La situazione sul mercato del lavoro
Rapporti della Seco sulla situazione del mercato del lavoro

L’Executive Order 14289 del 29 aprile 2025, si applica ai dazi introdotti da proclami presidenziali e ordini esecutivi precedenti riguardanti:
L’Ordine istituisce una procedura specifica per individuare, in caso di sovrapposizione tra più misure, quale dazio debba essere applicato, evitando così l’accumulo ingiustificato di dazi su uno stesso articolo (principio del “non-stacking”).
Nel dettaglio, l’Executive Order 14289 prevede che:
Facciamo un esempio: un longherone in acciaio destinato all’industria automobilistica, prima della nuova misura era soggetto a un dazio totale del 50% all’importazione — il 25% sul valore dell’acciaio contenuto nel prodotto e un ulteriore 25% sui componenti per auto, entrambi imposti ai sensi della Sezione 232. Con la nuova disposizione, però, i due dazi non si sommano più: si applica soltanto il 25% previsto per i componenti auto.
L’Executive Order 14289 evidenzia che, anche quando non si applica il cumulo tra le misure elencate, un articolo importato può comunque essere soggetto ad altri dazi applicabili, tra cui:
Un aspetto di rilievo dell’Executive Order 14289 è la sua applicazione retroattiva a tutte le importazioni effettuate a partire dal 4 marzo 2025. Le modifiche necessarie alla Harmonized Tariff Schedule of the United States (HTSUS) dovranno essere implementate entro il 16 maggio 2025. Dopo tale data, gli importatori potranno richiedere i rimborsi presso la U.S. Customs and Border Protection (CBP), come specificato nel Customs Message System (CSMS) #64916414.
Attraverso la Vision 2030, il governo saudita mira a ridurre la dipendenza dal petrolio e a diversificare l’economia, promuovendo lo sviluppo di settori strategici come il turismo, l’intrattenimento, le energie rinnovabili, la tecnologia, la sanità e le infrastrutture. Le riforme avviate hanno favorito la creazione di un contesto dinamico e attrattivo per il business e gli investimenti, aprendo interessanti opportunità anche per le imprese della Svizzera italiana. La Cc-Ti ha già approfondito questo tema in occasione di un Evento Paese dedicato.
Tuttavia, per le aziende che intendono approcciare per la prima volta il mercato saudita o rafforzare la propria presenza, è essenziale valutare attentamente anche altri fattori. Con l’obiettivo di offrire strumenti concreti e contatti utili alle aziende della Svizzera italiana per affrontare al meglio queste sfide, la Camera di commercio e dell’industria del Canton Ticino terrà l’evento “L’Arabia Saudita in chiave operativa” il 13 maggio 2025 presso il Centro Studi Villa Negroni a Vezia, in collaborazione con Cippà Trasporti SA, M. Zardi & Co. SA e Stelva Group. L’evento inizierà alle ore 16:30 e sarà seguito da un aperitivo di networking.
L’Arabia Saudita sta aprendo le porte agli investimenti esteri con una legislazione in rapida evoluzione. Ma come navigare un sistema complesso, influenzato dalla Sharia, e cogliere le opportunità tutelando la propria impresa? Questo evento fornisce le chiavi: Avviare e Strutturare: l’Avv. Gianvirgilio Cugini, fondatore dello Studio Stelva, illustrerà le procedure concrete per aprire un’attività, le tipologie societarie accessibili e le strategie legali essenziali per operare con successo. Proteggere il proprio Business: in questo capitolo verranno approfonditi la gestione efficace dei contratti commerciali e gli strumenti specifici per la tutela legale delle imprese svizzere nel contesto saudita. Ottimizzare la Fiscalità: la Dr.ssa Arianna Bonaldo, Avvocato, Dottore Commercialista e TEP presso lo Studio Stelva, spiegherà il panorama fiscale per le aziende straniere, le strategie per un rimpatrio efficiente dei profitti e come sfruttare al meglio i trattati contro la doppia imposizione. Un’occasione per ottenere informazioni pratiche e strategiche da esperti legali e fiscali, fondamentali per il successo nel mercato saudita.
