere devo anche sapere, concretamente, che cosa compro. Una determinata cifra, ad esempio, può risultare bassa per l’acquisto di un’auto sportiva o alta se in cambio ricevo un’utilitaria. In relazione all’accordoquadro è arrivato il momento di fare la lista dei pro e dei contro e, alla fine, valutare il saldo che ne risulta. Se è positivo si può firmare, altrimenti, come per ogni accordo sia internazionale o privato, si lascia perdere».
Cassis sostiene che senza un accordo ci sarebbe col tempo un’erosione dei Bilaterali. Lo pensa anche lei? Se sì, in concreto cosa vorrebbe dire?
«Erosione significa che col tempo le regole in vigore tra la Svizzera e l’UE finirebbero per non essere più allineate con quelle in vigore sul mercato europeo. E ciò potrebbe provocare alcune distorsioni, soprattutto per le nostre esportazioni, con effetti negativi per la piazza economica elvetica. Ma adesso dobbiamo sapere concretamente quali sarebbero gli effetti di una simile erosione, altrimenti non saremo in grado di metterli sulla bilancia della valutazione complessiva».
Si potrebbe continuare, e per quanto, solo sulla base degli accordi di oggi?
«Certo, nessuno ci obbliga a firmare nuovi accordi. Dobbiamo semplicemente capire cosa è meglio per noi. Sulla base del testo in consultazione non lo possiamo stabilire. Dobbiamo invece capire quanto ci costerebbe un mancato riconoscimento dell’equivalenza della borsa svizzera, in termini di posti di lavoro, di
calo del PIL e via dicendo. Dobbiamo poter quantificare gli svantaggi di un mancato adeguamento degli standard dell’accordo sugli ostacoli tecnici al commercio, dell’impossibilità di concludere nuovi accordi di accesso al mercato: elettricità, sicurezza alimentare, salute pubblica… e dobbiamo sapere quali complicazioni potrebbero insorgere in materia di collaborazione sulla ricerca. Sono calcoli che vanno fatti ora».
Secondo lei gli accordi attuali hanno portato benefici al Paese e al cantone?
«Sì, anche se non sempre e non per tutti allo stesso modo. Per la correzione delle disparità interne la Confederazione prevede e dispone da tempo di un collaudato sistema di compensazione. È su questo piano che bisognerà rimanere vigili e intervenire, per continuare ad avvantaggiare la Svizzera nel mondo, senza lasciare indietro le diverse regioni economiche che la compongono. Oggi, di fatto, gli accordi in vigore ci permettono un accesso controllato al più importante dei nostri mercati di riferimento senza aver aderito all’UE. Ogni giorno con l’UE abbiamo uno scambio commerciale che vale un miliardo di franchi, eppure non ne siamo membri. Si tratta di una soluzione pragmatica, figlia di un tempo in cui l’unione era costituita da 15 Stati molto simili al nostro e che oggi sarebbe difficile ottenere. Anche togliendo il Regno Unito, oggi un negoziato implicherebbe l’assenso di ben 27 Paesi, alcuni dei quali poco inclini a farci regali. Se gli accordi bilaterali dovessero cadere avremmo delle ripercussioni negative per la nostra economia. Chi lo dice? Lo affermano i due istituti di ricerca consultati dal Consiglio federale: Ecoplan e BAKBASEL. Secondo i loro calcoli un abbandono dei bilaterali condurrebbe entro il 2035 ad una diminuzione tra il 5 e il 7% di tutto quello che si produce in Svizzera. In questo periodo rischieremmo di subire una perdita paragonabile alla produzione di un intero anno. E se ciò avvenisse, scomparirebbero inevitabilmente diverse migliaia di posti di lavoro. D’alta parte bisogna pur riconoscere che l’apertura dei mercati ha prodotto anche alcuni effetti indesiderati. In alcuni settori e in alcune zone del Paese particolarmente esposte si è verificata una pressione sui salari. Proprio per questa ragione sono state adottate le misure di accompagnamento: per contrastare questi effetti».
Cosa significa, in concreto, non poter aggiornare un accordo?
«Prendiamo ad esempio l’accordo del 1999 sull’abolizione degli ostacoli tecnici al commercio. In cambio del rispetto di alcuni standard ci permette di esportare in modo facilitato i nostri prodotti verso l’UE. Se questi standard non venissero più regolarmente adattati all’evoluzione dei rapporti tra gli Stati dell’UE, i prodotti svizzeri finirebbero per essere svantaggiati. Al settore farmaceutico, per fare un esempio, l’adattamento all’evoluzione degli standard ha permesso di risparmiare ogni anno alcune centinaia di milioni di franchi».
In conto va messo anche l’aspetto della perdita di sovranità. Fino a che punto è accettabile?
