Con l’acronimo SEO – Search Engine Optimization, si intendono tutte le attività volte all’ottimizzazione della presenza online dell’azienda per i motori di ricerca.
CEO (Chief Executive Officer) è l’acronimo definisce il più alto ruolo della direzione di un’azienda. Questa persona detiene diverse responsabilità, tra cui la presa di decisioni critiche, la gestione delle operazioni e delle risorse a disposizione, la facilitazione della comunicazione tra la direzione e dipendenti, ecc.. Il ruolo menzionato è fondamentale per il successo, l’immagine e le relazioni interne ed esterne all’azienda.
La SEO (Search Engine Optimization) invece, è l’insieme delle attività volte a migliorare la visibilità e l’attrattività delle pagine web rilevanti al sito o ai portali di un’impresa. La SEO, similmente al ruolo del CEO, è per il mondo virtuale, una componente critica per assicurarne il successo online.
Per rendere l’utilizzo dei social media (soprattutto) valorizzante per la visibilità dell’azienda e per attrarre nuovi clienti verso il proprio business, è necessaria la comprensione di come queste dinamiche funzionino, così da poterne trarre beneficio.
Pagine web, piattaforme social e perché pensare a SEO
Le pagine web, come il sito aziendale, vengono “cliccati” o visitati da chi cerca di proposito il nome dell’azienda o da chi si ritrova a navigare nei siti relativi al settore in cui essa opera. La promozione della propria immagine prende vita anche sui social media. Piattaforme come Facebook, Instagram, LinkedIn, … sono oggi dei mezzi di comunicazione in voga, e saperli utilizzare in maniera strategica può portare un vantaggio a livello di visibilità interessante.
L’insieme di queste azioni si iscrive in un più ampio e articolato gruppo di strumenti essenziali per la comunicazione e la corporate image dell’azienda. Esse si inseriscono in precise strategie di governance aziendale.
La SEO è dunque un supporto al marketing digitale, con cui è possibile tracciare e stabilire non solo il contenuto che si vuole condividere con la rete, ma anche gli obiettivi di diffusione.
Creare contenuti incisivi per divenire più attrattivi
Esistono alcuni suggerimenti che rientrano nelle consuete buone prassi, che di seguito condividiamo.
In Ticino vi sono altresì diverse aziende che si occupano – fra le altre cose – di SEO e che offrono i loro servizi alle organizzazioni e alle imprese che ne necessitano. Avvalersi di un esperto SEO può aiutare a comprendere e sviluppare nuove strategie.
Best practices
Creare contenuti allineati con l’intento di attirare l’interesse dell’utente
Il contenuto dei messaggi postati sui social deve essere conciso. I post devono contenere elementi strategici che attirino gli internauti a scoprire la pagina dell’azienda, quella sui social, ma anche su altre piattaforme. Che si tratti di una ricerca su Google o sui social media, le parole chiave usate nei post dell’azienda, soprattutto nei titoli, devono essere pensate come etichette di riconoscimento e di orientamento verso l’azienda.
Hashtag e ‘geotag’
Le parole chiave devono collegarsi in maniera rilevante al tema per poter fare una ricerca su internet. Parole che esaltino il valore e che siano pertinenti al contesto in cui vengono menzionate. La dialettica non è di rilevanza solo per scrittori e poeti, ma anche per chi si ritrova a creare contenuti mediatici, il linguaggio dev’essere ben studiato per centrare l’obiettivo prefissatosi. In questo senso – oltre a un buon uso di content management – usiamo gli ‘hashtag’ (con il simbolo #). Parole chiave che, alla fine di un post o di un messaggio, “mettono un po’ di ordine”e permettono di farsi trovare. Gli hashtag sono filtri grazie ai quali possiamo creare, trovare e seguire solo argomenti e temi che ci interessano. Etichette per catalogare contenuti di varia natura, come testi e foto, utili anche a chi usa i social in modo professionale: hashtag scelti in modo appropriato possono aiutare ad aumentare i like ad un post di Instagram ad esempio. Anche la localizzazione, ovvero la menzione del luogo in cui si trova l’azienda o dove vengono svolte le attività, rappresenta una tecnica di riconducibilità all’azienda stessa o ai suoi prodotti. I “geotag” giocano un ruolo importante nella promozione delle proprie attività. Promozione e reperibilità, una sfaccettatura del web che permette di rendersi visibili.
Ottimizzare l’uso delle immagini
Le immagini dicono più di mille parole, soprattutto quando si naviga nel mondo digitale. Le immagini e tutti i tipi di contenuti mediatici (come video, gif, …) migliorano l’esperienza degli utenti. La scelta delle immagini deve contribuire ad attirare l’attenzione, deve avere il fine di sottolineare e rimarcare i messaggi che si vogliono far passare attraverso i post. Occorre fare attenzione alla qualità e al formato che si utilizzano. Tra i diversi formati, quelli più gettonati sono JPEG, PNG o WebP. JPEG è il formato ideale quando si vogliono pubblicare fotografie e mostrare un’immagine di alta qualità. Il formato PNG, invece, è più utile e adatto ai post. WebP invece è un formato più attuale: sviluppato da Google, esso garantisce immagini compresse senza perdite di qualità. Le immagini WebP sono il 26% più leggere di un PNG e fino al 34% meno pesanti di un JPEG, a parità di qualità SSIM. Si tratta di un formato molto diffuso sulle pagine web.
User Experience
L’esperienza dei visitatori delle pagine internet è importante non solo per gli utenti stessi, ma anche per Google (in quanto motore di ricerca). Google, infatti, si focalizza sull’esperienza dei consumatori e di come essi percepiscano e utilizzino il contenuto dei siti. Le statistiche redatte dai motori di ricerca non si basano solo sul numero di “click” verso determinate pagine web, ma anche sull’accessibilità e sul contenuto, sull’uso rilevante ed illustrativo di video e immagini. L’attrattività e il contributo di un sito web al mondo della rete è, per i motori di ricerca, uno standard per cui valorizzare o meno i siti web che appaiono tra le prime scelte di ricerca (ovvero il “ranking”). La gestione dei siti web è per i motori di ricerca un test di qualità. Per esempio, dal 2017, Google ha messo in atto un sistema di penalizzazione dei siti che trasmettono “pop-up” ai visitatori. Le finestre intrusive e pubblicitarie che disturbano l’internauta sono valutate come una pessima credenziale di qualità, così come lo è un design poco curato.
Le buone prassi SEO sono dei mezzi per sviluppare e divulgare la propria immagine sul web, rientrando in una più ampia strategia di attività definite. Curare la presenza online della propria azienda, prestando attenzione anche ai dettagli permette una maggior visibilità e un incremento della ‘brand reputation’.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-12-01 07:30:002020-11-30 14:31:32SEO, step by step
Le regole d’origine non preferenziale figurano tutte nell’Ordinanza sull’attestazione dell’origine non preferenziale delle merci (OAO – ultima modifica il 9 aprile 2008), entrata in vigore il primo maggio 2008. Queste regole servono alle Camere di commercio e dell’industria svizzere per il rilascio dei certificati di origine e di altre attestazioni.
In sostanza, senza un certificato di origine rilasciato da una Camere di commercio e dell’industria competente che confermi la provenienza della merce non è possibile importare dei prodotti in un Paese con cui la Svizzera non ha alcun accordo di libero scambio (ALS).
Le otto sezioni presenti nell’ordinanza sono: le disposizioni generali, i criteri d’origine, il rilascio di prove documentali e istituzione di dichiarazioni d’origine, la sorveglianza e controllo, la protezione dei dati e assistenza amministrativa, la protezione giuridica, le disposizioni penali e infine le disposizioni finali.
Le regole d’origine definiscono le condizioni alle quali devono sottostare i prodotti al fine di poter essere dichiarati originari di uno Stato o di un gruppo di Stati nei quali sono stati interamente ottenuti oppure sufficientemente lavorati o trasformati.
Si fanno due distinzioni ben precise:
regole d’origine non preferenziali: determinate nell’ambito della politica commerciale autonoma e delle misure tariffali di ogni singolo Paese (OAO).
regole d’origine preferenziali: determinate nell’ambito degli accordi di libero scambio (ALS) e di concessioni di preferenze unilaterali in favore dei Paesi in via di sviluppo.
I motivi che giustificano il fatto di indicare l’origine in occasione di una vendita di una merce sono molteplici. Possiamo trovare i diversi interessi dei partner commerciali (provvedimenti antidumping), degli spedizionieri (sdoganamento), della dogana (determinazione dell’aliquota di dazio) o della banca (lettere di credito). Tutto questo può richiedere la presentazione di una prova documentale di origine. Per questa ragione è fondamentale che queste regole siano corrette per il giusto funzionamento sia per il Paese d’origine che per le misure di politica commerciale appropriata al fine di impedire che quest’ultime vengano raggirate.
Queste regole d’origine si dividono in svariati criteri di origine:
Merci di produzione propria Criterio A: merce interamente fabbricata Criterio B: criterio del 50% del valore aggiunto Criterio C: cambiamento della voce di tariffa Criterio D: Regole della lista Criterio E: altri fatti documentabili nell’ambito dell’attestazione dell’origine Criterio F: traffico di perfezionamento
Merci non di produzione propria Criterio G: merce commerciale
Accessori, pezzi di ricambio e attrezzature per merci dei cap. 84 e 92 della tariffa d’uso delle dogane svizzere Criterio H: fornitura insieme con merce dei cap. 84 a 92 Criterio I: fornitura per merce già consegnata dei cap. 84 a 92
I Criteri più utilizzati per la richiesta dei Certificati di origine sono il Criterio B, C e G.
Il Criterio B è preso in considerazione qualora il prodotto è stato oggetto di una lavorazione in Svizzera e se il valore di tutti i materiali e dei componenti esteri utilizzati nel processo di lavorazione non supera del 50% il prezzo d’esportazione (prezzo franco fabbrica).