In un contesto dinamico come quello saudita, anche la protezione della proprietà intellettuale assume un ruolo strategico per garantire competitività e crescita. Nonostante i significativi progressi compiuti dal Paese nell’allinearsi agli standard internazionali, la protezione efficace degli asset immateriali richiede ancora oggi attenzione, conoscenza del quadro normativo e un approccio preventivo ben strutturato. Nel suo intervento, il Dr. Paolo Gerli, European Patent Attorney & Litigator presso M. Zardi & Co. SA offrirà una panoramica delle recenti riforme legislative introdotte nell’ambito degli ambiziosi obiettivi della Vision 2030, analizzandone le implicazioni per la tutela della proprietà intellettuale e il suo ruolo nel contesto globale. Il Dr. Gerli illustrerà inoltre le principali modalità di protezione disponibili, accompagnate da dati sull’utilizzo dei titoli IP, e approfondirà le azioni intraprese dal governo saudita per contrastare la contraffazione. Un focus sarà dedicato anche alle misure volte a creare un ecosistema favorevole all’innovazione, alla valorizzazione degli asset intangibili e agli investimenti stranieri.
Come parte integrante del piano di trasformazione Vision 2023, il governo saudita sta investendo massicciamente per ammodernare ed espandere porti, zone economiche speciali, collegamenti ferroviari e reti stradali e trasformare così il Regno in un hub logistico globale. Nonostante i notevoli progressi nelle infrastrutture logistiche, le aziende svizzere che operano o intendono operare in Arabia Saudita devono tuttavia ancora affrontare alcune sfide. La gestione delle procedure doganali e la conformità tecnica dei prodotti, che richiedono certificazioni tramite la piattaforma SABER prima della spedizione, sono tra gli aspetti più critici. Inoltre, la logistica interna può essere complicata dalle grandi distanze e dalle difficili condizioni climatiche, per cui è fondamentale affidarsi a partner affidabili per garantire una distribuzione efficiente. Infine, la lingua araba e le differenze culturali potrebbero rappresentare un ostacolo. Questi aspetti saranno approfonditi da Gaetano Loprieno e Roberto Speroni, rispettivamente Consulente Logistico e Buyer presso Cippà Trasporti SA, coadiuvati da remoto (in videoconferenza) da Artemio Bianchi, corrispondente della casa di spedizione ticinese per l’Arabia Saudita.
In sintesi, l’Arabia Saudita si conferma come una delle realtà più vivaci e in evoluzione del Medio Oriente per chi desidera fare impresa. Le opportunità non mancano, ma richiedono un approccio strategico, una solida comprensione del contesto locale e un’adeguata preparazione operativa. Le aziende che sapranno affrontare con metodo e lungimiranza l’ingresso o il consolidamento potranno trarre vantaggio dalle potenzialità di una delle economie in più rapida trasformazione a livello globale. Con l’evento in oggetto, la Cc-Ti è lieta di offrire ai propri associati informazioni, strumenti e contatti di valore per orientarsi con successo in questo scenario in evoluzione.
Informazioni e iscrizione:
Centro Studi Villa Negroni, Vezia
13 maggio 2025 – dalle ore 16:30
In collaborazione con:
Con la Direttiva (UE) 2025/794, pubblicata il 16 aprile sulla Gazzetta Ufficiale, Bruxelles introduce una pausa strategica nell’attuazione delle norme sulla sostenibilità. La misura, parte del pacchetto legislativo “Omnibus I”, punta a semplificare il quadro normativo, ridurre gli oneri burocratici per le imprese e rafforzare la certezza del diritto.
