Le incognite dell’eventuale rinuncia agli Accordi con l’UE

Negli ultimi 20 anni per ben tre volte (maggio 2000, settembre 2005 e febbraio 2009) si è votato sugli Accordi Bilaterali con l’UE e la libera circolazione delle persone. In tutte le tre consultazioni il popolo, a stragrande maggioranza, ha approvato l’intesa con Bruxelles.

Ciononostante, il 27 settembre si tornerà alle urne: si vota sull’iniziativa “Per un’immigrazione moderata” che in sostanza punta ad abolire la libera circolazione, scardinando di fatto tutto il pacchetto dei Bilaterali I. Alla fine del 1993 l’UE si è dichiarata pronta ad avviare negoziati in sette comparti, ponendo tuttavia la condizione che tutti gli Accordi fossero negoziati parallelamente e quindi firmati e attuati contemporaneamente: questo perché i
vari dossier avrebbero garantito vantaggi a entrambe le parti soltanto se considerati nel loro complesso.

Gli Accordi sono dunque stati connessi giuridicamente tra di loro a mezzo di una cosiddetta «clausola-ghigliottina» per evitare che fossero posti in vigore separatamente. Qualora uno degli Accordi venisse denunciato, anche i rimanenti sarebbero abrogati caricando ancor di più d’incognite l’appuntamento di settembre. Grazie anche all’impulso dei Bilaterali, la Svizzera ha ritrovato la via della crescita dopo la stagnazione degli anni ‘90. Sono aumentati il PIL, l’occupazione, il reddito pro capite, la competitività e la capacità d’innovazione della nostra economia. Se questi sono dati reali, non esiste invece alcuna
controprova che ci sarebbe stato un analogo sviluppo senza questi Accordi.

Indubbiamente, i Bilaterali non sono solo “rose e fiori”. Nelle regioni di confine, come il Ticino, si sono registrate una più forte concorrenza sul mercato del lavoro, a volte una pressione al ribasso sui salari e talune distorsioni che hanno alterato il corretto meccanismo della domanda e dell’offerta. Problemi che non si risolvono però rinunciando alla libera circolazione, ma con il concreto impegno delle parti sociali, del governo e della politica per ottimizzare e migliorare le misure di accompagnamento a tutela dei lavoratori e di una concorrenza leale.

La Svizzera negli ultimi anni ha diversificato notevolmente i suoi mercati di sbocco, tuttavia l’UE, che assorbe il 51,2% dell’export elvetico, resta il nostro più importante partner commerciale, con scambi per oltre un miliardo di franchi al giorno. Il prossimo settembre la posta in gioco è molto alta. Ecco cosa si perderebbe con l’abolizione dei sette Accordi Bilaterali e gli scenari che si aprirebbero nel caso di una rottura con l’Europa.

Quanto vale economicamente ogni singolo accordo per il nostro Paese?

Libera circolazione: il valore economico del più importante e discusso trattato con Bruxelles è stato calcolato in 14 miliardi di franchi all’anno. Secondo le stime del Professor George Sheldon dell’Università di Basilea, gli immigrati arrivati in Svizzera con la libera circolazione hanno contribuito, dal 2003 al 2011, ad aumentare in media il PIL pro capite dello 0,9%, ossia di 553 franchi a testa.

Abolizione degli ostacoli tecnici al commercio: l’intesa permette alle imprese di smerciare la loro produzione nei Paesi UE con costi e tempi molto più ridotti rispetto a prima. Un trattato che vale quasi due miliardi di franchi all’anno.

Agricoltura: si è notevolmente semplificato il commercio di diversi prodotti agricoli, innanzitutto formaggi e derivati del latte trasformati. Dal 2002 al 2018 le vendite di formaggio e ricotta nell’area UE sono aumentate del 42%. Solo per l’export di formaggi l’accordo rende 100 milioni di franchi ogni anno.

Appalti pubblici: l’intesa ha aperto l’accesso alle imprese e agli studi professionali elvetici in un mercato che già dieci anni fa valeva 425 miliardi di franchi. Il valore dell’accordo è stato stimato in un miliardo di franchi all’anno.

Trasporti terrestri: si garantisce l’accesso ai mercati europei dei trasporti ferroviari e stradali. Il nostro Paese incassa ogni anno mezzo miliardo di franchi.

Trasporto aereo: si stima in 7 miliardi di franchi annui il valore di questo accordo, che è fondamentale per le compagnie aeree rossocrociate, gli aeroporti, i passeggeri e per l’industria del settore aeronautico (35mila impieghi e un valore aggiunto annuo di 10 miliardi di franchi). Un annullamento dell’intesa penalizzerebbe il turismo, l’attrattività della nostra piazza economica e farebbe aumentare anche i costi dell’export. Inoltre, causerebbe un rincaro delle spese di gestione degli scali sino a 8 milioni di franchi annui e una nuova pianificazione con costi tra i 5 e 15 milioni di franchi.

Ricerca: con questo accordo la ricerca e l’innovazione svizzere hanno registrato un guadagno d’efficienza del 20% e creato un valore aggiunto di oltre 2 miliardi di franchi annui. L’intesa ci consente di partecipare ai programmi quadro di ricerca dell’UE che possono contare su un budget miliardario. Anche alcuni istituti ticinesi di ricerca hanno beneficiato di finanziamenti per decine di milioni di franchi. Fuori da questo accordo, sarebbe molto più difficile
restare pienamente integrati nelle reti internazionali della ricerca, di conseguenza la Svizzera perderebbe anche interesse agli occhi degli specialisti e dei ricercatori che oggi arrivano qui da ogni parte del mondo.

Quali vere alternative ci sono ai Bilaterali?


In realtà nessuna. Un ritorno al semplice accordo di libero scambio con l’UE del 1972 o a rapporti di scambio sulla sola base delle regole dell’OMC, sono soluzioni che non garantirebbero a un Paese orientato fortemente sull’export, come la Svizzera, i benefici e i vantaggi conseguiti sinora con i Bilaterali.
Rinegoziare un’intesa commerciale con Bruxelles non sarebbe per nulla facile (Brexit docet); rinunciare all’accesso privilegiato a un mercato di mezzo miliardo di persone per tentare Accordi coni singoli Stati UE, sarebbe solo un pericoloso passo indietro, con devastati ripercussioni su tutta l’economia
nazionale.

Cosa comporterebbe un ritorno al sistema dei contingenti/ quote per la manodopera estera?

Innanzitutto, si aggraverebbe la carenza di manodopera, qualificata e non, che rappresenta già ora un grave problema per le imprese.
Gestire l’immigrazione con questo sistema richiederebbe un notevole apparato burocratico, sia a livello federale che cantonale, con costi esorbitanti e lentezze procedurali che nuocerebbero al dinamismo e alla flessibilità aziendale. Inoltre, si scatenerebbe la lotta tra i Cantoni e tra i diversi settori produttivi per accaparrarsi la manodopera loro necessaria, come già successo in passato.

