Il tema della sicurezza cibernetica è oggetto di attenzione sia in ambito pubblico sia in ambito privato. Non a caso il Cantone Ticino si è dotato di un gruppo di lavoro strategico denominato Cyber Sicuro, il quale funge da punto di riferimento cantonale per questo tema.
Nell’ambito privato, la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi (Cc-Ti) aveva promosso nel 2017 un’indagine presso le aziende per un monitoraggio della situazione nel campo delle imprese, unitamente alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) e InTheCyber Group. L’inchiesta, unica in Svizzera, aveva fornito risultati molto interessanti e probanti, ad es. sui generi di attacchi cyber che le nostre aziende subiscono e i sistemi di protezione che hanno predisposto.
Sulla scorta di quanto precede, la Cc-Ti, il Servizio informatica forense del Dipartimento delle tecnologie della SUPSI e InTheCyber Group, realtà di punta nell’ambito dell’auditing e consulting per la Cyber Intelligence e la Cyber Defense, hanno deciso di dare continuità al lavoro di osservazione e analisi del tema.
È pertanto stato creato lo Swiss Cybermeter, strumento per effettuare i rilevamenti necessari, accessibile all’indirizzo www.swisscybermeter.ch.
L’iniziativa è patrocinata dalla campagna di prevenzione del Cantone Ticino denominata Cyber Sicuro.
Lo scopo dell’iniziativa è alimentare un gruppo permanente sul tema della Cyber Security con informazioni sempre attualizzate, che permettano di analizzare tendenze e prospettive evolutive di questo settore.
Al contempo questo permetterà di stilare una statistica del livello di maturità delle aziende svizzere sulla base di un Maturity Model ben definito (Initial, Repeatable, Defined, Managed, Optimized).
Il grado di prontezza delle aziende pubbliche, para-pubbliche e private è essenziale per tutto il territorio cantonale, perché garantisce la sicurezza istituzionale e quella economica, nell’interesse di tutte le cittadine e tutti i cittadini.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2021/03/EVT21-comunicati.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-06-11 11:20:262021-06-22 09:56:34Cyber Security: importante alleanza pubblico-privato
Comunicato stampa Cc-Ti sul potenziamento dell’autostrada A2 tra Lugano e Mendrisio
La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti), quale associazione mantello dell’economia ticinese, ha preso atto con soddisfazione della presentazione da parte del Dipartimento del territorio e dell’Ufficio federale delle strade (USTRA) del progetto PoLuMe (potenziamento dell’autostrada A2 tra Lugano e Mendrisio) e del sostegno che l’autorità cantonale ha manifestato a tale intervento.
Da anni la Cc-Ti segue con particolare attenzione il tema della mobilità, sia stradale che ferroviaria (complementarità dei mezzi di trasporto). Si tratta infatti di un elemento fondamentale per la nostra economia. Una mobilità compromessa crea importanti pregiudizi, non solo ai privati cittadini, ma anche alle numerose aziende che dipendono da trasporti giornalieri.
È quindi importante intervenire tempestivamente per sanare situazioni critiche. Già nel 2019 la Cc-Ti aveva proposto all’USTRA un intervento simile a quello attualmente adottato, che prevedeva la realizzazione di una “corsia dinamica” da utilizzare in modo flessibile a dipendenza delle concrete situazioni di traffico.
In effetti il progetto PoLuMe prevede proprio la parziale trasformazione dell’attuale infrastruttura autostradale per poter mettere in servizio in modo dinamico la corsia d’emergenza esistente durante le ore di punta.
La Cc-Ti auspica che questo importante progetto possa essere realizzato nei più brevi tempi possibili affinché il grave problema di traffico sull’A2 a Sud di Lugano possa finalmente essere affrontato in modo concreto.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2021/03/EVT21-comunicati.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-05-28 11:31:022021-05-28 11:31:02La Cc-Ti sostiene il progetto PoLuMe
5 gli oggetti in votazione, ecco la posizione della Cc-Ti sui temi e alcune informazioni a riguardo.
Legge federale del 25 settembre 2020 sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (Legge sul CO2)
La Cc-Ti condivide ovviamente i princìpi di questa revisione, volta a dare un contributo per le misure a tutela dell’ambiente. L’economia del resto già da anni è attiva sul fronte della riduzione delle emissioni di CO2 e, anche grazie allo sviluppo tecnologico, ha già ottenuto risultati molto importanti. Quanto alla proposta concreta in votazione, vi sono però alcuni elementi da sottolineare. In linea generale, in ambito energetico, una politica seria deve assicurare l’approvvigionamento, l’economicità e la sostenibilità ambientale. La discussione sul CO2 tiene purtroppo conto solo di quest’ultimo punto, quando non si può prescindere da un compromesso fra le tre componenti citate. Va infatti ricordato che dal punto di vista energetico non siamo indipendenti e la Svizzera da circa 6-7 anni importa energia elettrica prodotta da energia nucleare e da carbone dall’UE. Il rischio di un importante rincaro di questo approvvigionamento è molto reale se le nostre regole non corrispondono globalmente a quanto avviene sul reale mercato dell’energia. Limitarsi al CO2, in sostanza, non risolve il problema energetico svizzero e anche per il rispetto del clima occorrerebbe il coraggio di trovare una soluzione sistemica e completa per il tema dell’energia, valutando tutto il pacchetto di risorse esistenti (eolico, idroelettrico, nucleare, ecc.) per trovare soluzioni di ampio respiro e veramente efficaci. Risolvere i problemi del clima affrontando singolarmente i vari temi è purtroppo puramente illusorio. Va ricordato che, in ambito internazionale, gli Stati Uniti sostengono chiaramente il nucleare e la Cina sta sperimentando fonti differenziate, dal nucleare al fotovoltaico (nel quale è leader), passando per l’eolico. Con quella che è tra l’altro la riserva più ampia di carbone in tutto il mondo. Le regole energetiche non saranno pertanto definite in Svizzera e nemmeno in Europa, di qui la necessità di un approccio globale. Al di là di queste considerazioni generali, che ricordano quanto sarebbe importante ragionare sull’intero sistema energetico, nella fattispecie molte associazioni di settore sostengono la revisione. Gli argomenti portati dalle varie categorie divergono in maniera sostanziale ma hanno tutti la loro legittimità e rendono di fatto impossibile una sintesi sufficientemente convergente in termini di una raccomandazione di voto. Ai dubbi sistemici espressi sopra si accompagnano innegabili vantaggi soprattutto per talune categorie. La Cc-Ti ritiene pertanto eccezionalmente di non doversi esprimere sull’oggetto in questione, lasciando il più ampio spazio possibile alle diverse tesi settoriali, per permettere un dibattito ricco e costruttivo anche all’interno del mondo economico. Le associazioni di categoria e le Camere di commercio e dell’industria svizzere non hanno una posizione univoca.
