Uno stagista in azienda

Non sempre è possibile e immediato, dopo gli studi, l’accesso al mondo professionale. Molti datori di lavoro danno la precedenza a candidati che hanno già maturato un’esperienza. Gli stagisti sono persone che lavorano e collaborano all’interno di un’azienda, durante la loro formazione, per un periodo limitato, legati da uno speciale contratto da stagisti, al fine di familiarizzare con la pratica e conoscere meglio l’ambito pratico professionale scelto.

Essendo gli stagisti dei futuri possibili collaboratori, è nell’interesse di entrambi il successo di questo cammino condiviso.

 

In generale

Il datore di lavoro deve fissare, in accordo con lo stagista, obiettivi ben chiari all’interno del dominio tecnico proposto. Al primo incontro verranno quindi ricercate caratteristiche affini al tipo di azienda e definite chiaramente esigenze e aspettative di entrambi. Questi particolari “progetti di formazione” interni all’azienda devono venir valutati periodicamente con scadenza regolare e seguiti da un responsabile.

Nella pratica

Il contratto di stage

Questo contratto è un caso specifico di contratto a durata determinata.

La durata dello stage

La durata è normalmente predeterminata dalle parti per iscritto e può variare molto tra qualche settimana e un anno.

Gli stagisti hanno diritto a un salario

L’importo dipende evidentemente dalla durata dello stage e dalle conoscenze tecniche o pratiche della persona (dunque si differenzia tra un semestre o più semestri di formazione già conclusa). Vengono, inoltre, tenuti in considerazione gli obiettivi posti e la valenza reale per l’azienda del lavoro che verrà svolto durante lo stage. I salari sono estremamente variabili. Le indicazioni consigliate dalle istituzioni di formazione o dalle varie associazioni non sono obbligatorie per l’azienda. Non è raccomandabile offrire degli stage non pagati, fatta eccezione nei casi “simili a una prova” di corta durata (meno di un mese).

In linea di massima:

  • per gli studenti di scuola secondaria (ca. 15/16 anni) i salari si collocano sovente tra i CHF 500 e CHF 750 al mese, in funzione della durata dello stage e della tipologia del lavoro da svolgere all’interno dell’azienda. Questi salari possono essere comparati con quelli degli apprendisti.
  • per gli stagisti più anziani o di provenienza da una scuola tecnica superiore o per stage di lunga durata, i salari sono normalmente più alti, fino a CHF 1’500/2’000.
  • il salario massimo indicativo da versare è circa CHF 3’500 al mese e deve differenziarsi dai salari di base di un dipendente con la formazione terminata.

Le vacanze

Gli stagisti hanno diritto, come gli impiegati, a dei congedi pagati secondo le norme del CO.

Certificato di lavoro

Il certificato di lavoro si attiene alle norme del CO e non può o deve essere ignorato. Gli stagisti potranno presentare i certificati di stage durante la loro futura ricerca di un impiego e questi documenti potrebbero fare la differenza, per un datore di lavoro, al momento della scelta del proprio collaboratore.

Giovani sino a 16 anni

I giovani tra i 13 e i 15 anni possono essere assunti solo per lavori leggeri quali lavoretti (estivi e non) e stage d’orientamento. Durante le vacanze possono lavorare al massimo 8h al giorno (40h a settimana), e unicamente per metà delle vacante scolastiche.
Per alcuni ambiti professionali esistono delle restrizioni: ad esempio, i giovani fino ai 16 anni non possono lavorare nei cinema, nei circhi, nelle aziende dello spettacolo, né possono servire clienti in aziende del divertimento quali i cabaret, i bar, i club o le discoteche.
Le disposizioni speciali di protezione dei giovani lavorati contenute nella legge sul lavoro e nell’ordinanza dei giovani lavoratori non si applica più alle persone oltre i 18 anni.

Uno stagista straniero

Per gli stranieri gli stage in Svizzera sono molto attrattivi (anche perché i salari versati durante gli stage sono di norma superiori a quelli di altri paesi).
Per collaborare con stagisti stranieri, è necessario richiedere, in tutti i casi, un’autorizzazione.

Importante è inserire una frase nel contratto che sottolinei questa condizione di collaborazione: “questo contratto è in vigore sotto riserva dell’attribuzione di un’autorizzazione di lavoro e di soggiorno..”

Al momento del deposito della richiesta di autorizzazione, viene spesso richiesta una prova che lo stage scelto sia parte integrante dei propri studi (sia per obbligo che per scelta). Lo studente che possiede un permesso di dimora di tipo B per studio ha la possibilità di effettuare uno stage in Canton Ticino richiedendo una modifica del proprio permesso all’Ufficio della Migrazione di Bellinzona.