Il provvedimento modifica le precedenti direttive (UE) 2022/2464 (CSRD) e 2024/1760 (CSDDD), rinviando alcune scadenze chiave:
Il via libera rapido da Parlamento e Consiglio ha permesso l’adozione tempestiva della direttiva, che offre agli Stati membri più margine per recepire le novità e valutare possibili revisioni delle due normative.
Il recepimento a livello nazionale dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2025.
Link utili:
Fiumi di parole, ipotesi, dibattiti, proposte di vario genere e via discorrendo. La “nuova” via delle relazioni commerciali internazionali inaugurata dall’attuale amministrazione americana ha scosso tutti e disorientato governi, aziende, commentatori…
L’uso del virgolettato per l’aggettivo “nuova” non è però casuale, perché alcuni elementi sembrano sfuggire ai più, benché siano o dovrebbero essere noti.
Intanto la “tregua” concessa dal presidente americano, che ha sospeso per 90 giorni parte dell’applicazione dei dazi (il 10% di base è rimasto e la Cina è stata esclusa dall’eccezione), dovrebbe permettere di riordinare le idee e/o di intavolare discussioni e negoziati. In questo senso il Consiglio federale si è mosso molto bene, senza panico e cercando rapidamente il contatto diretto con Washington.
È indubbio e appare chiaro come Donald Trump non creda nel multilateralismo e prediliga i negoziati bilaterali con i singoli paesi. È parimenti evidente come utilizzi in maniera più che disinvolta misure anche draconiane, per obbligare la controparte a mettersi al tavolo delle trattative. Modo di fare spettacolare e senz’altro di rottura con il recente passato, ma sarebbe sbagliato pensare che le trattative e le relazioni commerciali siano sempre state all’insegna dell’eleganza oxfordiana.
I rapporti di forza non sono nuovi, forse ci si era illusi che tutti giocassero sempre in maniera corretta e che dietro l’apparente armonia dei partenariati internazionali non ci fossero prove di forza, ripicche e attriti. Basti pensare, rimanendo nel “piccolo” contesto elvetico, che per concludere l’Accordo di libero scambio con l’India ci sono voluti 15 anni…
È chiaro che i metodi ruvidi di Donald Trump possono non piacere. Ma sono veramente così “nuovi”? Nei toni espressi pubblicamente probabilmente sì, ma la politica economica americana è sempre stata caratterizzata dall’”America First”, scelta di per sé più che legittima.
E anche i dazi hanno una lunga tradizione. Si potrebbero scomodare esempi dall’antichità o il celebre caso dello Smoot-Hawley Tariff Act del 1930, quando il Congresso americano, in piena crisi economica, aumentò drasticamente le tariffe su moltissimi prodotti di importazione per difendere l’agricoltura e l’industria americana, con effetti devastanti anche a livello mondiale.
Ma, per restare in tempi più recenti, l’Organo per la risoluzione dei conflitti (Dispute Settlement Body, DCS) dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC, purtroppo ormai clamorosamente assente dalla scena pubblica da anni…) è stato confrontato, dall’anno della creazione dell’istituzione nel 1995, a 283 casi coinvolgenti gli Stati Uniti. In 124 casi gli Stati Uniti hanno intentato procedure contro altri paesi, in 159 sono finiti sul banco degli “accusati”. Molti di questi casi sono legati a misure tariffali, come l’imposizione di dazi su importazioni di acciaio e alluminio, ormai un grande classico che ritorna continuamente, e su altri prodotti, soprattutto cinesi.