«Da sempre in Svizzera abbiamo difeso, anche a caro prezzo, la nostra sovranità, che rimane senz’altro un valore prezioso e che oggi inevitabilmente si confronta con una realtà economica di forte interdipendenza dagli altri Paesi. Di nuovo, si tratta di fare una valutazione concreta: quali sono i limiti alla nostra sovranità posti dall’accordo e quale il loro impatto? Il testo in consultazione stabilisce che la Svizzera deve tener conto del nuovo diritto dell’UE e delle decisioni della Corte di Giustizia, qualora ad una vertenza sia applicabile il diritto comunitario. La ripresa del diritto non è però automatica. Per adeguarsi alle norme europee la Svizzera può infatti seguire, come fa già oggi, le sue procedure interne. Ciò significa che prima di riprendere una norma europea deve esserci una decisione in tal senso del Parlamento e, se il popolo lo vuole, la questione può essere oggetto di referendum. Dopo di che, nel caso in cui la Svizzera non dovesse riprendere il nuovo diritto dell’UE, Bruxelles potrebbe adottare misure di compensazione nei nostri confronti. Ecco, questo è uno degli aspetti che va soppesato nella consultazione. Quali potrebbero essere e quanto ci costerebbero realmente le ritorsioni commerciali che l’UE potrebbe mettere in atto?»
La Corte europea di giustizia non avrà di fatto eccessiva voce in capitolo?
«Il raggiungimento di un accordo quadro aumenterebbe indubbiamente l’importanza della Corte di giustizia, ma la Svizzera potrà sempre decidere di seguire o di on seguire la decisione del Tribunale arbitrale, pagando il prezzo del suo rifiuto. Sono questi gli aspetti che vanno concretizzati per poterne valutare l’impatto sulla nostra realtà».
Lei lavora per la Camera di commercio. Se tutto andasse a monte che effetti prevede per l’economia ticinese?
«Anche in Ticino i settori particolarmente a rischio sono quelli che si basano sull’esportazione, come ad esempio l’industria farmaceutica. In caso di mancata intesa su un accordo quadro, potrebbero ad esempio sorgere problemi qualora gli standard tecnici non venissero adeguati a quelli del mercato dell’UE».
L’UE vuole un accordo istituzionale, la Svizzera l’accesso al mercato. Crede che prima o poi si arriverà a un’intesa?
«Me lo auguro. Attualmente tutto funziona grazie agli accordi bilaterali in vigore. In futuro, per contro, tutto dipende dai vantaggi e dagli svantaggi che le vie a disposizione offrono alle parti. Per la Svizzera questa consultazione serve a fare chiarezza sulle implicazioni concrete di una firma o di una mancata firma. Solo così potremo decidere consapevolmente».
Intervista a cura di Giovanni Galli, apparsa sul Corriere del Ticino il 2 gennaio 2019
Accordi Svizzera-Italia: l’opinione della Cc-Ti
/in Comunicazione e mediaSul tema degli accordi tra Confederazione Elvetica ed Italia, la Cc-Ti si esprime con l’opinione del Direttore Luca Albertoni e di Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne – candidato PPD al Consiglio di Stato -, nell’ambito di un servizio di approfondimento del Quotidiano.
Il 14 gennaio 2019 a Lugano vi è stato un incontro tra il Consigliere federale Ignazio Cassis e il Ministro italiano degli affari esteri e della cooperazione internazionale Enzo Moavero Milanesi, nel quale si è discusso – tra gli altri temi – delle relazioni tra la Svizzera e l’Italia e dell’accordo quadro.
La tematica è di estremo interesse per l’economia e la Cc-Ti si è espressa al Quotidiano, che ha dedicato un ampio approfondimento a riguardo.
Luca Albertoni ha evidenziato come le incertezze siano velenose per il mondo economico e come gli imprenditori auspichino una soluzione positiva che permetta di mantenere buoni rapporti con il nostro principale partner commerciale. Michele Rossi, d’altro canto, ha parlato delle aziende che impiegano manodopera frontaliera e delle loro necessità e di come se l’accordo venisse sottoscritto sarebbe l’Italia ad avere maggiori benefici.
A complemento d’informazione vi segnaliamo anche un articolo di Michele Rossi, sul tema degli accordi con l’Italia.
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In occasione della 101° Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti dell’ottobre 2018, avevamo avuto quale ospite d’onore il Consigliere federale Ignazio Cassis che si era espresso anche delle relazioni con l’Italia e dell’accordo quadro.
Il prezzo da solo non è sufficiente
/in Comunicazione e mediaVi proponiamo un’intervista a Michele Rossi, Delegato alle Relazioni esterne Cc-Ti e candidato PPD al Consiglio di Stato, apparsa sul Corriere del Ticino il 2 gennaio scorso sul tema di un accordo con l’UE, a cura di Giovanni Galli
Il Consiglio federale ha messo in consultazione fino al termine del mese di marzo il prodotto dei negoziati con l’UE per un accordo quadro istituzionale. La strada è comunque in salita, per non dire proibitiva. L’UDC e il PS, i due partiti più grossi, sono contrari. Quali la posta in gioco e le prospettive? Ne parliamo con Michele Rossi, addetto alle relazioni esterne della Cc-Ti.