Quale forza contrattuale avrebbe la Svizzera, qualora si dovesse arrivare alla disdetta dei Bilaterali?

Il potere contrattuale della Confederazione sarebbe molto scarso. Dopo la Brexit, Bruxelles è ancora più determinata a non concedere a chicchessia un’accessibilità “à la carte” al suo mercato. Tanto più alla Svizzera alla quale è già legata da un complesso sistema con più di 120 Accordi e che sinora
ha beneficiato di una corsia privilegiata nello scambio commerciale. Va pure sgomberato il campo da talune idee balzane come quella di usare la minaccia di aumentare la tassa di transito sui mezzi pesanti per ammorbidire Bruxelles. Difatti, tutti i Paesi interessati a transiti potrebbero compensare con sussidi pubblici un eventuale aumento della tassa. In questi tempi di forsennati aiuti di Stato e di salvaguardia degli interessi nazionali, nessun governo avrebbe remore a sovvenzionare il trasporto merci che per ogni Paese ha sempre una funzione strategica. Con un’Europa che sta cercando in tutti i modi di ricompattarsi, è altrettanto illusorio pensare che la Germania, per quanto sia il nostro principale partner commerciale, si faccia in quattro per difendere
gli interessi della Confederazione.

Cosa ci ha insegnato la Brexit?

Quattro anni dopo il referendum che ha sancito la Brexit, i negoziati tra il Regno Unito e Bruxelles stentano ad andare avanti. Anzi, per Londra la strada dell’uscita dall’UE si sta rivelando sempre più dura e difficile. Sebbene ci sia in gioco il futuro della seconda economia più grande del Vecchio Continente, l’UE non pare intenzionata a trattamenti di favore. Né tantomeno disponibile ad accomodanti compromessi che potrebbero rappresentare una tentazione per la fuga di qualche altro Stato membro dell’Unione. Oggi Londra farebbe di tutto per raggiungere una convenzione sul modello svizzero. Come gli Accordi Zilaterali I che qui, paradossalmente, col voto del 27 settembre si vorrebbero cancellare.


Per approfondire: commercio estero della Svizzera, 2019 – in miliardi di franchi (fonte: UST, AFD – Statistica del commercio estero – 2020)

Glauco Martinetti al Lugano Living Lab

Il Presidente della Cc-Ti è stato ospite di un evento tenutosi lo scorso 21 agosto nel Parco Ciani a Lugano nell’ambito del LongLake Festival.

Nella suggestiva cornice del Parco Ciani a Lugano, anche Glauco Martinetti, Presidente della Cc-Ti, ha presenziato – quale ospite – all’evento “COVID, economia e prospettive future”, organizzato dalla Città di Lugano per “Lugano Living Lab”.

Il Presidente della Cc-Ti ha parlato di economia e di come il Ticino (e nello specifico le aziende) abbia risposto in modo pragmatico all’emergenza sanitaria data dal COVID-19. Glauco Martinetti ha sottolineato che il tessuto economico cantonale è ricco e sfaccettato. Questo dato porta poi al non poter fornire una risposta univoca alla domanda sugli effetti post- COVID-19 per tutti gli ambiti congiunturali.
I settori economici sono infatti colpiti in momenti e con intensità differenti.
La tenuta dell’economia finora è stata buona, ma occorre vedere cosa accadrà in futuro (già dal 4° trimestre 2020).

Nei vari cambiamenti in atto e in questo momento di transizione, emerge un dato chiaro che la pandemia ha accelerato: le modifiche nel modo di lavorare e nelle nostre abitudini sono una realtà, come il telelavoro e le diverse modalità di smart working.

I temi in evidenza

L’emergenza sanitaria legata alla diffusione del COVID-19 ha avuto forti ripercussioni non solo in termini di salute pubblica, ma anche di salute dell’economia. Tematiche quali la riduzione delle attività dovuta alla situazione sanitaria, lo stop durante il lockdown, il rallentamento della crescita del prodotto interno lordo, ecc. sono quindi determinanti ora per capire come ripartire in questo peculiare momento storico.

Alla serata sono intervenuti – oltre al Presidente Cc-Ti Glauco Martinetti -: Marco Borradori, Sindaco della città di Lugano; Fabio Bossi, Delegato alle relazioni economiche regionali della Banca nazionale svizzera; Marc Bros de Puechredon, Presidente della direzione generale di BAK Economics AG; Tyler Brûlé, Giornalista ed editore di Monocle; Bruno Giussani, Direttore europeo TED; Rico Maggi, Direttore dell’Istituto di Ricerche Economiche; Meg Pagani, Imprenditrice e fondatrice di Impacton.org; Lorenza Sommaruga; Presidente Federcommercio e Simona Zanette, CEO Hearst Digital.

È possibile visualizzare il dibattito sul canale Youtube di Lugano Living Lab, attraverso questo link.

Settembre 2020: un mese anche di decisioni cruciali

L’opinione del Direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino Luca Albertoni

Il prossimo mese di settembre è atteso come “spartiacque” importante per trarre mirate riflessioni sugli effetti del Covid-19 sull’economia. Non sono pochi infatti i timori che i risvolti negativi inizieranno a emergere verso l’autunno, visto che si prevedono importanti difficoltà per i vari settori industriali legati, per la loro natura, alle vicissitudini internazionali. E dopo l’evasione degli ordini che già erano in essere, nuovi mandati e opportunità di business rimangono molto incerti. Senza contare che taluni considerano l’autunno anche come il momento di possibile nuova recrudescenza del virus e di tutto ciò che ne seguirebbe. Prospettive che non lasciano certo tranquilla un’economia duramente provata e che purtroppo non può contare su quelle indispensabili certezze per poter operare, investire, creare in serenità, mantenendo i posti di lavoro. Le aziende stanno facendo il possibile e l’impossibile per rinfrancare le fragilità che si sono create.

Ma settembre porterà con sé altre scadenze molto importanti, cioè le consultazioni popolari rinviate nei mesi scorsi e che prevedono, a livello federale, ben cinque oggetti in votazione. In ordine sparso e non d’importanza, la modifica della legge federale sulla caccia, il decreto federale concernente l’acquisto di nuovi aerei da combattimento, la modifica della legge federale sull’imposta federale diretta concernente le deduzioni per i figli, la modifica della legge sull’indennità di perdita di guadagno per l’introduzione di un congedo paternità e, dulcis in fundo, l’iniziativa popolare “Per un’immigrazione moderata (iniziativa per la limitazione). A parte la modifica della legge federale sulla caccia, sulla quale la Cc-Ti non si esprime, per gli altri oggetti vi sono risvolti che richiedono una posizione chiara e le relative puntuali spiegazioni.

Decreto federale concernente l’acquisto di nuovi aerei da combattimento

Il mondo economico si è sempre espresso a favore di tale acquisto, visto che il rinnovo della flotta per la protezione aerea del territorio è indispensabile, tenuto conto che gli aerei attuali non saranno più utilizzabili dopo il 2030. Qualche anno fa il popolo ha respinto il credito per l’acquisto dei Gripen, forse considerati non adatti e troppo costosi nel rapporto qualità-prezzo.