Giocando con barriere non tariffali come il divieto d’importazione negli USA di gamberetti pescati senza dispositivi di protezione per le tartarughe, oppure con sussidi (illegali) al cotone indigeno o dazi sull’olio d’oliva spagnolo, gli Stati Uniti hanno sempre cercato di proteggere la propria industria. Come fanno un po’ tutti, del resto, anche se magari in una modalità diversa e meno spettacolare. Anche l’Unione Europea qualche mese fa ha messo i dazi sulle auto elettriche cinesi (cosa che la Svizzera saggiamente ha deciso di non fare) e la Cina ha risposto con dazi sul cognac, possibili dazi sulle auto europee di grossa cilindrata e indagini su prodotti alimentari europei. Senza dimenticare che la Cina, in virtù della sua posizione di forza sulle terre rare, gestisce a piacimento controlli sulle esportazioni verso il mondo occidentale di materie fondamentali ad esempio per la produzione di microchip essenziali per gli apparecchi elettronici di ogni genere.
Questo per dire che la tentazione protezionistica è sempre stata un’arma utilizzata dagli Stati Uniti, ma non solo, sebbene in questo momento storico i metodi siano decisamente più ruvidi e non si proceda in modo mirato, ma sparando a zero contro tutto e tutti, sulla base di un metodo di calcolo decisamente fantasioso per non dire assurdo. In nome appunto del bilateralismo che dovrebbe sostituire il multilateralismo.
Che poi la strategia sia sensata e che abbia possibilità di successo è tutto da dimostrare e chiaramente non è condivisibile per chi, come la Svizzera, sostiene fermamente il libero scambio, ma questa è un’altra discussione. Intanto però l’obiettivo di forzare gli altri paesi a negoziare è stato già almeno in parte raggiunto e addirittura tutti esultano perché per il momento si deve pagare “solo “il 10% di dazi, in attea di evoluzioni. Un vero trionfo…
Va detto che questa lunga tradizione di dazi americani non ha impedito all’export svizzero e a quello ticinese, in particolare, di crescere in questi anni. Merito anche di molti prodotti di alta qualità, non facilmente sostituibili e che quindi possono in una certa misura reggere all’impatto di una maggiorazione del prezzo, oppure di un’accorta politica aziendale di produzione negli Stati Uniti pur mantenendo salda la posizione in Svizzera. Vero è che al momento la posta è stata chiaramente alzata da parte americana, con una distribuzione di dazi su quasi tutti i prodotti e in proporzioni che non hanno senso.
Un conto è reagire a una misura che tocca un determinato bene, un altro conto è doversi mettere al tavolo a negoziare misure generali che colpiscono gli ambiti più disparati.
Tuttavia, lo stesso Presidente Donald Trump ha sottolineato esplicitamente che si aspetta l’avvio di negoziati, anche con la Svizzera, come del resto confermato nella lunga telefonata con la Presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter qualche giorno fa.
Ma cosa significa? Purtroppo, l’attenzione generale si è focalizzata sulle questioni puramente tariffali e la Svizzera, che ha abolito tutti i dazi industriali sulle importazioni mantenendo solo quelli sui prodotti agricoli a tutela degli interessi del settore, è rimasta inizialmente spiazzata.
Su cosa si potrebbe negoziare? Fortunatamente sembrano scartate le fantasiose ipotesi di rappresaglia, come la sospensione dell’acquisto degli aerei da combattimento F-35, che toccherebbe pesantemente anche la nostra industria. Anche perché, come ci si è resi conto ad esempio in Francia, boicottando i prodotti americani e nello specifico la Coca Cola, si metterebbero in ginocchio molte delle aziende indigene che si occupano della produzione e della distribuzione della bevanda nel paese.
Situazione non facile e la via negoziale subito ipotizzata dal Consiglio federale sembra effettivamente l’unica praticabile, anche perché, date le nostre dimensioni nazionali, non siamo certamente nella condizione di adottare misure di rappresaglia. Purtroppo, al momento, gli argomenti razionali sono importanti ma impressionano solo fino a un certo punto.
Sottolineare che garantiamo negli Stati Uniti quasi mezzo milione di posti di lavoro qualificati, che siamo il sesto partner in quanto a investimenti diretti, ecc. al momento sembra non bastare, anche se è importante.