A livello nazionale, economiesuisse è favorevole alla revisione, l’USAM ha espresso libertà di voto. Anche la Cc-Ti eccezionalmente esprime una libertà di voto.
Legge federale del 25 settembre 2020 sulle basi legali delle ordinanze del Consiglio federale volte a far fronte all’epidemia di COVID-19 (Legge COVID-19)
La legge intende dare una base legale stabile a quanto fatto finora in via di ordinanza. Si tratta di un fondamento essenziale per garantire gli aiuti finanziari già stanziati e ancora necessari. La legge ha effetti fino a fine dicembre 2021, ad eccezione dell’assicurazione contro la disoccupazione, le cui regole modificate restano in vigore fino alla fine del 2022. In caso di rifiuto della legge, tutta la struttura degli aiuti cadrebbe il 25 settembre 2021.
La Cc-Ti, come il Consiglio federale, il Parlamento e le associazioni economiche nazionali, sostiene il Sì alla legge.
Iniziativa popolare del 25 maggio 2018 «Per una Svizzera senza pesticidi sintetici» Iniziativa popolare del 18 gennaio 2018 «Acqua potabile pulita e cibo sano – No alle sovvenzioni per l’impiego di pesticidi e l’uso profilattico di antibiotici»
L’utilizzo limitato di prodotti fitosanitari nell’agricoltura e di antibiotici per gli allevamenti è obiettivo condiviso. La Confederazione in questo senso è molto attiva. Le due iniziative propongono interventi limitativi pesanti. La prima escluderebbe i pagamenti diretti per chi usa pesticidi per le colture e antibiotici per l’allevamento e che non è in grado di nutrire gli animali esclusivamente con la produzione propria. La seconda vuole vietare l’utilizzo di ogni pesticida chimico così come l’importazione di prodotti che ne contengono o che sono stati fabbricati con l’aggiunta dei pesticidi. Inevitabile un aumento dei costi e l’agricoltura sta già facendo sforzi notevoli da molti anni per limitare al massimo l’uso di sostanze potenzialmente nocive.
La Cc-Ti, come il Consiglio federale, il Parlamento e le associazioni economiche nazionali, raccomanda di respingere le iniziative.
Legge federale del 25 settembre 2020 sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo (MPT)
Sono previste nuove misure di polizia per la relativa legge federale in materia di lotta contro il terrorismo. Obbligo di presentarsi e di partecipare a colloqui con le Autorità, misure di divieto di contatto con persone o di accedere a determinate zone geografiche, obbligo di rimanere in una determinata zona, divieto di lasciare il territorio, detenzione provvisoria per gli stranieri che costituiscono una seria minaccia per la Svizzera e colpiti da provvedimenti di rinvio o espulsione. Tema non prettamente economico, se non per il fatto che una maggiore sicurezza generale è elemento essenziale per le condizioni-quadro dell’economia.
La Cc-Ti, come il Consiglio federale, il Parlamento e le associazioni economiche nazionali sono a favore delle modifiche.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2021/05/ART21-votazioni.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-05-19 14:53:332021-05-19 14:53:34Votazioni federali del 13 giugno 2021
Il rincaro dei prezzi delle materie prime in che misura rischia di compromettere la ripresa dell’economia dopo il crollo causato dalla pandemia?
L’aumento dei prezzi internazionali in dollari delle commodity, accentuatosi a inizio 2021, complica certamente le previsioni e lo scenario per l’economia nazionale e internazionale. Vi è preoccupazione per l’incremento, e l’anomala repentina oscillazione delle materie che riguardano, in particolare, l’acciaio, il ferro, i metalli non ferrosi (alluminio, rame, zinco…), la plastica, i polimeri, il legno ed i materiali isolanti. Si assisterà verosimilmente ad una fase acuta, dove i prezzi saranno condizionati dalla domanda e dall’offerta e fintanto che quest’ultima non riuscirà a soddisfare l’incremento di domanda, in particolare da paesi come la Cina e gli USA, saremo confrontati con una ripresa economica condizionata dai costi in rapida ascesa e, verosimilmente anche dalla difficoltà di reperire le materie. Significa che la ripresa, nel breve periodo, potrà essere più lenta e meno vigorosa rispetto a quanto potessimo immaginare, mentre si spera che la situazione possa migliorare nel medio – lungo termine.
Quali sono i settori più colpiti in Ticino da questo rialzo?
Sicuramente il settore della costruzione è quello che, al momento, registra incrementi di costo di cui nessuno poteva immaginare soltanto qualche mese or sono. Acciaio, ferro, polimeri, legno e materiali isolanti costituiscono materie essenziali in questo settore d’attività. Non solo, ma oltre al repentino e continuo incremento dei costi, vi è l’ormai cronica indisponibilità di materie che si traduce in notevoli ritardi nella consegna dei materiali che, a loro volta, condizionano pesantemente l’attività delle imprese. Inoltre, le conseguenze dell’aumento del petrolio, dei suoi derivati quali le plastiche e dei trasporti impatteranno in modo sostanziale anche in tutti gli altri settori economici. Significa che potremo attenderci un progressivo aumento dei costi (quindi dell’inflazione) anche, per esempio nel settore alimentare con un aggravio di costi per tutti, non solo per le aziende.