Ricordate:

  • il permesso non verrà trasformato in permesso di lavoro ma verrà modificato come permesso di studio con possibilità di attività lavorativa.
  • è illegale iniziare lo stage prima di aver ricevuto la modifica del permesso e conseguente approvazione da parte del Servizio regionale degli stranieri di Bellinzona (Ufficio Stranieri). È necessario iniziare la modifica del permesso almeno 15 giorni prima della data di inizio stage indicata sul contratto.
  • se durante il periodo di pratica professionale il guadagno annuo supera i CHF 2’300, il datore di lavoro è tenuto a richiedere il numero AVS per lo/a studente/essa che desidera assumere in stage (questo può venir fatto anche prima dell’approvazione alla modifica del permesso di dimora).

I costi

L’alloggio e tutti i costi accessori sono a carico esclusivo dello stagista. L’azienda è libera, ovviamente, di proporre possibilità di alloggio appropriate o partecipare alle spese.

Da sapere

Nei settori dotati di un CCL di obbligatorietà generale i giovani professionisti e i lavoratori non qualificati hanno diritto a salari minimi che non possono essere aggirati tramite contratti di stage. Negli altri settori che non prevedono salari minimi, il sistema delle misure collaterali alla libera circolazione affida alle commissioni tripartite cantonali il compito di rilevare gli abusi nell’ambito della loro osservazione del mercato del lavoro e di adottare provvedimenti nei singoli casi o anche a livello di professioni o settori.
Il Consiglio federale non ritiene pertanto necessario intervenire nel diritto del lavoro privato o nella formazione professionale regolamentando la durata degli stage.
Nel diritto svizzero sia i contratti di durata determinata che quelli di durata indeterminata sono soggetti alle disposizioni degli articoli 319 segg. del Codice delle obbligazioni. Un contratto di stage conforme al diritto svizzero del lavoro offre quindi la stessa protezione garantita da qualsiasi altro contratto di lavoro. Inoltre, secondo la valutazione del Consiglio federale, la ripetuta stipulazione di contratti di stage di durata determinata presso lo stesso datore di lavoro potrebbe essere considerata, in base alla prassi del Tribunale federale in materia di contratti di lavoro a catena, un modo per aggirare le disposizioni legali. Conformemente alla prassi giudiziaria, ne conseguirebbe che le disposizioni concernenti la protezione contro i licenziamenti, i termini di disdetta e determinate prestazioni sociali legali applicabili nei rapporti di lavoro di durata indeterminata sarebbero validi anche per i rapporti di stage.
Alla luce di queste considerazioni, il Consiglio federale non ritiene necessario intervenire sul piano legislativo.

Link d’interesse: Formulari e documenti , contratto di stage 1, contratto di stage 2, stagista straniero

Imagine all the people…

Immaginate un ambiente di lavoro in cui si viva in un’armonia costante. Le persone non hanno bisogno di discutere, perché le loro idee sono allineate a quelle degli altri. Non vi sono discussioni e l’accordo in tutte le questioni è sempre totale.

Immaginate un mondo fatto di persone come voi. Di persone che pensano all’unisono e che si assomigliano. Di persone che parlano tutti la stessa lingua, hanno le stesse usanze, regole e culture.

Non vi sono dibattiti politici, si è facilmente allineati in un’unica direzione sociale ed economica.

Immaginate di non trovarvi mai in un dubbio amletico, in cui fra due strade, due alternative di vita, non sapete davvero cosa scegliere perché le vorreste entrambe. Oppure di non trovarvi mai a volere qualcosa, ma non avere al momento le risorse per ottenerla.

Immaginate un mondo senza conflitti e pensate se non sia un bel sogno.

Poi andate su Google e cercate “Challenger shuttle”. Avete capito bene. Sto parlando di un disastro.

La mattina del 28 Gennaio 1986, alle ore 11.39 ora di Houston, dopo 73 secondi di volo la navetta spaziale americana Challenger, con 7 astronauti a bordo tra cui un civile esplode drammaticamente in volo. È il peggior disastro spaziale americano fino a quel momento ed è accaduto perché qualcuno che era al comando della NASA pretendeva un mondo come quello che avete immaginato. Un mondo senza conflitti, un mondo di pensiero unico.

In una riunione prima del lancio due ingegneri avevano sollevato la possibilità che a causa delle basse temperature della notte, le guarnizioni di gomma dei due razzi che spingono lo shuttle avessero perso le loro qualità di flessibilità e ci fosse una fuoriuscita di carburante. Non solo non furono ascoltati, ma furono rimossi per inserire altre due persone che la pensassero come i dirigenti che volevano lanciare e dunque permettessero il lancio. La cosa interessante è che la commissione d’inchiesta avrebbe assolto tutti se ancora una volta non fosse stato per un unico diverso, caparbio, testardo e rompiballe, come il fisico e premio Nobel Richard Feynman, che denunciò al Presidente degli USA quanto accaduto e dimostrò fisicamente come la gomma delle guarnizioni avesse ceduto. Vorremmo un mondo senza conflitti e non vivere mai conflitti, ma forse dovremmo riflettere sul conflitto e sul nostro modo di affrontarlo.

