Sinergie settoriali per promuovere il territorio

In quest’intervista con Paola Maran-Matasci dell’azienda Matasci Fratelli SA, Tenero, cerchiamo di capire meglio l’evoluzione del settore vitivinicolo in Ticino, sia dal punto di vista storico che quale esperienza aziendale. La Matasci Fratelli SA è un’azienda con anni di storia alle spalle, che ben testimonia il valore del fare impresa in modo sostenibile, legato al territorio.

Nel contesto economico ticinese, anche il settore vitivinicolo ha un peso determinante. Quale è la sua importanza nel contesto storico e come sta oggi?

Premetto che l’azienda a conduzione familiare che oggi dirigo con mio marito e i miei cugini ha vissuto la storia del Merlot quasi dalle sue origini. Nel 1906 vi furono i primi impianti di barbatelle ma la coltivazione di questo vitigno si è sviluppata solo negli anni ‘50, mentre in precedenza si coltivavano altri uvaggi e il gusto del consumatore era orientato sul Barbera del Piemonte. Negli anni sessanta, con il periodo del boom turistico in Ticino, il Merlot ha iniziato ad essere apprezzato vieppiù dalla clientela d’Oltralpe, che ha di fatto aperto le porte alla sua commercializzazione in tutta la Svizzera tedesca. A partire dagli anni ottanta un gruppo di enologi ha cercato di dare una nuova impostazione alla vinificazione del Merlot con l’introduzione delle barriques secondo il metodo bordolese. Ciò ha dato un grande impulso alla ricerca sia in vigna che in cantina, e la qualità del prodotto ha raggiunto altissimi livelli, favorita in parte anche dal cambiamento climatico. Oggi il Merlot del Ticino gode di un’ottima reputazione grazie anche ai numerosi riconoscimenti ottenuti ai più importanti concorsi vinicoli, mentre la sua commercializzazione sta subendo una leggera ma preoccupante inversione di tendenza. Da una parte la concorrenza dei vini esteri che, a parità di qualità hanno prezzi più accessibili. Dall’altra il calo del consumo di vino in generale (si beve meglio ma meno), vuoi per l’ondata salutista, vuoi per l’introduzione di regole più severe in ambito di circolazione stradale, vuoi per una questione di mode. La soluzione per una ripresa potrebbe passare dalla consapevolezza di tutti gli attori del mondo enogastronomico, della necessità di armonizzare l’offerta privilegiando e coinvolgendo i produttori legati al territorio. Questa potrebbe anche essere la carta vincente per incrementare un turismo di qualità che va alla ricerca della tipicità del luogo e delle sue eccellenze. Non dimentichiamo che il turista non solo consuma il prodotto sul posto ma lo acquista e ne diventa portavoce a casa sua.

In che modo dare un valore aggiunto ad un prodotto tipico ticinese nel contesto internazionale? Quale la vostra esperienza?

Per quanto concerne la nostra azienda, la quantità di vino che esportiamo è molto esigua, in linea credo con gli altri produttori, e ciò per due ragioni: da una parte siamo penalizzati dal rapporto franco-euro, dall’altra la realtà vinicola ticinese (ma anche Svizzera) è pressoché sconosciuta fuori dai nostri confini e il confronto con altri paesi tradizionalmente vocati richiederebbe un investimento a livello di immagine probabilmente sproporzionato in rapporto all’offerta. La superficie vitata in Ticino si trova spesso in zone edificabili, ciò che non ne favorisce l’estensione, ma piuttosto il contrario, quindi la produzione media di vino non aumenterà a breve termine. Detto questo, se ci fosse la necessità di esportare, in previsione di annate più abbondanti e di un ulteriore calo del consumo interno di vino, bisognerebbe farlo all’unisono con le altre regioni vinicole svizzere, rivolgendosi ad un consumatore di nicchia, curioso e appassionato, disposto a spendere per un prodotto che racchiude in sé l’immagine di un Paese considerato un concentrato di bellezza (grazie anche ai suoi vigneti).

Export: attenzione ai passi falsi

Nel corso del nostro lavoro abbiamo constatato che le PMI che si avvicinano a nuovi mercati tendono a effettuare alcuni passi falsi. Il primo è sottovalutare la pianificazione dell’entrata sul mercato, la concorrenza e i costi legati all’operazione.

Per affacciarsi a un nuovo Paese è necessaria una pianificazione accurata e la conoscenza degli ultimi sviluppi e delle tendenze del settore. È opportuno essere al corrente dei prezzi usuali ai quali i propri prodotti sono offerti sul mercato target e dei costi legati alla logistica e alla vendita. È altresì basilare capire come si posiziona la concorrenza: spesso le aziende svizzere hanno sì prodotti di livello superiore, ma la vera e propria sfida consiste spesso nell’essere in grado di offrire anche il necessario servizio dopo vendita.