L’aumento dei prezzi delle commodity è un fenomeno temporaneo o persisterà nel medio/lungo periodo?
Domanda alla quale non è facile dare una risposta univoca. A dipendenza della velocità di ripresa economica a livello mondiale dipenderà anche l’evoluzione dei prezzi. Ritornare al livello produttivo pre-COVID richiederà tempo e ripristinare le giacenze a regime del 2019 significa scontare un differimento temporale importante, quindi costellato da nervosismo sui costi per un certo periodo fintanto che non si tornerà a pieno regime. Non possiamo quindi escludere che la tendenza rialzista dei prezzi delle materie prime perdurerà anche nel corso del 2021. Speriamo poi che domanda e offerta possano riequilibrarsi e quindi riportare i prezzi a valori sopportabili.
Solitamente si pensa che grazie al franco forte, anche se ora è a 1,10 con l’euro, le nostre imprese siano favorite nell’acquisto delle materie prime. Ma basta questo vantaggio a compensare i maggiori costi di produzione che devono sostenere le aziende?
Il corso della nostra moneta su euro e dollaro, le principali valute d’acquisto, è piuttosto stabile oramai da diverso tempo grazie alla politica monetaria della nostra banca nazionale. Sostenere che si abbia quindi un vantaggio nell’acquisto delle materie prime non è corretto, i margini delle imprese sono troppo esigui per poter sostenere incrementi a doppia cifra percentuale in così breve tempo. Ribaltare i maggiori costi sostenuti al consumatore finale diventa altrettanto difficile.
Cosa possono fare le imprese per tutelarsi contro un aumento dei prezzi che va ben oltre la normale alea contrattuale?
Innanzitutto, dovranno rendere attenti i committenti sulla situazione di mercato estremamente volatile sui costi delle materie, evitare di fissare prezzi fissi senza poter adeguare il rincaro e sottoporre offerte di durata molto limitata nel tempo. Il buon senso, inoltre deve accumunare sia impresa che committente in una logica che permetta, laddove non è possibile ragionevolmente valutare l’evoluzione dei costi, di compensare il rincaro attraverso il principio della buona fede.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/10/ART20-andrea-gheri-orizz.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-05-18 07:41:002021-05-18 08:35:01Una ripresa economica condizionata dai costi
L’aumento dei prezzi delle materie prime rischia di compromettere e frenare la ripresa economica. Mentre i rincari toccano livelli record, in Svizzera e nel resto d’Europa le imprese segnalano anche carenze e difficoltà nell’approvvigionamento di alcune commodity, andando a gravare “a domino” su tutto il sistema produttivo.
L’impennata dei prezzari è impressionante, a cominciare dal petrolio, crollato a 20 dollari al barile nel marzo del 2020 e nel giro di dodici mesi risalito a 70 dollari. Il prezzo di una tonnellata di alluminio è invece aumentato del 27%, rispetto all’anno scorso, il ferro ha segnato rialzi tra il 30% e il 60%, quello utilizzato per le costruzioni ha raggiunto addirittura anche il 100% su alcuni mercati. La gomma ha registrato un balzo del 20-40%, il cotone del 17,40%. Forti aumenti, carenza di taluni materiali, forniture a rilento e costi di trasporto, soprattutto via mare più che raddoppiati, sono i quattro fattori che stanno provocando disallineamenti e ritardi nella ripartenza tra i diversi Paesi. Con gravi scompensi per le imprese manifatturiere, ma non solo.
Per la Svizzera che non dispone di materie prime e deve acquistarle all’estero per trasformarle in prodotti da rivendere, c’è un aggravio supplementare che va ad aggiungersi, complicando un già difficile contesto economico. Un onere supplementare per le aziende che, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è compensato dalla forza del franco rispetto alle altre valute. Si tratta, infatti, di rincari che vanno oltre la normale alea contrattuale, alle abituali fluttuazioni della domanda e dell’offerta, e che non sempre si possono scaricare su clienti e committenti. Esponendo così i nostri imprenditori a costi non prevedibili o pianificabili. Le imprese svizzere e ticinesi sono, dunque, confrontate e pesantemente condizionate da ulteriori elementi d’incertezza che sfavoriscono la ripresa e minacciano l’export. Commodity più care fanno aumentare i costi input delle aziende che però, a loro volta, non possono adeguare i loro prezzi a causa di una domanda ancora bassa e incostante.
Non è facile lavorare in queste condizioni, con una schiacciante pressione al ribasso sui margini operativi e costretti, per di più, a ordinare materiali a “prezzo aperto”. Una situazione preoccupante alla quale come Cc-Ti non possiamo non guardare con grande preoccupazione. Gli imprenditori si trovano a fronteggiare un’altra fase assai complessa e delicata di cui però, la politica e un certo velleitarismo sindacale, non sembrano rendersi conto. Servirebbe, invece, un impegno comune almeno nell’intento di lottare per salvaguardare l’economia cantonale e l’occupazione.
Dal novembre dello scorso anno al febbraio 2021 l’acciaio è rincarato del 130%, altri materiali fondamentali per l’edilizia hanno seguito la stessa dinamica con incrementi medi del 35% per il legno, del +10% per il calcestruzzo e del +25% per i polimeri. L’industria della plastica ha ridotto la produzione e le scorte determinando una penuria di offerta sul mercato internazionale, in particolare per i tubi di plastica, i geotessili e i prodotti isolanti. Si spera in una stabilizzazione del mercato nel medio termine. Tuttavia, anche se questa eccezionale ondata di rincari dovesse rientrare quanto prima, almeno per alcuni comparti produttivi, essa nel corso dell’anno andrà comunque a pesare su fatturati e cash flow già compressi nel 2020 e sui problemi conseguenti che attanagliano numerose aziende: mancanza di liquidità e difficoltà negli investimenti. Intanto, la lista degli aumenti e delle commodity che scarseggiano si allunga di settimana in settimana. Il rame dall’inizio del 2021 ha sfiorato il massimo storico dell’ultimo decennio superando i 9000 dollari a tonnellata (+ 40% rispetto ai mesi pre-pandemia), il nickel si è apprezzato del +17,40%, lo stagno del +31%, mentre il palladio (impiegato per la produzione delle marmitte catalitiche delle auto), è aumentato del 25%. Oltre alla prolungata carenza di microchip, è la penuria di gomma, plastica e di alcuni metalli il nuovo assillo dell’automotive mondiale che dà lavoro anche a tante imprese terziste del Ticino.
