https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/03/ART25-AGEFI-Luca-Albertoni.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-03-31 11:27:492025-03-31 11:27:50Face à Donald Trump, la négociation est plus efficace que les mesures de rétorsion
Rafforzare la cooperazione economica e sviluppare sinergie tra Ticino e Slovacchia: questi i temi al centro dell’incontro tenutosi il 28 marzo 2025 tra la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) e una delegazione slovacca di alto livello. La delegazione era composta dal Segretario di Stato del Ministero dell’Economia, Vladimír Šimonák, dall’Ambasciatore in Svizzera, Alexander Micovčin, dal Vice capo missione, Ľubomír Lúčan, e dal direttore del Dipartimento Progetti d’Investimento dell’Agenzia slovacca per lo sviluppo degli investimenti e del commercio (SARIO), Tomáš Salini. Ad accoglierli sono stati il direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, e la responsabile del commercio estero, Monica Zurfluh.
L’incontro ha rappresentato un’importante opportunità per analizzare le rispettive realtà economiche e rafforzare il networking a beneficio delle aziende di entrambi i Paesi.
La Slovacchia si posiziona come 12ª destinazione dell’export ticinese e 25º mercato di approvvigionamento. A livello svizzero, le relazioni commerciali con il Paese sono solide e in costante crescita: nel 2024, il volume degli scambi ha superato i 2 miliardi di franchi svizzeri. Sul fronte degli investimenti, circa 70 aziende svizzere operano in Slovacchia, tra cui Schindler, Ringier, ABB, Vetropack, Zurich Assicurazioni, Swiss Re e Nestlé, oltre a diverse realtà ticinesi (spesso presenti in forma di joint-venture).
La Slovacchia si distingue per un’economia industrializzata, con settori chiavi quali automotive, elettronica, meccanica e metallurgia. Anche i comparti chimico, farmaceutico e alimentare rivestono un ruolo significativo. Inoltre, il Paese sta emergendo come hub tecnologico grazie a una forza lavoro qualificata nei settori IT, ingegneria del software, cybersecurity e automazione industriale. L’ecosistema favorevole per startup, supportato da un sistema educativo solido e incentivi governativi, sta attirando un numero crescente di investitori.
L’Agenzia slovacca per lo sviluppo degli investimenti e del commercio (SARIO) offre un supporto strategico agli investitori attraverso consulenze su legislazione, procedure amministrative e opportunità di finanziamento.
Dall’incontro è emersa la volontà di intensificare la collaborazione e generare nuove opportunità di crescita per le aziende ticinesi e slovacche.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/03/ART25-Incontro-delgazione-slovacca.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-03-31 10:36:012025-04-18 08:55:21Ticino-Slovacchia: un incontro per rafforzare i legami economici
La Commissione europea rafforza la misura di salvaguardia sull’acciaio per contenere le importazioni e tutelare l’industria siderurgica dell’UE.
Nell’ambito del suo piano d’azione per la siderurgia e la metallurgia, la Commissione europea ha inasprito la misura di salvaguardia, riducendo il tasso di liberalizzazione dall’1% allo 0,1%. Questo provvedimento limita la quantità di acciaio che può essere importata nell’UE senza dazi. Inoltre, i Paesi esportatori non potranno più usufruire dei contingenti inutilizzati di altri Paesi, inclusi quelli assegnati alla Russia e alla Bielorussia.
Anche il meccanismo di “riporto” (“carry over”), che consentiva ai Paesi di trasferire i contingenti inutilizzati al trimestre successivo, è stato abolito per le categorie caratterizzate da un’elevata pressione sulle importazioni e da un basso livello di consumo.
La maggior parte degli adeguamenti entrerà in vigore il 1° aprile 2025, mentre alcune modifiche, come la riduzione del tasso di liberalizzazione e l’abolizione del trasferimento delle quote inutilizzate per determinate categorie, saranno applicate dal 1° luglio 2025. Tuttavia, la durata complessiva della misura di salvaguardia rimane invariata e si concluderà il 30 giugno 2026.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/03/ART25-Misura-salvaguardia-acciaio-UE.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-03-26 10:55:072025-03-26 13:19:20L’UE rafforza le misure di salvaguardia sull’acciaio a tutela dell’industria siderurgica
Il direttore della Camera di commercio commenta le decisioni di Trump, tutto tranne che nuove, e i possibili scenari negativi per Svizzera e Ticino.
Decine di aziende che hanno un contatto diretto con gli Stati Uniti, tra sedi di rappresentanza, uffici ed esportazioni dal Ticino per circa 700 milioni di franchi ogni anno. Parliamo di questo, ma anche molto altro, quando si parla di mercato americano per le imprese ticinesi. Parliamo di questo, e soprattutto di molto altro, quando si parla del pericolo dei dazi che il presidente statunitense Donald Trump vuole imporre ormai a chiunque voglia vendere prodotti nel suo Paese. Con un effetto domino che il direttore della Camera di commercio e dell’industria Luca Albertoni, a colloquio con ‘laRegione’, non esita a definire «preoccupante». Non tanto e non solo per il Ticino, ma perché «la recente proposta di fissare dei dazi al 25% per l’Unione europea si riverbererebbe non poco sulla Svizzera che ha nell’Ue il proprio primo partner commerciale».
Insomma, c’è davvero da essere preoccupati?
Sì, una giusta e sana preoccupazione che ci faccia capire come non siamo al riparo da eventi sui quali non possiamo neanche materialmente intervenire. Abbiamo visto altre volte che le aziende si adattano e l’export cresce, ma serve un occhio attento all’attualità e un orecchio disposto a sentire questi campanelli d’allarme che stanno suonando.
C’è anche da dire però che è tutto tranne che una novità vedere gli Stati Uniti fissare dei dazi…
Esattamente, il cosiddetto ‘America first’ c’è sempre stato. Si sta considerando una novità qualcosa che non lo è, magari perché sono cambiate le modalità comunicative. Basti ricordare i numerosi contenziosi davanti all’Organizzazione mondiale del commercio promossi da Unione europea, Cina, Canada e Messico contro gli Stati Uniti per l’introduzione di dazi antidumping e misure commerciali considerate discriminatorie. I dazi sull’acciaio non sono una novità, Bush li introdusse ad esempio nel 2002, come non lo sono quelli sui prodotti cinesi. Ora mi sembra non perseguano solo scopi economici, dalla dubbia efficacia anche per gli Stati Uniti, ma siano soprattutto uno strumento di pressione per ottenere anche altro. Comunque, tecnicamente Trump sta facendo una sorta di promozione economica del proprio Paese, che può anche essere comprensibile se ha l’obiettivo di rafforzare il settore produttivo statunitense trasferendo in loco le produzioni industriali e forse ritiene di farlo anche con questi strumenti. Ma, come detto, per onestà intellettuale bisogna riconoscere e dire che nella presidenza Biden i dazi posti dalla prima presidenza Trump sono stati confermati, la politica americana funziona così.
Lei parla di preoccupazione per il Ticino. Per cosa soprattutto? Dire dazi vuol dire tantissimi ambiti della filiera di produzione.
