Over the rainbow… ovvero la pentola d’oro del team

Una riflessione a 360 gradi sui team e sul lavorare in modo efficiente e concertato in essi.

Un team: insieme nella stessa direzione

Esco da una riunione di Direzione in cui abbiamo speso 2 ore per decidere che…non eravamo pronti a decidere. Amo lavorare in team.
Vibra il cellulare, è un messaggio sulla chat del Project team. Durante la riunione sono arrivati 23 messaggi. Tranne due gli altri sono inutili commenti su commenti…bla bla bla… Amo lavorare in team.
Vibra il cellulare, è un collega che si preoccupa perché un’altra collega sarebbe secondo lui (lei non ha parlato) demotivata e gli sembra (sic!) che gli altri componenti del team non se ne curino abbastanza (si concentrano “solo” sulle attività operative!). “Che team è quello che non si prende cura dei suoi membri?” si chiede. La discussione prende la piega del gruppo psicoterapeutico. Amo lavorare in team. O forse no.
A pensarci bene certe volte non amo lavorare in team…no. Diciamo la verità: molto spesso si lavorerebbe meglio da soli.

Il fatto è che spesso il team invece di costituire il vantaggio promesso diventa la sorgente di dinamiche disfunzionali, di crepe relazionali e di totale perdita di tempo.
Dipende dai singoli? Forse. Ma se chiedete in giro tutti vi diranno che loro sanno lavorare in team e sono degli ottimi team player.
Dipende dalla diversità? Di sicuro non volevate il fenomeno del group thinking…ma mettete insieme cinque teste diverse e avrete sei partiti.
Dipende dal leader? Ah beh, c’è qualcosa che dicono che non dipenda dal leader? Se il team non funziona è di sicuro colpa sua.

Quello che però penso davvero è che (tenetevi forti) il team non esista se non nella nostra testa. Non esiste un “oggetto”, o anche un soggetto che si chiami team e che si è costruito una volta per tutte in qualche modo. Quello che esiste è invece una manifestazione che è il risultato di un processo o di più processi costitutivi. Cioè esiste un qualcosa di dinamico, il team, che emerge fintanto che vi siano processi che lo fanno emergere (no, non ho preso sostanze allucinogene). Appena questi processi finiscono o diventano difettosi il team cessa di esistere, a parte nella nostra mente dove lo abbiamo oggettivato (cioè reso un “oggetto” dalle proprietà immutabili). Il team è un “emergente dinamico” (calma, continuate a leggere!) le cui proprietà sono anch’esse dinamiche. In pratica è come un arcobaleno, c’è fintanto che il sole si proietta di taglio su goccioline di pioggia: più sole più arcobaleno, via il sole o via la pioggia fine dell’arcobaleno.

Quindi il punto è che se un team non funziona, vuol dire che in quel momento il team di fatto non esiste e se il team non esiste è perché i processi che lo dovrebbero mantenere tale sono in quel momento e in quel contesto difettosi o assenti.
Ora poiché nessun processo è a costo zero, dovrebbe risultare chiaro a tutti, ma proprio a tutti (aspiranti team leader e membri del team), che lavorare in team è fatica. Più fatica che a lavorar da soli. Quindi o questa fatica è ripagata o invece di essere un investimento è una perdita certa.

Questo ci porta dritti ad uno dei processi fondamentali di emersione del team: il senso del perché siamo insieme. Attenzione questo non è definito una volta per tutte, il senso deve essere presente costantemente e sfortunatamente deve anche essere lo stesso per tutti. Altrimenti mentre voi starete lottando disperatamente per rispettare una consegna, ci sarà un collega che aprirà discorsi (e conflitti) sul fatto che in questo team non si comunica e non c’è empatia. E i team sono diversi perché hanno molti sensi possibili. Vi siete mai chiesti se il vostro è lo stesso di quello degli altri? (sicuramente quando il team non funziona).

