Svizzera e Regno Unito: relazioni stabili

Anche in caso di “no deal” le relazioni bilaterali rimarranno stabili e si potrà contare sugli accordi stipulati dal Consiglio federale nell’ambito della strategia “Mind the gap”.

Era il 23 giugno 2016 quando il popolo britannico decise, con il 51,9% di voti, di uscire dall’Unione Europea (“Leave”). Da allora si è assistito a un iter particolarmente articolato che avrebbe dovuto portare, entro lo scorso 30 marzo, a un distacco del Regno Unito dall’UE. Come la cronaca di questi giorni ci riporta, non è però stato così e le discussioni sono tutt’ora in atto. Il Parlamento britannico non ha ancora trovato un accordo su un piano di uscita ed ora, dopo una prima scadenza che era stata fissata al 30 marzo e poi al 12 aprile, l’UE ha concesso all’UK un’estensione di ulteriori sei mesi, dando così al Regno Unito tempo fino al 31 ottobre per decidere come procedere. L’accordo di recesso potrà entrare in vigore a una data anteriore, se le parti dovessero completare le rispettive procedure di ratifica prima della fine di ottobre (aggiornamenti sulle decisioni disponibili al seguente link – nda).

La Brexit è stata al centro dell’evento dello scorso 9 aprile organizzato da Switzerland Global Enterprise in collaborazione con la Cc-Ti, l’Ambasciata britannica a Berna e la British-Swiss Chamber of Commerce, durante il quale le aziende presenti hanno potuto ripercorrere quanto accaduto dal 2016 e porre domande dirette sulle conseguenze per il business elvetico.

Relazioni bilaterali in crescita

Indipendentemente dall’esito della decisione britannica, “Deal o no Deal”, la Svizzera – grazie alla strategia del Consiglio federale denominata “Mind the Gap” – mira a mantenere stabili le relazioni tra i nostri due Paesi, come ha affermato Noel McEvoy, direttore del Dipartimento per il commercio internazionale dell’Ambasciata britannica a Berna e da Kris Camponi, secondo segretario per gli affari economici presso l’Ambasciata. McEvoy e Camponi hanno inoltre sottolineato l’importanza delle relazioni bilaterali tra UK e Svizzera con scambi di oltre 30 miliardi di sterline nel solo 2018 e con numeri crescenti sia negli investimenti sia nei flussi di persone. La Brexit, secondo McEvoy, ha creato nuove dinamiche sia per il Regno Unito sia per la UE stessa. L’export britannico è aumentato di 110 milioni di sterline e l’UK si posiziona al primo posto quale destinazione per gli investimenti esteri diretti in Europa e al terzo posto globalmente. Nei primi 6 mesi del 2018, l’UK è stata inoltre seconda solo alla Cina, attirando 65.5 milioni di dollari di investimenti contro i 70 milioni del dragone asiatico. La Brexit sembra dunque non far presa nel mondo del business lasciando alla politica le sue incertezze.

Mind the gap

Ad oggi le relazioni tra Regno Unito e Svizzera si basano sugli accordi bilaterali conclusi in seno all’UE. Dopo la Brexit questi trattati non saranno però più applicabili e, in vista della data di uscita, il Consiglio federale ha implementato sin dal 2016 il programma “Mind the gap” per garantire la continuità dei diritti e doveri esistenti.
La Svizzera ha quindi elaborato provvisoriamente cinque nuovi accordi con il Regno Unito che saranno applicati a partire dal momento in cui gli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE non saranno più validi per il Regno Unito.  Se vi sarà un periodo transitorio, in questa fase continueranno ad avere efficacia gli accordi bilaterali tra Svizzera e UE nelle relazioni con il Regno Unito. I nuovi accordi entrerebbero in vigore solo allo scadere del periodo transitorio.

Informazioni sempre aggiornate sui rapporti bilaterali tra Svizzera e Regno Unito sono disponibili sul sito della Direzione degli affari europei (DAE).