Per il calcolo della percentuale svizzera possono essere considerati:
costi dei materiali svizzeri utilizzati per la lavorazione
i salari relativi alla fabbricazione in Svizzera
spese d’imballaggio
spese di trasporto in Svizzera
i guadagni (non possono costituire l’unico elemento per soddisfare il criterio del 50%)
Esempio: fabbricazione di un trapano elettrico in Svizzera
Nel Criterio C, una lavorazione o trasformazione è ritenuta sufficiente se ha per risultato di classificare il prodotto finito in una voce a quattro cifre della tariffa doganale svizzera diversa rispetto a quella che si riferisce ai materiali di origine estera utilizzati per la sua lavorazione.
Esempio: utilizzando tavole di legno importate dall’estero, si fabbrica in Svizzera un armadio
Le tavole di legno corrispondono alla voce no. 4407 della tariffa doganale, il mobile finito alla voce no.9403.
Il Criterio G si differenzia in:
Merci acquistate in Svizzera – Fornitori svizzeri (merce di origine estera, legalizzazione interna presso la propria Camera di commercio e dell’industria) – Fornitori svizzeri (merce di origine svizzera, dichiarazione su fattura come da OAO)
Merci acquistate da un fornitore estero Di fatto richiedere l’emissione di un certificato di origine o di un’attestazione presso la propria Camera di commercio e dell’industria non è così semplice, bisogna considerare in modo serio tutti gli elementi descritti se non si vuole imbattersi in sanzioni molto elevate per aver dichiarato qualcosa di non veritiero.
“Puoi costruire qualcosa di bello anche con le pietre che trovi sul tuo cammino” (Goethe). Se occorresse trovare il senso di un’esperienza negativa come il fallimento si potrebbe trarre spunto da questa citazione di Johann Wolfgang Goethe, scrittore, poeta e drammaturgo tedesco.
Un fallimento apre una prospettiva diversa da cui ripartire.
Ma partiamo dall’inizio…
Cominciare a pianificare e creare un progetto è come scrivere un libro: dalle pagine bianche può prendere vita qualcosa di innovativo. Quando un imprenditore o un team di un’azienda inizia a lavorare e sviluppare un progetto, con la dovuta pianificazione e strategia, si attivano le risorse necessarie a creare e lanciare la novità. Nel lavoro giornaliero con i colleghi si instaurano dinamiche di gruppo che favoriscono la nascita di nuovi spunti e la creatività avanza verso l’obiettivo del traguardo finale: terminare il progetto e lanciarlo sul mercato (sia esso un prodotto, un servizio, una nuova strategia o un cambio di rotta). A volte però non tutto va come si era pianificato, e ci si scontra con il fallimento. Certamente sarebbe stato gradito fosse andata in modo diverso, ma anche il fallimento va elaborato e condiviso.
La sensazione di insuccesso è sicuramente sgradevole, ma va relativizzata e analizzata per cogliere ciò che di buono si può ritenere dal percorso svolto: sinergia, crescita, innovazione, differenziazione.
La paura del fallimento non deve essere un ostacolo allo sviluppo di nuove idee, anzi. Mettersi in gioco e provare e riprovare, costruire e ricominciare offre prospettive diverse su cui riflettere e migliorare.
Apprendere e aprire la mente
Durante un’intervista dedicata al periodo di sperimentazione della lampadina elettrica ad incandescenza, Thomas Edison, inventore e imprenditore statunitense, disse: “non ho mai fallito. Ho semplicemente trovato 10’000 modi che non funzioneranno”. Molti si sarebbero arresi al terzo tentativo, ma Edison aveva colto l’essenza del fallimento. James Dyson (inventore dell’aspirapolvere ‘Dyson’) produsse oltre 5’000 prototipi prima di inventare un’aspirapolvere senza sacchetto. Prima di arrivare a costruire il suo primo modello di automobile, anche Henry Fordfallì diverse volte, a tal punto che fu radiato dall’industria automobilistica.
Il fallimento non è dunque un’alternativa al successo. Il fallimento è un requisito del successo. Imparare dal fallimento, dalle vie percorse che non hanno portato alla meta, è anche un passo determinante per creare una visione comune nel team: condividendo le esperienze si trovano nuove visioni per arrivare a soluzioni che funzionano percorrendo strade alternative.
Osare
Senza un pizzico di coraggio il business o il progetto resta sempre ancorato ai vecchi paradigmi. Uscire dagli schemi e progredire significa anche non pensare che la strada sarà retta, ma è indispensabile avere la forma mentis che permetta di adattare e rivedere gli schemi e la strategia cammin facendo.
Nuovi modelli
Sicuramente il 2020 non è stato un periodo semplice. Non ha facilitato le attività economiche, che però si sono adattate e sono ripartite con altri stimoli. Quando ricorderemo il 2020, lo vedremo anche come un propulsore del cambiamento digitale a tutti i livelli (smart working, video conferenze, streaming, ecc.).
Cambiare il modo di pensare e di approcciarsi ai progetti permette di applicare le diversificazioni anche sui modelli di business. Quello che fino a ieri era impensabile, oggi diviene realtà.
Per ogni impresa, grande o piccola che sia, l’innovazione (quella tecnologica in particolare) è il fattore decisivo per la sua competitività. È notizia d’inizio autunno che la Svizzera è ancora al vertice della classifica mondiale dell’innovazione: il ‘Global Innovation Index’ conferma infatti la Confederazione ai vertici della ‘top ten’ per il 10° anno consecutivo. Del resto, l’imprenditore, per definizione, deve sempre essere innovativo se vuole perdurare sul mercato, per cui il costante adattamento del proprio modello di business diventa essenziale.
Strumenti e connessioni differenziate, strategie ottimizzate: proprio perché ‘non esiste successo senza fallimento’, l’innovazione è l’ingrediente principale per vincere.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-11-30 14:04:422020-11-30 14:06:24Ripartire dal fallimento
Il percorso “PMI e mondo finanziario: nuove nozioni fondamentali per la gestione d’impresa”, con inizio nella seconda metà di gennaio 2021, si rivolge a profili già attivi nelle PMI, CFO e responsabili di unità aziendali.
In Svizzera più del 99% delle aziende sono piccole e medie imprese (PMI), ovvero imprese commerciali con meno di 250 collaboratori. Secondo la più recente e disponibile Statistica strutturale delle imprese (STATENT) elaborata nel 2018 dall’Ufficio federale di statistica, le PMI assorbono circa i due terzi degli addetti complessivi impiegati nel tessuto imprenditoriale del nostro Paese.
Interessante sottolineare che il 76% delle PMI svizzere è attivo nel settore terziario. Esse svolgono pertanto un ruolo fondamentale nell’economia svizzera, offrendo un contributo significativo alla creatività, alla crescita e alla prosperità nazionale. A livello cantonale, riferendoci sempre ai dati della Statistica strutturale delle imprese, le PMI contano 34.295 unità aziendali e occupano quasi 151.000 dipendenti, rappresentando il 6% del dato globale svizzero. Dal 26 marzo al 31 luglio 2020, le aziende colpite dalla crisi di COVID-19 hanno potuto fruire di crediti transitori concessi dalla Confederazione per assicurare la liquidità. A fine agosto la Segreteria di stato dell’economia (SECO) ha comunicato che tramite una rete di 123 banche sono stati versati quasi 14 miliardi di franchia circa 135 mila PMI, che in media hanno beneficiato di 102 mila franchi di credito (contratti di credito COVID-19).
La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) e il Centro Studi Villa Negroni (CSVN) dal 2018 hanno avviato un percorso comune basato sullo stretto legame esistente tra il mondo delle PMI e il settore finanziario (banche e istituti finanziari, assicurazioni e broker, fiduciari con varie specializzazioni e studi legali e notarili). Solo una conoscenza approfondita dei variegati settori e comparti economici può esplicitare le esigenze degli uni e le peculiarità degli altri, permettendo un più efficace incontro tra domanda e offerta di soluzioni finanziarie, a vantaggio di tutte le categorie degli attori economici della piazza; temi ancor più accentuati oggi dal delicato periodo storico e congiunturale che stiamo vivendo. I corsi di formazione mirati per lo sviluppo delle PMI non possono quindi prescindere dal coinvolgere gli operatori finanziari (caratteristiche, offerta, vincoli, ecc.).
L’acquisizione di competenze più solide riguardo a molte tematiche di carattere giuridico, fiscale, finanziario e creditizio inerenti alla gestione di un’impresa includono obbligatoriamente la consapevolezza, ad esempio, delle diverse tipologie di finanziamento, delle relative opportunità e dei potenziali rischi, nonché degli auspicabili ambiti di applicazione. Grazie alla comune e lunga esperienza nell’attività formativa, la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino e il Centro Studi Villa Negroni credono che solo una didattica che alterni momenti teorici a testimonianze pratiche riesca a ottimizzare la trasmissione di nozioni, spesso già apprese in modo empirico, dagli imprenditori sia a livello personale che professionale. La formazione dovrà essere proposta con una metodologia didattica che alterni momenti di self-study a sessioni in aula. Le lezioni in presenza avranno un taglio pratico che valorizzerà le nozioni puramente teoriche. Occasioni di esercitazioni e, in particolare, di condivisione di testimonianze pratiche da parte di specialisti della materia che avranno lo scopo di facilitare la comprensione di alcune tecniche finanziarie per far sì che l’imprenditore possa beneficiarne già dal giorno successivo.
Alla luce di queste considerazioni, Cc-Ti e CSVN hanno collaborato alla progettazione di un percorso formativo che permettesse di concretizzare la collaborazione tra le PMI e il mondo finanziario: due protagonisti basilari della vita economica della piazza.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2018/04/ELM-riga-03.jpg201500Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-11-25 08:51:102025-01-03 14:34:25Sinergie tra PMI e mondo finanziario
Come noto, dal 31 dicembre 2020 la Gran Bretagna non farà più parte dell’Unione Europea. Questo vale anche per il suo territorio doganale. Per quanto riguarda i Carnet ATA svizzeri vi sono diversi scenari possibili che elenchiamo qui di seguito. La data fissata per la Brexit (31 dicembre 2020) verrà indicata come D1.