Se l’industria ha prima rallentato per il Covid ora rischia un’altra frenata, se non addirittura lo stop in alcuni comparti, a causa delle materie prime che non arrivano. Scarseggiano in particolare i metalli impiegati nei microprocessori, quali stagno, silicio e cobalto. Non sono poche le aziende che non riescono più ad evadere gli ordini o a farlo con notevole ritardo per la mancanza dei materiali necessari alla produzione. La fiammata dei prezzi non ha risparmiato il comparto agroalimentare: il mais ha oltrepassato la soglia dei 6 dollari per bushel al Chicago Board of Trade, i semi di soia hanno sfiorato i 15 dollari a staio e, ovviamente, è rincarato pure l’olio di soia, mentre il grano dal gennaio scorso è aumentato del 12%. L’incremento esponenziale delle quotazioni e la penuria di parecchi materiali sono dovuti in parte alle strozzature nella produzione e nelle attività minerarie provocate dalla pandemia e all’accelerazione dell’industria in Cina e negli Usa. In parte anche ad una componente speculativa e alle maggiori spese indotte da una più severa applicazione degli standard ambientali in taluni Paesi fornitori. Per molte materie prime gli osservatori prevedono una normalizzazione dei listini nel medio termine, altre, ad esempio il rame, si manterranno invece più a lungo su livelli elevati. A spingere il trend rialzista ha contribuito la crescita dei costi per i trasporti, soprattutto via mare. Secondo il Global Index Freightos, un anno fa noleggiare un container costava mediamente 1’500 dollari, oggi si pagano 4’300 dollari. Le tariffe della Cina verso l’Europa nello stesso periodo sono rincarate del 142% e del 103% lungo le rotte del Mediterraneo attraverso Suez.
Un quadro allarmante che si ripercuote pesantemente sulle nostre imprese, gravate da eccezionali costi supplementari che si aggiungono alle sofferenze finanziarie accumulatesi in 15 mesi di pandemia. A dimostrazione di quanto il nostro paese dipenda dall’estero per moltissimi materiali, per cui l’illusione di uno splendido isolazionismo è e rimane un’illusione. La realtà è molto diversa e tocca tutti noi nel nostro quotidiano, direttamente o indirettamente.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2021/05/ART21-materie-prime-rally-prezzi.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-05-18 07:36:002021-05-18 08:34:48Il rally dei prezzi
La EXPO EVENT Swiss LiveCom Association, in collaborazione con le associazioni partner SVTB e Tectum, ha rilevato che nel 2020 oltre 17’000 progetti dell’industria degli eventi sono stati cancellati, provocando un netto calo del fatturato pari al 57%, che corrisponde a 3,19 miliardi di franchi.
Circa 4’460 posti di lavoro sono andati persi solo nel 2020.
Un numero troppo alto di aziende ha cessato l’attività o si è dovuta completamente riorientare (sostenendo costi ingenti). La mancata organizzazione di fiere, eventi e congressi ha causato un ammanco di circa 10 miliardi di franchi nell’indotto. In Ticino, purtroppo, la situazione non è diversa, anzi. Il nostro Cantone, con la sua ricca offerta di eventi, genera annualmente somme molto importanti anche per questo settore. Essendo ormai di fatto fermi da oltre un anno, i danni sono facilmente immaginabili.
Come nel resto del Paese, almeno il 75% delle aziende ha dovuto ricorrere a un prestito COVID-19 che richiederà anni per essere rimborsato. Situazione difficile, se teniamo conto che i potenziali clienti, a oggi, non sono disposti a programmare e quindi a fornire certezze sulle attività future. Difficile ipotizzare che vi siano concrete novità prima del 2022, tenendo conto dell’ancora tristemente attuale situazione pandemica e del fatto che la grande maggioranza degli eventi presuppone un’attività di pianificazione di mesi, se non di anni. Gli eventi virtuali possono compensare solo in minima parte le attività e solo quelle mirate di aziende che si dedicano principalmente alla tecnica.
Una sezione ticinese a tutela degli interessi del settore
Considerata l’importanza di questo vasto settore in Ticino, la EXPO EVENT Swiss LiveCom Association ha deciso di creare una Sezione ticinese per le aziende attive sul nostro territorio, che sono circa una cinquantina e che danno lavoro a circa un migliaio di persone, senza contare l’enorme indotto generato (e filiere collegate). La Presidenza della Sezione ticinese è stata affidata alla Signora Nicole Pandiscia-Hasler, titolare dell’azienda Events Designer di Cureglia.
La Sezione sotto l’egida della Cc-Ti, va ad aggiungersi alla quasi cinquantina di associazioni padronali già legate alla nostra realtà, quale associazione-mantello dell’economia cantonale. Il lavoro a salvaguardia degli interessi di questa nuova entità locale verrà svolto in coordinamento con la Cc-Ti. Sarà premura concertare un piano di tutela a favore di queste realtà, tenendo conto delle numerose problematiche che le accomunano e le legano direttamente o indirettamente agli altri numerosi settori dell’economia cantonale e nazionale.