Il Governo ha messo in consultazione il prodotto dei negoziati fino a fine marzo. Ha fatto bene o avrebbe dovuto tirare dritto, dicendo subito sì o no?
«Sul tema va fatta una premessa fondamentale. Gli accordi bilaterali in generale sono uno strumento, non un fine. Servono nella misura in cui ci fanno vivere meglio. Quelli in vigore permettono l’accesso della Svizzera al mercato europeo, senza alcun obbligo di adesione all’Unione europea e sono l’emblema del nostro pragmatismo nei rapporti con l’estero. Lo stesso vale anche nei riguardi di un accordo quadro. I rapporti con l’UE non vanno affrontati in modo ideologico: sempre contro o comunque a favore. Mentre per quanto riguarda la consultazione dei partiti e delle associazioni, essa fa parte del nostro sistema democratico. Non c’è alcun motivo per rinunciarvi, nemmeno quando trattiamo con Bruxelles».
Lei cosa si aspetta da questo nuovo giro di consultazioni? Ci sono forti resistenze. Pensa che potrà effettivamente cambiare qualcosa?
«Mi aspetto che proprio grazie alla consultazione si faccia finalmente una lista dei vantaggi e degli svantaggi che una firma o una non firma dell’accordo quadro avrebbe per la nostra realtà quotidiana. Sul piano economico e su quello politico. La consultazione deve permetterci di soppesare proprio questi aspetti in modo molto concreto. Perché il testo dell’accordo quadro, da solo, non ci dice nulla sugli effetti di un nostro “sì” o di un nostro “no”».
La presidente del PLR nazionale Petra Gössi ha detto che manca qualcosa sul documento: il cartellino del prezzo. Condivide?
«Certo e vado oltre. Il prezzo da solo non è sufficiente. Prima di concludere devo anche sapere, concretamente, che cosa compro. Una determinata cifra, ad esempio, può risultare bassa per l’acquisto di un’auto sportiva o alta se in cambio ricevo un’utilitaria. In relazione all’accordoquadro è arrivato il momento di fare la lista dei pro e dei contro e, alla fine, valutare il saldo che ne risulta. Se è positivo si può firmare, altrimenti, come per ogni accordo sia internazionale o privato, si lascia perdere».
Cassis sostiene che senza un accordo ci sarebbe col tempo un’erosione dei Bilaterali. Lo pensa anche lei? Se sì, in concreto cosa vorrebbe dire?
«Erosione significa che col tempo le regole in vigore tra la Svizzera e l’UE finirebbero per non essere più allineate con quelle in vigore sul mercato europeo. E ciò potrebbe provocare alcune distorsioni, soprattutto per le nostre esportazioni, con effetti negativi per la piazza economica elvetica. Ma adesso dobbiamo sapere concretamente quali sarebbero gli effetti di una simile erosione, altrimenti non saremo in grado di metterli sulla bilancia della valutazione complessiva».
Si potrebbe continuare, e per quanto, solo sulla base degli accordi di oggi?
«Certo, nessuno ci obbliga a firmare nuovi accordi. Dobbiamo semplicemente capire cosa è meglio per noi. Sulla base del testo in consultazione non lo possiamo stabilire. Dobbiamo invece capire quanto ci costerebbe un mancato riconoscimento dell’equivalenza della borsa svizzera, in termini di posti di lavoro, di
calo del PIL e via dicendo. Dobbiamo poter quantificare gli svantaggi di un mancato adeguamento degli standard dell’accordo sugli ostacoli tecnici al commercio, dell’impossibilità di concludere nuovi accordi di accesso al mercato: elettricità, sicurezza alimentare, salute pubblica… e dobbiamo sapere quali complicazioni potrebbero insorgere in materia di collaborazione sulla ricerca. Sono calcoli che vanno fatti ora».
Secondo lei gli accordi attuali hanno portato benefici al Paese e al cantone?
«Sì, anche se non sempre e non per tutti allo stesso modo. Per la correzione delle disparità interne la Confederazione prevede e dispone da tempo di un collaudato sistema di compensazione. È su questo piano che bisognerà rimanere vigili e intervenire, per continuare ad avvantaggiare la Svizzera nel mondo, senza lasciare indietro le diverse regioni economiche che la compongono. Oggi, di fatto, gli accordi in vigore ci permettono un accesso controllato al più importante dei nostri mercati di riferimento senza aver aderito all’UE. Ogni giorno con l’UE abbiamo uno scambio commerciale che vale un miliardo di franchi, eppure non ne siamo membri. Si tratta di una soluzione pragmatica, figlia di un tempo in cui l’unione era costituita da 15 Stati molto simili al nostro e che oggi sarebbe difficile ottenere. Anche togliendo il Regno Unito, oggi un negoziato implicherebbe l’assenso di ben 27 Paesi, alcuni dei quali poco inclini a farci regali. Se gli accordi bilaterali dovessero cadere avremmo delle ripercussioni negative per la nostra economia. Chi lo dice? Lo affermano i due istituti di ricerca consultati dal Consiglio federale: Ecoplan e BAKBASEL. Secondo i loro calcoli un abbandono dei bilaterali condurrebbe entro il 2035 ad una diminuzione tra il 5 e il 7% di tutto quello che si produce in Svizzera. In questo periodo rischieremmo di subire una perdita paragonabile alla produzione di un intero anno. E se ciò avvenisse, scomparirebbero inevitabilmente diverse migliaia di posti di lavoro. D’alta parte bisogna pur riconoscere che l’apertura dei mercati ha prodotto anche alcuni effetti indesiderati. In alcuni settori e in alcune zone del Paese particolarmente esposte si è verificata una pressione sui salari. Proprio per questa ragione sono state adottate le misure di accompagnamento: per contrastare questi effetti».