Primo scenario: Sdoganamento all’importazione con Carnet ATA in Gran Bretagna prima del D1 e passaggio in un Paese europeo dopo il D1.
Procedura Il Carnet ATA dovrà essere sdoganato (timbrato) alla riesportazione presso la dogana della Gran Bretagna. In seguito si dovrà effettuare lo sdoganamento d’importazione alla dogana del Paese europeo. Il titolare del Carnet dovrà assicurarsi di avere sufficienti volet (fogli tratteggiati trattenuti in dogana) sia per l’importazione che per la riesportazione.
Secondo scenario: Importazione con un Carnet ATA in un Paese dell’Unione Europea e passaggio della merce verso la Gran Bretagna prima del D1 e sdoganamento alla riesportazione dalla Gran Bretagna dopo il D1.
Problema che può sorgere alla riesportazione
La souche del Carnet ATA presenterà uno sdoganamento all’importazione nell’Unione Europea ma non verso la Gran Bretagna, che non farà più parte dell’Unione Europea dopo il D1. La questione in sospeso è di sapere se le autorità doganali della Gran Bretagna effettueranno uno sdoganamento alla riesportazione sul Carnet ATA, malgrado non avvenga uno sdoganamento all’importazione in Gran Bretagna, bensì in un Paese dell’Unione Europea
2. Il problema del Carnet di rimpiazzo
Per quanto riguarda il Carnet di rimpiazzo la questione è alquanto delicata, poiché come descritto nel punto precedente non avviene alcuna importazione in Gran Bretagna. Per questo motivo la dogana inglese non sarà in grado di gestire un Carnet di rimpiazzo. Allo stesso tempo ci aspettiamo che la dogana dell’Unione Europea rifiuterà il Carnet di rimpiazzo poiché la merce si troverà in Gran Bretagna e per questo motivo non sarà possibile verificare la merce stessa. In questo caso l’emissione del Carnet di rimpiazzo non potrà essere effettuata.
Terzo scenario: Importazione in Gran Bretagna e passaggio della merce attraverso un Paese membro dell’Unione Europea prima del D1 e sdoganamento alla riesportazione dall’Unione Europea dopo il D1.
Problema della riesportazione
La souche del Carnet ATA presenterà uno sdoganamento all’importazione verso la Gran Bretagna, ma non verso l’Unione Europea. Anche in questo caso la questione è delicata poiché non è ancora chiaro se in questo caso l’autorità doganale dell’Unione Europea effettuerà lo sdoganamento alla riesportazione, malgrado non avvenga alcun sdoganamento all’importazione all’interno dell’Unione Europea.
2. Problema del Carnet di rimpiazzo
È lo stesso problema che troviamo nel secondo scenario ma inverso. Non avendo effettuato l’importazione nell’Unione Europea, ci aspettiamo che di conseguenza la dogana dell’Unione Europea non sarà disposta a trattare un Carnet di rimpiazzo. Viceversa, le autorità doganali della Gran Bretagna possono rifiutare il Carnet di rimpiazzo, dato che la merce si trova nell’Unione Europea e in questo caso non ci può essere nessuna verifica. Anche in questo caso il Carnet di rimpiazzo non potrà essere rilasciato.
Raccomandazioni per il secondo e terzo scenario
Come raccomandiamo sempre, è meglio che la merce rientri in Svizzera prima della scadenza del Carnet ATA.
In caso di un dubbio è meglio evitare il Carnet di rimpiazzo per non avere ulteriori problemi.
Se il viaggio avviene tramite aereo dall’Unione Europea (ad esempio Malpensa) consigliamo di aggiungere i transiti nella richiesta del Carnet ATA. Così potranno essere effettuati normalmente l’esportazione dalla Svizzera, il transito in entrata alla prima dogana dell’Unione Europea, il transito in uscita a Malpensa, l’importazione in Gran Bretagna e la riesportazione dalla Gran Bretagna. Al rientro, una volta effettuata la corretta riesportazione dalla Gran Bretagna, quando si arriverà di nuovo su territorio doganale europeo (Malpensa) si effettuerà il transito in entrata, di nuovo il transito in uscita alla dogana prima di entrare in Svizzera e, come ultimo passaggio, la reimportazione in Svizzera.
Per qualsiasi domanda il team Export della Camera di commercio, dell’industria, dei servizi e dell’artigianato del cantone Ticino è sempre a vostra disposizione.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-11-23 10:13:592020-11-23 10:14:00Brexit e Carnet ATA
Benché ogni azienda (a dipendenza della fase che sta vivendo – neocostituita, in espansione, consolidata, ecc.) attribuisca un’importanza diversa alle attività di esportazione, guardare con un occhio di riguardo “oltre i confini” elvetici resta un elemento imprescindibile per lo sviluppo del business.
L’evento si è svolto in streaming e vi hanno assistito una sessantina di partecipanti. Per la Cc-Ti hanno preso parte all’evento il Vice-Direttore Michele Merazzi, con Martina Grisoni e Giulia Scalzi, Responsabili del Servizio Export. Sono intervenuti anche Francesco Lurati e Alcide Barberis del CP Start-up e Monica Zurfluh di Switzerland Global Enterprise. L’evento è poi proseguito con una testimonianza concreta di un’azienda: Giuseppe Perale di IBI SA ha parlato dell’approccio con le esportazioni e i mercati esteri.
In conclusione, sono emerse numerose domande e riflessioni da parte dei partecipanti, a cui i relatori hanno prontamente risposto fugando ogni dubbio sul tema. Interessante sottolineare che l’evento in streaming non ha limitato l’interazione tra gli iscritti, anzi, lo scambio di informazioni è stato vivace e interessante.
I relatori della Cc-Ti: Giulia Scalzi, Martina Grisoni e Michele Merazzi
Un’idea chiara per una strategia vincente
Definire un piano di sviluppo e crescita aziendale, con un business plan determinato, e intraprendere i passi necessari per concretizzare la propria idea.
La scalabilità dell’offerta e l’apertura ai mercati esteri sono fondamentali anche in questa fase di previsione e preparazione. È possibile che inizialmente le risorse non permettano grandi manovre o che le priorità strategiche stabilite vadano in altre direzioni (convogliate sul mercato interno, ad esempio).
Comprendere i processi legati all’internazionalizzazione resta importante per le start-up (come pure per le imprese attive sul territorio), così come la conoscenza dei partner, degli attori coinvolti nelle fasi cruciali e dei loro servizi (Camere di commercio e dell’industria, Switzerland Global Enterprise, altre istituzioni, enti, aziende, …).
In questo difficile momento storico, quale associazione-mantello dell’economia ticinese, la Cc-Ti si impegna a tutelare gli interessi di tutti i settori economici cantonali, delle relative associazioni di categoria e di tutte le aziende, siano esse piccole, medie o grandi.
Non fa eccezione l’ambito delle squadre sportive professionistiche ticinesi, vere e proprie aziende al pari di tutte le altre, purtroppo spesso considerate, a torto, come attività esclusivamente ludiche (e quindi poco necessarie) e legate alla realtà di pochi privilegiati dagli stipendi mirabolanti. La realtà è molto diversa, perché i Club, come detto, sono aziende, gestite e organizzate come ogni unità economica con costi, ricavi, stipendi, oneri sociali, dipendenti, fornitori, ecc.
Unità di intenti – Gruppo “SPorTI”
Lo sport professionistico, come tante altre attività economiche, è confrontato a una situazione finanziaria estremamente difficile. È pertanto fondamentale che anche esso, al di là di ogni genere di campanilismo, possa far valere i propri interessi in maniera strutturata e quindi più efficace.
Per questo, sotto l’egida della Cc-Ti, è stato costituito il Gruppo “SPorTI”, che raggruppa le squadre sportive professionistiche ticinesi membri della nostra associazione, ossia:
HC Ambrì Piotta, HC Lugano e Ticino Rockets per l’hockey su ghiaccio;
FC Lugano, FC Chiasso e Team Ticino per il calcio.
Si aggiungeranno a questo primo gruppo le società di pallacanestro Lugano Tigers e SAM Basket Massagno che hanno già aderito all’iniziativa.
Le cifre
Alcune cifre sono significative dell’importanza dei Club per l’economia cantonale, se osserviamo i numeri di hockey su ghiaccio e calcio della stagione 2018-2019, l’ultima giocata in modo completo:
66 milioni di franchi di cifra d’affari
440 collaboratori sotto contratto (indeterminato o determinato)
350 collaboratori esterni
1’200 fornitori esterni
402’000 spettatori paganti
oltre 1’700 ragazzi e ragazze dei settori giovanili in formazione
L’azienda “sport ticino” è quindi un fattore economico fondamentale per il nostro territorio. Senza tenere conto dell’importante ruolo sociale svolto nell’offerta di svago e distrazione, elementi pure essenziali per superare momenti difficili come, per esempio, quelli che stiamo vivendo. Il solo surrogato televisivo non è sufficiente da questo punto di vista e nemmeno da quello finanziario. In effetti, il panorama sportivo elvetico differisce sostanzialmente da quello delle principali leghe internazionali, dove la maggior parte delle entrate è composta dai diritti televisivi e in misura minore dagli spettatori in presenza.
In Svizzera la situazione è esattamente all’opposto, perché l’incassato come diritti televisivi non si avvicina minimamente agli introiti legati alla vendita di biglietti, abbonamenti, all’accoglienza e alla ristorazione sui quali i campionati possono contare.