Probabilmente maggiore effetto sull’attuale amministrazione americana ce l’hanno annunci come quello di Novartis di investire negli Stati Uniti 23 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni per ricerca e sviluppo…
Strano che pochi o nessuno abbiano però finora rilevato alcune piste indicate dagli Stati Uniti la scorsa settimana, ossia l’ambito di vere o presunte barriere non tariffali che infastidiscono lo Zio Sam. Il rapporto stilato ogni anno dall’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (USTR) sugli ostacoli al commercio che i prodotti e i servizi americani incontrano all’estero, nell’edizione 2025 ha menzionato la Svizzera tra i Paesi che pongono alcune barriere problematiche secondo Washington.
Sebbene il nostro Paese goda di ottime relazioni economiche con gli Stati Uniti, il rapporto segnala varie aree critiche che andrebbero approfondite, oltre a quella ben nota dei dazi imposti dalla Svizzera sui prodotti agricoli importati. Si tratta fondamentalmente di barriere non tariffali che concernono:
Il rapporto dell’USTR di per sé non punta il dito contro la Svizzera, ma invita a una riflessione costruttiva. Sembra contradditorio rispetto alla mazzata inferta con i dazi, ma in realtà è probabilmente un’altra faccia della stessa medaglia. I dazi quali strumenti di pressione per ottenere (anche) altro. L’obiettivo dichiarato è migliorare l’accesso al mercato e assicurare condizioni di concorrenza eque per tutti.
Per la Svizzera, da sempre Paese aperto e integrato nei circuiti commerciali globali, si tratta di osservazioni che meritano attenzione, anche nell’ottica di rafforzare i legami economici con questo importante partner commerciale mondiale.
Gli stessi americani affermano del resto una chiara volontà di trovare accordi con il nostro paese. “Bastone e carota”, chi riesce a capire come muoversi è bravo, ma forse dovremmo soprattutto esercitarci a leggere meglio fra le righe…
La visita odierna fa seguito a un precedente contatto avvenuto lo scorso gennaio a Berna, quando Monica Zurfluh, responsabile del commercio internazionale della Cc-Ti, aveva incontrato l’Ambasciatore per ristabilire i rapporti bilaterali, interrotti in seguito all’avvicendamento diplomatico.
Insediatosi ufficialmente nel novembre 2022, l’ambasciatore Sarzhanov ha raccolto il testimone di un rapporto ben avviato tra il suo Paese e il Ticino. Un legame solido, costruito su una rete di collaborazioni economiche e istituzionali, che il diplomatico punta ora a rafforzare ulteriormente. Tra le priorità espresse ai rappresentanti della Cc-Ti figurano il rilancio del dialogo economico e la promozione di nuove opportunità di business e investimento per le imprese ticinesi.
Con i suoi oltre 2,7 milioni di chilometri quadrati – circa 66 volte la superficie della Svizzera – e una popolazione di circa 19 milioni di abitanti, il Kazakistan si conferma come il principale interlocutore dell’Asia centrale per la Confederazione. Alla rilevanza geopolitica si affianca un peso economico in costante crescita, che rende il Paese una destinazione strategica per le imprese e gli investitori svizzeri.
Tradizionalmente trainata dal settore estrattivo e in particolare dall’industria petrolifera, che nel 2023 ha rappresentato il 68% delle esportazioni, l’economia kazaka è oggi al centro di una profonda trasformazione. Per rafforzare la resilienza del sistema economico e favorire una maggiore diversificazione, il governo di Astana ha lanciato una serie di riforme strutturali di ampia portata.
Cuore di questa transizione è la strategia “Kazakhstan 2025”, un piano ambizioso che punta a ridurre la dipendenza del Paese dalle risorse naturali – come petrolio, gas, uranio e metalli rari – e a migliorare l’efficienza dell’apparato produttivo. Tra le misure chiave figura un vasto programma di privatizzazioni, volto a ridurre il peso dello Stato nell’economia e a stimolare un contesto più competitivo e attrattivo per gli investimenti esteri.
