Le aziende sono fatte di persone

Intervista ad Andrea Gehri, che dal 1° gennaio 2021, assumerà la carica di Presidente Cc-Ti.

Dal gennaio prossimo, lei succederà a Glauco Martinetti alla presidenza della Cc-Ti, in un momento tutt’altro che semplice per la nostra economia. Non ci siamo ancora ripresi dalle pesanti conseguenze della prima ondata del Coronavirus ed ecco che il nuovo aumento dei contagi porta il rischio di un secondo lockdown generalizzato. Come intende affrontare questa sfida per la Cc-Ti?

Come andiamo ripetendo da quando siamo confrontati con il Coronavirus, il rispetto per le esigenze sanitarie e la salute di cittadine e cittadini è ovviamente prioritario. Detto questo, sono necessarie anche altre riflessioni, perché resta comunque centrale la questione di trovare un equilibrio fra le menzionate esigenze e quelle economiche. Perché, detto magari un po’ brutalmente, se l’economia si ferma o anche solo rallenta, come possono venire generati i mezzi per far funzionare il sistema, compreso quello sanitario? Chi asserisce che gli imprenditori pensano solo al soldo, si sbaglia di grosso. Persone e aziende avanzano su binari paralleli, le aziende sono fatte di persone e dalle persone, quindi la priorità della salute è sempre in primo piano. Fatta certa questa considerazione, il benessere della popolazione dipende anche dall’andamento economico del Paese. Non bisogna dimenticare che le nostre famiglie, la nostra società deve avere anche certezze economiche per sostenere e fronteggiare le tante scadenze personali. Ripeto. Le persone e l’economia devono sostenersi nella protezione reciproca per avere un futuro comune in positivo e sereno. L’economia siamo tutti noi, cittadine e cittadini parte di un solo sistema e considerare l’economia come qualcosa di astratto addirittura ostile è un errore, purtroppo comune, ma gravissimo. Possiamo asserire che le imprese hanno dimostrato grande senso di responsabilità, investendo molto sulla sicurezza e sulle richieste misure di protezione, tanto che è piuttosto raro che ci si ammali sul lavoro. Le mancanze di alcuni non devono fare da esempio. Peccato che di questo non si tenga abbastanza conto e si tenda a criminalizzare tutti sulla base di qualche episodio non giustificabile in alcun modo, predisponendo poi misure a volte non commisurate, contradditorie e discutibili. Se il comportamento del singolo fuori dal contesto lavorativo non è disciplinato, accanirsi sulle attività economiche ha poco senso ed è dannoso per tutti.

La sua azienda, la Gehri Rivestimenti SA, è rappresentativa della rapida evoluzione tecnologica del settore dell’artigianato ma anche di quel ricco e diversificato tessuto di piccole e medie imprese che ha fatto la fortuna della Svizzera e del Ticino. Oggi però è soprattutto sulle PMI che si scarica la pressione della crisi generale provocata dal COVID-19, col rischio di minarne la forza e le potenzialità.

Dobbiamo riconoscere che finora le autorità si sono mosse rapidamente e in modo efficace, in particolare durante la prima ondata COVID-19. È comunque articolato proporre soluzioni perfette per esigenze immensamente diversificate. Le azioni d’emergenza messe in atto hanno aiutato a tamponare e limitare i danni, hanno sorretto un sistema preso alla sprovvista e disorientato da una realtà impensabile. L’andamento economico avrebbe potuto soffrire ancora più pesantemente di quanto la realtà del momento si è poi dimostrata. A Attenzione, non illudiamoci in nessun modo che la situazione sia sotto controllo. Non dobbiamo dimenticare che molte aziende sono ancora in regime di lavoro ridotto e che tante PMI, che non erano indebitate sino a quest’anno, hanno dovuto attingere a riserve non sempre ingenti e, alla fine, hanno dovuto ripiegare sugli aiuti per poter sopravvivere. Gli imprenditori hanno, e stanno, lottando per mantenere “in corsa” le proprie attività. Aggiungere, in un periodo come questo, una grande pressione quale è un debito aziendale per un imprenditore è segno di grande responsabilità. Serietà verso i propri collaboratori e le loro famiglie, e serietà verso un territorio che conta su queste tutte figure fondamentali. I prossimi mesi metteranno ancora a dura prova la realtà economica del nostro Paese. Quanto faticosamente raggiunto e assicurato nei tanti mesi di pandemia già trascorsi rischia di essere nuovamente messo in discussione. Il mondo intero si muove intorno a noi con misure e modalità nuove e non sempre facilmente sostenibili per le aziende più piccole. Abbiamo imparato a reinventarci, a lavorare duramente per mantenere gli accordi e la qualità che ci rappresentano da sempre, stiamo costruendo una nuova realtà nell’interesse di tutti i settori per restare concorrenziali e presenti sui mercati. È con questo intento che le realtà aziendali volgono il proprio sguardo verso coloro che, sopra tutti, devono aiutarci a fare il nostro bene. Sottolineo che è assolutamente necessaria una seria e propositiva riflessione sui criteri dei casi di rigore e sugli aiuti a fondo perso, senza i quali molte attività di base in taluni settori economici finora sani rischieranno di dover chiudere. Quanto deve essere messo a disposizione non può essere un’incudine che trascina a fondo un sistema già duramente messo alla prova, ma una rete di protezione che permetta alle nostre aziende di ricominciare, riprendere, rispondere alle nuove sfide. La ripartenza dell’economia si materializzerà, siamone certi, e allora dovremo disporre di un tessuto economico agile e in salute, pronto per la ripresa.