Le difficoltà attuali
L’incertezza regnante attualmente colpisce anche le squadre professionistiche in maniera pesante. Le limitazioni di pubblico (di fatto la principale fonte d’entrata di queste imprese) imposte nel contesto della pandemia hanno effetti devastanti perché hanno azzerato la fonte principale d’entrata. Limitazioni, va detto, decise malgrado i cospicui investimenti che i Club hanno affrontato, non senza sacrificio, per poter garantire degli adeguati piani di protezione, disponendo anche una capienza ridotta degli impianti sportivi e tutta una serie di misure di sicurezza che hanno dimostrato di poter far fronte alla situazione in modo ottimale.
Le grandi difficoltà citate non hanno potuto passare inosservate a livello nazionale e il Consiglio Federale ha elaborato un pacchetto di aiuti di base che lasciano però margine anche al Cantone per un primo urgente intervento mirato. Questi interventi decisi a livello nazionale certificano e riconoscono l’importanza economica oltre che sociale dello sport professionistico.
Le richieste di sostegno
Pur consapevoli della grande complessità della situazione e delle esigenze di ogni settore, gli sport di squadra professionistici hanno un urgente bisogno di sostegno per potersi garantire l’esistenza, ma soprattutto le centinania di posti di lavoro e l’indotto che garantiscono anche alle altre aziende.
Si è pertanto chiesto al Consiglio di Stato di contribuire, tramite lo strumento del fondo Sport Toto, a ottenere le misure stanziate a livello nazionale, garantendo la copertura del 25% dei mezzi necessari per l’ottenimento del prestito. Questo metterebbe in condizioni di poter disporre di una base finanziaria indispensabile per fronteggiare le difficoltà che si sono ulteriormente acuite con le ultime disposizioni.
Si è pure evidenziata la necessità di valutare anche la possibilità di concedere degli aiuti a fondo perso, sul modello di quanto altri cantoni (ultimo in ordine di tempo Ginevra) stanno facendo per i settori che di fatto si trovano le attività bloccate in maniera totale o preponderante.
Attraverso la rete della Cc-Ti, questa iniziativa sarà a breve estesa a livello nazionale, con il coinvolgimento delle Camere di commercio e dell’industria degli altri cantoni, alle quali fanno capo le squadre professionistiche delle rispettive regioni. Attenzione particolare verso la nostra iniziativa è già stata manifestata in particolare dalle Camere di commercio e della Svizzera romanda.
L’opinione di Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti, Presidente Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino e Presidente FTAF
Le incertezze che gravano sui conti dei cittadini, delle imprese e del Cantone impongono di intervenire su tutti i processi inefficienti, liberando risorse necessarie al sostegno della socialità e dell’economia. Dobbiamo ad esempio riflettere sul perché lo Stato chieda ai cittadini dati, atti e documenti che ha già o che potrebbe ricevere da un altro servizio o ente pubblico. Perché i cittadini devono pagare delle tasse per ottenere dei documenti da presentare a enti pubblici o comunali, quando lo Stato è già in possesso di questi documenti?
Per correggere queste distorsioni burocratiche che costano a noi tutti tempo, denaro e infinita pazienza, nel luglio del 2019 Fausto Rotanzi ha presentato una petizione: «Meno burocrazia non sia solo uno slogan», con cui sollecitava il Gran Consiglio ad emanare adeguate direttive per l’Amministrazione cantonale o un’apposita legge. Invitandolo, inoltre, a valutare l’eccessiva quantità d’informazioni che lo Stato richiede ai cittadini e agli enti locali nell’ambito degli abituali controlli, poiché indicativa di una totale sfiducia nei loro confronti. Con la sua più che ventennale esperienza di segretario comunale e il suo impegno in numerosi consessi pubblici e privati, Rotanzi sa benissimo quanto possa essere esasperante e costoso per la collettività l’eccesso di oneri burocratici e formalismi procedurali. Nella sua ultima seduta il Parlamento ha approvato il rapporto della Commissione giustizia e diritti che, condividendo le sollecitazioni della petizione Rotanzi, ha ribadito «l’urgenza di rivedere le procedure che regolano il lavoro degli uffici statali con l’intento di alleggerire le pratiche burocratiche, nel rispetto della protezione dei dati e del diritto in generale». Riguardo al delicato problema della protezione dei dati si è accortamente suggerito «il ricorso a liberatorie specifiche che, con il consenso scritto dei cittadini interessati, autorizzino il flusso puntuale di documenti e informazioni. Evitando così eccessi burocratici, lentezza procedurale e aggravi di tasse per ottenere certificati e duplicati che sono stati già elaborati dagli uffici statali».
Il rapporto e il via libera del Gran Consiglio segnano un piccolo ma significativo passaggio verso una burocrazia più leggera. Problema particolarmente sentito in Ticino. Uno studio di Avenir Suisse ha, difatti, sottolineato la pletora di regole, limitazioni, codici e pastoie varie che ingessano il nostro cantone, frenando l’economia e l’intraprendenza sociale. Ciò nonostante, non ci si rende ancora conto del fatto che ogni nuova legge comporta un carico aggiuntivo di burocrazia.
Negli ultimi 15 anni si sono contati una ventina di atti parlamentari che, per un verso o per l’altro, avevano come bersaglio l’ipertrofia burocratica, generata da un’eccessiva densità normativa, dall’iper-regolamentazione e dalla sovrapposizione di competenze e disposizioni. Giusto un anno fa, assieme ai colleghi Michele Foletti, Sabrina Gendotti e Piero Marchesi, ho presentato un’interpellanza per eliminare i doppioni nella raccolta dati presso le imprese, in ossequio all’orientamento del Consiglio federale che ha voluto alleggerire i costi e gli obblighi di documentazione e archiviazione per le aziende. Richiesta accolta favorevolmente dal Consiglio di Stato.
Nell’attesa di riforme strutturali, bisognerebbe quantomeno adottare interventi mirati che possono subito alleviare il peso e i costi della burocrazia su cittadini e imprese. Approvando la petizione Rotanzi si è fatto un concreto passo avanti affinché «Meno burocrazia» non resti uno slogan. Necessità oggi più che mai urgente anche per attenuare il devastante impatto economico e sociale della crisi del coronavirus.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2019/01/ART19-cristina-maderni-ufficiale.jpg34565184Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-11-04 06:37:362021-03-02 14:30:03Burocrazia da snellire senza indugi
La Cc-Ti e AITI si complimentano con Fabio Regazzi per la sua nomina avvenuta il 28.10.2020 a Friborgo a Presidente dell’Unione svizzera delle arti e dei mestieri – USAM.
L’USAM, di cui la Cc-Ti è membro, è l’organizzazione mantello delle piccole e medie imprese, fondata nel 1879 a Lucerna. Rappresenta 230 associazioni di categoria e circa 500’000 imprese, ossia il 99,8 % di tutte le aziende attive in Svizzera.
La proposta alla Presidenza dell’associazione mantello nazionale è avvenuta su proposta della Cc-Ti, quale sezione ticinese della stessa.
Fabio Regazzi, nato il 22 giugno del 1962, è avvocato, imprenditore e Consigliere nazionale dal 2011. Attualmente Fabio Regazzi è membro dell’importante commissione dell’economia dei tributi. Dal 2015 è Presidente dell’AITI. È il primo ticinese nella storia a essere eletto Presidente dell’USAM. In questa funzione avrà il compito di presiedere una delle più importanti associazioni economiche a livello nazionale e rappresentare il cuore pulsante dell’economia elvetica, ossia le piccole e medie aziende.
Il canton Ticino e l’economia cantonale potranno contare maggiormente su un punto di riferimento strategico nel contesto dell’economia svizzera. L’Unione svizzera delle arti e dei mestieri ha l’obiettivo di promuovere e sostenere un ambiente economico e politico favorevole allo sviluppo delle piccole e medie imprese. Come evocato oggi da Regazzi nel suo discorso di insediamento, le sue sfide principali dei prossimi anni riguarderanno la riforma della previdenza vecchiaia come anche le discussioni attorno all’accordo quadro con l’Unione europea che attualmente sta dividendo gli animi sia tra datori di lavoro che tra i sindacati.
Per le associazioni cantonali è particolarmente interessante avere come riferimento quale presidente di un’associazione economica svizzera una figura che conosce a fondo la realtà economia e sociale della Svizzera italiana e dunque può permettere una miglior comprensione reciproca delle sfide epocali che l’attuale crisi porterà irrimediabilmente con sé.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/10/ART20-usam.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-10-29 09:22:112021-03-02 14:45:32Fabio Regazzi eletto alla presidenza dell’USAM
Accordo tra AELS-Ecuador e tra Ucraina e Georgia. Alcuni dettagli in merito.
Con la conclusione degli accordi di libero scambio (ALS), la Svizzera mira a garantire alle PMI un migliore accesso ai mercati. L’attuale rete (oltre 30 accordi) si arricchisce ora di un nuovo trattato, quello tra AELS ed Ecuador, che entrerà in vigore il 1° novembre prossimo. Tale accordo ha un vasto campo di applicazione: infatti, non solo promuove gli scambi commerciali regolando le norme di origine, le misure di salvaguardia commerciale, le barriere tecniche al commercio e le misure sanitarie e fitosanitarie, ma disciplina anche il commercio dei servizi, gli investimenti, la protezione della proprietà intellettuale e gli appalti pubblici.
Gli scambi commerciali con la Nazione sudamericana sono relativamente limitati: nel 2019 le esportazioni svizzere ammontavano a 100 milioni di franchi, soprattutto prodotti chimico-farmaceutici e macchinari e le importazioni si attestavano a 313 milioni di franchi, con un notevole incremento rispetto all’anno precedente dovuto all’aumento delle importazioni di oro. Questo accordo è tuttavia importante per l’export svizzero nella regione in quanto prevede il cosiddetto “cumulo dell’origine” con materiali originari da Colombia e Perù (con cui l’AELS ha accordi separati) favorendo l’ottenimento della condizione di “merce di origine preferenziale” necessaria per uno sgravio dai dazi.
