Testi a cura di Alessio Del Grande

C’era una volta la Cc-Ti… e c’è ancora.
Per ricordare i 100 anni della sua nascita, ripercorriamo in questo approfondimento le tappe più significative della storia di un’istituzione che è la storia stessa dello sviluppo economico e sociale del Ticino. Uno sguardo al passato anche per capire meglio le difficoltà di oggi e le sfide che ci attendono in futuro.
In quel lontano 1917, il nostro Paese era una regione molto povera, caratterizzata da un’agricoltura di sussistenza mentre i commerci, le poche attività industriali e il turismo, a cui avevano dato promettenti impulsi l’apertura nel 1882 della galleria ferroviaria del Gottardo, saranno pesantemente penalizzati dai disastrosi effetti della prima guerra mondiale, che accentuano l’isolamento geografico, economico e politico del Ticino. Un secolo dopo il Cantone ha in gran parte recuperato i suoi storici ritardi rispetto al resto della Svizzera, anche se molti problemi restano ancora aperti.
Quella domenica del 21 gennaio 1917, a Lugano 62 soci, che rappresentavano 103 imprese, con l’assemblea all’Associazione Commerciale – Industriale del Canton Ticino, danno vita a quella che negli anni a venire diventerà la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino.
Numerose e lunghe furono le discussioni per raggiungere l’intesa fra i vari attori, cioè l’Associazione commerciale industriale del cantone Ticino, la Sezione ticinese delle sezioni dei commercianti e l’Associazione industriale ticinese.
Uno dei nodi più importanti fu la scelta della struttura associativa, fra chi prediligeva una forma completamente privata e chi invece avrebbe visto di buon occhio una anche il coinvolgimento dello Stato negli organi associativi. Prevalse la prima variante, secondo il modello anglo-sassone, che ancora oggi contraddistingue l’attività della Cc-Ti, cioè un’associazione di diritto privato completamente staccata dallo Stato e senza alcun finanziamento pubblico. La sede scelta dai 62 membri presenti all’atto di costituzione fu Lugano.
Generalmente si pensa che la scelta della città sul Ceresio fosse dettata dalla volontà di fare da contraltare al potere politico concentrato a Bellinzona (un po’ come Zurigo e Berna, tanto per intenderci). In realtà essa fu probabilmente il frutto di una disposizione statutaria, secondo la quale la sede andava fissata nel luogo con il maggior numero di aderenti e i migliori requisiti (dal punto di vista della rilevanza economica) per averla.
Nel 1918 fu assunto un segretario a tempo pieno, in un contesto economico difficile all’ombra della prima Guerra Mondiale.


In termini numerici e di funzione, l’evoluzione della Camera di commercio, partì dagli anni Sessanta, parallelamente allo sviluppo economico del Cantone. Nelle foto di quegli anni, ad esempio, si evidenzia il boom economico a cui si assistette.
La vera e propria evoluzione della Camera in termini numerici e di funzione si ebbe sostanzialmente a partire dagli anni Sessanta, parallelamente allo sviluppo economico del Cantone. Da organo prevalentemente composto da commercianti e industriali, l’attività si estese anche al mondo artigianale e poi ovviamente a quello in grande espansione dei servizi. Per arrivare a fare della Cc-Ti un punto di riferimento per le questioni di politica economica generale, quindi complementare alle associazioni di categoria o di settore. Questo ha portato nel corso degli anni all’adesione, che ricordiamo è volontaria trattandosi di un rapporto di natura puramente privato, di molti rami professionali e varie rappresentanze di tutti i settori economici, per giungere alle 43 associazioni oggi aderenti alla Cc-Ti. Senza dimenticare ovviamente i soci individuali, quantificabili in circa 1’000 aziende, per cui in totale sono rappresentante oltre 7’000 aziende e circa 120’000 posti di lavoro. La tendenza verso un’associazione-mantello si è consolidata soprattutto nell’ultimo decennio, dove è emersa ancora più chiaramente la ripartizione dei ruoli: la Cc-Ti si occupa di questioni di ordine generale e solo sussidiariamente interviene a sostegno delle singole categorie, se queste ne fanno richiesta. La ricerca dell’equilibrio fra interessi settoriali e generali è uno dei compiti fondamentali dell’attività odierna, separata fondamentalmente in due grandi rami di attività: il dialogo con le autorità quale rappresentante del mondo economico a sostanziale tutela della libertà imprenditoriale e la prestazione di servizi agli associati, affinché essi possano essere facilitati nello svolgimento delle loro attività.
Un secolo di attività in cui la Cc-Ti ha saputo coniugare il sostegno e la tutela degli interessi delle aziende, rafforzando progressivamente anche l’associazionismo delle diverse categorie produttive, con la capacità di uno sguardo lungo l’evoluzione di tutta dell’economia cantonale, anticipando spesso con lungimiranza l’analisi e la soluzione di problemi che anni dopo avrebbero monopolizzato l’agenda politica.
La storia della Cc-Ti si può ripercorrere attraverso questo dossier d’approfondimento,
apparso sull’edizione di Ticino Business di novembre 2017.