Ci siamo abituati a pensarlo negativamente, perché affrontare un conflitto costa energia, fatica; non vogliamo più fare fatica e non vogliamo “stressarci”.

Perciò abbiamo imparato a dribblarlo, evitarlo, scansarlo, a temerlo considerandolo un male. Ma la questione non sta nel conflitto che essendo un dato di realtà non è in sé né negativo né positivo, ma nel modo come noi lo affrontiamo. È l’esito del conflitto, cioè il modo come ne usciamo, quello che guadagniamo o perdiamo, quello che apprendiamo o non capiamo che ne determina la positività o la negatività.

Gli ambienti senza conflitti sono ambienti piatti, incapaci di generare idee nuove, incapaci di vedere le minacce incombenti, incapaci di competere e di vincere la competizione, incapaci di capire davvero in che consiste la mia identità di uomo e di comprendere quella degli altri.

Gli ambienti dove i conflitti sono mal gestiti sono invivibili, nevrotici, malati, oppure dove il gossip, il sussurro velenoso dietro le spalle del potente, è il motore delle dinamiche aziendali.

Siamo meno attrezzati ad affrontare il conflitto di quello che erano le generazioni che ci hanno preceduto; con ciò siamo diventati meno capaci di affrontare le sfide che il mondo moderno ci pone.

Eppure, nella drammaturgia l’uomo e le sue qualità si rivelano sempre nell’affrontare i conflitti, che siano psicologici oppure con qualcosa o qualcuno.

Se infatti l’uomo non avesse sperimentato mai il conflitto fra la sua pancia bisognosa di cibo e la paura di essere ucciso da bestie feroci, se non avesse mai sperimentato il conflitto fra il desiderio di sapere cosa c’è al di là del limite e il timore di superarlo, saremmo rimasti per sempre nelle caverne.

Non potendo evitarlo, dovremmo apprendere a gestire il conflitto attrezzandoci adeguatamente.

Testo a cura di:
Andrea Abbatelli, Partner KIAI Sagl, Arzo

La Cc-Ti approfondisce questi aspetti in corsi dedicati: scopri tutta la formazione puntuale!

Tu chiamale se vuoi… emozioni

Ci hanno spesso detto che le decisioni in affari si prendono con la ragione e che le emozioni non devono essere mescolate al business. Ci hanno detto che i leader sono coraggiosi e non hanno paura. Ci hanno detto di non pensarci … che la tristezza passa. Ci hanno anche detto che arrabbiarsi non serve, che la rabbia è un’emozione negativa, che dovremmo controllarci ed essere perfettamente zen. Ci hanno detto che è lecito essere felici del proprio successo, ma che va fatto con moderazione. Infine, ci hanno anche detto che se qualche comportamento ci disgusta è (perché non siamo abbastanza aperti alla diversità e al nuovo) perché non siamo capaci di accettare la diversità.

Per molti anni ci hanno detto cose sulle emozioni, peccato che molte di queste siano corrette. Cominciamo col dire che le emozioni sono un prima di tutto un fatto fisico e fisiologico: sono l’esito di una reazione elettro-chimica che il nostro cervello produce quando qualcosa del mondo esterno o interno perturba i nostri sensi.

Le emozioni sono quindi un fatto anche profondamente “fisico”: il cuore accelera, le mani sudano, il respiro di fa corto; le emozioni sono la risposta veloce e immediata che gli esseri viventi hanno a disposizione per agire e reagire al mondo… solo in seconda battuta, attraverso l’elaborazione cosciente siamo in grado di modulare risposte scegliendo tra opzioni di comportamento diverse.

Le ricerche neuro-scientifiche sembrano dirci che non possiamo evitare di emozionarci, anzi, sembrano affermare che le emozioni sono un fattore fondamentale e imprescindibile della nostra esistenza e profondamente interconnesso con tutte le scelte che facciamo.

Quindi se le emozioni non le possiamo evitare in nessuna situazione, come facciamo a farne buon uso e a non diventarne preda? Beh, intanto potremmo cominciare con il saperle riconoscere. Spesso le persone sono inconsapevoli delle emozioni che provano fino a quando non arrivano ad una soglia talmente alta che non è più possibile ignorarle.

Identificare un’emozione significa comprenderne la natura e il messaggio che essa porta.

Ogni emozione veicola infatti un messaggio importante per noi. La capacità di gestione dell’emozione, parte dalla comprensione di tale messaggio. Se di fronte ad una platea di persone a cui devo presentare un progetto importante mi sento in ansia, probabilmente è perché sto prefigurandomi una situazione in cui andrò in difficoltà, che penso che non saprò come gestire e che provocherà un danno alla mia immagine. Quindi in ultima analisi vi è la paura di subire un danno. A questo punto potrei chiedermi se questa paura è fondata su dati di realtà e magari riconoscere che sì la possibilità esiste, perché con questa presentazione sto giocandomi molto della mia carriera, e che probabilmente devo attuare dei comportamenti che possano minimizzare il rischio. Ad esempio, dedicare del tempo alla preparazione della presentazione, al discorso che farò e al superamento delle potenziali obiezioni.

