Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, gli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE restano in vigore
L’uscita del Regno Unito dall’UE alla mezzanotte del 31 gennaio 2020 non comporterà a breve termine cambiamenti nelle relazioni tra la Svizzera e questo Paese: gli accordi bilaterali in vigore tra la Svizzera e l’UE si applicheranno al Regno Unito per il periodo transitorio (prorogabile) previsto almeno fino alla fine del 2020. L’accordo commerciale tra la Svizzera e il Regno Unito entrerà in vigore al più presto il 1° gennaio 2021.
Nell’ambito della strategia «Mind the gap» la Svizzera ha concluso tempestivamente una serie di nuovi accordi con il Regno Unito in settori quali il commercio, la migrazione, i trasporti stradali e aerei e le assicurazioni. La strategia «Mind the gap» mira a salvaguardare e, laddove possibile, estendere i diritti e gli obblighi reciproci esistenti. Inoltre, in un secondo momento e nel reciproco interesse, la collaborazione con il Regno Unito sarà ampliata ulteriormente («Mind the gap Plus»).
Relazioni intense e diversificate
Le relazioni tra la Svizzera e il Regno Unito sono intense e diversificate. Nel 2018 il Regno Unito era il sesto partner commerciale della Svizzera, con un volume di scambi di oltre 36 miliardi di franchi svizzeri, e nel 2017 era il terzo mercato in ordine di importanza per le esportazioni svizzere di servizi mentre la Svizzera era la terza piazza più importante per gli investimenti diretti britannici. Ogni anno vengono effettuati circa 58 600 voli tra la Svizzera e il Regno Unito. Nel Regno Unito vivono circa 34 500 cittadini e cittadine svizzeri e in Svizzera risiedono 43 000 cittadini e cittadine britannici.
Finora, queste relazioni tra la Svizzera e il Regno Unito si sono basate in modo determinante sugli accordi bilaterali tra Svizzera e UE. Al fine di garantire, per quanto possibile, i diritti e gli obblighi reciprochi esistenti anche dopo l’uscita dall’UE per mezzo di nuovi accordi, ed eventualmente di ampliarli in determinati ambiti, il Consiglio federale ha fissato per tempo la sua strategia «Mind the gap» (ottobre 2016), precisandola poi nell’aprile del 2018. L’Esecutivo ha deciso che nel caso di un’uscita ordinata dall’UE (scenario deal) la possibilità di applicazione temporanea degli accordi UE con Paesi terzi al Regno Unito per un periodo transitorio prevista nell’accordo di recesso potrà valere anche per gli accordi bilaterali Svizzera-UE. Si tratta dell’eventualità che si è verificata.
La validità degli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE durante il periodo transitorio è stata confermata formalmente tramite uno scambio di note tra l’UE e la Svizzera. Gli accordi bilaterali Svizzera-UE sono dunque validi fino alla fine del periodo transitorio, il 31 dicembre 2020 (prorogabile), anche per le relazioni Svizzera-Regno Unito.
Mind the Gap Plus
Oltre ad assicurare la continuità, la Svizzera sta verificando la possibilità di ampliare le relazioni con il Regno Unito («Mind the Gap Plus»). Il Consiglio federale sta esaminando in quali campi la collaborazione potrebbe essere approfondita dopo la Brexit e dove sussistono eventuali interessi comuni. Nell’accordo commerciale è già stato stabilito che la Svizzera e il Regno Unito avvieranno colloqui esplorativi per sostituire, ammodernare o sviluppare ulteriormente tale accordo
Cronologia
31.12.2020 Termine previsto del periodo
transitorio
31.01.2020 Uscita del Regno Unito dall’UE
31.10.2019 Firma di un Accordo temporaneo
relativo al coordinamento delle assicurazioni sociali
10.07.2019 Firma di un Accordo temporaneo
sull’ammissione reciproca al mercato del lavoro e di una dichiarazione
d’intenti sulla cooperazione di polizia
25.02.2019 Firma dell’Accordo inerente ai
diritti dei cittadini
11.02.2019 Firma dell’Accordo commerciale
25.01.2019 Firma dell’Accordo sulle
assicurazioni e dell’Accordo sul trasporto stradale
17.12.2018 Firma dell’Accordo sui trasporti
aerei
29.03.2017 Inizio della procedura di uscita
dall’UE del Regno Unito ai sensi dell’articolo 50 del Trattato sull’Unione
europea (TUE) (data di uscita originale: 29.03.2019)
19.10.2016 Approvazione della strategia «Mind
the gap» da parte del Consiglio federale
23.06.2016 Referendum popolare sull’uscita del
Regno Unito dall’UE («Leave» 51,9%)
Malgrado un clima internazionale caratterizzato da guerre commerciali e tensioni politiche, l’export svizzero ha nuovamente segnato numeri da record, dopo un 2018 già estremamente positivo.
Un franco su due è guadagnato all’estero. La nostra economia è dinamica e volta all’internalizzazione poiché trova condizioni favorevoli sui mercati esteri, grazie anche ai numerosi accordi di libero scambio siglati dalla Svizzera. Prova di questo successo sono i dati presentati dall’Amministrazione federale delle dogane concernenti il commercio con l’estero per l’anno 2019. Malgrado un clima internazionale caratterizzato da guerre commerciali, tensioni politiche e una congiuntura mondiale estremamente instabile, il commercio estero elvetico ha nuovamente registrato numeri da record, seppur con un minimo rallentamento. Dopo un 2018 estremamente positivo, lo scorso anno le esportazioni sono cresciute del 3,9% e le importazioni dell’1,6% portando l’eccedenza della bilancia commerciale a oltre 37,3 miliardi di franchi.
Chi trascina e chi frena?
La locomotiva dell’economia elvetica è il settore chimico-farmaceutico, che in un solo anno ha avuto una crescita esponenziale di quasi il 10%. Da sottolineare che i soli prodotti farmaceutici rappresentano oltre il 40% del valore di tutte le esportazioni di merci svizzere. Segnali positivi arrivano anche dal settore orologiero e dagli strumenti di precisione, che hanno ripreso una buona attività.
La Germania rimane di gran lunga il più importante mercato di esportazione della Svizzera e, malgrado i segnali di recessione, l’export elvetico verso questo Paese ha continuato a crescere. Il clima di tensione a livello internazionale non ha scalfito nemmeno gli scambi con i maggiori leader mondiali: la Cina si è infatti rivelata essere uno dei mercati più dinamici (+9.7%) come pure gli Stati Uniti (9.1%). Le esportazioni svizzere verso il Regno Unito, che avevano già accusato un’importante riduzione nel 2018 (-18%), hanno incassato un nuovo colpo a causa delle incertezze politiche legate alla Brexit (-1.8%). Emerge infine la dinamicità del mercato russo e di quello di Singapore, che negli ultimi tre anni hanno continuato a crescere a ritmo sostenuto.
Futuro roseo?
I primi indicatori mostrano che l’export svizzero continuerà all’insegna della positività anche nel 2020. A fornire segnali concreti è il sondaggio sul clima dell’export di S-GE e il barometro delle esportazioni di Credit Suisse: oltre la metà delle aziende intervistate hanno infatti indicato che nel primo semestre 2020 prevedono una crescita dell’export. Cc-Ti e S-GE continuano a seguire e a sostenere con impegno le attività delle PMI della Svizzera italiana.
Articolo a cura di
Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana e Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/01/ART20_Rossi_Zurfluh_2020.jpg8531240Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-01-31 09:03:592020-02-11 16:23:00Export svizzero da record anche nel 2019
La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino, insieme ad altri rappresentanti del mondo economico cantonale, ha ricevuto oggi la Console generale svizzera a Milano.
Da sin. Chiara Crivelli, Michele Rossi, Sabrina Dellafior e Sandra Caluori .
Sabrina Dellafior, è succeduta a Félix Baumann lo scorso agosto 2019. La Console era accompagnata dalla Console generale aggiunta, Sandra Caluori. L’incontro conoscitivo ha permesso la discussione su temi d’attualità d’interesse reciproco per le relazioni economiche tra il Ticino e il Nord Italia. All’incontro hanno partecipato l’Associazione Bancaria Ticinese (ABT), l’Associazione Industrie Ticinesi (AITI), la Camera Ticinese Economia Fondiaria (CATEF), l’Associazione dei grandi distributori ticinesi (DISTI), economiesuisse, la Società Svizzera Impresari Costruttori Sezione Ticino (SSIC TI) e l’Unione svizzera degli imprenditori (USI). La Console Dellafior ha sottolineato l’importanza della comunicazione e dei rapporti tra il Consolato svizzero e gli operatori economici ticinesi.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/01/ART20-console-milano.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-01-30 15:22:462021-03-02 11:46:00La Cc-Ti incontra la Console generale svizzera a Milano, Sabrina Dellafior
Quando si parla di “Swissness”o “Swiss Made” (sulle differenze tecniche fra queste espressioni non ci dilunghiamo in questa sede) inevitabilmente si pensa soprattutto ai prodotti elvetici conosciuti in tutto il mondo e che sono garanti di qualità.
