Convenzione PEM riveduta: dal 1° gennaio 2026 cambia la geografia del cumulo dell’origine

Dal 1° gennaio 2026, il panorama degli scambi commerciali tra la Svizzera, l’Unione europea e numerosi partner euro-mediterranei sarà profondamente trasformato dall’applicazione definitiva della Convenzione PEM riveduta. Questo accordo, che disciplina le regole d’origine preferenziale nelle zone di libero scambio, rappresenta un passaggio cruciale per le imprese esportatrici ticinesi e svizzere e per l’intero settore della logistica e del commercio internazionale.

La nuova fase applicativa della Convenzione paneuromediterranea (PEM) segna la fine del periodo transitorio del 2025, durante il quale le imprese potevano scegliere tra le vecchie e le nuove norme di origine. Dal 2026, le regole rivedute diventeranno obbligatorie in tutti gli accordi di libero scambio (ALS) che contengono un riferimento dinamico alla Convenzione, mentre negli ALS privi di riferimento continueranno ad applicarsi le norme precedenti.

Questa evoluzione normativa comporterà la formazione di due distinte “zone di cumulo”, con impatti rilevanti sulle catene di fornitura internazionali e sulla possibilità di applicare il cumulo diagonale.

Zona 1 – Applicazione delle norme di origine rivedute

Nella zona 1 rientrano tutti gli accordi che prevedono il riferimento dinamico alla Convenzione PEM:

  • Svizzera – UE
  • Convenzione AELS
  • AELS – Albania
  • AELS – Bosnia-Erzegovina
  • AELS – Georgia
  • AELS – Moldova
  • AELS – Montenegro
  • AELS – Macedonia del Nord
  • AELS – Serbia
  • AELS – Turchia

In questi accordi saranno applicate esclusivamente le norme di origine rivedute, consentendo il cumulo diagonale solo tra operatori che adottano le nuove regole.

Nella sua circolare R-30 del 5 dicembre 2025, l’UDSC chiarisce che, in assenza di regole di origine identiche, non sarà più possibile considerare come originari quei materiali che provengono da Paesi che applicano ancora le vecchie norme, con il rischio concreto di perdere l’accesso preferenziale al momento dell’esportazione. Il documento richiama l’esempio del tessuto tunisino utilizzato per confezionare camicie da esportare nell’UE: con la fine del cumulo diagonale tra le due zone, un esportatore svizzero che importa tessuti dalla Tunisia e confeziona camicie destinate all’UE dovrà considerare i tessuti tunisini come materiali di Paese terzo (“non originario”), compromettendo così l’emissione di una prova d’origine preferenziale.

Permeabilità e cumulo temporaneo:

  • sarà possibile solo per merci dei capitoli 1, 3, 25-97 del SA e prodotti della pesca del capitolo 16 del SA;
  • il cumulo con materiali importati prima del 2026 con prova dell’origine rilasciata secondo le vecchie norme è ammesso fino al 31 dicembre 2028;
  • le materie prime che hanno acquisito il carattere originario secondo le norme di origine rivedute o le norme transitorie possono essere cumulate diagonalmente senza restrizioni, indipendentemente dalla data di importazione;
  • i materiali importati dopo il 31 dicembre 2025 possono essere cumulati fino al 31 dicembre 2028 solo se la prova d’origine secondo le vecchie regole è stata emessa entro il 31 dicembre 2025 e se l’importazione avviene entro quattro mesi da tale data. Oltre questa finestra, il cumulo diagonale non è più possibile.

Le prove dell’origine dovranno rispettare le nuove disposizioni: dal 2026 non sarà più necessario indicare “REVISED RULES” e non sarà richiesto menzionare il cumulo nella documentazione. Le prove d’origine emesse nella zona 1 prima del 1° gennaio 2026 secondo le vecchie norme restano valide se le merci erano già in transito o sotto controllo doganale speciale e vengono importate entro quattro mesi.

Zona 2 – Applicazione delle vecchie norme

La zona 2 comprende gli accordi che non contengono un riferimento dinamico alla Convenzione PEM. Qui continueranno ad applicarsi le norme tradizionali fino a eventuale revisione:

  • Svizzera – Isole Faroe
  • AELS – Egitto
  • AELS – Israele
  • AELS – Giordania
  • AELS – Libano
  • AELS – Marocco
  • AELS – Palestina
  • AELS – Tunisia
  • AELS – Ucraina

In questa zona, il cumulo diagonale resterà possibile solo secondo le vecchie norme. La circolare R-30 segnala però anche che diversi accordi tra Paesi terzi (ad esempio nei Balcani occidentali) non sono ancora stati aggiornati:se non adeguati entro il 1° gennaio 2026, alcune catene di fornitura potrebbero non beneficiare più di alcun cumulo triangolare.

A tal proposito è pertanto indispensabile fare riferimento costante alla Matrix, che illustra le reali possibilità di cumulo allo stato attuale.

Il cumulo con materiali con origine secondo le vecchie norme importati dalla zona 1 prima del 1° gennaio 2026 è possibile senza limiti di tempo.