La creazione di questa Sezione è volta alla difesa degli interessi di tutti gli operatori di settore locali e vuole essere una chiara dimostrazione di volontà di collaborazione con le Autorità cantonali. Un operato senza sosta sia in questi periodi molto difficili, sia quando vi sarà l’auspicata ripresa, atto a vigilare e, nel limite del possibile, garantire che il lavoro venga distribuito fra gli operatori locali. Nello stesso contesto un’operazione di supervisione sulla qualità e sulle condizioni occupazionali (salari in primis) parti fondamentali e riconosciute della nostra legislazione.
EXPO EVENT La EXPO EVENT Swiss LiveCom Association rappresenta una forte associazione a livello nazionale, che sostiene le problematiche dell’industria della LiveCom. L’Associazione è stata fondata nel 2009 dalla fusione di Vereinigung Messen Schweiz (VMS) ed EXPO EVENT Swiss LiveCom Association. Con le fiere, i fornitori e le agenzie, tutti i fornitori del mondo degli eventi sono uniti sotto un’unica Associazione cappello. Di conseguenza, EXPO EVENT Swiss LiveCom Association è ora il portavoce dell’industria LiveCom. L’obiettivo dell’Associazione è quello di collegare più strettamente i suoi membri con eventi e workshop regolari e di evidenziare le nuove tendenze del settore. Questo in relazione alle competenze e allo scambio di informazioni tra i vari membri (www.expo-event.ch).
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2021/05/ART21-expo-event.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-05-14 16:15:162021-05-14 16:15:16Nuova sezione ticinese per l’industria degli eventi
Sta purtroppo succedendo quello che non doveva accadere: gli aiuti finanziari della Confederazione a sostegno dell’economia colpita dalle restrizioni anti-COVID non vengono erogati con la necessaria rapidità, senza contare che molte piccole imprese e tanti lavoratori indipendenti ricevono poco o nulla. La sopravvivenza di numerose aziende e di una larga fascia di lavoro autonomo sono a rischio.
(c) ISTOCKPHOTO.COM/POGONICI
Già nel febbraio scorso avevamo rilevato che con l’attivazione dei sostegni pubblici nella seconda ondata pandemica le cose non stavano andando per come era stato promesso, ossia con la tempestività e l’efficacia che la gravità dell’emergenza richiede e, soprattutto, senza eccessive lungaggini burocratiche. Il potenziamento dei crediti per i casi di rigore deciso da Berna è stato molto importante, ma risulta ormai evidente che da solo non basta. Per questo, sull’esempio di quanto fatto da alcuni Cantoni come Ginevra, Vaud e Argovia, la Cc-Ti ha chiesto al Consiglio di Stato di mettere a punto al più presto un piano d’intervento del Cantone per tutelare quelle attività economiche che non possono ancora rientrare negli aiuti federali e che oggi vivono una condizione di estrema fragilità. Altrettanto decisivo è un approccio rapido nella valutazione dei casi che necessitano di un aiuto.
Il rischio di danni sistemici
Un intervento equo e mirato è indispensabile per la salvaguardia della tenuta dell’economia che potrebbe subire danni sistemici da cui non sarà facile riprendersi. Non si tratta di concedere regali, anche perché molti sostegni finanziari sono la redistribuzione delle assicurazioni sociali pagate dalle imprese. È importante ricordare che i problemi che oggi si trovano a fronteggiare le imprese non hanno la loro origine all’interno del nostro tessuto produttivo, né sono stati provocati da errori degli imprenditori o da avventate strategie aziendali. Sono invece la diretta conseguenza delle restrizioni imposte alla libertà economica per combattere l’epidemia. Conseguenze che vanno ben al di là di quel normale rischio imprenditoriale che, per sua natura, ogni impresa è pronta ad assumersi e affrontare. I ripetuti lockdown, totali o parziali, per quanto non abbiano investito allo stesso modo tutte le aziende, hanno avuto impatti sul sistema economico nel suo complesso, causando costi maggiori, spese aggiuntive, una domanda discontinua, forti ritardi nelle forniture e nei pagamenti, diseconomie di scala, incertezza e impossibilità di pianificare produzione e investimenti. Una catena di danni diretti o indiretti che ha creato grosse difficoltà persino alle aziende più grandi con molti mezzi, figurarsi per le piccole imprese che rappresentano oltre il 90% della nostra realtà produttiva. È chiaro che in queste condizioni anche molte aziende sanissime e senza debiti nella fase pre-COVID si sono ritrovate ad erodere le proprie riserve per sopravvivere, compromettendo totalmente o almeno in parte la capacità di investire. Con conseguenze per il futuro certamente pesanti in termini di capacità di sopravvivenza sul mercato e, in ultima analisi, di posti di lavoro. Questa economia da COVID ha reso ancora più interdipendenti gli anelli delle catene del valore nazionali e internazionali. Come si è visto, la rottura di uno solo di questi anelli produce e propaga effetti negativi lungo tutte le filiere. Oggi anche l’export, la punta di diamante dell’industria svizzera e ticinese, risente fortemente di questa crisi. Sul commercio internazionale gravano volatilità, incertezza, domanda instabile e tensioni geopolitiche, mentre si fa sempre più aggressiva la concorrenza per assicurarsi clienti e buoni fornitori. Le materie prime hanno prezzi che sono in continuo aumento, anche del 30% e oltre, e variazione, creando non pochi problemi nella stesura di preventivi e concorsi e nella linea di produzione stessa. Lo sforzo costante degli imprenditori di migliorare costantemente la qualità dei loro prodotti e servizi va sostenuto con coraggio e determinazione nell’interesse di tutti. La chiara flessione già registrata per il 2020 in termini di entrate fiscali dimostra, se ancora ce n’era bisogno, l’importanza di un’economia solida per tutta la società.