Partiamo col dire che 700 milioni di franchi di export ogni anno non sono poca cosa, è una cifra importante, in crescita. Il più grande timore è sicuramente l’insicurezza che si sta venendo a creare ad arte, e lo noto parlando anche con altri colleghi delle Camere in Svizzera. Questo è il modo di negoziare di Trump, anche se dovremmo fermarci un attimo e chiederci cosa possa negoziare con la Svizzera: mica tanto. La piazza finanziaria è già stata messa in ginocchio, se ragiona in termini di bilancia commerciale potrebbe essere rischioso perché come Svizzera la nostra è positiva nei confronti degli Stati Uniti. Anche se, inserendo i servizi nella bilancia commerciale, il rapporto si capovolgerebbe. Non sono però così preoccupato che vi possano essere misure dirette generalizzate contro la Svizzera. Potremmo però subire le conseguenze. La nostra vera ansia potrebbe essere infatti il subire le conseguenze dei dazi sull’Unione europea e in generale sugli altri Paesi, e non esito a definirla una preoccupazione più immediata. Non sono poche le aziende svizzere e anche ticinesi che hanno almeno parte della produzione in Paesi europei o in Cina, per cui potrebbero subire le conseguenze delle misure contro questi Paesi. Senza dimenticare che Messico e Canada sono a volte le porte d’entrata per i prodotti verso gli Stati Uniti.
E parlando di settori, quali sarebbero i più esposti?
Quello farmaceutico potrebbe essere penalizzato, ma le aziende sono “sul pezzo” e stiamo parlando di un’autentica eccellenza dell’industria svizzera, produciamo medicamenti di cui negli Stati Uniti c’è bisogno, che non sono per forza in concorrenza con i loro prodotti e in generale le esportazioni svizzere e anche ticinesi sono di fascia alta e quindi meno facilmente sostituibili, penso ad esempio al settore del medtech. Questa alta qualità porta il cliente americano ad avere una certa propensione a prendere in considerazione anche una maggiore spesa per averli. Tornando al discorso Unione europea, la preoccupazione può riguardare il settore delle automobili, per cui in Ticino vengono prodotte parti importanti. Già l’industria tedesca sta faticando, vende meno negli Stati Uniti e le conseguenze le paghiamo anche noi. Questo è un esempio tra i vari che dimostra come ulteriori difficoltà per l’Unione europea si riverbererebbero sulla Svizzera e il Ticino, perché se Trump considera i dazi un’arma negoziale è un conto, se davvero vorrà agire come minacciato anche con Canada e Messico ci sarà poco da stare allegri…
Quando si parla di export, materialmente, di cosa si parla?
Chiaramente in modo prevalente di industria, che però ha già un po’ frenato, soprattutto il settore Mem e i vari fornitori che, come dicevo, lavorano direttamente o indirettamente in particolare con il settore automobilistico producendo componenti di ogni genere che confluiscono nel prodotto finito: sensori, parti dei freni… Non vanno però dimenticati i servizi che a volte sono pure legati alla produzione industriale. Insomma, un ventaglio di situazioni molto variegato. Le difficoltà, indipendenti dalle decisioni americane, le stiamo già notando ora, e ci sono segnali di un possibile ulteriore peggioramento. Poi, quando parliamo di export, non dobbiamo assolutamente dimenticare, oltre all’esportazione diretta, quella indiretta, cioè che avviene tramite altre aziende svizzere che forniscono i prodotti finiti contenenti componenti che arrivano dal Ticino, come capita ad esempio in alcune parti del settore ferroviario. Siamo tributari del contesto internazionale, ma ovviamente anche di quello nazionale. Ma gli altri cantoni sono nelle nostre stesse condizioni, senza eccezioni, o quasi.
Timori registrati anche nella vostra recente indagine congiunturale presso le aziende associate alla Camera di commercio?
Sì, è stata rimarcata una maggiore prudenza per il primo semestre del 2025 e si sta nei fatti confermando. Il rischio di rallentamento si è già verificato e la difficoltà non sorprende. A questo si deve unire anche la generale difficoltà nelle esportazioni, considerando anche come la Cina abbia rallentato moltissimo e il settore del lusso sia quasi fermo. Inoltre, la Cina ha frenato su grandi investimenti e attività all’estero, e anche questo in determinati settori si farà sentire.
Passare così dal Ticino, agli Stati Uniti, alla Cina fa capire quanto il mondo di oggi sia interconnesso.
Altroché! È impossibile oggi ragionare con la mente di vent’anni fa, giusto o sbagliato che sia il ruolo delle esportazioni è cresciuto e questo è fondamentale per un Paese come il nostro, che deve proprio all’apertura gran parte della sua prosperità. D’altra parte quando ha l’export che rappresenta una parte importante, chiaramente si è più esposti a dinamiche che non possiamo controllare. Ci sono vantaggi innegabili, come la diversificazione del tessuto economico, che rendono la Svizzera e il Ticino più ricchi a livello di competenze, ma anche svantaggi ingovernabili. Quello che possiamo fare è adattarci, come abbiamo già fatto in questi ultimi anni, razionalizzando le procedure, stabilendo prezzi competitivi e non per forza bassi quando si parla di alta gamma, ragionando sulla qualità che ci ha messo un po’ al riparo anche dalle fluttuazioni valutarie. La qualità è un grande atout per la Svizzera.
E il Ticino è in mezzo a tutto questo.
Certo che lo è, pensi solo che in Ticino vengono prodotti una delle centinaia di componenti dell’iPhone e un motorino per i razzi che la Nasa spedisce su Marte… Siamo in mezzo a tutto questo con anche tutta la sua complessità, e tutto è talmente interconnesso che se da un lato ribadisco che è giusto essere preoccupati per i dazi, arrivo anche a dire che la politica dei dazi non ha alcun senso. I flussi economici oggi sono molto più complessi che in passato e misure apparentemente semplici nascondono a mio avviso molte incognite, per cui penso che economicamente il dazio lo subisca anche chi lo pone, con aumenti di prezzi e potere d’acquisto in calo, anche se alcuni sostengono il contrario, basandosi sul rafforzamento della produzione statunitense e sul fatto che sia un mercato con potenzialità tali da ridurre la dipendenza dall’estero. Forse, ma non si tratta di effetti che possono verificarsi in poco tempo, ammesso che si realizzino veramente. Tuttavia, non credo che negli Stati Uniti siano stolti e qualche approccio differenziato comunicato in questi giorni, come le misure ridotte contro il Messico per non danneggiare l’industria automobilistica americana, mi fa propendere per la tesi che sia davvero prevalentemente un’arma negoziale e non uno strumento sistematico che rischia di portare a un autogol.
C’è rischio per i posti di lavoro nel nostro cantone?
Le rispondo ricordando quanto è successo nel 2014. In Turchia c’è stata un’ondata di freddo anomala e molto lunga, che ha colpito duramente la produzione delle nocciole. La cascata è arrivata in Svizzera e fino al Ticino con tutte le difficoltà che si sono riscontrate nel produrre il cioccolato che è un fiore all’occhiello della nostra economia, mettendo a rischio i posti di lavoro nel settore. Fortunatamente questo è stato evitato, malgrado i maggiori costi necessari per approvvigionarsi altrove di una merce diventata rara in un preciso periodo.
Fa freddo in Turchia e si rischia di licenziare in Ticino.