Nuove responsabilità per le imprese e prospettive normative

La distinzione tra zona 1 e zona 2 e la fine della flessibilità prevista nel 2025 segnano un cambiamento strutturale nelle catene di valore svizzere ed europee. Le imprese sono invitate a verificare attentamente

  • l’origine dei materiali
  • la data di rilascio delle prove
  • l’applicazione corretta delle norme di lista
  • la compatibilità tra accordi differenti

Il rischio, in caso di non conformità, è la perdita dei benefici tariffari garantiti dagli accordi di libero scambio.

La Svizzera e gli Stati AELS, stanno già lavorando per estendere il riferimento dinamico anche agli accordi non ancora aggiornati, con l’obiettivo di includere progressivamente questi accordi all’interno della zona 1, una volta completati i rispettivi processi di approvazione dei partner.

Tabella riepilogativa

ZonaRegole applicabiliPrincipali accordiCumulo diagonale
Zona 1Norme rivedute (PEM revised)Svizzera-UE, AELS, AELS-Albania, AELS-Bosnia, AELS-Georgia, AELS-Moldova, AELS-Montenegro, AELS-Macedonia, AELS-Serbia, AELS-TurchiaSolo tra operatori che adottano le nuove regole; cumulo temporaneo con vecchie norme fino al 31/12/2028 (casi specifici)
Zona 2Vecchie normeSvizzera-Faroe, AELS-Egitto, AELS-Israele, AELS-Giordania, AELS-Libano, AELS-Marocco, AELS-Palestina, AELS-Tunisia, AELS-UcrainaSolo secondo le vecchie norme; cumulo con materiali provenienti dalla zona 1 prima del 1/1/2026 senza limiti di tempo

Ticino e Taipei: nuove prospettive per le aziende

Giovedì 4 dicembre, Monica Zurfluh, responsabile della Divisione Commercio Internazionale della Cc-Ti, ha accolto il Dr. Steve S.W. Wang, Rappresentante della Delegazione culturale ed economica di Taipei a Berna, in occasione della sua prima visita in Ticino.

L’incontro ha posto l’attenzione sul sostegno alle aziende associate, con l’obiettivo di facilitare gli scambi commerciali e offrire strumenti concreti per sviluppare il mercato taiwanese. Tra i temi discussi, modalità per valorizzare le reti locali e internazionali, scambio di informazioni strategiche e best practice, e strumenti per accedere a nuove opportunità di business.

Particolare attenzione è stata rivolta a Taiwan come mercato emergente oltre i settori tradizionalmente noti, come i semiconduttori. L’incontro ha confermato l’importanza di un dialogo continuativo e di una collaborazione costante, gettando le basi per iniziative congiunte, scambi di conoscenze e progetti innovativi, nel rispetto dei delicati equilibri internazionali.

La situazione sul mercato del lavoro

Rapporti della Seco sulla situazione del mercato del lavoro


“Lettere inutili”: quando il marchio non colpisce (e il sistema reagisce)

Negli ultimi anni e emerso un fenomeno curioso – e problematico – nell’universo dei marchi: la registrazione di sequenze alfanumeriche lunghe, apparentemente senza senso, che puntano più al vuoto che alla  distinzione.

Dietro queste combinazioni si nasconde spesso l’espediente di inserire marchi noti all’interno di catene di caratteri “casuali”, rendendo più difficile individuarli, e particolarmente importante l’istituzione di servizi di sorveglianza accurati. L’agenzia delle Unione Europea EUIPO (Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale) tende infatti a respingere questi segni perché incapaci di svolgere la funzione primaria del marchio, cioè, distinguere l’origine di prodotti e servizi. Il problema delle “meaningless letters” non e soltanto estetico. Sigle come “HSTCPGKQYXHS” o “QPDIZHZLHGU” – entrambe oggetto di domande di marchi europeo rifiutate – sono troppo lunghe e indecifrabili per rimanere nella memoria del consumatore. Un marchio, per essere tale, deve essere percepito e ricordato: se e impronunciabile o privo di qualunque associazione, come può identificare un’impresa? L’EUIPO applica un criterio semplice: più un segno appare complesso e astratto, meno probabilità ha di essere registrato.

Esiste pero un margine. Non tutte le sequenze prive di senso sono automaticamente escluse: in teoria, se un richiedente dimostra che quella combinazione evoca concetti, sensazioni o associazioni riconoscibili dal pubblico, la distintività potrebbe emergere. In pratica, casi del genere restano rari. La questione solleva implicazioni importanti anche per i titolari di marchi noti. La sorveglianza tradizionale, basata sul confronto diretto tra segni simili, non basta più: occorre prestare attenzione anche a domande che, dietro una sequenza apparentemente casuale, nascondano un marchio già tutelato (i più attenti, in questa sigla “KJLDNIKEPRT”, noteranno il nome di un noto marchio di abbigliamento sportivo). Questo richiede strumenti di monitoraggio più sofisticati e una strategia di difesa ampliata. Il bilancio che emerge e duplice. Da un lato, gli Uffici Marchi devono proteggere l’integrità del sistema, evitando che l’abuso di segni “vuoti” lo indebolisca. Dall’altro, chi crea un marchio deve ricordare che originalità e complessità non bastano: un segno funziona se resta impresso, se e pronunciabile, se comunica. La creatività non può sostituire la chiarezza. Un marchio valido e prima di tutto riconoscibile: non basta essere esotico, bisogna essere memorabile.