Casi di rigore e IPG Corona
La Cc-Ti ha già sottolineato alcune problematiche nella gestione dei casi di rigore e nella concessione delle indennità per perdite di guadagno, sebbene sia comprensibile la pressione che grava sulle entità amministrative che devono occuparsi di questi temi. Nella nuova versione della legge COVID-19, approvata poche settimane fa, malgrado le motivate sollecitazioni giunte da più voci economiche e dagli imprenditori tutti, non è stata ampliata la cerchia dei beneficiari delle misure previste per i casi di rigore, nè è stata ridotta la soglia del 40% della perdita di fatturato per accedere a questi aiuti. È ovvio che ampliare il numero di categorie che potrebbero beneficiare degli aiuti per casi di rigore significa avere costi supplementari. Ma sono costi comunque inferiori a quelli che vi sarebbero costringendo molte attività a chiudere e poi a dover fare capo a disoccupazione, assistenza e altri ammortizzatori. Inoltre, l’attuale situazione non tiene conto di chi, pur non essendo stato chiuso per ordine dell’autorità, è di fatto fermo perché i clienti principali sono a loro volta chiusi. In quest’ottica è comprensibile come la percentuale del 40% di perdita minima sulla cifra d’affari per accedere agli aiuti percentuale di perdita sia troppo elevata. Per molte attività economiche equivale di fatto al fallimento e che le esclude numerose imprese in difficoltà dai sostegni federali e non per demeriti propri. Una linea rossa che marca, peraltro, evidenti discriminazioni. Perché un’azienda che ha perso solo il 39% della cifra d’affari non ha diritto di accedere ai casi di rigore? Sulla base di quale ragione giuridica una società che non ha dovuto chiudere per ordine dello Stato, ma che ha comunque subito perdite notevoli e misurabili perché facente parte della filiera colpita duramente dai lockdown, non può beneficiare degli aiuti federali? Escludere queste imprese significa lasciarle in balia dell’andamento dell’epidemia e condannarle alla chiusura. Non a caso i Cantoni Ginevra e Argovia hanno abbassato tale soglia rispettivamente al 20% e al 25% di diminuzione della cifra d’affari. E il Canton Vaud ha creato autonomamente un fondo di sostegno all’industria di 6 milioni di franchi, proprio per cercare di ovviare alla situazione di chi si ritrova in difficoltà a causa del rallentamento della filiera di produzione. Difficile se non insostenibile anche la situazione di molti indipendenti, esclusi dall’indennità di perdita di guadagno, la cosiddetta IPG Corona. Oltre ai ritardi nell’erogazione delle indennità va detto che Berna ci ha messo anche del suo per complicare le cose. Dallo scorso settembre sono stati, infatti, fissati criteri più rigorosi per il riconoscimento delle indennità, inoltre la domanda per le IPG Corona va ora ripresentata ogni mese. Ciò sta rendendo inevitabilmente le procedure più lunghe e macchinose per tutti. Al danno purtroppo si aggiunge la beffa: mentre gli indipendenti aspettano mesi per ottenere le indennità, ricevono invece puntualmente conteggi e richiami per un sollecito pagamento in materia di AVS, IVA e vari altri contributi obbligatori. Una situazione insostenibile per migliaia di indipendenti: artigiani, negozianti, piccoli imprenditori, ristoratori, artisti, liberi professionisti, commercianti, titolari di servizi alle persone, sempre più esasperati. Sarebbe pertanto doverosa una moratoria sui contributi obbligatori, per evitare l’amaro paradosso di uno Stato che da un lato chiude le attività impedendo di guadagnare e che ritarda nell’erogazione dei sostegni, e dall’altro apre subito delle procedure esecutive per dei pagamenti, certo dovuti, ma che, viste le attuali difficoltà non si possono onorare. In un contesto così complesso è giusto e indispensabile cercare di scongiurare gli abusi, ma non si possono mettere in ginocchio migliaia di piccoli imprenditori e di indipendenti per il timore di coloro che vogliono approfittarne. Abbiamo i mezzi necessari per identificare e punire questi personaggi. Del resto, quello che permette a uno Stato di funzionare si chiama anche fiducia, fiducia in un sistema che non fa differenze, che aiuta, che supporta e si preoccupa per i propri cittadini. Non è certamente positivo vedere crescere il debito pubblico, ma sarebbe molto peggio trovarsi con aziende eccessivamente indebitate, perché significherebbe che la ripresa diventerebbe molto lenta e difficile. Se si mantengono le capacità di reazione dell’economia, anche le casse statali possono recuperare in tempi moderatamente veloci. Se invece si crea una realtà di imprese incapaci di investire e di pianificare con qualche certezza in più e non solo a brevissimo termine, i dolori saranno molto più forti e a lungo termine. Sarebbe, a questo punto, eccessivamente ottimistico pensare che con la fine dell’emergenza sanitaria l’economia riaccenda subito i motori e li faccia girare a pieno regime. Un’utopia, purtroppo.
L’opinione di Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti, Presidente Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino e Presidente FTAF
La situazione di difficoltà di molte imprese, di per sé sane ma chiuse per ordine statale oppure colpite indirettamente da tale ordine, è nota a tutti. Gli indipendenti e i gerenti di società hanno costituito la categoria meno considerata e aiutata in tutta la pandemia e anche questa è cosa nota. È quindi ben comprensibile quale sia lo stato d’animo di quegli indipendenti e quei gerenti che, avendo da sempre pagato i premi dell’Indennità per perdita di guadagno (IPG), si trovano oggi ad affrontare ostacoli e ritardi nel riscuotere gli aiuti IPG Corona. Questo è il vero paradosso: aver contribuito alla cassa comune per una vita e non ricevere nel momento del bisogno il conseguente supporto.
Nella prima fase di lockdown l’IPG veniva erogata per importi inferiori a quanto previsto per le Indennità per lavoro ridotto (ILR), ma le regole erano equivalenti. Oggi non è più il caso e mal si comprende perché.
Le casse interpretano in maniera restrittiva cosa sia “Subire una perdita di guadagno o stipendio”. Molti si sono visti rifiutare il pagamento delle indennità perché, per vivere, hanno richiesto dei finanziamenti aziendali, oppure si sono permessi di prelevare un acconto mensile. Questo è chiaramente un danno oltre la beffa: come avrebbero potuto mantenere sé stessi e le proprie famiglie senza nessun prelievo?