Un secondo passo falso è quello di legarsi al partner sbagliato. Chi entra su un nuovo mercato lo fa generalmente operando con un’azienda locale, che lo aiuti a fare le prime esperienze e a stabilire i contatti con i clienti del luogo. La scelta del partner è quindi un aspetto fondamentale: serietà, affidabilità e interessi comuni sono caratteristiche imprescindibili e presuppongono una selezione accurata e l’esecuzione di una due diligence.

Sottovalutare l’importanza della cura dei rapporti personali è un altro passo falso ricorrente. Identificare il partner “giusto” non è sufficiente: le relazioni vanno curate e coltivate, i propri partner, clienti e/o rappresentanti di autorità vanno incontrati con regolarità e di persona.

Un ultimo elemento da non sottovalutare è quello di non seguire il proprio intuito: chi non riesce a relazionarsi con partner locali, a capirne la mentalità o non si trova bene nel Paese target dovrebbe rivalutare l’importanza dello stesso nel processo di internazionalizzazione della sua azienda.

Le missioni economiche della Cc-Ti oppure le ricerche di partner o di mercato di S-GE costituiscono un supporto valido per minimizzare questi errori.

Articolo a cura di
Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana e
Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti

Testo apparso sul CdT del 2 ottobre 2018

Il servizio Export della Cc-Ti e S-GE sono a vostra disposizione per consulenze in ambito di esportazioni.
Contatti email: Servizio Export Cc-Ti e S-GE

Legge sul cioccolato: dal 1° gennaio 2019 aboliti i contributi all’esportazione

Le condizioni quadro per le industrie alimentari peggiorano. Nell’intervista con Alessandra Alberti, Direttrice Chocolat Stella SA e membro dell’Ufficio Presidenziale Cc-Ti, facciamo il punto su questa novità legislativa che dal 1° gennaio 2019 prevede l’abolizione dei contributi all’esportazione.

Dal 1° gennaio 2019 entreranno in vigore le modifiche alla legge sull’importazione e l’esportazione dei prodotti agricoli trasformati (la cosiddetta “legge sul cioccolato”). Cosa significa questa misura per le aziende del settore alimentare e più in particolare per quelle attive nella produzione di cioccolato come la sua?

In base alla decisione della Conferenza ministeriale dell’OMC di Nairobi del dicembre 2015, le sovvenzioni all’esportazione per i prodotti agricoli trasformati devono essere abolite entro la fine del 2020. Il provvedimento riguarda anche i contributi svizzeri all’esportazione secondo la legge sull’importazione e l’esportazione dei prodotti agricoli trasformati (per l’appunto la cosiddetta “Legge sul cioccolato”). La base giuridica di questi contributi sarà abrogata il 1° gennaio 2019 in seguito alla revisione totale della legge sul cioccolato approvata dal Parlamento nel 2017, che ne cambia il nome in «legge federale sull’importazione di prodotti agricoli trasformati». Nella sua riunione del 21.9.2018, il Consiglio federale ha approvato l’entrata in vigore delle modifiche legislative e le misure di accompagnamento, che sono:

  • nuovi supplementi per cereali e per il latte commerciale (modifica della legge sull’agricoltura, i regolamenti sui contributi culturali individuali e il regolamento sul sostegno al prezzo del latte)
  • una semplificazione della procedura di autorizzazione per il regime di perfezionamento attivo per certi latticini e cereali di base (modifica dell’ordinanza doganale).

La nuova situazione non sarà più gestita dalle dogane, ma farà capo ad una soluzione privata, la quale non prevedrà più l’intero contributo ai prodotti esportati che contengono latticini o cereali.

Le condizioni quadro per le ditte che producono alimenti e che esportano una parte di essi continuano dunque a peggiorare. La qualità svizzera è fondamentale per essere apprezzati in tutto il mondo, ma purtroppo ciò non a qualsiasi prezzo. I prodotti devono comunque rimanere concorrenziali, altrimenti la possibilità di esportare diminuisce rapidamente.

La legge prevede delle misure di accompagnamento per colmare l’eliminazione dei contribuiti all’esportazione dati fino a tutt’oggi. Ritiene che le nuove condizioni quadro favoriranno la piazza economica svizzera per l’industria alimentare?  

