L’aspetto umano resta decisivo

Altri spunti di riflessione (dopo aver presentato la nostra inchiesta congiunturale) provengono dal settore dei servizi sanitari. Nell’intervista con Michela Pfyffer, Direttrice Clinica Sant’Anna di Sorengo, e nostra affiliata, approfondiamo il binomio “tecnologia-essere umano”, per lo sviluppo delle attività.

Nel settore sanitario le innovazioni ed il progresso tecnologico si susseguono, ma risulta comunque predominante anche il fattore umano. Come collimano questi due aspetti?

Confermo assolutamente che non solo l’aspetto umano resta e deve rimanere predominante a tutti i livelli, ma che ogni giorno tutti lavoriamo alacremente per garantire che questa predominanza non venga meno. La tecnologia deve essere il supporto all’esercizio delle professioni sanitarie e non il contrario. Non dimentichiamo peraltro che il progresso tecnologico è frutto dell’esperienza e del genio umano e che il suo scopo naturale è quello di rendere le  diagnosi e le terapie  sempre più performanti a favore dei pazienti, e non quello di togliere ai pazienti l’interlocutore umano nelle cure. Accogliere  il progresso tecnologico significa impegnarsi nel costante sforzo della formazione e noi, come operatori sanitari, abbiamo il dovere di  sempre garantirli con continuità e competenza.

Quanto conta il valore della ‘swissness’ (intesa come cultura d’impresa svizzera) nel vostro settore?

Swissness per me vuol dire serietà e qualità, due valori fondamentali nel nostro settore e che ne fanno la differenza, oltre ovviamente a  competenze e umanizzazione nelle cure. Non da ultimo il rispetto della privacy, ragione questa che contribuisce a renderci attrattivi anche per pazienti stranieri che in maniera sempre più regolare si affidano alle nostre strutture.

Outplacement o Newplacement e gestione del licenziamento

“La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità” Lucio Seneca.  Dal dizionario: “Particolare forma di consulenza che prevede l’affidamento a un’agenzia specializzata dell’incarico di ricollocare in una nuova attività il personale in esubero di un’azienda”.

Outplacement, noto anche come newplacement, inteso come ricollocamento professionale di un collaboratore dopo la fine del rapporto di lavoro, è uno strumento relativamente nuovo nella gestione del personale e sta ottenendo sempre maggiore attenzione.

L’outplacement è nato negli Stati Uniti quale sistema di reintegrazione sistematica dei soldati americani in occupazioni non militari, diffondendosi poi dopo la seconda guerra mondiale. Questo “appoggio sociale” è stato introdotto nei paesi di lingua tedesca negli anni 80, purtroppo poco diffuso invece negli altri stati dell’Europa occidentale. Aziende specializzate nell’orientamento professionale accompagnano le persone che hanno perso il proprio impiego nel loro percorso. La consulenza può non essere orientata solo nella ricerca di un nuovo impiego, ma anche verso una semplice rivisitazione della propria carriera. Uno degli obiettivi di un buon outplacement è quello di ottenere, dopo un licenziamento, un risultato “vincente-vincente” tra l’ex collaboratore e il datore di lavoro. Gli aspetti conflittuali legati a questa situazione possono, così, essere largamente ridimensionati. L’outplacement non esaurisce la propria utilità nel solo campo HR. Nel suo percorso di accompagnamento possono essere contemplati e analizzati anche i mutamenti degli scenari aziendali: ad esempio la centralizzazione delle unità produttive, nuove tecnologie, difficoltà legate al crollo dei mercati, cessazione dell’attività o fusione, ecc..

L’outplacement può fornire risposte concrete all’esigenza di un potenziamento economico o del recupero della propria competitività aziendale.

Il licenziamento comporta ripercussioni negative per tutte le parti coinvolte (studio Baum, 2009). Per il 67% rappresenta un peggioramento dell’immagine aziendale, per il 62% la perdita della pace sociale in azienda e per il 53% la diffusione di voci critiche all’interno e all’esterno all’azienda. Possiamo comprendere che il modo in cui l’azienda guida il processo di separazione ha quindi un impatto importante sulla propria immagine di datore di lavoro (attento e responsabile / irrispettoso e ingannevole), utile per un futuro reclutamento di manodopera, per la credibilità e anche per la motivazione dei propri dipendenti.