Nell’ultimo studio del Credit Suisse sui Cantoni più attrattivi per le aziende, il Ticino si è piazzato in fondo alla classifica, al 23esimo posto. Come spiega questa valutazione? Un segnale allarmante per il futuro della nostra economia?

La valutazione dei tanti studi che vengono fatti non risponde mai a una teoria univoca. La stessa posizione del Ticino dipende dal tipo di studio che viene condotto. Quello menzionato ci colloca da anni in fondo alla classifica soprattutto per tre motivi: il territorio considerato non facilmente raggiungibile (almeno fino a oggi), con debolezze nelle infrastrutture legate alla mobilità, una certa scarsità di personale qualificato reperibile all’interno dei confini cantonali e nazionali e un’attrattiva fiscale relativa. I miglioramenti portati da Alptransit e l’entrata in vigore della riforma fiscale, voluta dal popolo, potrebbero far mutare, direi, “arricchire ” alcuni di questi parametri. Non è mai una classifica che può definire la forza di un’economia in quanto tale, ma si riferisce piuttosto a quelle che comunemente chiamiamo “condizioni- quadro”. E più in generale, abbiamo dimostrato in tante occasioni di essere un Cantone che raggruppa e produce un valore aggiunto di tutto riguardo. Tutto migliorabile come per ogni cosa, ma certamente in grado di dimostrare grandi capacità e imprenditorialità di rilievo. Allarmante per la nostra economia sarebbe non mantenere e implementare le condizioni quadro che permettono il successo del nostro Paese.

La Cc-Ti sostiene da sempre la linea del dialogo tra le parti sociali e il confronto dialettico col mondo politico come metodo per la soluzione dei conflitti e come approccio costruttivo per la crescita economico-sociale del Cantone. Ritiene ci siano ancora le condizioni per questo spirito di collaborazione o prevarranno invece gli irrigidimenti e le contrapposizioni che hanno contrassegnato questi ultimi anni?

La Cc-Ti crede fermamente nel dialogo e nella possibilità di una seria mediazione propositiva per entrambe le parti in causa. La nostra associazione si è sempre, e continuerà anche in futuro, fatta voce delle tante esigenze del nostro territorio economico, dalle aziende alle associazioni di categoria fungendo da punto di riferimento dell’economia in Ticino.
La capacità di ascolto delle parti sociali, della politica, e quindi la possibilità di un confronto costruttivo, sembra purtroppo essere scemata, lasciando strada a un atteggiamento e una pericolosa abitudine di individuare l’economia, rispettivamente le aziende, come la causa di tutti i mali. Come unica variabile da modificare, punire per sanare tutti i problemi. Pericoloso lasciar avanzare una tale negativa tendenza! Anche in situazioni delicate come quella che stiamo affrontando, non vedo purtroppo segnali di apertura in questo senso, e questo mi rattrista e mi preoccupa molto. Esistono difficoltà che si possono risolvere solamente concertando le intenzioni e inseguendo un intento comune. “Un soldato da solo non può fare la guerra” e anche noi, proprio perché non abbiamo questa presunzione, ricerchiamo sempre negli altri attori di questo mondo economico, degli interlocutori seri e propositivi. Quasi sempre, anzi troppo spesso, restiamo soli al fronte. Noi continueremo, nel rispetto dei ruoli e delle persone, a sottolineare le grandi qualità della nostra economia cantonale, a proporre progettualità e a metterci a disposizione per la soluzione dei problemi reali, cercando di non entrare nelle polemiche artificiose prive di fondamento.
Ma tutto questo, come detto, presuppone una capacità di ascolto che oggi non mi sembra di percepire. L’unità di intenti emersa e tangibile nel corso dell’emergenza del primo lockdown si è purtroppo rapidamente affievolita per poi perdersi. Sarebbe stata l’occasione per ricostruire un dialogo permanente. Peccato.