Non solo per il prodotto stesso, ma anche e soprattutto per quanto vi è alla base, in termini di capacità imprenditoriale, serietà, qualità, puntualità, sensibilità sociale, ecc… È il caso di alcuni marchi storici, come Ricola, Läderach e Victorinox, saldamente in mano svizzera, ma vale anche per prodotti meno noti al pubblico, ma fortemente legati al nostro sistema elvetico, come componenti industriali che vengono inseriti in prodotti finali. Ad esempio i motori che hanno permesso le missioni americane alla volta di Marte, grazie a sofisticati meccanismi che hanno elementi fondamentali prodotti proprio in Ticino.
Poi vi è tutta una serie di marchi storici elvetici che, forse molti lo ignorano, sono passati in mani estere, senza però perdere le peculiarità elvetiche, perché le imprese internazionali si guardano bene dal recidere il legame con il nostro paese, identificazione ed espressione di qualità. La mitica Ovomaltina è in mani britanniche, l’altrettanto mitico Toblerone appartiene a un’azienda americana, mentre la Feldschlösschen è danese e la Valser è di proprietà della Coca-Cola. Senza dimenticare un pezzo di cultura svizzera come l’Aromat che è di proprietà olandese. È cambiato qualcosa per il godimento di questi prodotti in termini di qualità? Chiaramente no. Il fatto è che all’estero riconoscono la qualità dei nostri prodotti e del nostro modo di lavorare e ovviamente non hanno alcun interesse commerciale a ribaltare questa realtà. Tenendo conto di questo contesto è pertanto giusto chiedersi se si giustificano controlli sugli investimenti esteri a tutela dell’identità svizzera?
Negli ultimi tempi si sono moltiplicate le richieste politiche per l’introduzione di controlli a tappeto di questo genere. Da un’interessante analisi condotta da AvenirSuisse emerge chiaramente che le imprese elvetiche non devono essere ulteriormente protette da acquisizioni da parte di ditte estere. Il nodo di queste situazioni sembra infatti essere non tanto la minaccia della sicurezza nazionale, quanto piuttosto la limitazione della concorrenza, per la quale si ritiene, vi siano però già strumenti legali utilizzabili.
In un contesto generale caratterizzato dal
protezionismo, anche gli investimenti diretti esteri sono visti con sempre maggiore
scetticismo, per cui, in nome della sicurezza nazionale si vorrebbe prevedere che
le aziende elvetiche, prima di poter decidere dei loro destini, debbano
dipendere dalle decisioni di autorità preposte a questa vigilanza.
Inutile nascondersi, il timore principale è
quello di finire vittime della furia acquisitiva della Cina. Finora però
risulta che gli investimenti diretti nelle nostre aziende sono stati operati
dall’Europa occidentale (60%), dagli Stati Uniti e dal Canada (24%), mentre
dall’Asia è giunto il 12% degli investimenti, di cui solo il 3% dalla Cina. In
altre cifre, nel nostro Paese gli investimenti diretti esteri ammontano
attualmente a diversi miliardi di franchi, pari a circa 450’000 posti di
lavoro. Una realtà non da poco. E nello stesso contesto non va dimenticato il
movimento inverso degli investimenti, cioè dalla Svizzera verso l’estero, perché
la Svizzera esporta non soltanto beni industriali e servizi, ma anche
importanti quantità di capitali, soprattutto sotto forma di investimenti diretti.
Secondo la Banca Nazionale Svizzera, il valore statistico degli investimenti
diretti, realizzati da operatori residenti in Svizzera in sedi estere di
produzione, distribuzione e ricerca nel solo 2018 è ammontato a circa 61
miliardi di franchi, prevalentemente in Europa. Non si tratta soltanto di grandi
gruppi: tra questi operatori vi sono anche diverse migliaia di piccole e medie imprese
(PMI), che complessivamente occupano quasi 2 milioni di persone all’estero.
Numeri che contribuiscono alla crescita delle nostre aziende e quindi di grande
beneficio per il nostro territorio.
Introdurre ulteriori controlli sugli
investimenti esteri è di un’efficacia dubbia, in termini di complessità e
tempistica di intervento. Ad esempio fra il 2016 e il 2017 in Svizzera avrebbero
dovuto essere controllate circa 180 acquisizioni estere, con un evidente freno
alla dinamica dell’economia.
Ribadiamo che sono già previsti solidi
elementi di salvaguardia, visto che lo Stato può in qualsiasi momento far
valere un diritto di espropriazione per ragioni di sicurezza nazionale. Non
dimentichiamo le leggi puntuali come la LAFE – Legge federale sull’acquisto di
fondi da parte di persone all’estero (comunemente chiamata Lex Koller) che, per
il suo carattere restrittivo, ha già pochi eguali sul piano internazionale.
Anche gli investimenti diretti esteri sono
componenti essenziali per una concreta costruzione del nostro benessere. Molto
spesso questi investimenti dall’estero irrobustiscono aziende svizzere
innovative, essi contribuiscono in larga misura a permettere un incremento
della produttività, dell’occupazione e, non da ultimo, permettono di
consolidare il gettito fiscale. Considerato che il flusso di capitali, tecnologie
e imprenditorialità al di là dei confini nazionali e un elemento
imprescindibile del nostro ordinamento economico, bisognerebbe favorire e non
reprimere, con la dovuta cautela che ci appartiene, l’apertura del nostro Paese
verso gli investitori stranieri.
La Svizzera figura al quarto posto come
piazza d’investimento dei Paesi dell’OCSE.
I
pericoli conseguenti allo spionaggio industriale e alla violazione della
proprietà intellettuale non possono ovviamente essere ignorati o sottovalutati,
ma non vanno risolti con un blocco degli investimenti. La nazionalità degli
investitori è inoltre un fattore troppo “impreciso” di minaccia, per cui regole
più severe di quelle già oggi esistenti, almeno per il momento, non si
giustificano.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-01-29 08:51:092021-03-02 14:32:17Prodotti svizzeri e investimenti stranieri: quale equilibrio?
Quale nuovo modello di business? Si può pensare al percorso di innovazione come ad un viaggio in autobus. L’approccio del St. Gallen Business Model Navigator può essere un percorso d’innovazione per la vostra azienda.
Prendiamo l’esempio per eccellenza, utilizzato in qualsiasi ambito parlando di innovazione: la Kodak. L’azienda leader mondiale per le pellicole fotografiche si è ritrovata in un breve lasso di tempo a fronteggiare una crisi dovuta all’avvento della fotografia digitale che l’ha condotta al fallimento. Forse non tutti sanno però che la Kodak ha iniziato a studiare la fotografia digitale e ha brevettato il primo prototipo di macchina fotografica digitale già negli anni ’70. Come mai allora non ha saputo vincere questa sfida? Tra i fattori più importanti vi sono da una parte l’errata valutazione della percentuale di persone che sarebbe passata alla fotografia digitale e dei tempi di adozione della nuova tecnologia e, dall’altra parte, il timore legato a quello che gli anglosassoni chiamano reskilling e quindi a come riqualificare e reimpiegare le persone che si occupavano della fotografia analogica.
Le PMI ticinesi
In scala molto più piccola,
questi fattori sono sovente presenti anche nelle PMI e provocano purtroppo una
certa rigidità di fronte a innovazione o cambiamento, se non a una completa
immobilizzazione. Una capacità importantissima, quando si parla di innovazione
delle aziende, è quella di saper far dialogare le componenti generazionali.
Giovani neo assunti e dipendenti presenti da molti anni in azienda non
necessariamente guardano allo stesso modo il cambiamento e sono guidati dalle
stesse leve motivazionali.