Per usare un esempio più attuale, quando la Germania ha l’influenza, la Svizzera tossisce. Quindi la risposta è purtroppo sì, è un rischio che esiste.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/12/ART22-Albertoni-che-scrive.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2025-03-17 11:22:372025-03-17 11:22:37“I dazi preoccupano, ma è una politica senza senso”
Con una capacità di spesa per i consumi che supera di gran lunga quella della Cina e dell’Unione europea, gli Stati Uniti non solo rappresentano un mercato cruciale per gli esportatori di tutto il mondo, ma giocano un ruolo determinante nelle dinamiche commerciali internazionali. L’introduzione di nuovi dazi doganali, sebbene per ora limitati a determinati Paesi, può avere ripercussioni significative sul mercato globale. La situazione si fa preoccupante e, anche in Svizzera, sia il governo sia le aziende sono chiamati a prendere decisioni rapide e strategiche.
In un contesto economico mondiale sempre più teso e imprevedibile, la Svizzera e le sue aziende si trovano ad affrontare sfide significative e delicate. Con un’economia fortemente orientata all’export, il nostro Paese si rivela estremamente vulnerabile alle turbolenze geopolitiche e alle politiche protezionistiche che stanno ridisegnando gli equilibri commerciali globali.
L’incubo dei dazi
Le aziende svizzere, rinomate per la loro eccellenza nei settori della farmaceutica, dei macchinari di precisione e dell’orologeria, si trovano a navigare in acque sempre più agitate. Oltre ai dazi generalizzati del 25% su alluminio e acciaio in vigore dal 12 marzo, che colpiscono direttamente anche i prodotti elvetici, la (ad oggi) minaccia di nuovi dazi del 25% sulle importazioni di auto, prodotti farmaceutici e altri prodotti europei getta ombre inquietanti sul mercato dell’Unione europea (UE) e sul futuro delle esportazioni svizzere: più della metà delle merci elvetiche destinate all’estero trova infatti mercato proprio nell’UE, e molte di queste vengono incorporate in prodotti venduti negli Stati Uniti.
La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che le tensioni commerciali non si limitano all’asse USA-UE: le misure protezionistiche statunitensi annunciate e/o già varate contro Messico, Canada e Cina e le risposte di questi Paesi rischiano di destabilizzare le catene di fornitura globali, creando un contesto sempre più volatile. Sebbene al momento le aziende svizzere non siano nel mirino diretto delle politiche protezionistiche americane, non possono rimanere immuni dalle ripercussioni: note per la loro integrazione in sofisticate catene del valore globali, le aziende svizzere potrebbero, infatti, trovarsi a fare i conti con aumenti dei costi di produzione, interruzioni nella fornitura di componenti critici e una potenziale riduzione della domanda nei mercati chiave. In questo scenario sono quindi chiamate a ripensare le loro strategie di approvvigionamento, produzione e distribuzione, puntando su una maggiore flessibilità e resilienza.
Strategie di diversificazione e libero scambio
Malgrado un contesto economico sempre più complesso, il commercio internazionale continua, infatti, ad offrire opportunità di diversificazione, innovazione e crescita per le imprese svizzere. Grandi gruppi stanno espandendo la loro presenza in Asia, Africa e Sudamerica, riducendo la dipendenza dai mercati tradizionali. Anche le PMI seguono questa strada di espansione internazionale, seppur con ritmi e risorse differenti.
Il mondo economico sta esercitando una pressione crescente sul governo federale affinché acceleri l’estensione della rete di accordi di libero scambio, considerati cruciali per garantire l’accesso a nuovi mercati in un contesto di crescente protezionismo. Nello specifico, guarda con attenzione alla ratifica degli accordi con India e Thailandia, conclusi rispettivamente a marzo 2024 e a gennaio 2025, all’aggiornamento di quelli esistenti con Cina e Messico, e alla finalizzazione dell’intesa con il Mercosur. Parallelamente, resta alta l’attenzione sul rilancio dei negoziati con gli Stati Uniti e sulla conclusione gli Accordi bilaterali III con l’UE.
Il Consiglio federale si trova così a dover bilanciare gli interessi economici nazionali con la necessità di mantenere una posizione neutrale nelle dispute commerciali internazionali. Questa sfida diplomatica richiede una strategia sofisticata che permetta alla Svizzera di proteggere i suoi interessi economici senza alienarsi nessuno dei suoi partner commerciali chiave.
Verso una gestione proattiva dei rischi
Dal canto loro, le aziende svizzere sono chiamate a adottare altre misure strategiche per mitigare la loro vulnerabilità, come monitorare le tensioni geopolitiche e condurre analisi approfondite della propria esposizione al rischio. Lo sviluppo di sistemi di analisi avanzata e di allerta precoce (“early warning”) diventa fondamentale per anticipare cambiamenti nei mercati e rispondere tempestivamente a eventuali shock economici. Tecniche di pianificazione strategica, come gli “stress test”, consentono invece di valutare la resilienza dell’azienda di fronte a scenari avversi, simulando impatti di misure tariffarie o altre discontinuità economiche.
In un mondo sempre più interconnesso, il successo delle nostre imprese dipenderà anche dalla loro capacità di adottare una prospettiva trifocale, che le veda integrare strategie a breve, medio e lungo termine nelle loro operazioni quotidiane. Questo richiede il passaggio da un approccio reattivo a una gestione dinamica dei rischi e delle opportunità: non basta reagire ai cambiamenti, ma occorre anticiparli, trasformando le sfide in opportunità di innovazione e crescita. Alcuni esempi di strategie proattive per rispondere celermente ai cambiamenti globali includono l’integrazione di tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale per le analisi predittive, investimenti in ricerca e sviluppo per ideare prodotti innovativi e meno suscettibili a barriere commerciali, nonché la formazione del personale nella gestione di catene di valore sempre più complesse.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/03/ART25-aziende-svizzere-tensioni-globali.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-03-12 08:00:002025-03-07 16:14:52Le aziende svizzere al crocevia delle tensioni commerciali globali
A partire dal 12 marzo 2025, le importazioni di acciaio, alluminio e loro derivati negli Stati Uniti saranno soggette a un dazio supplementare del 25%. La misura, ufficializzata da due avvisi dell’agenzia doganale statunitense, segna un’ulteriore stretta sulle politiche commerciali del Paese.
L’ampliamento della misura interessa diverse categorie merceologiche:
alluminio e derivati: prodotti dei capitoli tariffali 66, 76, 83, 84, 85, 87, 88, 90, 94, 95 e 96.
acciaio e derivati: prodotti dei capitoli tariffali 72, 73, 84, 85, 87 e 94
I provvedimenti revocano ogni forma di trattamento agevolato, comprese quote assolute, contingenti tariffari ed esenzioni per singoli Paesi. Inoltre, pongono fine alle esclusioni generali precedentemente approvate (General Approved Exclusions, GEA), mantenendo valide solo quelle specifiche registrate nel sistema Automated Commercial Environment (ACE) fino alla loro scadenza o all’esaurimento del volume autorizzato.
Esclusi dall’inasprimento dei dazi saranno unicamente i prodotti realizzati con acciaio fuso o alluminio estruso negli Stati Uniti. Per tutti gli altri derivati, il calcolo del dazio verrà effettuato sul valore del metallo di base.
Non è previsto alcun meccanismo di rimborso (drawback) per i dazi imposti. Inoltre, l’acciaio, l’alluminio e i loro derivati ammessi nelle zone franche statunitensi a partire dal 12 marzo 2025 dovranno riceveranno lo status di “straniero privilegiato” e saranno assoggettati ai dazi vigenti al momento dell’immissione in consumo.