Aziende: attenzione al rischio cyber
/in Comunicazione e mediaI risultati dell’inchiesta promossa da Cc-Ti, Supsi e InTheCyber SA
Torniamo, come già annunciato tempo fa, a parlare di cyber risk, sicurezza ed aziende. Questa volta lo facciamo in modo scientifico, presentando i risultati di un’inchiesta condotta dalla Cc-Ti in collaborazione con la SUPSI e IntheCyber SA, su un campione di aziende private, pubbliche e semipubbliche ticinesi, che risulta rappresentativo e dimostra lo stato dell’arte in tema di sicurezza e prevenzione di attacchi cibernetici, soprattutto a livello ticinese.
Sono intervenuti Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti; Alessandro Trivilini, Ing., SUPSI e Paolo Lezzi, CEO, IntheCyber SA.
È stato messo in evidenza come occorra creare sempre di più una cultura della sicurezza e del mondo cibernetico sia nelle aziende che nella società, con un approccio interdisciplinare che tocchi differenti aspetti e non solo misure relative alla sicurezza informatica. Nelle aziende oggi si trattano sempre più dati sensibili, che rappresentano una “miniera d’oro” per gli hacker.
Anche a livello normativo stiamo assistendo ad una revisione del diritto federale: lo scorso 15 settembre il Consiglio federale ha presentato alle Camere federali il progetto della Legge sulla protezione dei dati, che nella revisione, si armonizza al diritto europeo. Il tutto verrà discusso nelle sedute parlamentari nei prossimi mesi.
Se un’azienda piccola o grande che sia è fatta di persone, anche la questione della sicurezza e della prevenzione, come pure quella degli attacchi, è determinata dal fattore umano. In questo senso occorre una maggior consapevolezza ai vertici aziendali, così che, cambiando ottica, arrivando a “pensare come un hacker o un cybercriminale”, sia possibile dotarsi di strumenti corretti di analisi e salvaguardia in azienda. I trend mostrano che le questioni della sicurezza in ambito di big data, ITC e cibernetica oggi sono equiparabili alla sicurezza fisica, e dunque, nelle PMI non è più attribuibile direttamente al dipartimento IT, ma sottoposta direttamente al board direttivo.
L’inchiesta svolta dalla Cc-Ti ha indagato gli aspetti di governance e di tecnologia nelle aziende, valutandone il grado di processi implementati e il livello di difesa alle minacce a diversi livelli. Se ben un terzo degli intervistati non usa alcuno standard di cybersecurity governance, emerge anche come occorra cercare dei compromessi tra sicurezza e esigenze aziendali affinché il business non venga compromesso. I rischi di un attacco cyber sono molteplici e i costi per riparare ai danni possono essere maggiori dell’investimento richiesto in sicurezza. Dal prossimo maggio 2018, le aziende dovranno prestare attenzione al “Security by Design”, ossia all’implementazione della sicurezza concepita già in fase di progettazione (secondo le normative svizzere ed europee).
Consapevolezza, formazione ed informazione dunque a tutti i livelli aziendali.
Una maggior attenzione al tema è necessario, proprio per sensibilizzare quel cambiamento culturale che è in atto anche dalle sfide che porta oggi la digitalizzazione, in tutti gli ambiti. Come Cc-Ti ci si sta muovendo anche nella formazione ICT, avendo creato un’associazione che si occupa proprio di ciò, e di cui Luca Albertoni è Presidente.
Scoprite, con delle brevi interviste, cosa hanno detto i relatori su questo tema:
Scaricate i risultati dell’inchiesta sulla sicurezza cibernetica: la presentazione completa mostrata il 22 novembre illustra grafici e trend in atto.
Digitale e protezione dei dati
/in Digitalizzazione, TematicheIl 21 novembre si è svolta la giornata nazionale del digitale, con manifestazioni di ogni genere su tutto il territorio svizzero. Giusta iniziativa per sottolineare ulteriormente l’importanza di una trasformazione epocale, foriera di opportunità ma anche di comprensibili paure, trattandosi di un fenomeno complesso e non sempre facilmente identificabile con la sola definizione “digitale”.
Fra le gli elementi che hanno assunto una rilevanza strategica nel contesto digitale vi è quello della protezione dei dati personali, visto che la tecnologia e i nuovi modelli di business a essa legati hanno cambiato numerosi parametri anche in questo ambito.
Il concetto di sfera privata è profondamente mutato in pochi anni e di questo la legislazione deve necessariamente tenere conto. Sono sostanzialmente due i fronti aperti sul tema: la revisione della legge federale sulla protezione dei dati proposta un paio di mesi fa dal Consiglio federale e l’ambito internazionale, nel quale si inserisce tale progetto. L’importanza dei dati è evidente per l’individuo, ma anche per le aziende, malgrado a volte si tenda a pensare che per esse lo sia solo ai fini dello sfruttamento commerciale. In realtà in gioco vi sono la sicurezza, la possibilità di operare senza limiti eccessivi, i rapporti con le persone che compongono l’azienda, con i clienti, i fornitori, ecc. Ragione per cui anche per l’economia la protezione deve avere un taglio moderno e trovare un equilibrio fra il legittimo bisogno di protezione e la libertà economica delle imprese e degli individui. Saggiamente, il Consiglio federale ha abbandonato tentazioni eccessivamente penalizzanti per la concorrenza e la capacità di innovazione, aprendo ad esempio alla possibilità di autoregolamentazione, che prevede ora un consulente in materia di protezione dei dati e un codice di condotta per le imprese.