Per un passaggio in dogana sicuro: il Carnet ATA

Dovete recarvi a una fiera o dovete portare dei campioni commerciali da presentare a un cliente o ancora, siete stati assunti per suonare ad un concerto all’estero? Ecco qualche consiglio per non avere problemi in dogana, come purtroppo è successo a un gruppo musicale partito per la Francia con i propri strumenti.

Entusiasti di essere stati chiamati all’estero, i membri del gruppo attraversano inconsciamente la dogana a bordo del loro furgone con tutti gli strumenti necessari per la loro performance musicale.  Purtroppo però non erano a conoscenza che dovevano richiedere un Carnet ATA per poter importare temporaneamente chitarre, bassi, batteria e tutto l’impianto acustico. Al confine vengono quindi fermati dai doganieri. I loro passaporti personali erano in regola ma gli mancava quello per tutto il materiale musicale. In effetti avrebbero dovuto richiedere alla Camera di commercio un Carnet ATA per poter passare tranquillamente la dogana. Visto che non erano in possesso di questo “passaporto delle merci” hanno dovuto ritornare al proprio domicilio senza poter partecipare al concerto a cui erano stati invitati.

Per non trovarsi in queste scomode situazioni, bisogna quindi munirsi del Carnet ATA, un documento apposito per tutto il materiale che viene esportato temporaneamente dalla Svizzera e che rientrerà senza subire alcuna modifica, come possono essere ad esempio degli strumenti musicali.

Il Carnet ATA alla Cc-Ti

Il Carnet ATA (Ammissione temporanea/Temporary Admission) è un documento doganale internazionale che può essere utilizzato per l’importazione e l’esportazione temporanea di merci, come pure per il loro transito, senza dover pagare dazi o tributi. Ha la validità di un anno ed è accettato in quasi 80 Paesi in tutto il mondo. Viene emesso dalla Cc-Ti che ha la funzione di garante nei confronti delle autorità doganali estere per quanto riguarda i tributi doganali. Per questo motivo, ovvero per la copertura dei rischi che la Cc-Ti prende a suo carico, il titolare del Carnet deve fornire una garanzia (cauzione) che gli sarà restituita non appena ritornerà il documento alla Camera di commercio.

Il Carnet ATA può essere utilizzato per l’importazione e l’esportazione temporanea di merci finalizzata ai seguenti scopi

  • campioni commerciali
  • materiale professionale
  • merce destinata ad esposizioni, fiere, congressi o manifestazioni simili

Non dimenticate quindi il vostro “passaporto delle merci” e per qualsiasi informazione contattate il Servizio Export della Cc-Ti.

UK: Accordo sulle agevolazioni e la sicurezza doganale

Attualmente non è ancora chiaro quale sarà la posizione del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (UK) in seguito all’uscita dall’Unione Europea (UE) il 29 marzo 2019.

L’Amministrazione federale delle Dogane (AFD) informa che in caso di uscita senza accordo, nel traffico delle merci tra Svizzera e Regno Unito sarà necessario fornire dati di sicurezza supplementari nella dichiarazione doganale. Al momento i rapporti tra Svizzera e Regno Unito si basano principalmente sugli accordi bilaterali con l’UE, i quali non saranno più applicabili per il Regno Unito una volta che questo avrà lasciato l’UE (eventualmente dopo una fase transitoria).
Qualora l’uscita del Regno Unito dovesse avvenire in maniera non regolata («no-deal» o «hard Brexit»), a partire dalla data di uscita si applicherà provvisoriamente l’accordo commerciale bilaterale tra Svizzera e Regno Unito. Il traffico delle merci tra i due Paesi prevederà la pre-dichiarazione delle merci. Ulteriori informazioni: Più sicurezza per la catena di fornitura.

Se invece l’UE e il Regno Unito trovano, entro il termine, un accordo di uscita, l’accordo sulle agevolazioni doganali e la sicurezza doganale tra la Svizzera e l’UE rimane applicabile, durante una fase transitoria fino almeno al 31 dicembre 2020, anche per le relazioni tra Svizzera e Regno Unito.