La possibile combinazione dell’abolizione delle sovvenzioni all’esportazione e dell’aumento del prezzo dello zucchero in Svizzera, indebolirebbe in modo importante il quadro della nostra industria alimentare. A partire dal 1 ° gennaio 2019, nessun rimborso dei dazi doganali sarà concesso per i prodotti a base di latticini e cereali. Ciò si tradurrà in un significativo deterioramento delle condizioni quadro per i produttori che esportano i prodotti alimentari. Le misure di accompagnamento adottate dal Consiglio federale sono necessarie, ma insufficienti. Non sono in grado di compensare lo svantaggio sul prezzo delle materie prime causato dalla protezione dell’agricoltura. In futuro il prezzo dello zucchero sarà aumentato con nuovi tassi doganali. Di conseguenza, le condizioni quadro delle ditte svizzere, le quali sono attive a livello internazionale e dunque hanno concorrenti a livello globale, sono sotto pressione crescente. L’abolizione del rimborso dei dazi doganali ed estensione della protezione doganale dell’agricoltura crea nuove e sempre più grandi sfide per gli esportatori svizzeri nel settore alimentare come quello del cioccolato, dei biscotti e della confetteria. Anche la Chocolat Stella di Giubiasco, azienda che dirigo, come le altre 18 ditte produttrici di cioccolato in Svizzera, esporta il 70% delle proprie specialità (cioccolato con ingredienti regionali, Bio  Fair Trade, senza aggiunta di zuccheri, vegani e tante altre specialità) in 50 Paesi nel mondo e quindi è molto  preoccupata di questa evoluzione pericolosa per tutti.

Quale membro della Federazione delle Industrie Alimentari svizzere, ritiene che con questa riforma oltre alle ordinanze sempre più restrittive sull’indicazione di provenienza (Swissness), si mettano in pericolo dei posti di lavoro nell’industria alimentare?    

Ingredienti come latte in polvere o farina sono protetti dai dazi doganali in Svizzera. Fino alla fine di quest’anno i rimborsi doganali stabiliti dalla “Legge sul cioccolato” garantiscono che le imprese svizzere possano ancora combattere a parità di condizioni per esportare. Tuttavia, questo risarcimento sarà rimosso dal 2019 su richiesta dell’OMC. Il denaro precedentemente versato agli esportatori per compensare lo svantaggio dei dazi doganali andrà in futuro direttamente all’agricoltura. L’industria lattiero-casearia ha già deciso di utilizzare fino al 30% circa di questi fondi per scopi diversi dalla compensazione agli esportatori per il loro ‘handicap’ sul prezzo delle materie prime. A causa di ciò e di altri restrizioni, solo una quota relativamente piccola di questi soldi messi a disposizione al settore agricolo per compensare lo svantaggio sui prezzi delle materie prime andranno ai produttori di alimenti che esportano.Parallelamente all’abolizione della restituzione dei dazi doganali nei settori lattiero-caseario e cerealicolo, il 18 settembre 2018 l’Ufficio federale dell’agricoltura ha messo in consultazione un sistema di protezione doganale per preservare la crescita della barbabietola da zucchero e la produzione di zucchero in Svizzera. Ne risulterebbero costi aggiuntivi di diversi milioni per l’industria alimentare svizzera.L’attuazione di questa proposta è un rischio che porterebbe una spirale incessante di costi in aumento.In questo contesto, i produttori svizzeri di cioccolato, biscotti e dolciumi sollecitano i politici a garantire le condizioni quadro necessarie affinché i loro prodotti svizzeri di fama mondiale possano continuare ad essere fabbricati in Svizzera. Tutti i produttori desiderano utilizzare le materie prime svizzere per la produzione delle tante specialità esportate nel mondo, quando queste sono reperibili della giusta qualità per la fabbricazione dei prodotti (vedi anche nuova legge Swissness). È però importante che, oltre alla qualità, anche il prezzo sia concorrenziale, così che sia l’industria alimentare che l’agricoltura possano beneficiare dei vantaggi di una sempre maggiore esportazione. In sostanza, più si riesce ad esportare e più materie prime svizzere vengono consumate!

 

Previdenza professionale: capitale o rendita?

Capitale o rendita? Una decisione con conseguenze significative per il reddito nella terza età. I futuri beneficiari di rendita devono attendersi minori prestazioni di vecchiaia dalla previdenza professionale. È anche per tale ragione che la questione della forma di prelievo dell’avere di vecchiaia, ovvero il fatto che si scelga una liquidazione in capitale o una rendita, acquista una rilevanza sempre maggiore.

Lo studio di Credit Suisse illustra le singole opzioni a disposizione degli assicurati in considerazione dell’aliquota di conversione, del contesto dei rendimenti, dell’aspettativa di vita e dell’onere fiscale. La decisione irrevocabile tra capitale e rendita può avere effetti rilevanti sul reddito disponibile durante la vecchiaia, a dipendenza del luogo di residenza e della situazione fiscale.

Un’ampia riforma del sistema previdenziale tarda ad arrivare. Per questo motivo, le casse pensione hanno cominciato a sfruttare il margine di manovra esistente nel regime sovraobbligatorio per far fronte, per quanto possibile, alla nuova realtà caratterizzata da tassi bassi e da un progressivo invecchiamento demografico. Di conseguenza, le aliquote di conversione e i tassi d’interesse tecnici sono stati ridotti. Inoltre le casse pensione trasferiscono in misura sempre maggiore i rischi d’investimento e di longevità sugli assicurati, obbligandoli a percepire l’avere di vecchiaia almeno in parte sotto forma di capitale. Alcune casse pensione prevedono che l’avere di vecchiaia risparmiato per alcune componenti salariali di importo più elevato possa essere versato alla data del pensionamento esclusivamente come capitale.

I piani di previdenza «1e» offrono alle casse pensione nuove opportunità per ridurre i rischi d’investimento e di longevità. Per le imprese ciò si traduce nella possibilità di alleggerire il bilancio degli obblighi pensionistici a lungo termine. Con questi piani, disponibili per le quote di salario superiori a CHF 126 900, gli assicurati hanno la possibilità di scegliere la propria strategia d’investimento e non devono mettere in conto alcuna redistribuzione – contraria al sistema – tra assicurati attivi e beneficiari di rendita. In questo modo gli assicurati possono beneficiare di opportunità di rendimento potenzialmente più elevate. A differenza di quanto accade con altre soluzioni di previdenza, nei piani 1e l’assicurato sopporta interamente in prima persona il rischio d’investimento e al pensionamento percepisce di norma una liquidazione in capitale. Tuttavia, solo un assicurato su dieci raggiunge l’ammontare del reddito richiesto e può così investire in un piano 1e offerto dal proprio datore di lavoro.

La pubblicazione «Previdenza professionale: capitale o rendita?» è disponibile su Internet in italiano, tedesco, francese e inglese.

Testo a cura del Credit Suisse, Lugano

Uno stagista in azienda

Non sempre è possibile e immediato, dopo gli studi, l’accesso al mondo professionale. Molti datori di lavoro danno la precedenza a candidati che hanno già maturato un’esperienza. Gli stagisti sono persone che lavorano e collaborano all’interno di un’azienda, durante la loro formazione, per un periodo limitato, legati da uno speciale contratto da stagisti, al fine di familiarizzare con la pratica e conoscere meglio l’ambito pratico professionale scelto.

Essendo gli stagisti dei futuri possibili collaboratori, è nell’interesse di entrambi il successo di questo cammino condiviso.

 

In generale

Il datore di lavoro deve fissare, in accordo con lo stagista, obiettivi ben chiari all’interno del dominio tecnico proposto. Al primo incontro verranno quindi ricercate caratteristiche affini al tipo di azienda e definite chiaramente esigenze e aspettative di entrambi. Questi particolari “progetti di formazione” interni all’azienda devono venir valutati periodicamente con scadenza regolare e seguiti da un responsabile.

Nella pratica

Il contratto di stage

Questo contratto è un caso specifico di contratto a durata determinata.

La durata dello stage

La durata è normalmente predeterminata dalle parti per iscritto e può variare molto tra qualche settimana e un anno.

Gli stagisti hanno diritto a un salario

L’importo dipende evidentemente dalla durata dello stage e dalle conoscenze tecniche o pratiche della persona (dunque si differenzia tra un semestre o più semestri di formazione già conclusa). Vengono, inoltre, tenuti in considerazione gli obiettivi posti e la valenza reale per l’azienda del lavoro che verrà svolto durante lo stage. I salari sono estremamente variabili. Le indicazioni consigliate dalle istituzioni di formazione o dalle varie associazioni non sono obbligatorie per l’azienda. Non è raccomandabile offrire degli stage non pagati, fatta eccezione nei casi “simili a una prova” di corta durata (meno di un mese).

In linea di massima:

  • per gli studenti di scuola secondaria (ca. 15/16 anni) i salari si collocano sovente tra i CHF 500 e CHF 750 al mese, in funzione della durata dello stage e della tipologia del lavoro da svolgere all’interno dell’azienda. Questi salari possono essere comparati con quelli degli apprendisti.
  • per gli stagisti più anziani o di provenienza da una scuola tecnica superiore o per stage di lunga durata, i salari sono normalmente più alti, fino a CHF 1’500/2’000.
  • il salario massimo indicativo da versare è circa CHF 3’500 al mese e deve differenziarsi dai salari di base di un dipendente con la formazione terminata.

Le vacanze

Gli stagisti hanno diritto, come gli impiegati, a dei congedi pagati secondo le norme del CO.

Certificato di lavoro

Il certificato di lavoro si attiene alle norme del CO e non può o deve essere ignorato. Gli stagisti potranno presentare i certificati di stage durante la loro futura ricerca di un impiego e questi documenti potrebbero fare la differenza, per un datore di lavoro, al momento della scelta del proprio collaboratore.

Giovani sino a 16 anni

I giovani tra i 13 e i 15 anni possono essere assunti solo per lavori leggeri quali lavoretti (estivi e non) e stage d’orientamento. Durante le vacanze possono lavorare al massimo 8h al giorno (40h a settimana), e unicamente per metà delle vacante scolastiche.
Per alcuni ambiti professionali esistono delle restrizioni: ad esempio, i giovani fino ai 16 anni non possono lavorare nei cinema, nei circhi, nelle aziende dello spettacolo, né possono servire clienti in aziende del divertimento quali i cabaret, i bar, i club o le discoteche.
Le disposizioni speciali di protezione dei giovani lavorati contenute nella legge sul lavoro e nell’ordinanza dei giovani lavoratori non si applica più alle persone oltre i 18 anni.

Uno stagista straniero

Per gli stranieri gli stage in Svizzera sono molto attrattivi (anche perché i salari versati durante gli stage sono di norma superiori a quelli di altri paesi).
Per collaborare con stagisti stranieri, è necessario richiedere, in tutti i casi, un’autorizzazione.

Importante è inserire una frase nel contratto che sottolinei questa condizione di collaborazione: “questo contratto è in vigore sotto riserva dell’attribuzione di un’autorizzazione di lavoro e di soggiorno..”

Al momento del deposito della richiesta di autorizzazione, viene spesso richiesta una prova che lo stage scelto sia parte integrante dei propri studi (sia per obbligo che per scelta). Lo studente che possiede un permesso di dimora di tipo B per studio ha la possibilità di effettuare uno stage in Canton Ticino richiedendo una modifica del proprio permesso all’Ufficio della Migrazione di Bellinzona.

Ricordate:

  • il permesso non verrà trasformato in permesso di lavoro ma verrà modificato come permesso di studio con possibilità di attività lavorativa.
  • è illegale iniziare lo stage prima di aver ricevuto la modifica del permesso e conseguente approvazione da parte del Servizio regionale degli stranieri di Bellinzona (Ufficio Stranieri). È necessario iniziare la modifica del permesso almeno 15 giorni prima della data di inizio stage indicata sul contratto.
  • se durante il periodo di pratica professionale il guadagno annuo supera i CHF 2’300, il datore di lavoro è tenuto a richiedere il numero AVS per lo/a studente/essa che desidera assumere in stage (questo può venir fatto anche prima dell’approvazione alla modifica del permesso di dimora).

I costi

L’alloggio e tutti i costi accessori sono a carico esclusivo dello stagista. L’azienda è libera, ovviamente, di proporre possibilità di alloggio appropriate o partecipare alle spese.

Da sapere

Nei settori dotati di un CCL di obbligatorietà generale i giovani professionisti e i lavoratori non qualificati hanno diritto a salari minimi che non possono essere aggirati tramite contratti di stage. Negli altri settori che non prevedono salari minimi, il sistema delle misure collaterali alla libera circolazione affida alle commissioni tripartite cantonali il compito di rilevare gli abusi nell’ambito della loro osservazione del mercato del lavoro e di adottare provvedimenti nei singoli casi o anche a livello di professioni o settori.
Il Consiglio federale non ritiene pertanto necessario intervenire nel diritto del lavoro privato o nella formazione professionale regolamentando la durata degli stage.
Nel diritto svizzero sia i contratti di durata determinata che quelli di durata indeterminata sono soggetti alle disposizioni degli articoli 319 segg. del Codice delle obbligazioni. Un contratto di stage conforme al diritto svizzero del lavoro offre quindi la stessa protezione garantita da qualsiasi altro contratto di lavoro. Inoltre, secondo la valutazione del Consiglio federale, la ripetuta stipulazione di contratti di stage di durata determinata presso lo stesso datore di lavoro potrebbe essere considerata, in base alla prassi del Tribunale federale in materia di contratti di lavoro a catena, un modo per aggirare le disposizioni legali. Conformemente alla prassi giudiziaria, ne conseguirebbe che le disposizioni concernenti la protezione contro i licenziamenti, i termini di disdetta e determinate prestazioni sociali legali applicabili nei rapporti di lavoro di durata indeterminata sarebbero validi anche per i rapporti di stage.
Alla luce di queste considerazioni, il Consiglio federale non ritiene necessario intervenire sul piano legislativo.

Link d’interesse: Formulari e documenti , contratto di stage 1, contratto di stage 2, stagista straniero

Inbound Marketing: guida introduttiva

Una descrizione chiara di cosa è l’Inbound Marketing e come funziona per attirare nuovi lead verso l’azienda e trasformarli in clienti. In più, le linee guida per iniziare subito e pianificare oggi stesso una strategia efficace per potenziare il business.