Se mi trovo in una negoziazione di un contratto importante e non sono in grado di identificare le mie emozioni potrei agire in modo impulsivo, senza essere davvero in grado di scegliere i comportamenti più utili e probabilmente perdendo opportunità esistenti.

Saper gestire un’emozione è quindi un’attività molto diversa dal tentativo di “scansarla, soffocarla e contenerla, ma al contrario significa saperla identificare, capirne il messaggio e l’utilità, e scegliere il comportamento che risulta più funzionale per i miei scopi e per il contesto in cui sto agendo. Ma forse non è semplice come sembra…

 

Testo a cura di Andrea Abbatelli

Partner KIAI Sagl
Via Crusagh 2
6864 Arzo
andrea.abbatelli@kiaiconsulting.com
www.kiaiconsulting.com

La Cc-Ti propone una vasta gamma di corsi di formazione puntuale nell’ambito delle risorse umane, a 360° gradi (spaziando dalla gestione delle emozioni, alla conduzione di colloqui difficili, ecc.). Scopri quali saranno in programma con l’inizio dell’autunno.

Monika Rühl ad Espoprofessioni per parlare di formazione professionale

Lo scorso 8 marzo, in occasione della giornata delle donne, il Comitato organizzativo di Espoprofessioni, di cui la Cc-Ti fa parte da tempo con un proprio rappresentante attivo nella persona di Lisa Pantini, Responsabile Relazioni con i soci, ha deciso di organizzare un evento nel quale invitare un personaggio di prestigio a livello svizzero per parlare di formazione professionale a 360 gradi. Si è trattato di Monika Rühl, Presidente della Direzione generale di economiesuisse, che è stata intervistata da Ruben Rossello, Presidente dell’Associazione Ticinese dei Giornalisti.

Grazie dunque alla collaborazione attiva con economiesuisse, di cui la Cc-Ti può fregiarsi, è stato possibile dar vita ad una conferenza interessante sia per gli imprenditori e i rappresentanti delle associazioni di categoria, come pure per le autorità ed i giovani presenti.

Davanti ad un folto pubblico, Monika Rühl è stata sollecitata su diversi temi che ruotano attorno all’economia, toccando numerosi aspetti relativi alla sua esperienza quale donna ai vertici in settori diversi (pubblico e privato), ma non solo. Formazione professionale, carriera universitaria vs. apprendistato, conciliabilità tra lavoro e famiglia, talent management, pari opportunità, imprenditoria, ecc.: sono solo alcuni dei temi toccati dalla prestigiosa ospite, che con un’ottica nazionale (e non solo locale), ha risposto alle domande poste da Ruben Rossello, come pure da due classi del Centro professionale commerciale di Lugano, preparatesi con i loro docenti apposta per l’evento.

Il personaggio

Monika Rühl è Presidente della Direzione generale di economiesuisse dal 1° settembre 2014.
Dopo aver studiato lingue romanze (francese e italiano) all’ Università di Zurigo, Monika Rühl si è formata quale diplomatica a Berna, Bruxelles e Ginevra. Ha iniziato la sua carriera nell’ Amministrazione federale lavorando per un breve periodo presso il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), in particolare presso la Missione svizzera presso le Nazioni Unite a New York, prima di diventare assistente personale del Consigliere federale Joseph Deiss (2002 presso il DFAE, 2003-2006 presso il Dipartimento federale dell’economia DEFR). Monika Rühl è stata successivamente a capo del centro di servizi per le relazioni economiche bilaterali della Segreteria di Stato dell’economia SECO in qualità di membro della Direzione generale e ambasciatrice. Nel 2008 è stata nominata delegata del Consiglio federale per gli accordi commerciali. Dal 2011 al 2014 è stata Segretario generale del Dipartimento federale di economia, formazione e ricerca (DEFR).

Espoprofessioni

La fiera delle professioni, si è svolta a Lugano dal 5 al 10 marzo. La Cc-Ti ha già sottolineato più volte il proprio impegno verso questa manifestazione, che in 6 giorni ha visto oltre 30mila visitatori girare fra stand animati da professionisti, formatori apprendisti e associazioni di categoria, poter scoprire le 236 opportunità formative offerte nel Canton Ticino.

Scoprite cosa ha detto il Direttore Cc-Ti Luca Albertoni nell’intervista apparsa su Azione il 26 febbraio 2018 proprio sul tema di Espoprofessioni e della formazione professionale. Ritrovate anche la posizione Cc-Ti in merito.
Potete riascoltare l’intervista a Lisa Pantini, Responsabile Relazioni con i soci Cc-Ti, fatta con la RSI – Rete 3 per la trasmissione Baobab, sempre sul tema degli argomenti trattati da Monika Rühl nel dibattito dello scorso 8 marzo 2018.

