«I ripetuti “stop and go” fanno male all’economia»

Intervista di Gianni Righinetti al Direttore Luca Albertoni, apparsa sul Corriere del Ticino il 22.12.2020

Luca Albertoni da oggi scatta lo stop per la ristorazione fino al prossimo 22 gennaio. Il settore, fondamentalmente, paga per tutti l’avanzata dei contagi?

«L’impressione è purtroppo questa ed è demoralizzante per un settore, che, come tutti gli altri, ha compiuto ingenti sforzi sia organizzativi che finanziari per implementare le misure di sicurezza richieste dalle autorità. Se pensiamo ad esempio agli assembramenti incontrollati nei trasporti pubblici e negli spazi pubblici comuni, la sproporzione della misura appare ovviamente manifesta. In questo contesto mi preme sottolineare come tutti i settori economici, aziende grandi e piccole, abbiano dato il massimo per garantire la sicurezza, tanto che il luogo di lavoro è ritenuto responsabile dei contagi in misura assai ridotta. Di questo dato effettivo, troppo spesso, non si tiene conto».

La ristorazione, per effetto del rilassamento natalizio e in vista del capodanno, poteva davvero diventare fonte di focolai a raffica?

«In un contesto in cui vengono garantite le misure dettate dalle Autorità, sono i comportamenti individuali a fare la differenza. Se i singoli non rispettano le regole, allora tutto diventa problematico, e la fonte dei focolai poco identificabile. Esperti improvvisati ce ne sono fin troppi e io non faccio parte di questa schiera, perché ritengo che questo virus vada affrontato con serietà e soprattutto umiltà. È però lecito porsi la domanda: una cena di 4 persone in un ristorante con le distanze e tutte le misure di igiene è più pericolosa di un/una cenone/festa in un contesto privato senza precauzioni? È l’Autorità a doversi fare la domanda e dare la risposta».

A nessuno sfugge che questo ramo economico funge da motore per tanti altri. Teme che le ricadute negative a catena saranno molte e pesanti?

«Abbiamo la fortuna di avere un tessuto economico diversificato, per cui spesso le difficoltà di un settore sono compensate da altri. Ricordo, ad esempio, che durante il lockdown primaverile l’industria fortunatamente ha potuto continuare a lavorare, seppure a ritmi ridotti, in tutta sicurezza, rivelandosi fondamentale per il mantenimento di un sostenibile andamento economico generale. Nel caso concreto, se si riuscirà a far continuare a funzionare il sistema economico senza troppe limitazioni, si potrebbero limitare i danni. È ovvio che in un meccanismo complesso e interconnesso come quello economico, ogni piccolo ingranaggio che si blocca ha conseguenze su molti altri. Vale per tutti i settori, nessuno escluso».

Dicembre doveva essere il mese buono per tentare di permettere all’economia di chiudere l’anno con il sorriso. E invece rischia di essere un mese poco positivo. Quanto peserà sul bilancio annuale?

«L’impatto sarà certamente negativo, quantificarlo esattamente al momento attuale è difficile, anche perché i parametri ai quali fare riferimento per delle previsioni cambiano continuamente. L’economia svizzera e quella ticinese, che segue le tendenze nazionali, sono riuscite, tutto sommato a limitare i danni nel 2020 e l’andamento è stato, per certi versi, meno negativo del previsto. Il livello delle esportazioni è riuscito, ad esempio, a risollevarsi su livelli buoni. Occorre però ragionare su un termine più lungo di quello annuale, visto che vi sono ancora molte aziende in lavoro ridotto. Inoltre, i prestiti COVID hanno dato un sostegno molto utile a parecchie aziende per sopravvivere, ma esse ora si trovano indebitate. Non sto parlando di quelle imprese considerate “decotte” e che avrebbero terminato il loro cammino per evoluzione naturale delle cose, ma di imprese sane che finora non avevano alcun debito e hanno dovuto, verosimilmente, erodere le proprie riserve. È una realtà che rischia di avere un peso specifico significativo».

Il 2021 partirà con il freno a mano tirato all’insegna della più grande incertezza. Come si può avere fiducia in questo contesto?