Una condotta ragionevole permetterà che eventuali conflitti giuridici alla fine del contratto di lavoro, abbiano un impatto nettamente inferiore, presenterà una scemata responsabilità sociale nei confronti del lavoratore, una limitazione importante dei conflitti durante il tempo restante di collaborazione, un’immagine di correttezza verso l’esterno, nei confronti dei clienti o sindacati. L’outplacement fornisce al dipendente una migliore percezione del mercato del lavoro commisurata alla sua persona, la conoscenza di mercati meno noti ma altrettanto validi, il riconoscimento dei propri punti di forza o debolezza, il sostegno attivo in caso di crisi, la prevenzione per scelte errate o affrettate, il rafforzamento della fiducia in se stesso.

Deve essere chiaro per il dipendente che deve affrontare un licenziamento e una ricollocazione, che l’outplacement non è pensato per fornire una nuova opportunità di lavoro fine a se stessa. Il valore aggiunto di questo sistema risiede nel fornire gli strumenti necessari per identificare le capacità soggettive, le diverse esigenze e l’importanza di queste per la singola persona. Il dipendente deve elaborare e fare proprio un obiettivo professionale chiaro e reale. L’outplacement fornisce al dipendente tutto il supporto per realizzarsi a 360°,

Riassumendo il suo funzionamento, l’attività di outplacement presuppone la presenza di tre protagonisti fondamentali:

  1. l’azienda, che conferisce l’incarico di affiancare l’ex dipendente durante tutto il processo di reinserimento lavorativo;
  2. la società che fornisce il servizio di outplacement e si impegna a seguire l’ex dipendente a tempo indeterminato, fino all’avvenuto reinserimento nel mercato del lavoro;
  3. il dipendente, che si impegna a seguire il programma di ricollocamento stabilito dalla società fornitrice del servizio.

Questi tre soggetti collaborano tra loro, ognuno con doveri specifici: l’azienda, ad esempio, deve farsi carico del costo dell’operazione, la società di Outplacement è tenuta a fornire al candidato mezzi e servizi per favorire in tempi ragionevoli il ricollocamento professionale e il dipendente ha l’obbligo di impegnarsi nella ricerca del lavoro.

L’Outplacement può essere previsto nel contratto di lavoro o con un accordo separato tra l’azienda e il dipendente; il servizio può essere proposto prima, dopo o durante il periodo di preavviso di licenziamento.
Inoltre, è importante sottolineare che le agenzie che offrono questa prestazione lavorano solo su incarico dell’azienda: è quindi necessario che sia quest’ultima a richiederne il servizio.

Aiutare la persona a fronteggiare l’impatto emotivo della perdita del lavoro e a migliorare le capacità di ricercare nuove opportunità occupazionali (descrizione del mercato del lavoro, self – marketing, costruzione del curriculum vitae, simulazione di colloqui, …), dimezza spesso i tempi di reinserimento.

Qualche nota generale

L’ambiente lavorativo comporta nella quotidianità di un’azienda diverse responsabilità e un’alternanza di aspetti soddisfacenti e positivi con “appuntamenti” purtroppo meno gratificanti, difficili da affrontare, da gestire e analizzare. La decisione di rinunciare a un dipendente, indipendentemente dalla ragione, è un compito che un HR gestisce sempre con difficoltà e stress. Il licenziamento è un momento amaro per entrambi le parti coinvolte, un “arresto” anche per la vita aziendale. In molte occasioni, per fortuna, permette anche a entrambi di rimediare a un errore e guardare avanti, verso un futuro più calzante.

Il licenziamento è spesso affrontato solo nel suo aspetto legale e tecnico. Quello che però non bisogna dimenticare è che rappresenta la fine di un rapporto umano oltre che lavorativo. Una decisione di questa portata deve sempre presupporre una riflessione profonda e seria che escluda una qualsiasi alternativa.

Licenziare qualcuno non significa screditare la persona, ma giudicare in virtù delle abilità professionali che non ha saputo esprimere al meglio in azienda.

Vi sono diverse teorie sulla scelta più appropriata del giorno e ora per questa comunicazione al dipendente. L’inizio di settimana, ad esempio, permette al dipendente di attivarsi subito per un nuovo impiego o per svolgere la burocrazia necessaria. Per contro, la comunicazione della notizia il venerdì pomeriggio potrebbe ridurre il tempo per potenziali conflitti “del momento” con il resto del team.