Nel quadro della trasformazione economica in corso in Kazakistan, le relazioni bilaterali con il nostro Paese stanno vivendo un’espansione significativa. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2023, il volume degli scambi ha raggiunto i 3,7 miliardi di franchi svizzeri, mentre gli investimenti diretti elvetici in Kazakistan hanno superato i 2,1 miliardi di dollari, facendo della Svizzera il terzo investitore estero (dopo Paesi Bassi e Russia) nel Paese e il suo 17° partner commerciale. A testimoniarlo è anche la presenza attiva di numerose aziende svizzere sul territorio kazako, tra cui ABB, , Bühler Group, Clariant, Geberit, Georg Fischer, Hilti, Nestlé, Novartis, Roche, Schindler, Sika e Stadler Rail. Queste imprese operano in settori chiave come la farmaceutica, l’energia, la meccanica e i trasporti, contribuendo al trasferimento di competenze e allo sviluppo di infrastrutture locali.
Il Canton Ticino si è distinto per un approccio proattivo nel rafforzare i legami con il Kazakistan. La stessa Cc-Ti ha svolto un ruolo determinante nel promuovere l’internazionalizzazione delle imprese ticinesi, avviando iniziative mirate a favorire contatti economici e istituzionali con il Paese. Tra queste spicca la missione economica del 2018, che ha visto una delegazione ticinese visitare Almaty, Taldykorgan e la capitale Astana, creando importanti occasioni di incontro con controparti e istituzioni kazake.
Già nel 2017, in occasione dell’Expo di Astana, era stato firmato un accordo di cooperazione tra il Ticino e la Regione di Almaty, finalizzato a rafforzare le relazioni economiche, culturali, scientifiche e turistiche tra le due realtà.
La dinamica evoluzione del mercato kazako, caratterizzata dalla crescente diversificazione economica, rappresenta una porta d’accesso per il Ticino a nuove opportunità in un Paese che sta diventando sempre di più un riferimento strategico per il business in Asia centrale. Nei prossimi mesi, la Cc-Ti e l’Ambasciata kazaka a Berna intensificheranno il loro dialogo per esplorare ulteriormente le aree di interesse comune e individuare nuove opportunità di cooperazione.
In un contesto di incertezze economiche globali e di un possibile riorientamento delle attività internazionali delle imprese ticinesi, la priorità di questa collaborazione sarà quella di facilitare l’ingresso delle imprese ticinesi al mercato kazako e di aiutare a consolidare la loro presenza e le loro operazioni nel cuore dell’Asia.
Nella Guidance # 64680374 pubblicata martedì 8 aprile e che di fatto aggiorna la guida # 64649265 del 5 aprile, la CBP risponde innanzitutto a due delle domande poste di frequente e alle quali sono stati dati riscontri controversi:
La guida conferma, inoltre, che le aliquote di dazio addizionali previste dalle tariffe reciproche si sommano a qualsiasi altro dazio, tassa, imposta o onere applicabile alle merci importate.
Da ultimo, ma non meno importante, le spedizioni di valore inferiore a 800 USD possono continuare ad essere importate negli Stati Uniti in esenzione dai dazi doganali. Fanno eccezione le importazioni provenienti dalla Cina. Per quelle soggette a tassazione (ossia di valore superiore a 800 USD), è possibile, a determinate condizioni, ottenere un rimborso delle sovrattasse doganali (drawback).
Per ulteriori ragguagli sulle misure in vigore dal 9 aprile si rinvia all’articolo Trump 2.0: lo stato dei dazi – Cc-Ti del 3 aprile 2025.
I beni a duplice impiego (dual use) sono beni che possono avere applicazioni sia civili che militari. Il termine “beni” include anche tecnologie e software.