L’importanza dei dati è evidente per l’individuo, ma anche per le aziende, malgrado a volte si tenda a pensare che per esse lo sia solo ai fini dello sfruttamento commerciale. In realtà in gioco vi sono la sicurezza, la possibilità di operare senza limiti eccessivi, i rapporti con le persone che compongono l’azienda, con i clienti, i fornitori, ecc.
Restano aperte alcune questioni riguardanti le definizioni di dati sensibili e dei diritti fondamentali da osservare, ma questo sarà oggetto delle discussioni parlamentari. Comprensibilmente, si prevede di inasprire le conseguenze penali di violazioni della legge con una sanzione massima di 250’000 franchi. In questa sede non si possono approfondire tutti i risvolti di un tema molto complesso e tecnico, ma in linea generale l’impostazione del progetto dovrebbe permettere di mantenere un equilibrio fra libertà individuali, libertà economica e tutela contro gli abusi. Questo è particolarmente importante anche nell’ottica delle regole internazionali che, piaccia o no, hanno una rilevanza anche per il nostro paese. Basti pensare al nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati (RGDP), che entrerà in vigore il 28 maggio 2018. Infatti, esso è applicabile anche alle aziende che non sono nell’Unione europea (quindi pure quelle svizzere) ma che offrono beni o servizi a persone oppure che osservano il comportamento di individui che si trovano nell’Unione europea (UE). Qui, in caso di violazioni, le sanzioni sono draconiane (4% della cifra d’affari annua o 20 milioni di euro). La protezione svizzera dei dati, pur avendo mantenuto regole più equilibrate, dovrebbe convergere con l’RGDP, ciò che farebbe della Svizzera un paese riconosciuto con un «livello di protezione adeguato» e quindi senza inutili ostacoli alle attività economiche transfrontaliere. Importante è sottolineare il fatto che le prescrizioni dell’UE non possono né devono essere riprese tali e quali perché per la Svizzera è importante mantenere il margine di manovra e la flessibilità delle imprese che non sono attive nell’ambito dell’UE.
L’artigianato tra tradizioni e innovazione
/in Comunicazione e mediaLa Cc-Ti compie 100 anni e per celebrare questo importante traguardo vuole portare l’attenzione su diversi temi importanti non solo per l’economia.
Vi proponiamo l’opinione del Direttore Luca Albertoni
Prosegue il viaggio della Cc-Ti nei vari settori dell’economia ticinese. Questa volta è il turno dell’edilizia e dell’artigianato, attività storiche della nostra realtà economica. Nell’immaginario collettivo purtroppo le professioni legate a questi rami economici non vengono sempre percepite per il loro giusto valore. Il muratore, l’elettricista, il lattoniere, il falegname, il piastrellista, il panettiere, ecc. sono troppo spesso a torto considerate attività meno qualificate di altre, mentre la realtà è ben diversa. Al di là del valore intrinseco del lavoro definito “manuale”, l’evoluzione delle professioni artigianali è stata impressionante in termini di necessità di conoscenze specifiche e sempre più variegate. Pensiamo ad esempio all’elettricista che deve essere in grado di districarsi anche tra reti cablate, connessioni Internet e la domotica, ai molti nuovi materiali a cui sono confrontati i vari operatori che contribuiscono alle costruzioni di edifici. Realtà molto dinamiche che segnano un’evoluzione nei modelli di lavoro ma anche tecnologica che non deve essere sottovalutata, sia per il contributo di qualità al territorio che per il grado di difficoltà crescente per i molti mestieri che ruotano attorno ai settori edile e artigianale. Soprattutto per mantenere quella qualità che può e deve essere l’arma decisiva per affrontare venti concorrenziali spesso sleali e basati magari solo sul gioco al ribasso dei prezzi. E’ giusto sottolineare che edilizia e artigianato, con circa 3’300 aziende, contribuiscono nella misura di oltre 2 miliardi alla creazione del prodotto interno lordo cantonale, ciò che in termini percentuali significa circa il 7,5%.
Il numero di addetti impiegati in equivalenti a tempo pieno è di oltre 19’000. Cifre decisamente ragguardevoli per attività a volte considerate come meno “nobili” di altre. Che il comparto rappresenti un elemento forte della nostra economia, è anche dimostrato dal fatto che in Ticino la percentuale di addetti in questo settore è maggiore rispetto a quella svizzera (10.5%, rispetto alla media svizzera dell’8.1%). Praticamente ogni associazione di categoria e professionale del settore si occupa direttamente della formazione di base e di quella continua. Per avere un’idea di quanto ruota attorno alla formazione, basta ad esempio dare un’occhiata su Internet all’offerta del Centro di formazione professionale della Società svizzera degli impresari costruttori, sezione Ticino, a Gordola, oppure a quanto proposto dalle associazioni raggruppate sotto la Commissione paritetica cantonale del ramo dell’edilizia. Liste ovviamente non esaustive ma significative, a cui vanno aggiunti altri ambiti facenti parte dell’artigianato in senso lato. Come può essere quello rappresentato dalla Società mastri panettieri, pasticcieri e confettieri che, come la Cc-Ti, festeggia i 100 anni di esistenza e che continua a contraddistinguersi anche per l’intenso lavoro formativo svolto nel campo dell’apprendistato. Senza dimenticare che edilizia e artigianato possono vantare una lunga e consolidata tradizione di contratti collettivi di lavoro con ottime condizioni per gli addetti, fattore questo che andrebbe maggiormente considerato quando si parla di questi settori.