Ogni passo o scelta deve essere portato a termine considerando sempre prioritari gli interessi dell’attività e dello staff. Alcuni consigli:

  1. Immediatezza senza giri di parole (meglio: “Si accomodi. Devo parlarle seriamente” piuttosto di un “Si accomodi. Le sembra che il suo lavoro sia soddisfacente negli ultimi tempi?”).
  2. Comunicare i motivi in modo chiaro e concis Non dare false speranze per una seconda opportunità. Evitare le frasi fatte.
  3. Ascoltare il dipendente, aspettandosi reazioni differenziate a dipendenza del carattere della persona. Prestare attenzione ai segnali non verbali aiuta a gestire più correttamente la situazione.
  4. Risolvere subito i sospesi: scadenze, pagamenti arretrati, giorni di vacanza non goduti, ecc.
  5. Con un colloquio di persona: il licenziamento va sempre comunicato di persona: l’idea di licenziare qualcuno per telefono o tramite email non deve essere neanche presa in considerazione. Un tale comportamento denoterebbe mancanza di rispetto, scarsa professionalità e una grave insensibilità.

Prima di congedarsi è importante prepararsi nell’azienda e con i collaboratori alla migliore gestione post-evento: a dipendenza delle mansioni del dipendente è importante riorganizzare le procedure che lo coinvolgevano e ricollocare, eventualmente, i collaboratori già presenti fino a quando si troverà, se necessario, un valido sostituto. Utile e gradito è il certificato di lavoro, da rilasciare alla fine del tempo previsto, dove riconoscere le abilità della persona (le cosiddette “soft skills” – problem solving, negoziazione, lateral thinking, team management, gestione dello stress, proattività, ecc.) e non solo le sue mansioni (articolo 330a del Codice delle obbligazioni). Un licenziamento non deve venire, per forza, giustificato. Al contrario, secondo l’articolo 335 p. 2 CO, il datore di lavoro è invitato a dare una giustificazione solo nel caso l’altra parte la richieda. Nella pratica non è necessario giustificare per iscritto il provvedimento, ma si può introdurre una frase che indichi “come discusso verbalmente” a questo proposito. Se il datore di lavoro si rifiuta di dare una giustificazione è pensabile che, in caso di controversia, questo atteggiamento non giocherà a suo favore. Anche senza una giustificazione, il licenziamento sarà comunque valido.

Il Servizio giuridico della Cc-Ti è a disposizione dei soci per qualsiasi informazione in merito!

ALS: alla conquista dell’ASEAN

La nostra serie di articoli export inizia con un tema a noi molto caro: quello degli accordi di libero scambio (ALS). In questo ambito, il 2018 è stato un anno positivo, soprattutto per le PMI svizzere attive nel Sud-est asiatico.

Prima l’ALS con le Filippine…

Allo storico ALS con Singapore (in vigore dal 2003), il 1° giugno 2018 è seguito l’ALS con le Filippine. Da tale data, circa il 92% dei prodotti industriali svizzeri (pari al 96% delle nostre esportazioni nel Paese) possono essere esportati in franchigia doganale. Salvo eccezioni, i dazi applicati sui rimanenti prodotti industriali saranno eliminati gradualmente sull’arco di 3-10 anni. Quanto ai prodotti agricoli (di base e trasformati), i dazi sulla maggior parte dei prodotti più importanti sono stati eliminati (ad es. cioccolato e formaggio) oppure lo saranno dopo un periodo di transizione di max. sei anni.

… poi con l’Indonesia

La firma, il 16 dicembre 2018, dell’ALS con l’Indonesia ha arricchito di un importante tassello la rete degli ALS nella regione. Sebbene la sua entrata in vigore non sia ancora nota, a medio termine l’accordo consentirà alle PMI svizzere di esportare in franchigia doganale nel Paese ben il 98% dei prodotti svizzeri, a fronte dell’attuale 15%. L’abbattimento dei dazi sarà graduale: all’entrata in vigore, dopo 5, 9 e 12 anni, a dipendenza dei settori. Secondo una recente analisi commissionata da S-GE, i primi a beneficiare dell’ALS sono i settori chimico-farmaceutico e MEM, seguiti dall’industria alimentare. L’Indonesia è particolarmente interessante non solo per le dimensioni del suo mercato in generale (oltre 260 milioni di consumatori), ma soprattutto per quelle della sua classe media, caratterizzata da un potere d’acquisto in crescita e da una popolazione con uno stile di vita moderno, che dai 74 milioni di persone nel 2017 dovrebbe passare a 141 milioni nel 2020. Cifre queste, che parlano da sé.