Sapersi confrontare con le differenti generazioni significa capire quali siano le differenze tra di esse. Se in passato era ad esempio generalmente accettata una regola gerarchica molto forte dall’alto verso il basso, i giovani riconoscono oggi sicuramente ancora una gerarchia, ma guardano spesso ai superiori come mentori e vengono maggiormente riconosciuti valori come quello dell’autorevolezza a scapito di una più fastidiosa autorità. Vi sono inoltre differenze legate alla durata media di permanenza nelle aziende. Oggigiorno, per un giovane che si affaccia al mondo del lavoro, prende in considerazione che avrà probabilmente diversi datori di lavoro durante l’arco della propria vita professionale. Si può pensare al percorso di innovazione come ad un viaggio in autobus. Il cambiamento di direzione è deciso dal vertice dell’azienda ma per dare la necessaria stabilità nel periodo in cui si introducono i cambiamenti è necessario riuscire ad avere a bordo tutti i dipendenti. Un cambiamento può infatti destabilizzare regole, abitudini e metodologie di lavoro consolidate negli anni. Sarà quindi tanto più importante, in una primissima fase, assicurarsi di aver dialogato per tempo con tutti i passeggeri in modo costruttivo. Nelle fasi di cambiamento bisogna tener conto che qualcuno di loro non si riconosca più nell’impresa e chieda di scendere. Così come altri, attratti dalla nuova direzione dell’autobus, possano essere motivati a chiedere di salire.
Maggiori informazioni sul St. Gallen Business Model Navigator e le 55 Pattern Cards: attraverso questo QR code è possibile acquistare il libro curato da Roberto Pezzoli “The Business Model Navigator”
Articolo a cura di Roberto Pezzoli, Direttore e Partner di Gruppo Multi SA
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-01-28 16:28:562020-01-28 16:28:57L’importanza di coinvolgere i dipendenti nell’innovazione
Dallo scorso 1° gennaio, con l’entrata in vigore della direttiva UE 2019/475, il territorio del comune di Campione d’Italia è entrato a far parte del territorio doganale dell’Unione Europea. Come devono comportarsi le aziende ticinesi?
Da sinistra: L. Albertoni, E. Cavadini, G. Binda, F. Maltauro
Nella mattinata del 27 gennaio si è svolto presso la Cc-Ti il primo Networking Business Breakfast del 2020. L’evento ha voluto centrare la propria attenzione su un tema di stretta attualità: la nuova realtà campionese, territorio che dal 1°.1.2020 è passato a tutti gli effetti sotto il regime doganale dell’UE. Cosa ha comportato questo cambiamento? Quale è l’impatto delle diverse normative per le aziende ticinesi che si recano a Campione d’Italia per forniture o prestazione di servizi? Quali le implicazioni? Ne abbiamo parlato con Giorgio Binda, Capo-sezione tariffe e regimi doganali, AFD Lugano; Eros Cavadini, ispettore dell’ID Chiasso Strada e Francesco Maltauro, Capo Servizio Sezione della circolazione, Camorino; davanti ad una sala gremita di interessati. Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti, ha aperto l’evento passando subito la parola a Giorgio Binda ed Eros Cavadini.
Alcuni cenni su Campione d’Italia
Il Comune di Campione d’Italia conta oggi circa 2’000 abitanti e si situa in territorio svizzero, affacciandosi sul lago di Lugano. Si tratta di un exclave italiana. Dall’inizio del 2020, su richiesta dell’Italia, la Commissione Europea ha approvato la direttiva UE 2019/475 che prevede l’inclusione del comune nel territorio doganale dell’Unione Europea.
Conseguenze dal profilo doganale
Se fino alla fine del 2019, dal punto di vista doganale, la Confederazione considerava Campione come facente parte del territorio doganale svizzero in base al diritto consuetudinario internazionale, a partire dal 1° gennaio 2020 l’exclave doganale di Campione d’Italia e le acque italiane del Lago di Lugano sono entrate a far parte del territorio doganale dello Stato italiano/dell’UE.
L’entrata e l’uscita nel/dal territorio campionese è quindi soggetta, analogamente a quanto avviene già oggi agli altri valichi di frontiera italo/svizzeri, all’espletamento delle formalità doganali e valutarie, oltre a quelle derivanti dall’applicazione delle rimanenti normative dei rispettivi Stati. È stato creato un «ufficio doganale» al nuovo confine tra Bissone e Campione (suddivisione Bissone dell’Ispettorato doganale di Chiasso-Strada), vista l’assenza della necessaria superficie logistica per la realizzazione fisica dell’ufficio e la relativa area di controllo, sono e saranno previsti controlli mobili per il traffico turistico e controlli materiali presso uno spazio allo svincolo autostradale di Bissone per il traffico commerciale. La situazione è in evoluzione, l’obiettivo generale è quello di implementare dei processi che, con i debiti accorgimenti, possano facilitare il disbrigo delle procedure. Vi sarà la possibilità di ulteriori adeguamenti futuri sulla base delle esperienze raccolte durante le prime settimane di gennaio, in materia di tipologie e volumi di traffico.
Cosa è emerso finora? Il traffico campionese è basato esclusivamente su fornitori di prestazioni ticinesi, per cui si tratta di esportazioni di beni/merci di quantità ridotta, con un raggio d’azione entro – circa – i 50 km. Per determinati servizi vi è la necessità di assicurare il servizio 7 giorni su 7, giorno e notte (24/h). Quest’analisi ha permesso di stilare un elenco dei settori economici operativi in loco e delle loro specifiche necessità. Per queste e altre situazioni incontrate son stati implementati dei processi (anche temporanei), come ad esempio:
Implementata procedura semplificata all’esportazione per invii sino a CHF 1000.- / 100 kg
Ove giustificato, autorizzato export/import di merce al di fuori degli orari d’apertura dell’ufficio doganale, senza riscossione della tassa fuori orario
Concluso accordi per casi particolari (servizi urgenti alla clientela, ecc.)
Visto l’evolversi della situazione e una mancata regolamentazione in essere dalla controparte italiana, invitiamo le aziende che avessero domande mirate per l’Amministrazione Federale delle Dogane a rivolgersi all’Ispettorato doganale Chiasso-Strada (tel. +41 58 483 41 02).
Automobili e circolazione
Un altro degli importanti cambiamenti con cui i cittadini campionesi dovranno confrontarsi è l’immatricolazione dei veicoli con targa svizzera (ticinese) con targhe italiane, in quanto le automobili dei residenti a Campione non potranno più essere immatricolate in Ticino. Il processo riguarda oltre 1800 veicoli, che risulta abbastanza snello per la parte burocratica ticinese, ma può richiedere un po’ di tempo per il disbrigo della pratica a livello italiano. Visto che non è stata formalmente definita una transizione e l’accordo è in fase di definizione, presumibilmente la data termine potrebbe essere il 31.12.2020.
È stato anche posto l’accento su alcune problematiche assicurative, per quanto attiene delle disdette di contratti di assicurazione e di leasing delle automobili.
Per maggiori informazioni, il nostro Servizio giuridico resta a disposizione per le aziende associate alla Cc-Ti.
Con il rilascio della nuova versione delle clausole di resa, la Camera di commercio internazionale (ICC) promuove anche una pratica applicazione per smartphone.
Rimanere connessi digitalmente agli strumenti di
business che utilizziamo quotidianamente è più importante che mai, specialmente
per chi lavora nel commercio con l’estero. Anche restare aggiornati sulle
ultime novità è essenziale per poter portare avanti la propria attività con
successo.
Una delle principali novità di questo anno è
sicuramente la pubblicazione delle nuove clausole Incoterms® 2020. Malgrado abbiate
seguito i corsi della Cc-Ti o acquistato il libro “Incoterms 2020”, può sempre
rimanere un dubbio sulle regole di resa. Ecco quindi che anche la Camera di
commercio internazionale (ICC) ha voluto aiutare gli imprenditori fornendo una
App da scaricare sul proprio
cellulare, utile a colmare i
dubbi che possono sorgere in un momento di distrazione. Anche in viaggio quindi
è sempre pratico e veloce consultare le obbligazioni del compratore o del
venditore in una determinata regola, oppure ripassare la nuova clausola DPU.
L’App fornisce i seguenti servizi:
Breve descrizione delle 11 regole Incoterms®
Aiuta a comprendere quale termine commerciale includere nei contratti di vendita, a seconda del modo di trasporto: aereo, ferroviario, stradale, marittimo o una loro combinazione
Aggiorna sulle novità della ICC
Ricordiamo che gli Incoterms® 2020 aiutano gli
importatori e gli esportatori di tutto il mondo a comprendere le proprie
responsabilità ed evitare costosi equivoci. Le regole formano il linguaggio
delle transazioni di vendita internazionali e contribuiscono a rafforzare la
fiducia nel nostro sistema commerciale globale.
La Cc-Ti, oltre a fornire consulenze ai propri associati, promuove anche corsi di formazione sulle clausole Incoterms®. Il prossimo appuntamento è in programma il 1° aprile e le iscrizioni sono già aperte!