Il secondo processo (che farà male ai più delicati) è legato al concetto di utilità. Sarò parte del team se il resto dei colleghi percepisce la mia utilità rispetto allo scopo, ovvero se il mio contributo è visibile e consente un passo in più verso lo scopo. Un concetto imprescindibile da quello di competenza. Per quanto si possa valorizzare l’impegno di una persona, la sua competenza rispetto allo scopo è una condizione necessaria. Per chi si stia chiedendo che fine ha fatto l’empatia e la relazione affettiva, ricordo che ci sono molti team che non ne hanno bisogno per funzionare bene (magari non è il team che fa per voi), ma ce ne sono alcuni senza cui il team non esisterebbe del tutto (questi invece lo sono!). Quindi la domanda da porsi è: cosa devo saper fare perché io vada bene per il mio tipo di team?

Il terzo processo è la definizione delle regole d’ingaggio, quelle esplicite e ancora di più quelle implicite. Si la diversità è una bella ed utile cosa, ma porta rapidamente al caos se non ci sono regole. Le regole stabiliscono i modi e gli spazi di azione. La cattiva notizia è che sfortunatamente non c’è un altro modo che il conflitto per far emergere gli impliciti: farli emergere per poi poterseli negoziare. Quindi abituiamoci a vivere nel conflitto e a saperlo usare, altrimenti è meglio che vi ritiriate a lavorare nella solitudine dello smartworking.

Il quarto processo è l’uso che si fa della disciplina, intesa nel suo senso più lato. Nessuna regola può resistere senza disciplina. Un team che non costruisce un suo modo di interpretare la disciplina finirà per non raggiungere il suo scopo, disperdendo le sue risorse e perdendo opportunità.

Infine, il punto più delicato: l’apprendimento. Senza la capacità di apprendere il team vive un intenso attimo e poi sparisce. È il modo come apprende ad apprendere che gli permette di durare, manutenendo ed evolvendo costantemente tutti i processi che lo fanno “emergere”.
L’insieme di questi processi porta all’emersione nel tempo di una identità di team che ha delle proprietà definite, i colori del suo arcobaleno.
Fin tanto che questi processi sono adeguati ed efficaci il team emerge e l’arcobaleno splende in tutti i suoi colori.

In ciascuno di essi c’è uno sforzo e una responsabilità individuale, che può essere diversa da ruolo a ruolo, ma che è comunque distribuita, non importa se si sia leader o membri del team.
Smettiamo di credere alle favole sul team: non c’è nessuna facile pentola d’oro sotto l’arcobaleno. Solo l’arcobaleno e i suoi colori…finché li facciamo durare, ma farli durare…è fatica.

Scusate, vibra il cellulare. È il mio team leader…ha bisogno di essere motivato…


Articolo a cura di

Andrea Abbatelli, Partner KIAI Sagl

I primi passi per un’esportazione corretta

L’esportazione è il processo di spedizione di beni o di merci (prodotti naturali o fabbricati) da un territorio nazionale in un Paese estero dove saranno poi venduti. Prima di esportare un prodotto è bene tenere conto delle formalità riguardo alla spedizione e al trasporto, così da non confrontarsi con problemi che potrebbero nascere al momento dell’arrivo della merce nel Paese estero.

Le parti interessate

I fattori principali di un’esportazione corretta sono l’esportatore ovvero il venditore, il destinatario ovvero l’acquirente, lo spedizioniere, il trasportatore e le formalità doganali. Lo spedizioniere è la società che organizza il trasporto della merce che viene esportata, mentre il trasportatore è il responsabile del trasporto fisico della merce fino a destinazione.

Partiamo dal principio che:

  • il prodotto che verrà esportato è ben definito
  • il destinatario della merce e il Paese di destino sono ben identificati
  • l’azienda che esporta è attiva

I 5 elementi di cui tenere conto

1. Documenti commerciali

  • La fattura: verrà emessa una fattura di esportazione senza IVA, in quanto questa verrà riscossa al momento dell’importazione dalle autorità doganali del Paese di destino.
  • La packing list: questo documento consiste nel descrivere ed elencare con precisione gli articoli che verranno spediti.

2. Il Trasporto

Le merci possono essere trasportate su strada, ferrovia, via aerea o via marittima. La modalità di trasporto sarà determinata in base a tempi di consegna, costi e destinazione. Lo spedizioniere che si occuperà della spedizione saprà consigliare e offrire la soluzione più adatta alla situazione.
Al fine di determinare anche i rischi e la ripartizione dei costi, verranno applicate ed indicate in fattura le normative, note come Incoterms.
L’imballaggio deve essere resistente per far fronte a tutte le condizioni del trasporto. Sarà determinato dalla natura della merce e dal metodo di trasporto scelto. Quando sarà il momento di esportare lo spedizioniere potrà fornire tutte le indicazioni del caso.