Sviluppare la rete di ALS e migliorare l’accesso delle imprese svizzere ai mercati esteri restano importanti pilastri della politica economica esterna svizzera. Nel 2019, l’accento sarà posto sulla negoziazione di un ALS con il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay). Il Consiglio federale auspica inoltre di poter avviare colloqui esplorativi su un possibile ALS con gli Stati Uniti.

Articolo a cura di
Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana e
Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti

Il servizio Export della Cc-Ti e S-GE sono a vostra disposizione per consulenze in ambito di esportazioni.
Contatti email: Servizio Export Cc-Ti e S-GE

Le opportunità offerte dalle scienze della vita in Corea non sono ben conosciute dalle aziende svizzere

Roger Zbinden, responsabile dello Swiss Business Hub South Korea, spiega perché le aziende svizzere del settore Life Science non dovrebbero pensare solo automaticamente alla Cina o al Giappone, ma tenere in considerazione anche il dinamico mercato coreano grazie al suo potenziale di esportazione e quale trampolino di lancio verso l’Asia.

Quali sono le principali attività che lo Swiss Business Hub svolge per promuovere la Corea sul mercato svizzero?

Lo Swiss Business Hub rappresenta l’agenzia ufficiale svizzera per il commercio e gli investimenti Switzerland Global Enterprise (S-GE). Lavoriamo principalmente in due settori: promozione delle esportazioni e promozione degli investimenti. Nell’ambito della promozione delle esportazioni, sosteniamo le imprese svizzere nelle loro attività di ingresso e di espansione sul mercato qui in Corea. Li aiutiamo a trovare i giusti partner commerciali, organizziamo viaggi d’affari individuali e indichiamo le opportunità commerciali. Essendo un piccolo team, collaboriamo con esperti locali nei diversi settori rilevanti per le sfide individuali dei nostri clienti. Questo ci permette di adattare le nostre attività alle esigenze dei nostri clienti. Inoltre, organizziamo regolarmente eventi informativi in Svizzera per motivare i potenziali esportatori a considerare la Corea come un mercato promettente. Nella promozione degli investimenti lavoriamo a stretto contatto con le aziende coreane e le sosteniamo nei loro piani di espansione in Svizzera. Stiamo osservando un reale aumento dell’interesse e del numero e dell’entità dei nostri progetti di esportazione e soprattutto di investimento. Nella promozione degli investimenti collaboriamo strettamente con le imprese coreane e le sosteniamo nei loro piani di espansione in Europa. La piazza economica svizzera presenta numerosi vantaggi.

Qual è il potenziale della Corea come destinazione d’investimento per gli uomini d’affari svizzeri?

A mio avviso, il potenziale della Corea del Sud è sottovalutato. Il Paese non è ben conosciuto, non solo in Svizzera ma in tutta Europa. Quando parlo sia con i CEO che con le start-up che pensano di espandersi in Asia, il primo Paese che hanno in mente è la Cina, seguita dal Giappone. La Corea viene raramente presa in considerazione e vorrei cambiare questa situazione. La Corea è un ottimo mercato con promettenti opportunità di business per le aziende svizzere in molteplici settori. Il processo decisionale è rapido e la Corea è un Paese che rispetta lo Stato di diritto. Inoltre, l’inglese è ampiamente parlato tra gli alti dirigenti.  ….continua a leggere

Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©

Missioni all’estero per rafforzare il business ticinese

Negli anni la Cc-Ti ha consolidato un’expertise e dei contatti affidati per l’organizzazione di missioni economiche all’estero. L’obiettivo è quello di far conoscere nuovi mercati agli imprenditori ticinesi che possono toccare con mano nuove realtà ed incontrare partner mirati ed affidabili in loco– grazie al supporto di partner come S-GE o le camere di commercio locali. Il networking nasce in Ticino e si consolida all’estero. Tutti gli aspetti organizzativi vengono gestiti interamente dalla Cc-Ti che si occupa delle formalità del viaggio.