Per chiarire le modalità di attuazione delle nuove misure, l’agenzia doganale statunitense (U.S. Customs and Border Protection – CBP) ha ora pubblicato due documenti operativi:
I due documenti elencano le sottovoci tariffarie del capitolo 99 dell’Harmonized Tariff Schedule of the United States (HTSUS)da utilizzare obbligatoriamente per dichiarare le importazioni e forniscono istruzionidettagliate sullacorretta dichiarazione del contenutodi alluminio e acciaio, compresa l’indicazione del Paese di fusione e colata (per l’alluminio: anche in caso di utilizzo di materiali riciclati).
Sottovoci tariffali a confronto
A quali sottovoci tariffali del capitolo 99 sono associati i vari articoli in acciaio e alluminio?Consulta la nostra tabella riepilogativa!
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/03/ART25-USA-dazi-acciaio-alluminio.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-03-10 14:11:462025-04-03 12:34:32Stati Uniti: dazi del 25% su acciaio, alluminio e loro derivati
Proseguono i podcast della Cc-Ti con Radio Ticino. A disposizione la 37° puntata con il titolo “Highwire”. Con Luca Albertoni, dir. Cc-Ti, Angelo Chiello di Radio Ticino. Disponibile anche su Spotify!
Per sorridere, si mettono in movimento 16 muscoli, per arrabbiarsi 65… fai ECONOMIA, sorridi! Chiacchierate, aneddoti, tanti fatti, poca politica… Un modo un po’ giocoso ma serio per condividere l’economia, perché l’economia siamo tutti noi.
L’accordo di libero scambio AELS-Moldova entrerà in vigore tra Svizzera, Liechtenstein e Moldova il 1° aprile 2025. L’intesa è già operativa con gli altri membri dell’AELS: Islanda (dal 1° settembre 2024) e Norvegia (dal 1° novembre 2024).
Con l’entrata in vigore dell’accordo, la Moldova perderà lo status di Paese in via di sviluppo beneficiario di preferenze tariffarie. Dal 1° aprile 2025, per ottenere l’imposizione preferenziale, sarà infatti necessaria una prova di origine rilasciata secondo quanto previsto dall’accordo di libero scambio.
La Moldova è parte della Convenzione PEM riveduta, che consente il cumulo diagonale con altri partner di libero scambio della zona PEM (p. es. con l’Unione europea). Le opzioni di cumulo effettive possono essere visualizzate nella Matrix. La Convenzione PEM riveduta prevede anche il cumulo totale. Fino al 31 dicembre 2025 le prove d’origine emesse sulla base delle norme rivedute devono riportare la dicitura “REVISED RULES”.
Le merci originarie già in transito o in custodia temporanea presso un deposito doganale oppure in una zona franca in Moldova o in Svizzera al momento dell’entrata in vigore dell’accordo possono beneficiare dell’imposizione all’aliquota preferenziale. A tal fine, occorre presentare una prova d’origine allestita a posteriori, nonché la documentazione comprovante il trasporto diretto. In assenza della prova di origine al momento dell’imposizione, è possibile richiedere un’imposizione provvisoria.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/02/ART25-AELS-Moldova.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-02-28 14:00:002025-04-18 08:49:16Accordo di libero scambio AELS-Moldova in vigore dal 1° aprile 2025
Giovedì 27.02.2025 il direttore della Cc-Ti Luca Albertoni ha incontrato l’Ambasciatore indonesiano in Svizzera Ngurah Swajaya, in visita di cortesia in Ticino. L’incontro si è tenuto a Bellinzona presso MSpace, uno spazio di lavoro condiviso creato dal gruppo Multi e di cui la Cc-Ti è partner.
L’incontro, organizzato dal Presidente del Gran Consiglio Michele Guerra e a cui ha partecipato anche una delegazione di rappresentanti del mondo economico e accademico ticinese, si è svolto in un clima di grande cordialità ed è stato l’occasione per un proficuo approfondimento su temi di interesse comune, tra cui le opportunità offerte dall’accordo di partenariato economico globale (CEPA) in vigore dal 1° novembre 2021 e dall’accordo di promozione e protezione degli investimenti in vigore dal 1° agosto 2024.
L’Indonesia, lo ricordiamo, è la più grande economia del Sud-est asiatico nonché una delle democrazie più vivaci della regione. Secondo le previsioni, entro il 2030 sarà la settima economia più grande del mondo ed entro il 2045 sarà la quinta. Con 276 milioni di abitanti è anche la quarta Nazione più popolosa del mondo.
L’Ambasciatore Swajaya ha evidenziato interessanti opportunità per le nostre aziende nei settori alimentare, MEM, delle scienze della vita e delle rinnovabili.
Abbiamo intervistato Stefano Giordani, che sta frequentando il corso “Specialista della gestione PMI” (che porta all’ottenimento dell’attestato federale), per continuare a dare spazio su queste pagine alle voci ed alle esperienze dei corsisti, raccogliendo preziose testimonianze.
Quali sono i motivi che l’hanno spinta ad iscriversi al corso Specialista della gestione PMI?
Ho deciso di iscrivermi al corso di Specialista della gestione PMI perché volevo approfondire e ampliare le mie conoscenze manageriali per poter gestire al meglio l’azienda di famiglia, in vista della futura successione aziendale. Inoltre, mi piaceva l’idea di accedere ad una formazione che mi permettesse di avere una conoscenza globale su varie tematiche a 360° gradi sul mondo aziendale, tra cui la gestione del personale, la leadership e l’organizzazione, a mio parere aspetti fondamentali e importarti nella gestione di un’impresa.
Come pensa che queste nuove competenze possano concretamente contribuire allo sviluppo della sua azienda?
Le nuove competenze mi permetteranno di essere più performante e preparato nel gestire le differenti situazioni che emergeranno nel mio lavoro. Essendo pronto potrò adottare e implementare soluzioni più innovative e strategiche mirate per ottimizzare i processi aziendali, andando a migliorare l’operatività. Le competenze apprese mi permetteranno anche di analizzare e individuare nuove opportunità di crescita. Inoltre, potrò proporre e attuar nuove idee, strumenti e metodologie che porteranno innovazione nella struttura aziendale, che sarà in grado di adattarsi in modo efficace ai cambiamenti del mercato ticinese e svizzero.
In quale modo la sua carriera beneficerà degli insegnamenti tratti, anche in ottica di una futura, ipotetica, successione aziendale?
Grazie agli insegnamenti acquisiti, potrò consolidare le competenze manageriali necessarie per affrontare in modo efficace le problematiche aziendali, affrontando con maggiore sicurezza le sfide della gestione. In vista di una futura successione,queste conoscenze mi consentiranno di garantire una transizione di successo, preservando la continuità e il valore dell’azienda che la mia famiglia ha costruito con impegno e sacrifici nel corso degli anni.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/02/ART25-scuola-gestione-PMI.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-02-24 08:05:002025-02-24 11:32:28In vista di una successione aziendale
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Face à Donald Trump, la négociation est plus efficace que les mesures de rétorsion
/in Comunicazione e mediaA cura di Luca Albertoni
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Fonte: AGEFI
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/in Internazionale, Tematiche, VariaRafforzare la cooperazione economica e sviluppare sinergie tra Ticino e Slovacchia: questi i temi al centro dell’incontro tenutosi il 28 marzo 2025 tra la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) e una delegazione slovacca di alto livello. La delegazione era composta dal Segretario di Stato del Ministero dell’Economia, Vladimír Šimonák, dall’Ambasciatore in Svizzera, Alexander Micovčin, dal Vice capo missione, Ľubomír Lúčan, e dal direttore del Dipartimento Progetti d’Investimento dell’Agenzia slovacca per lo sviluppo degli investimenti e del commercio (SARIO), Tomáš Salini. Ad accoglierli sono stati il direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, e la responsabile del commercio estero, Monica Zurfluh.