Si è così creato un problema per i mesi di settembre e ottobre, con conseguenti ricorsi e contestazioni di decisioni fino al Tribunale Amministrativo, che pure è oberato e non ha modo di evadere tempestivamente le pratiche.
La situazione è obiettivamente difficile per tutti, anche per l’amministrazione cantonale e nessuno lo nega. Gli uffici, come l’Istituto delle assicurazioni sociali (IAS), sono sotto pressione. Ciò non toglie che occorra non perdere di vista la priorità: sostenere il lavoro.
Nella prima fase abbiamo saputo dare risposte immediate ed erogare i fondi con velocità. Questo è stato il segreto del successo del modello svizzero. Oggi purtroppo non è più così.
Abbiamo troppa paura degli abusi, che inevitabilmente accadono in situazioni eccezionali, ma che certo da noi non costituiscono la regola.
La diffidenza verso chi chiede sostegno va combattuta: si tratta dei piccoli imprenditori del Cantone, che vivono e hanno famiglia in Ticino e che cercano di salvaguardare l’occupazione per le collaboratrici e i collaboratori.
Lo Stato ha correttamente chiesto ai cittadini di essere ragionevoli e flessibili in questo difficile periodo. L’autorità cantonale dimostri di esserlo altrettanto, concentri le sue energie sui compiti urgenti e se necessario temporeggi invece sui richiami e sui precetti esecutivi, per non togliere con una mano quello che ha concesso (o avrebbe dovuto concedere) con l’altra.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2019/01/ART19-cristina-maderni-ufficiale.jpg34565184Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-04-21 08:40:062021-04-21 08:40:06Maggiore flessibilità e rapidità nell’attribuzione di aiuti
La Cc-Ti riflette su un’evoluzione che rischia di compromettere la crescita del Ticino
Secondo le previsioni dell’Ufficio federale di statistica, entro il 2050 si stima che il Ticino avrà 18’100 abitanti in meno. In sostanza, è come se scomparissero dalla mappa demografica gli abitanti di Mendrisio e Balerna.
Negli equilibri confederali, al di là delle ovvie differenze fra regioni, il rischio è che si creino disparità eccessive in termini di capacità di sviluppo economico e quindi di benessere generale. Per molti motivi (massa critica, infrastrutture, rete economica, ecc.) il Ticino non può imporsi sui grandi agglomerati, come ad esempio quello zurighese, ma può e deve mantenere un buon livello, simile a quello degli altri cantoni dalle dimensioni e dalle strutture comparabili.
In questi anni, in cui la competitività ticinese ha dimostrato di non avere nulla da invidiare alla media svizzera. In gioco ci sono quindi la capacità innovativa e la forza lavoro qualificata. Il nostro Cantone continua a offrire certezze ai propri cittadini, in termini di affidabilità delle istituzioni, sicurezza legislativa, possibilità di formazione e lavoro, ecc.. Nel mercato del lavoro la concorrenza è cresciuta, ma ciò non significa automaticamente che si riducano le prospettive.
Il nostro Cantone presenta una realtà economica estremamente diversificata in molteplici settori congiunturali con eccellenze differenti. Ogni agglomerato presenta punti di forza peculiari che contribuiscono alla crescita economica. Sono innumerevoli gli esempi di aziende dall’alto potenziale che ogni giorno esportano i propri prodotti sui mercati internazionali e lavorano attivamente in quello interno. La presenza di importanti istituti accademici e di ricerca con cui si collabora fattivamente incrementa in modo determinante la qualità dell’innovazione, permettendo anche al Ticino di garantire una performance di qualità.
Le morti superano le nascite da un decennio, la natalità cala, così come il saldo migratorio intercantonale. Inoltre, come per altri cantoni dove il mercato del lavoro presenta delle difficoltà, chi parte per svolgere studi in altri cantoni o all’estero non sempre riprende la strada di casa, o comunque non subito. Diminuiscono anche gli stranieri che si stabiliscono da noi e aumentano gli svizzeri che si trasferiscono all’estero.
Ma quali sono i motivi alla base di questa tendenza? Gli elementi sono molteplici e le dinamiche sono complesse, per cui le soluzioni non sono ottenibili con la bacchetta magica o con una legge, come spesso crede la politica.
È indubbio che altre regioni svizzere ed europee possano esercitare un’attrattiva maggiore rispetto al nostro Cantone in termini di possibilità di carriera. Anche per un aspetto finanziario. Detto in altre parole, talune attività da noi semplicemente non ci sono, per cui andarle a cercare altrove è assolutamente naturale, soprattutto pensando alle tante nuove figure professionali create con lo sviluppo delle tecnologie e l’evoluzione digitale.
La cura incessante del ‘fattore umano’ resta ancora decisiva. Il progresso tecnologico – frutto dell’esperienza e del genio umano – insieme a una costante formazione del personale (aspetto fondamentale per garantire la presenza di collaboratori qualificati sul territorio) sono sempre al centro dell’attenzione. Ciò permette, insieme a investimenti mirati e continui nella Ricerca e Sviluppo (R&S), a una grande flessibilità dei modelli di business che si adattano alle costanti variazioni economiche, a un sistema-Paese che spinge sull’acceleratore dell’apertura e dell’incremento delle competenze – con la formazione duale –, di restare competitivo.
Insomma, un Ticino che deve continuare sulla strada intrapresa qualche anno fa, in modo che se oggi magari “zoppica” un po’, non smetta di “correre”.
Come detto, non siamo soli a essere confrontati alla decrescita della popolazione. Anche altri territori come Neuchâtel (non a caso quest’ultimo promotore di idee elencate nell’altro nostro articolo) vivono una situazione molto simile.