Cosa significa, in concreto, non poter aggiornare un accordo?
«Prendiamo ad esempio l’accordo del 1999 sull’abolizione degli ostacoli tecnici al commercio. In cambio del rispetto di alcuni standard ci permette di esportare in modo facilitato i nostri prodotti verso l’UE. Se questi standard non venissero più regolarmente adattati all’evoluzione dei rapporti tra gli Stati dell’UE, i prodotti svizzeri finirebbero per essere svantaggiati. Al settore farmaceutico, per fare un esempio, l’adattamento all’evoluzione degli standard ha permesso di risparmiare ogni anno alcune centinaia di milioni di franchi».
In conto va messo anche l’aspetto della perdita di sovranità. Fino a che punto è accettabile?
«Da sempre in Svizzera abbiamo difeso, anche a caro prezzo, la nostra sovranità, che rimane senz’altro un valore prezioso e che oggi inevitabilmente si confronta con una realtà economica di forte interdipendenza dagli altri Paesi. Di nuovo, si tratta di fare una valutazione concreta: quali sono i limiti alla nostra sovranità posti dall’accordo e quale il loro impatto? Il testo in consultazione stabilisce che la Svizzera deve tener conto del nuovo diritto dell’UE e delle decisioni della Corte di Giustizia, qualora ad una vertenza sia applicabile il diritto comunitario. La ripresa del diritto non è però automatica. Per adeguarsi alle norme europee la Svizzera può infatti seguire, come fa già oggi, le sue procedure interne. Ciò significa che prima di riprendere una norma europea deve esserci una decisione in tal senso del Parlamento e, se il popolo lo vuole, la questione può essere oggetto di referendum. Dopo di che, nel caso in cui la Svizzera non dovesse riprendere il nuovo diritto dell’UE, Bruxelles potrebbe adottare misure di compensazione nei nostri confronti. Ecco, questo è uno degli aspetti che va soppesato nella consultazione. Quali potrebbero essere e quanto ci costerebbero realmente le ritorsioni commerciali che l’UE potrebbe mettere in atto?»
La Corte europea di giustizia non avrà di fatto eccessiva voce in capitolo?
«Il raggiungimento di un accordo quadro aumenterebbe indubbiamente l’importanza della Corte di giustizia, ma la Svizzera potrà sempre decidere di seguire o di on seguire la decisione del Tribunale arbitrale, pagando il prezzo del suo rifiuto. Sono questi gli aspetti che vanno concretizzati per poterne valutare l’impatto sulla nostra realtà».
Lei lavora per la Camera di commercio. Se tutto andasse a monte che effetti prevede per l’economia ticinese?
«Anche in Ticino i settori particolarmente a rischio sono quelli che si basano sull’esportazione, come ad esempio l’industria farmaceutica. In caso di mancata intesa su un accordo quadro, potrebbero ad esempio sorgere problemi qualora gli standard tecnici non venissero adeguati a quelli del mercato dell’UE».
L’UE vuole un accordo istituzionale, la Svizzera l’accesso al mercato. Crede che prima o poi si arriverà a un’intesa?
«Me lo auguro. Attualmente tutto funziona grazie agli accordi bilaterali in vigore. In futuro, per contro, tutto dipende dai vantaggi e dagli svantaggi che le vie a disposizione offrono alle parti. Per la Svizzera questa consultazione serve a fare chiarezza sulle implicazioni concrete di una firma o di una mancata firma. Solo così potremo decidere consapevolmente».
Intervista a cura di Giovanni Galli, apparsa sul Corriere del Ticino il 2 gennaio 2019
Investimenti nel settore healthcare in Romania
/in Internazionale, TematicheIn Romania vengono attuati grandi progetti statali e iniziative private nelle infrastrutture del settore sanitario. L’attuale presenza di imprese svizzere su un mercato in rapida crescita è ben al di sotto del potenziale.