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/01/ART20_incoterms-app.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-01-27 15:43:102020-01-27 15:44:09Incoterms® 2020: anche in una pratica App
Vi proponiamo un’intervista con il Presidente Cc-Ti Glauco Martinetti.
Dall’inchiesta congiunturale Cc-Ti emergono dati sostanzialmente positivi. La flessione negli investimenti però la preoccupa?
Con una battuta potrei dire che finalmente possiamo dare qualche indicazione non positiva, visto che siamo spesso accusati, in maniera tendenziosa e ingenerosa, di propagandare solo “false” notizie positive. Battute a parte, l’indicatore sugli investimenti va sicuramente osservato con attenzione. È indubbio che le tensioni internazionali e le modifiche strutturali in atto anche in Svizzera, pensiamo per esempio alle riforme fiscali, hanno forse frenato un po’ gli investimenti. Il timore è però che fra le cause principali vi sia l’erosione dei margini di utile delle aziende, in atto da diversi anni e che abbiamo sempre rilevato. Ora potrebbero esservi effetti come quello di meno mezzi a disposizione da reinvestire nelle attività aziendali, con rischio di perdita di competitività e quindi con effetti negativi anche sull’occupazione.
Come rimediare a questo rischio?
È molto difficile, perché l’erosione dei margini è un fenomeno che ha caratteristiche molto diverse per i vari settori. Il commercio al dettaglio soffre per motivi diversi rispetto all’industria, così come l’artigianato subisce pressioni che non sono direttamente paragonabili con quelle alle quali sono esposti i servizi. Vi sono quindi da una parte elementi derivanti dal contesto internazionale sui quali non abbiamo alcuna influenza, mentre sul piano interno, non è sempre facile ipotizzare misure che possano andare a favore di tutti i settori indistintamente. Credo che la migliore ricetta sia sostanzialmente quella tradizionale della Svizzera, cioè favorire nel miglior modo possibile la libertà imprenditoriale.
La sorprendono i dati sulla responsabilità sociale d’impresa (CSR)?
No, possono sorprendere solo chi ritiene, sbagliando, che le imprese non hanno alcuna sensibilità verso il territorio. I dati dicono chiaramente altro e l’analisi effettuata dalle ricercatrici della SUPSI attesta che siamo su buoni livelli. È evidente che le aziende più grandi hanno maggiori mezzi a disposizione per disporre misure con impatto ambientale e sociale, ma attenzione a non sottovalutare l’importanza del ruolo delle piccole imprese. Ad esempio, esse contribuiscono spesso con misure meno spettacolari ma altrettanto importanti al benessere del territorio, offrendo “semplicemente” posti di lavoro. Che è poi comunque la prima e principale missione delle aziende. Quindi bene la CSR, ma attenzione alla sua definizione ed evitiamo di criminalizzare chi apparentemente non rientra esattamente in taluni schemi.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2018/09/ART18-Glauco-Martinetti-orizz.jpg11491648Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-01-21 10:32:252021-03-02 14:32:33Aziende caute, ma propositive
Da 10 anni a questa parte rileviamo presso i nostri associati l’andamento degli affari e le prospettive per l’anno successivo. L’indagine avviene in collaborazione con le altre Camere di commercio e dell’industria svizzere, secondo uno schema uniforme e consolidato.
Per quanto riguarda il Ticino, il campione è costantemente di circa 300 aziende (330 per il 2019/2020) e interessante è il fatto che le tendenze che rileviamo sono in seguito sempre regolarmente confermate dai dati ufficiali cantonali e federali. Malgrado lo scetticismo che alle nostre latitudini accompagna ormai ogni notizia positiva riguardante l’economia cantonale, è un fatto che i dati ticinesi illustrano sempre un’evoluzione in linea con quella delle altre regioni svizzere. Per alcuni, con parametri addirittura migliori di zone come l’Arco lemanico, considerate unanimamente fra le più dinamiche e innovative. Come sottolineiamo sempre, non si tratta di esaltare oltre modo gli aspetti positivi e l’accusa di ignorare qualche fattore negativo è totalmente ingiustificata e ingenerosa. Si tratta piuttosto di aiutare a capire quali sono i punti di forza della nostra economia e far emergere le questioni delicate, magari meno note al grande pubblico, ma utili per un dibattito politico sereno e basato sui fatti.
Andamento stabile
Un elemento importante che emerge da vari anni e che è stato riconfermato anche dall’indagine 2019/2020 è la sostanziale stabilità della nostra economia. Stabilità che non è mai venuta meno anche in periodi molto difficili di grandi crisi (pensiamo alla questione franco-euro) e che conferma l’importanza di un tessuto economico diversificato come quello ticinese. Sono innegabili, e noi ne siamo consapevoli, le difficoltà di taluni settori (non segnatamente rilevate nella nostra inchiesta che osserva solo le tendenze generali dell’economia), ma queste per fortuna non hanno inficiato la situazione globale e i risultati tutto sommato positivi che risultano a saldo di tutte le situazioni specifiche. Non è un caso se, malgrado i brutali assestamenti del settore bancario, il gettito fiscale delle persone giuridiche negli ultimi dieci anni è rimasto costante, con importanti contributi di aziende di altri ambiti che hanno compensato quanto è venuto a mancare sul fronte della finanza. Non deve quindi stupire se dalle risposte dei nostri associati emergono tendenze positive, come attestato da 3 aziende su 4 che hanno confermato le aspettative espresse nel 2018. L’andamento generale degli affari, fra chi lo considera soddisfacente (42%) e chi lo ritiene buono (32%), può essere considerato di segno positivo. Così come le previsioni per il 2020 che, salvo cataclismi imprevedibili, sono improntate alla fiducia per il 74% delle imprese che hanno partecipato all’inchiesta. Interessante è il fatto che anche per le imprese votate all’esportazione, le cifre sono sostanzialmente le stesse, malgrado un contesto internazionale molto nervoso o ondivago, l’inasprimento dei conflitti commerciali, l’incertezza dei rapporti con l’Unione europea (UE) e sull’esito della Brexit, nonché le difficoltà di alcuni importanti mercati di riferimento.
Investimenti sotto pressione, ma molte iniziative per il territorio
Vi sono settori, come quello farmaceutico, che hanno investito e investono moltissimo in Ticino. Dobbiamo constatare però che a livello generale abbiamo osservato una flessione degli investimenti, soprattutto da parte delle aziende di più piccole dimensioni. Se le strutture grandi sembrano reggere alle insidie delle incertezze globali, quando le dimensioni si fanno più ridotte si osserva invece qualche comprensibile maggiore difficoltà. I 4 punti percentuali in meno rispetto al 2018 e le previsioni più prudenziali del solito per il prossimo futuro sono certamente riconducibili agli elementi di insicurezza derivanti dalla situazione internazionale caratterizzata da tensioni e guerre commerciali, ma non vanno trascurati elementi rilevanti anche sul fronte interno, visto che il cambiamento radicale di sistema fiscale a livello svizzero e cantonale, al momento dei rilevamenti, non era ancora completamente acquisito. E indubbiamente anche la pressione sui margini di utile ha giocato un ruolo. Interessante è comunque che, nel quadro della valutazione dei parametri riconducibili alla Responsabilità sociale delle imprese (CSR), si è registrato un buon livello di iniziative da parte delle imprese, che hanno fatto registrare ben 138 buone pratiche suddivise in 32 diverse tipologie di intervento in ambiti come la governance d’impresa, i rapporti con gli attori del mercato, con i collaboratori e con la comunità, senza dimenticare le differenti misure in campo ambientale.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/01/ART20-tendenze-inch-cong..jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-01-21 10:26:432020-01-21 10:27:17Tendenze cantonali a confronto con le altre regioni svizzere
La nostra presa di posizione sulla votazione federale del 9 febbraio 2020.
L’iniziativa propone di introdurre una quota fissa ed obbligatoria del 10% di costruzioni di pubblica utilità in tutta la Svizzera. Anche se il titolo dell’iniziativa è apparentemente e teoricamente allettante, la proposta in votazione cela un approccio molto pericoloso e contrario al nostro collaudato sistema svizzero, che poggia invece sul pragmatismo e sulla sussidiarietà. Una percentuale di costruzioni di pubblica utilità fissa ed identica in tutto il paese ha infatti poco senso, tenuto conto che la situazione a Zurigo o a Ginevra non è minimamente paragonabile a quella ticinese o ad altre zone nelle quali gli spazi sfitti hanno ormai raggiunto un livello preoccupante.