Il 26 marzo 2020 è inoltre entrato in vigore anche l’ALS tra Ucraina e Georgia. In che modo questo accordo tocca anche la Svizzera? La Confederazione dispone di ALS sia con l’Ucraina (dal 2012) sia con la Georgia (dal 2018) e in tali accordi sono definite norme di origine identiche che rendono possibile il “cumulo dell’origine”. Come nel caso sopra esposto, questo amplia notevolmente la possibilità di ottenere l’origine preferenziale e una (parziale) esenzione daziaria.
La conoscenza dei regimi preferenziali e delle possibilità di esenzione dai dazi doganali è di fondamentale importanza per le nostre aziende, Cc-Ti e S-GE si impegnano quindi a diffondere al meglio tali informazioni e restano a disposizione per approfondimenti.
Articolo a cura del Servizio Export Cc-Ti e di Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-10-28 08:00:222020-10-26 08:57:46Novità in materia di accordi di libero scambio
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SEO, step by step
/in Marketing e Vendita, TematicheCon l’acronimo SEO – Search Engine Optimization, si intendono tutte le attività volte all’ottimizzazione della presenza online dell’azienda per i motori di ricerca.
CEO (Chief Executive Officer) è l’acronimo definisce il più alto ruolo della direzione di un’azienda. Questa persona detiene diverse responsabilità, tra cui la presa di decisioni critiche, la gestione delle operazioni e delle risorse a disposizione, la facilitazione della comunicazione tra la direzione e dipendenti, ecc.. Il ruolo menzionato è fondamentale per il successo, l’immagine e le relazioni interne ed esterne all’azienda.
La SEO (Search Engine Optimization) invece, è l’insieme delle attività volte a migliorare la visibilità e l’attrattività delle pagine web rilevanti al sito o ai portali di un’impresa. La SEO, similmente al ruolo del CEO, è per il mondo virtuale, una componente critica per assicurarne il successo online.
Per rendere l’utilizzo dei social media (soprattutto) valorizzante per la visibilità dell’azienda e per attrarre nuovi clienti verso il proprio business, è necessaria la comprensione di come queste dinamiche funzionino, così da poterne trarre beneficio.
Pagine web, piattaforme social e perché pensare a SEO
Le pagine web, come il sito aziendale, vengono “cliccati” o visitati da chi cerca di proposito il nome dell’azienda o da chi si ritrova a navigare nei siti relativi al settore in cui essa opera. La promozione della propria immagine prende vita anche sui social media. Piattaforme come Facebook, Instagram, LinkedIn, … sono oggi dei mezzi di comunicazione in voga, e saperli utilizzare in maniera strategica può portare un vantaggio a livello di visibilità interessante.
L’insieme di queste azioni si iscrive in un più ampio e articolato gruppo di strumenti essenziali per la comunicazione e la corporate image dell’azienda. Esse si inseriscono in precise strategie di governance aziendale.
La SEO è dunque un supporto al marketing digitale, con cui è possibile tracciare e stabilire non solo il contenuto che si vuole condividere con la rete, ma anche gli obiettivi di diffusione.
Creare contenuti incisivi per divenire più attrattivi
Esistono alcuni suggerimenti che rientrano nelle consuete buone prassi, che di seguito condividiamo.
In Ticino vi sono altresì diverse aziende che si occupano – fra le altre cose – di SEO e che offrono i loro servizi alle organizzazioni e alle imprese che ne necessitano. Avvalersi di un esperto SEO può aiutare a comprendere e sviluppare nuove strategie.
Best practices
Il contenuto dei messaggi postati sui social deve essere conciso. I post devono contenere elementi strategici che attirino gli internauti a scoprire la pagina dell’azienda, quella sui social, ma anche su altre piattaforme.
Che si tratti di una ricerca su Google o sui social media, le parole chiave usate nei post dell’azienda, soprattutto nei titoli, devono essere pensate come etichette di riconoscimento e di orientamento verso l’azienda.
Le parole chiave devono collegarsi in maniera rilevante al tema per poter fare una ricerca su internet. Parole che esaltino il valore e che siano pertinenti al contesto in cui vengono menzionate. La dialettica non è di rilevanza solo per scrittori e poeti, ma anche per chi si ritrova a creare contenuti mediatici, il linguaggio dev’essere ben studiato per centrare l’obiettivo prefissatosi.
In questo senso – oltre a un buon uso di content management – usiamo gli ‘hashtag’ (con il simbolo #). Parole chiave che, alla fine di un post o di un messaggio, “mettono un po’ di ordine” e permettono di farsi trovare. Gli hashtag sono filtri grazie ai quali possiamo creare, trovare e seguire solo argomenti e temi che ci interessano. Etichette per catalogare contenuti di varia natura, come testi e foto, utili anche a chi usa i social in modo professionale: hashtag scelti in modo appropriato possono aiutare ad aumentare i like ad un post di Instagram ad esempio.
Anche la localizzazione, ovvero la menzione del luogo in cui si trova l’azienda o dove vengono svolte le attività, rappresenta una tecnica di riconducibilità all’azienda stessa o ai suoi prodotti. I “geotag” giocano un ruolo importante nella promozione delle proprie attività. Promozione e reperibilità, una sfaccettatura del web che permette di rendersi visibili.
Le immagini dicono più di mille parole, soprattutto quando si naviga nel mondo digitale. Le immagini e tutti i tipi di contenuti mediatici (come video, gif, …) migliorano l’esperienza degli utenti.
La scelta delle immagini deve contribuire ad attirare l’attenzione, deve avere il fine di sottolineare e rimarcare i messaggi che si vogliono far passare attraverso i post.
Occorre fare attenzione alla qualità e al formato che si utilizzano. Tra i diversi formati, quelli più gettonati sono JPEG, PNG o WebP.
JPEG è il formato ideale quando si vogliono pubblicare fotografie e mostrare un’immagine di alta qualità. Il formato PNG, invece, è più utile e adatto ai post.
WebP invece è un formato più attuale: sviluppato da Google, esso garantisce immagini compresse senza perdite di qualità. Le immagini WebP sono il 26% più leggere di un PNG e fino al 34% meno pesanti di un JPEG, a parità di qualità SSIM.
Si tratta di un formato molto diffuso sulle pagine web.
L’esperienza dei visitatori delle pagine internet è importante non solo per gli utenti stessi, ma anche per Google (in quanto motore di ricerca). Google, infatti, si focalizza sull’esperienza dei consumatori e di come essi percepiscano e utilizzino il contenuto dei siti. Le statistiche redatte dai motori di ricerca non si basano solo sul numero di “click” verso determinate pagine web, ma anche sull’accessibilità e sul contenuto, sull’uso rilevante ed illustrativo di video e immagini. L’attrattività e il contributo di un sito web al mondo della rete è, per i motori di ricerca, uno standard per cui valorizzare o meno i siti web che appaiono tra le prime scelte di ricerca (ovvero il “ranking”). La gestione dei siti web è per i motori di ricerca un test di qualità.
Per esempio, dal 2017, Google ha messo in atto un sistema di penalizzazione dei siti che trasmettono “pop-up” ai visitatori. Le finestre intrusive e pubblicitarie che disturbano l’internauta sono valutate come una pessima credenziale di qualità, così come lo è un design poco curato.
Le buone prassi SEO sono dei mezzi per sviluppare e divulgare la propria immagine sul web, rientrando in una più ampia strategia di attività definite.
Curare la presenza online della propria azienda, prestando attenzione anche ai dettagli permette una maggior visibilità e un incremento della ‘brand reputation’.
Regole d’origine non preferenziali: facciamo chiarezza
/in Internazionale, TematicheLe regole d’origine non preferenziale figurano tutte nell’Ordinanza sull’attestazione dell’origine non preferenziale delle merci (OAO – ultima modifica il 9 aprile 2008), entrata in vigore il primo maggio 2008. Queste regole servono alle Camere di commercio e dell’industria svizzere per il rilascio dei certificati di origine e di altre attestazioni.
In sostanza, senza un certificato di origine rilasciato da una Camere di commercio e dell’industria competente che confermi la provenienza della merce non è possibile importare dei prodotti in un Paese con cui la Svizzera non ha alcun accordo di libero scambio (ALS).
Le otto sezioni presenti nell’ordinanza sono: le disposizioni generali, i criteri d’origine, il rilascio di prove documentali e istituzione di dichiarazioni d’origine, la sorveglianza e controllo, la protezione dei dati e assistenza amministrativa, la protezione giuridica, le disposizioni penali e infine le disposizioni finali.
Le regole d’origine definiscono le condizioni alle quali devono sottostare i prodotti al fine di poter essere dichiarati originari di uno Stato o di un gruppo di Stati nei quali sono stati interamente ottenuti oppure sufficientemente lavorati o trasformati.
Si fanno due distinzioni ben precise:
I motivi che giustificano il fatto di indicare l’origine in occasione di una vendita di una merce sono molteplici. Possiamo trovare i diversi interessi dei partner commerciali (provvedimenti antidumping), degli spedizionieri (sdoganamento), della dogana (determinazione dell’aliquota di dazio) o della banca (lettere di credito). Tutto questo può richiedere la presentazione di una prova documentale di origine. Per questa ragione è fondamentale che queste regole siano corrette per il giusto funzionamento sia per il Paese d’origine che per le misure di politica commerciale appropriata al fine di impedire che quest’ultime vengano raggirate.
Queste regole d’origine si dividono in svariati criteri di origine:
Criterio A: merce interamente fabbricata
Criterio B: criterio del 50% del valore aggiunto
Criterio C: cambiamento della voce di tariffa
Criterio D: Regole della lista
Criterio E: altri fatti documentabili nell’ambito dell’attestazione dell’origine
Criterio F: traffico di perfezionamento
Criterio G: merce commerciale
Criterio H: fornitura insieme con merce dei cap. 84 a 92
Criterio I: fornitura per merce già consegnata dei cap. 84 a 92
I Criteri più utilizzati per la richiesta dei Certificati di origine sono il Criterio B, C e G.