3. Marcatura ed etichettatura

Devono essere conformi ai requisiti in vigore del Paese in cui si vuole importare il proprio prodotto. A grandi linee vengono richieste le seguenti indicazioni:

  • il nome dell’acquirente o un’altra forma di identificazione
  • il nome del posto o del porto di entrata nel paese
  • peso lordo e peso netto
  • la menzione del Paese di origine della merce
  • il numero delle casse (imballaggio)
  • avvertenze e precauzioni (per esempio per merci pericolose)

4. Assicurazione sul trasporto

Si può contattare la propria assicurazione.

5. Formalità doganali

  • Dichiarazione di esportazione svizzera: viene stabilita grazie all’applicazione di esportazione E-DEC, questa dichiarazione viene utilizzata in particolare per provare l’esportazione del bene giustificando la mancata fatturazione dell’IVA, quindi serve come prova per i vostri conteggi.
  • La dichiarazione di importazione: la dichiarazione viene stabilita dall’importatore alla destinazione finale della merce
  • Licenza di esportazione: la merce esportata potrebbe richiedere, a seconda della sua natura, un permesso di esportazione (ad esempio in caso di dual-use). Tutte le informazioni riguardo a questo argomento sono disponibili presso la SECO (www.seco.admin.ch nella rubrica ‘Controlli sulle esportazioni e sanzioni’).
  • Prova di origine: come indicato in precedenza questo è il documento che attesta l’origine della merce. Esistono però due procedure doganali di origine diverse.

Il regime preferenziale

Nel momento in cui i due Paesi, sia dell’esportatore che del destinatario hanno firmato un accordo di libero scambio e le merci provengono dall’uno o dall’altro di questi Paesi, l’importatore beneficerà quindi di aliquote preferenziali su tasse e dazi doganali. Può anche succedere in casi particolari che sia esentasse, per ulteriori informazioni potete consultare il sito delle dogane: www.ezv.admin.ch.

Il regime non preferenziale

Per tutte le altre esportazioni, dunque dove non vige un accordo di libero scambio verrà rilasciato un certificato di origine come prova dell’origine della merce. Per maggiori informazioni potete consultare il nostro sito https://www.cc-ti.ch/export.


Fonte: CVCI, adattamento Cc-Ti

La Scuola Manageriale della Cc-Ti prosegue a gonfie vele

Questo ciclo formativo di lunga durata, che porta all’ottenimento del titolo di “Specialista della gestione PMI” con attestato federale, sta godendo già da diversi anni di un grande successo.

Il gruppo di corsisti che ha iniziato il ciclo formativo della Scuola Manageriale nel settembre 2020

Avviata nel febbraio del 2018, ha riscontrato un numero sorprendente di interessati e di iscritti in costante crescita. Nel 2020 la pandemia di COVID-19 e la crisi sanitaria hanno segnato fortemente anche i corsi della Scuola Manageriale. Grazie alla professionalità e alla serietà dei docenti nei mesi di lockdown è stata organizzata la formazione a distanza che, con lo studio in modalità e-learning o “in remoto”, è divenuta un elemento decisivo per il proseguimento della formazione (rileggete l’intervista – apparsa sull’edizione numero 3 di Ticino Business – a Fulvio Bottinelli, docente della Scuola Manageriale).

La formazione a distanza è stata senz’altro un’opportunità di testare un nuovo modo di insegnamento e di apprendimento, ma ha anche evidenziato degli svantaggi, come per esempio la mancanza del contatto umano o la difficoltà di “creare il gruppo”, di “creare l’ambiente” tra gli studenti. Questi importanti aspetti risultano più automatici quando le lezioni sono in presenza. Appena è stato possibile si è quindi tornati in aula, nella piena osservanza delle misure di protezione anti-contagio. Ci siamo così adoperati per applicare le normative emanate dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (come gli orari scaglionati delle lezioni per non far incrociare le classi, le distanze tra i banchi e gli studenti, la sanificazione regolare dei locali e via dicendo). Queste importanti misure richiedono sforzi logistici e costi non indifferenti.