Con una popolazione di 19,7 milioni di abitanti, la Romania è il settimo paese dell’UE per dimensioni. Nel 2018, il Paese si è posizionato al 52° posto nella classifica dell’Indice di sviluppo umano (Human Development Index, HDI) del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) e nello specifico figura tra i 59 paesi a sviluppo umano molto alto sui 189 paesi per i quali è calcolato l’HDI.
La crescita del PIL della Romania è stata del 3,5% nel 2013 e del 7% nel 2017. La previsione è del 4,1% per il 2018 e del 3,8% per il 2019. Per la prima volta nella storia, secondo un rapporto del Credit Suisse, i rumeni sono ora più ricchi dei paesi vicini.
Il sistema sanitario e quello assicurativo del Paese sono però prevalentemente statali, la popolazione non è servita a sufficienza e la qualità delle strutture mediche e dei servizi sanitari è scarsa.
Ambizioso programma di investimenti a sostegno del sistema sanitario nazionale
Il Governo ha annunciato un ambizioso programma di investimenti per l’ammodernamento di 14 ospedali e la costruzione di 8 nuovi ospedali regionali del valore stimato di 300 milioni di euro l’uno, nonché di un “ospedale repubblicano” che comprende centri di ricerca e altre strutture per l’istruzione e l’alloggio, per un valore stimato di 1,1 miliardi di euro. ….continua a leggere
Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©
Relazioni e stimoli per crescere
/in Appuntamenti, Eventi e missioni, Networking Business BreakfastDavanti a una quarantina di associati, provenienti da settori diversi, si è tenuto questa mattina, 14 gennaio, il primo appuntamento eventistico del 2019.
Si è parlato delle attività che abbiamo in serbo per il 2019, toccando poi i diversi servizi e le novità in corso. Sono intervenute Cassia Casagrande, Responsabile Comunicazione ed eventi Cc-Ti e Valentina Rossi, Responsabile del Servizio Export Cc-Ti. In sala altri collaboratori del team Cc-Ti, per un’informazione ed una conoscenza mirata delle persone che quotidianamente sono in contatto con i soci.
Prossimità efficiente
La Cc-Ti, quale associazione mantello dell’economia ticinese, rappresenta un tessuto imprenditoriale dinamico e ricettivo. Per questo sta sempre più orientando le proprie attività e la propria essenza verso la prossimità alle aziende. Con lo scopo di ottimizzare il dialogo tra economia e politica ed incrementare l’immagine dell’imprenditore nell’opinione pubblica, la Cc-Ti si dinamizza e crea opportunità di tessere nuove relazioni fra imprenditori, con la messa in rete di contatti e servizi concreti ed efficienti per gli associati su tematiche di attualità e utili per lo sviluppo di progetti ed idee. Grazie ad un dialogo concreto ed aperto, contatti quotidiani consulenze ad hoc, nella formula “informati, formati e in rete”, la Cc-Ti ha creato gli elementi per sviluppare una crescita sostenibile. Fedele alla sua missione di accompagnamento delle imprese con servizi orientati sulle loro reali necessità, la Cc-Ti continua dunque su questa strada.
Al passo con le trasformazioni tecnologiche
Negli ultimi anni, la Cc-Ti ha fatto della digitalizzazione – nel suo insieme -, una delle sue macro aree su cui creare approfondimenti diversi, appuntamenti dedicati e formazione specifica. Ma non solo: nella sua stessa struttura sono state implementate attività, servizi e processi che abbinano il progresso tecnologico alle competenze dei collaboratori, andando verso un’associazione mantello che eroga servizi, mettendo in primo piano le persone e le relazioni (punto focale per lo sviluppo di qualsiasi contatto propositivo). In questo modo è possibile raggiungere con messaggi innovativi e definiti differenti target mirati (soci, imprenditori, partner, istituzioni, opinione pubblica, ecc.), perseverando nel lavoro capillare iniziato nel 2018 di umanizzazione dell’imprenditoria e di messa in luce di realtà aziendali o settoriali interessanti.
Servizi tangibili per aziende in evoluzione
I differenti servizi puntuali (consulenze, eventi, missioni economiche, corsi di formazione) che la Cc-Ti eroga per i soci sono costantemente perfezionati e ricalibrati sulle esigenze dei soci. Grazie ai nostri strumenti di comunicazione (sito web, Newsletter diverse, Ticino Business, Dépliant attività, social media), ed alla presenza su media diversi (CdT, TicinoNews, Teleticino, La Regione, laregione.ch, Ticinonline, Ticino Libero e Libera TV), possiamo fornire informazioni specifiche aggiornate e di qualità. Questi assi collimano con la messa in rete delle aziende – scopo primario per un’evoluzione e la creazione di nuove sinergie – che avviene sia in modo tradizionale che virtuale.
Informazioni utili
I principali servizi della Cc-Ti
Contattateci direttamente, saremo lieti di potervi rispondere!
Agiamo Insieme 2019
/in Sostenibilità, TematicheLa consueta manifestazione, che suggella la collaborazione tra Cc-Ti e Ufficio dell’assicurazione invalidità, si terrà il 19 febbraio 2019
Anche quest’anno con “Agiamo Insieme” riproponiamo un momento di riflessione, ormai divenuto una bella consuetudine, che valorizza il lato umano delle aziende attive in Ticino.