Tra Toronto e Montréal

Dal grandissimo potenziale e con un’economia tra le più forti e solide del mondo, il Canada è un mercato particolarmente interessante per le aziende svizzere e ticinesi. La Cc-Ti ha così deciso di organizzare una missione nella nazione nordamericana a fine aprile 2019 per scoprire le possibilità concrete di business in questo mercato. Il programma dettagliato – che prevede la possibilità di organizzare incontri B2B – si snoda tra Toronto e Montréal. Oltre ad incontri istituzionali, sarà data la possibilità di visitare fiere settoriali.

Canada e Svizzera sono legate da importanti relazioni, basti ricordare che sia in termini di scambi bilaterali che di investimenti diretti, è il secondo partner economico più importante della Svizzera nelle Americhe. Il commercio bilaterale è stato regolamentato nel 2009 da un accordo di libero scambio concluso tra l’Associazione europea di libero scambio (AELS) e il Canada.

Informazioni dirette e concrete

La missione economica sarà preceduta da un evento Paese che permetterà agli imprenditori di avere informazioni dirette su questo mercato. Ospite dell’evento del 13 marzo anche l’ambasciatrice canadese in Svizzera Susan Bincoletto che esporrà le solide relazioni tra le nostre nazioni.

Interessati a partecipare alla missione e all’evento? Non esitate a contattarci per maggiori informazioni o consultate i dettagli nei link indicati.

Per il 2019 la Cc-Ti organizzerà altre missioni economiche: a fine novembre ritorneremo in Cina (Shanghai e Hong Kong) e durante il corso dell’anno parteciperemo alle missioni organizzate da altre organizzazioni/istituzioni nazionali, come ad esempio la SECO, economiesuisse e Joint Chamber of Commerce (JCC). Tutti i programmi saranno disponibili sul nostro sito internet.

Nuove opportunità e vecchi rischi

Ogni nuova opportunità comporta una determinata dose di rischio; l’assunto vale anche quando si parla di opportunità offerte dalla trasformazione digitale. Fenomeno di fronte al quale chi reagisce con l’immobilismo, finisce per assumersi soltanto i rischi (senza quindi cogliere le opportunità).

L’atteggiamento opposto, ovvero affrontare allegramente nuovi percorsi ignorando i rischi può essere altrettanto nefasto.

Se è vero che l’assenza totale del rischio è ignota alla maggior parte degli imprenditori, possiamo affermare con una certa sicurezza che la formula del successo imprenditoriale o di un progetto, può contenere una buona dose di matematica. Ciò succede quando si parla di rischio calcolato oppure, quando il concetto è adeguatamente calato in una strategia, di risk management all’interno della quale si identifica e si governa il rischio.

Anche quando affrontiamo un cambiamento di paradigma (un nuovo modello di business, una nuova organizzazione, una nuova strategia commerciale, ecc.) dovremmo abituarci ad identificare per tempo i rischi, analizzarli e valutarli. Solo in questo modo, potremo dare priorità ai rischi che saremo in grado di escludere, mantenendo il controllo su quelli che decideremo di affrontare, conoscendone in anticipo l’impatto economico. In fase di realizzazione del progetto, il controllo dei rischi che abbiamo deciso di assumere completerà il quadro e ci permetterà di procedere sulla via della trasformazione.

Il risk management è applicabile in moltissimi ambiti, oggi toccati più che mai dalla trasformazione digitale. Ad esempio, si colloca molto facilmente nell’ambito della sicurezza informatica, che ci si riferisca alla protezione dei dati, al controllo degli accessi alla rete o alla continuità operativa della nostra infrastruttura informatica. Meno evidente, ma altrettanto interessante, è l’applicazione del risk management ai processi aziendali (esistenti o ancora nella fase di disegno iniziale).

Ma come identificare i rischi? Comunemente ci si basa sugli obiettivi o sugli scenari. Nel primo caso, il rischio è identificato con il mancato raggiungimento di un obiettivo. Nel secondo, in base ad un evento prestabilito, vengono ipotizzati diversi scenari, ciascuno contraddistinto da un particolare rischio.