La digitalizzazione nelle strategie di marketing
/in Digitalizzazione, TematicheLa digitalizzazione è un tema cruciale per la Cc-Ti, sul quale ci siamo chinati a più riprese nell’anno in corso, e sul quale torneremo anche in futuro con approfondimenti diversi.
Si tratta di un’area strategica verso la quale stiamo puntando in modo rilevante, poiché per noi è imprescindibile anticipare i tempi e lanciare il dibattito, come appunto fatto finora, per valutare ed esaminare le diverse implicazioni ed opportunità date dalla digitalizzazione. Quest’ultima ha sicuramente molte connessioni e sviluppi sulla società e sul modo di fare impresa (non a caso si parla già di industria 4.0, di nuovi modelli di business, ecc.), ma rappresenta molteplici sfide che le aziende di oggi devono essere pronte a cogliere.
Questo vale anche per il tema della comunicazione e del marketing. Se da un lato la comunicazione, negli ultimi 10 anni circa, ha subito un radicale cambiamento attraverso l’avvento della comunicazione online ed ai social media; lo stesso vale per il marketing. Infatti, grazie alle nuove possibilità offerte dai nuovi media, questa disciplina ha potuto contare su un ventaglio più ampio di innovazioni e azioni al servizio delle aziende. Nell’ambito di una recente conferenza svoltasi a Milano, il Direttore SSIB Ticino Roberto Klaus, ha avvicinato uno dei più grandi esperti di marketing al mondo, Philip Kotler, autore di numerosi volumi sul tema, studiati nelle università a livello internazionale. Nel corso della conversazione è emerso quanto la digitalizzazione e l’innovazione siano fondamentali per le strategie di marketing e la gestione aziendale.
Philip Kotler, esperto internazionale e autore di numerosi volumi sul marketing con Roberto Klaus, Direttore SSIB Ticino
Philip Kotler ha presentato le modalità per affrontare le questioni emergenti del marketing management in una nuova era guidata dalla digital transformation e da una nuova visione di sostenibilità del business. L’ipercompetizione e la trasformazione digitale hanno rivoluzionato il modo in cui le imprese devono pensare al proprio business. Non si compete più solo con le aziende dello stesso settore ma con tutti quei concorrenti in grado di attrarre il cliente tramite le innovative offerte digitali. Particolarmente interessante è il fatto che Kotler, tenuto conto delle trasformazioni tecnologiche, mantiene in modo molto rigoroso e ortodosso un approccio di marketing.
Tra le riflessioni emerse da Kotler, in pillole, possiamo citare:
In questo senso la digitalizzazione è un processo che va affrontato senza timori, per coglierne le opportunità.
Recentemente, ricordiamolo, in occasione della 100° Assemblea della Cc-Ti, anche il Direttore Luca Albertoni ha presentato il progetto portato avanti dalle Camere di commercio e dell’industria svizzere (CCIS) – di cui è Presidente –, in termini di digitalizzazione delle imprese, per proporre alle aziende un digital check.
Il valore d’azienda: punto vincente per le successioni
/in Marketing e Vendita, TematicheNel corso del 2017 la Cc-Ti si è chinata su numerose tematiche a sostegno delle associazioni di categoria ad essa affiliate. Tra questi temi, vi è il valore d’azienda e la sua valutazione. Il progetto della Cc-Ti mira a sostenere le associazioni di categoria, le cui ditte affiliate sono confrontate con questo passo. Essendo un argomento trasversale, interessa settorialmente (e non) molti comparti economici. In questo senso vi proponiamo di seguito un approfondimento di Claudio Cereghetti, direttore AWB Revisioni SA e AWB Consulenze SA, Lugano, che spiega il valore aziendale e la sua gestione.
I motivi del successo di un’azienda e le implicazioni con la successione aziendale
L’azienda può essere definita come quell’entità che organizza le proprie attività in modo da soddisfare le esigenze dei propri interlocutori (fornitori, dipendenti, finanziatori, clienti, azionisti). Il consenso con gli interlocutori è principalmente assicurato attraverso continui flussi monetari. Fermo restante l’importanza sociale dell’impresa per tutti i portatori di interesse, è indispensabile che l’azienda sia in grado di generare valore economico per assicurare, nel tempo, la sua esistenza ed il consenso.
Non tutte le aziende hanno successo o lo stesso livello di successo. Il successo di un’impresa può essere analizzato e influenzato dalla sua formula imprenditoriale (V. Coda in C. Parolini, come costruire un business plan, Paramond). La formula imprenditoriale fa leva sulla coerenza di tre differenti elementi:
Continua a leggere l’approfondimento di Claudio Cereghetti, pubblicato su Ticino Business di novembre 2017.
Per la Cc-Ti il tema è fondamentale. Per maggiori informazioni inerenti il progetto Cc-Ti destinato alle associazioni di categoria sul valore aziendale è possibile contattare Roberto Klaus,
Direttore SSIB Ticino (Tel. +41 91 911 51 19, klaus@cc-ti.ch).