Il Criterio B è preso in considerazione qualora il prodotto è stato oggetto di una lavorazione in Svizzera e se il valore di tutti i materiali e dei componenti esteri utilizzati nel processo di lavorazione non supera del 50% il prezzo d’esportazione (prezzo franco fabbrica).
Per il calcolo della percentuale svizzera possono essere considerati:
Esempio: fabbricazione di un trapano elettrico in Svizzera
Nel Criterio C, una lavorazione o trasformazione è ritenuta sufficiente se ha per risultato di classificare il prodotto finito in una voce a quattro cifre della tariffa doganale svizzera diversa rispetto a quella che si riferisce ai materiali di origine estera utilizzati per la sua lavorazione.
Esempio: utilizzando tavole di legno importate dall’estero, si fabbrica in Svizzera un armadio
Le tavole di legno corrispondono alla voce no. 4407 della tariffa doganale, il mobile finito alla voce no.9403.
Il Criterio G si differenzia in:
– Fornitori svizzeri (merce di origine estera, legalizzazione interna presso la propria Camera di commercio e dell’industria)
– Fornitori svizzeri (merce di origine svizzera, dichiarazione su fattura come da OAO)
Di fatto richiedere l’emissione di un certificato di origine o di un’attestazione presso la propria Camera di commercio e dell’industria non è così semplice, bisogna considerare in modo serio tutti gli elementi descritti se non si vuole imbattersi in sanzioni molto elevate per aver dichiarato qualcosa di non veritiero.
Necessitate maggiori dettagli? Il Servizio Export Cc-Ti è a disposizione.
Ripartire dal fallimento
/in Organizzazione, Tematiche“Puoi costruire qualcosa di bello anche con le pietre che trovi sul tuo cammino” (Goethe). Se occorresse trovare il senso di un’esperienza negativa come il fallimento si potrebbe trarre spunto da questa citazione di Johann Wolfgang Goethe, scrittore, poeta e drammaturgo tedesco.
Ma partiamo dall’inizio…
Cominciare a pianificare e creare un progetto è come scrivere un libro: dalle pagine bianche può prendere vita qualcosa di innovativo. Quando un imprenditore o un team di un’azienda inizia a lavorare e sviluppare un progetto, con la dovuta pianificazione e strategia, si attivano le risorse necessarie a creare e lanciare la novità.
Nel lavoro giornaliero con i colleghi si instaurano dinamiche di gruppo che favoriscono la nascita di nuovi spunti e la creatività avanza verso l’obiettivo del traguardo finale: terminare il progetto e lanciarlo sul mercato (sia esso un prodotto, un servizio, una nuova strategia o un cambio di rotta).
A volte però non tutto va come si era pianificato, e ci si scontra con il fallimento.
Certamente sarebbe stato gradito fosse andata in modo diverso, ma anche il fallimento va elaborato e condiviso.
La sensazione di insuccesso è sicuramente sgradevole, ma va relativizzata e analizzata per cogliere ciò che di buono si può ritenere dal percorso svolto: sinergia, crescita, innovazione, differenziazione.
La paura del fallimento non deve essere un ostacolo allo sviluppo di nuove idee, anzi. Mettersi in gioco e provare e riprovare, costruire e ricominciare offre prospettive diverse su cui riflettere e migliorare.
Apprendere e aprire la mente
Durante un’intervista dedicata al periodo di sperimentazione della lampadina elettrica ad incandescenza, Thomas Edison, inventore e imprenditore statunitense, disse: “non ho mai fallito. Ho semplicemente trovato 10’000 modi che non funzioneranno”. Molti si sarebbero arresi al terzo tentativo, ma Edison aveva colto l’essenza del fallimento.
James Dyson (inventore dell’aspirapolvere ‘Dyson’) produsse oltre 5’000 prototipi prima di inventare un’aspirapolvere senza sacchetto.
Prima di arrivare a costruire il suo primo modello di automobile, anche Henry Ford fallì diverse volte, a tal punto che fu radiato dall’industria automobilistica.
Il fallimento non è dunque un’alternativa al successo. Il fallimento è un requisito del successo.
Imparare dal fallimento, dalle vie percorse che non hanno portato alla meta, è anche un passo determinante per creare una visione comune nel team: condividendo le esperienze si trovano nuove visioni per arrivare a soluzioni che funzionano percorrendo strade alternative.
Osare
Senza un pizzico di coraggio il business o il progetto resta sempre ancorato ai vecchi paradigmi. Uscire dagli schemi e progredire significa anche non pensare che la strada sarà retta, ma è indispensabile avere la forma mentis che permetta di adattare e rivedere gli schemi e la strategia cammin facendo.
Nuovi modelli
Sicuramente il 2020 non è stato un periodo semplice. Non ha facilitato le attività economiche, che però si sono adattate e sono ripartite con altri stimoli. Quando ricorderemo il 2020, lo vedremo anche come un propulsore del cambiamento digitale a tutti i livelli (smart working, video conferenze, streaming, ecc.).
Cambiare il modo di pensare e di approcciarsi ai progetti permette di applicare le diversificazioni anche sui modelli di business. Quello che fino a ieri era impensabile, oggi diviene realtà.
Per ogni impresa, grande o piccola che sia, l’innovazione (quella tecnologica in particolare) è il fattore decisivo per la sua competitività. È notizia d’inizio autunno che la Svizzera è ancora al vertice della classifica mondiale dell’innovazione: il ‘Global Innovation Index’ conferma infatti la Confederazione ai vertici della ‘top ten’ per il 10° anno consecutivo.
Del resto, l’imprenditore, per definizione, deve sempre essere innovativo se vuole perdurare sul mercato, per cui il costante adattamento del proprio modello di business diventa essenziale.
Strumenti e connessioni differenziate, strategie ottimizzate: proprio perché ‘non esiste successo senza fallimento’, l’innovazione è l’ingrediente principale per vincere.
Sinergie tra PMI e mondo finanziario
/in Appuntamenti, Formazione puntuale, Scuola managerialeIl percorso “PMI e mondo finanziario: nuove nozioni fondamentali per la gestione d’impresa”, con inizio nella seconda metà di gennaio 2021, si rivolge a profili già attivi nelle PMI, CFO e responsabili di unità aziendali.
In Svizzera più del 99% delle aziende sono piccole e medie imprese (PMI), ovvero imprese commerciali con meno di 250 collaboratori. Secondo la più recente e disponibile Statistica
strutturale delle imprese (STATENT) elaborata nel 2018 dall’Ufficio federale di statistica, le PMI assorbono circa i due terzi degli addetti complessivi impiegati nel tessuto imprenditoriale del nostro Paese.
Interessante sottolineare che il 76% delle PMI svizzere è attivo nel settore terziario. Esse svolgono pertanto un ruolo fondamentale nell’economia svizzera, offrendo un contributo significativo alla creatività, alla crescita e alla prosperità nazionale. A livello cantonale, riferendoci sempre ai dati della Statistica strutturale delle imprese, le PMI contano 34.295 unità aziendali e occupano quasi 151.000 dipendenti, rappresentando il 6% del dato globale svizzero. Dal 26 marzo al 31 luglio 2020, le aziende colpite dalla crisi di COVID-19 hanno potuto fruire di crediti transitori concessi dalla Confederazione per assicurare la liquidità. A fine agosto la Segreteria di stato dell’economia (SECO) ha comunicato che tramite
una rete di 123 banche sono stati versati quasi 14 miliardi di franchia circa 135 mila PMI, che in media hanno beneficiato di 102 mila franchi di credito (contratti di credito COVID-19).
La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) e il Centro Studi Villa Negroni (CSVN) dal 2018 hanno avviato un percorso comune basato sullo stretto legame esistente tra il mondo delle PMI e il settore finanziario (banche e istituti finanziari, assicurazioni e broker, fiduciari con varie specializzazioni e studi legali e notarili). Solo una conoscenza approfondita dei variegati settori e comparti economici può esplicitare le esigenze degli uni e le peculiarità degli altri, permettendo un più efficace incontro tra domanda e offerta di soluzioni finanziarie, a vantaggio di tutte le categorie degli attori economici della piazza; temi ancor più accentuati oggi dal delicato periodo storico e congiunturale che stiamo vivendo. I corsi di formazione mirati per lo sviluppo delle PMI non possono quindi prescindere dal coinvolgere gli operatori finanziari (caratteristiche, offerta, vincoli, ecc.).
L’acquisizione di competenze più solide riguardo a molte tematiche di carattere giuridico, fiscale, finanziario e creditizio inerenti alla gestione di un’impresa includono obbligatoriamente la consapevolezza, ad esempio, delle diverse tipologie di finanziamento, delle relative opportunità e dei potenziali rischi, nonché degli auspicabili ambiti di applicazione. Grazie alla comune e lunga esperienza nell’attività formativa, la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino e il Centro Studi Villa Negroni credono che solo una didattica che alterni momenti teorici a testimonianze pratiche riesca a ottimizzare la trasmissione di nozioni, spesso già apprese in modo empirico, dagli imprenditori sia a livello personale che professionale. La formazione dovrà essere proposta con una metodologia didattica che alterni momenti di self-study a sessioni in aula. Le lezioni in presenza avranno un taglio pratico che valorizzerà le nozioni puramente teoriche.
Occasioni di esercitazioni e, in particolare, di condivisione di testimonianze pratiche da parte di specialisti della materia che avranno lo scopo di facilitare la comprensione di alcune tecniche finanziarie per far sì che l’imprenditore possa beneficiarne già dal giorno successivo.
Alla luce di queste considerazioni, Cc-Ti e CSVN hanno collaborato alla progettazione di un percorso formativo che permettesse di concretizzare la collaborazione tra le PMI e il mondo finanziario: due protagonisti basilari della vita economica della piazza.
Scopri…
Per maggiori informazioni: Centro Studi Villa Negroni, 091 961 65 20, e-mail.