Reinserimento professionale: una nuova intesa per facilitare il rientro sul posto di lavoro

Anche la Cc-Ti, da sempre attenta alle questioni sociali nell’ambito lavorativo, ha sottoscritto quest’intesa volta a mantenere i posti di lavoro per persone in difficoltà ed a facilitare il reinserimento professionale nel mondo del lavoro. Si tratta di temi sensibili che ci stanno molto a cuore, come lo dimostra, ad esempio, il premio Agiamo Insieme, che organizziamo annualmente con l’Ufficio delle Assicurazioni Sociali, valorizzando le imprese che si distinguono nel reinserimento professionale dei collaboratori che hanno subito un danno alla salute.

L’Istituto delle assicurazioni sociali del Dipartimento della sanità e della socialità con l’Ufficio AI, le associazioni economiche, l’Ordine dei medici e l’agenzia Suva del Cantone Ticino collaborano strettamente per facilitare il più possibile il reinserimento professionale delle persone inabili al lavoro. A garanzia di un intervento efficace hanno definito alcuni principi che sono stati presentati il 1° giugno scorso a Vezia in occasione di una tavola rotonda, alla quale ha partecipato anche il Direttore del Dipartimento della sanità e della socialità Paolo Beltraminelli. Con la propria firma, si impegnano a rispettare tali principi e a collaborare per offrire ai lavoratori colpiti da malattia o infortunio un rapido e sicuro reinserimento nel processo lavorativo. Alcune ricerche dimostrano che dopo un’incapacità lavorativa di sei mesi le probabilità di reinserimento sono circa dimezzate. Per questo è fondamentale che le persone malate o infortunate ricevano un’assistenza tempestiva dal proprio contesto socio-professionale, al fine di rientrare in azienda nel più breve tempo possibile. L’obiettivo è ridurre le assenze dal lavoro e i costi della salute grazie a un accordo di collaborazione a cui hanno aderito le associazioni mantello del Canton Ticino, ovvero la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), l’Associazione Industrie Ticinesi (AITI), l’Ordine dei medici (OMCT), la Società Svizzera Impresari Costruttori (SSIC-TI) nonché l’Ufficio AI Ticino e l’agenzia Suva Bellinzona. Le parti coinvolte nel progetto sottoscrivono un accordo di collaborazione vincolante, già siglato da due datori di lavoro operanti in settori diversi (FFS e Migros Ticino).

La comunicazione tra le parti è decisiva

Un’incapacità al lavoro comporta problemi non solo per il datore di lavoro, ma anche per i medici curanti e l’assicurazione sociale competente. Il datore di lavoro desidera avere informazioni il più possibile trasparenti circa il rientro dell’infortunato; d’altro canto, i medici curanti spesso non conoscono a sufficienza le condizioni di lavoro del paziente per poter stabilire il grado di incapacità al lavoro. Per questo la comunicazione tra le parti è fondamentale per ridurre i giorni di assenza di una persona. Come afferma l’Avv. Monica Maestri, Capo dell’ufficio cantonale dell’assicurazione invalidità, «il dialogo tra il medico curante e il datore di lavoro è decisivo per il rientro del lavoratore sul posto di lavoro. Spesso le difficoltà sono dovute ad una mancanza di informazioni e hanno come conseguenza la lunga inattività del paziente. Conoscendo il medico curante la situazione reale lavorativa della persona infortunata e possibili alternative professionali offerte dall’azienda, egli può valutare al meglio la capacità lavorativa del proprio paziente e favorirne il reinserimento».

In caso di problematiche alla salute o malattia dei dipendenti, la comunicazione tra le parti coinvolte è fondamentale per ridurre i giorni di assenza di una persona.

I principi definiscono l’ambito della collaborazione

La documentazione elaborata congiuntamente descrive gli ambiti essenziali della collaborazione. Ad esempio, specifica in dettaglio quali informazioni riportare sul certificato di incapacità lavorativa, come determinare l’incapacità al lavoro nella pratica o quali informazioni supplementari si possono fornire al datore di lavoro in aggiunta al certificato di incapacità lavorativa. Con la propria firma, i soggetti coinvolti si impegnano a rispettare i principi stabiliti durante il lavoro quotidiano. Si può così presupporre che la collaborazione tra le parti interessate contribuirà a ridurre l’insorgere di malintesi e, quindi, il numero di assenze. «Lo spirito dell’accordo è proprio quello di sburocratizzare il processo di reinserimento di una persona infortunata o malata. Questo è possibile grazie ad una comunicazione diretta tra medico curante e datore di lavoro che si effettua nell’interesse del paziente, ma sempre nel rispetto dei ruoli di ognuno. Lo scopo finale è quello di evitare la cronicizzazione per preservare forze lavorative che sono la prima risorsa di un’impresa in modo da contenere costi sociali che si riverserebbero comunque sulle aziende», spiega Roberto Dotti, Direttore della Suva Bellinzona.