Il Ticino è sempre più digitale
/in Digitalizzazione, TematicheTesto a cura di Carlo Secchi, Swisscom Ticino
Alla Swisscom Dialogarena Ticino 2018 (tenutasi in ottobre a Lugano) si è fatto il punto sugli sviluppi della digitalizzazione per le aziende. Anche Luca Albertoni, Direttore della Cc-Ti, è intervenuto in un’arena di dialogo. Il tema del digitale e delle sue evoluzioni e implicazioni è clou per la Cc-Ti. Nel corso del 2017 l’abbiamo declinato sotto molte forme, con approfondimenti ed eventi. Ritrovate la nostra posizione in merito qui.
La trasformazione digitale è ormai da tempo un elemento costante della nostra vita quotidiana. Difficile non esserne coinvolti. Più facile invece esserne travolti. Se da una parte, le nuove generazioni ne hanno adottato i paradigmi, dall’altro, politica ed economia si trovano nel mezzo di un guado, tra modelli di business tradizionali e spesso destinati a non essere più sostenibili e nuovi modelli dirompenti, in grado di rovesciare ruoli e sorti anche di aziende ritenute inattaccabili. Con questi presupposti, Julie Arlin ha aperto al LAC di Lugano i lavori della 3° edizione della Swisscom Dialogarena Ticino, una piattaforma già rodata da quasi un decennio oltre Gottardo e che in Ticino è rapidamente diventata un punto di riferimento per operatori del tessuto economico ticinese, per dialogare sui temi inerenti la trasformazione digitale e il suo impatto sul business del nostro Cantone. Quest’anno agli oltre 130 partecipanti, Stefano Santinelli (Delegato del CIO per la Svizzera Italiana) ha illustrato l’evoluzione delle organizzazioni aziendali, sempre più lontane dalle gerarchie “patriarcali” delle prime rivoluzioni industriali e tese a enfatizzare la creatività individuale, la spinta dell’ideale e l’agilità delle strutture “piatte”.
Un momento dell’arena di dialogo alla quale ha partecipato anche il Direttore Cc-Ti Luca Albertoni.
Sulla foto anche, da sin., Carlo Secchi, Sales Director Ticino – VP, Swisscom, e Patrick Tonascia, Presidente CdA di Tipack Technologies SA
L’On. Christian Vitta, partendo dalla Strategia “Svizzera Digitale” inserita nel programma di legislatura del Consiglio federale, ha declinato il tema a livello Cantonale, parlando di uno Stato che non intende sostituirsi agli imprenditori, ma che è chiamato a porre le migliori condizioni quadro per un Canton Ticino competitivo. Inoltre ha descritto le misure concrete su cui sta lavorando il suo Dipartimento, per poter affrontare la rivoluzione digitale e cogliere al meglio le opportunità che essa offre, riducendo al minimo i rischi che ogni rivoluzione porta immancabilmente con sé.
Nelle sessioni dedicate alle arene di dialogo i partecipanti hanno potuto approfondire temi classici come l’offerta Swisscom Cloud dedicata alle applicazioni o dedicarsi all’aggiornamento sul “radar delle minacce” in ambito cyber-security. Notevole l’interesse suscitato dalle nuove modalità di lavoro, strettamente connesse con il costante fabbisogno di efficienza e mobilità. Quest’ultima (non prima del 2020) vivrà un nuovo ulteriore sviluppo grazie al 5G, presentato in anteprima in un’altra arena, promettendo banda ultralarga in mobilità. Le tecnologie di telefonia mobile più “mature” offrono ancora molto: nell’arena city insights è stata presentata infatti la soluzione per il monitoraggio dei flussi in movimento sulle strade svizzere, grazie alla raccolta dei dati anonimi e aggregati delle SIM collegate alla rete Sisscom e che rende possibile l’analisi della viabilità cantonale anche a livello di singoli quartieri. Infine blockchain, ovvero la tecnologia di base del bit-coin, già applicata per ottimizzare molti processi e presentata nell’arena dedicata.
L’intervento di chiusura è stato affidato al Prof. Luca Gambardella, il quale ha presentato alcuni studi sull’Intelligenza Artificiale a cura del prestigioso “Istituto Dalle Molle” da lui diretto. Esperimenti in corso ma anche applicazioni già in uso, che dimostrano l’altissimo livello raggiunto dal suo istituto (tra i primi 10 al mondo).
Nei momenti di pausa, i partecipanti hanno sperimentato alcune soluzioni “pronte all’uso”, a dimostrazione di quanto, temi considerati futuribili 1 o 2 anni fa, siano oggi già parte integrante della nostra quotidianità. Difficile quindi pronosticare fin d’ora i temi per la prossima edizione della Swisscom Dialogarena Ticino. Più arduo è invece immaginare un anno senza una nuova edizione di un evento ormai
irrinunciabile.
1917-2017. Cento anni al servizio del Ticino
/in Comunicazione e mediaTesti a cura di Alessio Del Grande
Per ricordare i 100 anni della sua nascita, ripercorriamo in questo approfondimento le tappe più significative della storia di un’istituzione che è la storia stessa dello sviluppo economico e sociale del Ticino. Uno sguardo al passato anche per capire meglio le difficoltà di oggi e le sfide che ci attendono in futuro.