Questa volta la situazione è diversa. L’aereo più adatto deve essere ancora scelto perché gli esperti stanno testando diverse varianti, per cui si tratta di votare sul credito di 6 miliardi, che costituirà il limite messo a disposizione della Confederazione per l’acquisto. Il Consiglio federale dovrà poi determinare quale tipo di velivolo e quanti modelli potranno essere acquistati con questo budget. La decisione necessiterà comunque ancora dell’approvazione del Parlamento, supplementare garanzia di equilibrio nella scelta.

Un elemento da non trascurare per l’economia è ovviamente quello delle commesse che saranno attribuite alle aziende elvetiche (comprese le PMI). Il 60% del prezzo d’acquisto andrà infatti in mandati a imprese del nostro territorio, con il 5% destinato al Ticino.

Un contributo importante per una ripresa che si preannuncia molto difficile in questi tempi di incertezze e le aziende ticinesi in particolare hanno molte carte da giocare sul terreno dello sviluppo tecnologico, essenziale per questo genere di affari di compensazione (detti anche “offset”). I grandi gruppi produttori degli aerei che hanno visitato le nostre aziende in questi anni per capirne le potenzialità, hanno tutti unanimemente sottolineato la qualità e l’idoneità delle nostre imprese, che sono quindi pronte a raccogliere questa sfida.

Tutti motivi che inducono la Cc-Ti a esprimere un chiaro SÌ al decreto federale che prevede lo stanziamento dei 6 miliardi e che va visto quale investimento nella crescita futura dell’industria svizzera e quindi a salvaguardia dei nostri posti di lavoro.

Modifica della legge federale sull’imposta federale diretta concernente le deduzioni per i figli

La modifica mira ad aumentare la deduzione massima per l’imposta federale diretta da 10’000 franchi a 25’000 per figlio in caso di custudia da parti di terzi.

L’intento è di permettere la conciliabilità tra famiglia e il lavoro, di adeguare la deduzione fiscale alla spesa reale che comporta la custodia dei figli da parte di terzi e di assicurare la presenza sul mercato di personale qualificato, in gran parte femminile (spesso costretto a ridurre la percentuale o smettere di lavorare, scoraggiato da motivi fiscali) a vantaggio dell’economia nazionale. Anche la deduzione generale per i figli passerebbe da 6’500 a 10’000 franchi, così da sgravare le famiglie a prescindere dalle modalità di cura dei figli. La critica, secondo la quale questa riforma andrebbe a beneficio dei redditi medio-alti non regge. Seppur vero che a trarre beneficio dall’aumento delle deduzioni sono le famiglie che pagano l’imposta federale diretta, vale a dire circa sei famiglie su dieci, sono proprio quelle che sono maggiormente “provate” fiscalmente, per cui un alleggerimento è giustificato. L’IDF è calcolata sulla base del reddito. Attualmente circa il 60% delle famiglie paga l’IFD e beneficerà dunque della deduzione. Il restante 40% continuerà a non pagarla.

La Cc-Ti sostiene quindi il SÌ alla modifica della legge federale sull’imposta federale diretta.

Modifica della legge federale sull’indennità di perdita di guadagno

Questa modifica prevede l’introduzione di un congedo paternità retribuito di due settimane da prendere entro sei mesi dalla nascita del figlio. Questa flessibilità sul periodo è volta a non svantaggiare le strutture aziendali piccole, confrontate con maggiori difficoltà organizzative rispetto a strutture più grandi. La perdita di guadagno legata al congedo di paternità è indennizzata analogamente a quanto previsto nei casi di maternità e corrisponde all’80% del reddito medio conseguito prima della nascita del figlio, ma al massimo a 196 franchi al giorno. Come il congedo di maternità, il congedo di paternità è finanziato mediante le indennità di perdita di guadagno (IPG) e quindi prevalentemente con i contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro.

Il testo sottoposto a votazione è un controprogetto rivolto a un’iniziativa popolare che chiede quattro settimane di congedo-paternità. Si tratta quindi di un compromesso sostenibile, per cui la Cc-Ti invita a votare SÌ alla modifica della legge federale sull’indennità di perdita di guadagno.

È evidente, tenendo conto dei tempi che stiamo vivendo, che sorgono molti interrogativi legittimi quanto all’opportunità di sobbarcare sulle finanze pubbliche e sulle aziende (per l’IPG) ulteriori spese. Soffermandosi e dando risalto in prevalenza agli aspetti che prevedono un ulteriore investimento è importante considerare che sarebbe davvero peccato e sbagliato non investire sul futuro, anche se al momento gli importi possono sconcertare.

È chiaro che, nel contesto conciliabilità lavoro-famiglia, sarebbe preferibile operare piuttosto con riforme strutturali (come l’introduzione della imposizione fiscale individuale che faciliterebbe in modo consistente l’impiego anche femminile) anziché continuamente ricercare nuovi strumenti considerati “sociali”.

Ma per i due oggetti menzionati si può considerare che siano proporzionati, se ci si limiterà a questi.

Iniziativa popolare “Per un’immigrazione moderata (Iniziativa per la limitazione)

Come detto, dulcis in fundo, l’iniziativa che vuole soppprimere la libera circolazione delle persone con l’Unione Europea e quindi tutto il primo pacchetto degli Accordi bilaterali che sono vitali per l’economia svizzera. La caduta di tutti gli Accordi è una conseguenza diretta e inevitabile della “clausola ghigliottina” di cui taluni si ostinano a negare l’esistenza. E dato che la libera circolazione è un pilastro fondamentale anche degli Accordi di Schengen e Dublino, è evidente che anche questi cadrebbero con buona pace di chi, paradossalmente, chiede più sicurezza in generale e una gestione più ferrea nella politica d’asilo.

La posizione dell’economia è sempre stata chiara e si può qui solo ribadirla, cioè che con il nostro partner commerciale più importante occorrono rapporti stabili e chi oggi vuole scioglierli non propone alternative credibili e facilmente attuabili, se non un generico “rinegoziare”, facile sulla carta ma molto difficile nella realtà.

Ciò non significa che l’attuale costrutto contrattuale non possa o debba essere migliorato, anche per tenere conto, nella misura del possibile, delle diverse e diversificate realtà regionali, come la nostra. Ma vanificare tutto senza avere un progetto costruttivo di come procedere, sarebbe un errore.

Quindi la Cc-Ti ribadisce il NO all’iniziativa popolare per la limitazione.

Proposte strutturali per il Consiglio di Stato

Il Canton Ticino sta affrontando la più impegnativa crisi sanitaria della nostra generazione, crisi che però rischia di non essere del tutto alle nostre spalle, soprattutto a livello economico. La Cc-Ti ha condiviso con le altre parti sociali e con l’ente pubblico questa fase iniziale molto critica, reagendo in modo compatto all’imprevedibile evoluzione della situazione da marzo in poi.