Interessati a saperne di più?
Contattateci per maggiori informazioni.
Il Signor Gianluca Pagani è a vostra disposizione (Tel. 091 911 51 11).

Il Progetto RESTART per il ricollocamento dei disoccupati del settore commerciale

La Cc-Ti è impegnata nel sostegno fattivo al collocamento di persone in cerca d’impiego con un profilo professionale quale impiegato di commercio. Questo grazie al progetto RESTART, ed alla collaborazione con l’OCST. Ecco maggiori dettagli su questo specifico progetto.

RESTART è un percorso di sostegno intensivo al collocamento destinato a persone in cerca d’impiego con profili professionali del settore commerciale (impiegati di commercio). Questo progetto è gestito dal Centro di Formazione Professionale OCST (CFP-OCST) su mandato dell’Ufficio misure attive (UMA) della Sezione del Lavoro del Canton Ticino e accoglie annualmente nelle tre sedi di Lugano, Locarno e Porza fino a 450 persone. Ogni assicurato è affiancato a tempo pieno da un team di coach, formatori e consulenti, che lo seguono da vicino per un mese al massimo. Ne valutano il profilo, le competenze e l’atteggiamento, sostenendolo nell’elaborazione di un piano d’azione, nella redazione di un dossier di candidatura, nella preparazione dei colloqui di lavoro, nell’analisi e valorizzazione delle competenze e nelle tecniche di ricerca impiego.

Il 6 ottobre 2016 ha preso avvio una collaborazione tra la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) e il CFP-OCST, al fine di favorire l’integrazione nel mondo del lavoro delle persone iscritte in disoccupazione in Ticino.

Questo servizio rappresenta una soluzione vantaggiosa per tutti gli attori in gioco, creando una situazione win-win. Le aziende possono far capo a personale qualificato residente, di cui sono state verificate competenze e attitudini; le persone in cerca d’impiego possono cogliere maggiori opportunità di rientrare nel mondo del lavoro; lo Stato può mettere a frutto gli investimenti nelle politiche attive del mercato del lavoro grazie alla collaborazione con le organizzazioni del mondo del lavoro.

Principali vantaggi per le aziende

Il servizio offerto dal programma RESTART è gratuito. Il coach RESTART diventa una forma di “garante” nei confronti delle aziende interessate al servizio di selezione offerto dal Centro di Formazione Professionale OCST. In questo senso, l’azienda in cerca di personale non deve fare altro che inviare la propria richiesta al Segretariato centrale RESTART e nel giro di poche ore riceverà un feedback, corredato dal dossier di candidatura dei potenziali candidati, verificato e selezionato dal coach responsabile. All’azienda viene inoltre data facoltà di mettere alla prova il/la candidato/a con la formula dello stage orientativo o della prova di lavoro di 3-5 giorni, con copertura assicurativa completa. Non da ultimo, in alcuni casi, qualora il profilo risultasse essere adeguato, le aziende interessate all’assunzione dei nostri candidati potrebbero beneficiare di incentivi previsti dalla legge, tramite l’Ufficio Regionale di Collocamento. Qualora le aziende associate alla Cc-Ti fossero alla ricerca di personale con un profilo commerciale più o meno qualificato, possono scegliere di rivolgersi al Segretariato RESTART, inviando possibilmente una job description ai contatti: Tel. 091 940 29 06, restart@cfp-ocst.ch

Trasparenza assicurata

Nel caso in cui il CFP-OCST non fosse in grado di segnalare profili in linea con le job description ricevute dalle aziende in cerca di personale, informerà tempestivamente queste ultime, le quali potranno quindi procedere alla selezione del personale attraverso altri canali.

Siamo a vostra disposizione qualora voleste approfondire la tematica e il progetto presentotavi.
Per ulteriori dettagli in merito, è possibile contattare Roberto Klaus, Direttore SSIB, klaus@cc-ti.ch