In quel lontano 1917, il nostro Paese era una regione molto povera, caratterizzata da un’agricoltura di sussistenza mentre i commerci, le poche attività industriali e il turismo, a cui avevano dato promettenti impulsi l’apertura nel 1882 della galleria ferroviaria del Gottardo, saranno pesantemente penalizzati dai disastrosi effetti della prima guerra mondiale, che accentuano l’isolamento geografico, economico e politico del Ticino. Un secolo dopo il Cantone ha in gran parte recuperato i suoi storici ritardi rispetto al resto della Svizzera, anche se molti problemi restano ancora aperti.
Quella domenica del 21 gennaio 1917, a Lugano 62 soci, che rappresentavano 103 imprese, con l’assemblea all’Associazione Commerciale – Industriale del Canton Ticino, danno vita a quella che negli anni a venire diventerà la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino.
Numerose e lunghe furono le discussioni per raggiungere l’intesa fra i vari attori, cioè l’Associazione commerciale industriale del cantone Ticino, la Sezione ticinese delle sezioni dei commercianti e l’Associazione industriale ticinese.
Uno dei nodi più importanti fu la scelta della struttura associativa, fra chi prediligeva una forma completamente privata e chi invece avrebbe visto di buon occhio una anche il coinvolgimento dello Stato negli organi associativi. Prevalse la prima variante, secondo il modello anglo-sassone, che ancora oggi contraddistingue l’attività della Cc-Ti, cioè un’associazione di diritto privato completamente staccata dallo Stato e senza alcun finanziamento pubblico. La sede scelta dai 62 membri presenti all’atto di costituzione fu Lugano.
Generalmente si pensa che la scelta della città sul Ceresio fosse dettata dalla volontà di fare da contraltare al potere politico concentrato a Bellinzona (un po’ come Zurigo e Berna, tanto per intenderci). In realtà essa fu probabilmente il frutto di una disposizione statutaria, secondo la quale la sede andava fissata nel luogo con il maggior numero di aderenti e i migliori requisiti (dal punto di vista della rilevanza economica) per averla.
Nel 1918 fu assunto un segretario a tempo pieno, in un contesto economico difficile all’ombra della prima Guerra Mondiale.
La vera e propria evoluzione della Camera in termini numerici e di funzione si ebbe sostanzialmente a partire dagli anni Sessanta, parallelamente allo sviluppo economico del Cantone. Da organo prevalentemente composto da commercianti e industriali, l’attività si estese anche al mondo artigianale e poi ovviamente a quello in grande espansione dei servizi. Per arrivare a fare della Cc-Ti un punto di riferimento per le questioni di politica economica generale, quindi complementare alle associazioni di categoria o di settore. Questo ha portato nel corso degli anni all’adesione, che ricordiamo è volontaria trattandosi di un rapporto di natura puramente privato, di molti rami professionali e varie rappresentanze di tutti i settori economici, per giungere alle 43 associazioni oggi aderenti alla Cc-Ti. Senza dimenticare ovviamente i soci individuali, quantificabili in circa 1’000 aziende, per cui in totale sono rappresentante oltre 7’000 aziende e circa 120’000 posti di lavoro. La tendenza verso un’associazione-mantello si è consolidata soprattutto nell’ultimo decennio, dove è emersa ancora più chiaramente la ripartizione dei ruoli: la Cc-Ti si occupa di questioni di ordine generale e solo sussidiariamente interviene a sostegno delle singole categorie, se queste ne fanno richiesta. La ricerca dell’equilibrio fra interessi settoriali e generali è uno dei compiti fondamentali dell’attività odierna, separata fondamentalmente in due grandi rami di attività: il dialogo con le autorità quale rappresentante del mondo economico a sostanziale tutela della libertà imprenditoriale e la prestazione di servizi agli associati, affinché essi possano essere facilitati nello svolgimento delle loro attività.
Un secolo di attività in cui la Cc-Ti ha saputo coniugare il sostegno e la tutela degli interessi delle aziende, rafforzando progressivamente anche l’associazionismo delle diverse categorie produttive, con la capacità di uno sguardo lungo l’evoluzione di tutta dell’economia cantonale, anticipando spesso con lungimiranza l’analisi e la soluzione di problemi che anni dopo avrebbero monopolizzato l’agenda politica.
La storia della Cc-Ti si può ripercorrere attraverso questo dossier d’approfondimento,
apparso sull’edizione di Ticino Business di novembre 2017.
Vi segnaliamo inoltre che abbiamo già dedicato un articolo alle tematiche ricorrenti su cui la Cc-Ti si è chinata nel secolo di vita. Questo è stato pubblicato sul numero di ottobre di TB.