In quest’ottica, lavorando insieme, è stato possibile dare risposte rapide, pragmatiche, condivise e modulate in base alle sempre nuove forme che questa insidiosa sfida assumeva, giorno dopo giorno. Il lavoro di squadra ha permesso di andare avanti, senza polemiche di parte, guardando tutti insieme al bene comune del nostro Cantone.

Terminata la fase acuta della crisi abbiamo immediatamente coinvolto il nostro Consiglio economico, gremio composto da ben 44 associazioni di categoria, in un esercizio coordinato per individuare e discutere le criticità della ripartenza dopo questo inaspettato terremoto. Su tali basi sono state individuate delle proposte strutturali che abbiamo sottoposto al Consiglio di Stato in tre lettere distinte.

Innanzitutto, come entrata in materia abbiamo ribadito al governo ticinese che il partenariato positivamente messo in atto durante la fase iniziale della crisi va continuato, nel senso che l’amministrazione pubblica, riconoscendo la particolare situazione in cui versa l’economia cantonale, abbandoni posizioni di incomprensibile rigidità in talune procedure e assicuri per contro un maggior sostegno alle aziende e un’applicazione delle norme che tenga conto dell’evidente buon senso attualmente necessario. Economia e amministrazione pubblica non devono per forza essere in contrapposizione. Anzi, mai come oggi ci rendiamo conto che sono entrambe sulla proverbiale “stessa barca”.

In secondo luogo il dialogo continuo durato circa un mese con il Consiglio economico ha permesso di individuare una serie di misure fiscali, anch’esse portate a conoscenza del Consiglio di Stato. Tra le proposte avanzate troviamo l’aumento della percentuale per gli ammortamenti accelerati per gli anni 2020 e 2021, la defiscalizzazione investimenti produttivi, la sospensione dell’imposta di bollo cantonale e sostegno all’iniziativa che ne chiede l’abolizione a livello federale, l’introduzione di accantonamenti Covid per l’anno fiscale 2019, e altre ancora.

Infine, nella terza lettera inviata al Consiglio di Stato sono state evidenziate misure di natura non fiscale ma comunque di grande importanza per il nostro territorio.  Le principali proposte messe sul tavolo sono state il potenziamento delle reti telematiche (5G) per favorire telelavoro e un’amministrazione efficiente in tempo di crisi, l’introduzione di incentivi per gli approvvigionamenti indigeni, il sostegno alle misure già chieste dalla Società svizzera degli impresari costruttori per l’edilizia cantonale, l’avvio di una profonda riflessione sul tema degli spazi commerciali che in futuro rischiano di rimanere vuoti a causa del telelavoro, una maggior flessibilità degli orari di lavoro, come peraltro chiesto dalla nostra Vicepresidente Cristina Maderni con la mozione parlamentare del 18.05.2020.

“Per salvare i posti di lavoro occorre flessibilità”, un maggior sostegno ai lavoratori indipendenti e alle persone che occupano una posizione analoga a quella del datore di lavoro, l’avvio di una vera promozione territoriale per attrarre nuove aziende e residenti nel nostro Cantone in un momento in cui la Svizzera a livello internazionale ha saputo dimostrare il suo valore agli occhi di tutti, e, non da ultimo, la pratica di una vera cultura dell’accoglienza nei confronti di tali persone, senza la quale i nostri tentativi di promozione rischiano purtroppo di rimanere lettera morta.

L’esercizio condotto con il Consiglio economico della Cc-Ti coordinato dall’Avv. Michele Rossi, ha permesso in circa un mese di giungere alla formulazione di proposte molto concrete che, si spera, raccolgano la dovuta attenzione da parte del Governo cantonale con il quale è stato pure chiesto un incontro.

Partecipate all’inchiesta congiunturale 2020/2021

L’inchiesta congiunturale condotta in collaborazione con 5 Camere di commercio e dell’industria della Svizzera romanda è giunta alla sua undicesima edizione. Grazie al numeroso e costante contributo degli associati possiamo riuscire ad attestare una realtà che i risultati dei dati statistici ufficiali puntualmente poi avvalorano.

La grande opportunità di poter paragonare i dati del nostro Cantone con quelli di altri Cantoni svizzeri rafforza la voce della Cc-Ti a sostegno dei vostri interessi.

Ringraziamo sentitamente i soci per il loro impegno e collaborazione e chiediamo alle aziende affiliate alla Cc-Ti di voler compilare l’inchiesta seguendo le istruzioni elencate nella lettera ricevuta e rispedirla entro il 28 settembre 2020.

Tutti i dati saranno trattati in modo strettamente confidenziale e nel rispetto delle disposizioni di legge in vigore. La Cc-Ti presenterà i risultati dell’inchiesta in modo ufficiale e anticipatamente per coloro che vi hanno partecipato e, in seguito, verranno pubblicati sui nostri canali di comunicazione (www.cc-ti.ch, Ticino Business, newsletter, Facebook e Twitter).

Per altre informazioni potete contattare Gianluca Pagani, CSR Manager Cc-Ti.

Ciò che gli esportatori dovrebbero sapere sulla proprietà intellettuale

Prodotti e servizi sono spesso il risultato di costosi progetti di innovazione tecnologica. L’esportazione in un mercato globale di prodotti o servizi e la protezione contro l’uso improprio richiedono un’approfondita conoscenza dei diritti di proprietà intellettuale.

La proprietà intellettuale comprende un’ampia varietà di diritti su invenzioni, design, marchi, opere protette da copyright e segreti commerciali. Tali diritti tuttavia sono in linea di principio validi solo all’interno del territorio nazionale che li ha concessi. Ad esempio, un brevetto concesso in Svizzera avrà diritto di protezione solamente in Svizzera e in Liechtenstein. Pertanto, le aziende interessate a proteggere il loro prodotto devono ricercare protezione focalizzandosi specialmente sui mercati di interesse.
La protezione ottenuta tramite una proprietà intellettuale garantisce al proprietario il diritto di escludere altri dalla produzione, dall’uso e dalla vendita dell’invenzione all’interno della giurisdizione stabilita dai diritti di proprietà intellettuale.

Quali tipi di diritti di proprietà intellettuale ci sono?

Brevetto

Un brevetto è un diritto esclusivo che garantisce un diritto di monopolio per un periodo di tempo limitato su una soluzione tecnica riguardante ad esempio un prodotto o processo. Esistono diverse possibilità per proteggere un’invenzione in dipendenza dal Paese di applicazione. Queste includono i brevetti e i modelli di utilità.

Marchio

Un marchio è un segno protetto che consente all’azienda di distinguere i propri prodotti e servizi da quelli di aziende concorrenti.  Possono essere registrati come marchi d’impresa tutti i segni rappresentabili graficamente o meno. Fra questi sono compresi parole, combinazioni di lettere, numeri, tonalità cromatiche, forme tridimensionali, slogan, sequenze multimediali o combinazioni di questi elementi e persino suoni o profumi. Un marchio può essere registrato a livello nazionale, nell’UE o a livello internazionale grazie a una serie di accordi tra stati.