Con grande soddisfazione lo scorso settembre è iniziata una nuova edizione della Scuola Manageriale con ben 18 partecipanti provenienti da settori e aziende molto diversificati tra loro. Il grande interesse dimostrato malgrado l’incertezza generale legata al COVID-19 è un chiaro sintomo della volontà delle aziende di ripartire.

La Scuola Manageriale è frequentata da professionisti con formazioni di base diverse fra loro e che rappresentano uno spaccato molto interessante del tessuto economico ticinese, notoriamente molto variegato. Vi sono pertanto esponenti di piccole e grandi aziende, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi in particolare. Tutti hanno uno scopo comune, cioè integrare e migliorare le loro competenze, nell’ottica della gestione aziendale e di funzioni dirigenti. Il corso viene erogato seguendo dei contenuti tradizionali, ma applicati tenendo conto dei problemi di attualità (sanitari ed economici). Le lezioni permettono ai partecipanti di acquisire maggiori competenze che gli consentiranno di assumere nuove responsabilità in azienda, con soddisfazione personale e competenze diverse all’interno dell’ambito in cui operano. Il corso mira così a garantire competenze pragmatiche, strategiche e operative rispondendo al desiderio di acquisire una maggiore efficienza ed efficacia nella gestione aziendale. Il percorso formativo in questione risponde alle direttive del regolamento d’esame federale e è completato da casi pratici.

Negli scorsi anni sono nate importanti collaborazioni in ambito formativo con diverse associazioni di categoria che si sono interessate ai corsi della Scuola Manageriale. Una tra tutte, per esempio, la collaborazione nell’ambito della Formazione Professionale Superiore e continua nel ramo Elettrico (FPSE).

La Scuola Manageriale della Cc-Ti è in costante aggiornamento ed estremamente competitiva al fine di proporre un livello di formazione di eccellenza. A testimoniare la nostra serietà è il rinnovo della certificazione EDUQUA, ottenuto nel giugno 2020. Abbiamo ricevuto un attestato dalla SQS – l’Associazione Svizzera per Sistemi di Qualità e di Management di Berna, il quale sancisce che la Cc-Ti dispone di un sistema di gestione conforme ai requisiti della base normativa eduQua:2012. Un’importante conferma per la nostra associazione che ottiene così il “marchio” di qualità della formazione continua.

E per il futuro? Si sta già riflettendo a un’evoluzione della Scuola Manageriale ed è in fase di preparazione una nuova edizione del corso di “Economista aziendale PMI con diploma federale”. Questa formazione ha obiettivi strategici di approfondimento e per accedervi è necessario aver ottenuto il riconoscimento federale quale “Specialista della gestione PMI.” Si crea dunque una filiera formativa svizzera orientata alle PMI.

L’inizio della prossima edizione del ciclo formativo è previsto ad inizio 2021. Per maggiori informazioni siamo a disposizione: www.cc-ti.ch/scuola-manageriale

EDWARD MCMULLEN / Ambasciatore degli Stati Uniti in Svizzera e nel Liechtenstein

L’ambasciatore americano a Berna Edward McMullen – in visita in Ticino – in un incontro con la stampa organizzato dalla Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino e rappresentata dal Delegato per le relazioni esterne, Avv. Michele Rossi, ha fatto il punto sulla collaborazione tra la Confederazione e gli USA focalizzando alcuni temi di stretta attualità.

Da sin.: il Sindaco di Gordola Damiano Vignuta, l’Ambasciatore americano a Berna Edward McMullen, l’Avv. Michele Rossi, Delegato Reazioni esterne Cc-Ti e Alessandro Speziali, Coordinatore progetti di sviluppo per la Valle Verzasca

“Gli importanti valori di fondo che in questo ambito condividiamo anche con la Svizzera – la libertà, la democrazia, il rispetto dei diritti umani – non possono mai essere posti in secondo piano nei nostri colloqui». 