Articolo a cura di Hermann Padovani, European Trademark Attorney, M. ZARDI & Co. S.A.

Approfondimenti giuridici

Schede redatte dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti.

Il divieto di concorrenza cessa solo se la disdetta del dipendente per giusti motivi è tempestiva

Il Tribunale federale ha confermato la validità di una clausola di non concorrenza, nonostante il dipendente avesse rassegnato le dimissioni per presunta violazione contrattuale da parte del datore di lavoro. Il lavoratore, dirigente di una società, aveva ricevuto un bonus inferiore rispetto a quanto previsto dal contratto, e per questo motivo ha disdetto il proprio contratto di lavoro. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che il tempo trascorso tra il mancato pagamento del bonus e le dimissioni (circa sei mesi) interrompesse il nesso causale necessario per far decadere la clausola ai sensi dell’art. 340c CO. Tale norma prevede che il divieto di concorrenza cessa quando il lavoratore disdice il rapporto per un motivo giustificato imputabile al datore di lavoro, nel caso specifico il pagamento di un bonus insufficiente. Inoltre, il dipendente aveva accettato senza riserve la compensazione prevista per il rispetto del divieto di concorrenza, comportamento interpretato come riconoscimento della validità della clausola stessa. La sentenza ribadisce che la clausola può decadere solo se la disdetta e tempestiva e motivata da una causa imputabile al datore. In mancanza di tale nesso, e in presenza di una compensazione economica adeguata, il divieto resta valido.

Sentenza 4A_426/2023


La dipendenza da alcol è considerata una malattia

Con sentenza dell’11 settembre 2025, il Tribunale federale ha stabilito che un tecnico di servizio affetto da alcolismo, coinvolto in un incidente stradale in stato di ebbrezza e successivamente ricoverato per cure mediche stazionarie, ha diritto alla continuazione del pagamento del salario. Il datore di lavoro, che aveva contestato tale obbligo, ha visto respinto il proprio ricorso. L’incidente, avvenuto nel 2022, ha comportato la revoca immediata della patente e una condanna. A seguito dell’evento, il lavoratore e stato ricoverato per trattare la dipendenza da alcol, risultando impossibilitato a lavorare. Nel 2024, il Tribunale cantonale di  Lucerna aveva già riconosciuto il diritto al salario, considerando l’impedimento come causato da malattia. Il Tribunale federale ha confermato che, in assenza di colpa del lavoratore, il salario deve essere versato. Ha inoltre chiarito che la dipendenza da alcol, se sviluppata gradualmente e in modo patologico, e da considerarsi una malattia. Nel caso specifico, l’alcolismo e stato riconosciuto come causa principale  dell’impedimento al lavoro, mentre la revoca della patente non ha avuto un impatto determinante sul ricovero o sull’impossibilita di lavorare. L’obbligo di versare il salario e quindi stato confermato.

Sentenza 4A_221/2025

Scopri il Servizio giuridico della Cc-Ti!

Assicurazione contro la disoccupazione: nel 2026 più generi di professioni assoggettati all’obbligo di annuncio dei posti vacanti

Sono nuovamente in aumento i generi di professione assoggettati all’obbligo di annuncio dei posti vacanti. Rispetto all’anno precedente lo saranno ad esempio anche gli addetti alle pulizie e gli ausiliari in uffici, alberghi e altri esercizi (79 529 occupati) e i cuochi (43 570 occupati). La decisione è stata presa il 1° dicembre 2025 dal capo del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR), il consigliere federale Guy Parmelin, in base alle regole vigenti.

L’obbligo di annuncio dei posti vacanti è stato introdotto nell’ambito dell’attuazione dell’iniziativa «Contro l’immigrazione di massa». Una professione è assoggettata quando il relativo tasso di disoccupazione medio supera la soglia predefinita del 5 %. Ogni anno l’estensione dell’obbligo di annuncio viene adeguata in base all’andamento del mercato del lavoro.

L’aumento della disoccupazione provoca un’estensione dell’obbligo di annuncio

Dal 2023, dopo aver toccato un livello storico bassissimo, il tasso di disoccupazione è andato aumentando costantemente, con conseguente estensione dell’obbligo di annuncio. Tutte le professioni che quest’anno erano assoggettate lo saranno anche nel 2026, più qualche altro genere di professione, come ad esempio i cuochi e gli addetti alle pulizie. Il personale non qualificato addetto alle costruzioni, con 88 187 lavoratori, si riconferma quello con il maggior numero di occupati. Nel complesso, il 10,8 % degli occupati lavorerà nei generi di professioni assoggettati; erano appena il 6,5 per cento nel 2025. Nel periodo di calcolo preso in considerazione per l’elenco 2026 (3° trim. 2024 fino al 3° trim. 2025) il tasso di disoccupazione medio era del 2,7 %, cioè +0,4 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (2,3 %).