Una volta identificati i rischi, occorre passare alla classificazione, normalmente basata sull’impatto economico e sulle probabilità che questi si possano verificare. La correlazione tra queste due dimensioni, permette di stabilire le priorità. Semplificando, i rischi con minor impatto economico e minore probabilità di occorrenza, verranno affrontati dopo quelli con maggior impatto economico e maggiore probabilità di occorrenza. La limitata disponibilità di risorse, così come il mantenimento di determinati margini operativi, può quindi spingere ad ignorare volutamente alcuni rischi, posti in fondo alla “classifica” perché con scarso impatto economico e una bassa probabilità di occorrenza. In questi casi si può anche parlare di costo di opportunità, che andrà aggiunto nella struttura dei costi inerenti al processo in esame.

Il tema non è dei più nuovi ma, forse proprio per questo motivo, viene spesso ignorato o, nella migliore delle ipotesi, relegato (ingiustamente) tra i progetti dei grandi numeri. Al contrario, ogni nostro processo aziendale andrebbe sottoposto ad un’analisi del rischio. Posto che in alcuni casi, dalla semplice analisi di processo più che una valutazione dei rischi, si può addirittura parlare di certezze comportante da evidenti situazioni di inefficienza. Ma tornando al tema di questa pillola, il rischio si annida in quei processi apparentemente perfetti, che spesso costituiscono l’ossatura della nostra attività. In assenza di una strategia di gestione del rischio, spesso ci rendiamo conto dei punti deboli solo quando ci troviamo in piena crisi.

A titolo di banale ma eloquente esempio, pensiamo al mondo interconnesso che oggi contraddistingue la quotidianità di ciascuno di noi e all’imprevedibile (?) interruzione del collegamento internet a causa di lavori di scavo. In un’abitazione privata, l’evento può causare un piccolo dramma famigliare ma, il più delle volte assume dimensioni relativamente preoccupanti solo se accade nel corso di un fine settimana e in presenza di internauti adolescenti. Chi ha sottoscritto l’abbonamento con l’internet provider, ha calcolato il rischio di un simile evento e, probabilmente, risolverà il temporaneo stop digitale con una sana e analogica passeggiata. Se il fatto avviene in orari feriali e il malcapitato opera come trader online in borsa, il disastro epocale è garantito. Stesso rischio, due diversi scenari con impatti economici opposti.

Un’adeguata analisi dei rischi in un processo, così come nelle attività professionali quotidiane, può aiutarci nell’identificare correttivi che spesso conducono anche alla semplificazione. Eliminare un rischio o limitarne gli effetti sul business, non comporta necessariamente un investimento in tecnologie particolari. Un buon consulente può aiutarci a più livelli anche se il più delle volte, analizzando un processo, si ottengono buoni risultati adottando una materia prima non sempre comune ma molto economica: il buon senso.

Testo redatto da
Carlo Secchi, Sales Director Swisscom (Svizzera) SA Enterprise Customers, Bellinzona

Indonesia: mercato delle tecnologie mediche in forte crescita

Il mercato delle apparecchiature e dei dispositivi medici in Indonesia è interessante per i fornitori stranieri di tecnologie mediche. Nell’ultimo decennio, esso ha infatti registrato una forte crescita, raggiungendo un volume di circa 1 miliardo di dollari. Si prevede che continuerà a crescere ad un tasso annuo del 12% sulla base di aumenti pro capite costanti e dell’iniziativa del governo indonesiano di estendere la copertura sanitaria a tutta la popolazione.

Con un PIL di oltre 1 trilione di dollari nel 2017, l’Indonesia è la sedicesima economia più grande del mondo. Il Paese è anche la maggiore economia della comunità ASEAN e la seconda economia in più rapida crescita nel G20 dopo la Cina. Il FMI ha previsto l’espansione dell’economia indonesiana a 1,4 trilioni di dollari entro la fine del 2018. Non sorprende quindi che i paesi dell’ASEAN, compresa l’Indonesia, costituiranno il prossimo mercato emergente dei dispositivi medici. La sola Indonesia, con i suoi oltre 260 milioni di abitanti, rappresenta già un terzo del mercato ASEAN. Circa la metà della popolazione indonesiana ha meno di 30 anni.