Ulteriori informazioni
Applicazione provvisoria dell’accordo commerciale tra la Svizzera e il Regno Unito (Circolare AFD)
– Comunicato stampa Consiglio federale, “Garantire i rapporti Svizzera-Regno Unito nel settore della migrazione dopo la Brexit”, 22 marzo 
– Incontro informativo sulla Brexit, 9 aprile, Spazi Cc-Ti: maggiori informazioni e iscrizioni 

 

 

La blockchain velocizzerà gli scambi

Servizi finanziari veloci e sicuri sono fondamentali per le aziende impegnate sui mercati esteri. Di questa complessa attività abbiamo parlato con Davide Rigamonti, Direttore Marketing & Distribution Cornèrcard, che sarà tra i relatori della Giornata dell’Export del 2 aprile, l’evento faro della Cc-Ti per questo settore.

Dal profilo dei servizi finanziari sono cambiate le esigenze delle imprese nelle transazioni internazionali?
“Le esigenze delle imprese per le transazioni internazionali sono rimaste immutate, ciò che è cambiato è il contesto competitivo e il bisogno di rispondere alle esigenze di mercato e clienti con sempre maggiore rapidità. Le imprese internazionali hanno sempre necessità di coprirsi dai rischi di cambio e tasso, specie in un
mercato molto volatile, ma anche di avere certezze di consegna della merce e, quindi, fiducia nella filiera usata, così come la necessità di incassi dei corrispettivi senza rischi. A regime l’uso di tecnologie quali la blockchain potrebbe rendere più fluido e meno costoso il processo, mettendo in relazione le due parti contraenti
con strumenti di pagamento elettronici B2B”.

Le tecnologie basate sulle blockchain sono davvero un nuovo modo di concepire e garantire la fiducia anche negli scambi internazionali?
“Sono convinto che la blockchain già nel medio periodo rivestirà un ruolo centrale negli scambi commerciali e, aggiungo, non solo internazionali. Sempre di più i clienti tendono a prendere decisioni che si basano su una fiducia “circolare”, un po’ come avveniva nelle prime comunità in cui ci si fidava del feedback diretto dei vicini di casa. Il network personale di ogni cliente riveste oggi e rivestirà in futuro un ruolo sempre più importante, e la fiducia nella tecnologia come forma di protezione idealistica farà il resto”.

Dopo un exploit, ora l’entusiasmo per i bitcoin si è raffreddato. Che ruolo avranno in futuro le monete virtuali nel commercio mondiale?
“Ricordo il marzo 2001 che rappresentò l’apparente scoppio senza ritorno della bolla Internet. Avrebbe dovuto segnare la fine del sogno tecnologico. Oggi, a distanza di quasi 20 anni la realtà è ben diversa. Molte aziende sono scomparse perché non sono state in grado di raggiungere una scala adeguata, altre sono state
acquisite perché hanno avuto buone idee, ma non la capacità di sviluppare una strategia solida. I bitcoin (o meglio le criptovalute) hanno avuto una prima bolla, già in buona parte scoppiata, figlia della mancanza di fiducia negli istituti finanziari tradizionali. Ma già ci sono player consolidati e solidi che hanno creato un ecosistema di interscambio che renderà scalabile il trading, e in più la criptovaluta, oggi pensata come “standalone”, sarà integrata nell’economia reale e abbinata alla tecnologia blockchain, e alle esigenze di tutti i giorni della clientela privata, diventando de facto, uno strumento alternativo alla moneta tradizionale. In futuro regoleremo le transazioni in modalità elettronica, supportati dalla tecnologia e regolando i rischi con algoritmi simili a quelli usati oggi nei mercati azionari”.

La digitalizzazione darà nuovi impulsi alle esportazioni

Durante la Giornata dell’export 2019 si coniugherà il binomio esportazione e internazionalizzazione. La Cc-Ti  sempre a fianco delle imprese nell’era digitale.