Export a gonfie vele
/in Internazionale, TematicheContinua con il vento in poppa l’andamento positivo dell’export svizzero. I recenti dati dell’Amministrazione federale delle dogane (AFD) dimostrano infatti che il terzo trimestre del 2017 è stato dinamico: le esportazioni si sono attestate a 54,0 miliardi di franchi, il 2,5% in più dello stesso periodo dell’anno precedente, tenuto conto delle correzioni per i diversi giorni lavorativi. Dal fronte delle importazioni si segnala un +7,4% corrispondente a 45,4 miliardi. In termini reali – ovvero con i valori corretti in base all’evoluzione dei prezzi sulla base di valori medi – la progressione è rispettivamente dell’1,4% (export) e dell’1,6% (import). Il saldo della bilancia commerciale è sceso da 10,3 a 8,5 miliardi. Si conferma quindi la tendenza favorevole che si osserva dall’inizio dell’anno e che è proseguita fra luglio e fine settembre, seppur a un ritmo meno sostenuto.
I settori trainanti sono quelli dei metalli (5,6%), dei veicoli (+5,4%) nonché il settore orologiero (5,6%) che continua la sua ripresa dove aver vissuto mesi difficili all’insegna della negatività. Sono arretrati invece i gioielli (-17%) e la carta (-2%). L’Asia rimane il continente con il quale la Svizzera ha un maggior interesse di esportazione (7%), in particolare Singapore si è dimostrato molto dinamico registrando un 41% nel solo settore della chimico-farmaceutica. Altre cifre particolarmente positive relative ai singoli Paesi possono essere osservate a Hong Kong (+19%) e in Cina (+14%), Germania (+3%), India (+6%), Italia (+6%) e Russia (+31%).
Per quanto concerne il solo mese di settembre, le esportazioni hanno registrato una certa stagnazione. La causa è principalmente da imputare al calo delle vendite di prodotti chimici e farmaceutici negli Stati Uniti che ha fatto peggiorare i risultati. Contrariamente alla performance del mese di agosto, le importazioni hanno continuato a progredire (10%)
Il 2018 all’insegna della crescita
Secondo il recente sondaggio di Switzerland Global Enterprise (S-GE) sul clima dʼexport, le previsioni per l’ultima parte del 2017 indicano che l’anno continuerà ––con questo trend positivo. Le PMI svizzere esportatrici guardano al futuro con grande ottimismo. Circa il 60% di tutte le piccole medie imprese prevede infatti, anche nel 4° trimestre 2017, un aumento delle esportazioni. Nel 2018, la metà di tali PMI pianifica inoltre un’espansione allʼestero. Il barometro delle esportazioni di Credit Suisse rileva nuovamente un’ampia fase di crescita. Nei prossimi mesi lo sviluppo dell’export dovrebbe quindi potenziarsi ulteriormente. Ad influire maggiormente su di esso sono gli effetti positivi della valuta. Infatti, oltre la metà delle imprese intervistate registra una crescita dei margini grazie all’andamento del cambio.
A margine della presentazione del sondaggio di S-GE e Credit Suisse, Sascha Jucker, economista presso Credit Suisse, ha inoltre affermato che “recentemente, nel comparto industriale dei due principali mercati di vendita, quello tedesco e statunitense, si è ulteriormente rafforzato il clima positivo. In tal senso, i valori delle PMI (Purchasing Mangagers Index) in entrambi i mercati superano l’elevata soglia dei 60 punti”. “Il clima dellʼexport è molto positivo – gli ha fatto eco Alberto Silini, responsabile Consulenza presso Switzerland Global Enterprise (S-GE) – “in particolare lo sono le prospettive e margini più alti, che permettono di operare nuovamente maggiori investimenti. I beni e servizi svizzeri sono molto richiesti allʼestero. Le PMI che prevedono di avviare unʼattività di export, oppure di accedere a nuovi mercati, devono cogliere ora quest’opportunità, che si presenta nel momento ideale”.
Marco Passalia, vice direttore e responsabile Servizio Export Cc-Ti
Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Il servizio Export della Cc-Ti e S-GE sono a vostra disposizione per consulenze in ambito di esportazioni. Contatti email: Cc-Ti e S-GE
Valori svizzeri e mobilità, anche per l’avvenire
/in Comunicazione e mediaL’opinione di Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti e Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti
L’anno del centenario sta lentamente volgendo al termine, dopo mesi contraddistinti da molte iniziative atte a celebrare la nostra storia e da altrettante rivolte ai temi del presente e del futuro, l’Assemblea generale ordinaria dello scorso 20 ottobre è stata certamente un “highlight” di portata storica per tanti motivi.
Innanzitutto per il luogo scelto, cioè l’aeroporto di Lugano-Agno, scelta non casuale e operata in tempi non sospetti quasi due anni fa per sottolineare simbolicamente l’apertura del Ticino verso il mondo, ma soprattutto per ribadire quanto sia importante l’aeroporto per la regione. Siamo sempre stati fautori della complementarietà dei vettori di trasporto per un territorio competitivo e, nel caso del Ticino, questo significa strada, ferrovia e aereo. Rinunciare a quest’ultimo sarebbe autolesionistico. Malgrado Alptransit, Malpensa, ecc., un aeroporto regionale può avere una sua funzione importante, a patto ovviamente che vi sia una strategia chiara. Questo però è un altro discorso che, purtroppo o per fortuna, al momento non ci compete, visto che è più volte stato ribadito che si tratta di fatti in cui i privati non devono mettere il naso. Bene, ne prendiamo atto, ma non possiamo non sottolineare come a Sion e Berna, ad esempio, nessuno metta in dubbio l’utilità di un aeroporto regionale per il territorio, malgrado le difficoltà che a scadenze regolari affliggono soprattutto l’aeroporto della Capitale federale.