Questo evento annuale è diventata una festa dove si racconta il percorso di reinserimento nei posti di lavoro delle persone lese nella loro salute. Si celebrano, attraverso testimonianze e aneddoti (non senza emozioni), i successi delle aziende e dei propri collaboratori che, con rimarchevole impegno in ambito professionale, evidenziano quanto la collaborazione fra Stato ed economia sia forte, attiva e vincente.
La manifestazione si tiene il 19 febbraio 2019 dalle ore 16:30 presso l’Auditorium Banca Stato a Bellinzona.
Il programma prevede
Dalle ore 16:30 Accoglienza degli ospiti
Ore 17:00 con la moderazione di Julie Arlin, interverranno Paolo Beltraminelli, Consigliere di Stato, Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti e Sergio Montorfani, Direttore IAS
Aziende premiate
Ospite d’onore della serata: Massimo Turuani, Presidente Società Mastri-Panettieri-Pasticcieri-Confettieri (SMPPC) del Canton Ticino
Seguirà aperitivo
Per le iscrizioni, è possibile scaricare il flyer informativo, che contiene il tagliando d’iscrizione. Lo stesso è da ritornare entro lunedì 11 febbraio 2019, via posta elettronica all’indirizzo e-mail indicato o telefonicamente al numero +41 91 821 93 50. Vista la capienza limitata della sala, le iscrizioni verranno prese in considerazione in base all’ordine d’entrata. Si ringrazia per la comprensione.
Opportunità per le PMI svizzere in Canada
/in Internazionale, TematicheL’industria di trasformazione di cibo e bevande è la seconda industria manifatturiera del Canada. La regione di Toronto è il secondo maggiore centro di trasformazione alimentare del Nordamerica dopo l’area di Los Angeles. Per le aziende alimentari svizzere e per i produttori di macchinari per l’industria alimentare ci sono ottime opportunità. Il SIAL, la più grande fiera dell’industria alimentare del Nordamerica, si svolge a Toronto alla fine di aprile 2019 ed è l’occasione perfetta per incontrare clienti.
In Canada, la provincia dell’Ontario ospita più di 50’000 aziende agricole in cui vengono coltivati più di 200 prodotti. Gran parte di questi prodotti transita attraverso l’Ontario Food Terminal di Toronto, che distribuisce più di 1 milione di tonnellate di prodotti all’anno.
Industria alimentare canadese: i principali sotto-settori sono la produzione di carne e i panifici
L’industria di trasformazione dei prodotti alimentari e delle bevande è il secondo settore manifatturiero dell’Ontario dopo quello dei trasporti. Queste le cifre: più di 3’000 aziende di trasformazione di cibi e bevande, entrate per quasi 40 miliardi di dollari all’anno, 97’000 dipendenti. I due principali sotto-settori sono la produzione di carne e i panifici, con il settore delle specialità alimentari che registra la crescita maggiore, in gran parte grazie alla grande e crescente percentuale di canadesi di origine straniera immigrati in Canada. Anche se la maggior parte del ramo è di proprietà nazionale, comprese multinazionali come Maple Leaf, Dare e Weston Foods, la provincia è stata a lungo sede di molte delle più grandi aziende di trasformazione alimentare del mondo, tra cui Nestlé, Kelloggs, Coca Cola e di molte aziende internazionali di medie dimensioni come Lindt, Dr. Oetker e Ferrero.
L’Ontario beneficia di un’ampia disponibilità di forza lavoro e di un mercato considerevole
L’Ontario ha una catena di approvvigionamento ben sviluppata di produttori, trasformatori, produttori di ingredienti e importatori di specialità. Inoltre, le società di logistica e i distributori garantiscono consegne rapide nei principali mercati degli Stati Uniti e del Canada grazie alla posizione centrale che l’Ontario ha in Nordamerica. Questa rete è particolarmente forte nella regione di Toronto, dove avviene circa il 75% della lavorazione, c’è grande disponibilità di forza lavoro nonché un mercato considerevole di circa 10 milioni di persone. ….continua a leggere
Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©
Etica d’impresa e solidarietà
/in Comunicazione e mediaIl Presidente Cc-Ti Glauco Martinetti si esprime su tematiche fondamentali per il fare impresa e la società di oggi, in un’intervista condotta da Caritas Ticino
Vi proporremo con cadenza periodica un ciclo di interviste mirate su temi di stretta attualità per l’economia e la società in cui viviamo, realizzate da Caritas Ticino, alle quali ha partecipato il Presidente Cc-Ti, Glauco Martinetti, insieme a Giovanni Scolari del sindacato OCST. Il tema della prima puntata è stato la situazione odierna dell’economia e del mercato del lavoro. Il discorso si è poi ampliato all’imprenditorialità e all’etica nel mondo professionale.