Aumento della media pro capite e cambiamenti nello stile di vita

Nel 2010, la media pro capite in Indonesia ha superato l’importante soglia dei 3’000 dollari e alla fine del 2017 si è attestata a quasi 4’000 dollari. Il raggiungimento di tale livello ha portato a cambiamenti per quanto riguarda il consumo di prodotti alimentari e lo stile di vita con, segnatamente, un incremento del consumo di prodotti a base di zucchero e maggiore tempo libero, trascorso ad esempio nei centri commerciali. Di conseguenza, da un lato questo stile di vita causa più malattie come ictus, diabete, ipertensione e obesità, dall’altro lato sono disponibili maggiori fondi privati e pubblici per effettuare esami e trattamenti medici, ampliando la domanda di tecnologie mediche.

Grande dipendenza dai prodotti importati

I dispositivi medici locali producono per il momento principalmente prodotti di base e usa e getta. I produttori nazionali attualmente soddisfano solo il 10% della domanda locale. Questo settore dipende ancora in larga misura dai prodotti importati. ….continua a leggere

Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©

Protezione completa nei viaggi d’affari con le carte di pagamento Business o Corporate

Prima di partire per un viaggio d’affari, come anche durante, ci sono molte cose a cui pensare. Dal volo, all’albergo, fino ai vari trasferimenti, tutto richiede tempo per essere organizzato al meglio. Avete pianificato le riunioni e preparato la documentazione necessaria? Non lasciate nulla al caso. Partite in tutta sicurezza e pagate le spese di viaggio con una carta di pagamento Business o una soluzione di pagamento centralizzata.

Viaggiate spesso per lavoro? In queste occasioni,  vi capita di chiedervi se  la sicurezza sia adeguata per voi, i vostri dipendenti o chi vi accompagna nelle vostre trasferte?

Sfide professionali a mente libera

Le assicurazioni per i viaggi d’affari offrono una protezione ottimale sia all’azienda che ai collaboratori: coprono ad esempio le spese di viaggio e le cure mediche impreviste e garantiscono il rispetto dell’obbligo di tutela dei datori di lavoro. Così potrete dedicarvi senza pensieri alle vostre sfide professionali.

Per le carte di pagamento Business – con cui vengono spesso pagati i viaggi d’affari – in molti casi le prestazioni assicurative sono già incluse oppure, a seconda dell’offerente, possono essere aggiunte al pacchetto di servizi in tutta semplicità.

Ciò significa:

  • Minor dispendio amministrativo: ogni collaboratore che viaggia per affari o che utilizza la carta è automaticamente assicurato. Se un’azienda opta invece per un contratto collettivo, di norma alla fine di ogni anno viene richiesta una sintesi di tutte le attività di viaggio.
  • Costi inferiori: le assicurazioni viaggi stipulate tramite le carte di pagamento sono più economiche e in molti casi addirittura gratuite. Le assicurazioni viaggi d’affari individuali e i contratti collettivi, invece, possono essere molto costosi.
  • Copertura assicurativa completa: l’assicurazione stipulata con la carta di pagamento copre tutti i viaggi d’affari.

I vantaggi e le prestazioni delle assicurazioni stipulate dalle aziende per i propri dipendenti sono davvero molteplici. Ecco perché è importante valutarle

Testo redatto da
Beat Weidmann, Head of Distribution Channels & Sponsoring, Cornèrcard

Compasso: la rete di supporto per l’integrazione professionale in azienda

Si parla di integrazione professionale in azienda nell’evento organizzato per il prossimo 21 febbraio, dalla Cc-Ti insieme a Compasso,  l’Unione svizzera degli imprenditori, ed AITI.

La rete di supporto per l’integrazione professionale in azienda

Giovedì 21 febbraio 2019 a Lugano presso l’Hotel Pestalozzi (Piazza Indipendenza 9, Lugano), dalle ore 15.45, si terrà un evento che mira a parlare e potenziare rinnovati dialoghi sull’integrazione professionale. Il tutto è sviluppato da Compasso – un ente che si dedica alle questioni dell’integrazione professionale, rispettivamente all’interazione tra le imprese, le persone interessate, l’AI, la SUVA, le casse pensioni e gli assicuratori privati -, in stretta collaborazione con la Cc-Ti, l’Unione svizzera degli imprenditori, ed AITI. 