In Svizzera, la loro esportazione è disciplinata dalla legge sul controllo dei beni a duplice impiego. L’Allegato 2 dell’Ordinanza sul controllo dei beni a duplice impiego (OBDI) elenca i prodotti, le tecnologie e i software soggetti a obbligo di autorizzazione all’esportazione. Questo elenco si fonda su diversi trattati e regimi internazionali, alcuni dei quali giuridicamente vincolanti. Poiché tali regimi possono essere aggiornati solo con il consenso unanime dei loro membri, le crescenti tensioni geopolitiche ne ostacolano l’adeguamento, soprattutto in relazione alle tecnologie emergenti. Tra queste figurano l’informatica quantistica, la produzione avanzata di semiconduttori, l’intelligenza artificiale e la fabbricazione additiva.
Per rispondere ai recenti sviluppi tecnologici e superare lo stallo a livello internazionale, diversi partner commerciali della Svizzera – tra cui Francia, Italia, Paesi Bassi e Spagna – hanno introdotto controlli nazionali nell’ambito dei regimi internazionali di controllo. Il regolamento (UE) sui beni a duplice uso (art. 9) consente infatti agli Stati membri di adottare propri elenchi nazionali di controllo, notificandoli alla Commissione europea e agli altri Stati membri. A tal proposito, la stessa Commissione europea ha recentemente incoraggiato una maggiore armonizzazione tramite la Raccomandazione (UE) n. 2025/683, che promuove il coordinamento delle liste di controllo a livello nazionale.
In questo contesto, nel dicembre 2024, il Consiglio federale ha incaricato il Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR) di proporre entro fine marzo 2025 una revisione dell’OBDI in relazione alle esportazioni di beni dual use. Con questa misura, il Consiglio federale mira a mantenere l’allineamento dei propri controlli sulle esportazioni alle normative internazionali, assicurando che anche le tecnologie emergenti e quelle future siano soggette a un adeguato regime di autorizzazione. Ciò consentirà inoltre agli attori economici e al mondo della ricerca di continuare ad accedere a tali tecnologie anche in futuro.
La revisione dell’OBDI entra in vigore il 1° maggio 2025. I nuovi controlli sono già stati integrati nell’Allegato 2 dell’OBDI e pubblicati sul sito della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), insieme a una panoramica non vincolante delle modifiche. Si vedano a tal proposito:
Altri link utili:
L’intensificarsi delle tensioni commerciali rappresenta un ostacolo significativo per l’export svizzero, con un aumento dei costi, una riduzione della competitività e un freno agli investimenti. economiesuisse condivide la decisione del Consiglio federale di non adottare contromisure, ma evidenzia la necessità di chiarire rapidamente la situazione, proseguire nella diversificazione dei mercati, rafforzare l’attrattività della piazza economica ed evitare regolamentazioni superflue e oneri aggiuntivi per le imprese.
Per ragguagli: Comunicato stampa del 3 aprile 2025
I prodotti farmaceutici sembrano attualmente esclusi dal dazio generale del 10% e da quello del 31% previsto in risposta a misure reciproche, ma settori come la chimica e la diagnostica sono direttamente interessati. L’associazione scienceindustries mette in guardia contro i possibili effetti su catene di fornitura, flussi commerciali e accesso a prodotti medici essenziali. Il settore chimico-farmaceutico è il principale settore d’esportazione della Svizzera (circa 100 miliardi di CHF all’anno) ed è centrale nel commercio con gli Stati Uniti (35 miliardi di CHF nel 2024). Con il 64,7% delle esportazioni svizzere verso gli USA e il 42,9% delle importazioni, il settore rappresenta la spina dorsale del commercio bilaterale. L’associazione sottolinea l’importanza di proseguire con determinazione i negoziati sugli Accordi bilaterali III e la conclusione di nuovi accordi di libero scambio.