La nuova ordinanza entrerà in vigore il 1° gennaio 2026. L’elenco completo dei generi di professioni assoggettati nel 2026, i diritti e doveri dei lavoratori e il ruolo degli Uffici regionali di collocamento (URC) sono disponibili qui: Obbligo di annuncio dal 2026.

Per saperne di più:
Obbligo di annunciare i posti di lavoro vacanti
Obbligo di annuncio dal 2026
Check-Up 2026


Fonte: CF – Comunicato stampa

Viaggio esplorativo in Cina: comprendere l’economia cinese contemporanea

Un viaggio per osservare da vicino la Cina che cambia e capire come il Paese stia ridisegnando gli equilibri economici globali. Dal 6 al 12 novembre 2025, una delegazione di imprenditori ticinesi ha attraversato alcune delle aree più dinamiche della Cina – Shanghai, Shenzhen e Hong Kong – per esplorare le nuove frontiere della manifattura avanzata, della logistica intelligente, dell’innovazione digitale e dei modelli di sviluppo urbano.
L’iniziativa, promossa dalla Camera di Commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) e dal capitolo ticinese della Swiss Chinese Chamber of Commerce (SCCC), è stata realizzata con il supporto operativo di Swiss Centers China. La missione è nata su impulso di alcuni membri delle associazioni ASTAG Sezione Ticino, Spedlogswiss Ticino e ImprendiTI, a conferma di quanto il dialogo costante con i propri associati sia essenziale per comprenderne i bisogni e trasformarli in iniziative concrete.

L’obiettivo era chiaro: osservare da vicino il tessuto economico, industriale e tecnologico di un Paese che oggi influenza in modo determinante le filiere produttive globali. Le tre tappe – Shanghai, Shenzhen e Hong Kong – hanno offerto un quadro articolato delle trasformazioni in corso: dalla mobilità elettrica all’automazione industriale fino alla logistica digitale.

Shanghai: industria avanzata, energia e logistica globale

Il viaggio è iniziato a Shanghai, cuore pulsante dell’industria cinese e porta d’ingresso della Cina continentale, con una tappa a Changzhou, una delle città simbolo dell’industrial upgrading cinese.

Qui, la delegazione ha visitato lo stabilimento BYD – Build Your Dreams, oggi il principale produttore automobilistico cinese e leader mondiale nel settore dei New Energy Vehicles (NEV).
Lo stabilimento BYD di Changzhou è uno dei poli più importanti del gruppo, con linee di produzione altamente automatizzate (oltre il 95 % nella saldatura), integrazione verticale di batterie, motori ed elettronica di potenza, e sistemi digitalizzati per controllo qualità ed efficienza energetica.

In serata, la delegazione ticinese ha preso parte alla Sino-Swiss Business Reception @ CIIE 2025, evento istituzionale organizzato parallelamente alla grande fiera di Shanghai per celebrare le relazioni economiche tra i due Paesi.

Nel suo intervento, il Console generale di Svizzera a Shanghai, Sacha Bachmann, ha richiamato il recente Dialogo Strategico Sino-Svizzero tenutosi a Bellinzona tra il Consigliere federale Ignazio Cassis e il Primo Ministro cinese Wang Yi: un riferimento che ha sottolineato il ruolo del Ticino quale luogo di incontro tra le due economie.

Il secondo giorno è iniziato con un briefing esclusivo presso Swiss Centers China, il più grande hub di aziende svizzere nel Paese di Mezzo. Il CEO Zhen Xiao ha offerto uno sguardo privilegiato sul mercato cinese in continua evoluzione, condividendo approfondimenti su sentiment, sfide e opportunità per le aziende svizzere.

Ha fatto seguito la visita alla Shanghai Pilot Free Trade Zone (Waigaoqiao), primo esperimento cinese di zona economica avanzata, creata per testare nuove politiche di apertura commerciale e innovazione amministrativa. Qui, i rappresentanti della zona franca hanno illustrato i meccanismi di semplificazione doganale, una logistica efficiente, i regimi fiscali agevolati e i settori aperti agli investitori stranieri. Con oltre cento imprese elvetiche già presenti, la Svizzera figura tra i principali Paesi investitori, in particolare nei comparti biomedicale, farmaceutico e tecnologico.

Nel pomeriggio, la delegazione ha raggiunto il porto di acque profonde di Yangshan, il più grande terminal container automatizzato al mondo e un autentico capolavoro di ingegneria.

Tra gru portuali di precisione millimetrica, carrelli su rotaia, veicoli a guida autonoma (AGV) e sistemi di gestione digitale, Yangshan rappresenta la forza logistica della Cina e nodo strategico della Maritime Silk Road, il corridoio marittimo della Belt and Road Initiative.