Design

I design sono forme creative estetiche uniche che si possono proteggere tramite un’iscrizione in un registro. Questo vale sia per i design bidimensionali sia per le forme tridimensionali. Un design può essere registrato a livello nazionale o nell’Unione Europea, oppure tramite una procedura di registrazione internazionale che attualmente include più di 60 Stati membri.

Diritti d’autore

La protezione del copyright si applica a una vasta gamma di opere, tra cui opere scritte, teatrali, musicali, drammatiche, coreografiche, artistiche, architettoniche, fotografiche, cinematografiche, audiovisive, grafiche e software. Di norma, il copyright non deve essere registrato per la protezione, ma in alcuni Paesi la registrazione può essere fatta su base volontaria per la prova certa sulla data di creazione dell’opera.

Segreti commerciali

Un segreto commerciale può essere rappresentato da informazioni di natura tecnica o commerciale che offrono un vantaggio rispetto ai concorrenti. Per essere classificate come segreto commerciale, le informazioni devono soddisfare le seguenti condizioni:

– devono avere un valore commerciale poiché segrete,

– devono essere conosciute solo da una cerchia ristretta di persone, e

– il legittimo proprietario deve prendere le appropriate precauzioni per garantire il mantenimento della segretezza tramite ad esempio accordi di riservatezza con partner commerciali e dipendenti.

Quali altri vantaggi offre la proprietà intellettuale?

I diritti di proprietà intellettuale (IP) contribuiscono in modo significativo al successo economico aziendale migliorando la quota di mercato o i margini di profitto tramite per esempio la concessione di licenze, la cessione o semplicemente attraverso la commercializzazione di prodotti o servizi in esclusiva. I diritti di proprietà intellettuale possono anche migliorare il valore commerciale di una società agli occhi di possibili investitori e istituti di finanziamento.
In caso di vendita, fusione o acquisizione, la proprietà intellettuale può aumentare sostanzialmente il valore di un’azienda e persino rappresentare il bene primario dell’azienda.
L’uso strategico dei diritti di proprietà intellettuale può quindi aumentare in modo significativo la competitività. Pertanto, risulta importante garantire che i diritti di proprietà intellettuale siano protetti e possano essere sfruttati ovunque l’azienda si trovi ad operare.

Cosa dovrebbe essere considerato quando si esportano prodotti e servizi?

Come per i beni materiali, i diritti di proprietà intellettuale devono essere acquisiti, mantenuti e gestiti in maniera ottimale al fine di mantenere il loro pieno valore. In tal modo risulta possibile proteggere i prodotti e i servizi di un’azienda.

Alcuni principi generali sono essenziali per l’efficace gestione della proprietà intellettuale:

  • È importante disporre di una strategia globale per proteggere la proprietà intellettuale.

Una strategia valida e ben ponderata per la protezione e la gestione della proprietà intellettuale risulta necessaria per sostenere il successo economico nel mercato di riferimento dove l’azienda opera. La protezione della proprietà intellettuale consente: di impedire ad altri di beneficiare dell’invenzione; di proteggere il marchio di un’azienda e la sua reputazione; di far valere i propri diritti in modo efficace e rapido in caso di violazione; e di generare ulteriori vantaggi.
Una cattiva strategia in materia di proprietà intellettuale d’altro canto comporta rischi e in determinate circostanze può comportare il fallimento di un’azienda.

  • In linea di principio, la protezione dovrebbe aver luogo prima dell’esportazione dei prodotti e dei servizi.

La registrazione tempestiva dei diritti di proprietà intellettuale garantisce che i suoi vantaggi siano pienamente sfruttabili. I diritti di proprietà intellettuale non registrabili, come i diritti d’autore e i segreti commerciali, possono essere protetti con mezzi contrattuali e non contrattuali.

  • Differenti metodi di protezione sono disponibili in diversi Paesi

In ogni Paese esistono norme specifiche per la protezione della proprietà intellettuale che devono essere rispettate. Al fine di decidere in quali Paesi un diritto di proprietà intellettuale debba essere registrato, le domande sui costi di registrazione, la capacità di ottenere e far valere un diritto, la necessità di esclusività e il ritorno degli investimenti devo essere tenuti in considerazione nel supportare la decisione finale.

  • I diritti in un Paese devono essere registrati e fatti valere seguendo le leggi nazionali.

Quando si ottengono e si sfruttano i diritti di proprietà intellettuale in un Paese, è necessario garantire che tali diritti possano essere ottenuti o fatti valere in modo efficace, equo e sicuro. Ciò è generalmente ottenuto attraverso il sistema IP internazionale. Una serie di trattati internazionali, come l’accordo TRIPS dell’OMC, le convenzioni di Parigi e di Berna, prevedono norme minime che devono essere rispettate dagli Stati membri.
A causa di sempre più frequenti cicli di innovazione, tecnologie e leggi che cambiano costantemente a livello globale, la gestione strategica della proprietà intellettuale diventa una sfida e un fattore chiave per il successo. È quindi importante appoggiarsi a Consulenti qualificati in materia di IP.


Articolo a cura di

Marcus Ehnle, Managing Counsel, M. Zardi & Co. SA

E tu, azienda, che piattaforma di video call utilizzi?

L’esplosione del fenomeno delle video conferenze è strettamente legata a diversi fattori correlati alla pandemia mondiale dovuta a Covid19. La necessità delle aziende di mantenere i dipendenti connessi tra loro, la relazione a distanza con partner, clienti o fornitori, senza dimenticare la didattica a distanza per i più giovani, sono tutti elementi che hanno portato a dover impostare sempre più le relazioni attraverso uno schermo.

Si definisce “videoconferenza” una riunione tra persone residenti in luoghi diversi, anche molto lontani, nella quale le parti chiamate in causa possono interagire non solo a parole ma anche in video. Va da sé che la conferenza in video sia in grado di ridurre drasticamente i costi e le perdite di tempo che spesso si riscontrano quando si organizza un incontro in presenza fisica.

Un limite da subito evidenziato riguarda invece l’assenza o il quasi totale azzeramento della comunicazione non verbale: la gestualità e la prossemica non sono premiate da questo tipo di strumenti in quanto l’attenzione del partecipante va divisa tra la moltitudine di dettagli che presenta una schermata del PC e quindi anche solo l’occhio fatica a concentarsi su un singolo punto.

Uno “zoom” sui 3 sistemi di videoconferenza più diffusi

Sono stati sviluppati molti sistemi di videoconferenze che permettono ai team di lavorare e interfacciarsi anche a distanza. Essi consentono di mantenere e rafforzare relazioni lavorative e di portare a termine progetti, anche complessi. Abbiamo analizzato i sistemi di videoconferenza più comuni e commercializzati, dopo averli utilizzati al nostro interno e per conto di alcuni clienti. I parametri di valutazione comprendevano la semplicità di utilizzo, la flessibilità per le diverse applicazioni e l’accessibilità anche in condizioni di rete non performante.