L’incontro ha rappresentato un’importante opportunità per analizzare le rispettive realtà economiche e rafforzare il networking a beneficio delle aziende di entrambi i Paesi.
La Slovacchia si posiziona come 12ª destinazione dell’export ticinese e 25º mercato di approvvigionamento. A livello svizzero, le relazioni commerciali con il Paese sono solide e in costante crescita: nel 2024, il volume degli scambi ha superato i 2 miliardi di franchi svizzeri. Sul fronte degli investimenti, circa 70 aziende svizzere operano in Slovacchia, tra cui Schindler, Ringier, ABB, Vetropack, Zurich Assicurazioni, Swiss Re e Nestlé, oltre a diverse realtà ticinesi (spesso presenti in forma di joint-venture).
La Slovacchia si distingue per un’economia industrializzata, con settori chiavi quali automotive, elettronica, meccanica e metallurgia. Anche i comparti chimico, farmaceutico e alimentare rivestono un ruolo significativo. Inoltre, il Paese sta emergendo come hub tecnologico grazie a una forza lavoro qualificata nei settori IT, ingegneria del software, cybersecurity e automazione industriale. L’ecosistema favorevole per startup, supportato da un sistema educativo solido e incentivi governativi, sta attirando un numero crescente di investitori.
L’Agenzia slovacca per lo sviluppo degli investimenti e del commercio (SARIO) offre un supporto strategico agli investitori attraverso consulenze su legislazione, procedure amministrative e opportunità di finanziamento.
Dall’incontro è emersa la volontà di intensificare la collaborazione e generare nuove opportunità di crescita per le aziende ticinesi e slovacche.
L’UE rafforza le misure di salvaguardia sull’acciaio a tutela dell’industria siderurgica
/in Internazionale, Tematiche, VariaLa Commissione europea rafforza la misura di salvaguardia sull’acciaio per contenere le importazioni e tutelare l’industria siderurgica dell’UE.
Nell’ambito del suo piano d’azione per la siderurgia e la metallurgia, la Commissione europea ha inasprito la misura di salvaguardia, riducendo il tasso di liberalizzazione dall’1% allo 0,1%. Questo provvedimento limita la quantità di acciaio che può essere importata nell’UE senza dazi. Inoltre, i Paesi esportatori non potranno più usufruire dei contingenti inutilizzati di altri Paesi, inclusi quelli assegnati alla Russia e alla Bielorussia.
Anche il meccanismo di “riporto” (“carry over”), che consentiva ai Paesi di trasferire i contingenti inutilizzati al trimestre successivo, è stato abolito per le categorie caratterizzate da un’elevata pressione sulle importazioni e da un basso livello di consumo.
La maggior parte degli adeguamenti entrerà in vigore il 1° aprile 2025, mentre alcune modifiche, come la riduzione del tasso di liberalizzazione e l’abolizione del trasferimento delle quote inutilizzate per determinate categorie, saranno applicate dal 1° luglio 2025. Tuttavia, la durata complessiva della misura di salvaguardia rimane invariata e si concluderà il 30 giugno 2026.
“I dazi preoccupano, ma è una politica senza senso”
/in Comunicazione e mediaIntervista a Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti, apparsa su LaRegione sabato 8 marzo 2025, a cura di Jacopo Scarinci
Il direttore della Camera di commercio commenta le decisioni di Trump, tutto tranne che nuove, e i possibili scenari negativi per Svizzera e Ticino.
Decine di aziende che hanno un contatto diretto con gli Stati Uniti, tra sedi di rappresentanza, uffici ed esportazioni dal Ticino per circa 700 milioni di franchi ogni anno. Parliamo di questo, ma anche molto altro, quando si parla di mercato americano per le imprese ticinesi. Parliamo di questo, e soprattutto di molto altro, quando si parla del pericolo dei dazi che il presidente statunitense Donald Trump vuole imporre ormai a chiunque voglia vendere prodotti nel suo Paese. Con un effetto domino che il direttore della Camera di commercio e dell’industria Luca Albertoni, a colloquio con ‘laRegione’, non esita a definire «preoccupante». Non tanto e non solo per il Ticino, ma perché «la recente proposta di fissare dei dazi al 25% per l’Unione europea si riverbererebbe non poco sulla Svizzera che ha nell’Ue il proprio primo partner commerciale».
Insomma, c’è davvero da essere preoccupati?
Sì, una giusta e sana preoccupazione che ci faccia capire come non siamo al riparo da eventi sui quali non possiamo neanche materialmente intervenire. Abbiamo visto altre volte che le aziende si adattano e l’export cresce, ma serve un occhio attento all’attualità e un orecchio disposto a sentire questi campanelli d’allarme che stanno suonando.
C’è anche da dire però che è tutto tranne che una novità vedere gli Stati Uniti fissare dei dazi…
Esattamente, il cosiddetto ‘America first’ c’è sempre stato. Si sta considerando una novità qualcosa che non lo è, magari perché sono cambiate le modalità comunicative. Basti ricordare i numerosi contenziosi davanti all’Organizzazione mondiale del commercio promossi da Unione europea, Cina, Canada e Messico contro gli Stati Uniti per l’introduzione di dazi antidumping e misure commerciali considerate discriminatorie. I dazi sull’acciaio non sono una novità, Bush li introdusse ad esempio nel 2002, come non lo sono quelli sui prodotti cinesi. Ora mi sembra non perseguano solo scopi economici, dalla dubbia efficacia anche per gli Stati Uniti, ma siano soprattutto uno strumento di pressione per ottenere anche altro. Comunque, tecnicamente Trump sta facendo una sorta di promozione economica del proprio Paese, che può anche essere comprensibile se ha l’obiettivo di rafforzare il settore produttivo statunitense trasferendo in loco le produzioni industriali e forse ritiene di farlo anche con questi strumenti. Ma, come detto, per onestà intellettuale bisogna riconoscere e dire che nella presidenza Biden i dazi posti dalla prima presidenza Trump sono stati confermati, la politica americana funziona così.
Lei parla di preoccupazione per il Ticino. Per cosa soprattutto? Dire dazi vuol dire tantissimi ambiti della filiera di produzione.