Imprese familiari, un patrimonio da valorizzare

testo a cura di Alessio Del Grande

Si è tenuta lo scorso giugno l’assemblea dell’AIF Ticino, l’Associazione che raggruppa le imprese familiari, ossia le aziende il cui capitale appartiene da generazioni ad una famiglia. Un’occasione importante per ricordare il peso e il ruolo di una realtà imprenditoriale che per il Cantone, come del resto per tutta la Svizzera, rappresenta l’ossatura del sistema economico.
Basta pensare che da sole le 67 aziende ticinesi affiliate all’AIF hanno registrato nel 2016 un fatturato di quasi 2 miliardi di franchi, impiegando 3’800 collaboratori. Sebbene il 62% circa delle imprese del nostro Cantone e il 78% su scala nazionale abbiano una struttura familiare, si tratta di una realtà che, purtroppo, è spesso sottovalutata, se non ignorata, dal mondo politico.
Eppure negli anni più duri di questa ultima crisi, quelli che vanno dal 2008 al 2015, con i contraccolpi dell’abbandono del cambio fisso tra franco-euro, sono state soprattutto queste imprese a salvaguardare in Svizzera i livelli occupazionali, fronteggiando problemi e difficoltà non da poco per continuare ad investire nell’innovazione e restare competitive.
Le aziende “family business”, che in Ticino sono il principale contribuente per il fisco, costituiscono un articolato tessuto economico molto diversificato che si estende ad ogni settore produttivo. Si va da esercizi commerciali storici con oltre un secolo di attività, all’industria che dà lavoro a centinaia di persone, dalla piccola azienda artigianale o agricola con pochi dipendenti al gruppo bancario e alla grande multinazionale come la Rochedella famiglia Hoffmann. Per la loro stessa natura, connotata dall’impronta familiare, queste imprese possono vantare un più forte legame con il territorio in cui hanno costruito la loro storia, con le comunità locali, con i propri dipendenti, i fornitori e i clienti. Il nome della famiglia contrassegna, insomma, una cultura imprenditoriale che evidenzia un forte senso di responsabilità sociale. Anche quando hanno una chiara vocazione internazionale, esse non trascurano quelle radici territoriali in cui continuano ad identificarsi. Oltre che un fattore decisivo per la stabilità economica, sono quindi anche un potente motore di crescita e coesione sociale.

Le imprese familiari si distinguono per una cultura imprenditoriale che evidenzia una forte responsabilità sociale.

Per gli investimenti più che all’indebitamento ricorrono all’autofinanziamento, lavorano dunque con i propri soldi, secondo una logica che va ben al di là del “corto terminismo” della redditività immediata, orientandosi invece sul lungo periodo, pensando alla generazione futura per garantire la continuità aziendale. Ma l’enorme potenziale delle imprese familiari è oggi mortificato da una politica federale sempre meno liberale, da una burocrazia ancora più invasiva, da restrizioni e vincoli amministrativi che ne limitano la competitività e le prospettive di crescita. E, come ha ricordato il Professor Marco Bernasconi all’assemblea dell’AIF, sono pesantemente penalizzate da una pressione fiscale che in Ticino colpisce in modo particolare questo modello aziendale, con un’aliquota sulla sostanza del 3,5 per mille, vale a dire la stessa del 1950, mentre quella sul reddito è scesa dal 18% al 17% soltanto per effetto della tassazione annuale. Un quadro sconfortante per un patrimonio economico e sociale che andrebbe invece valorizzato e sostenuto, sia nella successione generazionale, che rappresenta sempre uno dei momenti più delicati e complessi per queste imprese, sia nel salto tecnologico imposto dalla nuova economia digitale che sta trasformando radicalmente la produzione di merci e servizi.

Compilare correttamente il certificato di salario

Compilare correttamente il certificato di salario è un obiettivo di tutte le aziende, anche se non sempre è risulta facilmente raggiungibile. Partecipando al corso Cc-Ti potrete accedere ad alcune informazioni pratiche che vi aiuteranno ad adempiere nel migliore dei modi a questo dovere.

Il mese di gennaio è prossimo, ai datori di lavoro occorrerà ritornare, come ogni anno, a riempire i certificati di salario per i dipendenti. Questo strumento è di fondamentale importanza per la dichiarazione delle imposte delle persone fisiche che ogni contribuente di maggior età deve compilare annualmente. Perché non approfittare dunque del corso che la Cc-Ti offre e che è già in calendario per il 16 gennaio? Un aggiornamento utile in una data idonea più che perfetta per rinfrescare le proprie competenze in materia.

Il certificato di salario rientra negli strumenti che i datori di lavoro rilasciano ai propri dipendenti annualmente, in cui sono evidenziate tutte le retribuzioni percepite. Questo documento è applicato in tutta la Svizzera dal 2007.

Il salario è un importante voce di costo per le aziende, e una politica salariale che tiene conto di fattori come trasparenza, flessibilità e parità dei sessi, assume un’importanza strategica nella gestione delle risorse umane. Per aziende e PMI di successo, in tutti i contesti.

Struttura e contenuti

Il corso permette di acquisire le conoscenze teoriche e pratiche necessarie per far fronte agli obblighi del datore di lavoro di allestire un certificato di salario conforme alla legge per ogni collaboratore. Il modulo attesta tutti gli elementi del salario (prestazioni a contanti e vantaggi valutabili in denaro) e le spese. Le istruzioni della Conferenza fiscale svizzera (CFS) e dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC) sono vincolanti per la compilazione del certificato di salario valido in tutta la Svizzera.