Riduzione dei tempi e dei costi di produzione, maggiore accessibilità ai mercati più lontani, contatti veloci e diretti con fornitori e clienti di altri Paesi, analisi predittiva sulle preferenze dei consumatori, ottimizzazione della pianificazione produttiva, transazioni commerciali e pagamenti più rapidi, input all’innovazione e nuovi modelli di business. Sono, questi, solo alcuni dei vantaggi indotti dalla digitalizzazione nell’accelerare il processo d’internazionalizzazione delle aziende ticinesi.

Anche per le PMI che vedranno potenziata la loro flessibilità per conquistarsi nuove nicchie sui mercati esteri. Uno snodo cruciale per il futuro del sistema produttivo che sarà al centro della Giornata dell’Export organizzata dalla Camera di commercio, per il prossimo 2 aprile, presso il Principe Leopoldo di Lugano.
La digitalizzazione è oggi uno dei più importanti driver dell’internazionalizzazione delle imprese, perché non riguarda solo il processo produttivo, le interazioni tra aziende o l’uso del web per la promozione sui mercati esteri, ma investe tutta la catena delle attività connesse al complesso mondo dell’export. Basta pensare all’uso sempre più diffuso degli “smart contract”, i contratti intelligenti, grazie alla tecnologia blockchain, alla digitalizzazione dei documenti necessari alle esportazioni e agli sviluppi del Fintech nei servizi finanziari per rendere più rapide e sicure le transazioni commerciali. È il nuovo scenario a cui guarda anche “DaziT”, ovvero la Dogana digitale, il grande piano della Confederazione che, con un investimento di 400 milioni di franchi, si propone di semplificare e velocizzare le procedure d’import ed export delle merci.

Gli “smart contract” hanno indubbiamente segnato il punto di svolta nell’accelerazione digitale del commercio mondiale. Con la possibilità di convertire i tradizionali contratti cartacei, che prima passavano di mano in mano, in un protocollo informatico, di archiviarli e replicarli su un sistema controllato dai computer collegati nella blockchain, che verifica automaticamente tutte le condizioni stabilite. Insomma, una versione digitale dei contratti che, oltre ad eliminare ogni intermediazione, garantisce, velocità, sicurezza, accessibilità immediata e precisione. Evitando anche gli errori che si potrebbero fare con la compilazione manuale di moduli e documenti o i possibili malintesi interpretativi che porterebbero a lunghi contenziosi. Parallelamente le nuove tecnologie hanno rivoluzionato i servizi finanziari, aumentandone l’efficienza operativa e offrendo nuove opportunità anche per la gestione degli scambi con l’estero. Transazioni e pagamenti elettronici, analisi e previsioni di mercato, pianificazione finanziaria, gestione e trattamento dei big data, copertura dei rischi di cambio, crediti documentari, scambi di asset digitali, ecco il variegato universo del Fintech. Un innovativo ecosistema che sta trasformando la piazza finanziaria e che in Ticino ha già visto nascere e consolidarsi una trentina di imprese specializzate che affiancano banche.

Partecipate alla “Giornata dell’Export” il prossimo 2 aprile alle ore 17.30: le iscrizioni sono aperte ai soci della Cc-Ti

Polonia: grandi investimenti nella lotta contro lo smog

La Polonia è il Paese con il più alto livello di inquinamento atmosferico nell’UE. Nell’ambito del nuovo programma “Aria pulita”, saranno spesi circa 27 miliardi di franchi svizzeri per sostenere le economie domestiche private nella ristrutturazione termica e nell’installazione di nuovi impianti di riscaldamento per migliorare la qualità dell’aria: eccellenti opportunità di esportazione per le aziende svizzere del settore cleantech.

Polonia – il Paese con il più alto livello di inquinamento atmosferico nell’Unione europea

Secondo una recente classifica dell’Organizzazione mondiale della sanità, sette delle dieci città dell’UE con i più alti livelli di inquinamento atmosferico si trovano in Polonia. Inoltre, la classifica delle 50 città dell’UE con la peggiore qualità dell’aria comprende 36 città polacche. La situazione allarmante è dovuta principalmente ai sistemi di riscaldamento. Łukasz Lepiarczyk, amministratore delegato di Hoval in Polonia, sottolinea: “Circa il 50% del mercato della fornitura di calore è servito da società di energia termica che producono energia principalmente con combustibili solidi. Queste aziende sono tenute a soddisfare elevati standard ambientali e pertanto investono consapevolmente in soluzioni moderne nei settori della combustione e della filtrazione dei gas di scarico. Lo smog è causato principalmente dalla restante parte del mercato del riscaldamento: impianti di produzione non modernizzati e case unifamiliari.”