Brexit e Carnet ATA
/in Internazionale, TematicheCome noto, dal 31 dicembre 2020 la Gran Bretagna non farà più parte dell’Unione Europea. Questo vale anche per il suo territorio doganale. Per quanto riguarda i Carnet ATA svizzeri vi sono diversi scenari possibili che elenchiamo qui di seguito. La data fissata per la Brexit (31 dicembre 2020) verrà indicata come D1.
Primo scenario: Sdoganamento all’importazione con Carnet ATA in Gran Bretagna prima del D1 e passaggio in un Paese europeo dopo il D1.
Procedura
Il Carnet ATA dovrà essere sdoganato (timbrato) alla riesportazione presso la dogana della Gran Bretagna. In seguito si dovrà effettuare lo sdoganamento d’importazione alla dogana del Paese europeo. Il titolare del Carnet dovrà assicurarsi di avere sufficienti volet (fogli tratteggiati trattenuti in dogana) sia per l’importazione che per la riesportazione.
Secondo scenario: Importazione con un Carnet ATA in un Paese dell’Unione Europea e passaggio della merce verso la Gran Bretagna prima del D1 e sdoganamento alla riesportazione dalla Gran Bretagna dopo il D1.
La souche del Carnet ATA presenterà uno sdoganamento all’importazione nell’Unione Europea ma non verso la Gran Bretagna, che non farà più parte dell’Unione Europea dopo il D1. La questione in sospeso è di sapere se le autorità doganali della Gran Bretagna effettueranno uno sdoganamento alla riesportazione sul Carnet ATA, malgrado non avvenga uno sdoganamento all’importazione in Gran Bretagna, bensì in un Paese dell’Unione Europea
2. Il problema del Carnet di rimpiazzo
Per quanto riguarda il Carnet di rimpiazzo la questione è alquanto delicata, poiché come descritto nel punto precedente non avviene alcuna importazione in Gran Bretagna. Per questo motivo la dogana inglese non sarà in grado di gestire un Carnet di rimpiazzo. Allo stesso tempo ci aspettiamo che la dogana dell’Unione Europea rifiuterà il Carnet di rimpiazzo poiché la merce si troverà in Gran Bretagna e per questo motivo non sarà possibile verificare la merce stessa. In questo caso l’emissione del Carnet di rimpiazzo non potrà essere effettuata.
Terzo scenario: Importazione in Gran Bretagna e passaggio della merce attraverso un Paese membro dell’Unione Europea prima del D1 e sdoganamento alla riesportazione dall’Unione Europea dopo il D1.
La souche del Carnet ATA presenterà uno sdoganamento all’importazione verso la Gran Bretagna, ma non verso l’Unione Europea. Anche in questo caso la questione è delicata poiché non è ancora chiaro se in questo caso l’autorità doganale dell’Unione Europea effettuerà lo sdoganamento alla riesportazione, malgrado non avvenga alcun sdoganamento all’importazione all’interno dell’Unione Europea.
2. Problema del Carnet di rimpiazzo
È lo stesso problema che troviamo nel secondo scenario ma inverso. Non avendo effettuato l’importazione nell’Unione Europea, ci aspettiamo che di conseguenza la dogana dell’Unione Europea non sarà disposta a trattare un Carnet di rimpiazzo. Viceversa, le autorità doganali della Gran Bretagna possono rifiutare il Carnet di rimpiazzo, dato che la merce si trova nell’Unione Europea e in questo caso non ci può essere nessuna verifica. Anche in questo caso il Carnet di rimpiazzo non potrà essere rilasciato.
Raccomandazioni per il secondo e terzo scenario
Per qualsiasi domanda il team Export della Camera di commercio, dell’industria, dei servizi e dell’artigianato del cantone Ticino è sempre a vostra disposizione.
Start-up ed export
/in Appuntamenti, Eventi co-organizzati, Internazionale, TematicheAccesso ai mercati esteri: l’importanza di una strategia ben definita già in fase iniziale
L’export è fondamentale per le aziende svizzere, siano esse start-up, micro imprese, PMI o società più grandi.
È questo, in estrema sintesi, il messaggio chiave emerso dall’evento tenutosi online il 16 novembre, co-organizzato dalla Cc-Ti, insieme a USI, SUPSI, CP Start-up, Switzerland Global Enterprise, con il sostegno di Innosuisse – Swiss Innovation Agency.
Benché ogni azienda (a dipendenza della fase che sta vivendo – neocostituita, in espansione, consolidata, ecc.) attribuisca un’importanza diversa alle attività di esportazione, guardare con un occhio di riguardo “oltre i confini” elvetici resta un elemento imprescindibile per lo sviluppo del business.
L’evento si è svolto in streaming e vi hanno assistito una sessantina di partecipanti. Per la Cc-Ti hanno preso parte all’evento il Vice-Direttore Michele Merazzi, con Martina Grisoni e Giulia Scalzi, Responsabili del Servizio Export.
Sono intervenuti anche Francesco Lurati e Alcide Barberis del CP Start-up e Monica Zurfluh di Switzerland Global Enterprise. L’evento è poi proseguito con una testimonianza concreta di un’azienda: Giuseppe Perale di IBI SA ha parlato dell’approccio con le esportazioni e i mercati esteri.
In conclusione, sono emerse numerose domande e riflessioni da parte dei partecipanti, a cui i relatori hanno prontamente risposto fugando ogni dubbio sul tema.
Interessante sottolineare che l’evento in streaming non ha limitato l’interazione tra gli iscritti, anzi, lo scambio di informazioni è stato vivace e interessante.
Un’idea chiara per una strategia vincente
Definire un piano di sviluppo e crescita aziendale, con un business plan determinato, e intraprendere i passi necessari per concretizzare la propria idea.
La scalabilità dell’offerta e l’apertura ai mercati esteri sono fondamentali anche in questa fase di previsione e preparazione. È possibile che inizialmente le risorse non permettano grandi manovre o che le priorità strategiche stabilite vadano in altre direzioni (convogliate sul mercato interno, ad esempio).
Comprendere i processi legati all’internazionalizzazione resta importante per le start-up (come pure per le imprese attive sul territorio), così come la conoscenza dei partner, degli attori coinvolti nelle fasi cruciali e dei loro servizi (Camere di commercio e dell’industria, Switzerland Global Enterprise, altre istituzioni, enti, aziende, …).
Per ogni informazione la Cc-Ti, attraverso il Servizio Export, è a disposizione. Contattateci.
La Cc-Ti sostiene le Squadre sportive professionistiche ticinesi
/in Comunicazione e mediaIn questo difficile momento storico, quale associazione-mantello dell’economia ticinese, la Cc-Ti si impegna a tutelare gli interessi di tutti i settori economici cantonali, delle relative associazioni di categoria e di tutte le aziende, siano esse piccole, medie o grandi.
Non fa eccezione l’ambito delle squadre sportive professionistiche ticinesi, vere e proprie aziende al pari di tutte le altre, purtroppo spesso considerate, a torto, come attività esclusivamente ludiche (e quindi poco necessarie) e legate alla realtà di pochi privilegiati dagli stipendi mirabolanti. La realtà è molto diversa, perché i Club, come detto, sono aziende, gestite e organizzate come ogni unità economica con costi, ricavi, stipendi, oneri sociali, dipendenti, fornitori, ecc.
Unità di intenti – Gruppo “SPorTI”
Lo sport professionistico, come tante altre attività economiche, è confrontato a una situazione finanziaria estremamente difficile. È pertanto fondamentale che anche esso, al di là di ogni genere di campanilismo, possa far valere i propri interessi in maniera strutturata e quindi più efficace.
Per questo, sotto l’egida della Cc-Ti, è stato costituito il Gruppo “SPorTI”, che raggruppa le squadre sportive professionistiche ticinesi membri della nostra associazione, ossia:
Si aggiungeranno a questo primo gruppo le società di pallacanestro Lugano Tigers e SAM Basket Massagno che hanno già aderito all’iniziativa.
Le cifre
Alcune cifre sono significative dell’importanza dei Club per l’economia cantonale, se osserviamo i numeri di hockey su ghiaccio e calcio della stagione 2018-2019, l’ultima giocata in modo completo:
L’azienda “sport ticino” è quindi un fattore economico fondamentale per il nostro territorio. Senza tenere conto dell’importante ruolo sociale svolto nell’offerta di svago e distrazione, elementi pure essenziali per superare momenti difficili come, per esempio, quelli che stiamo vivendo. Il solo surrogato televisivo non è sufficiente da questo punto di vista e nemmeno da quello finanziario. In effetti, il panorama sportivo elvetico differisce sostanzialmente da quello delle principali leghe internazionali, dove la maggior parte delle entrate è composta dai diritti televisivi e in misura minore dagli spettatori in presenza.
In Svizzera la situazione è esattamente all’opposto, perché l’incassato come diritti televisivi non si avvicina minimamente agli introiti legati alla vendita di biglietti, abbonamenti, all’accoglienza e alla ristorazione sui quali i campionati possono contare.
Le difficoltà attuali
L’incertezza regnante attualmente colpisce anche le squadre professionistiche in maniera pesante. Le limitazioni di pubblico (di fatto la principale fonte d’entrata di queste imprese) imposte nel contesto della pandemia hanno effetti devastanti perché hanno azzerato la fonte principale d’entrata. Limitazioni, va detto, decise malgrado i cospicui investimenti che i Club hanno affrontato, non senza sacrificio, per poter garantire degli adeguati piani di protezione, disponendo anche una capienza ridotta degli impianti sportivi e tutta una serie di misure di sicurezza che hanno dimostrato di poter far fronte alla situazione in modo ottimale.
Le grandi difficoltà citate non hanno potuto passare inosservate a livello nazionale e il Consiglio Federale ha elaborato un pacchetto di aiuti di base che lasciano però margine anche al Cantone per un primo urgente intervento mirato. Questi interventi decisi a livello nazionale certificano e riconoscono l’importanza economica oltre che sociale dello sport professionistico.