È purtroppo innegabile che la capacità di accoglienza del Ticino sia molto diminuita da qualche anno a questa parte. Sia verso le aziende, tutte frettolosamente messe nel calderone degli evasori fiscali, sia verso i privati, mal sopportati per il fatto di essere stranieri. La caccia alle streghe scatenata nei confronti dei facoltosi contribuenti stranieri che in Svizzera risiedono ma non lavorano non giova certo alla voglia di insediarsi alle nostre latitudini.
I casi di persone costrette a ripartire dalla Svizzera per futili motivi iniziano ad aumentare in maniera insidiosa. L’immagine di un paese non solo di difficile accesso ma addirittura a volte ostile, invoglia poco a trasferirsi in Ticino.
Denatalità e invecchiamento della popolazione hanno sinora preoccupato i politici quasi esclusivamente per le pesanti ripercussioni che ci saranno sul sistema pensionistico. Ma ci sono anche altri effetti non meno gravi. Sulla sanità che con una popolazione più vecchia vedrà aumentare ancora i costi della salute. Sulla forza lavoro, venendo a mancare un adeguato apporto di energie giovani che sono anche il motore di quel dinamismo economico che produce e distribuisce ricchezza. Sui gettiti fiscali e sull’attrattività per gli investimenti. Sui modelli di consumo, sulla mobilità, sul mercato immobiliare, innescando un effetto sostituzione per cui si lasceranno vecchi quartieri e vecchi appartamenti per quelli nuovi, declassando i primi ad aree marginali. Degrado e sovradimensionamento per infrastrutture che erano state concepite per un numero maggiore di residenti.
Anche il peso politico di un Cantone con meno abitanti diminuisce considerevolmente, vista anche la sempre crescente importanza delle città sul piano politico federale.
È possibile invertire questa tendenza? Il Canton Neuchâtel ha abbozzato alcune soluzioni, con obiettivi e misure specifiche che potrebbero offrire delle piste interessanti anche per il nostro Cantone, sempre che ci sia la consapevolezza di un’azione comune e coordinata. La strategia neocastellana sostiene che non dipenda solo dall’azione pubblica, ma da una molteplicità di fattori e dalla capacità di molti attori di lavorare assieme per innescare una dinamica demografica positiva.
Non suona così complicato, ma se non si riesce a parlare senza paraocchi ideologici di accesso alla proprietà, mobilità, fiscalità, mercato del lavoro, politica migratoria di persone e aziende, tanto per citare solo alcuni elementi, l’esercizio rischia di diventare impossibile.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2021/03/ART21-popolazione-1.jpg8261212Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-03-30 07:09:002021-03-30 08:35:59Una popolazione che spopola
Una strategia con 10 obiettivi e 10 misure per contrastare la diminuzione della popolazione
Già da qualche anno l’attrattività residenziale è una delle grandi priorità del Governo neocastellano per contrastare il declino demografico. Dal 2000 l’arrivo di nuovi residenti dagli altri Cantoni si è infatti arrestato e dal 2016 anche il flusso internazionale, che aveva in parte compensato questa perdita, è negativo. Il governo è, perciò, corso ai ripari, avviando un piano per il rilancio demografico.
“La stratégie de promotion de la domiciliation” attivata dal Cantone è incardinata sulle tre A di Ancrer, Attirer, Accueillir (ancorare, attirare, accogliere), con tre obiettivi definiti: ritornare ad una crescita demografica in linea con la media nazionale, rilanciare il flusso migratorio intercantonale, migliorare la percezione dell’attrattività del Cantone sia all’interno, quindi con la popolazione, che all’esterno.
Per coordinare il progetto di rilancio demografico, dotato di un budget di 2,3 milioni di franchi per il quinquennio 2019-2024, è stato nominato un delegato, “Monsieur domiciliation”, affiancato da un team interdipartimentale e da un comitato consultivo di cui fanno parte personalità qualificate con esperienze e competenze specialistiche. Il piano degli interventi è strutturato su cinque assi prioritari e altrettanti assi trasversali, che prevedono anche dieci misure specifiche che devono essere attuate dal governo con la collaborazione di altri enti pubblici e partner privati.
Gli assi prioritari sono: ancoraggio della popolazione e limitazione dell’esodo verso altri Cantoni; incentivare la residenza dei pendolari che già lavorano a Neuchâtel e del nuovo personale assunto dagli enti pubblici o dalle aziende; fidelizzazione dei residenti; contatti capillari e feedback costante con i nuovi abitanti; rientro nel Cantone degli “espatriati”.
Gli assi trasversali prevedono: miglioramento delle condizioni quadro e marketing residenziale; sviluppo di apposite partnership; sensibilizzazione e mobilitazione della popolazione (secondo il principio che “gli abitanti sono i primi ambasciatori del loro territorio”); politica di accoglienza; monitoraggio dell’andamento del progetto.
Le dieci misure specifiche gestite dallo Stato vanno dalla campagna permanente per la promozione dell’immagine residenziale, con la creazione di un apposito brand “Vivere a Neuchâtel”, al partenariato con le aziende e le agenzie specializzate per incentivare la residenza dei pendolari; dal miglioramento dell’accoglienza per i nuovi arrivati – definendo con i Comuni dettagliati standard di qualità- alla rete per attirare nuovi abitanti; dall’attivazione di tutta la pubblica amministrazione sulla “Stratégie de promotion de la domiciliation” agli interventi per “ancorare” la popolazione residente; dalle facilitazioni per l’accesso alla proprietà, con incentivi finanziari e fiscali, al monitoraggio capillare dei flussi demografici. Nel programma per la crescita demografica un ruolo particolare lo giocano i Comuni per la stretta vicinanza con la popolazione locale, l’organizzazione della vita collettiva e per l’offerta di tutti quei servizi e prestazioni che valorizzano l’attrattività residenziale. Sono i Comuni in prima battuta, avverte il Cantone, ad accogliere e facilitare l’integrazione dei nuovi residenti.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2021/03/ART21-popolazione-1.jpg8261212Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-03-30 06:07:002021-03-29 14:08:15Il modello del Canton Neuchâtel per attirare nuovi residenti
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