Non va inoltre dimenticato che nessun investitore privato avrà alcun interesse a realizzare questo tipo di alloggi, la cui costruzione e gestione verrebbero quindi integralmente demandate agli enti pubblici. Ciò provocherebbe un importante aumento della burocrazia e delle spese pubbliche. Saremo quindi tutti noi a dover sopportare l’onere finanziario (stimato a 120 milioni di franchi all’anno) di questa proposta che, come detto, non tiene conto delle reali necessità territoriali e non contribuisce quindi a risolvere alcun problema. Infine occorre sottolineare come questa iniziativa rischia di bloccare ogni iniziativa privata laddove la quota del 10% di costruzioni di pubblica utilità non sarebbe ancora raggiunta. Si tratta quindi di un’ingerenza eccessiva dell’ente pubblico che penalizzerebbe in modo intollerabile l’attività privata.
Per queste ragioni raccomandiamo di respingere l’iniziativa “più abitazioni a prezzi accessibili”.
Maggiori informazioni sul sito della campagna “No all’iniziativa più abitazioni a prezzi accessibili”
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/01/ART20-votazione9.2.20.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-01-16 09:52:072021-03-02 11:46:07La Cc-Ti raccomanda di respingere l’iniziativa “più abitazioni a prezzi accessibili”
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Brexit: e ora?
/in Internazionale, TematicheCon l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, gli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE restano in vigore
L’uscita del Regno Unito dall’UE alla mezzanotte del 31 gennaio 2020 non comporterà a breve termine cambiamenti nelle relazioni tra la Svizzera e questo Paese: gli accordi bilaterali in vigore tra la Svizzera e l’UE si applicheranno al Regno Unito per il periodo transitorio (prorogabile) previsto almeno fino alla fine del 2020. L’accordo commerciale tra la Svizzera e il Regno Unito entrerà in vigore al più presto il 1° gennaio 2021.
Nell’ambito della strategia «Mind the gap» la Svizzera ha concluso tempestivamente una serie di nuovi accordi con il Regno Unito in settori quali il commercio, la migrazione, i trasporti stradali e aerei e le assicurazioni. La strategia «Mind the gap» mira a salvaguardare e, laddove possibile, estendere i diritti e gli obblighi reciproci esistenti. Inoltre, in un secondo momento e nel reciproco interesse, la collaborazione con il Regno Unito sarà ampliata ulteriormente («Mind the gap Plus»).
Relazioni intense e diversificate
Le relazioni tra la Svizzera e il Regno Unito sono intense e diversificate. Nel 2018 il Regno Unito era il sesto partner commerciale della Svizzera, con un volume di scambi di oltre 36 miliardi di franchi svizzeri, e nel 2017 era il terzo mercato in ordine di importanza per le esportazioni svizzere di servizi mentre la Svizzera era la terza piazza più importante per gli investimenti diretti britannici. Ogni anno vengono effettuati circa 58 600 voli tra la Svizzera e il Regno Unito. Nel Regno Unito vivono circa 34 500 cittadini e cittadine svizzeri e in Svizzera risiedono 43 000 cittadini e cittadine britannici.
Finora, queste relazioni tra la Svizzera e il Regno Unito si sono basate in modo determinante sugli accordi bilaterali tra Svizzera e UE. Al fine di garantire, per quanto possibile, i diritti e gli obblighi reciprochi esistenti anche dopo l’uscita dall’UE per mezzo di nuovi accordi, ed eventualmente di ampliarli in determinati ambiti, il Consiglio federale ha fissato per tempo la sua strategia «Mind the gap» (ottobre 2016), precisandola poi nell’aprile del 2018. L’Esecutivo ha deciso che nel caso di un’uscita ordinata dall’UE (scenario deal) la possibilità di applicazione temporanea degli accordi UE con Paesi terzi al Regno Unito per un periodo transitorio prevista nell’accordo di recesso potrà valere anche per gli accordi bilaterali Svizzera-UE. Si tratta dell’eventualità che si è verificata.
La validità degli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE durante il periodo transitorio è stata confermata formalmente tramite uno scambio di note tra l’UE e la Svizzera. Gli accordi bilaterali Svizzera-UE sono dunque validi fino alla fine del periodo transitorio, il 31 dicembre 2020 (prorogabile), anche per le relazioni Svizzera-Regno Unito.
Mind the Gap Plus
Oltre ad assicurare la continuità, la Svizzera sta verificando la possibilità di ampliare le relazioni con il Regno Unito («Mind the Gap Plus»). Il Consiglio federale sta esaminando in quali campi la collaborazione potrebbe essere approfondita dopo la Brexit e dove sussistono eventuali interessi comuni. Nell’accordo commerciale è già stato stabilito che la Svizzera e il Regno Unito avvieranno colloqui esplorativi per sostituire, ammodernare o sviluppare ulteriormente tale accordo
Cronologia
Per maggiori informazioni:
Export svizzero da record anche nel 2019
/in Internazionale, TematicheMalgrado un clima internazionale caratterizzato da guerre commerciali e tensioni politiche, l’export svizzero ha nuovamente segnato numeri da record, dopo un 2018 già estremamente positivo.
Un franco su due è guadagnato all’estero. La nostra economia è dinamica e volta all’internalizzazione poiché trova condizioni favorevoli sui mercati esteri, grazie anche ai numerosi accordi di libero scambio siglati dalla Svizzera. Prova di questo successo sono i dati presentati dall’Amministrazione federale delle dogane concernenti il commercio con l’estero per l’anno 2019. Malgrado un clima internazionale caratterizzato da guerre commerciali, tensioni politiche e una congiuntura mondiale estremamente instabile, il commercio estero elvetico ha nuovamente registrato numeri da record, seppur con un minimo rallentamento. Dopo un 2018 estremamente positivo, lo scorso anno le esportazioni sono cresciute del 3,9% e le importazioni dell’1,6% portando l’eccedenza della bilancia commerciale a oltre 37,3 miliardi di franchi.
Chi trascina e chi frena?
La locomotiva dell’economia elvetica è il settore chimico-farmaceutico, che in un solo anno ha avuto una crescita esponenziale di quasi il 10%. Da sottolineare che i soli prodotti farmaceutici rappresentano oltre il 40% del valore di tutte le esportazioni di merci svizzere. Segnali positivi arrivano anche dal settore orologiero e dagli strumenti di precisione, che hanno ripreso una buona attività.
La Germania rimane di gran lunga il più importante mercato di esportazione della Svizzera e, malgrado i segnali di recessione, l’export elvetico verso questo Paese ha continuato a crescere. Il clima di tensione a livello internazionale non ha scalfito nemmeno gli scambi con i maggiori leader mondiali: la Cina si è infatti rivelata essere uno dei mercati più dinamici (+9.7%) come pure gli Stati Uniti (9.1%). Le esportazioni svizzere verso il Regno Unito, che avevano già accusato un’importante riduzione nel 2018 (-18%), hanno incassato un nuovo colpo a causa delle incertezze politiche legate alla Brexit (-1.8%). Emerge infine la dinamicità del mercato russo e di quello di Singapore, che negli ultimi tre anni hanno continuato a crescere a ritmo sostenuto.
Futuro roseo?
I primi indicatori mostrano che l’export svizzero continuerà all’insegna della positività anche nel 2020. A fornire segnali concreti è il sondaggio sul clima dell’export di S-GE e il barometro delle esportazioni di Credit Suisse: oltre la metà delle aziende intervistate hanno infatti indicato che nel primo semestre 2020 prevedono una crescita dell’export. Cc-Ti e S-GE continuano a seguire e a sostenere con impegno le attività delle PMI della Svizzera italiana.
Articolo a cura di
Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana e
Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti
La Cc-Ti incontra la Console generale svizzera a Milano, Sabrina Dellafior
/in Comunicazione e mediaLa Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino, insieme ad altri rappresentanti del mondo economico cantonale, ha ricevuto oggi la Console generale svizzera a Milano.
Sabrina Dellafior, è succeduta a Félix Baumann lo scorso agosto 2019. La Console era accompagnata dalla Console generale aggiunta, Sandra Caluori. L’incontro conoscitivo ha permesso la discussione su temi d’attualità d’interesse reciproco per le relazioni economiche tra il Ticino e il Nord Italia. All’incontro hanno partecipato l’Associazione Bancaria Ticinese (ABT), l’Associazione Industrie Ticinesi (AITI), la Camera Ticinese Economia Fondiaria (CATEF), l’Associazione dei grandi distributori ticinesi (DISTI), economiesuisse, la Società Svizzera Impresari Costruttori Sezione Ticino (SSIC TI) e l’Unione svizzera degli imprenditori (USI). La Console Dellafior ha sottolineato l’importanza della comunicazione e dei rapporti tra il Consolato svizzero e gli operatori economici ticinesi.