«Gli imprenditori sono abituati a confrontarsi con ogni genere di difficoltà e la grande voglia di lavorare e di recuperare dimostrata in questi mesi è la migliore garanzia in questo senso. Evidentemente i ripetuti “stop and go”, celebri nel contesto della Formula 1 per aumentarne l’elemento spettacolare, non si adattano all’economia, che si ritrova a dover quasi vivere alla giornata. L’impossibilità di pianificare su un termine, non dico lungo ma almeno medio, è un veleno pericoloso per tutti i settori. Penso, ad esempio, agli investimenti, fondamentali per rimanere competitivi e quindi anche assicurare l’occupazione. È un peccato perché le aziende ticinesi, negli scorsi anni, avevano dimostrato una grande propensione agli investimenti, spesso superiore alla media degli altri cantoni. Ma in queste condizioni diventa, oggettivamente, molto più difficile».

Le previsioni della Segreteria di Stato per l’Economia (SECO) sono però positive per l’anno a venire. Lei ci crede?

«Le previsioni, purtroppo o per fortuna, sono spesso fatte per essere smentite. Quelle pubblicate finora partono dal presupposto che la situazione epidemiologica rientri in parametri più controllabili e quindi sostenibili. Su questa visione nutro qualche serio dubbio, a corto termine. Gli esperti non avevano previsto un impatto così forte della seconda ondata che stiamo vivendo. Le nostre aziende, per fortuna, vivono di professionalità ed esperienza e non di previsioni. Tutto dipenderà, ancora una volta, dalle misure che saranno prese dalle Autorità. Si parla anche di possibile effetto rimbalzo, cioè una forte crescita dei consumi quando la situazione sul fronte della salute si calmerà. Penso sia più un auspicio che una certezza».

Da Berna e dal Ticino sono giunte decisioni chiare su chiusure e limitazioni. Dal vostro punto di vista si può dire che ci sia stata altrettanto chiarezza sugli aiuti puntuali?

«In generale nel nostro paese siamo messi piuttosto bene, gli aiuti sono importanti, effettivi e rapidi, pur avendo dovuto calibrarli a situazioni non contemplate dalla legislazione. Purtroppo, a volte, la questione degli aiuti segue solo in un secondo tempo quella delle limitazioni e in questo senso forse manca una strategia che tenga conto di entrambi gli aspetti in modo parallelo alle decisioni. Forse è più “facile” e immediato prevedere le limitazioni, ma la giusta attenzione alla salvaguardia del settore sanitario non deve distogliere dall’obiettivo di salvare un sistema economico di cui beneficiamo tutti. Non si tratta di fare regali, ovviamente, ma certamente è necessaria la massima attenzione sugli effetti finanziari di ogni singola misura restrittiva. Limitazioni e aiuti devono procedere di pari passo».

Per quanto concerne il Ticino domani si conosceranno le regole per i casi di rigore. Siete stati consultati? Sapete già cosa proporrà il Consiglio di Stato?

«Non vi è stata una consultazione formale, probabilmente perché si intende prendere come riferimento l’attuale base legale federale. Non mi aspetto quindi particolari sorprese rispetto ai settori praticamente fermi e già definiti come destinatari (come gli organizzatori di eventi, le agenzie di viaggio, ecc.). Tuttavia, nessun settore deve venire escluso a priori se adempie le condizioni. Dal nostro cantone ci aspettiamo anche un approccio coraggioso, come stanno facendo altri cantoni, che hanno previsto aiuti a fondo perso oltre i parametri stabiliti dal diritto federale. Penso ad esempio a Ginevra, Vaud o Argovia».

Dal week-end anche in Svizzera abbiamo qualche certezza in più sul vaccino. Questo può aiutare l’economia o l’incertezza dettata dal virus finirà per tarpare le ali ancora per mesi e mesi?

«Il nostro primo pensiero è per le persone a rischio che potranno finalmente, con ogni probabilità, riconquistare lentamente una serenità quotidiana e diminuire le complicazioni per la propria salute. È chiaro che ogni elemento che permette di recuperare una certa normalità sarà certamente d’aiuto. Da quanto abbiamo appreso gli effetti del vaccino, in generale, si vedranno però solo dopo mesi. Con queste premesse, penso che anche nel 2021 faremo i conti con una grande incertezza legata alla situazione sanitaria, sperando che essa sarà comunque più facilmente gestibile. Incertezza forse ridotta ma che comunque continuerà ad avere, purtroppo, un impatto importante sulla ripresa della nostra economia. Un miglioramento, sebbene non risolutivo, sarebbe comunque fondamentale, per ridare al nostro tessuto cantonale e nazionale la spinta necessaria per uscire dalla continua gestione di crisi e potersi dedicare maggiormente a progetti più positivi e propositivi. Il vaccino non sarà comunque la panacea di ogni male, purtroppo. Le persone e le aziende saranno ancora, per tanto tempo, chiamate a fare la differenza».