Zoom, secondo un recente studio,è la piattaforma per videoconferenza più utilizzata ed è rinomata per la capacità di gestire grandi numeri (fino a 1’000 partecipanti gestiti da più host). La sua grande diffusione è dettata da due principali fattori: la semplicità d’uso e l’immediatezza. Una volta scaricata l’applicazione desktop, si può partecipare ad una call dopo aver ricevuto l’invito e il codice univoco, il quale scadrà alla fine della videoconferenza. Gli organizzatori hanno la possibilità di decidere i permessi per i singoli partecipanti e a loro volta i partecipanti possono decidere, se non sono stati fissati dei vincoli, di attivare o disattivare il video e possono personalizzare la loro esperienza direttamente nelle Impostazioni. Zoom permette inoltre di poter gestire i contenuti multimediali durante la condivisione dello schermo: quando un host condivide una presentazione può anche dare la possibilità a un partecipante di modificare i contenuti di tale presentazione, creando così un’interazione live.

Google ha recentemente reso disponibile gratuitamente a tutti (almeno fino a settembre 2020) il suo famoso Google Meet Hangouts, un tempo destinato solo agli utenti business. La caratteristica più importante di Hangouts Meet è di interfacciarsi e lavorare con tutti gli altri strumenti Google, per cui si sincronizza con Google Calendar e lo si può utilizzare simultaneamente sia su desktop che su mobile, rendendo più facile la mobilità. Google Hangouts Meet permette di gestire riunioni virtuali fino a un massimo di 250 persone.

Microsoft mette a disposizione un sistema di videoconferenza all’interno della sua suite Teams, per permettere a tutti gli utenti che dispongono di accesso alla suite di partecipare a calls e meeting. Una derivazione data dalla decennale esperienza con Skype, che può definirsi il fratello maggiore per anzianità, ma anche la controparte minore in quanto a funzionalità. Si partecipa ai meeting che vengono organizzati all’interno di stanze specifiche alle quali appartengono tutti coloro che lavorano su un progetto o che fanno parte di un’azienda, i quali hanno anche a disposizione delle bacheche dove tenere traccia dei progetti e organizzare il lavoro. I meeting sono accessibili tramite un codice di accesso e possono essere sia con che senza video; durante una videoconferenza si possono condividere file e documenti e condividere lo schermo. Siccome Teams può gestire un numero molto alto di utenti, sia gratuitamente che a pagamento, anche alle videochiamate all’interno di Teams possono partecipare un numero ampio di persone.

La gestione della privacy

Parecchi sono i dubbi sollevati recentemente riguardo la gestione della privacy da parte di questi sistemi di videoconferenza. Può accadere ma esistono precauzioni facilmente implementabili per evitare che ciò accada o almeno minimizzare i rischi. Come prima cosa conviene definire una password di accesso per permettere ai partecipanti di accedere alla propria videoconferenza. Secondariamente bisognerebbe invitare i partecipanti ad analizzare le proprie impostazioni di condivisione. Infine è sempre saggio proteggere il proprio PC con antivirus adeguati.


© della fotografia: Andrea Pavan

Articolo a cura di

Beatrice Perruzzo, Assistente di Direzione, EMME SA

Quando l’agricoltura incontra l’innovazione

Quando si parla di sviluppo e tecnologia raramente lo si fa parlando del primario ma piuttosto di settori industriali e dei servizi. In realtà l’orticoltura (e così anche gli altri settori dell’agricoltura) negli ultimi decenni ha sviluppato notevolmente la tecnologia a supporto della sua attività.

Si pensi alle misurazioni dei venti, dell’acqua, delle proprietà organolettiche dei terreni ma anche ai macchinari utilizzati per la semina, il raccolto e la lavorazione dei prodotti.

Applicazioni smart permettono di controllare tutto quanto dal proprio telefonino aiutando gli agricoltori a pianificare in modo efficiente il proprio lavoro quotidiano. Di stretta attualità è anche l’approvvigionamento energetico: sul piano di Magadino le nuove strutture sono riscaldate utilizzando l’acqua calda prodotta dal Termovalorizzatore di Giubiasco grazie alla rete TERIS e i nuovi schermi delle serre moderne permettono di ridurre al minimo le dispersioni di calore; alcune aziende stanno anche vagliando altri sistemi di riscaldamento a emissioni zero.

Grazie alla tecnologia delle colture fuori suolo vi è un utilizzo parsimonioso delle risorse naturali in quanto viene utilizzato solo lo stretto necessario di acqua e terriccio e l’eccesso viene recuperato e riutilizzato. Sì, perché la tecnologia avvicina alla natura e ne aumenta la tutela. Sembra un controsenso e normalmente siamo tentati di pensare il contrario quando guardiamo le coltivazioni più evolute, invece tecnologia e agricoltura stanno lavorando per utilizzare in modo sempre più parsimonioso le risorse a vantaggio dell’ambiente.

Anche la grande distribuzione, nostro principale cliente, sta richiedendoci di andare in questa direzione perché vuole proporre al consumatore un prodotto di qualità non solo perché buono da mangiare ma anche il più possibile rispettoso dell’ambiente dalla sua coltivazione all’arrivo sui banchi dei supermercati. Tra pochi anni, oltre a sapere chi ha prodotto un pomodoro, sapremo quanto sole ha preso, come è stata riscaldata la pianta, quanto è stato nutrito e tante altre informazioni che oggi il produttore ha già in mano ma che con la tecnologia blockchain presto saranno accessibili anche al consumatore. Inoltre la produzione secondo i canoni di qualità richiesti necessita di strutture all’avanguardia che permettano di limitare al massimo il prodotto non conforme e le perdite, a vantaggio del produttore che ha una maggior resa e dell’ambiente perché non vi è spreco di risorse.

Tutto questo però richiede importanti investimenti, perché la tecnologia va testata e acquistata e le strutture più vecchie non sempre permettono di utilizzarla. Occorrono perciò capitali e soprattutto una solidità del mercato che purtroppo ad oggi non è garantita a causa della forte pressione sui prezzi.

La Federazione Ortofrutticola Ticinese è in prima linea nell’analisi e nello studio di investimenti che possano aiutare i propri associati e tutto il settore a fare un passo importante nell’innovazione, un passo necessario per garantire il futuro dell’orticoltura nel nostro Cantone. Solo con l’innovazione potremo continuare ad approvvigionare il mercato svizzero e così garantire il futuro alle aziende del nostro territorio.


Articolo a cura di

Alice Croce, Presidente Federazione Ortofrutticola Ticinese (FOFT)

L’intelligenza artificiale al servizio delle aziende

Le differenti forme di intelligenza artificiale rivestono diversi ruoli della nostra quotidianità. La presenza di questi sistemi rappresenta un sostengo alla semplificazione di attività basiche. Riflessioni in merito.

Macchine e computer riescono già a capire comandi verbali, distinguono immagini, guidano automobili, giocano ai videogames meglio di come lo facciamo noi; quanto ci vorrà prima che queste intelligenze riescano a camminare e confondersi tra di noi?