Il pomeriggio di formazione (13.30-17.30), prevede di trattare anche le novità introdotte in questo strumento dal 1° gennaio 2016. Oltre a ciò il programma include i punti formali e legali del certificato di salario, le istruzioni per l’allestimento del modulo ufficiale ed esercitazioni pratiche.

Il corso si svolge presso la Cc-Ti, nella Sala dott. G. Papa, al 6° piano, in Corso Elvezia 16 a Lugano, e si rivolge a tutte le persone che si occupano di risorse umane: collaboratrici e collaboratori dell’ufficio HR, responsabili HR di piccole, medie e grandi aziende, consulenti di selezione, imprenditori, dirigenti.

Perché iscriversi e frequentare questo corso?

La forma snella e pratica dei corsi di breve durata della Cc-Ti permette di integrare le conoscenze teoriche con un’esercitazione pratica. L’intelligente pianificazione ad inizio anno, consente ai partecipanti di rinfrescare le conoscenze sulla compilazione di un certificato di salario in tempo utile, secondo le consuetudini del mondo del lavoro.

Con la propria interessante ed accattivante offerta formativa la Cc-Ti è sempre sul pezzo.
Iscrivetevi direttamente online a questo corso attraverso questo link diretto
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Siamo sempre a vostra disposizione per informazioni supplementari: Tel. +41 91 911 51 18,
corsi@cc-ti.ch

Tra il dire e il fare c’è di mezzo… OpenLab Group!

È dimostrato che un’esperienza vissuta insieme ha un impatto forte e rileva molto più delle logiche di un gruppo che il solo scambio verbale in aula.

Sul team building esistono vari approcci formativi e didattici: lezioni teoriche frontali, esercitazioni, esperienze comuni nell’ambito, ad esempio, di un corso di cucina, sport, avventure estreme, ecc.. È dimostrato che un’esperienza vissuta insieme ha un impatto forte e rileva molto più delle logiche di un gruppo che il solo scambio verbale in aula. Ovviamente ogni team ha una sua storia e un suo percorso di vita che sovente ne determina il successo, e soprattutto, ne influenza le dinamiche interne. Poter replicare tali dinamiche, in modo spontaneo in un ambiente protetto e diverso da quello quotidiano, permette di riflettere sul proprio agire, e con il giusto accompagnamento, elaborare misure per evitare stress, incomprensioni e conflitti fra i membri.
L’esperienza pratica e di apprendimento proposta da OpenLab Group permette di individuare azioni e misure che possono contribuire a rendere l’operato del team efficiente ed efficace.

Quali sono gli obiettivi del corso creato dalla Cc-Ti con OpenLab Group?

  • Attraverso l’esperienza pratica, vi è la possibilità di vivere e in seguito riflettere sulle dinamiche presenti all’interno del proprio team
  • Conoscere ed analizzare il proprio team per poterne evidenziare i punti di forza e le aree di miglioramento
    • Individuare la fase di vita del team e misure concrete per raggiungere una fase di “performing”, mantenerla costantemente, sapendone individuare celermente le difficoltà, agendo efficacemente per superarle

I contenuti

  • Attività pratica guidata ed osservata in “laboratorio”: la mattina i partecipanti costruiscono nella sede di OpenLab Group un oggetto. I dipendenti della Cc-Ti, ad esempio, hanno testato il corso assemblando una stampante 3D, un orologio a pendolo in legno e una radio FM
  • Il pomeriggio: riflessione guidata sulle dinamiche del proprio team in ambiente “extra muros”
  • Team di successo: quali caratteristiche da mettere in pratica e misure concrete per raggiungere la fase di “performing”

Qual è il valore della collaborazione con OpenLab Group (www.openlabgroup.com)? Un makerspace è il luogo ideale per dar vita alle proprie idee e progetti tramite macchinari professionali messi a disposizione per tutti. Con oltre 800 m2 di spazio a disposizione, OpenLab Group Lamone è suddiviso in 5 laboratori tematici: legno, metallo, tecnologie, meccanica e cucito.

Come detto la Cc-Ti ha seguito il corso proposto con successo. È stato possibile individuare i punti forti della collaborazione interna e anche focalizzare difficoltà e possibili rischi osservando l’atteggiamento e la maturità dei partecipanti.

L’iniziativa si inserisce in un programma 2016 molto intenso di proposte interne per promuovere l’identificazione con la propria struttura e la positività, anche in considerazione delle difficili sfide economiche, politiche e sociali con cui è confrontata da anni la Cc-Ti. Le misure e iniziative continueranno anche nel 2017, anno del 100° per la Cc-Ti.

Il corso viene proposto anche alle associazioni ed aziende affiliate. Particolarmente innovativa potrebbe essere la creazione di team composti da aziende e fornitori, azienda e propri clienti per migliorare la collaborazione e per ottimizzare le relazione tra partner.

Per maggiori informazioni:
Roberto Klaus, Direttore SSIB Ticino, Tel. +41 91 911 91 19, klaus@cc-ti.ch