Partiamo col dire che 700 milioni di franchi di export ogni anno non sono poca cosa, è una cifra importante, in crescita. Il più grande timore è sicuramente l’insicurezza che si sta venendo a creare ad arte, e lo noto parlando anche con altri colleghi delle Camere in Svizzera. Questo è il modo di negoziare di Trump, anche se dovremmo fermarci un attimo e chiederci cosa possa negoziare con la Svizzera: mica tanto. La piazza finanziaria è già stata messa in ginocchio, se ragiona in termini di bilancia commerciale potrebbe essere rischioso perché come Svizzera la nostra è positiva nei confronti degli Stati Uniti. Anche se, inserendo i servizi nella bilancia commerciale, il rapporto si capovolgerebbe. Non sono però così preoccupato che vi possano essere misure dirette generalizzate contro la Svizzera. Potremmo però subire le conseguenze. La nostra vera ansia potrebbe essere infatti il subire le conseguenze dei dazi sull’Unione europea e in generale sugli altri Paesi, e non esito a definirla una preoccupazione più immediata. Non sono poche le aziende svizzere e anche ticinesi che hanno almeno parte della produzione in Paesi europei o in Cina, per cui potrebbero subire le conseguenze delle misure contro questi Paesi. Senza dimenticare che Messico e Canada sono a volte le porte d’entrata per i prodotti verso gli Stati Uniti.
E parlando di settori, quali sarebbero i più esposti?
Quello farmaceutico potrebbe essere penalizzato, ma le aziende sono “sul pezzo” e stiamo parlando di un’autentica eccellenza dell’industria svizzera, produciamo medicamenti di cui negli Stati Uniti c’è bisogno, che non sono per forza in concorrenza con i loro prodotti e in generale le esportazioni svizzere e anche ticinesi sono di fascia alta e quindi meno facilmente sostituibili, penso ad esempio al settore del medtech. Questa alta qualità porta il cliente americano ad avere una certa propensione a prendere in considerazione anche una maggiore spesa per averli. Tornando al discorso Unione europea, la preoccupazione può riguardare il settore delle automobili, per cui in Ticino vengono prodotte parti importanti. Già l’industria tedesca sta faticando, vende meno negli Stati Uniti e le conseguenze le paghiamo anche noi. Questo è un esempio tra i vari che dimostra come ulteriori difficoltà per l’Unione europea si riverbererebbero sulla Svizzera e il Ticino, perché se Trump considera i dazi un’arma negoziale è un conto, se davvero vorrà agire come minacciato anche con Canada e Messico ci sarà poco da stare allegri…
Quando si parla di export, materialmente, di cosa si parla?
Chiaramente in modo prevalente di industria, che però ha già un po’ frenato, soprattutto il settore Mem e i vari fornitori che, come dicevo, lavorano direttamente o indirettamente in particolare con il settore automobilistico producendo componenti di ogni genere che confluiscono nel prodotto finito: sensori, parti dei freni… Non vanno però dimenticati i servizi che a volte sono pure legati alla produzione industriale. Insomma, un ventaglio di situazioni molto variegato. Le difficoltà, indipendenti dalle decisioni americane, le stiamo già notando ora, e ci sono segnali di un possibile ulteriore peggioramento. Poi, quando parliamo di export, non dobbiamo assolutamente dimenticare, oltre all’esportazione diretta, quella indiretta, cioè che avviene tramite altre aziende svizzere che forniscono i prodotti finiti contenenti componenti che arrivano dal Ticino, come capita ad esempio in alcune parti del settore ferroviario. Siamo tributari del contesto internazionale, ma ovviamente anche di quello nazionale. Ma gli altri cantoni sono nelle nostre stesse condizioni, senza eccezioni, o quasi.
Timori registrati anche nella vostra recente indagine congiunturale presso le aziende associate alla Camera di commercio?
Sì, è stata rimarcata una maggiore prudenza per il primo semestre del 2025 e si sta nei fatti confermando. Il rischio di rallentamento si è già verificato e la difficoltà non sorprende. A questo si deve unire anche la generale difficoltà nelle esportazioni, considerando anche come la Cina abbia rallentato moltissimo e il settore del lusso sia quasi fermo. Inoltre, la Cina ha frenato su grandi investimenti e attività all’estero, e anche questo in determinati settori si farà sentire.
Passare così dal Ticino, agli Stati Uniti, alla Cina fa capire quanto il mondo di oggi sia interconnesso.
Altroché! È impossibile oggi ragionare con la mente di vent’anni fa, giusto o sbagliato che sia il ruolo delle esportazioni è cresciuto e questo è fondamentale per un Paese come il nostro, che deve proprio all’apertura gran parte della sua prosperità. D’altra parte quando ha l’export che rappresenta una parte importante, chiaramente si è più esposti a dinamiche che non possiamo controllare. Ci sono vantaggi innegabili, come la diversificazione del tessuto economico, che rendono la Svizzera e il Ticino più ricchi a livello di competenze, ma anche svantaggi ingovernabili. Quello che possiamo fare è adattarci, come abbiamo già fatto in questi ultimi anni, razionalizzando le procedure, stabilendo prezzi competitivi e non per forza bassi quando si parla di alta gamma, ragionando sulla qualità che ci ha messo un po’ al riparo anche dalle fluttuazioni valutarie. La qualità è un grande atout per la Svizzera.
E il Ticino è in mezzo a tutto questo.
Certo che lo è, pensi solo che in Ticino vengono prodotti una delle centinaia di componenti dell’iPhone e un motorino per i razzi che la Nasa spedisce su Marte… Siamo in mezzo a tutto questo con anche tutta la sua complessità, e tutto è talmente interconnesso che se da un lato ribadisco che è giusto essere preoccupati per i dazi, arrivo anche a dire che la politica dei dazi non ha alcun senso. I flussi economici oggi sono molto più complessi che in passato e misure apparentemente semplici nascondono a mio avviso molte incognite, per cui penso che economicamente il dazio lo subisca anche chi lo pone, con aumenti di prezzi e potere d’acquisto in calo, anche se alcuni sostengono il contrario, basandosi sul rafforzamento della produzione statunitense e sul fatto che sia un mercato con potenzialità tali da ridurre la dipendenza dall’estero. Forse, ma non si tratta di effetti che possono verificarsi in poco tempo, ammesso che si realizzino veramente. Tuttavia, non credo che negli Stati Uniti siano stolti e qualche approccio differenziato comunicato in questi giorni, come le misure ridotte contro il Messico per non danneggiare l’industria automobilistica americana, mi fa propendere per la tesi che sia davvero prevalentemente un’arma negoziale e non uno strumento sistematico che rischia di portare a un autogol.
C’è rischio per i posti di lavoro nel nostro cantone?
Le rispondo ricordando quanto è successo nel 2014. In Turchia c’è stata un’ondata di freddo anomala e molto lunga, che ha colpito duramente la produzione delle nocciole. La cascata è arrivata in Svizzera e fino al Ticino con tutte le difficoltà che si sono riscontrate nel produrre il cioccolato che è un fiore all’occhiello della nostra economia, mettendo a rischio i posti di lavoro nel settore. Fortunatamente questo è stato evitato, malgrado i maggiori costi necessari per approvvigionarsi altrove di una merce diventata rara in un preciso periodo.
Fa freddo in Turchia e si rischia di licenziare in Ticino.
Per usare un esempio più attuale, quando la Germania ha l’influenza, la Svizzera tossisce. Quindi la risposta è purtroppo sì, è un rischio che esiste.
Fonte: Albertoni: ‘I dazi preoccupano, ma è una politica senza senso’ – LaRegione, 8.3.2025
Le aziende svizzere al crocevia delle tensioni commerciali globali
/in Internazionale, Tematiche, VariaCon una capacità di spesa per i consumi che supera di gran lunga quella della Cina e dell’Unione europea, gli Stati Uniti non solo rappresentano un mercato cruciale per gli esportatori di tutto il mondo, ma giocano un ruolo determinante nelle dinamiche commerciali internazionali. L’introduzione di nuovi dazi doganali, sebbene per ora limitati a determinati Paesi, può avere ripercussioni significative sul mercato globale. La situazione si fa preoccupante e, anche in Svizzera, sia il governo sia le aziende sono chiamati a prendere decisioni rapide e strategiche.