In forni obsoleti e caldaie a combustibile solido, i combustibili di scarto e di bassa qualità sono spesso ancora utilizzati per il riscaldamento. Si stima che circa l’80% dei 5,5 milioni di case unifamiliari in Polonia sono riscaldate da stufe e caldaie a combustibile solido obsolete. Circa 150.000 di queste caldaie venivano vendute annualmente, prima dell’introduzione del divieto nel 2018.

Sebbene la qualità dell’aria sia da tempo un problema, solo negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza della popolazione. Oggi, ogni previsione meteorologica include informazioni sull’attuale livello di sostanze inquinanti nell’aria. Se i valori sono elevati, le autorità regionali a volte consentono l’uso gratuito dei trasporti pubblici e invitano i bambini e gli anziani a non uscire. Inoltre, il famigerato superamento degli standard di qualità dell’aria in Polonia è una violazione delle norme UE.   ….continua a leggere

Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©

Perché le leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni sono rilevanti per le aziende svizzere

Pur essendo molto favorevoli alle esportazioni, gli Stati Uniti controllano come e verso quali Paesi i loro prodotti sono direttamente o indirettamente esportati. Di conseguenza, si consiglia alle aziende svizzere (e ad altre aziende non statunitensi) di prestare attenzione alle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni, anche per la riesportazione di merci o componenti di origine statunitense.

Le leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni che si applicano a beni, software e tecnologia hanno un’ampia portata extraterritoriale e il governo degli Stati Uniti cerca di penalizzare le aziende e gli individui che violano queste leggi, indipendentemente da dove si trovino. L’applicazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni sarà ancora più ampia con l’aggiunta di “tecnologie emergenti e fondamentali” all’elenco dei prodotti controllati (autorizzato dall’Export Control Reform Act del 2018).

Vi sono molte ragioni per le quali gli Stati Uniti controllano le esportazioni: dalla lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo, alla non proliferazione nucleare e al controllo delle armi chimiche e biologiche, alle questioni di politica estera e di stabilità regionale, alle considerazioni sulla sicurezza nazionale. Diversi dipartimenti e agenzie statunitensi sono coinvolti nel controllo delle esportazioni. Le tre autorità principali sono:

  • Department of State’s Directorate of Defense Trade Controls (DDTC, Dipartimento di Stato della Direzione dei controlli del commercio della difesa), è responsabile dell’applicazione e dell’esecuzione delle International Traffic in Arms Regulations (ITAR, regolamentazioni sul traffico internazionale di armi);
  • Department of Commerce’s Bureau of Industry and Security (BIS, Ufficio dell’industria e della sicurezza del Ministero del commercio), responsabile dell’attuazione e dell’applicazione delle Export Administration Regulations (EAR, regolamenti dell’Amministrazione delle esportazioni);
  • Department of the Treasury’s Office of Foreign Assets Control (OFAC, Ufficio per il controllo dei beni esteri presso il Dipartimento del Tesoro), che amministra e applica gli embarghi e le sanzioni statunitensi nei confronti di determinati Paesi e individui.

Regolamenti sull’amministrazione delle esportazioni (EAR)

L’ITAR riguarda gli articoli della difesa, i servizi di difesa e i relativi dati tecnici. Gli articoli soggetti all’EAR comprendono invece gli articoli civili, gli articoli con applicazioni sia civili che militari e gli articoli utilizzati esclusivamente per applicazioni militari, ma che non ne garantiscono il controllo ai sensi dell’ITAR, ossia gli articoli militari meno sensibili (si noti inoltre che nel 2013 alcuni articoli sono stati spostati dall’ITAR all’EAR). Il presente articolo si concentra sull’EAR  ….continua a leggere

Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©

Una delle economie più forti al mondo

Grande interesse per il Canada con un evento e una missione economica.

