Le libertà

Cosa c’entra la questione energetica con le libertà personali? In questi interminabili mesi di pandemia la discussione sulle libertà personali, dalle chiusure imposte, ai vaccini obbligatori, passando per i test ha messo a nudo la fragilità degli equilibri fra la legittima difesa dell’interesse pubblico, di tipo soprattutto sanitario e l’altrettanto legittima difesa dei diritti dell’individuo. Le riflessioni del Direttore Cc-Ti, Luca Albertoni.

Un equilibrio delicato, purtroppo preso a bastonate dai soliti facili slogan che promettono soluzioni immediate e semplici, sempre ovviamente di carattere sanzionatorio.

Al di fuori del contesto del Coronavirus, ne abbiamo avuto un esempio con la recente votazione federale sulla revisione della legge sul CO2, rifiutata dalla popolazione. Al di là della bontà dell’idea di base, la sensazione di eccessive limitazioni, anche dettate da sanzioni finanziarie, è stata verosimilmente ritenuta eccessiva. Sorprendenti alcune dichiarazioni post-votazioni degli sconfitti, secondo i quali sarebbero addirittura necessari più divieti. Visione miope, sullo stile dell’affrettata decisione elvetica di abbandono del nucleare, ora rimessa clamorosamente in discussione perché d’incanto ci si è accorti che c’è un importante problema di sicurezza dell’approvvigionamento, come andiamo dicendo da anni. Il tutto peggiorato dall’abbandono dell’accordo-quadro con l’Unione Europea e quindi della possibilità di negoziare su un tema così delicato. E senza sufficiente energia, addio a tante libertà a cui siamo abituati, come ad esempio usare e ricaricare quando ci pare e piace l’ormai imprescindibile telefonino.

È per questo che, proprio a tutela delle libertà di tutti, è necessario un confronto schietto e oggettivo su tutti i temi, quello energetico in primis. Il nucleare non deve essere un tabù, ma va visto in un contesto in cui indubbiamente l’evoluzione tecnologica ha un ruolo fondamentale e le energie rinnovabili devono avere un ruolo più importante. Ma una società completamente elettrica come quella che si prospetta ad esempio nel contesto della mobilità richiede ben altro che le buone intenzioni, bensì una buona dose di realismo e pragmatismo. Il sistema oggi non reggerebbe un modello di questo tipo e difficilmente sarà in grado di farlo a breve scadenza se le discussioni saranno contraddistinte solo da estremismi. Sarebbe ironico se per alimentare le nostre auto elettriche dovessimo dipendere dall’energia derivata dal carbone e all’energia nucleare dei paesi vicini. Alla faccia della coerenza e delle libertà. L’economia è in prima fila sul cammino della riduzione delle emissioni di CO2. Ostacolare questo percorso non risolverebbe alcun problema.

Sempre sulle libertà intervengono anche due oggetti in votazione popolare il prossimo 26 settembre 2021. A livello federale l’iniziativa 99% lanciata dai Giovani socialisti e in ambito cantonale l’iniziativa popolare denominata “NO alle pigioni abusive, SÌ alla trasparenza: per l’introduzione del formulario ufficiale ad inizio locazione”.

Dietro le tradizionali buone intenzioni, reali o apparenti, si nascondono come capita spesso diverse insidie che inficiano il sistema elvetico e limitano pesantemente le libertà, compresa quella imprenditoriale. L’iniziativa del 99% si prefigge in sostanza di togliere ai ricchi per dare ai poveri, ricetta molto semplice ormai diventata un mantra della sinistra, senza pensare alle implicazioni sul sistema. In sostanza, si tratterebbe di tassare in modo più pesante i redditi da capitale dei contribuenti più agiati. Redditi del patrimonio mobiliare (interessi e dividendi) o immobiliare (canoni di locazione) e redditi sul capitale, oggi esenti. A parte la soglia di imposizione che dovrà ancora essere definita dal Parlamento. Questi redditi sarebbero tassati al 150%. Una sorta di esproprio popolare sul frutto di capitali non certo derivanti da furti. Inoltre, vi sarebbero aggiunte di redditi fittizi, il che sarebbe completamente arbitrario, benché purtroppo non completamente sconosciuta in ambito fiscale. Con tutta la simpatia per Robin Hood, è evidente che si tratta di una proposta inaccettabile.

La Svizzera già oggi, grazie anche e soprattutto ai redditi alti, si distingue a livello mondiale per la bontà del suo sistema redistributivo e per la sua equità fiscale. Le persone abbienti pagano già una parte proporzionalmente molto più elevata di imposte sul reddito e sul patrimonio. Sanzionarli in modo sproporzionato li porterebbe facilmente verso altri lidi, privandoci di un substrato fiscale importante, difficilmente compensabile. Perdita di cui subirebbero le conseguenze anche i ceti meno abbienti, beneficiari della ridistribuzione. Senza dimenticare che l’iniziativa colpirebbe anche le PMI e le società di famiglia, la cui sostanza si ridurrebbe, con conseguenze inevitabili su capacità di investimento e occupazione.

E, dulcis in fundo, ecco una bella sanzione anche per le start-up, perché i redditi derivanti dalla vendita di partecipazioni di queste giovani strutture sarebbero pure tassati al 150%. Rigettare questa iniziativa è quindi indispensabile per garantire il funzionamento del nostro sistema elvetico, che si è dimostrato efficace ed equo anche in questi mesi di gravi difficoltà legate alla pandemia.

Infine, anche nel contesto cantonale le presunte buone intenzioni mascherano insidie non da poco, nello specifico nel settore immobiliare. L’iniziativa per introdurre un formulario all’inizio della locazione, in nome della trasparenza, mira a rendere obbligatorio alla stipulazione di qualsiasi contratto di locazione un formulario che riporti la pigione pagata dal precedente inquilino, quella concordata con il nuovo inquilino e il motivo di un’eventuale differenza. Bello, molto bello. Peccato che il diritto federale conceda una misura del genere solo in caso di penuria di abitazioni, il che non è il caso in Ticino. Inoltre, già oggi l’inquilino può chiedere informazioni sulla pigione precedente e se del caso contestare quella che paga, ricordando comunque che è libero di stipulare un contratto di locazione o meno, se ritiene non congruo il canone richiesto.

Senza dimenticare che il formulario è già a disposizione per notificare aumenti di pigione o modifiche unilaterali del contratto. Burocrazia fine a sé stessa che inoltre crea la presunzione che un canone più alto sia automaticamente abusivo rispetto a quello precedente. Altri cantoni hanno tentato l’esperimento, abbandonandolo senza rimpianti perché inefficace. Senza dimenticare che la proposta è già stata respinta a numerose riprese sia a livello federale che cantonale. Sarebbe quindi un’inutile limitazione della libertà contrattuale, senza vantaggi per nessuno e l’iniziativa va chiaramente respinta.