L’intelligenza artificiale (IA) è un argomento ricorrente, un settore della ricerca tecnologica che sembra lontana all’orizzonte, ma in realtà, è già presente nelle nostre vite. L’IA è spesso vista come un umanoide in forma robotica, con cavi, voce metallica e movenze lente. Nonostante quest’immagine forse un po’ cinematografica, l’IA non è solo rappresentativa del mondo dei robot. Esistono infatti quattro tipi di intelligenza artificiale, ciascuna mirata a simulare le capacità simili a quelle umane.

Contestualizzare l’IA

Prima di scoprire quali siano le diverse forme di intelligenza artificiale, è di vitale importanza definire cosa sia l’IA, la quale viene spesso associata con il progresso digitale, con l’informatica e la tecnologia, ma che in realtà, nella sua definizione è ben più estesa di concetto e di aspirazione all’innovazione futura.
Nell’estate del 1956 John McCarthy, scienziato statunitense, ritenuto uno dei fondatori dell’IA, organizzò un workshop nel New Hempshire a cui parteciparono una decina di matematici e scienziati. Lo scopo era quello di poter sviluppare nuove idee in direzione di quelle che fino ad allora erano definite come “macchine pensati”. Fu a quel tempo che venne coniato il termine “artificial intelligence”, così come discusse le basi tecnologiche di linguaggi di programmazione, reti neutrali e diverse teorie di computazione.

L’IA simula i comportamenti, come la capacità di apprendere e di risolvere problemi, simili a quella della mente umana. La definizione di quali siano considerate o meno intelligenze artificiali si evolve con il tempo. Grazie alla digitalizzazione, sempre più macchine necessitano di capacità considerate “di routine”.

L’“AI effect” è un fenomeno per cui l’attribuzione della definizione di intelligenza artificiale viene spinta sempre più verso un livello maggiore di abilità simile a quello umano.
Per fare un esempio: il riconoscimento facciale non è più considerato un’IA, in quanto, è una forma di intelligenza di routine, che è di frequente uso in tutto il mondo. Altre forme come l’abilità di capire il linguaggio umano sono invece classificate come IA, in quanto, è ancora attuale e permette un ampio spettro di miglioramento e perfezionamento. L’automatizzazione dei veicoli, le simulazioni militari, i modem capaci di inviare contenuti in maniera sistematica ed autonoma ad altre reti, sono pro forma definite come profili di Intelligenza Artificiale.

Quattro tipologie di intelligenza artificiale

  • Macchine reattive

La base dell’IA è puramente reattiva e comprende l’abilità di includere il momento presente e di agire di conseguenza, ma senza avere una memoria remota o la capacità di utilizzare esperienze passate per prendere una decisione. Si basano, in pratica, su un sistema di risposta agli stimoli. Si tratta di automatismi che permettono di utilizzare macchinari per attività di routine, ripetitive, come il lavoro di produzione a catena, dove l’attività svolta non richiede l’ingaggio di un pensiero proattivo.
Si pensi al celebre film “Tempi moderni” del 1936 con Charlie Chaplin, dove la catena di produzione richiedeva un impiego di operai al fine di svolgere attività monotone; dove appare la famosissima scena in cui si vede l’attore stringere bulloni fino a venir assorbito completamente da questo movimento meccanico ripetitivo.
Un altro esempio di macchina reattiva è la Deep Blue della IBM, la quale è stata capace di vincere una partita di scacchi l’11 maggio del 1977 contro il gran master Garry Kasparov. Questa partita fece storia, in quanto fu la prima volta in assoluto che un computer riuscì a battere un uomo. Deep Blue ha potuto identificare quali pezzi della scacchiera erano sulla tavola da gioco e decise quali mosse fare di seguito.

  • A memoria limitata

Il secondo tipo di intelligenza artificiale è la cosiddetta “a memoria limitata”, ovvero con la capacità di detenere una memoria del passato e di aggiustare il proprio comportamento di conseguenza.
A differenza della memoria umana, questa tipologia di IA è transitoria, cioè non si tratta di una memoria a lungo termine. Ciò significa che non genera un bagaglio d’esperienza e di conoscenza di situazioni già vissute.
Ad esempio, le automobili che si guidano da sole integrano già questo sistema di IA. Sono infatti capaci di osservare l’ambiente circostante e di monitorarlo nel tempo; queste automobili controllano la velocità e la distanza degli altri veicoli, e sulla base di queste informazioni aggiustano la propria velocità. L’osservazione in movimento non può essere programmata, ma quella del riconoscimento di linee di marcatura della strada, le luci dei semafori, i cambiamenti di retta della strada sì. Tutti questi elementi possono essere programmati per essere riconosciuti dalla macchina.  

  • La teoria della mente umana

Il terzo tipo di IA è costruito su una base più emotiva legata alla natura dell’uomo. L’idea di questi supporti artificiali è ideato per comprendere la sfera di emozioni e di pensieri degli esseri umani. La capacità di identificare un’emozione permette di capire la motivazione e l’intenzione di una persona, e se si parte dal presupposto che queste intelligenze cammineranno tra di noi, diventa opportuno che esse siano capaci di identificare gli aspetti sociali e interazionali della nostra società, e di adattare il loro comportamento in base al quanto osservato. L’obiettivo di questa forma di intelligenza è quella di permettere una collaborazione proattiva tra umani e macchine, grazie alla creazione di una comunicazione efficace, dove la cognizione umana è riconosciuta anche dalla macchina. Il cambiamento del modo di lavorare e di interagire con i vari stakeholder a livello aziendale e professionale fa sì che alcuni aspetti legati per esempio al servizio consumatori, alla prevenzione di frodi per scambio di persona, alla sicurezza delle infrastrutture IT, al trasformazione delle catene di produzione e anche al modo di selezionare il personale siano campi in cui la teoria del riconoscimento di emozioni e la predisposizione a identificare un comportamento, permettano di accompagnare e sostenere tali attività. Non si tratta di sostituire la persona che svolge oggi questo mestiere, ma di aggiungere un sostegno nel compimento di queste attività.

  • Auto-consapevolezza

La quarta tipologia di intelligenza artificiale è costruita attorno alla capacità di autorealizzarsi, ovvero, di formare una rappresentazione di sé stesso in quanto presenza in un determinato luogo. Basti pensare alla differenza tra il concetto di “voglio questo determinato elemento” che implica un’azione conseguente ad una reazione emotiva, al “so di volere questo elemento” cioè la capacità di comprendere la ragione di un’azione determinata da un’emozione.
L’intelligenza artificiale di questo tipo è estremamente complessa ed è in ampio sviluppo, al fine di creare delle apparecchiature in grado di autoregolarsi, ed è in continua evoluzione. Un’automobile che riconosce il suono del clacson del veicolo retrostante, ad esempio, comprende non solo la provenienza del suono, ma percepisce che la persona al volante sta esprimendo un sentimento di impazienza e per questo è necessario un comportamento proattivo, ovvero, avanzare nella marcia.
Nell’agosto del 2018 all’International Dota 2 Championships a Vancouver in Canada, un gruppo composto da intelligenze artificiali con capacità di autorealizzazione hanno perso clamorosamente contro una squadra di giocatori di videogames professionali. Ciò è accaduto perché, per quanto possa essere avanzata questa forma di IA, non è ancora stato possibile raggiungere un livello sufficiente per simulare le basi delle capacità della mente umana. I videogiochi, a differenza degli scacchi, hanno un livello di analisi e di azione-reazione più rapido e dinamico, per questo motivo sono considerate di più difficile competizione per i computers.