In un contesto economico mondiale sempre più teso e imprevedibile, la Svizzera e le sue aziende si trovano ad affrontare sfide significative e delicate. Con un’economia fortemente orientata all’export, il nostro Paese si rivela estremamente vulnerabile alle turbolenze geopolitiche e alle politiche protezionistiche che stanno ridisegnando gli equilibri commerciali globali.
L’incubo dei dazi
Le aziende svizzere, rinomate per la loro eccellenza nei settori della farmaceutica, dei macchinari di precisione e dell’orologeria, si trovano a navigare in acque sempre più agitate. Oltre ai dazi generalizzati del 25% su alluminio e acciaio in vigore dal 12 marzo, che colpiscono direttamente anche i prodotti elvetici, la (ad oggi) minaccia di nuovi dazi del 25% sulle importazioni di auto, prodotti farmaceutici e altri prodotti europei getta ombre inquietanti sul mercato dell’Unione europea (UE) e sul futuro delle esportazioni svizzere: più della metà delle merci elvetiche destinate all’estero trova infatti mercato proprio nell’UE, e molte di queste vengono incorporate in prodotti venduti negli Stati Uniti.
La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che le tensioni commerciali non si limitano all’asse USA-UE: le misure protezionistiche statunitensi annunciate e/o già varate contro Messico, Canada e Cina e le risposte di questi Paesi rischiano di destabilizzare le catene di fornitura globali, creando un contesto sempre più volatile. Sebbene al momento le aziende svizzere non siano nel mirino diretto delle politiche protezionistiche americane, non possono rimanere immuni dalle ripercussioni: note per la loro integrazione in sofisticate catene del valore globali, le aziende svizzere potrebbero, infatti, trovarsi a fare i conti con aumenti dei costi di produzione, interruzioni nella fornitura di componenti critici e una potenziale riduzione della domanda nei mercati chiave. In questo scenario sono quindi chiamate a ripensare le loro strategie di approvvigionamento, produzione e distribuzione, puntando su una maggiore flessibilità e resilienza.
Strategie di diversificazione e libero scambio
Malgrado un contesto economico sempre più complesso, il commercio internazionale continua, infatti, ad offrire opportunità di diversificazione, innovazione e crescita per le imprese svizzere. Grandi gruppi stanno espandendo la loro presenza in Asia, Africa e Sudamerica, riducendo la dipendenza dai mercati tradizionali. Anche le PMI seguono questa strada di espansione internazionale, seppur con ritmi e risorse differenti.
Il mondo economico sta esercitando una pressione crescente sul governo federale affinché acceleri l’estensione della rete di accordi di libero scambio, considerati cruciali per garantire l’accesso a nuovi mercati in un contesto di crescente protezionismo. Nello specifico, guarda con attenzione alla ratifica degli accordi con India e Thailandia, conclusi rispettivamente a marzo 2024 e a gennaio 2025, all’aggiornamento di quelli esistenti con Cina e Messico, e alla finalizzazione dell’intesa con il Mercosur. Parallelamente, resta alta l’attenzione sul rilancio dei negoziati con gli Stati Uniti e sulla conclusione gli Accordi bilaterali III con l’UE.
Il Consiglio federale si trova così a dover bilanciare gli interessi economici nazionali con la necessità di mantenere una posizione neutrale nelle dispute commerciali internazionali. Questa sfida diplomatica richiede una strategia sofisticata che permetta alla Svizzera di proteggere i suoi interessi economici senza alienarsi nessuno dei suoi partner commerciali chiave.
Verso una gestione proattiva dei rischi
Dal canto loro, le aziende svizzere sono chiamate a adottare altre misure strategiche per mitigare la loro vulnerabilità, come monitorare le tensioni geopolitiche e condurre analisi approfondite della propria esposizione al rischio. Lo sviluppo di sistemi di analisi avanzata e di allerta precoce (“early warning”) diventa fondamentale per anticipare cambiamenti nei mercati e rispondere tempestivamente a eventuali shock economici. Tecniche di pianificazione strategica, come gli “stress test”, consentono invece di valutare la resilienza dell’azienda di fronte a scenari avversi, simulando impatti di misure tariffarie o altre discontinuità economiche.
In un mondo sempre più interconnesso, il successo delle nostre imprese dipenderà anche dalla loro capacità di adottare una prospettiva trifocale, che le veda integrare strategie a breve, medio e lungo termine nelle loro operazioni quotidiane. Questo richiede il passaggio da un approccio reattivo a una gestione dinamica dei rischi e delle opportunità: non basta reagire ai cambiamenti, ma occorre anticiparli, trasformando le sfide in opportunità di innovazione e crescita. Alcuni esempi di strategie proattive per rispondere celermente ai cambiamenti globali includono l’integrazione di tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale per le analisi predittive, investimenti in ricerca e sviluppo per ideare prodotti innovativi e meno suscettibili a barriere commerciali, nonché la formazione del personale nella gestione di catene di valore sempre più complesse.
Stati Uniti: dazi del 25% su acciaio, alluminio e loro derivati
/in Dogana, Internazionale, TematicheA partire dal 12 marzo 2025, le importazioni di acciaio, alluminio e loro derivati negli Stati Uniti saranno soggette a un dazio supplementare del 25%. La misura, ufficializzata da due avvisi dell’agenzia doganale statunitense, segna un’ulteriore stretta sulle politiche commerciali del Paese.
Lo scorso febbraio, il presidente Trump ha firmato due proclami – Adjusting Imports of Aluminum into the United States (#10895) e Adjusting Imports of Steel into the United States (#10896), che rafforzano le tariffe previste dalla Sezione 232 del Trade Expansion Act. Il provvedimento non solo conferma il 25% sulle importazioni di acciaio, ma innalza dal 10% al 25% il dazio sull’alluminio, estendendolo anche ai rispettivi prodotti derivati a partire dal 12 marzo 2025.
L’ampliamento della misura interessa diverse categorie merceologiche:
I provvedimenti revocano ogni forma di trattamento agevolato, comprese quote assolute, contingenti tariffari ed esenzioni per singoli Paesi. Inoltre, pongono fine alle esclusioni generali precedentemente approvate (General Approved Exclusions, GEA), mantenendo valide solo quelle specifiche registrate nel sistema Automated Commercial Environment (ACE) fino alla loro scadenza o all’esaurimento del volume autorizzato.
Esclusi dall’inasprimento dei dazi saranno unicamente i prodotti realizzati con acciaio fuso o alluminio estruso negli Stati Uniti. Per tutti gli altri derivati, il calcolo del dazio verrà effettuato sul valore del metallo di base.
Non è previsto alcun meccanismo di rimborso (drawback) per i dazi imposti. Inoltre, l’acciaio, l’alluminio e i loro derivati ammessi nelle zone franche statunitensi a partire dal 12 marzo 2025 dovranno riceveranno lo status di “straniero privilegiato” e saranno assoggettati ai dazi vigenti al momento dell’immissione in consumo.