Il Canada è uno dei Paesi con l’economia tra le più forti e solide del mondo. Negli ultimi anni il governo ha allentato la stretta sul bilancio per consentire un’espansione della spesa pubblica, in particolare investimenti in infrastrutture, e stimolare l’economia, che nel 2017-18 si è in effetti rafforzata.

L’interesse della Cc-Ti e di SGE verso questo Paese è duplice: da un lato, il 13 marzo, sarà organizzato un evento-Paese durante il quale verranno presentate le principali opportunità d’affari in questo mercato, come anche la sua situazione macroeconomica, i rischi commerciali e le problematiche legate alla proprietà intellettuale. Alla conferenza interverrà anche l’ambasciatrice canadese in Svizzera Susan Bincoletto.

Seguirà, dal 27 aprile al 4 maggio 2019, una missione economica volta a scoprire le possibilità concrete di business in loco. Il programma dettagliato – con possibilità di organizzare incontri B2B – si snoda tra Toronto e Montréal. Oltre ad incontri istituzionali, sarà data la possibilità alle aziende interessate di visitare fiere settoriali. Canada e Svizzera sono legati da importanti relazioni, basti ricordare che sia in termini di scambi bilaterali che di investimenti diretti, il Canada è il secondo partner economico più importante del nostro Paese nelle Americhe.

Nel 2017 la Svizzera ha importato merci per un valore di 1,3 miliardi di franchi, mentre le esportazioni in Canada, principalmente composte da prodotti farmaceutici, hanno raggiunto quota 3,5 miliardi di franchi. In quanto membro del G7 e del G20, il Canada svolge un ruolo  importante per la Svizzera, in particolare in materia di finanza internazionale e questioni fiscali. Le due nazioni sono infine molto simili: entrambe hanno  economie aperte e orientate al mercato che incoraggiano il commercio e gli investimenti. Il loro commercio bilaterale è stato regolamentato nel 2009 da un accordo di libero scambio concluso, da parte Svizzera, nell’ambito dell’Associazione europea di libero scambio.

Articolo a cura di
Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana e
Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti

Il servizio Export della Cc-Ti e S-GE sono a vostra disposizione per consulenze in ambito di esportazioni.
Contatti email: Servizio Export Cc-Ti e S-GE

Le miniere del Cile cercano il supporto della svizzera per una maggiore sostenibilità

Il settore minerario cileno, che vale miliardi, vuole diventare più verde: ottime opportunità per i fornitori svizzeri di energia, acqua, rifiuti, mobilità e automazione. A cosa devono prestare attenzione le aziende svizzere al momento dell’ingresso sul mercato?

Il piccolo Paese sudamericano è un attore di importanza mondiale nel settore minerario. Nel 2017, oltre 200’000 dipendenti del settore hanno generato un fatturato di oltre 30 miliardi di franchi. Oltre al rame, dove il Cile è il leader assoluto con quasi il 30% della produzione mondiale, si estraggono anche litio, molibdeno, oro, argento, piombo, zinco e ferro. Dopo diversi anni difficili, con prezzi bassi delle materie prime, investitori cauti e aggiustamenti strutturali, lo scorso anno l’umore del settore è migliorato significativamente – anche perché tendenze globali come l’elettromobilità stanno avendo un impatto positivo sul clima degli investimenti.

Previsti investimenti di 60 miliardi di franchi

Per rimanere competitive a livello internazionale, le aziende si concentrano sull’aumento della produttività, ma soprattutto sulla sostenibilità. L’aumento dei prezzi delle materie prime consente all’industria di portare avanti i propri progetti di ricerca e sviluppo e di acquistare soluzioni all’estero. Sono previsti investimenti per circa 60 miliardi di franchi.