La visita alla China International Import Expo (CIIE), la più principale fiera mondiale dedicata alle importazioni, ha occupato la terza giornata del viaggio. Giunta all’ottava edizione, la manifestazione non è una semplice esposizione commerciale, ma un segnale politico-economico: la Cina la utilizza per consolidare rapporti con partner globali e favorire l’ingresso di prodotti e tecnologie internazionali nel proprio mercato.

Qui la delegazione ha potuto osservare come le aziende straniere si presentano al mercato cinese attraverso attività promozionali, strategie di comunicazione e presentazione dei propri prodotti. Negli stand individuali delle svizzere Schindler, ABB e MSC, sono emerse applicazioni concrete di intelligenza artificiale, automazione energetica e logistica sostenibile.

All’interno dello Swiss Cluster Booth, organizzato da Swiss Centers China, erano presenti 26 espositori e 36 marchi svizzeri, tra cui le ticinesi Cetra Alimentari, Masaba Coffee, Tamaro Drinks e Tamborini Vini.

Shenzhen: il motore dell’innovazione cinese

Dalla costa orientale, la missione si è spostata a sud. Con un volo mattutino la delegazione è arrivata a Shenzhen, metropoli che incarna l’ascesa tecnologica cinese. Divenuta in pochi decenni la Silicon Valley del Paese, Shenzhen rappresenta un sistema urbano-industriale unico, dove imprese, startup e centri di ricerca coesistono in un ambiente di rapidissima prototipazione. A Huaqiangbei, uno dei più grandi mercati globali dell’elettronica, è possibile osservare la filiera corta dell’innovazione hardware: componenti, prototipi, microelettronica e produzione convivono nello stesso distretto, con tempi di sviluppo estremamente ridotti.

Il quinto giorno è stato dedicato a Huawei, una delle multinazionali tecnologiche più influenti al mondo. La delegazione ha visitato sia l’headquarter di Shenzhen, dove ha potuto scoprire le più recenti applicazioni nel campo dell’energia digitale, del cloud e della mobilità intelligente, sperimentare in prima persona i veicoli a guida autonoma sviluppati dall’azienda, e conoscere le ultime innovazioni in materia di smartphone e di smart home, sia il Campus di Dongguan, che ospita oltre 25’000 ricercatori e funziona come una vera e propria città dell’innovazione.

Con oltre 208’000 dipendenti, di cui la metà impegnata in attività di ricerca e sviluppo, Huawei rappresenta un modello distintivo di governance aziendale: la società è interamente posseduta dai suoi dipendenti e reinveste costantemente in innovazione. Nel 2024, l’azienda ha registrato una crescita significativa in settori strategici, tra cui dispositivi (+38%), veicoli intelligenti (+474%), energia digitale (+24%) e cloud (+8,5%).

La società ha una forte presenza anche in Svizzera, dove impiega più di 400 collaboratori distribuiti su tre sedi e due centri di ricerca e sviluppo, rafforzando la cooperazione scientifica con istituti come i Politecnici federali di Zurigo e Losanna e il CSEM, il centro svizzero per la ricerca applicata in microtecnologie ed elettronica avanzata.

Il sesto giorno la delegazione ha esplorato ulteriori eccellenze di Shenzhen.

A DJI, leader globale dei droni con oltre il 70% della quota mondiale, è stato possibile osservare applicazioni industriali di droni per logistica, sicurezza pubblica, agricoltura di precisione, cinema e media. In vent’anni di attività, l’azienda ha trasformato Shenzhen in un centro di eccellenza per il volo intelligente, dove hardware, software e soluzioni basate su intelligenza artificiale vengono sviluppati e sperimentati.

DJI conta 14’000 dipendenti, di cui il 30% impegnati in attività di R&S, e il 70% dei prodotti è destinato all’export. Tra le tecnologie più avanzate, i partecipanti hanno potuto osservare droni stazione mobile autonomi fino a due anni, droni agricoli con capacità superiore a 85 litri di fertilizzanti e droni per il trasporto di carichi pesanti oltre 80 kg.

Dalla fotografia aerea alla logistica automatizzata, DJI ha consolidato la sua posizione di riferimento nel settore della robotica applicata e delle soluzioni innovative per il volo intelligente.

La delegazione ha poi incontrato rappresentanti del Shenzhen Virtual University Park (SZVUP), un ecosistema che collega oltre 30 atenei e imprese, facilitando l’accesso a finanziamenti e opportunità di collaborazione, in particolare nei settori healthcare, nuovi materiali, energia e blockchain.

All’interno di questo contesto è presentata anche la start-up Auto City, specializzata in soluzioni di mobilità autonoma per i servizi urbani. L’azienda integra intelligenza artificiale, sensoristica avanzata e soluzioni sostenibili per migliorare l’efficienza e la vivibilità delle città del futuro.

Hong Kong: finanza, logistica e stabilità regolatoria

La tappa conclusiva si è svolta a Hong Kong, centro finanziario globale e porta logistica dell’Asia.