Prodotti svizzeri e investimenti stranieri: quale equilibrio?
/in Comunicazione e mediaQuando si parla di “Swissness”o “Swiss Made” (sulle differenze tecniche fra queste espressioni non ci dilunghiamo in questa sede) inevitabilmente si pensa soprattutto ai prodotti elvetici conosciuti in tutto il mondo e che sono garanti di qualità.
Non solo per il prodotto stesso, ma anche e soprattutto per quanto vi è alla base, in termini di capacità imprenditoriale, serietà, qualità, puntualità, sensibilità sociale, ecc… È il caso di alcuni marchi storici, come Ricola, Läderach e Victorinox, saldamente in mano svizzera, ma vale anche per prodotti meno noti al pubblico, ma fortemente legati al nostro sistema elvetico, come componenti industriali che vengono inseriti in prodotti finali. Ad esempio i motori che hanno permesso le missioni americane alla volta di Marte, grazie a sofisticati meccanismi che hanno elementi fondamentali prodotti proprio in Ticino.
Poi vi è tutta una serie di marchi storici elvetici che, forse molti lo ignorano, sono passati in mani estere, senza però perdere le peculiarità elvetiche, perché le imprese internazionali si guardano bene dal recidere il legame con il nostro paese, identificazione ed espressione di qualità. La mitica Ovomaltina è in mani britanniche, l’altrettanto mitico Toblerone appartiene a un’azienda americana, mentre la Feldschlösschen è danese e la Valser è di proprietà della Coca-Cola. Senza dimenticare un pezzo di cultura svizzera come l’Aromat che è di proprietà olandese. È cambiato qualcosa per il godimento di questi prodotti in termini di qualità? Chiaramente no. Il fatto è che all’estero riconoscono la qualità dei nostri prodotti e del nostro modo di lavorare e ovviamente non hanno alcun interesse commerciale a ribaltare questa realtà.
Tenendo conto di questo contesto è pertanto giusto chiedersi se si giustificano controlli sugli investimenti esteri a tutela dell’identità svizzera?
Negli ultimi tempi si sono moltiplicate le richieste politiche per l’introduzione di controlli a tappeto di questo genere. Da un’interessante analisi condotta da AvenirSuisse emerge chiaramente che le imprese elvetiche non devono essere ulteriormente protette da acquisizioni da parte di ditte estere. Il nodo di queste situazioni sembra infatti essere non tanto la minaccia della sicurezza nazionale, quanto piuttosto la limitazione della concorrenza, per la quale si ritiene, vi siano però già strumenti legali utilizzabili.
In un contesto generale caratterizzato dal protezionismo, anche gli investimenti diretti esteri sono visti con sempre maggiore scetticismo, per cui, in nome della sicurezza nazionale si vorrebbe prevedere che le aziende elvetiche, prima di poter decidere dei loro destini, debbano dipendere dalle decisioni di autorità preposte a questa vigilanza.
Inutile nascondersi, il timore principale è quello di finire vittime della furia acquisitiva della Cina. Finora però risulta che gli investimenti diretti nelle nostre aziende sono stati operati dall’Europa occidentale (60%), dagli Stati Uniti e dal Canada (24%), mentre dall’Asia è giunto il 12% degli investimenti, di cui solo il 3% dalla Cina. In altre cifre, nel nostro Paese gli investimenti diretti esteri ammontano attualmente a diversi miliardi di franchi, pari a circa 450’000 posti di lavoro. Una realtà non da poco. E nello stesso contesto non va dimenticato il movimento inverso degli investimenti, cioè dalla Svizzera verso l’estero, perché la Svizzera esporta non soltanto beni industriali e servizi, ma anche importanti quantità di capitali, soprattutto sotto forma di investimenti diretti. Secondo la Banca Nazionale Svizzera, il valore statistico degli investimenti diretti, realizzati da operatori residenti in Svizzera in sedi estere di produzione, distribuzione e ricerca nel solo 2018 è ammontato a circa 61 miliardi di franchi, prevalentemente in Europa. Non si tratta soltanto di grandi gruppi: tra questi operatori vi sono anche diverse migliaia di piccole e medie imprese (PMI), che complessivamente occupano quasi 2 milioni di persone all’estero. Numeri che contribuiscono alla crescita delle nostre aziende e quindi di grande beneficio per il nostro territorio.
Introdurre ulteriori controlli sugli investimenti esteri è di un’efficacia dubbia, in termini di complessità e tempistica di intervento. Ad esempio fra il 2016 e il 2017 in Svizzera avrebbero dovuto essere controllate circa 180 acquisizioni estere, con un evidente freno alla dinamica dell’economia.
Ribadiamo che sono già previsti solidi elementi di salvaguardia, visto che lo Stato può in qualsiasi momento far valere un diritto di espropriazione per ragioni di sicurezza nazionale. Non dimentichiamo le leggi puntuali come la LAFE – Legge federale sull’acquisto di fondi da parte di persone all’estero (comunemente chiamata Lex Koller) che, per il suo carattere restrittivo, ha già pochi eguali sul piano internazionale.
Anche gli investimenti diretti esteri sono componenti essenziali per una concreta costruzione del nostro benessere. Molto spesso questi investimenti dall’estero irrobustiscono aziende svizzere innovative, essi contribuiscono in larga misura a permettere un incremento della produttività, dell’occupazione e, non da ultimo, permettono di consolidare il gettito fiscale. Considerato che il flusso di capitali, tecnologie e imprenditorialità al di là dei confini nazionali e un elemento imprescindibile del nostro ordinamento economico, bisognerebbe favorire e non reprimere, con la dovuta cautela che ci appartiene, l’apertura del nostro Paese verso gli investitori stranieri.
La Svizzera figura al quarto posto come piazza d’investimento dei Paesi dell’OCSE. I pericoli conseguenti allo spionaggio industriale e alla violazione della proprietà intellettuale non possono ovviamente essere ignorati o sottovalutati, ma non vanno risolti con un blocco degli investimenti. La nazionalità degli investitori è inoltre un fattore troppo “impreciso” di minaccia, per cui regole più severe di quelle già oggi esistenti, almeno per il momento, non si giustificano.
L’importanza di coinvolgere i dipendenti nell’innovazione
/in Innovazione, TematicheQuale nuovo modello di business? Si può pensare al percorso di innovazione come ad un viaggio in autobus. L’approccio del St. Gallen Business Model Navigator può essere un percorso d’innovazione per la vostra azienda.
Prendiamo l’esempio per eccellenza, utilizzato in qualsiasi ambito parlando di innovazione: la Kodak. L’azienda leader mondiale per le pellicole fotografiche si è ritrovata in un breve lasso di tempo a fronteggiare una crisi dovuta all’avvento della fotografia digitale che l’ha condotta al fallimento. Forse non tutti sanno però che la Kodak ha iniziato a studiare la fotografia digitale e ha brevettato il primo prototipo di macchina fotografica digitale già negli anni ’70. Come mai allora non ha saputo vincere questa sfida? Tra i fattori più importanti vi sono da una parte l’errata valutazione della percentuale di persone che sarebbe passata alla fotografia digitale e dei tempi di adozione della nuova tecnologia e, dall’altra parte, il timore legato a quello che gli anglosassoni chiamano reskilling e quindi a come riqualificare e reimpiegare le persone che si occupavano della fotografia analogica.
Le PMI ticinesi
In scala molto più piccola, questi fattori sono sovente presenti anche nelle PMI e provocano purtroppo una certa rigidità di fronte a innovazione o cambiamento, se non a una completa immobilizzazione. Una capacità importantissima, quando si parla di innovazione delle aziende, è quella di saper far dialogare le componenti generazionali. Giovani neo assunti e dipendenti presenti da molti anni in azienda non necessariamente guardano allo stesso modo il cambiamento e sono guidati dalle stesse leve motivazionali.
Sapersi confrontare con le differenti generazioni significa capire quali siano le differenze tra di esse. Se in passato era ad esempio generalmente accettata una regola gerarchica molto forte dall’alto verso il basso, i giovani riconoscono oggi sicuramente ancora una gerarchia, ma guardano spesso ai superiori come mentori e vengono maggiormente riconosciuti valori come quello dell’autorevolezza a scapito di una più fastidiosa autorità. Vi sono inoltre differenze legate alla durata media di permanenza nelle aziende. Oggigiorno, per un giovane che si affaccia al mondo del lavoro, prende in considerazione che avrà probabilmente diversi datori di lavoro durante l’arco della propria vita professionale. Si può pensare al percorso di innovazione come ad un viaggio in autobus. Il cambiamento di direzione è deciso dal vertice dell’azienda ma per dare la necessaria stabilità nel periodo in cui si introducono i cambiamenti è necessario riuscire ad avere a bordo tutti i dipendenti. Un cambiamento può infatti destabilizzare regole, abitudini e metodologie di lavoro consolidate negli anni. Sarà quindi tanto più importante, in una primissima fase, assicurarsi di aver dialogato per tempo con tutti i passeggeri in modo costruttivo. Nelle fasi di cambiamento bisogna tener conto che qualcuno di loro non si riconosca più nell’impresa e chieda di scendere. Così come altri, attratti dalla nuova direzione dell’autobus, possano essere motivati a chiedere di salire.