Le richieste di sostegno
Pur consapevoli della grande complessità della situazione e delle esigenze di ogni settore, gli sport di squadra professionistici hanno un urgente bisogno di sostegno per potersi garantire l’esistenza, ma soprattutto le centinania di posti di lavoro e l’indotto che garantiscono anche alle altre aziende.
Si è pertanto chiesto al Consiglio di Stato di contribuire, tramite lo strumento del fondo Sport Toto, a ottenere le misure stanziate a livello nazionale, garantendo la copertura del 25% dei mezzi necessari per l’ottenimento del prestito. Questo metterebbe in condizioni di poter disporre di una base finanziaria indispensabile per fronteggiare le difficoltà che si sono ulteriormente acuite con le ultime disposizioni.
Si è pure evidenziata la necessità di valutare anche la possibilità di concedere degli aiuti a fondo perso, sul modello di quanto altri cantoni (ultimo in ordine di tempo Ginevra) stanno facendo per i settori che di fatto si trovano le attività bloccate in maniera totale o preponderante.
Attraverso la rete della Cc-Ti, questa iniziativa sarà a breve estesa a livello nazionale, con il coinvolgimento delle Camere di commercio e dell’industria degli altri cantoni, alle quali fanno capo le squadre professionistiche delle rispettive regioni. Attenzione particolare verso la nostra iniziativa è già stata manifestata in particolare dalle Camere di commercio e della Svizzera romanda.
Burocrazia da snellire senza indugi
/in Comunicazione e mediaL’opinione di Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti, Presidente Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino e Presidente FTAF
Le incertezze che gravano sui conti dei cittadini, delle imprese e del Cantone impongono di intervenire su tutti i processi inefficienti, liberando risorse necessarie al sostegno della socialità e dell’economia. Dobbiamo ad esempio riflettere sul perché lo Stato chieda ai cittadini dati, atti e documenti che ha già o che potrebbe ricevere da un altro servizio o ente pubblico. Perché i cittadini devono pagare delle tasse per ottenere dei documenti da presentare a enti pubblici o comunali, quando lo Stato è già in possesso di questi documenti?
Per correggere queste distorsioni burocratiche che costano a noi tutti tempo, denaro e infinita pazienza, nel luglio del 2019 Fausto Rotanzi ha presentato una petizione: «Meno burocrazia non sia solo uno slogan», con cui sollecitava il Gran Consiglio ad emanare adeguate direttive per l’Amministrazione cantonale o un’apposita legge. Invitandolo, inoltre, a valutare l’eccessiva quantità d’informazioni che lo Stato richiede ai cittadini e agli enti locali nell’ambito degli abituali controlli, poiché indicativa di una totale sfiducia nei loro confronti. Con la sua più che ventennale esperienza di segretario comunale e il suo impegno in numerosi consessi pubblici e privati, Rotanzi sa benissimo quanto possa essere esasperante e costoso per la collettività l’eccesso di oneri burocratici e formalismi procedurali. Nella sua ultima seduta il Parlamento ha approvato il rapporto della Commissione giustizia e diritti che, condividendo le sollecitazioni della petizione Rotanzi, ha ribadito «l’urgenza di rivedere le procedure che regolano il lavoro degli uffici statali con l’intento di alleggerire le pratiche burocratiche, nel rispetto della protezione dei dati e del diritto in generale». Riguardo al delicato problema della protezione dei dati si è accortamente suggerito «il ricorso a liberatorie specifiche che, con il consenso scritto dei cittadini interessati, autorizzino il flusso puntuale di documenti e informazioni. Evitando così eccessi burocratici, lentezza procedurale e aggravi di tasse per ottenere certificati e duplicati che sono stati già elaborati dagli uffici statali».
Il rapporto e il via libera del Gran Consiglio segnano un piccolo ma significativo passaggio verso una burocrazia più leggera. Problema particolarmente sentito in Ticino. Uno studio di Avenir Suisse ha, difatti, sottolineato la pletora di regole, limitazioni, codici e pastoie varie che ingessano il nostro cantone, frenando l’economia e l’intraprendenza sociale. Ciò nonostante, non ci si rende ancora conto del fatto che ogni nuova legge comporta un carico aggiuntivo di burocrazia.
Negli ultimi 15 anni si sono contati una ventina di atti parlamentari che, per un verso o per l’altro, avevano come bersaglio l’ipertrofia burocratica, generata da un’eccessiva densità normativa, dall’iper-regolamentazione e dalla sovrapposizione di competenze e disposizioni. Giusto un anno fa, assieme ai colleghi Michele Foletti, Sabrina Gendotti e Piero Marchesi, ho presentato un’interpellanza per eliminare i doppioni nella raccolta dati presso le imprese, in ossequio all’orientamento del Consiglio federale che ha voluto alleggerire i costi e gli obblighi di documentazione e archiviazione per le aziende. Richiesta accolta favorevolmente dal Consiglio di Stato.
Nell’attesa di riforme strutturali, bisognerebbe quantomeno adottare interventi mirati che possono subito alleviare il peso e i costi della burocrazia su cittadini e imprese. Approvando la petizione Rotanzi si è fatto un concreto passo avanti affinché «Meno burocrazia» non resti uno slogan. Necessità oggi più che mai urgente anche per attenuare il devastante impatto economico e sociale della crisi del coronavirus.
Fabio Regazzi eletto alla presidenza dell’USAM
/in Comunicazione e mediaLa Cc-Ti e AITI si complimentano con Fabio Regazzi per la sua nomina avvenuta il 28.10.2020 a Friborgo a Presidente dell’Unione svizzera delle arti e dei mestieri – USAM.
L’USAM, di cui la Cc-Ti è membro, è l’organizzazione mantello delle piccole e medie imprese, fondata nel 1879 a Lucerna. Rappresenta 230 associazioni di categoria e circa 500’000 imprese, ossia il 99,8 % di tutte le aziende attive in Svizzera.
La proposta alla Presidenza dell’associazione mantello nazionale è avvenuta su proposta della Cc-Ti, quale sezione ticinese della stessa.
Fabio Regazzi, nato il 22 giugno del 1962, è avvocato, imprenditore e Consigliere nazionale dal 2011. Attualmente Fabio Regazzi è membro dell’importante commissione dell’economia dei tributi. Dal 2015 è Presidente dell’AITI.
È il primo ticinese nella storia a essere eletto Presidente dell’USAM. In questa funzione avrà il compito di presiedere una delle più importanti associazioni economiche a livello nazionale e rappresentare il cuore pulsante dell’economia elvetica, ossia le piccole e medie aziende.
Il canton Ticino e l’economia cantonale potranno contare maggiormente su un punto di riferimento strategico nel contesto dell’economia svizzera. L’Unione svizzera delle arti e dei mestieri ha l’obiettivo di promuovere e sostenere un ambiente economico e politico favorevole allo sviluppo delle piccole e medie imprese. Come evocato oggi da Regazzi nel suo discorso di insediamento, le sue sfide principali dei prossimi anni riguarderanno la riforma della previdenza vecchiaia come anche le discussioni attorno all’accordo quadro con l’Unione europea che attualmente sta dividendo gli animi sia tra datori di lavoro che tra i sindacati.
Per le associazioni cantonali è particolarmente interessante avere come riferimento quale presidente di un’associazione economica svizzera una figura che conosce a fondo la realtà economia e sociale della Svizzera italiana e dunque può permettere una miglior comprensione reciproca delle sfide epocali che l’attuale crisi porterà irrimediabilmente con sé.
Novità in materia di accordi di libero scambio
/in Internazionale, TematicheAccordo tra AELS-Ecuador e tra Ucraina e Georgia. Alcuni dettagli in merito.
Con la conclusione degli accordi di libero scambio (ALS), la Svizzera mira a garantire alle PMI un migliore accesso ai mercati. L’attuale rete (oltre 30 accordi) si arricchisce ora di un nuovo trattato, quello tra AELS ed Ecuador, che entrerà in vigore il 1° novembre prossimo. Tale accordo ha un vasto campo di applicazione: infatti, non solo promuove gli scambi commerciali regolando le norme di origine, le misure di salvaguardia commerciale, le barriere tecniche al commercio e le misure sanitarie e fitosanitarie, ma disciplina anche il commercio dei servizi, gli investimenti, la protezione della proprietà intellettuale e gli appalti pubblici.
Gli scambi commerciali con la Nazione sudamericana sono relativamente limitati: nel 2019 le esportazioni svizzere ammontavano a 100 milioni di franchi, soprattutto prodotti chimico-farmaceutici e macchinari e le importazioni si attestavano a 313 milioni di franchi, con un notevole incremento rispetto all’anno precedente dovuto all’aumento delle importazioni di oro. Questo accordo è tuttavia importante per l’export svizzero nella regione in quanto prevede il cosiddetto “cumulo dell’origine” con materiali originari da Colombia e Perù (con cui l’AELS ha accordi separati) favorendo l’ottenimento della condizione di “merce di origine preferenziale” necessaria per uno sgravio dai dazi.
Il 26 marzo 2020 è inoltre entrato in vigore anche l’ALS tra Ucraina e Georgia. In che modo questo accordo tocca anche la Svizzera? La Confederazione dispone di ALS sia con l’Ucraina (dal 2012) sia con la Georgia (dal 2018) e in tali accordi sono definite norme di origine identiche che rendono possibile il “cumulo dell’origine”. Come nel caso sopra esposto, questo amplia notevolmente la possibilità di ottenere l’origine preferenziale e una (parziale) esenzione daziaria.
La conoscenza dei regimi preferenziali e delle possibilità di esenzione dai dazi doganali è di fondamentale importanza per le nostre aziende, Cc-Ti e S-GE si impegnano quindi a diffondere al meglio tali informazioni e restano a disposizione per approfondimenti.
Articolo a cura del Servizio Export Cc-Ti e di Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana