Potenziamento delle autostrade svizzere: un progetto strategico per la mobilità e l’economia del futuro

Votazione popolare del 24 novembre 2024

Si è tenuta ieri sera 16 ottobre 2024, presso il Centro Studi Villa Negroni, una serata di approfondimento in vista della votazione popolare del 24 novembre 2024, che vedrà la Svizzera decidere sul potenziamento della rete autostradale nazionale. L’evento, organizzato dalla Camera di commercio e dell’industria del cantone Ticino (Cc-Ti) e dal Comitato regionale “SÌ – Garantire il futuro delle strade nazionali”, ha visto la partecipazione d’eccezione del Consigliere federale Albert Rösti, di Monika Rühl, Presidente della Direzione di economiesuisse, di Fabio Regazzi, Consigliere agli Stati e Presidente dell’unione svizzera delle arti e dei mestieri (USAM), e di Simone Gianini, Consigliere nazionale e Presidente della sezione Ticino dell’Automobile Club Svizzero ACS.

Vezia: Cc-Ti, serata di approfondimento con il Consigliere Federale Albert Rösti. Nella foto Monika Rühl, Fabio Regazzi, il Consigliere Federale Albert Rösti, Simone Gianini e Luca Albertoni.
© Ti-Press / Pablo Gianinazzi

Nel 2023 la Svizzera è rimasta bloccata negli ingorghi dovuti al traffico per oltre 48’000 ore, oltre il 10 per centro in più rispetto al 2000. I motivi? Nella stragrande maggioranza dei casi, le congestioni dovute al traffico sono da ricondurre a decenni di mancato sviluppo delle infrastrutture. Attraverso sei progetti mirati, Consiglio federale e Parlamento intendono eliminare queste strozzature, modernizzando l’infrastruttura ed evitando che il traffico parassitario si sposti verso le aree residenziali e i villaggi.

La decisione spetta ora al popolo, chiamato ad esprimersi sul Decreto federale sulla Fase di potenziamento 2023 delle strade nazionali il prossimo 24 novembre.

Un investimento strategico per il futuro della mobilità in Svizzera

Introducendo la serata pubblica, il Direttore della Cc-Ti Luca Albertoni ha tenuto a sottolineare che il mondo economico ha sempre sostenuto la complementarità dei mezzi di trasporto pubblico e privato, sostenendo non solo i progetti stradali, ma anche tutti quelli ferroviari, comprese le decisioni per assicurare il finanziamento delle infrastrutture di trasporto pubblico.

Monika Rühl ha confermato la necessità per l’economia svizzera di poter disporre di collegamenti stradali e ferroviari efficaci.

L’ospite d’eccezione, il Consigliere federale Albert Rösti, ha illustrato i dettagli del progetto in votazione, sottolineando l’importanza di una rete autostradale moderna e sicura per affrontare le sfide di mobilità del futuro. Le autostrade svizzere risalgono agli anni Sessanta, un’epoca in cui in Svizzera vivevano circa sei milioni di persone. Oggi la popolazione è salita a nove milioni, con conseguente aumento delle esigenze di mobilità i cui effetti sono evidenti: ingorghi, traffico, costi elevati per popolazione ed economia. “Il potenziamento delle autostrade nei punti critici renderebbe il traffico più scorrevole, senza portare ad ulteriori congestioni e senza gravare sulle tasche dei contribuenti in quanto finanziato dai prelievi sul traffico motorizzato”.

Nel suo intervento, il Consigliere agli Stati e Presidente USAM Fabio Regazzi ha poi ribadito l’importanza economica del progetto, specialmente per sostenere la competitività delle piccole e medie imprese, grazie a collegamenti efficienti che riducono anche i costi logistici.

Regazzi ha inoltre sottolineato l’importanza di un SÌ anche per il Canton Ticino: sebbene il Sud delle Alpi in questa fase non sia direttamente interessato da progetti specifici, poiché una bocciatura alle urne metterebbe a rischio altri progetti che interessano direttamente il Ticino, come ad esempio il collegamento A2-A13 Bellinzona-Locarno.

“Votare SÌ significa sostenere un principio di solidarietà tra regioni: oggi tocca altre aree, domani saremo noi a beneficiarne”, così il Consigliere agli Stati.

Il Consigliere nazionale e Presidente della sezione Ticino dell’Automobile Club Svizzero ACS Simone Gianini ha pure sottolineato che si tratta di una decisione di principio se investire in futuro nelle strade e, quindi, di evitare che progetti futuri di Cantoni oggi non direttamente interessati vengano procrastinati o abbandonati a seguito di un no a questo credito. Ha inoltre evidenziato la necessità di evitare una contrapposizione tra strada e ferrovia. “Non si tratta di scegliere tra il potenziamento delle strade o delle ferrovie: entrambe le infrastrutture sono essenziali e devono lavorare in sinergia per garantire una mobilità efficace e sostenibile.” Gianini ha inoltre posto l’accento sull’aumento della sicurezza stradale che il progetto mira a raggiungere, riducendo i colli di bottiglia e migliorando la gestione del traffico in aree critiche.

Un dibattito costruttivo per il futuro della mobilità svizzera

La serata si è conclusa con una sessione di domande e risposte, durante la quale il pubblico ha avuto l’opportunità di chiarire dubbi ed esprimere opinioni sull’oggetto in votazione. La discussione ha messo in luce l’importanza di una visione condivisa e di investimenti mirati per garantire una rete infrastrutturale al passo con i tempi. La votazione del prossimo 24 novembre sarà un momento decisivo per il futuro della mobilità svizzera. Una rete autostradale moderna rappresenta un’opportunità strategica per l’intero Paese, sia dal punto di vista economico, sia per la sicurezza e la sostenibilità della mobilità.


Approfondimenti: sito Avanzare-insieme.ch del Comitato “SÌ – Garantire il futuro delle strade nazionali”

Inchiesta congiunturale 2024/25

L’inchiesta congiunturale condotta in collaborazione con le Camere di commercio e dell’industria della Svizzera romanda è giunta alla sua 15esima edizione. È possibile compilare il tutto online su www.enquetecci.ch. Termine: 25.10.2024.

La vostra collaborazione è indispensabile per disporre di dati significativi sull’andamento dell’economia cantonale e poter rappresentare al meglio i vostri interessi. Grazie ai vostri contributi, lo strumento dell’inchiesta congiunturale ha un valore incontestato, poiché i dati sono puntualmente confermati dai rilevamenti ufficiali cantonali e federali.
Oltre alle usuali domande generali riguardanti l’attività aziendale, l’inchiesta pone ogni anno l’accento su un tema di attualità per il territorio. Quest’anno le domande vertono sugli Accordi bilaterali Svizzera – UE

(per ulteriori informazioni sugli Accordi bilaterali visita: www.economiesuisse.ch/it/articoli/bilaterali-iii-di-cosa-si-tratta).        

I risultati dell’inchiesta saranno pubblicati sui nostri usuali canali di comunicazione (Ticino Business, Newsletter, www.cc-ti.ch, Social Media) in forma anonima. Tutti i dati vengono trattati in ottemperanza della legge vigente sulla protezione dati.


Istruzioni per la compilazione:

L’inchiesta deve essere compilata entro il 25 ottobre 2024, attraverso una delle seguenti modalità a vostra scelta:

  • online su www.enquetecci.ch inserendo la vostra SWISSFIRMS ID e la relativa password
  • inviando il formulario in forma cartacea via posta (CP 1269, 6901 Lugano) o via fax al numero 091 911 51 12.
  • via e-mail a: trabucchi@cc-ti.ch

Guten Tag o Auf Wiedersehen?

Quando la Germania ha l’influenza, la Svizzera tossisce

Franco forte, approvvigionamento e costi di materie prime ed energia, tutti temi che da tempo sono diventati di quotidiana attualità quando si parla di economia svizzera, compresa quella ticinese. Può sembrare un’ovvietà perché è chiaro per tutti, o almeno dovrebbe esserlo, che le interdipendenze fra paesi hanno un ruolo centrale nelle dinamiche economiche.
La Svizzera non fa eccezione, ovviamente, visto che gli scambi commerciali per il nostro paese sono vitali. Con l’Unione Europea (UE) che fa la parte del leone, essendo il nostro più importante partner commerciale. Eppure, vi sono dinamiche che stanno cambiando il panorama globale e quindi anche quello dei nostri rapporti con alcuni paesi dell’UE, con conseguenze importanti per le aziende elvetiche.
Chi pensa che il mercato europeo sia facilmente sostituibile con quelli di altri paesi farebbe bene a non illudersi, perché è di fatto impossibile pensare a una sostituzione tout court. Spesso gli spostamenti verso altri mercati fanno registrare qualche punto percentuale sull’arco di anni e comunque non oltre certi limiti che si potrebbero definire fisiologici. Eppure, alcuni cambiamenti meritano un’attenzione particolare, perché le conseguenze sulla nostra economia, anche quella ticinese, possono essere importanti.
Svizzera e Germania, ad esempio, intrattengono relazioni intense in vari ambiti e sono fortemente interconnesse grazie a una lingua comune e a proficui scambi economici, culturali e personali.

Germania-Svizzera non è solo un derby

La situazione della Germania è quindi molto importante per noi, trattandosi di un partner essenziale per l’economia elvetica, soprattutto in ambito industriale. Che siano prodotti finiti o semilavorati e componenti, la Germania, con l’industria automobilistica, ma non solo, è da sempre un riferimento essenziale per le nostre aziende. Oltre a essere (stata) la cosiddetta locomotiva dell’economia europea. Locomotiva però che da qualche tempo sbuffa pericolosamente, perché costretta a trascinare vagoni di oneri sempre più pesanti. E quando la Germania va in difficoltà, negli anni la Svizzera ha quasi sempre pagato dazio. Capita la stessa cosa con l’attuale crisi economica e sociale che sta attanagliando il nostro vicino settentrionale? È interessante rilevare che questa volta la situazione è un po’ diversa dal passato e i motivi sono molteplici.

Le ragioni della crisi tedesca

I nostri colleghi della Camera di commercio e dell’industria tedesca hanno pubblicato recentemente dati molto significativi sulla situazione attuale del loro paese. Secondo un sondaggio condotto su 3’300 imprese industriali, quattro su dieci stanno valutando di ridurre la produzione in Germania o di trasferirla all’estero. Tra le aziende più grandi, con più di 500 dipendenti, più della metà sta addirittura prendendo in considerazione tale trasferimento.
Emerge in particolare, e senza sorpresa, che due elementi essenziali del sistema tedesco sono venuti a mancare: l’energia a basso costo proveniente dalla Russia e le esportazioni, in particolare quelle verso la Cina. È noto che l’industria tedesca dipende fortemente dalla produzione di automobili e dal mercato cinese. Inoltre, la difficile transizione verso le auto elettriche (l’annunciata dismissione di fabbriche della Volkswagen ne è un segnale chiaro), acuisce ulteriormente il fatto che la Cina cresca più lentamente e importi meno.

I colleghi delle Camere tedesche rilevano poi in modo molto critico alcune scellerate scelte in ambito energetico, visto che, dopo la decisione di abbandono dell’energia nucleare, la politica non è finora riuscita a creare le condizioni per un approvvigionamento energetico affidabile e conveniente. I prezzi elevati dell’energia – soprattutto rispetto ai concorrenti americani o asiatici – stanno diventando sempre più un ostacolo alla produzione e agli investimenti. A questi fattori va aggiunto il fatto che per molti anni la Germania ha limitato gli investimenti nelle infrastrutture e ora si trova a dover fronteggiare necessità di spese fuori misura per recuperare il terreno perso.
Taluni servizi sempre più carenti, come le evidenti difficoltà del traffico ferroviario spesso turbato per guasti di ogni genere, sono il segnale inequivocabile di questo ritardo accumulato negli anni.
Fra crescita debole e contrazione della produzione economica, le difficoltà tedesche pesano inevitabilmente su tutta l’economia Europea, compresa quella Svizzera. La riduzione dell’inflazione, un certo aumento dei livelli salariali, una ritrovata sebbene ancora fragile stabilità del mercato del lavoro e un miglioramento dell’approvvigionamento di materie prime fanno sperare che vi possa essere una ripresa. Ma tutto questo è insufficiente a fronte del menzionato nodo dei problemi strutturali, non risolvibili in breve tempo e per i quali sono indispensabili riforme che la politica stenta a fare.

E la Svizzera?

L’industria svizzera di regola risente della debolezza della crescita tedesca, tanto che è noto l’adagio secondo cui “quando la Germania ha l’influenza, la Svizzera tossisce”. Tuttavia, dopo la pandemia di Coronavirus, il quadro sembra essere un po’ diverso. Negli ultimi quattro anni, l’economia svizzera è riuscita a sganciarsi almeno in parte dalle difficoltà tedesche, visto che il prodotto interno lordo svizzero è cresciuto in misura nettamente maggiore rispetto a quello tedesco.
Indubbiamente le aziende svizzere sono state meno colpite dallo shock dei prezzi dell’energia rispetto ai loro concorrenti tedeschi, e i consumatori svizzeri hanno subito un’inflazione significativamente inferiore rispetto ai consumatori dei paesi vicini.
Anche la composizione delle esportazioni elvetiche è cambiata. I prodotti chimici e farmaceutici rappresentano oggi circa la metà di tutte le esportazioni e la loro quota è più che raddoppiata in 20 anni. Questi prodotti sono meno sensibili ai prezzi e ai cicli economici e non sono focalizzati prevalentemente sulla Germania. La dipendenza della Svizzera dalla Germania è quindi sostanzialmente diminuita, visto che la quota delle esportazioni elvetiche verso nord è in continua diminuzione da anni. Vent’anni fa, oltre il 20% delle esportazioni era destinato al nostro vicino settentrionale, oggi ci attestiamo sul 15%. Non a caso, dal 2021, gli Stati Uniti hanno sostituito la Germania, attestandosi quale paese principale partner commerciale della Svizzera.
Non a caso si guarda con legittima preoccupazione a cosa avviene negli Stati Uniti, soprattutto all’esito delle imminenti elezioni presidenziali, alla stabilità del paese e alla relativa politica economica. Una flessione negli Stati Uniti potrebbe incidere tanto quanto le difficoltà della Germania sulla nostra economia, mettendo a dura prova le esportazioni e gli investimenti svizzeri. In questo senso, la nostra economia diversificata presenta indubbi vantaggi, come dimostrato negli ultimi venti anni costellati da crisi di vario genere, che hanno avuto effetti malgrado tutto contenuti per il nostro paese. Ma l’incertezza per l’instabilità di partner così forti come Germania e, in parte, Stati Uniti (senza dimenticare anche la Cina…) ovviamente resta.

E il Ticino?

Perché tutto quanto precede è rilevante anche per il Ticino? Molte nostre aziende esportano direttamente verso i mercati citati oppure, a volte in misura ancora maggiore, operano per aziende svizzere che a loro volta esportano. Quindi, direttamente o indirettamente, l’andamento tedesco e quello americano hanno risvolti importanti anche per la nostra economia cantonale, la cui quota-parte in termini di esportazioni è considerevolmente cresciuta negli ultimi due decenni.
È di fondamentale importanza, oggi più ancora che in passato, osservare analiticamente quanto accade nel mondo perché rilevante anche per l’andamento economico e l’occupazione nel nostro microcosmo.
Spese fuori controllo, ricchezza considerata come scontata, rinuncia a fonti energetiche senza valide alternative, scarsi investimenti e altri errori esiziali dovrebbero costituire un monito per non ripetere gli stessi errori nel nostro panorama cantonale e nazionale.
Oltre a trarre magari qualche insegnamento dalla situazione tedesca, che dimostra come talune decisioni politiche prese con avventatezza e superficialità possono, in poco tempo, retrocedere una locomotiva a semplice vagone.


Campionato svizzero delle competenze imprenditoriali 2024

Il Campionato professionale svizzero dell’imprenditorialità si è tenuto per la seconda volta alla fiera BAM di Berna dal 5 all’8 settembre 2024. Nel corso di quattro giorni, otto squadre provenienti da tutte le regioni della Svizzera hanno affrontato la sfida di sviluppare un’idea imprenditoriale in linea con un obiettivo di sviluppo sostenibile. La manifestazione è sostenuta dalle Camere di commercio e dell’industria svizzere, di cui anche la Cc-Ti fa parte.

Alla competizione hanno partecipato anche due studentesse provenienti dal Ticino, Alessandra Maniezzo e Giada Battaini. Entrambe frequentano il Bachelor of Science in Leisure Management presso la SUPSI.

Durante i 4 giorni gli 8 finalisti hanno dovuto affrontare diverse sfide. L’obiettivo da raggiungere era basato sul rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili. I finalisti sono stati chiamati a sviluppare un’idea imprenditoriale che promuovesse una vita sana per la società nelle città e nelle regioni e che si adattasse all’obiettivo 11 per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU.

Oltre alle sfide principali, che comprendevano la stesura di un budget e la ricerca di mercato, i finalisti hanno dovuto affrontare anche delle sfide intermedie come la produzione di un breve filmato e lo sviluppo di una campagna di marketing per i primi clienti. Nei primi tre giorni, ogni sera, i coach hanno valutato i risultati delle squadre attraverso una serie di criteri in relazione al compito assegnato.

Nel ruolo di coach ed esperto per il Ticino era presente Mattia Bedolla, collaboratore scientifico presso il Centro competenze management e imprenditorialità (CMI) della SUPSI. Insieme agli altri coach ha seguito i finalisti fornendo feedback, rispondendo a domande puntuali e valutando le performance dei partecipanti.

Domenica si è invece tenuto l’atto finale, ovvero la presentazione attraverso un pitch delle idee imprenditoriali sviluppate. La giuria composta da Miriam Gantert (Superloop Innovation), Michael Koch (cofondatore e CEO di HYLL) e Yacine Bouazdia (Università di Scienze Applicate di Berna/Associazione Giovani Imprenditori) ha giudicato le presentazioni.

Domenica pomeriggio i finalisti di EntrepreneurSkills si sono riuniti per la cerimonia di consegna delle medaglie, dove i primi tre classificati hanno ricevuto le congratulazioni della giuria, dei coach e degli ospiti del mondo politico, economico e sociale.

IG EntrepreneurSkills e i suoi partner principali Gebert Rüf Stiftung, Initiative Schweiz e gli altri partner SVC Swiss Venture Club, Camera di Commercio di Soletta e Leadership Lighthouse si congratulano vivamente con il team vincitore composto da Leonardo Soares Sousa, Marlon Liam Mathieu e Alessio Lovatello.La loro idea imprenditoriale innovativa, che promuove l’uso della bicicletta per spostamenti brevi, ha convinto la giuria. Le congratulazioni vanno anche agli altri finalisti, che hanno proposto idee interessanti e che hanno colpito per il loro mindset imprenditoriale. Siamo ansiosi di vedere dove porterà il viaggio di questi giovani imprenditori.

Nell’ambito della sfida, Alessandra Maniezzo e Giada Battaini, hanno sviluppato un’idea di come gli edifici sfitti possano essere utilizzati per la convivenza sostenibile e la coesione sociale nelle regioni. Le studentesse provenienti dal Ticino vorrebbero creare centri comunitari in cui offrire alla popolazione regionale opportunità educative e attività su temi specifici come la biodiversità e l’arte.

IG EntrepreneurSkills

Il gruppo di interesse EntrepreneurSkills è stato fondato nel settembre 2021 da GZS (Gründungsdienstleistungen Kanton Solothurn), SDK (Schweizerische Direktorinnen- und Direktorenkonferenz der Berufsfachschulen), l’Istituto Innovazione e Imprenditorialità Strategica del Dipartimento di Economia dell’Università di Scienze Applicate di Berna (BFH), persone del mondo imprenditoriale e FH SCHWEIZ (organizzazione ombrello per i laureati delle università di scienze applicate). IG EntrepreneurSkills è sostenuto dai partner principali Gebert Rüf Stiftung, Initiative Schweiz e dai partner: SVC Swiss Venture Club, Camera di Commercio di Soletta, Leadership Lighthouse, Microsoft e ON, nonché da altre organizzazioni e fondazioni. IG EntrepreneurSkills è presieduto dal Consigliere nazionale e imprenditore Andri Silberschmidt-Buhofer. L’obiettivo di IG EntrepreneurSkills è promuovere l’imprenditorialità organizzando la competizione EntrepreneurSkills come campionato professionale svizzero (compreso il Campionato SwissSkills). Il Centro Svizzero per il Pensiero e l’Azione Imprenditoriale (szUDH), con sede a Olten, è la forza trainante di myidea Challenge e EntrepreneurSkills. Inoltre, il szUDH è un partner ufficiale svizzero e un attore impegnato nella rete internazionale YouthStart”.

Le Camere di commercio svizzere e altre organizzazioni finanziatrici sostengono l’ulteriore sviluppo di questa iniziativa.

Classifica ufficiale dei Campionati svizzeri delle professioni SwissSkills / Campionato svizzero delle professioni imprenditoriali 2024 

  1. Medaglia d’oro
    Leonardo Soares Sousa – Hergiswil / NW – Uomo d’affari EFZ
    Marlon Liam Mathieu – Adligenswil / LU – Uomo d’affari EFZ
    Alessio Lovatello – Udligenswil / LU – Uomo d’affari EFZ
  1. Medaglia d’argento
    Nico Reist – Aesch / BL – Tecnico elettronico EFZ
    Sven Moser – Bättwil / SO – Tecnico elettronico EFZ
    Marlon Schaad – Therwil / BL – Tecnico elettronico EFZ
  1. Medaglia di bronzo
    Kiran Felice De Simone – Rheinfelden / AG – Uomo d’affari EFZ
    Adrian Valentino Teske – Oberengstringen / ZH – Informatico EFZ

Riforma LPP21

Da tempo le pensioni professionali sono sottoposte a forti pressioni: da un lato a causa dell’invecchiamento della popolazione e dall’altro per ragioni economiche, in particolare la volatilità dei mercati.

La riforma colma le lacune nella previdenza professionale per le persone che lavorano a tempo parziale e per le persone a basso reddito

La riforma AVS21, adottata in maniera restrittiva dal popolo svizzero il 25 settembre 2022, è stata un primo passo verso il risanamento dei fondi pensione.
Il Parlamento a Berna, dopo diverse fasi di deliberazioni ampiamente controverse, ha votato per un compromesso puramente svizzero: Riforma LPP21.
Avendo giudicato il progetto penalizzante per le rendite dei futuri pensionati e delle donne, il sindacato svizzero ha lanciato un referendum e ha raccolto 141.726 firme, motivo per cui il popolo svizzero voterà su questa riforma il 22 settembre 2024.

Anche le donne al centro della riforma

Con questa riforma, verranno migliorati i benefici per i redditi bassi, per le persone che lavorano a tempo parziale e per coloro che svolgono più lavori.
I referendari affermano che la riforma costringerebbe gli assicurati a pagare di più a favore delle rendite basse. Tuttavia, uno studio pubblicato dall’istituto BSS per conto dell’organizzazione femminile Alliance F (che sostiene anche la riforma) rivela che 359.000 persone, tra cui 275.000 donne, riceveranno una pensione più alta se la revisione verrà accettata.
Inoltre, abbassando la soglia di accesso alla LPP da 22.050 a 19.845 franchi e modificando la trattenuta di coordinamento al 20% del salario AVS invece dell’importo fisso di 25.725 franchi, verranno nuovamente assicurati circa 100.000 rendite.
Questo cambiamento non è banale poiché il tasso di povertà al momento del pensionamento scende dal 13,6% allo 0,7% se la persona riceve prestazioni del secondo pilastro.

Migliore occupabilità per gli over 50

La riforma mira anche a rafforzare la posizione degli over 50 nel mercato del lavoro.
Attualmente, i contributi LPP aumentano notevolmente con l’età, rendendo i dipendenti over 50 più “costosi” per i datori di lavoro.
La nuova legge prevede quindi di ridurre i contributi dei lavoratori più anziani abbassando l’aliquota contributiva dal 18% al 14% per la fascia di età 45-65 anni. Per le generazioni di transizione è prevista una compensazione al fine di mantenere le rendite al livello attuale nonostante un’aliquota di conversione ridotta.

Una grande alleanza d’intenti a favore del SÌ

Molte organizzazioni mantello e associazioni economiche come l’Unione svizzera dei datori di lavoro, l’Associazione svizzera degli assicuratori e l’USAM sostengono la riforma. Da notare che anche Alliance F, un’associazione che rappresen- ta la voce delle donne nella politica svizzera, si è espressa a favore di questo progetto.

Sul piano politico sostengono la riforma anche il Centro, l’Udc, il PLR e i Verdi liberali
(https://si-lpp.ch/).

La Cc-Ti si unisce all’alleanza e difenderà la proposta federale al 22 settembre.

Iniziativa sulla biodiversità: intenti lodevoli, mezzi sbagliati

Per l’ennesima volta ci troviamo a dover votare su un’iniziativa molto estrema, camuffata dietro un obiettivo che di per sé è condiviso da tutti. La biodiversità è un capitale naturale per l’economia e va quindi tutelata, ma non attraverso divieti e imposizioni che di fatto limiterebbero in maniera sconsiderata le attività umane. Una protezione efficace della biodiversità implica la conciliazione dei vari interessi cercando l’equilibrio tra le attività economiche e sociali, la produzione agricola nonché la conservazione delle risorse e dei paesaggi. Limitandosi a penalizzare le attività economiche, la proprietà privata e le libertà personali questo scopo non può essere raggiunto.

L’economia sostiene in modo convinto il coordinamento mondiale degli obiettivi e delle misure in materia di biodiversità e quindi l’applicazione della Convenzione internazionale sulla biodiversità ecologica. Tutelare la ricchezza della biodiversità è nell’interesse di tutte le cittadine e di tutti i cittadini e ha innegabilmente anche importanti risvolti economici, Tuttavia, questa tutela deve essere armonizzata con il contesto generale, senza penalizzare in maniera eccessiva altri elementi che contribuiscono a far funzionare il sistema e che quindi sostengono a loro volta il mantenimento della biodiversità.

Nello specifico l’iniziativa vuole limitare gli spazi a disposizione di cittadine e cittadini per promuovere la biodiversità, chiedendo al contempo maggiori mezzi per finanziare quest’ultima. Avantutto è difficile capire come si possa disporre di più mezzi finanziari tagliando le possibilità di esercitare attività economiche in senso lato (comprese quelle culturali, sportive, ecc.), che, è bene ricordarlo, costituiscono la base per la creazione della ricchezza da distribuire affinché si possano svolgere altri compiti. Compresa la protezione della biodiversità.

Inoltre, bloccando di fatto interi paesaggi, località, luoghi storici e monumenti culturali, limitando l’uso delle superfici e del patrimonio edilizio anche al di fuori degli oggetti da proteggere e convertendo ancora maggiori superfici per la promozione della biodiversità ci si muove chiaramente nella direzione di un’esagerata e inaccettabile limitazione anche della proprietà privata. Caposaldo della nostra Costituzione federale, limitabile solo in casi molto eccezionali, questo principio è già stato duramente intaccato dalla sciagurata modifica della Legge federale sulla pianificazione territoriale. Non è il caso di prevedere ulteriori paletti che svuoterebbero ulteriormente il valore di questo principio fondamentale per il nostro Stato di diritto.

Inoltre, una limitazione sproporzionata degli spazi utilizzabili come vuole l’iniziativa, avrebbe conseguenze pesanti anche sull’approvvigionamento energetico, perché bloccherebbe di fatto progetti dedicati alle energie rinnovabili e quindi alla tanto decantata sostenibilità. Un effetto paradossale che sarebbe in contrasto con gli obiettivi della Svizzera di attuare la transizione energetica, aumentando la dipendenza dall’estero e i costi dell’energia a carico di cittadine e cittadini.

Senza dimenticare che l’iniziativa non si riferisce solo alle superfici e alle strutture fuori dalle zone edificabili, per cui sarebbero toccate anche le aree di insediamento. In primis le aziende industriali e artigianali e i proprietari immobiliari. La necessità di inasprire le norme edilizie limiterebbe l’esercizio della proprietà privata in maniera inaccettabile e ne aumenterebbe considerevolmente i costi, con procedure di autorizzazione ancora più macchinose e costose. Dando poi la competenza all’autorità federale e non più ai cantoni, di fatto si cancellerebbe la possibilità di trovare soluzioni flessibili e adatte alla realtà locale e si aprirebbe la via a un esproprio di Stato senza indennizzo. Senza dimenticare poi l’impatto sull’edilizia dedicata al turismo, già oggi confrontata a regole severe e che si troverebbe di fatto ulteriormente limitata nello sviluppo di strutture adeguate. E, non è necessario sottolinearlo in modo particolare perché di meridiana evidenza, gli effetti nefasti sull’agricoltura e sull’economia forestale e del legno metterebbero in ginocchio molti operatori. Aumentando anche qui la nostra dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di alimentari e del legno quale materia prima per edilizia e riscaldamento.

Limitazioni e costi aggiuntivi che ricadrebbero inevitabilmente su tutta la popolazione, visto che l’iniziativa comporterebbe una spesa maggiore per la Confederazione di oltre 400 milioni di franchi. Certo, la biodiversità ha un valore inestimabile, ma non viene tutelata meglio sprecando il denaro dei contribuenti e impedendo loro di produrre mezzi finanziari essenziali anche per la protezione della biodiversità.

L’iniziativa sulla biodiversità va quindi respinta con un chiaro NO.

«Non solo business…»

L’economia per la società

La nostra società sta vivendo una fase di cambiamenti epocali. L’innovazione tecnologica avanza a un ritmo vertiginoso, trasformando il panorama lavorativo: vecchi mestieri scompaiono, mentre nuove competenze emergono. Questo progresso tecnologico non solo rivoluziona l’economia, ma ridisegna profondamente il tessuto sociale, creando opportunità inedite ma anche nuove sfide.

Di fronte a queste trasformazioni, diventa ad esempio imprescindibile ripensare il nostro sistema formativo e colmare la mancanza di manodopera qualificata in molti settori, specialmente in vista dell’imminente pensionamento della generazione dei baby boomer. La necessità di formazione continua e aggiornamento diventa essenziale per restare al passo con i tempi, mantenere la competitività in un contesto internazionale sempre più agguerrito e severo e quindi poter garantire che si possano creare posti di lavoro a beneficio di tutta la collettività.

Il ruolo delle aziende

Ma oggi il ruolo atavico delle aziende, cioè, detto in maniera diretta, ottenere profitto per poter investire e creare posti di lavoro in un’ottica “win-win” per tutti non è più considerato sufficiente.

Dalle aziende si esige un ruolo differenziato, più ampio, che favorisca anche fattori ambientali e sociali, oltre che economici. Elementi richiesti dal mercato, dalle filiere stesse, da chi valuta la propria collocazione lavorativa e dalla politica.

Connotazioni all’apparenza più complesse, ma che in realtà spesso le aziende possiedono e perseguono già, anche inconsapevolmente, nel proprio percorso etico sotto il capitolo della “Responsabilità sociale delle aziende” (o anche CSR secondo la denominazione inglese), concetto tutt’altro che nuovo o vacuo per gli imprenditori.

Nel contesto della CSR, che qualcuno a torto considera come mera operazione di marketing emergono, in realtà da tempo, molteplici comportamenti “virtuosi” (termine abusato e che non utilizziamo con piacere, ma che rende l’idea…), che dimostrano inequivocabilmente il già fattivo impegno dell’economia per la società, ben più ampio di quello tradizionale citato all’inizio del capitolo. Un’evoluzione sostanziale, purtroppo ancora troppo poco percepita nel sentire comune, come ha dimostrato la recente votazione cantonale sulla riforma fiscale. Occasione per gli oppositori alla riforma, dati i carenti argomenti, di rispolverare un noto slogan, secondo cui le aziende “rubano”. Senza distinzioni, verità assoluta tipica del pensiero unico di stampo totalitario.

Frutto d’ignoranza (nel senso etimologico del termine, cioè di mancanza di conoscenza della realtà) e/o di malafede. La campagna di votazione spiega molto ma non può giustificare tutto e le menzogne, gli attacchi personali e gli insulti si sono qualificati da soli. È di fondamentale importanza ribadire alcuni temi concreti, magari meno noti, che vedono le imprese in prima fila e spesso anche promotrici di tematiche e pratiche non direttamente legate alla loro attività di base, ma rilevanti per tutta la società, senza dimenticare comunque che il risvolto economico non può e non deve essere considerato un peccato. Del resto, anche chi continua a voler soppesare con diffidenza il mondo imprenditoriale, converrà che è meglio contare su aziende sane che prosperano e possono contribuire al benessere comune, piuttosto che su società fallimentari e a carico della collettività. A meno di credere ciecamente nel potere taumaturgico dello Stato di sostituirsi all’economia, ma questa è un’altra questione.

La responsabilità sociale delle imprese

Come detto in precedenza, questo concetto può declinarsi in molte maniere e concretizzarsi con differenti modalità. Comportamenti quotidiani, magari non immediatamente visibili, ma che hanno un risvolto rilevante sul benessere di chi lavora nell’azienda. Per far emergere questa realtà, abbiamo sviluppato, con il supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) un modello online di rapporto di sostenibilità, accessibile tramite il link: www.ti-csrreport.ch.

Proprio per dare modo alle aziende di evidenziare, in maniera semplice e diretta, i vari ambiti nei quali il loro impegno va ben oltre quella che gli scettici chiamano pura realizzazione del profitto (che per molti resta comunque ancora e sempre “lo sterco del diavolo”). I dati sono inequivocabili: le aziende ticinesi si collocano a un livello superiore nella media nazionale e manifestano attenzione verso il tema, sulla base proprio dei valori e delle convinzioni della dirigenza stessa. Le misure concrete vanno dalla mobilità aziendale alle buone pratiche.

Ne sono state rilevate ben 138 in 32 diversi ambiti. I dati sono riferiti al periodo pre-pandemico e risultano dalla nostra inchiesta congiunturale del 2020 (link: https://www.cc-ti.ch/risultati-inchiesta-cong-2019-2020/).

Data l’accelerazione di nuove forme lavorative, come lo Smart Working, proprio da quanto vissuto durante la pandemia, i dati oggi sono senz’altro ancora superiori.

Conciliabilità tra lavoro e famiglia

Tema importante nel contesto della CSR e non si può certo dire che le aziende ticinesi non contribuiscano a questa causa. Al di là delle applicazioni pratiche nelle singole imprese, che variano ovviamente a seconda delle dimensioni aziendali e della possibilità di flessibilità organizzativa, è giusto rilevare che l’economia cantonale ha versato, negli anni fra il 2019 e il 2023, qualcosa come 91 (novantuno) milioni di franchi nell’apposito fondo cantonale creato con la riforma fisco-sociale entrata in vigore nel 2018. Mezzi destinati all’assegno parentale e alle misure sulla conciliabilità lavoro-famiglia e più particolarmente al sostegno alla spesa di collocamento dei figli, ai servizi e alle strutture di accoglienza e la sensibilizzazione delle aziende. Oltre alle misure di sostegno ai familiari curanti.

Un impegno sostanziale, fatto anche di sacrificio e consapevolezza, e quando si utilizza la parola “ladri” riferendosi alle aziende magari sarebbe opportuno ridimensionare pregiudizi e “slogan” populisti in virtù di una lettura fattuale e includente della realtà. Questo non per assolvere sempre e comunque il mondo imprenditoriale in toto, che deve assumersi determinate responsabilità. Del resto, sono gli imprenditori stessi a chiedere un certo rigore quando si tratta di dimostrare il fare impresa correttamente.

Reintegrazione professionale

Dal 2012 collaboriamo con l’Ufficio dell’Assicurazione Invalidità dell’Istituto delle assicurazioni sociali nell’ambito della manifestazione “Agiamo Insieme” (www.cc-ti.ch/agiamo-insieme-2024), momento dedicato alla reintegrazione professionale di persone con problemi di salute. Persone che hanno ricostruito con successo la propria carriera lavorativa unendo la propria resilienza e il supporto di aziende del territorio.

Questo gratificante binomio tra azienda e collaboratore viene raccontato attraverso testimonianze e video-reportage, dimostrando quanto l’impegno congiunto (persona, famiglia, azienda, economia e Istituzioni) possa essere premiante per tutti.

Una collaborazione fra pubblico e privato che dimostra come vi sia una volontà comune di andare ben oltre il solo interesse economico, ma una vera sensibilità per le persone e il territorio. Vero che la collaborazione con lo Stato in questo contesto è fondamentale, ma vedere aziende di ogni settore, dall’industria ai servizi, determinate a predisporre importanti misure non solo organizzative ma anche sostanziali, modificando gli spazi di lavoro, per agevolare i collaboratori con difficoltà a poter svolgere la propria attività lavorativa, è solo uno degli esempi che contraddice il presunto disimpegno dell’economia dalla realtà sociale.

Sentenziare è una cattiva abitudine non solo ticinese, ma sul nostro territorio siamo particolarmente abili, purtroppo, a disprezzare o sminuire quanto di buono viene fatto e ignorare scientemente iniziative di questo tipo dimostra quanto sia ancora impervio il cammino verso un confronto basato sui fatti e non sul puro confronto ideologico.

Le imprese non solo contribuiscono allo sviluppo sostenibile, ma hanno tutte le qualità e l’interesse a posizionarsi come entità innovative, responsabili e competitive sul mercato. Questo approccio olistico si allinea alle preferenze dei consumatori e alle tendenze normative in evoluzione, favorendo il successo a lungo termine. Il rispetto è molto spesso un’utopia, ma non va dimenticato che l’economia siamo tutti noi, persone e aziende costituiscono un tutt’uno. La differenza tra parlarne e sparlarne è alla base di chi siamo e vogliamo essere. Potrebbero bastare anche solo cinque minuti senza preconcetti per ricostruire un dibattito sensato, basato su cose concrete e non su basse insinuazioni.

Partecipazione all’iniziativa di sostegno da parte dell’economia per la Vallemaggia e la Mesolcina

Le recenti calamità naturali hanno causato gravi danni nelle regioni della Vallemaggia e della Mesolcina, lasciando dietro di sé distruzione e difficoltà per le comunità locali.

In risposta a questa emergenza, le principali associazioni economiche – Unione Svizzera Arti e Mestieri (usam), Associazione Industrie Ticinesi (AITI) e Camera di Commercio, dell’Industria, dell’Artigianato e dei Servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) – hanno unito le forze per lanciare un’iniziativa di sostegno straordinaria.

Questa iniziativa rappresenta un segnale di solidarietà e impegno verso le regioni colpite, dimostrando la vicinanza dell’economia ticinese e delle nostre aziende alle necessità del territorio, non soltanto mirando a fornire un supporto immediato alle valli interessate dal maltempo, ma anche a garantire un futuro sostenibile per queste regioni che permetta loro di mantenere l’attrattività necessaria per la loro ripresa economica.

Con la presente, ci permettiamo appellarci alla vostra generosità, invitandovi a sostenere questa iniziativa tramite un contributo finanziario libero. La partecipazione è totalmente volontaria e senza nessun tipo di vincolo. 

È possibile contribuire all’iniziativa tramite versamento utilizzando le seguenti coordinate o tramite QR code:

Ogni contributo, per quanto piccolo possa sembrare, avrà un impatto significativo nel supportare la ripresa e la rinascita di queste comunità. 

Vi ringraziamo anticipatamente per il vostro supporto e la vostra solidarietà e restiamo a disposizione per qualsiasi ulteriore informazione.

Luca Albertoni entra a far parte del Consiglio di Amministrazione della SERV

Comunicato stampa della SERV

Il Consiglio federale ha nominato un nuovo membro del Consiglio di Amministrazione della SERV: si tratta di Luca Albertoni, Direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino. Assumerà il nuovo incarico a partire dal 1° luglio 2024 e lo manterrà per la durata residua del mandato 2024-2027 attualmente in corso.

Nel mese di novembre 2023 si era svolta la procedura di rinnovo integrale del Consiglio di Amministrazione della SERV per il mandato relativo al periodo 2024-2027. In tale occasione erano stati nominati otto membri tra confermati e nuovi eletti. Ora si è scelto di introdurre un’ulteriore persona, per conferire al Consiglio maggiore flessibilità, ottimizzarne il know-how e assicurare la rappresentanza della Svizzera italiana. È stato così raggiunto il numero massimo di nove membri, una formazione che ha già dato buoni frutti per l’Organizzazione in passato.

“Con Luca Albertoni il Consiglio si arricchisce di competenze specialistiche per quanto riguarda il panorama delle PMI elvetiche e in particolare ticinesi”, commenta Barbara Hayoz, Presidentessa del Consiglio di Amministrazione della SERV. “Inoltre, possiede ottimi contatti con le Camere di Commercio e dell’Industria della Svizzera. Siamo felici della collaborazione che ci attende.”

Il neoeletto membro del Consiglio di Amministrazione della SERV Luca Albertoni aggiunge: “E’ un grande onore poter mettere a disposizione della SERV le mie competenze giuridiche e le esperienze maturate in anni di collaborazioni con aziende esportatrici. I prodotti della SERV sono sempre più importanti in un contesto internazionale complesso e pieno di incertezze.”

Luca Albertoni è nato a Lugano e cresciuto a Bellinzona. Ha conseguito la laurea in giurisprudenza, con specializzazione in diritto commerciale, presso l’Università di Berna. Dal 2008 è Direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino, dove aveva ricoperto la carica di responsabile del servizio giuridico a partire dal 2000. È, inoltre, membro del Comitato dell’Unione svizzera degli imprenditori e Presidente della sezione ticinese di “ICT-Formazione professionale Svizzera”

Chi siamo

La SERV è un’istituzione di diritto pubblico della Confederazione. Assicura le operazioni di esportazione – merci o servizi – delle aziende svizzere secondo principi di autonomia finanziaria, tutelandole soprattutto dai mancati pagamenti. In altre parole, risarcisce l’azienda esportatrice assicurata o la banca che ha erogato il finanziamento qualora l’acquirente estero non possa o non voglia saldare il pagamento per motivi politici o economici. Inoltre, con i suoi prodotti assicurativi, la SERV facilita alle aziende l’accesso a crediti e limiti di credito più elevati per i loro costi di produzione, aiutandole a tutelare la propria liquidità. La SERV opera in via sussidiaria e offre le proprie assicurazioni a integrazione delle prestazioni di assicuratori privati. Con la sua offerta contribuisce alla competitività internazionale dell’economia di esportazione svizzera e al mantenimento e alla creazione di posti di lavoro in Svizzera.


Libera circolazione modello per il futuro

I vertici dell’Unione svizzera imprenditori incontrano Aiti e Camera di commercio: ‘Dal 2002 Pil su del 25%, ma in Ticino non è tutto rose e fiori’

Per l’Usi Accordi bilaterali da mantenere

Dossier sulla previdenza, in vista della votazione sulla riforma della Lpp prevista per l’autunno, e gli Accordi bilaterali con le discussioni in atto con l’Unione europea. È stato questo il menù dell’incontro che ha avuto luogo ieri (venerdì 24 maggio) a Lugano tra i vertici nazionali dell’Unione svizzera imprenditori (Usi) col mondo economico ticinese che, insieme, hanno convocato la stampa per spiegare lo stato dell’arte dal loro punto di vista.

Dopo il saluto del presidente dell’Usi Severin Moser, è il turno di Roland Müller – direttore dell’Unione che riunisce 90 associazioni regionali e settoriali e 100mila imprese che contano circa 2 milioni di collaboratori – rompere il ghiaccio. Partendo dall’assoluta importanza che per l’Usi hanno gli Accordi bilaterali con l’Ue. E di rimpallo, la libera circolazione delle persone che «dalla sua introduzione nel 2002 ha contribuito in modo significativo al rafforzamento del mercato del lavoro svizzero, all’aumento della produttività e al benessere generale». Dal 2002, riprende Müller, «il Prodotto interno lordo reale pro capite in Svizzera è aumentato di circa il 25%. Secondo la Segreteria di Stato dell’Economia, la libera circolazione delle persone ha contribuito ogni anno alla crescita economica in misura di circa lo 0,5%». La conseguenza, rileva il direttore dell’Usi, è «un mercato del lavoro dinamico, rafforzato da immigrati qualificati e che porta a una maggiore crescita economica creando più posti di lavoro per tutti». E il mercato locale? «Anche la forza lavoro locale beneficia di migliori opportunità di impiego e di aumenti salariali». Sicuri sicuri? Fino a un certo punto, dal momento che è lo stesso Müller a riconoscere che «non è tutto rose e fiori» e che «in Ticino la popolazione è particolarmente colpita dagli effetti negativi della libera circolazione delle persone. L’alto numero di frontalieri e la pressione salariale che ne consegue, così come la concorrenza per i posti di lavoro e la pressione sulle infrastrutture, provocano tensioni sociali e in alcuni casi anche rabbia». E quindi? Che fare? «È ancora più importante avere una posizione chiara in merito ai negoziati sugli Accordi bilaterali III e definire quali posizioni sono inamovibili. Come Usi siamo favorevoli al mantenimento dell’attuale protezione dei salari».

Pesenti (Aiti): ‘Qualcuno si è scordato come era negli anni Novanta…’

«Per le nostre imprese la conferma dell’impianto degli Accordi bilaterali è fondamentale», gli fa eco il presidente dell’Associazione delle industrie ticinesi (Aiti) Oliviero Pesenti. Anche perché «forse pochi ricordano che per oltre un decennio, negli anni Novanta, l’economia svizzera non cresceva più. A metà decennio, la disoccupazione in Svizzera era oltre il 4% e i tassi d’interesse erano arrivati a superare il 6%. L’economia e la popolazione pagarono a caro prezzo quella situazione, anche in termini di posti di lavoro e potere d’acquisto». Pesenti, quindi, sottolinea che «solo lo slancio dell’aumento delle esportazioni verso l’estero, grazie anche ai Bilaterali, ci permisero di risalire la china e creare migliaia di posti di lavoro anche in Ticino». Anche il presidente di Aiti non si nasconde, «i Bilaterali comportano alcuni problemi in una regione di confine come il Ticino. Ma la loro eliminazione avrebbe conseguenze ben più negative per la popolazione e l’economia». E no, «non ci sono alternative credibili. Del resto, chi non li sostiene in tutti questi anni non è mai stato in grado di portarne neanche una».

Gehri (Cc-Ti): ‘Abbiamo versato 90 milioni in 4 anni per la conciliabilità’

Convinto è il presidente della Camera di commercio ticinese Andrea Gehri: «Purtroppo, in Ticino la discussione verte quasi esclusivamente sempre attorno alla libera circolazione delle persone. Dimenticando che, a livello sistemico, la certezza del diritto e la stabilità delle relazioni con l’Ue sono di fondamentale importanza anche per la nostra realtà locale». E Gehri spalleggia Müller: «Siamo favorevoli al mantenimento dell’attuale livello di protezione dei salari e sosteniamo pienamente, come sempre, la lotta contro il dumping salariale». Ma fermi tutti: «Senza però scadere in eccessi di nuovi strumenti che nulla hanno a che vedere con il tema specifico».

Gehri rivendica anche con orgoglio, sul tema della carenza di manodopera e sulle misure per favorire l’impiegabilità delle persone che oggi sono attive solo in parte, che «negli ultimi quattro anni l’economia ticinese ha versato nelle casse cantonali oltre 90 milioni di franchi destinati alla conciliabilità lavoro famiglia, soldi che dovrebbero permettere di coinvolgere maggiormente nel mondo del lavoro soprattutto molte donne». Questo, ribadisce Gehri, «è un dato che deve far riflettere chi afferma che l’economia non fa nulla ed è poco sensibile a favore della politica famigliare. È vero il contrario». Senza dimenticare, è la battaglia campale di queste settimane, «che per taluni aspetti la politica fiscale necessita di correttivi, come previsto dalla votazione del 9 giugno». Questo perché «è difficile incentivare il lavoro se esso viene penalizzato fiscalmente da una progressione eccessiva, per cui non è raro che in molte coppie uno dei due rinunci a lavorare o lo faccia solo parzialmente per evitare un’imposizione fiscale eccessiva, sproporzionata e confiscatoria».


Fonte: La Regione – 25 maggio 2024