Inbound Marketing: definizione e significato

L’azienda che ha inventato il termine Inbound (contrapponendolo ad Outbound) è HubSpot, software di Marketing Automation presente sul mercato da molti anni.  La parola Outbound si traduce letteralmente con “mandare fuori” e fa riferimento agli spot promozionali, in TV o in radio, alle chiamate a freddo e in genere a tutte quelle azioni commerciali che “aggrediscono” le persone, senza che queste ultime abbiano mai mostrato interesse nei confronti di quel prodotto o servizio pubblicizzato.

Il termine Inbound invece, legato ad una strategia di Marketing, mira ad attirare l’interesse delle persone, solleticando la loro curiosità grazie a contenuti utili e piacevoli, diffusi in prevalenza online (ma non solo).

Attraverso il blog aziendale ad esempio o i Social Media, le persone interessate contattano spontaneamente l’azienda, diventando potenziali clienti da coltivare con riguardo. L’azienda infatti invierà ai nuovi contatti una serie di e-mail, ad esempio, in linea con le preferenze espresse, per accompagnare il nuovo Lead nel percorso che lo condurrà all’acquisto (Buyer Journey).

Come appare evidente, il cuore pulsante di una strategia di Inbound Marketing è rappresentato dalla produzione dei contenuti.

L’azienda che intende lavorare in ottica Inbound svilupperà innanzitutto un piano editoriale da proporre al proprio Target di clientela, sfruttando in prevalenza i canali di comunicazione on-line.

Strategia di Inbound Marketing per l’azienda: come iniziare

Se la produzione dei contenuti è la/una colonna portante dell’intero piano strategico, la definizione del target di riferimento è il basamento da cui partire per cominciare l’analisi. La definizione del cliente ideale (la Buyer Persona) riveste un’importanza cruciale, perché determina:

  • la produzione di ogni singolo contenuto diffuso dall’azienda
  • il ToV (tono di voce aziendale da utilizzare per comunicare con i prospect)
  • i canali di diffusione da prediligere (Linkedin o Instagram ad esempio si rivolgono a target di clientela differenti).

Un identikit efficace della Buyer Persona comprende informazioni come:

  • Dati anagrafici e geografici
  • Professione
  • Hobby
  • Problemi quotidiani che affronta e per cui cerca soluzioni

L’azienda, dal canto suo, dovrà svolgere un accurato lavoro di posizionamento del Brand, comunicando i valori a cui si ispira e l’elemento (vero) che la differenzia dalla concorrenza. Il potenziale cliente si identifica con l’azienda, concede la propria fiducia e si fidelizza.

Definita la strategia di Inbound Marketing più in linea con gli obiettivi aziendali, si passa alla fase del monitoraggio dei risultati, per risolvere eventuali criticità e puntare ad un costante aumento di traffico e conversioni.

Testo redatto da: 

 

Emanuel Paglicci, Marketing Director, Ander Group SA, Agno

 

 

 

 

 

La Cc-Ti approfondisce questi aspetti in corsi dedicati: scopri tutta la formazione puntuale!

 

Efficienza, trasparenza e controllo nella gestione delle spese aziendali e di viaggio

«Come posso gestire, controllare e rimborsare in maniera efficiente le spese aziendali dei miei collaboratori?». Ogni datore di lavoro dovrebbe valutare questo aspetto, in quanto rientra tra i suoi obblighi indennizzare tutte le spese necessarie per lo svolgimento del lavoro dei propri collaboratori (Diritto delle obbligazioni 327 a C.).

La soluzione più immediata, ossia che i collaboratori anticipino le spese con i propri mezzi finanziari, non è ottimale, poiché, da un lato, vanno a gravare sul loro bilancio domestico personale. Dall’altro la rendicontazione delle spese è, a seconda della politica aziendale, spesso macchinosa e può comportare un notevole dispendio di tempo – rendendo così la panoramica delle spese d’affari meno trasparente.

Cosa si può dunque intraprendere per avere sempre sotto controllo in maniera razionale e trasparente tutti i costi relativi agli acquisti, le spese d’affari e di viaggio? E come possono questi ultimi essere ottimizzati?

Oggi esistono soluzioni di pagamento innovative, personalizzate in base alle esigenze individuali, che permettono alle aziende di ogni dimensione di gestire in maniera ideale le loro spese legate ai viaggi d’affari, snellendo così notevolmente l’amministrazione e aiutando a identificare potenziali di risparmio significativi.

Utilissimi tool di analisi dei dati consentono di ottimizzare i costi fornendo informazioni preziose per le aziende: ad es. la rapida identificazione di possibilità di risparmio permette la negoziazione di sconti con i partner. Inoltre l’integrazione automatizzata dei dati nei sistemi di gestione delle finanze e spese nell’ERP (Enterprise resource planning) dell’azienda ottimizza i tempi e migliora il controllo. A seconda dell’accordo con l’offerente, l’azienda e/o il collaboratore riceve dei conteggi singoli o riepilogativi dettagliati.

Quali tipi di pagamenti delle spese utilizzate?