La produzione sostenibile garantisce una maggiore competitività per i clienti globali

Le innovazioni dell’industria cleantech in settori come l’energia, l’acqua, i rifiuti, la mobilità o l’automazione non riducono unicamente l’impatto ambientale, ma anche i costi di produzione dei gestori delle miniere, dove la domanda di carburanti è enorme. Allo stesso tempo, le aziende produttrici di materie prime soddisfano le crescenti richieste dei loro clienti, come Nestlé e Apple, che vogliono offrire prodotti il più possibile rispettosi del clima, attraverso una produzione più sostenibile.   ….continua a leggere

Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©

Accordo commerciale tra Svizzera e Regno Unito

Svizzera e Regno Unito assicurano le reciproche relazioni economiche e commerciali anche dopo l’uscita britannica dall’Unione Europea («Brexit»). L’11 febbraio 2019 il Consigliere federale Guy Parmelin e il ministro del commercio britannico Liam Fox hanno firmato a Berna un accordo commerciale bilaterale.

Grazie all’accordo commerciale sottoscritto oggi da Svizzera e Regno Unito, i diritti e gli obblighi economici e commerciali derivanti dagli accordi elvetici con l’Unione europea (UE) resteranno in vigore tra i due Paesi contraenti. Questo nuovo accordo si prefigge di porre le basi per il proseguimento di buone relazioni bilaterali economiche e commerciali con il Regno Unito anche dopo la sua uscita dall’UE.

L’accordo è stato concluso nel quadro della strategia «Mind the Gap» del Consiglio federale. Riproduce gran parte degli accordi commerciali stipulati con l’UE e che attualmente disciplinano le relazioni tra Svizzera e Regno Unito: l’accordo di libero scambio del 1972, l’accordo sui mercati pubblici, l’accordo sulla lotta alla frode, una parte dell’accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità e l’accordo agricolo del 1999. Pur essendo accordi diversi, mirano tutti a ridurre o eliminare le barriere commerciali e le discriminazioni negli scambi economici.

Alcuni accordi tra Svizzera e UE si basano sull’armonizzazione o il riconoscimento dell’equivalenza delle norme bilaterali (p. es. l’accordo del 2009 sulla facilitazione e la sicurezza doganali, alcuni settori dell’accordo agricolo – tra cui l’allegato che costituisce il cosiddetto «accordo veterinario» – e alcune parti dell’accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità) e in questa fase non possono essere riprodotti interamente.

Inoltre Svizzera, Regno Unito e Principato del Liechtenstein oggi hanno sottoscritto un accordo aggiuntivo per includere il territorio del Liechtenstein nel campo d’applicazione delle disposizioni pertinenti dell’accordo commerciale: ciò in virtù dell’unione doganale vigente tra Svizzera e Liechtenstein.

Gli accordi firmati oggi entreranno in vigore quando quelli tra Svizzera e UE non varranno più per le relazioni tra Svizzera e Regno Unito. Se la fase di transizione prevista per l’uscita britannica dall’UE iniziasse il 30 marzo 2019, gli accordi bilaterali tra Svizzera e UE rimarrebbero applicabili anche alle relazioni tra Svizzera e Regno Unito. In quel caso gli accordi servirebbero come base per le relazioni economiche e commerciali tra Svizzera e Regno Unito dopo la fine della fase transitoria. Diversamente, se il Regno Unito lasciasse l’UE senza raggiungere un’intesa il 29 marzo prossimo, l’accordo verrebbe applicato a titolo provvisorio a partire dal 30 marzo 2019.

Con la sua strategia «Mind the Gap», il Consiglio federale si prefigge di mantenere per quanto possibile anche dopo la Brexit i diritti e gli obblighi vigenti nei rapporti con il Regno Unito ed eventualmente, in alcuni settori, estenderli. A questo scopo Svizzera e Regno Unito hanno già sottoscritto accordi in materia di trasporto su strada, trasporto aereo e assicurazioni. Nel dicembre del 2018 il Consiglio federale ha anche approvato un accordo con il Regno Unito inerente ai diritti dei cittadini.

 

Comunicato stampa tratto dal portale delle news della Confederazione Svizzera

Interessato ad approfondire il tema? Necessiti di una consulenza? Il Servizio Export della Cc-Ti è a disposizione!