Presso l’Hong Kong International Airport, tra i primi al mondo per traffico merci, è stato presentato il progetto SKYTOPIA, un’iniziativa di sviluppo che integra area commerciale, logistica e spazi dedicati all’arte – in una città che ospita già le principali case d’asta e fiere. Il progetto prevede anche una marina, sistemi di trasporto intelligente e veicoli autonomi, nonché infrastrutture per eventi e attività culturali, con l’obiettivo di rafforzare il ruolo dell’aeroporto come hub commerciale e turistico, attrarre investimenti e generare nuove opportunità economiche per la città. Nel corso di un incontro con Invest Hong Kong, sono state illustrate le opportunità offerte dal modello “one country, two systems”, che garantisce un contesto competitivo per le imprese straniere in termini di fiscalità, protezione degli investimenti e accesso al mercato asiatico.

La delegazione ha poi visitato il Cainiao Smart Gateway di Alibaba, centro logistico dal quale parte circa la metà delle esportazioni globali del gruppo, un esempio concreto di integrazione tra logistica, intelligenza artificiale e sostenibilità.

A concludere il programma del viaggio, la delegazione ha partecipato a un evento di networking con le comunità svizzera e italiana a Hong Kong, co-organizzato dalle Camere di Commercio svizzera e italiana. Dopo il benvenuto del Console Generale di Svizzera a Hong Kong, Daniel Freihofer, sono stati presentati i principali aspetti dell’ecosistema economico locale, le opportunità per le imprese estere e il supporto offerto dalle due associazioni per sviluppare relazioni commerciali nella regione.

L’incontro si è concluso con un pranzo di networking, occasione di confronto aperto e costruttivo che ha consolidato legami e visioni comuni prima del rientro in Svizzera.

Una visione globale, una prospettiva condivisa

l viaggio di sette giorni tra Shanghai, Shenzhen e Hong Kong ha offerto ai partecipanti una visione diretta di un Paese che sta ridefinendo la crescita industriale, tecnologica e logistica. Le visite ai porti, alle aree industriali e agli ecosistemi hi-tech hanno mostrato come l’innovazione in Cina non sia un’azione isolata, ma un sistema integrato che unisce digitalizzazione, ricerca avanzata, automazione, talento e politiche pubbliche lungimiranti.

Industria, università e autorità collaborano costantemente, trasformando dati e idee in applicazioni concrete, scalabili e resilienti. In ogni settore — dalla logistica alla produzione, dalla mobilità all’urbanistica sperimentale — il vantaggio competitivo nasce dalla rapidità di esecuzione, dalla qualità delle partnership e dall’adozione coerente di tecnologie flessibili.

Per i partecipanti, la missione è stata un laboratorio di apprendimento e confronto, capace di aprire nuovi orizzonti e opportunità. La Cina non si limita a immaginare il futuro: lo costruisce con ritmo, scala e determinazione. Comprenderne le dinamiche significa cogliere le tendenze chiave dell’economia globale e riconoscere le sfide che l’Europa deve affrontare per colmare il divario competitivo in innovazione, digitalizzazione e infrastrutture strategiche.

In sintesi, il viaggio conferma che sostenibilità ed eccellenza operativa non sono solo obiettivi, ma il risultato naturale di un approccio sistemico allo sviluppo tecnologico, dove processi, competenze e strumenti convergono per generare valore reale e duraturo.

Publiredazionali Cc-Ti

Di seguito potete ritrovare tutti i publiredazionali Cc-Ti (dal 2023).

2025

Si chiama “Per il futuro” ma è “Senza futuro”, 19.11.2025

Servizio civico: buone intenzioni, proposta inadeguata, 19.11.2025

Imprese svizzere e accordo AELS-Mercosur: focus Brasile, 15.10.2025

“Riformare per servire al meglio”, 15.10.2025

Non dimentichiamo l’energia, 17.09.2025

“Swiss Made” sotto pressione, 03.09.2025

Dazi USA: primi effetti, 28.08.2025

La formazione della Cc-Ti, 18.6.2025 (e 21.5.2025)

Un sostegno per chi esporta, 21.5.2025

Le finanze cantonali: una discussione indispensabile, 9.5.2025

L’Arabia Saudita in chiave operativa, 30.4.2025

Negoziare? Si, no, forse, magari…, 17.4.2025

Le aziende svizzere al crocevia delle tensioni commerciali globali, 12.3.2025

CRASH TEST, 19.2.2025

L’economia per la società, 29.1.2025


2024

Auguri di Natale, 24 e 31.12.2024

Risultati inchiesta congiunturale 2024/2025, 18.12.2025

Il ritorno di Trump: rischi e opportunità per l’export svizzero (e non solo), 26.11.2024

Speciale 107esima AGO Cc-Ti: resoconto AGODiscorso Pres. A. GehriIntervista Prof. Guzzella, 19.11.2025