Anticipi: i collaboratori anticipano le loro spese in contanti o con la carta di pagamento personale. Il rimborso richiede fino a 30 giorni. Svantaggio: può incidere sul bilancio personale.

Rimborso forfettario: i collaboratori ricevono un’indennità fissa che deve coprire tutte le spese di trasferta. Svantaggio: l’importo può superare la spesa effettiva o essere insufficiente.

Carte di pagamento business: i collaboratori pagano le loro spese con una carta di credito o prepagata business. Approfittano di numerose prestazioni supplementari (ad es. assicurazione viaggi di lavoro, programma frequent-flyer, carte in valute estere, ecc.).

Soluzioni di pagamento centralizzate: le aziende più grandi utilizzano prevalentemente soluzioni di pagamento centralizzate, i cosiddetti «Corporate Travel Accounts», che permettono di consolidare tutte le prestazioni relative ai viaggi in un unico conto. In questo modo facilitano la contabilità e l’imputazione dei costi. Il conto centrale è aperto a nome dell’azienda e depositato internamente o presso l’agenzia viaggi di fiducia.

Soluzioni di pagamento virtuali: grazie a queste nuove possibilità innovative il Procurement o il Travel Manager generano, in maniera sicura e in tempo reale, dei numeri di carte di credito con cui pagano tanto gli acquisti imprevisti quanto quelli regolari e le prenotazioni di viaggi a breve o lungo termine. Criteri aggiuntivi come numeri di centri di costo o di progetto semplificano l’imputazione.

Testo redatto da
Beat Weidmann, Head of Distribution Channels & Sponsoring, Cornèrcard

Insieme a sostegno delle aziende

La Cc-Ti e S-GE collaborano fattivamente in ambito export e consolidano l’offerta di servizi a sostegno delle aziende della regione.

(Meglio) conoscere i mercati esteri

Gli “eventi Paese” organizzati trimestralmente dalla Cc-Ti, in collaborazione con S-GE e con il supporto di sponsor di eccellenza, sono lo strumento ideale per chi desidera approfondire le conoscenze dei mercati esteri: dal taglio molto pratico, essi consentono ai partecipanti non solo di ottenere informazioni dirette e mirate sui mercati, le opportunità di business e gli eventuali rischi, ma anche di imparare dalle esperienze altrui. Tali eventi sono inoltre sempre più legati al lancio di missioni economiche in nuovi Paesi. È il caso della Cina quest’anno e, lo anticipiamo, del Canada nel 2019!

A margine degli eventi, i partecipanti possono beneficiare anche di un incontro di consulenza gratuito con i consulenti S-GE, nel corso del quale ricevono informazioni e consigli utili sui mercati o i segmenti di interesse. Queste indicazioni fungono da base per definire, in autonomia o con il supporto di S-GE, la migliore strategia di accesso al mercato target. Poiché l’apertura di nuovi mercati è inscindibile dalle conoscenze di procedure doganali e documenti di accompagnamento, parallelamente la Cc-Ti offre consulenza sulle formalità d’esportazione.

Formazione e successo aziendale

Informati e… formati. Alla base del successo aziendale vi è una buona padronanza della materia con la quale si lavora e operare sui mercati esteri significa essere consapevoli che vigono regole diverse. In stretta collaborazione con S-GE, la Cc-Ti offre corsi sui temi principali dell’export, quali l’origine delle merci, l’IVA, la documentazione necessaria, la contrattualistica internazionale, ecc..

Completano l’offerta formativa nuovi corsi dedicati all’approccio interculturale del fare business (il primo rivolto alla Cina) e la possibilità di richiedere corsi ad hoc in azienda.

Visibilità garantita

Informazione, consulenza, formazione, ma anche promozione. Con “Oltre i confini”, la trasmissione televisiva in onda su Teleticino, Cc-Ti e S-GE offrono la possibilità agli imprenditori della Svizzera italiana di essere intervistati su come fanno business all’estero. Un modo diverso e accattivante per far conoscere il dinamismo del tessuto imprenditoriale locale e le peculiarità delle nostre aziende attive in tutto il mondo!

Articolo a cura di
Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana e
Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti

 

 

Il servizio Export della Cc-Ti e S-GE sono a vostra disposizione per consulenze in ambito di esportazioni.
Contatti email: Servizio Export Cc-Ti e S-GE

La comunicazione tra uomo e macchina

Uno degli aspetti più affascinanti dell’era digitale è rappresentato da applicazioni basate sulla virtual reality (la riproduzione di scenari appunto vistuali) e l’augmented reality (l’abbinamento di informazioni/oggetti virtuali all’ambiente reale).