«Gli Stati Uniti hanno attivamente avviato accordi commerciali su più fronti: dalla Gran Bretagna all’UE alla Svizzera. Dalla nostra prospettiva l’Unione europea rimane un partner economico strategico, proprio come lo è anche la Confederazione. Continueremo su questa linea» (CdT,17.9.2020)

Ha parlato degli ottimi accordi bilaterali tra Washington e Berna, di accordo di libero scambio e lodato la competitività elvetica nel settore della innovazione. Negli ultimi 3 anni le compagnie americane hanno mostrato un grande interesse per il Ticino e per la Svizzera motivato dalla competitività, dall’innovazione e dalla formazione riconosciuta al nostro Paese.

“Il compito principale di un’ambasciata è quello di mantenere relazioni stabili, durature e forti. In questo caso tra la Svizzera e gli Stati Uniti d’America.

… Tutti gli argomenti sono importanti e il Presidente degli USA vuole e pretende che queste relazioni siano forti e durature. Il Presidente degli USA vuole Scambi liberi, forti e reciproci. USA e Svizzera stanno lavorando duramente per mantenere questo alto standard.

… Personalmente sono molto soddisfatto del punto in cui siamo arrivati e siamo sicuri che i nostri scambi cresceranno ancora in futuro.

… In Ticino sia il settore della farmaceutica, sia quello della tecnologia e dell’innovazione stanno crescendo rapidamente e sono arrivate ad un livello molto alto di competenze. Le compagnie americane cercano questa eccellenza ed è fondamentale per la loro crescita trovare investimenti di livello. La stessa cosa vale per gli imprenditori ticinesi che vogliono investire negli Stati Uniti.” (Ticinonews, 16.9.2020)

Anche la Cc-Ti al ‘CEO Breakfast’ di Basilese Assicurazioni

Il Vice Direttore Cc-Ti Michele Merazzi è stato il moderatore di questo evento che ha riunito esponenti dell’economia e della politica

Si è tenuta a metà settembre la seconda edizione del CEO Breakfast “From CEO for CEOs” organizzato da Basilese Assicurazioni.
Location dell’evento è stata la splendida cornice dell’azienda Artisa Lounge, sita nel Centro Ambrosart a Manno.
Ospite d’eccezione dell’incontro il CEO di Basilese assicurazioni, Michael Müller (nella foto d’apertura, nel mezzo, con M. Merazzi, Vice Direttore Cc-Ti e T. Sacchetti, Agente generale per Lugano di Basilese Assicurazioni). Egli ha presentato i dati rilevanti dell’azienda da lui diretta, focalizzandosi sul modo in cui la sua struttura ha reagito alla pandemia di COVID-19, sia a livello nazionale che cantonale, con una particolare attenzione alle modalità con cui le assicurazioni hanno supportato le aziende in questo difficile frangente.

Per la Cc-Ti è stato invitato Michele Merazzi, Vice Direttore, che ha tenuto un intervento sull’economia ticinese e ha poi moderato la discussione fra i diversi ospiti presenti (fra cui l’Agente generale per Lugano di Basilese Assicurazioni Tiziano Sacchetti; il Sindaco di Lugano On. Marco Borradori; il Sindaco di Manno, On. Giorgio Rossi; Luca Pedrotti, CEO UBS Ticino; Ivano D’Andrea, CEO del Gruppo Multi).

Il Vice Direttore Cc-Ti Michele Merazzi ha spiegato la struttura dell’economia ticinese, rimarcando le eccellenze presenti sul nostro territorio, ponendo l’accento sulla composizione differenziata del tessuto economico-industriale ticinese. In questo contesto gli imprenditori, i dirigenti e i politici presenti hanno potuto confrontarsi sulle sfide poste dal contesto sanitario che abbiamo recentemente affrontato con le inevitabili implicazioni economiche a esso correlate.
Il dibattito che è seguito, in un ambiente colloquiale, ha spaziato su temi diversi fra cui le sfide poste dall’home office e l’opportunità di sfruttare l’immagine di sistema-paese efficiente rappresentato sia la Svizzera e che dal Ticino.

In questo contesto informale sono emersi spunti e idee interessanti. In conclusione Tiziano Sacchetti ha ringraziato i presenti per il loro contributo.

Andrea Gehri designato successore di Glauco Martinetti

L’Ufficio presidenziale della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino ha designato Andrea Gehri quale successore di Glauco Martinetti alla Presidenza dell’Associazione. La proposta dovrà essere approvata in occasione dell’Assemblea Generale Ordinaria dei soci della Cc-Ti che si terrà il prossimo 16 ottobre 2020 a Bellinzona.