Questo progetto rappresenta una bella testimonianza di come economia, sindacati e altri partner (Caritas, nello specifico) intrattengano un dialogo costruttivo per una visione del territorio condivisa e fattiva, volta ad un benessere generalizzato.
Scoprite il tutto nella video intervista!
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Reattivi e ricettivi alle novità del 2019
/in Internazionale, TematicheEssere reattivi e ricettivi alle necessità delle aziende è una prerogativa essenziale per poter operare con gli imprenditori che ogni giorno sono confrontati con le problematiche più disparate.
Da mesi ormai siamo confrontati ad un mercato mondiale che vive in un clima di incertezza con la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina che si affrontano a suon di dazi e contro-dazi. Anche l’Unione Europea non è stata da meno con l’introduzione di misure protezionistiche. In questo contesto in costante mutamento come Cc-Ti, in stretta collaborazione con Switzerland Global Enterprise (S-GE), desideriamo essere un punto fermo su cui contare per poter affrontare con sicurezza e consapevolezza i mercati esteri.
Le aziende elvetiche sono capaci di reagire positivamente anche alle situazioni più difficili. La nostra economia deve però poter continuare a contare su due elementi essenziali: condizioni quadro favorevoli e l’apertura dei mercati.
Spinta da queste prerogative, la Cc-Ti, in collaborazione con S-GE, è attenta e ricettiva nel sostenere gli imprenditori ticinesi che affrontano i mercati mondiali, desiderando ampliare le proprie destinazioni di business. Anche per il 2019 continueremo dunque con la presentazione di nuovi mercati, attraverso l’organizzazione di Eventi Paese, conferenze dal taglio pratico che forniscono informazioni concrete per approcciare nuove nazioni.
Il focus del 2019 sarà il Canada, un mercato particolarmente interessante per le aziende svizzere che possono beneficiare di un accordo di libero scambio. Il 13 marzo, durante l’Evento-Paese, avremo quale ospite d’onore l’Ambasciatore Susan Bincoletto che porterà la sua esperienza nei rapporti bilaterali tra i nostri Paesi. La Cc-Ti organizzerà inoltre alla fine del mese di aprile una missione economica che si snoderà tra Toronto e Montréal volta a dare l’opportunità agli imprenditori di conoscere con mano il mercato canadese.
Gli Eventi-Paese continueranno con il Giappone, il 21 maggio, un’altra nazione con la quale la Svizzera è riuscita a stipulare un accordo di libero scambio che ne agevola le relazioni commerciali. Nel secondo semestre gli appuntamenti con gli Eventi-Paese si concentreranno dapprima sulla Germania, motore dell’Europa e, in vista di Expo 2020, il 20 novembre vi sarà una conferenza sugli Emirati Arabi Uniti.
Gli appuntamenti proseguiranno anche all’estero con una seconda missione in Cina, dopo il successo di quella appena conclusasi tra Shenzhen e Shanghai. Un mercato, quello cinese, estremamente ricco e diversificato che può creare sbocchi concreti agli imprenditori ticinesi. La Cc-Ti risponde quindi presente ed è pronta ad affrontare queste nuove sfide.
Articolo a cura di
Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti
Testo apparso su La Regione del 17.12.2018
La comunicazione è sempre più strategica
/in Comunicazione e media“Stiamo vivendo una fase di ampia transizione che vede il sistema produttivo e la cultura d’impresa tradizionali riconfigurarsi verso un futuro digitale che è appena agli inizi. Una realtà che sta già trasformando in profondità non solo la produzione e la distribuzione delle merci, ma la società nel suo insieme. In questa prospettiva la comunicazione – da sempre al centro della vita umana e quindi aziendale – assume sempre più un ruolo centrale” afferma Cassia Casagrande, Responsabile comunicazione ed eventi della Cc-Ti.
“Indubbiamente. La digitalizzazione, che è la matrice di ogni cambiamento, l’innovazione, la sostenibilità e l’internazionalizzazione delle imprese, rappresentano per noi le articolazioni di un’unica visione per uno sviluppo della nostra economia che possa garantire un benessere generalizzato. Attorno a quest’ultime ruoteranno i nostri approfondimenti diversi, i nostri principali momenti eventistici, così come la nostra articolata offerta formativa e alcuni altri rinnovati servizi, pensati apposta per agevolare le aziende nella loro attività quotidiana . Il tutto grazie ad un approccio concreto improntato su un dialogo costante con i nostri associati e le istituzioni che ci permette di mettere a fuoco i processi di cambiamento in corso e ripensare in
modo costante le nostre proposte, in modo tale da orientarle ancor meglio alle esigenze del tessuto imprenditoriale locale”.
Una strategia che si sviluppa dunque su più livelli per accompagnare le aziende in questa fase di trasformazione radicale?