Il loro utilizzo congiunto costituisce il principio della cosiddetta “immersive experience“. Ma non si tratta di una semplice combinazione di tecnologie. In effetti la VR (Virtual Reality) offre funzionalità avanzate come lo spostamento di oggetti all’interno dello scenario virtuale fino alla riproduzione di stimoli (come il tatto). L’abbinamento di Augmented e Virtual Reality rende possibile un collegamento tra il mondo virtuale e quello fisico che, grazie al rapido sviluppo tecnologico, diventerà sempre più raffinato e realistico. Le applicazioni pratiche sono già numerose: partendo da un paio di occhiali intelligenti, un tablet e uno smartphone, oggi è possibile trasferire le immagini del mondo reale, completandole con le informazioni digitali. Ad esempio, i tecnici interni di Swisscom, responsabili della manutenzione dell’infrastruttura di rete, utilizzano occhiali intelligenti per lavorare su macchine e oggetti. In questo modo possono accedere all’oggetto reale attraverso il menu di selezione digitale ed essere supportati dalle informazioni digitali rese disponibili in sovrapposizione a quanto osservato nello scenario reale.

Un supporto AR si può rivelare molto utile nell’elaborazione di procedure critiche come, ad esempio, la manutenzione di macchinari complessi. Le tecnologie AR e VR consentono ai tecnici di zoomare all’interno di una macchina come se “navigassero” all’interno del disegno progetto, senza dover smontare fisicamente la macchina. Nella stampa 3D la tecnologia VR può aiutare a riprodurre visivamente i modelli in anteprima, analizzarli e simularne l’utilizzo prima dell’effettiva realizzazione.

Le nuove tecnologie immersive porteranno enormi cambiamenti anche in settori come l’educazione, il lavoro, le interazioni sociali, il turismo e il commercio.

«Augmented Reality e Virtual Reality sono metodi completamente nuovi e rivoluzionari di controllare le macchine e l’Immersive Experience renderà possibile l’interazione tra ogni singolo touchpoint fisico e digitale. Prima che arrivasse sul mercato lo smartphone, non era pensabile un telefono senza tastiera. L’Immersive Experience seguirà uno sviluppo simile.

Testo redatto da
Carlo Secchi, Sales Director Swisscom (Svizzera) SA Enterprise Customers, Bellinzona

Proprietà intellettuale in azienda: asset da comprendere e valorizzare

I beni della proprietà intellettuale, come i marchi e i brevetti, non devono essere inquadrati solo come strumenti di tutela legale; essi invece rappresentano a tutti gli effetti un investimento che genera un ritorno anno per anno in termini di competitività, di immagine, di mantenimento in esclusiva di fasce di mercato, configurandosi come cespiti di altro profilo al pari di macchinari sofisticati.

Le cronache odierne pongono sotto i riflettori storie ed esperienze diverse, che dimostrano come la crescita possa avvenire anche grazie alla capacità, ed alla lungimiranza, di investire su questo fronte.

La proprietà intellettuale rappresenta cioè un patrimonio da adoperare non solamente nel momento in cui si affronta una controversia, bensì da valorizzare anche a livello “psicologico” facendo si che costituisca uno sprone nel pianificare e gestire l’attività dell’impresa.

In un mondo che evolve a velocità impetuosa e in un mercato, globale, che cerca soluzioni sempre nuove ai propri problemi, ciò che diventa decisivo per il successo di un’azienda è il suo patrimonio intellettuale, la sua creatività, ed anche la forza di rispondere prima dei concorrenti alle nuove sfide. Non a caso si qualificano e si valutano le imprese in funzione del loro know-how, e della capacità di governare questa ricchezza attraverso procedure sempre nuove di gestione della conoscenza. Amministrare questo capitale è un requisito fondamentale, altrettanto lo è proteggerlo.

Per operare in modo corretto e non lasciare nulla al caso o all’improvvisazione, al pari di qualsiasi altro processo aziendale, la gestione della proprietà intellettuale richiede di conoscere gli strumenti a disposizione e sapere come utilizzarli al meglio, per avvantaggiarsi nell’affrontare le sfide del nostro tempo.

Il patrimonio di proprietà intellettuale di un’azienda è composto infatti da una serie di diritti derivanti da brevetti, modelli registrati e marchi d’impresa, che possono essere detenuti nazionalmente e/o in più paesi esteri, con presupposti ed effetti di volta in volta anche diversi. In tutto questo è importante avere una gestione corretta, applicando tecniche e metodi che permettano di far rendere al massimo gli investimenti profusi, verificando quali strumenti scegliere in chiave sinergica, anche in base alle mutazioni, nel tempo, del quadro concorrenziale e del mercato.

Un consapevole e opportuno utilizzo e sfruttamento degli strumenti disponibili è infatti alla base di una strategia di successo resiliente e rivolta al futuro.

Testo a cura di:
Hermann Padovani e Riccardo BiazziM. ZARDI & Co. S.A., Lugano

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