Innovazione e ricerca e sviluppo tecnologico: quo vadis?, 22.10.2024

Denominatore comune: innovazione, 15.10.2024

Guten Tag o Auf Wiedersehen?, 24.9.2024

Stati Uniti: è terra promessa?, 27.8.2024

«Non solo business…», 30.7.2024

Strada e ferrovia, accostamento vincente, 18.7.2024

India, il gigante su cui puntare, 28.5.2024

Votazione sulla riforma fiscale cantonale, 21.5.2024

La Svizzera apprezzata ovunqUE, 14.42024

L’accesso al Sud−Est asiatico passa da Singapore, 2.4.2024

Salari e statistiche, 26.3.2024

AVS, diamo i numeri…, 20.2.2024

Le sfide del business internazionale, 30.1.2024

Più poveri senza i ricchi, 23.1.2024


2023

Auguri di Natale (diversi), 12.2023

Il 2023 ha confermato le aspettative, 18.12.2023

Conflitto Israele-Hamas: nuovo stress test per supply chain e logistica, 28.11.2023

L’imprenditore al centro della 106esima AGO, 26.10.203

Il commercio con l’estero richiede misure rafforzate di dovuta diligenza, 17.10.2023

L’intrepido imprenditore: coraggio e resilienza, 26.9.2023

In un mondo che cambia informare e informarsi è un dovere, 29.8.2023

nLex Prevenire Difendere, 22.8.2023

Illusioni e realismo, 25.7.2023

Apertura tecnologicaSan Gottardo & pedaggio: NO grazie, 13.6.2023

Quel piatto di spaghetti che è il libero scambio, 30.5.2023

Tutelare la continuità aziendale, 12.5.2023

La tecnologia è competenzaEvoluzioni elettrizzanti, 18.4.2023

Chi guida la corsa alle tecnologie critiche?, 28.3.2023

Una buona istruzione garantisce protezioneL’opinione puntuale, 21.3.2023

Fiscalità: numeri e fattiL’opinione puntuale, 28.2.2023

Da complicato a complesso: il contesto internazionale è sempre più impegnativo, 31.1.2023

Centrare la formazioneLa manodopera è strategica, 24.1.2023

Servizio civico: buone intenzioni, proposta inadeguata

L’Iniziativa per l’istituzione di un Servizio civico su cui si voterà il prossimo 30 novembre prevede che tutte le persone con cittadinanza svizzera prestino un servizio a beneficio della collettività e dell’ambiente. Intento lodevole, ma poco realistico.

L’introduzione di un obbligo generale di prestare servizio comporterebbe il raddoppio delle persone reclutate rispetto a oggi. Secondo il Consiglio federale, con il nuovo modello il numero di persone soggette all’obbligo raddoppierebbe. Si passerebbe a circa 70’000 reclutati all’anno, ben oltre il fabbisogno reale di esercito e protezione civile.
Ne conseguirebbe tra l’altro anche un importante aumento dei costi per la Confederazione, i Cantoni e l’economia, senza però benefici reali.
Un obbligo di legge deve essere infatti sempre proporzionato allo scopo: qui decisamente non lo sarebbe.
L’esercito e la protezione civile, con il sostegno del servizio civile, sono fondamentali per la sicurezza della Svizzera. L’obbligo di prestare servizio è necessario solo per queste organizzazioni. Con il Servizio civico
l’iniziativa va troppo oltre.
Oltre ai costi elevati per la Confederazione e i Cantoni, anche l’economia ne risentirebbe in modo significativo.
Oggi le indennità di perdita di guadagno e l’assicurazione militare costano rispettivamente circa 800 e 160 milioni di franchi l’anno. Con il servizio civico, le spese raddoppierebbero: circa 1,6 miliardi per le indennità e oltre 300 milioni per l’assicurazione, senza contare costi aggiuntivi a carico delle imprese, dei Cantoni e della Confederazione e dei privati stessi.
Ogni lavoratore sottratto temporaneamente al suo impiego genera un’assenza da compensare, una perdita di produttività, una burocrazia supplementare e un’importante gestione del numero di assenze, con limitate soluzioni pratiche che metterebbero a dura prova un sistema, ad oggi, in equilibrio.

L’obiettivo di un Paese solidale e coeso è condivisibile, ma non si costruisce con nuovi obblighi. La Svizzera dispone già di una forte tradizione di volontariato e di spirito civico: valorizzarlo, semmai, significa sostenerlo, non imporlo.
Dire No al servizio civico non è rifiutare l’impegno collettivo, ma difendere un principio semplice e liberale e la solidarietà funziona meglio quando nasce dalla scelta, non dalla costrizione.

Si chiama “Per il futuro” ma è “Senza futuro”

“Per il futuro” è il titolo accattivante scelto per l’iniziativa dei Giovani socialisti che sarà in votazione il prossimo 30 novembre e che invoca una pesante forma di imposizione fiscale per finanziare le politiche climatiche.

Peccato che il clima, che purtroppo da tempo viene troppo facilmente “utilizzato” come pretesto per le proposte più irragionevoli, abbia poco o nulla a che vedere con questa iniziativa, che invece rispolvera il solito ritornello dell’attacco ai facoltosi.
Questa volta la proposta è però particolarmente insidiosa perché camuffata dietro uno slogan che fa sembrare impossibile dire di no.