Si parlerà di integrazione professionale con ampie riflessioni su come affrontare le sfide che si presentano oggigiorno. Durante l’incontro, verranno anche affrontati i temi de «l’integrazione dei giovani con problemi di salute» e saranno presentati i risultati delle analisi di Compasso nel 2018.

Il programma previsto:

15. 45 Caffè di benvenuto

16.00 Benvenuto
Martin Kaiser, Presidente di Compasso; Fabio Regazzi, Consigliere nazionale e membro di Comitato USI; Stefano Modenini, Direttore AITI e Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

16.15 Compasso: La rete unica per gli imprenditori e i loro partner a proposito di integrazione professionale

Martin Kaiser, Presidente di Compasso

16.50 Profilo d’integrazione basato sulle risorse: Prime esperienze – prospettive

Flavia Hächler, case manager FFS, Regione Ticino; Roberto Dotti, Direttore SUVA Bellinzona e Monica Maestri, Capoufficio, Ufficio dell’AI

17.20 Conclusione e sintesi

Martin Kaiser, Presidente di Compasso

17.30 Aperitivo e networking

È richiesta l’iscrizione entro il 11 febbraio 2019 a questo link.

Organizzatori dell’evento

Corea del Sud: come riuscire ad esportare verso il mercato dell’alta tecnologia

Le nuove tecnologie determinano il ritmo in Corea del Sud. Il Paese è il motore dell’innovazione come nessun altro ed è uno dei più grandi Paesi di esportazione del mondo. Un mercato che è interessante anche per gli esportatori svizzeri e che può aprire le porte all’area economica asiatica.

La Corea del Sud può vantare una delle più grandi storie di successo della storia economica. Dopo la guerra di Corea negli anni ‘50, il Paese asiatico è riuscito a diventare in pochi decenni una delle nazioni industriali leader a livello mondiale. Questa rapida crescita economica è descritta come “il miracolo del fiume Han”. Oggi la Corea del Sud è la quarta economia più grande dell’Asia. Il Paese è moderno e prospero, vanta la rete mobile a banda larga più veloce del mondo e stabilisce gli standard per il mondo digitale di domani. Con Samsung, Hyundai, SK Hynix o LG, sono diverse le aziende leader del mercato globale che provengono dalla Corea del Sud. La penisola intende continuare ad occupare in futuro una posizione di forza nel commercio mondiale e cercherà quindi di posizionarsi principalmente come luogo di ricerca e sviluppo, come mercato di prova e di riferimento per prodotti high-tech e lifestyle in tutta l’Asia. Il governo coreano e le grandi aziende del Paese stanno pianificando massicci investimenti in intelligenza artificiale, big data, realtà virtuale ed energie rinnovabili. Anche nei settori della biotecnologia, medtech, MEM e beni di consumo, le imprese e i consumatori sono affamati di soluzioni innovative per stimolarne ulteriormente la crescita. Ma come fanno le aziende svizzere a far parte di questo ecosistema?

Le fiere in Corea del Sud come piattaforma

Le fiere internazionali, che hanno acquisito un’enorme importanza nella Corea del Sud, sono un modo per entrare nel mercato. Negli ultimi anni SIMTOS è diventata la fiera più importante per le macchine utensili e la tecnologia di produzione. Il numero di espositori è passato da 270 iniziali ad attualmente oltre 1.130 espositori. KIMES è un’altra grande fiera in Corea del Sud, dove espositori provenienti da tutto il mondo presentano le loro ultime novità nel campo della tecnologia medica ed ospedaliera. La partecipazione ad una fiera internazionale è una buona piattaforma per le PMI svizzere per presentarsi quale azienda e proporre i propri prodotti ad un pubblico specializzato. Chiunque utilizzi l’aspetto fieristico per incontrare allo stesso tempo potenziali clienti, ha sicuramente la possibilità di una maggior apertura sul mercato della Corea del Sud: uno scambio mirato durante le fiere è fondamentale per un’attività commerciale di successo. Vale quindi la pena organizzare l’incontro prima della fiera e prepararsi di conseguenza. In questo modo, gli esportatori svizzeri possono esplorare le esigenze del mercato durante i colloqui o già concludere transazioni specifiche. ….continua a leggere

Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©