L’Ufficio presidenziale della Cc-Ti ha designato Andrea Gehri quale successore del Presidente uscente Glauco Martinetti, che terminerà il suo mandato il 31 dicembre 2020 per assumere la carica di Direttore dell’Ente Ospedaliero Cantonale dal 1° gennaio 2021.

Il nuovo Presidente entrerà in carica in tale data. Formalmente, la competenza per la nomina definitiva è dell’Assemblea Generale Ordinaria dei soci, che si riunirà il prossimo 16 ottobre 2020 a Bellinzona.

Fino a tale data non vi saranno ulteriori comunicazioni da parte della Cc-Ti né del Presidente designato.

Andrea Gehri, 56 anni, è Direttore della Gehri Rivestimenti SA di Porza, azienda di famiglia attiva da 50 anni e giunta alla terza generazione. Membro dell’Ufficio presidenziale della Cc-Ti dal 2014, oltre a una lunga e consolidata carriera imprenditoriale, vanta un’ampia esperienza nel mondo associativo cantonale e nazionale, essendo stato anche Presidente dell’Associazione svizzera delle piastrelle.

No all’iniziativa per la disdetta degli accordi bilaterali

Il comunicato stampa della Cc-Ti, contraria all’iniziativa “sull’immigrazione moderata” in votazione il prossimo 27 settembre e che di fatto chiede la disdetta degli accordi bilaterali fra Svizzera e Unione europea (UE).

L’accettazione dell’iniziativa comporterebbe infatti questo effetto automatico in virtù della clausola ghigliottina. La Svizzera non può permettersi la caduta di tutti questi accordi di vitale importanza per la nostra economia, soprattutto in un periodo di incertezza come quello attuale.

Nonostante il titolo apparentemente inoffensivo (“Iniziativa per la limitazione”), il 27 settembre popolo e cantoni svizzeri si esprimeranno non solo sull’Accordo sulla libera circolazione delle persone ma sulla disdetta degli accordi bilaterali conclusi dalla Svizzera e dall’UE nel 1999. Infatti, la clausola ghigliottina prevista dall’articolo 25 capoverso 4 dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone recita: “I sette accordi (…) cessano di applicarsi dopo sei mesi dal ricevimento della notifica relativa al mancato rinnovo (…) o alla denuncia (…).”

Insieme alla libera circolazione cadrebbero quindi tutti gli accordi bilaterali conclusi nel 1999 con l’UE, ossia quelli sui trasporti terrestri, sul trasporto aereo, sul commercio di prodotti agricoli, sulla partecipazione al programma UE di ricerca, sull’abolizione degli ostacoli tecnici al commercio e sugli appalti pubblici. Sarebbe una conseguenza giuridica immediata, che non necessita di una disdetta da parte dell’UE, né di altri atti formali. Immaginare che un nuovo negoziato con l’UE sia facile, è un’illusione. L’esempio inglese lo dimostra, viste le difficoltà per trovare un accordo malgrado il grande peso specifico politico e commerciale britannico. Tra l’altro il Regno Unito cerca di ottenere una via bilaterale come quella che noi abbiamo e alla quale dovremmo rinunciare.

È evidente che gli accordi sono di vitale importanza per la nostra economia. Due studi commissionati dal Consiglio federale nel 2015 hanno valutato l’impatto economico di un’eventuale caduta di tali accordi, stimando che la nostra economia sull’arco di 20 anni subirebbe una contrazione di circa 500 miliardi di CHF, pari quindi a ca. un intero PIL annuo nazionale. Inoltre, non va dimenticato che vi sarebbero conseguenze pesanti anche per gli accordi bilaterali bis, quelli conclusi nel 2004. Essi non sono formalmente vincolati ad una clausola – ghigliottina, ma cadendo la libera circolazione delle persone verrebbe meno il pilastro di due accordi importanti come quelli di Schengen e Dublino. Con la caduta del primo vi sarebbe una chiusura delle frontiere con aumento dei tempi di attesa in dogana e con la rinuncia al secondo aumenterebbero considerevolmente le richieste di asilo in Svizzera.