In sostanza l’iniziativa si prefigge di costruire il domani erodendo le basi che lo rendono possibile.

Uno dei tanti problemi di questa iniziativa è che, invece di promuovere lo sviluppo futuro, lo distruggerebbe, perché cela un meccanismo che indebolisce proprio i fattori che danno prospettive certe, ossia la capacità di creare lavoro, di progredire attraverso l’innovazione e condividere la ricchezza creata nel lungo periodo grazie a un sistema redistributivo assai efficace.
Decisamente paradossale.

Una narrazione completamente fuorviante

L’iniziativa vuole introdurre un’imposta del 50% sulle successioni e donazioni superiori a 50 milioni di franchi. Una cifra ragguardevole, a prima vista, perché sembrerebbe colpire solo un numero ridotto di contribuenti facoltosi, immaginando un beneficio per tutta la popolazione.
Gli iniziativisti, come troppo spesso accade, accecati dal furore ideologico, ignorano (o fingono di ignorare) che la misura colpirebbe pesantemente realtà aziendali consolidate e che non hanno rubato nulla, anzi!
Realtà fondamentali per il funzionamento del sistema elvetico che hanno lavorato duramente e investito nelle imprese. Si parla di capitalizzazioni importanti che non sono liquidità lasciata su conti bancari per finanziare inconfessabili passatempi, bensì hanno preso forma in stabilimenti produttivi, macchinari, immobili…
Tutti beni che hanno prodotto, producono e intendono produrre valore, innovazione e posti di lavoro. Realtà concrete del territorio che investono nel futuro da decenni, da una vita.
Si arriverebbe al paradosso che occorre indebitarsi per pagare delle imposte di successione o donazione, solo per poter mantenere la propria azienda. In sostanza una vera e propria espropriazione.
Possibili cessioni a gruppi stranieri, trasferimenti all’estero, perdita di radicamento territoriale e, infine, tagli al personale, non sono mere minacce, bensì le conseguenze reali di una misura che sarebbe di fatto confiscatoria e quindi non conforme al nostro sistema svizzero, che poggia sull’affidabilità e la prevedibilità delle regole.
Con buona pace dell’improbabile “futuro” promesso.

Il successo della Svizzera non è frutto del caso, ma di un quadro istituzionale che incoraggia l’iniziativa privata, premia il lavoro, stimola l’innovazione e offre fiducia a chi investe. E soprattutto permette ancora delle certezze di pianificazione futura, aspetto fondamentale per le attività imprenditoriali. Questa fiducia si costruisce in decenni di duro lavoro, ma può svanire rapidamente se si cambia improvvisamente il patto tra Stato e cittadini.
Senza dimenticare che, attorno alle aziende più grandi che sarebbero di fatto smembrate, ruotano una moltitudine di filiere, molte PMI, fornitori locali, artigiani, professionisti, società di servizi, imprese culturali e sportive. Che inevitabilmente pagherebbero un pesante prezzo di una misura senza senso.

Una stima prudenziale indica che per ogni grande contribuente possano essere coinvolte tra 60 e 120 PMI sul territorio. Indebolire i grandi significa decretare la fine per i piccoli. E il rischio di partenze per l’estero di grandi contribuenti è una realtà fattuale, basti vedere cosa è successo in Norvegia. I dati parlano chiaro: 80 norvegesi facoltosi si sono trasferiti in Svizzera, su un totale di oltre 500 persone che si sono trasferite in altri paesi.
Non si tratta di difendere “privilegi”. Si tratta di difendere un sistema che ha permesso al nostro Paese di garantire benessere non solo a pochi, ma alla grande maggioranza della popolazione. Il futuro non si costruisce tassando in modo distruttivo, ma creando le condizioni perché valore e opportunità continuino a rigenerarsi. Perché senza crescita, non c’è redistribuzione sostenibile. Senza imprese forti, non ci sono risorse per finanziare il sociale, l’ambiente e i servizi pubblici per tutti.

Non è “per il futuro”: è un freno al futuro

Il titolo dell’iniziativa lascia intendere che si tratti di un atto di responsabilità verso i giovani. Ma sono proprio loro la categoria che pagherebbe in modo diretto le conseguenze di un indebolimento delle imprese.
Meno aziende forti radicate sul territorio significa meno apprendistati, meno posti di lavoro qualificati, meno opportunità, meno innovazione, meno di tutto.

Votare No a questa iniziativa non significa chiudere gli occhi di fronte alle sfide ambientali e sociali che attendono la Svizzera. Al contrario: significa preservare i mezzi con cui affrontarle. Un Paese che smantella ciò che funziona per inseguire slogan seducenti non prepara un domani migliore. Lo mette a rischio.
Il 30 novembre, guardiamo oltre il titolo. Costruire il futuro richiede lungimiranza, non scorciatoie. E la lungimiranza, oggi, significa dire No a un’idea che compromette le basi della nostra prosperità.