Nelle aziende il futuro è già quotidiano

Il ruolo delle IA è centrale per il mondo aziendale, in forma basica o ibrida.
Nel settore industriale le IA possono essere integrate nei processi che richiedono una presenza manuale ripetitiva; nei servizi destinati ai consumatori queste possono assistere nel rispondere a domande predefinite o a supportare i servizi internet delle pagine web. Le attività di base di gestione delle relazioni con i consumatori, dove vengono processate domande e inviate responsi automatizzati, può essere fornito da sistemi logistici efficienti, accompagnati dall’ausilio di intelligenze artificiali create ad hoc. Responsi a quesiti che vengono assegnati tramite algoritmi in grado di codificare i messaggi ricevuti, trasmettendo risposte concepite anch’esse da un algoritmo definito antecedentemente. Per aziende orientate al mondo dei servizi, come compagnie che necessitano potenti sistemi di business intelligence, le IA possono presentarsi molto utili laddove vengono raccolti ed analizzati grandi masse di dati e informazioni.

Le IA vivono il territorio: alcuni esempi pratici

Sono differenti e svariati gli impieghi delle IA nel nostro Cantone. Grazie alla presenza di istituti di ricerca e università, possiamo contare su un sistema di innovazione sempre aggiornato e in fermento.

In ambito scientifico e di ricerca possiamo certamente citare l’Istituto Dalle Molle di Studi sull’Intelligenza Artificiale (IDSIA) di Lugano, che collabora con la Facoltà di Informatica dell’Università della Svizzera Italiana (USI) e con il Dipartimento delle tecnologie innovative della SUPSI. Gli studi e le ricerche di IDSIA sono volte a valorizzare l’utilizzo delle intelligenze artificiali come sistemi di supporto per l’ottimizzazione, la simulazione e la presa di decisioni in ambiti specializzati; tali quali quello energetico e ambientale, quello dell’ingegneria e della produzione, quella delle tecnologie industriali, e non da ultime quello delle tecnologie volte all’informazione e alla comunicazione.

In Ticino, l’impiego delle intelligenze artificiali ha varcato le porte degli ospedali, dove, i sistemi di analisi permettono di effettuare gli esami medici (attualmente in ambito gastroenterologo) per il riconoscimento istantaneo di immagini che potrebbero sottolineare la presenza di tumori. Questi apparati aiutano gli specialisti del settore nell’identificazione e nella diagnosi precoce di potenziali carcinomi. Attraverso un accertamento prematuro è possibile curare la patologia prima che essa diventi fatale.
L’aiuto in campo medico-sanitario delle intelligenze artificiali diviene vitale in ambito preventivo e diagnostico. Una prima elvetica, quella messa in campo all’Ospedale San Giovanni di Bellinzona, unico nosocomio elvetico a disporre di questo strumento per l’individuazione di polipi durante esami gastroenterologi.

ABB, importante gruppo attivo a livello mondiale con sedi anche in Ticino, ha implementato l’uso delle intelligenze artificiali al fine di migliorare l’efficienza e la produttività delle risorse impiegate nella produzione di energia. Da gennaio a fine maggio 2019, ABB ha sostenuto un progetto indirizzato ad aiutare le start-up nell’inclusione di IA nei loro processi di produzione. L’impresa vincitrice del progetto citato ha poi sviluppato un sistema di precisione per la misurazione della produzione di elettricità generata da risorse rinnovabili. Questo sistema verrà utilizzato in maniera integrata al sistema di ABB. La combinazione delle strutture IA con quelle energetiche permette di ottimizzare la generazione di energia e di diminuire i costi, andando sempre più nella direzione di una sostenibilità consapevole nelle sue tre dimensioni (ambientale, sociale ed economica).

Anche la Confederazione, nel settembre 2018, ha approvato una strategia nazionale riguardante il digitale avente le IA come punto cardine di sviluppo in materia. Il risultato del mandato di ricerca commissionato dalla Confederazione ad un gruppo di lavoro interdipartimentale ha permesso di identificare i concetti e le caratteristiche strutturali dei sistemi di predizione e di autonomia di una presenza attiva delle IA nei settori industriali e dei servizi, in quello della formazione, della ricerca e della scienza, dei media, dell’agricoltura, della politica di sicurezza, del settore sanitario, della finanza, dell’energia e del clima, senza dimenticare il settore dell’amministrazione. Questo rapporto permetterà di definire in maniera concisa le linee guida strategiche per l’introduzione nella vita di tutti i giorni delle IA.

Le differenti forme di intelligenza artificiale rivestono diversi ruoli della nostra quotidianità e la presenza di questi sistemi è un sostengo alla semplificazione di attività basiche. L’avanzamento della robotica e dello studio di come programmare computer sempre più intelligenti è rapido e molti istituti si stanno cimentando nella sperimentazione di nuove forme di apparecchi in grado di accompagnarci nella nostra vita professionale e privata.

Indicatori di sostenibilità – edizione 2020

La Cc-Ti presenta la propria valutazione interna per il triennio 2016 – 2018 in termini di responsabilità sociale delle imprese.

A tre anni dalla prima edizione della valutazione interna di sostenibilità, si è deciso di pubblicare nuovamente un set di indicatori aggiornato. I dati testimoniano la costanza e la serietà dell’approccio al tema. Il documento riporta i risultati emersi, pur non esprimendo in modo esaustivo l’impegno che, con innumerevoli attività, svolgiamo a favore della crescita in ambito sociale e ambientale e che trovano riscontro nelle indicazioni sulla Corporate Social Responsibility (CSR) date dalle aziende nei nostri rilevamenti annuali.

Questo progetto si è avvalso della collaborazione istituita nel 2016 fra la Cc-Ti e Quantis, che guida le aziende nella definizione e nell’attuazione di soluzioni intelligenti per la sostenibilità ambientale.

Indicatori di performance economica

Indicatori di performance sociale

Indicatori di performance ambientale

Il flyer completo è a disposizione per tutti i dettagli. La Cc-Ti, con questo progetto, dà prova di continuità delle iniziative dedicate al monitoraggio delle proprie performance di sostenibilità. Per il futuro quindi si intende proseguire sulla via tracciata, con nuove iniziative e progetti per gli associati. A questo proposito è possibile contattare Gianluca Pagani, CSR Manager Cc-Ti.