Per non aggiungere una nuova crisi all’attuale crisi legata al COVID-19, occorre respingere l’iniziativa per la disdetta degli accordi bilaterali con l’UE.

Accordi di libero scambio: potenziale non sfruttato

Oltre all’accordo di libero scambio (ALS) con l’Unione Europea e alla Convenzione AELS, la Svizzera vanta attualmente una rete di 30 ALS con 40 partner. In che misura vengono sfruttati questi accordi, con quali Paesi e per quali merci?

Uno studio commissionato dalla Segreteria di Stato dell’economia all’Università di San Gallo fa luce in merito basandosi sui dati import-export del 2018 ed evidenzia come in tale anno il risparmio per le PMI svizzere sui dazi imposti dai paesi di destinazione delle loro esportazioni sia stato di 1,8 miliardi di franchi. A questi si sarebbero potuti aggiungere altri 443,3 milioni se esse avessero sfruttato completamente le opportunità date dagli ALS (attuale tasso di utilizzo: 80%).

Sul fronte delle importazioni, il risparmio sui dazi è stato invece di 2,5 miliardi di franchi, per un tasso di utilizzo medio pari al 73%. L’utilizzo degli accordi di libero scambio varia notevolmente sia per quanto riguarda i Paesi di origine e di destinazione sia per settore: esso è ad esempio molto più marcato con i partner dell’UE e dell’AELS rispetto agli altri Paesi.

Sussistono tuttavia ancora molte opportunità di risparmio sui dazi doganali nelle esportazioni verso Germania, Francia, Corea ed Ucraina, ma soprattutto verso la Cina. A livello settoriale, il maggior beneficiario degli ALS è di gran lunga il settore orologiero, che ha risparmiato oltre 300 milioni di franchi
sui dazi, seguito dal settore dei macchinari (che però potrebbe sfruttare ancora di più gli accordi) e da quello dei metalli preziosi. Infine, il ramo farmaceutico, principale settore d’esportazione, si avvale in maniera molto limitata degli ALS perché già esentato dai dazi di base.

Come spiegare il mancato sfruttamento completo degli ALS? L’esperienza avuta dalla Cc-Ti e da S-GE con le aziende ticinesi mostra come in genere tali accordi siano molto complessi e implichino oneri amministrativi e di procedura per le PMI attive a livello internazionale.


Articolo a cura del Servizio Export Cc-Ti e di Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana

Nuovo corso di formazione continua “PMI e mondo finanziario”

La Cc-Ti, insieme al Centro Studi Villa Negroni (CSVN), ha strutturato un’offerta formativa mirata destinata alle PMI e agli imprenditori volta all’incremento delle competenze nell’ambito finanziario. Il corso partirà nel gennaio 2021.

La prima edizione del corso organizzato dalla Cc-Ti in collaborazione con il Centro Studi Villa Negroni (CSVN), intitolato “PMI e mondo finanziario: nuove nozioni fondamentali per la gestione d’impresa” inizierà il 22 gennaio 2021 con il kick off presso la Cc-Ti e proseguirà per 4 moduli su 42 ore-lezione.

Si tratta di un primo risultato concreto della collaborazione fra due enti del territorio che vogliono avvicinare sempre più il mondo imprenditoriale e quello finanziario, al fine di sviluppare interessanti sinergie. Il percorso formativo proposto, caratterizzato da un taglio prettamente pratico – come i differenti corsi della Cc-Ti -, si propone di agevolare la collaborazione tra le PMI e il mondo finanziario.

Programma e obiettivi

Il percorso formativo è suddiviso in 4 moduli didattici e un ‘Annual Forum‘ per complessive 42 ore distribuite su un periodo di circa 4 mesi.

La formazione si caratterizza per una metodologia didattica che alterna momenti di studio autonomo a sessioni in aula, caratterizzate da un taglio pratico che privilegerà brevi approfondimenti teorici, esercitazioni e, in particolare, delle testimonianze pratiche da parte di specialisti della materia che avranno lo scopo di facilitare la comprensione pratica di alcune tecniche finanziarie.