“Sì, il nostro lavoro si svolge su diversi piani ma con un obiettivo finale: offrire agli imprenditori gli strumenti informativi e formativi necessari per gestire al meglio questa trasformazione. In questa ottica vanno pure letti i 12 Networking Business Breakfast programmati per il 2019. Incontri focalizzati su tematiche attuali della vita aziendale e sull’offerta di una formazione mirata per sostenere gli imprenditori o i loro collaboratori nell’attività professionale. Per i nostri associati questi appuntamenti sono anche un’occasione importante per lo scambio di esperienze, conoscenze personali e contatti, favorendo così un concetto di rete tangibile che – in un contesto sempre più virtuale – resta un caposaldo per far nascere sinergie e collaborazioni promettenti”.
La comunicazione è un territorio molto vasto, dove s’incrociano esigenze e strategie diverse, come vi orientate rispetto a questa molteplicità di bisogni e saperi?
“Semplificando possiamo dire che la comunicazione della Cc-Ti si sviluppa in una triplice direzione: informazione diretta orientata sulle reali necessità delle imprese; sostegno all’ottimizzazione della comunicazione aziendale – supportando gli imprenditori, così come i manager e i collaboratori con specifici interventi informativi e corsi di formazione puntuali che abbracciano competenze trasversali ma fondamentali per tutti i settori – e comunicazione verso l’esterno per interagire con la società e il mondo politico, stimolando il dibattito pubblico. Siamo convinti che solo la piena consapevolezza di tutti sull’impatto della trasformazione digitale, ci permetterà di attrezzarci al meglio per sfruttarne le grandi opportunità e allo stesso tempo contenere gli inevitabili rischi”.
Articolo apparso sul CdT del 7.1.2019
La Cc-Ti sempre al fianco delle aziende
/in Appuntamenti, Eventi e missioniAnche per il 2019 un fitto calendario d’iniziative, eventi, incontri formativi e informativi, con un occhio di riguardo alla messa in rete dei soci Cc-Ti. Scopriamo alcuni dettagli sui diversi programmi.
Digitalizzazione, internazionalizzazione delle imprese, sostenibilità e innovazione saranno i grandi temi su sui si concentrerà ancora l’attività della Cc-Ti nel 2019. Sono questi, infatti, assieme alla formazione, gli assi strategici decisivi per la crescita economica del Cantone.
La digitalizzazione con il convergere di più tecnologie è di per se stessa un moltiplicatore dell’innovazione di processo e di prodotto, è il fattore chiave da cui non possono prescindere l’internazionalizzazione delle aziende e la loro competitività sui mercati mondiali. Ma allo stesso tempo è un elemento determinante per implementare un concetto di sostenibilità in cui l’impresa è una presenza dinamica che valorizza l’ambiente e i contesti sociali in cui opera. Una risorsa notevole che, grazie all’analisi dei big data, permette inoltre una gestione più efficiente dei servizi collettivi così come della mobilità, pubblica e privata. Anche per questo
anno la Cc-Ti, fedele alla sua missione di accompagnamento delle imprese con servizi mirati sulle loro necessità, ha pianificato un denso calendario di eventi, incontri informativi, corsi di formazione e di networking business breakfast orientati su queste aree strategiche. Ecco, dunque, una panoramica dei
principali appuntamenti.
Per il 15 gennaio è prevista la presentazione dell’annuale inchiesta congiunturale della Cc-Ti, mentre il 21 marzo saranno resi noti i risultati dello studio BAK Economics 2019. Due incontri che forniranno un quadro completo dello stato di salute dell’economia ticinese. Per gli Eventi Paese – le tradizionali conferenze con indicazioni pratiche e informazioni utili sugli sbocchi commerciali all’estero – il primo appuntamento fissato per il 13 marzo, sarà dedicato al Canada, secondo partner commerciale della Svizzera nel continente americano, che alla fine del mese di aprile sarà anche meta di una missione economica della Cc-Ti. Il secondo Evento Paese, previsto il 13 maggio, sarà invece incentrato sul Giappone, si proseguirà poi nel secondo semestre dell’anno con la Germania e gli Emirati Arabi Uniti.
Quattro, invece, gli Eventi tematici in agenda: il 2 aprile la Giornata dell’export 2019, il 12 giugno il Check digitale, per valutare l’uso e l’efficacia delle tecnologie digitali nell’impresa, mentre nella seconda metà del 2019 si terranno altri due interessanti incontri sui nuovi modelli di business e sulla mobilità con le possibili soluzioni offerte dall’analisi dei big data per una gestione ottimale del traffico.
Altrettanto fitto il calendario dei corsi di aggiornamento e formazione specifica che toccherà i problemi più importanti dell’attività aziendale: comunicazione,
diritto del lavoro, export, finanza, organizzazione, questioni giuridiche, risorse umane e vendita. A questa intensa offerta formativa si affiancherà l’attività della Scuola Manageriale della Cc-Ti con percorsi di formazione di più lunga durata, anche essi finalizzati a soddisfare le esigenze concrete delle aziende.
Articolo apparso sul CdT del 7.1.2019