Per ragguagli: Comunicato stampa del 3 aprile 2025, in francese, tedesco e inglese
Circa il 25% delle esportazioni svizzere di tecnologie mediche è destinato agli Stati Uniti, il secondo mercato più importante per il settore. Tuttavia, i nuovi dazi imposti da Washington sulle importazioni dai Paesi con un surplus commerciale potrebbero ostacolare l’accesso dei prodotti svizzeri al mercato statunitense. Swiss Medtech sollecita quindi il governo svizzero a intervenire con misure concrete, tra cui l’approvazione rapida di un’ordinanza che riconosca i prodotti certificati dalla FDA, la rimozione delle barriere commerciali di natura tecnica e il rafforzamento degli accordi internazionali.
Per ragguagli: Comunicato stampa del 2 aprile 2025
Swissmechanic avverte che i dazi USA potrebbero avere un forte impatto sull’industria svizzera delle macchine, dell’elettronica e del metallo, mettendo a rischio occupazione, innovazione e competitività. Per questo, chiede al governo svizzero di intensificare il dialogo con Washington e sostiene l’iniziativa diplomatica che prevede la visita della presidente della Confederazione e del ministro dell’Economia negli USA. L’associazione si oppone al protezionismo e promuove il libero commercio come unica via per garantire il successo a lungo termine delle imprese svizzere.
Per ragguagli: Comunicato stampa del 3 aprile 2025, in tedesco
Con una quota del 14,9%, gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato più importante per l’industria tecnologica svizzera. Swissmem esprime profonda delusione per la decisione del governo statunitense di aumentare i dazi forfettari sui prodotti svizzeri del settore e sollecita il Consiglio federale a intervenire con urgenza per attenuarne l’impatto e facilitare l’accesso a nuovi mercati. Inoltre, sottolinea la necessità di misure nazionali a sostegno delle imprese, come la semplificazione e l’ampliamento del lavoro a orario ridotto.
Per ragguagli: Comunicato stampa del 3 aprile 2025
L’USAM giudica incomprensibile l’aumento dei dazi annunciato da Trump, ma invita a concentrarsi su soluzioni concrete. Propone di rafforzare la diplomazia commerciale, evitare ritorsioni, accelerare nuovi accordi di libero scambio e chiarire le relazioni con l’UE. Per mantenere la competitività, la Svizzera deve inoltre ridurre la burocrazia, sostenere le PMI e contenere le spese amministrative e sociali.
Per ragguagli: Comunicato stampa del 3 aprile 2025, in francese e tedesco
A dir poco sorprendente è la decisione di incrementare questo dazio al 31% per i prodotti di origine Svizzera, misura che entrerà in vigore il 9 aprile 2025, alle 00:01 EDT (Eastern Daylight Time). Questa tariffa rappresenta una risposta alle tariffe doganali applicate dalla Svizzera ai prodotti americani, che sono state stimate al 61%. Nel loro calcolo, gli Stati Uniti, hanno incluso anche le cosiddette barriere non tariffali, quindi non i dazi esistenti o altre imposizioni pecuniarie ma elementi che, a loro avviso, ostacolano gli operatori americani, come normative sanitarie e fitosanitarie, la legge sulla protezione dei dati, le norme sulla protezione della proprietà intellettuale, la tassazione sulle transazioni finanziarie e la trasparenza in generale delle procedure che riguardano le importazioni.
Secondo la comunicazione americana, alcune merci non saranno tuttavia soggette alla tariffa reciproca, come i prodotti farmaceutici. Non è però ancora chiaro se questa esenzione persisterà o se invece questi beni potrebbero rientrare in altre tariffe, come quelle della Sezione 232 (prodotti che minacciano o danneggiano la sicurezza nazionale).
Di seguito sono riassunti i punti salienti delle decisioni statunitensi. È una prima valutazione sommaria della situazione, in una situazione ancora poco chiara.
Ci stiamo adoperando insieme alle autorità e ai colleghi delle altre Camere nazionali e bilaterali (in particolare la Camera Svizzera-USA) per ottenere informazioni più precise.
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