Maggiori informazioni sul St. Gallen Business Model Navigator e le 55 Pattern Cards: attraverso questo QR code è possibile acquistare il libro curato da Roberto Pezzoli “The Business Model Navigator”
Articolo a cura di Roberto Pezzoli, Direttore e Partner di Gruppo Multi SA
Campione d’Italia: cambiamenti in atto
/in Appuntamenti, Eventi e missioni, Networking Business BreakfastDallo scorso 1° gennaio, con l’entrata in vigore della direttiva UE 2019/475, il territorio del comune di Campione d’Italia è entrato a far parte del territorio doganale dell’Unione Europea. Come devono comportarsi le aziende ticinesi?
Nella mattinata del 27 gennaio si è svolto presso la Cc-Ti il primo Networking Business Breakfast del 2020. L’evento ha voluto centrare la propria attenzione su un tema di stretta attualità: la nuova realtà campionese, territorio che dal 1°.1.2020 è passato a tutti gli effetti sotto il regime doganale dell’UE. Cosa ha comportato questo cambiamento? Quale è l’impatto delle diverse normative per le aziende ticinesi che si recano a Campione d’Italia per forniture o prestazione di servizi? Quali le implicazioni?
Ne abbiamo parlato con Giorgio Binda, Capo-sezione tariffe e regimi doganali, AFD Lugano; Eros Cavadini, ispettore dell’ID Chiasso Strada e Francesco Maltauro, Capo Servizio Sezione della circolazione, Camorino; davanti ad una sala gremita di interessati.
Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti, ha aperto l’evento passando subito la parola a Giorgio Binda ed Eros Cavadini.
Alcuni cenni su Campione d’Italia
Il Comune di Campione d’Italia conta oggi circa 2’000 abitanti e si situa in territorio svizzero, affacciandosi sul lago di Lugano. Si tratta di un exclave italiana. Dall’inizio del 2020, su richiesta dell’Italia, la Commissione Europea ha approvato la direttiva UE 2019/475 che prevede l’inclusione del comune nel territorio doganale dell’Unione Europea.
Conseguenze dal profilo doganale
Se fino alla fine del 2019, dal punto di vista doganale, la Confederazione considerava Campione come facente parte del territorio doganale svizzero in base al diritto consuetudinario internazionale, a partire dal 1° gennaio 2020 l’exclave doganale di Campione d’Italia e le acque italiane del Lago di Lugano sono entrate a far parte del territorio doganale dello Stato italiano/dell’UE.
L’entrata e l’uscita nel/dal territorio campionese è quindi soggetta, analogamente a quanto avviene già oggi agli altri valichi di frontiera italo/svizzeri, all’espletamento delle formalità doganali e valutarie, oltre a quelle derivanti dall’applicazione delle rimanenti normative dei rispettivi Stati. È stato creato un «ufficio doganale» al nuovo confine tra Bissone e Campione (suddivisione Bissone dell’Ispettorato doganale di Chiasso-Strada), vista l’assenza della necessaria superficie logistica per la realizzazione fisica dell’ufficio e la relativa area di controllo, sono e saranno previsti controlli mobili per il traffico turistico e controlli materiali presso uno spazio allo svincolo autostradale di Bissone per il traffico commerciale.
La situazione è in evoluzione, l’obiettivo generale è quello di implementare dei processi che, con i debiti accorgimenti, possano facilitare il disbrigo delle procedure. Vi sarà la possibilità di ulteriori adeguamenti futuri sulla base delle esperienze raccolte durante le prime settimane di gennaio, in materia di tipologie e volumi di traffico.
Cosa è emerso finora?
Il traffico campionese è basato esclusivamente su fornitori di prestazioni ticinesi, per cui si tratta di esportazioni di beni/merci di quantità ridotta, con un raggio d’azione entro – circa – i 50 km. Per determinati servizi vi è la necessità di assicurare il servizio 7 giorni su 7, giorno e notte (24/h). Quest’analisi ha permesso di stilare un elenco dei settori economici operativi in loco e delle loro specifiche necessità.
Per queste e altre situazioni incontrate son stati implementati dei processi (anche temporanei), come ad esempio:
Visto l’evolversi della situazione e una mancata regolamentazione in essere dalla controparte italiana, invitiamo le aziende che avessero domande mirate per l’Amministrazione Federale delle Dogane a rivolgersi all’Ispettorato doganale Chiasso-Strada (tel. +41 58 483 41 02).
Automobili e circolazione
Un altro degli importanti cambiamenti con cui i cittadini campionesi dovranno confrontarsi è l’immatricolazione dei veicoli con targa svizzera (ticinese) con targhe italiane, in quanto le automobili dei residenti a Campione non potranno più essere immatricolate in Ticino.
Il processo riguarda oltre 1800 veicoli, che risulta abbastanza snello per la parte burocratica ticinese, ma può richiedere un po’ di tempo per il disbrigo della pratica a livello italiano. Visto che non è stata formalmente definita una transizione e l’accordo è in fase di definizione, presumibilmente la data termine potrebbe essere il 31.12.2020.
È stato anche posto l’accento su alcune problematiche assicurative, per quanto attiene delle disdette di contratti di assicurazione e di leasing delle automobili.
Per maggiori informazioni, il nostro Servizio giuridico resta a disposizione per le aziende associate alla Cc-Ti.
Documentazione utile
Scarica la presentazione power point completa.
Incoterms® 2020: anche in una pratica App
/in Internazionale, TematicheCon il rilascio della nuova versione delle clausole di resa, la Camera di commercio internazionale (ICC) promuove anche una pratica applicazione per smartphone.
Rimanere connessi digitalmente agli strumenti di business che utilizziamo quotidianamente è più importante che mai, specialmente per chi lavora nel commercio con l’estero. Anche restare aggiornati sulle ultime novità è essenziale per poter portare avanti la propria attività con successo.
Una delle principali novità di questo anno è sicuramente la pubblicazione delle nuove clausole Incoterms® 2020. Malgrado abbiate seguito i corsi della Cc-Ti o acquistato il libro “Incoterms 2020”, può sempre rimanere un dubbio sulle regole di resa. Ecco quindi che anche la Camera di commercio internazionale (ICC) ha voluto aiutare gli imprenditori fornendo una App da scaricare sul proprio cellulare, utile a colmare i dubbi che possono sorgere in un momento di distrazione. Anche in viaggio quindi è sempre pratico e veloce consultare le obbligazioni del compratore o del venditore in una determinata regola, oppure ripassare la nuova clausola DPU.
L’App fornisce i seguenti servizi:
Ricordiamo che gli Incoterms® 2020 aiutano gli importatori e gli esportatori di tutto il mondo a comprendere le proprie responsabilità ed evitare costosi equivoci. Le regole formano il linguaggio delle transazioni di vendita internazionali e contribuiscono a rafforzare la fiducia nel nostro sistema commerciale globale.
La Cc-Ti, oltre a fornire consulenze ai propri associati, promuove anche corsi di formazione sulle clausole Incoterms®. Il prossimo appuntamento è in programma il 1° aprile e le iscrizioni sono già aperte!
Aziende caute, ma propositive
/in Comunicazione e mediaVi proponiamo un’intervista con il Presidente Cc-Ti Glauco Martinetti.
Dall’inchiesta congiunturale Cc-Ti emergono dati sostanzialmente positivi. La flessione negli investimenti però la preoccupa?
Con una battuta potrei dire che finalmente possiamo dare qualche indicazione non positiva, visto che siamo spesso accusati, in maniera tendenziosa e ingenerosa, di propagandare solo “false” notizie positive. Battute a parte, l’indicatore sugli investimenti va sicuramente osservato con attenzione. È indubbio che le tensioni internazionali e le modifiche strutturali in atto anche in Svizzera, pensiamo per esempio alle riforme fiscali, hanno forse frenato un po’ gli investimenti. Il timore è però che fra le cause principali vi sia l’erosione dei margini di utile delle aziende, in atto da diversi anni e che abbiamo sempre rilevato. Ora potrebbero esservi effetti come quello di meno mezzi a disposizione da reinvestire nelle attività aziendali, con rischio di perdita di competitività e quindi con effetti negativi anche sull’occupazione.