Ma, come evidenziato lo scorso 20 ottobre, l’Assemblea generale non era il momento per creare polemiche. Infatti l’Assemblea del centenario è stata un momento di grande positività, grazie anche alla prestigiosa partecipazione della Presidente della Confederazione Doris Leuthard, volata appositamente da Berna per essere presente ai nostri festeggiamenti e rientrata subito dopo il suo intervento. Presenza non solo prestigiosa, ma soprattutto brillante per i contenuti delle dichiarazioni, incisive e decise, malgrado i toni “leggeri” e una propensione alla battuta non comune.
Un momento molto intenso che resterà nella storia della Cc-Ti.
L’Assemblea è stata resa speciale anche dalla partecipazione massiccia di soci, ospiti e autorità politiche federali, cantonali e comunali. Oltre 500 persone che hanno testimoniato vicinanza alla nostra associazione. Senza dimenticare tutti gli associati non presenti la sera dei festeggiamenti ma fedeli sostenitori, che ci permettono di svolgere la nostra attività a favore dell’economia e del territorio cantonale. Sempre rispettando e sottolineando quei valori svizzeri invocati da molti sul piano teorico ma applicati solo sporadicamente. Su questo punto si giocherà molto del nostro futuro, come abbiamo avuto modo di sottolineare nei nostri interventi. La trasformazione digitale, tanto per citare il cambiamento che al momento sembra preoccupare maggiormente, ci pone davanti a scelte epocali, con importanti impatti sui modelli di business, sui modi di lavorare e quindi anche sulle basi legali concernenti il lavoro, le assicurazioni sociali, ecc.. Il tutto con una rapidità senza precedenti. Di fronte a mutamenti così repentini e impegnativi, la tutela della libertà economica resta per noi un cardine imprescindibile, di cui occorre tenere conto quando si discute di modifiche del nostro sistema. Perché correggere non significa per forza stravolgere e, una volta rotti, gli equilibri sono difficili da ricostruire.
Ritrovate online sul nostro sito l’intervista alla Presidente della Confederazione Doris Leuthard
e il resoconto della nostra 100° Assemblea Annuale!
Trasformazioni digitali fra timori e opportunità
/in Digitalizzazione, TematicheSi parla molto della trasformazione digitale, anche se probabilmente sarebbe più corretto declinare il tutto al plurale, perché vi sono molte trasformazioni in atto che rimettono in discussione numerosi modelli economici e sociali che sembravano molto consolidati. Le paure sono legittime e umanamente comprensibili quando ci si trova di fronte a cambiamenti epocali, oltretutto di rapidità inedita.
Questo non deve però distogliere dall’osservazione più fattuale degli eventi. Ad esempio si cita spesso la deindustrializzazione in Europa (Svizzera compresa), mentre in realtà è più una mutazione (non certamente la prima) che una fine vera e propria dell’industria. Un noto sociologo, ingegnere ed economista francese, Pierre Veltz, ha recentemente pubblicato un libro molto interessante, intitolato “La société hyper-industrielle” (con il sottotitolo “Le nouveau capitalisme productif”). Egli indica come in realtà non vi sia una regressione dell’industria, ma una profonda trasformazione, soprattutto della sua organizzazione. La rivoluzione in atto con la quale dobbiamo confrontarci concerne sì l’automatizzazione di taluni compiti lavorativi, ma soprattutto le opportunità derivanti dalle reti di comunicazione che agevolano ulteriormente la dispersione nella produzione in tutto il mondo, l’inclusione dell’utilizzatore nei cicli di produzione e la ricezione costante dei dati di utilizzo grazie alle varie piattaforme di scambio di dati. La tesi è che l’industria starebbe diventando un servizio come gli altri, mentre molti servizi si organizzerebbero secondo criteri industriali, rendendo sempre più difficile la distinzione fra i due rami economici. Spunto certamente opinabile ma comunque interessante, perché permette di capire che la trasformazione digitale non è per forza negativa, ma permette sviluppi anche impensabili. Non è del resto un caso che si parli sempre più spesso di “reshoring”, ossia di rimpatrio in Europa di attività industriali esportate anni fa verso quelli che erano considerati paesi a basso costo di produzione. La trasformazione digitale rende talune attività economiche meno costose e quindi rilancia la competitività europea a livelli di costi. Anche in Svizzera vi sono vari esempi di questo tipo, a partire dalla crema di Ovomaltina da spalmare sul pane, di nuovo prodotta in Svizzera dopo essere stata “esportata” in Belgio. Vero che non sempre questo è accompagnato da spettacolari creazioni di posti di lavoro dal punto di vista quantitativo, ma nel caso dell’Ovomaltina vi sono comunque cinque nuovi posti di lavoro nel canton Berna. E cinque è meglio di zero, anche perché comunque ciò permette di riportare nel nostro paese determinate competenze. Anche di questo occorre tenere conto quando si parla di trasformazione digitale.
La digitalizzazione è un tema clou per la Cc-Ti. Nel corso del 2017 l’abbiamo declinato sotto molte forme, con approfondimenti ed eventi.
Ritrovate la nostra posizione in merito qui.