Per chiarire le modalità di attuazione delle nuove misure, l’agenzia doganale statunitense (U.S. Customs and Border Protection – CBP) ha ora pubblicato due documenti operativi:
I due documenti elencano le sottovoci tariffarie del capitolo 99 dell’Harmonized Tariff Schedule of the United States (HTSUS) da utilizzare obbligatoriamente per dichiarare le importazioni e forniscono istruzioni dettagliate sulla corretta dichiarazione del contenuto di alluminio e acciaio, compresa l’indicazione del Paese di fusione e colata (per l’alluminio: anche in caso di utilizzo di materiali riciclati).
Sottovoci tariffali a confronto
A quali sottovoci tariffali del capitolo 99 sono associati i vari articoli in acciaio e alluminio? Consulta la nostra tabella riepilogativa!
Rock Economy
/in Comunicazione e mediaProseguono i podcast della Cc-Ti con Radio Ticino. A disposizione la 37° puntata con il titolo “Highwire”. Con Luca Albertoni, dir. Cc-Ti, Angelo Chiello di Radio Ticino. Disponibile anche su Spotify!
Online tutte le puntate (1-37) del podcast. Buon ascolto!
Per sorridere, si mettono in movimento 16 muscoli, per arrabbiarsi 65… fai ECONOMIA, sorridi!
Chiacchierate, aneddoti, tanti fatti, poca politica… Un modo un po’ giocoso ma serio per condividere l’economia, perché l’economia siamo tutti noi.
– Ascolta il podcast su Radio Ticino, a cura della Cc-Ti con Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti e Angelo Chiello di Radio Ticino.
– Ascoltalo su Spotify
Riscopri e ascolta tutte le puntate
Accordo di libero scambio AELS-Moldova in vigore dal 1° aprile 2025
/in Dogana, Internazionale, TematicheL’accordo di libero scambio AELS-Moldova entrerà in vigore tra Svizzera, Liechtenstein e Moldova il 1° aprile 2025. L’intesa è già operativa con gli altri membri dell’AELS: Islanda (dal 1° settembre 2024) e Norvegia (dal 1° novembre 2024).
Con l’entrata in vigore dell’accordo, la Moldova perderà lo status di Paese in via di sviluppo beneficiario di preferenze tariffarie. Dal 1° aprile 2025, per ottenere l’imposizione preferenziale, sarà infatti necessaria una prova di origine rilasciata secondo quanto previsto dall’accordo di libero scambio.
La Moldova è parte della Convenzione PEM riveduta, che consente il cumulo diagonale con altri partner di libero scambio della zona PEM (p. es. con l’Unione europea). Le opzioni di cumulo effettive possono essere visualizzate nella Matrix. La Convenzione PEM riveduta prevede anche il cumulo totale. Fino al 31 dicembre 2025 le prove d’origine emesse sulla base delle norme rivedute devono riportare la dicitura “REVISED RULES”.
Le merci originarie già in transito o in custodia temporanea presso un deposito doganale oppure in una zona franca in Moldova o in Svizzera al momento dell’entrata in vigore dell’accordo possono beneficiare dell’imposizione all’aliquota preferenziale. A tal fine, occorre presentare una prova d’origine allestita a posteriori, nonché la documentazione comprovante il trasporto diretto. In assenza della prova di origine al momento dell’imposizione, è possibile richiedere un’imposizione provvisoria.
Link utili:
Circolare R-30 dell’UDSC del 28.02.2025
Visita di cortesia dell’Ambasciatore dell’Indonesia
/in Appuntamenti, TematicheGiovedì 27.02.2025 il direttore della Cc-Ti Luca Albertoni ha incontrato l’Ambasciatore indonesiano in Svizzera Ngurah Swajaya, in visita di cortesia in Ticino. L’incontro si è tenuto a Bellinzona presso MSpace, uno spazio di lavoro condiviso creato dal gruppo Multi e di cui la Cc-Ti è partner.
L’incontro, organizzato dal Presidente del Gran Consiglio Michele Guerra e a cui ha partecipato anche una delegazione di rappresentanti del mondo economico e accademico ticinese, si è svolto in un clima di grande cordialità ed è stato l’occasione per un proficuo approfondimento su temi di interesse comune, tra cui le opportunità offerte dall’accordo di partenariato economico globale (CEPA) in vigore dal 1° novembre 2021 e dall’accordo di promozione e protezione degli investimenti in vigore dal 1° agosto 2024.
L’Indonesia, lo ricordiamo, è la più grande economia del Sud-est asiatico nonché una delle democrazie più vivaci della regione. Secondo le previsioni, entro il 2030 sarà la settima economia più grande del mondo ed entro il 2045 sarà la quinta. Con 276 milioni di abitanti è anche la quarta Nazione più popolosa del mondo.
L’Ambasciatore Swajaya ha evidenziato interessanti opportunità per le nostre aziende nei settori alimentare, MEM, delle scienze della vita e delle rinnovabili.
Per ulteriori ragguagli sul CEPA:
In vigore l’accordo di partenariato economico (CEPA) tra AELS e Indonesia – Cc-Ti
Accordo di partenariato economico globale AELS-Indonesia – SECO
In vista di una successione aziendale
/in Appuntamenti, Scuola manageriale, TematicheAbbiamo intervistato Stefano Giordani, che sta frequentando il corso “Specialista della gestione PMI” (che porta all’ottenimento dell’attestato federale), per continuare a dare spazio su queste pagine alle voci ed alle esperienze dei corsisti, raccogliendo preziose testimonianze.
Quali sono i motivi che l’hanno spinta ad iscriversi al corso Specialista della gestione PMI?
Ho deciso di iscrivermi al corso di Specialista della gestione PMI perché volevo approfondire e ampliare le mie conoscenze manageriali per poter gestire al meglio l’azienda di famiglia, in vista della futura successione aziendale. Inoltre, mi piaceva l’idea di accedere ad una formazione che mi permettesse di avere una conoscenza globale su varie tematiche a 360° gradi sul mondo aziendale, tra cui la gestione del personale, la leadership e l’organizzazione, a mio parere aspetti fondamentali e importarti nella gestione di un’impresa.
Come pensa che queste nuove competenze possano concretamente contribuire allo sviluppo della sua azienda?
Le nuove competenze mi permetteranno di essere più performante e preparato nel gestire le differenti situazioni che emergeranno nel mio lavoro. Essendo pronto potrò adottare e implementare soluzioni più innovative e strategiche mirate per ottimizzare i processi aziendali, andando a migliorare l’operatività. Le competenze apprese mi permetteranno anche di analizzare e individuare nuove opportunità di crescita. Inoltre, potrò proporre e attuar nuove idee, strumenti e metodologie che porteranno innovazione nella struttura aziendale, che sarà in grado di adattarsi in modo efficace ai cambiamenti del mercato ticinese e svizzero.
In quale modo la sua carriera beneficerà degli insegnamenti tratti, anche in ottica di una futura, ipotetica, successione aziendale?
Grazie agli insegnamenti acquisiti, potrò consolidare le competenze manageriali necessarie per affrontare in modo efficace le problematiche aziendali, affrontando con maggiore sicurezza le sfide della gestione. In vista di una futura successione,queste conoscenze mi consentiranno di garantire una transizione di successo, preservando la continuità e il valore dell’azienda che la mia famiglia ha costruito con impegno e sacrifici nel corso degli anni.