Come rimediare a questo rischio?
È molto difficile, perché l’erosione dei margini è un fenomeno che ha caratteristiche molto diverse per i vari settori. Il commercio al dettaglio soffre per motivi diversi rispetto all’industria, così come l’artigianato subisce pressioni che non sono direttamente paragonabili con quelle alle quali sono esposti i servizi. Vi sono quindi da una parte elementi derivanti dal contesto internazionale sui quali non abbiamo alcuna influenza,
mentre sul piano interno, non è sempre facile ipotizzare misure che possano andare a favore di tutti i settori indistintamente. Credo che la migliore ricetta sia sostanzialmente quella tradizionale della Svizzera, cioè favorire nel miglior modo possibile la libertà imprenditoriale.
La sorprendono i dati sulla responsabilità sociale d’impresa (CSR)?
No, possono sorprendere solo chi ritiene, sbagliando, che le imprese non hanno alcuna sensibilità verso il territorio. I dati dicono chiaramente altro e l’analisi effettuata dalle ricercatrici della SUPSI attesta che siamo su buoni livelli. È evidente che le aziende più grandi hanno maggiori mezzi a disposizione per disporre misure con impatto ambientale e sociale, ma attenzione a non sottovalutare l’importanza del ruolo delle piccole imprese. Ad esempio, esse contribuiscono spesso con misure meno spettacolari ma altrettanto importanti al benessere del territorio, offrendo “semplicemente” posti di lavoro. Che è poi comunque la prima e principale missione delle aziende. Quindi bene la CSR, ma attenzione alla sua definizione ed evitiamo di criminalizzare chi apparentemente non rientra esattamente in taluni schemi.
Tendenze cantonali a confronto con le altre regioni svizzere
/in Appuntamenti, Eventi e missioni, Eventi statisticiDa 10 anni a questa parte rileviamo presso i nostri associati l’andamento degli affari e le prospettive per l’anno successivo. L’indagine avviene in collaborazione con le altre Camere di commercio e dell’industria svizzere, secondo uno schema uniforme e consolidato.
Per quanto riguarda il Ticino, il campione è costantemente di circa 300 aziende (330 per il 2019/2020) e interessante è il fatto che le tendenze che rileviamo sono in seguito sempre regolarmente confermate dai dati ufficiali cantonali e federali. Malgrado lo scetticismo che alle nostre latitudini accompagna ormai ogni notizia positiva riguardante l’economia cantonale, è un fatto che i dati ticinesi illustrano sempre un’evoluzione in linea con quella delle altre regioni svizzere. Per alcuni, con parametri addirittura migliori di zone come l’Arco lemanico, considerate unanimamente fra le più dinamiche e innovative. Come sottolineiamo sempre, non si tratta di esaltare oltre modo gli aspetti positivi e l’accusa di ignorare qualche fattore negativo è totalmente ingiustificata e ingenerosa. Si tratta piuttosto di aiutare a capire quali sono i punti di forza della nostra economia e far emergere le questioni delicate, magari meno note al grande pubblico, ma utili per un dibattito politico sereno e basato sui fatti.
Andamento stabile
Un elemento importante che emerge da vari anni e che è stato riconfermato anche dall’indagine 2019/2020 è la sostanziale stabilità della nostra economia. Stabilità che non è mai venuta meno anche in periodi molto difficili di grandi crisi (pensiamo alla questione franco-euro) e che conferma l’importanza di un tessuto economico diversificato come quello ticinese. Sono innegabili, e noi ne siamo consapevoli, le difficoltà di taluni settori (non segnatamente rilevate nella nostra inchiesta che osserva solo le tendenze generali dell’economia), ma queste per fortuna non hanno inficiato la situazione globale e i risultati tutto sommato positivi che risultano a saldo di tutte le situazioni specifiche. Non è un caso se, malgrado i brutali assestamenti del settore bancario, il gettito fiscale delle persone giuridiche negli ultimi dieci anni è rimasto costante, con importanti contributi di aziende di altri ambiti che hanno compensato quanto è venuto a mancare sul fronte della finanza. Non deve quindi stupire se dalle risposte dei nostri associati emergono tendenze positive, come attestato da 3 aziende su 4 che hanno confermato le aspettative espresse nel 2018. L’andamento generale degli affari, fra chi lo considera soddisfacente (42%) e chi lo ritiene buono (32%), può essere considerato di segno positivo. Così come le previsioni per il 2020 che, salvo cataclismi imprevedibili, sono improntate alla fiducia per il 74% delle imprese che hanno partecipato all’inchiesta. Interessante è il fatto che anche per le imprese votate all’esportazione, le cifre sono sostanzialmente le stesse, malgrado un contesto internazionale molto nervoso o ondivago, l’inasprimento dei conflitti commerciali, l’incertezza dei rapporti con l’Unione europea (UE) e sull’esito della Brexit, nonché le difficoltà di alcuni importanti mercati di riferimento.
Investimenti sotto pressione, ma molte iniziative per il territorio
Vi sono settori, come quello farmaceutico, che hanno investito e investono moltissimo in Ticino. Dobbiamo constatare però che a livello generale abbiamo osservato una flessione degli investimenti, soprattutto da parte delle aziende di più piccole dimensioni. Se le strutture grandi sembrano reggere alle insidie delle incertezze globali, quando le dimensioni si fanno più ridotte si osserva invece qualche comprensibile maggiore difficoltà. I 4 punti percentuali in meno rispetto al 2018 e le previsioni più prudenziali del solito per il prossimo futuro sono certamente riconducibili agli elementi di insicurezza derivanti dalla situazione internazionale caratterizzata da tensioni e guerre commerciali, ma non vanno trascurati elementi rilevanti anche sul fronte interno, visto che il cambiamento radicale di sistema fiscale a livello svizzero e cantonale, al momento dei rilevamenti, non era ancora completamente acquisito. E indubbiamente anche la pressione sui margini di utile ha giocato un ruolo. Interessante è comunque che, nel quadro della valutazione dei parametri riconducibili alla Responsabilità sociale delle imprese (CSR), si è registrato un buon livello di iniziative da parte delle imprese, che hanno fatto registrare ben 138 buone pratiche suddivise in 32 diverse tipologie di intervento in ambiti come la governance d’impresa, i rapporti con gli attori del mercato, con i collaboratori e con la comunità, senza dimenticare le differenti misure in campo ambientale.
Ritrova tutti i documenti relativi ai risultati dell’inchiesta congiunturale.
La Cc-Ti raccomanda di respingere l’iniziativa “più abitazioni a prezzi accessibili”
/in Comunicazione e mediaLa nostra presa di posizione sulla votazione federale del 9 febbraio 2020.
L’iniziativa propone di introdurre una quota fissa ed obbligatoria del 10% di costruzioni di pubblica utilità in tutta la Svizzera. Anche se il titolo dell’iniziativa è apparentemente e teoricamente allettante, la proposta in votazione cela un approccio molto pericoloso e contrario al nostro collaudato sistema svizzero, che poggia invece sul pragmatismo e sulla sussidiarietà.
Una percentuale di costruzioni di pubblica utilità fissa ed identica in tutto il paese ha infatti poco senso, tenuto conto che la situazione a Zurigo o a Ginevra non è minimamente paragonabile a quella ticinese o ad altre zone nelle quali gli spazi sfitti hanno ormai raggiunto un livello preoccupante.
Non va inoltre dimenticato che nessun investitore privato avrà alcun interesse a realizzare questo tipo di alloggi, la cui costruzione e gestione verrebbero quindi integralmente demandate agli enti pubblici. Ciò provocherebbe un importante aumento della burocrazia e delle spese pubbliche. Saremo quindi tutti noi a dover sopportare l’onere finanziario (stimato a 120 milioni di franchi all’anno) di questa proposta che, come detto, non tiene conto delle reali necessità territoriali e non contribuisce quindi a risolvere alcun problema.
Infine occorre sottolineare come questa iniziativa rischia di bloccare ogni iniziativa privata laddove la quota del 10% di costruzioni di pubblica utilità non sarebbe ancora raggiunta. Si tratta quindi di un’ingerenza eccessiva dell’ente pubblico che penalizzerebbe in modo intollerabile l’attività privata.
Per queste ragioni raccomandiamo di respingere l’iniziativa “più abitazioni a prezzi accessibili”.
Maggiori informazioni sul sito della campagna “No all’iniziativa più abitazioni a prezzi accessibili”