  • 1° modulo – “Kick off – Business Breakfast: introduzione al corso” – 22 gennaio 2021, presso la Cc-Ti
  • 2° modulo – “Diritto e fiscalità” – Diritto, 22 febbraio 2021 – Fiscalità, 23 febbraio 2021, presso il CSVN
  • 3° modulo – “Investimenti” – 22 marzo 2021, presso il CSVN
  • 4° modulo – “Traffico pagamenti e finanziamenti” – Traffico pagamenti e gestione della liquidità, 19 aprile 2021 – Finanziamenti e gestione dei rischi, 19 e 26 aprile 2021, presso il CSVN
  • ‘Annual Forum’: incontro con imprenditori, consulenti bancari, assicurativi, fiduciari e legali sul tema “La digitalizzazione nel mondo bancario: opportunità e sfide per le PMI (focus sulle piattaforme di intermediazione bancarie)” – 17 maggio 2021, presso il CSVN.

Al termine della formazione il partecipante distingue i ruoli e le offerte degli operatori in ambito finanziario; ottimizza e perfeziona le relazioni con gli operatori; conosce le varie tipologie di finanziamento, identificando le opportunità e i potenziali rischi, nonché i possibili ambiti di applicazione; acquisisce maggiori competenze riguardo a tematiche di carattere giuridico, fiscale, finanziario e creditizio inerenti alla gestione di un’impresa.

Il termine delle iscrizioni è fissato all’8 gennaio 2021.
Per maggiori informazioni e iscrizioni: Centro Studi Villa Negroni, 091 961 65 20, e-mail.

Tra fatti e illusioni

L’opinione del Direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino Luca Albertoni

Gli Accordi Bilaterali con l’Unione Europea (UE), e la libera circolazione delle persone in particolare, possono anche legittimamente non piacere. Non sono perfetti, perché di perfetto non c’è nulla. Ma quali alternative credibili vi sono? Chi prende quale esempio la Brexit, probabilmente ipnotizzato dalle capacità istrioniche di Boris Johnson, omette di dire che gli inglesi stanno cercando di ottenere quello che noi abbiamo attualmente, cioè degli Accordi Bilaterali con l’UE.
E noi dovremmo rinunciarvi?

È opportuno ricordare che l’articolo 25 capoverso 4 dell’Accordo sulla libera circolazione prevede quanto segue: “I sette Accordi (…) cessano di applicarsi dopo sei mesi dal ricevimento della notifica relativa al mancato rinnovo (…) o alla denuncia di cui al paragrafo 3”.
Clausola ghigliottina che si attiva automaticamente senza se e senza ma. Verrebbero quindi affossati anche altri Accordi fondamentali. Prendiamo quello sul traffico terrestre. Da taluni considerato inutile. Peccato che si tratti della base legale per la Svizzera per imporre la tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni. Introito non da poco per la Confederazione e tutt ’altro che un grimaldello gratuito per l’invasione di camion europei. C’è anche chi afferma imprudentemente che la libera circolazione pesa in modo decisivo sullo Stato sociale, dimenticando che, di principio, gode dei vantaggi della libera circolazione solo chi ha un contratto di lavoro e chi può dimostrare di mantenersi con i propri mezzi. Anche l’illusione che senza la libera circolazione d’incanto vi sarebbe più lavoro per tutti i ticinesi è fuori luogo.

Prendiamo il tanto menzionato settore sanitario. La carenza di medici svizzeri non è certo imputabile alla libera circolazione, ma frutto di precise scelte politiche svizzere di introdurre e mantenere un numerus clausus, soprattutto per questioni finanziarie, considerando più economico attingere a personale già formato da altri Stati. L’UE non c’entra nulla, sono decisioni che abbiamo preso in piena autonomia, visto che le persone non vengono formate da un giorno all’altro. Senza dimenticare i settori volutamente negletti dal personale indigeno perché considerati come meno nobili, industria e artigianato
su tutti.

Abolire la libera circolazione non servirebbe in casi del genere a migliorare l’occupazione dei ticinesi, che si disinteressano di questi ambiti malgrado condizioni anche salariali molto interessanti regolate da Contratti collettivi di lavoro (v. il caso dell’edilizia). Inoltre impedirebbe a molte aziende di attingere ai bacini di personale necessario per svolgere la propria attività.

Questi sono solo alcuni fatti che dovrebbero far riflettere prima di prendere una decisione cruciale come quella del prossimo 27 settembre.